IL DIGITALE potrà contribuire ad una Italia migliore

Carissimi lettori,

benvenuti  a questo primo numero  della rubrica dig@ITALIA, l’Italia Digitale,  che affronterà in ottica giuridica, dottrinale e tecnica il mondo complesso della digitalizzazione e degli obiettivi che con essa si intendono raggiungere.

Questa rubrica si pone anche un obiettivo interattivo col lettore affrontando anche argomenti suggeriti da Voi che arriveranno alla nostra redazione.

Il mondo sta cambiando con una velocità “digitale” tutti ostentiamo scenari diversi, si affacciano nuove professionalità e alcune delle quali potranno essere l’arma vincente per affrontare le complessità che si insinuano nel mondo digitale.

Perché nasce questa rubrica.

Perché la digitalizzazione del documento e tutti i processi connessi richiedono conoscenza e professionalità e un confronto costante col mercato e le istituzioni.

Spero, anche col Vostro aiuto, di poter contribuire ad una maggiore conoscenza di questo nuovo mondo e ottenere la convinzione che il digitale non è un mostro da combattere ma una ottima opportunità per migliorare la comunicazione tra Pubblica amministrazione e cittadini, tra fornitori di servizi e utenti, tra una Europa sempre più unita.

Dialogare in questo ampio raggio presuppone anche una conoscenza dei rischi relativi alla protezione dei nostri dati personali  e quelli che costituiscono “il bene aziendale”.

Un messaggio forte in tal senso  arriva anche dall’Unione europea ,grazie alla riforma della protezione dei dati, nel quale viene sancito il diritto fondamentale circa la protezione dei dati. Intanto gli accadimenti recenti sulla violazione dei dati ha diffuso qualche sconcerto ed ha aumentato la sensibilità circa la questione della sicurezza e privacy anche per il fatto che la dematerializzazione dei dati e la conseguente digitalizzazione si sta sempre più diffondendo.

La diffusione dei servizi in outsourcing obbliga le imprese ad alzare il livello di sicurezza per garantire ai propri utenti una risposta adeguata ai loro timori e nell’immediato futuro la sicurezza delle informazioni creerà competizione tra le aziende e la sicurezza delle informazioni sarà sempre di più un argomento che farà la differenza nell’ambito del business.

La normativa  in materia di sicurezza e privacy dei dati oggi è sempre più uno strumento prezioso per consentirci di muoverci nell’era digitale.

La richiesta di servizi digitali in outsourcing obbligano le aziende a rendere sempre più accessibile alle applicazioni interne ai clienti o utilizzatori esterni su soluzioni web.

E’ sempre più in crescita la digitalizzazione  delle informazioni ed a esternalizzare servizi che esulano dal core business aziendale, con la conseguente scelta da parte delle aziende che erogano servizi di investire in sicurezza e mentre da una parte assistiamo ad un incremento di Data Center dedicati dall’altro si tende a prediligere sistemi con tecnologia modulare e virtuale.

Internet  ormai costituisce uno strumento friendly  a livello mondiale che consente  l’accesso a tutti ed è per questo motivo che la trasmissione dei dati è rischiosa soprattutto quando sono particolarmente sensibili.

Nonostante le misure di sicurezza siano elevate, sussiste  sempre la possibilità che i dati vadano persi o vengano intercettati, manipolati da persone non autorizzate o addirittura da delinquenti che si appropriano della nostra identità o delle informazioni di natura personale.

Le problematiche da affrontare sono tante e questo sarà l’obiettivo dei prossimi articoli.

 

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Nostalgia di “Grunge”

Che fine ha fatto Seattle, Patria del Grunge? Una domanda che in molti si stanno ponendo, per lo più quarantenni che hanno vissuto quegli anni ’90 ma anche i figli di quella generazione, la mia generazione. Quello “strano” stile musicale divenuto vero e proprio movimento di massa, riuscendo a coinvolgere intere folle giovanili. Un fenomeno dilagato in Europa prendendo piede anche da noi e riuscendo ad influenzare il panorama rock e a dominare pure il mondo della moda e quello dell’arte. Non a caso la rivista Vogue dedicava la copertina alla nuova moda che avanzava da Seattle, moda giunta fino ai giorni nostri. Osannato anche dal cinema, che con il film “Singles” mostrava attraverso la splendida interpretazione di Matt Dillon tutto il sottobosco culturale da cui traeva origini questo fenomeno, il Grunge ha avuto tra i suoi capostipiti i giovani musicisti di Seattle, Andrei Wood e i suoi Malfunkshun in primis. Pearl Jam, Mother Love Bone, Soundgarden, Alice in Chains, Skin Yard, Coffin Break, Mudhoney sono solo alcune delle bands nate nei garages della cittadina della West Coast ma quando si parla di Grunge a tutti viene in mente il “teen spirit” per eccellenza: Kurt Cobain dei Nirvana. Canzoni come “Smells Like Teen Spirit” sono suonate ancora oggi dalle radio, dalle Tribute Band e pure dalle discoteche condite in salse “techno-mix”. Suicidatosi nella sua villa di Seattle a soli 27 anni (oggi ne avrebbe 49; n.d.a.), Kurt ha interpretato coerentemente fino all’ultimo l’inquietudine e la rabbia gridate in ogni suo pezzo. Le sue ultime righe: “Meglio andarsene con una vampata, che morire giorno dopo giorno (…)” Come i “Mods”, il “Punk” ed altri fenomeni giovanili del passato il Grunge è rimasto oggi nel cuore di pochi irriducibili. D’altronde la nostra è un’epoca dove tutto viene bruciato in pochi attimi e il tempo non risparmia certo gli Stones di Jagger o i Pink Floyd di Gilmour. Anche quelle chitarre incazzate farcite di camicioni felpati, scarpe slacciate e jeans rigorosamente corti, elementi necessari della divisa ordinaria di ogni “grunger” che si rispetti, sono durati poco più di un lustro. Oggi è tutto diverso, oggi si conusmano canzonette propinate dal piccolo schermo in quantità industriali. Oggi i “talent” stanno uccidendo la musica. Oggi il Grunge sarebbe deriso… troppa rabbia da gridare! Chris Cornell, amico di Kurt e leader dei Soundgarden in una storica intervista a Rockstar alla domanda che fine avesse fatto il Grunge, afferma: “…cambiando è già ora di cambiare!”, zittendo così tutti quelli che per capire ciò che accade loro attorno cercano di catalogare ogni cosa, per poterla conoscere o, meglio ancora, usare. Ma per fortuna il Grunge non è stato una bella definizione da vocabolario e come la fine dei Jam di Paul Weller ha portato necessariamente la fine dei Mods, la morte di Kurt ha definitivamente chiuso il capitolo Grunge… thanks teen spirit!

 

Nostalgia di Grunge




Terrorismo quale ideologia del diverso: siamo tutti terroristi

Il terrorismo è un vocabolo abbastanza recente, diciamo che risale a non più di duecento anni or sono, e possiamo identificare la prima organizzazione terrorista della storia con i rivoluzionari francesi del 1790.

Nella Francia della rivoluzione il governo si chiamò proprio Governo del Terrore ed i suoi membri Terroristi.

Solo nel 1937, dalla Società delle Nazioni, arrivò una prima definizione strutturata del fenomeno: “fatti criminali diretti contro lo Stato in cui lo scopo è di provocare terrore nella popolazione o in gruppi di persone.

In realtà fenomeni isolati li possiamo ricondurre anche alla Roma antica (l’assassinio di Cesare) o al periodo rinascimentale, ma al più rappresentavano casi isolati o di piccoli gruppi che avevamo come obiettivo non tanto quello di creare terrore nel popolo, ma piuttosto di sovvertire chi deteneva il potere.

Lo scopo del terrorista è quindi quello di creare terrore nel popolo per sovvertirne le abitudini, per far cadere i normali percorsi ideologici del presente vivere sociale e per sostituirli con iperboliche ed estreme visioni dell’io sociale in un’ottica o di fanatismo religioso o di integralismo politico (a volte entrambi).

Ciò che veramente dovrebbe colpirci oggi è la base su cui solitamente si basa il terrorismo, ovvero un popolo scontento, che spesso copre e sostiene i terroristi stessi.

Avvenne in egual misura durante gli anni di piombo italiani, che terminarono solo quando i terroristi persero l’appoggio delle classi operaie.

Nel mondo moderno le organizzazioni terroristiche sono fortemente radicate e paradossalmente stabili, Sendero Luminoso ad esempio nasce nel 1968, hanno una loro locazione geografica ed un loro logo, conti correnti e finanziatori.

Tutte combattono per cambiare qualcosa, per il popolo, per la fede, tutte hanno dalla loro parte Dio o il Partito, tutte hanno un leader che parla tramite i social media e spesso tutte si trovano in zone geografiche ove il concetto di popolo ancora si identifica con il concetto di tribù, di clan, di famiglia.

Alla base della forza che muove queste organizzazioni c’è una componente che per noi è ormai sbiadita, l’appartenenza.

Nell’appartenenza l’io si ritrova, si sistema, si tranquillizza, si droga di sicurezza: in fondo un parametro religioso di uguaglianza che Marx chiamava oppio dei popoli.

Nella forte appartenenza avviene l’esplosione dell’odio verso il diverso, perchè il diverso può portare dubbi e perplessità, può turbare la tranquillità assoluta dell’uguaglianza.

I diversi nella storia sono stati molti: i Barbari, gli Infedeli, i Mussulmani, I comunisti, i Fascisti, i Gay, gli Italiani, gli stranieri, i Terroni, i Polentoni, gli Extracomunitari, gli Immigrati.

Oggi i veri diversi siamo noi, noi verso noi stessi, siamo il noismo della nostra società.

Abbiamo trasformato i valori di una società in conquiste, in benessere, abbiamo trasformato gli obiettivi di un popolo in un supermercato, in un grande centro sociale che ci da enorme sicurezza perchè in esso troviamo tutto, ci camminiamo la domenica, vediamo tante cose e poi usciamo senza aver comprato nulla…

Questo è il nostro moderno io, un vuoto in scatola.

Siamo certi di avere valori perchè li vediamo nelle confezioni che troviamo sugli scaffali dei media, tra i programmi televisivi, nelle affermazioni estemporanee di vari guru della comunicazione che dicono quello che non pensano, e che, spesso, non pensano ma dicono solo.

I nostri valori oggi viaggiano su fiumi di parole, non su sentieri di sassi, e proprio per questo ci vuole pochissimo perchè affondino nel più assoluto qualunquismo.

Oggi la nostra società ha esternalizzato i suoi valori perchè se guardiamo dentro di noi facciamo fatica a metterci in gioco.

Il terrorismo si combatte con le certezze, con la convinzione che nessuno può essere così diverso da noi da renderci diversi, il terrorismo si combatte con l’orgoglio di poter dimostrare che i nostri valori di civiltà sono dentro di noi, e non fuori dentro delle scatole su scaffali alieni.

Il terrorismo si combatte con l’accoglienza, non quella assoluta e quasi colpevole in cui si accetta tutto e tutti, ma con l’accoglienza consapevole di chi agisce per l’altro e non per tacitare facili ostentazioni, anche politiche, di umanità.

Il terrorismo si combatte con la consapevolezza di non essere terroristi, e purtroppo oggi noi, con le nostre paure, siamo tutti terroristi.

il mondo del terrore

il mondo del terrore

 

 

 

non permettere al terrore di passare

non permettere al terrore di passare

tutti siamo soli senza la pace
tutti siamo soli senza la pace




Hillary o Trump, ma anche no…

Scatta ormai il confronto serrato fra i due candidati alla casa bianca, Hillary o Trump.

Mai come in questo caso l’America ha presentato due personaggi diametralmente differenti, caricaturalmente opposti, emotivamente divisi, intellettualmente aggressivi.

Lo scontro che si sta profilando, e che parzialmente è già in corso, avviene principalmente in via mediatica: contano le immagini, il linguaggio, la provocazione.

Insomma un Nixon JFK di seconda maniera, dove l’immagine portò ad un forte ribaltamento delle preferenze dell’opinione pubblica americana.

Di certo però oggi non troviamo nei due candidati la profondità dei discorsi di JFK della Nuova Frontiera, peraltro profondamente ispirati al nostro Gaetano Salvemini, e nemmeno al “piano segreto”  di Nixon, oggi ci troviamo davanti ad un’abile regressione infantile del linguaggio di Trump che raggiunge chiunque ed una compassata Hillary che cerca l’appoggio degli intellettuali.

« Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere. »
(Gaetano Salvemini, Prefazione a Mussolini diplomatico, Éditions Contemporaines, Paris 1932)

Il dato inquietante è che, nonostante il perbenismo americano, quasi il 50% si sia ormai apertamente schierato con Trump, e l’intervento di Clint Eastwood ben lunga la dice sulla ormai esausta ed esaurita pazienza degli americani.

Nel segreto della cabina elettorale gli americani seguiranno la pancia o la testa?

L’America deve decidere tra due passati, quello remoto e quello participio, avendo scelto due candidati che rappresentano due restaurazioni differenti, questa più che mai diventa l’elezione tra la scelta di pancia, Trump, e la scelta di testa, Hillary, tra colui che dice quello che tutti pensano e colei che dice quello che tutti dicono.

Davanti a due candidati che forse sono entrambi non adatti per il futuro che si prospetta al mondo ed al ruolo dell’America, chi sceglierà l’Americano medio?

 

un uomo che cerca di ripristinare un'america che non c'è più

 

una donna in cerca della casa bianca