IL GRANDE ZOO

Il Grande Zoo
Ho avuto in anteprima il loro secondo album uscito lo scorso 20 ottobre regalatomi personalmente da Enrico  Carugno, eclettico drummer della “lineup” patavina assieme ad Alex Boscaro  (chitarra e voce) e Valerio Nalini (basso e voce).
Stiamo parlando dei CAPOBRANCO (una tra le band più interessanti nel panorama musicale degli ultimi anni, n.d.a.) e del loro maxi-EP di 6 tracce, pubblicato da Jetglow Recordings e registrato allo Studio2 di Padova sotto la  supervisione del producer Cristopher Bacco: “Il Grande Zoo”.
La critica cosiddetta “specializzata” sicuramente potrà anche etichettare il nuovo lavoro dei Capobranco nelle forme più svariate avvicinandolo a dischi di colleghi più famosi. Niente di più sbagliato! Il disco è puro ed originale rock!
“Il Rock è Fuori Moda” è il singolo che ha preceduto l’uscita dell’EP con uno splendido videoclip contenente un messaggio coraggioso e molto caro a chi vi scrive. Palpabile la sana ironia in merito a band “tribute” & “cover” che, in un Italia perseguitata dagli “scimmiottatori” di U2, Vasco, Liga e migliaia di altre band e/o cantanti famosi (famosi già abbastanza senza che qualcuno li copra di ridicolo; n.d.a.), rende giustizia a tutti quegli artisti che, con la loro musica, vogliono esprimere qualcosa di proprio.

Abbiamo raggiunto Enrico e gli abbiamo posto alcune domande:
PERTH: Ciao Enrico, dal 2012 (anno di costituzione della band; n.d.a.) ad oggi quali sono state le tappe più importanti della vita dei Capobranco?
ENRICO: Difficile dirlo in quanto, a mio parere, ogni evento che una band vive contribuisce alla sua formazione e crescita. Ovviamente per chi fa musica propria lo studio è il banco di prova più importante ed anche il più impietoso. Si entra in studio con molte idee ma quando si esce non è detto che si siano concretizzate tutte. Questo per noi è molto stimolante ma può essere anche molto frustrante. Per quanto riguarda i live citerei una nostra apertura ai Fratelli Calafuria uno dei nostri gruppi preferiti. Tra l’altro, visto che si sono sciolti da poco, abbiamo deciso di inserire in scaletta una loro cover… un tributo alla memoria!
PERTH: Come mai un trio?
ENRICO: E’ stata una cosa abbastanza naturale. Alex, Valerio ed io abbiamo fatto parte per anni di un altro progetto musicale (The Vintage; n.d.a.) con un quarto elemento alla voce e cantavamo in inglese. Il progetto ad un certo punto si è esaurito ma con Alex e Valerio abbiamo continuato a suonare insieme e a gettare le basi di quello che in futuro sarebbe diventato il Capobranco senza sentire il bisogno di coinvolgere altri elementi. E poi la formula del trio ha un qualcosa di romantico (Enrico ride!) che mi ricorda le grandi rock band degli anni ’70 come la Experience di Hendrix o i Cream (Baker, Bruce, Clapton; n.d.a.) o i Grand Funk Railroad di Kulick (ex Kiss; n.d.a.).
PERTH: La produzione del vostro secondo lavoro sembra molto più matura rispetto al precedente disco d’esordio, quanto ha influito la collaborazione con il Producer Cristopher Bacco?
ENRICO: Sicuramente molto, Cris è uno che in studio riesce a tirare fuori l’anima della band. Ma anche noi siamo più maturi. E non intendo come musicisti ma come band e come progetto.
Individualmente noi tre venivamo da anni di esperienze live e studio, ma nel momento in cui abbiamo registrato il primo disco il Capobranco era ancora una creatura embrionale ed avevamo le idee non troppo chiare dettate da alcune nostre ingenuità. Oggi ci riteniamo soddisfatti del corpo che ha preso tale creatura.
PERTH: Mi pare che abbiate un po’ ribaltato i tradizionali schemi di produzione inserendo le liriche “dritte-dritte” sul groove basso-batteria e sulle note taglienti della chitarra di Alex…
ENRICO: Diciamo di sì per ciò che riguarda le produzioni esistenti in Italia. Negli Stati Uniti l’ascoltatore medio è più abituato a questo tipo di approccio ed è la norma seguire band molto più “estreme” come i RATM (Rage Against the Machine; n.d.a.), i Jane’s Addiction e gran parte del rock mainstream americano degli anni ’90 o generi come Hip Hop o R’n’B.
PERTH: Il singolo appare quasi un tormentone con toni freschi, orecchiabili ma mai banali, anche questo è dovuto alla collaborazione con Bacco?
ENRICO: La verità è che “Il Rock è Fuori Moda” è un pezzo scritto pochi giorni prima di entrare in studio ed è forse l’unico pezzo che non ha subìto alcuna modifica in fase di registrazione. Ovviamente Cris ci ha messo la sua arte nel fare in modo che suonasse come doveva suonare. Questo è fuori discussione.
PERTH: Siete legati o vi ispirate ad un genere particolare? Come puoi descrivere il sound di questo album in rapporto al primo lavoro?
ENRICO: Ognuno di noi ha le sue influenze musicali e che tu voglia o no queste influenze vengono fuori in quello che fai. Alex è sicuramente l’anima più R’n’R del Capobranco, Valerio è fortemente influenzato dall’Alternative Rock degli anni ’90: Jane’s Addiction, Red Hot Chili Peppers, Pearl Jam ecc. Io invece ascolto veramente di tutto, cerco di essere sempre aperto a nuovi generi ed ogni volta che posso, frequento musicisti molto più esperti e bravi di me per attingere idee dalla loro libreria e dalla loro cultura musicali. Credo che questo sia l’unico modo per tentare di essere originali. In questo periodo ascolto molto Jazz e Musica Africana ma ovviamente (Enrico mostra “I Love You” – simbolo dei Rockers – con la mano!) il Rock è il primo amore e non si scorda mai.
PERTH: Avete una forte connotazione live, lo dimostrano le centinaia di date che vi hanno portato a suonare perfino alle Canarie. Avete già iniziato con la promozione de “Il Grande Zoo”?
ENRICO: Si. Per quanto riguarda la promozione in questo mese stiamo facendo live ed interviste per le radio in attesa della prima presentazione ufficiale del disco che si terrà al Dakota a Capriccio di Vigonza (PD) il 30 ottobre, ne seguiranno altre a breve.
PERTH: I testi sono molto ironici e scanzonati pur denotando un giudizio che non è facile trovare nelle band emergenti. È il vostro punto di vista sulla vita?
ENRICO: Non direi punto di vista perché definendolo in questo modo potrebbe passare il messaggio che vogliamo esprimere un giudizio sulla vita e questa non è assolutamente nostra intenzione. Il Capobranco con i suoi pezzi osserva e propone agli ascoltatori argomenti che possono toccare chiunque. Argomenti un po’ provocatori ma senza malizia, anzi con simpatia, invitano alla riflessione.
PERTH: La composizione dei testi spetta ad Alex?
ENRICO: Il nostro paroliere ufficiale è Valerio. Di solito il concetto del testo viene deciso insieme ma chi mette le parole sulla musica alla fine è lui.
PERTH: Ho visto uno dei Vostri live in provincia di Venezia lo scorso anno e non ho potuto fare a meno di notare che il vostro pubblico non perde tempo a fare selfie e video perché troppo impegnato a ballare e ad infiammarsi un bel po’. Cosa volete trasmettere ai fan che vi seguono nei live?
ENRICO: Che si può essere spensierati senza per forza essere stupidi. Viviamo in un momento in cui (anche nella musica) bisogna per forza essere seri e fare gli intellettuali oppure darsi alla più
sfrenata idiozia. Far capire ai ragazzi di oggi che tra “Il Teatro degli Orrori” (gruppo Alternative Rock italiano; n.d.a.) e “Fabio Rovazzi” (suo il tormentone “Andiamo a Comandare”; n.d.a.) esistono varie sfumature. Della serie: se non parlo di poeti africani non devo per forza passare direttamente ad essere l’italiano medio del film di “Maccio Capatonda” (“Italiano Medio” è un film comico del 2015 diretto, appunto da Maccio Capatonda al suo debutto cinematografico; n.d.a.), ma posso anche comunicare cose più semplici senza per questo dire cretinate. Questo è il messaggio credo: semplicità e divertimento!
PERTH: Nella tracklist oltre al singolo già citato mi hanno colpito “La solitudine del fonico” e “Ad un tratto”, brani decisi e trascinanti ma forse meno orecchiabili rispetto a “Il Rock è Fuori Moda”…
ENRICO: “La solitudine del fonico” è un tributo ad una figura senza la quale il nostro mondo non potrebbe esistere ma, che di fatto, per la maggior parte della gente “non addetta ai lavori” è una figura impalpabile se non inesistente. Il Capobranco voleva rivendicarne l’importanza e anche prendere per i fondelli un po’ di amici fonici. “Ad un tratto” nasce dai problemi che Valerio ha avuto sul lavoro a causa dei trattori che ogni giorno lo rallentano. Il pezzo è sicuramente uno dei miei preferiti e, dato l’argomento “agreste”, abbiamo cercato di aprire il pezzo ispirandoci ad un sound Southern/Country.
PERTH: Siete alcuni tra i protagonisti degli “anni Zero”. A mio avviso questi ultimi 20 anni hanno visto una evidente desertificazione dell’arte musicale soprattutto in Italia. La creatività è rimasta sommersa all’interno dei generi, senza trovare la forza d’urto per uscirne testimonianza di ciò è che le Majors (Case Discografiche legate a multinazionali che detengono gran parte del mercato musicale mondiale; n.d.a.) anziché promuovere band emergenti tengono in vita cariatidi che arrivano sin dai lontani anni ‘80. Qual è secondo te la soluzione a questo vuoto spinto?
ENRICO: Mah questa è una domanda difficile. Secondo me è un riflesso del fatto che oramai la musica ha perso di valore, viene data quasi per scontata e di conseguenza gli investimenti diminuiscono. Credo che il problema siano le persone non l’industria, lo spiega il fatto che i locali che propongono musica live si svuotano e la gente preferisce stare a casa ad ascoltarti con spotify. Le cariatidi di cui parli tu sono venute fuori in anni in cui le etichette affiancavano figure professionali ai musicisti e alle band per consentir loro di esprimere al massimo il potenziale. Ora c’è moltissima offerta e pochissima domanda di conseguenza questo meccanismo non è sostenibile. Io credo che il talento non sia mai scomparso dal mondo della musica, anzi! La vera differenza con i “big” del passato è che un tempo si suonava continuamente e si producevano molti dischi oggi suonare è il punto di arrivo di centinaia di attività che con la musica hanno poco a che fare. Di conseguenza: tanta comunicazione, tante chiacchiere, tanti social, pochissimi concerti!
PERTH: La felicità! Ne parlate in modo sottile e pungente a volte con pure allusioni a volte con indicazioni più marcate e questo mi ha colpito molto. Cos’è per voi la felicità?
ENRICO: Il giorno in cui lo capirò sarai la prima persona che chiamerò!
PERTH: Grazie Enrico, puoi chiudere con un messaggio ai tuoi e vostri fan?
ENRICO: Non importa quello che ti vogliono far credere…l’importante è essere…..BELLI DENTRO!

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=gW1BADS-vS0&w=640&h=360]

PERTH

 

Enrico Carugno, eclettico drummer della “lineup” patavina assieme ad Alex Boscaro (chitarra e voce) e Valerio Nalini (basso e voce).
Enrico Carugno, eclettico drummer della “lineup”
patavina assieme ad Alex Boscaro
(chitarra e voce) e Valerio Nalini (basso
e voce).




6 punti semplici. Come ridurre i costi della politica…

Ecco la semplice idea di Betapress in sei punti:

 

Chiunque entra in una carica pubblica per elezione:

  1. Continua a prendere lo stesso stipendio che prendeva prima di venire eletto, fino ad un massimo di 4000 euro netti (se ne prendeva di più si accontenta della gioia di servire lo stato).
  2.  Viene garantito il suo posto di lavoro fino a quando non cessa la sua attività pubblica.
  3.  La pensione viene incrementata come per tutti i lavoratori dagli anni svolti nella carica, quando decade non cumula nessuna pensione aggiuntiva o prebende di sorta.
  4.  Gli vengono pagate le spese di trasferta se è fuori Roma, ma con un tetto legato alle tariffe di mercato.
  5.  Gli vengono assegnati due dipendenti statali come segreteria della carica politica (quindi a costo zero).
  6.  Gli viene data la possibilità di avere un suo collaboratore esterno a cui viene data una retribuzione massima di 2000 euro netti.

Ecco qua idea semplice e facile, chi la vuole sottoscrivere?

la vera vergogna italiana
la vera vergogna italiana




CDP – Coordinamento Docenti Precari: la buona scuola è nelle persone…

Mai come oggi la scuola è nel caos: cattedre non coperte, concorsi fantasma, posti inesistenti, docenti che volano da una parte all’altra del paese, software che si bloccano, commissioni che non riescono a fare le promozioni perchè il sistema è bloccato, in pratica uno sfacelo!!!

Se solo questo caos l’avesse generato un qualsiasi governo precedente sarebbe come minimo saltato il ministro, ma oggi nulla, nessun giornale, nessun servizio TV, nessuno ne parla, nessuna voce fuori dal coro, nessuna reprimenda dal Presidente della Repubblica, nessuna indagine della magistratura (e pensare che di solito le fanno per molto meno Nd.R.), insomma niente di niente, solo i social che esplodono dalla rabbia per qualche secondo ma poi passa il video di un gattino che si lecca i baffi e tutti passano oltre.

Per noi di Betapress non è così, per noi la scuola conta, è importante, e così, nella nostra continua ricerca di valori, siamo andati a vedere la riunione del consiglio direttivo di CDP – coordinamento docenti precari, che si è tenuta a Firenze il giorno 7 ottobre u.s.

Ci accoglie Nicola Iannalfo, uno dei Leader del comitato, a cui chiediamo subito a bruciapelo cosa ne è della buona scuola.

“Ripetiamo” esordisce Iannalfo ” non esiste e non esisterà mai una “buona scuola” senza la partecipazione attiva e diretta di insegnanti, alunni e genitori nei processi di cambiamento, se si vuole realisticamente porre al centro il miglioramento educativo e sociale della realtà scolastica. La scuola è complessa e stratificata da anni di incuria legislativa, per cambiarla occorre ascoltare chi è dentro la scuola.”

Come non essere d’accordo.

La sala è piena, le persone attendono l’avvio dei lavori che viene subito dato dopo il nostro arrivo.

Si susseguono interventi di Domenico Bruni, Pietro Danesi, Nicola Iannalfo, la sensazione è che ci sia davvero un “arrosto” finalmente, idee interessanti, sopratutto sulla valutazione del docente e sull’anno di prova.

Una parola illuminata viene anche dal Professor Luigi Diana,  dell’università di Pisa, che spiega i funzionamenti dei questi ultimi movimenti (sopratutto riguardo ai concorsi), dando una visione chiarissima e lucida di quanto sarebbe necessario fare per migliorare le cose.

Dalla platea interventi continui, non lamentele, ma suggerimenti, proposte, acute osservazioni.

Finalmente abbiamo visto la buona scuola, almeno una parte, quella che ancora crede in un paese con una scuola pubblica funzionante ed efficiente, quelli che non fanno i docenti ma sono docenti.

Renzi, manda a casa i tuoi consulenti, i sindacati che ti tirano la giacchetta, i dirigenti di cui ti circondi, e chiama queste persone, di sicuro anche tu, come è stato per noi, riuscirai a trovare davvero la buona scuola…

 

 

 

comitato docenti precari
coordinamento docenti precari

 

 

 

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La profezia di Sant’ Ermanno

La profezia di Sant’ Ermanno
Ho iniziato a segnare in agenda il 24 settembre dall’anno in cui, un caro amico mi “passò” un mp3 con registrata una conferenza tenuta dal Prof Luigi Giovanni Giussani (Desio, 1922 – Milano, 2005) chiedendomi di ascoltarla con attenzione e, ridendo, mi disse che avrei scoperto alcune cose che mi avrebbero stupito.

Così feci.

Il giorno dopo infatti, in uno dei miei viaggi di lavoro, misi la “chiavetta” nell’USB dell’auto ed iniziai l’ascolto.

La lezione trattava la vita di un monaco vissuto nella prima metà dell’XI secolo (Altshausen, 1013 – Isola di Reichenau 1054) Ermanno di Reichenau detto “lo storpio” (Reichenau è una località sul lago di Costanza; n.d.a.).

Pensai: “e quindi”?

La vita pallosissima di un monaco vissuto oltre mille anni fa?

Il sonno non era poco ed avrei voluto spegnere ed ascoltare uno dei dischi che più mi tiene sveglio in auto, Time to Move degli H-Blockx, ma non commisi il grave errore!

Giussani nella sua lezione sul suddetto monaco citò Cyril Charles Martindale (Londra, 1879 – 1963; gesuita inglese che si appassionò alla storia del “monaco-mostriciattolo” dopo il ritrovamento a metà degli anni 50 del secolo scorso nella biblioteca di Oxford di un volume in latino che ne riferiva la vita; n.d.a.) e descrisse il personaggio con un’enfasi così coinvolgente che mi ero svegliato del tutto e pian piano stavo facendomi catturare da quella strana figura di grave handicappato (il suo palato e la sua lingua erano “incollati”, le sue mani rattrappite e non riusciva neanche a sedersi senza provare dolore persistente; n.d.a.).

Non stento a credere alle parole (“sante parole!”; n.d.a.) di Giussani nella sua prefazione: “…in un mondo pagano egli sarebbe stato, senza esitazione di sorta, lasciato morire all’atto stesso della nascita (…) non avrebbe mai dovuto nascere (…) un simile aborto avrebbe dovuto essere eliminato senza dolore”.

Un elemento della società impedito in tutto! Un elemento per la società inutile! Quasi imbarazzante! Da occultare!

Da… eliminare!

E invece? Questo essere deforme iniziò a costruire astrolabi, orologi, strumenti musicali a corda e a fiato, a scrivere trattati scientifici ma soprattutto comporre due capolavori di musica sacra: il Salve Regina e l’Alma Redemptoris Mater.

Handicappato? Rifiuto della società? Mi dissi: “Questo è veramente un figo!”

In Ermanno spiccavano un’umanità ricca, una sensibilità rigogliosa, un’eccezionalità attraente, la biografia raffigurava un uomo “piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti”.

La lezione stava diventando un avvincente audio-film e ad un tratto cominciò a salire lungo la schiena uno di quei brividi che capitano all’ascolto di toccanti melodie, alla vista di favolosi paesaggi autunnali o alla vibrazione che si prova quando stai incontrando (seppure in modo indiretto; n.d.a.) una persona grande!

Viva! Eccezionale!

Arrivò infatti il punto atteso e che il mio amico aveva ben compreso essere affascinante per me: “In quanto alla musica egli afferma che un buon musico dovrebbe essere capace di comporre un motivo passabile, o almeno di giudicarlo, e poi di cantarlo. In generale i cantori, egli dice, si curano del terzo punto soltanto, e non pensano mai.

Essi cantano, o, per meglio dire, si sgolano, senza rendersi conto che nessuno può cantar bene se la sua mente non è in armonia con la sua voce.

Per tali cantanti da strapazzo una voce forte è tutto ciò che conta.

Il che è peggio di ciò che fanno i ciuchi i quali, dopotutto, fanno assai più rumore, ma non alterano mai un raglio con un muggito.

Nessuno tollera, egli dice, gli errori di grammatica; tuttavia le regole della grammatica sono artificiali mentre ‘la musica sgorga diritta dalla natura‘ e in essa non soltanto gli uomini non correggono gli errori che commettono, ma giungono fino al punto di sostenerli…”

I brividi lasciarono il posto ad una gioia incontenibile!

Questo breve pezzo è profezia pura!” gridai.

Profezia di un piccolo essere deforme che (scusate!) disse questo più di mille (MILLE!!!) anni fa e (scusate nuovamente!) fu il compositore dello stupendo inno Salve Regina con quella sua caratteristica melodia in canto fermo che ancor oggi si canta in tutte le chiese cattoliche del mondo!

Magari i ciuchi… (oops!) i cantanti d’oggi studiassero a memoria le sue parole! Ci sarebbero più artisti e meno boy band made in Mediaset!

Un inciso.

Rileggendo l’inno del piccolo essere deforme mi venne in mente la canzone “They hung him on a cross” (“Lo hanno appeso ad una croce”; n.d.a.) cantata da Kurt Cobain (cover dall’album “Lead Belly’s Last Sessions” del folksinger americano Huddie William Ledbetter) e pensai che il dolore non significa infelicità, né il piacere felicità, pensai inoltre alla differenza tra la “bellezza gioiosa” di Ermanno e la “disperazione nichilista” del leader dei Nirvana.

Ma di questo ne parlerò un’altra volta.

 

PERTH

 

santermanno-profezia




MAKE SOME NOISE

MAKE SOME NOISE
Sono tornate le “margherite” di John Coraby.

“Make Some Noise”, il terzo album in studio, uscito il 05 agosto scorso (avevo prenotato l’album già ad aprile! n.d.a.) ha regalato al sottoscritto ed ai fans un capolavoro di puro Rock’n’Roll e soprattutto sancito il concetto che The Dead Daisies non sono un progetto parallelo!

Non sono una parentesi temporanea di un Supergruppo che cerca di arrotondare con un paio di album e relativi live il proprio patrimonio e quello dei promoters.
No!
The Dead Daisies sono una Hard Rock Band che sta trovando larghissimi consensi tra il pubblico soprattutto di giovanissimi e che ha girato il mondo non fermandosi mai (prossime date in Italia il 29 novembre a Milano, il 16 dicembre a Treviso ed il 17 dicembre a Grottammare; n.d.a.).

La ricetta dei The Dead Daisies è semplice: grandi show e grandissima potenza, Hard Rock genuino e carisma autentico!
The Dead Daisies nascono nel 2012 cambiando formazione varie volte ma dal 2014 John Corabi (The Scream, Mötley Crüe, Union, Ratt, ESP) prende di peso la band e ne fa un combo esplosivo.

Rispetto ai primi due album (The Dead Daisies e Revolución), Make Some Noise ha lasciato più spazio alle chitarre e con l’avvento di Doug Aldrich (Lion, House Of Lords, Dio, Whitesnake) il risultato è stato quello di un sound ancor più potente.

Da un primo ascolto l’album risulta essere energico, intenso. Dieci capolavori che spaziano dall’Hard Blues al più granitico Hard Rock anni ’90 e due magnifiche cover (“Fortunate Son” dei Creedence Clearwater Revival e “Join Together” degli Who) rivisitate da Corabi & Co. in stile The Dead Daisies.

In “Long Way To Go” i riff di Aldrich e Lowy lasciano immediatamente spazio al groove di Mendoza che ad occhi chiusi pare quasi di sentire il martellante basso di Cliff Williams degli AC/DC.

La potente voce di John Corabi non è invecchiata di un giorno dai tempi di “Let It Scream” (primo album degli Scream del 1991; n.d.a.), assolutamente degno di nota il solo centrale di Aldrich.

La successiva “We All Fall Down” colpisce l’ascoltatore per i toni più melodici ed un bridge veramente moderno, Mendoza propone una linea di basso accattivante ed il muro iniziale e finale di chitarre, basso e batteria è da brividi.

Song and Prayer”, una ballata energica è in linea con il brano precedente, ritmo classico e moderno sono mixati in modo magistrale, cori seducenti e bridge esplosivi rendono il pezzo una delle best song dell’album, grandioso anche questa volta il superbo solo di Aldrich.

La successiva “Mainline” dal ritmo serratissimo tende a ricordare il punk di “Dookie” dei Green Day, riff e soli velocissimi che farebbero moshare o pogare (mosh e pogo sono sorte di “balli collettivi” che si praticano abitualmente durante i concerti punk, rock e metal; n.d.a.) anche il più sfigato dei nerd.

La titletrack “Make Some Noise” è una dedica al Metal degli anni ’80 da parte di Corabi & Co. Sembra di ascoltare “Tooth and Nail” e “Breakin’ the Chains” dei Dokken (band a me molto cara avendovi militato tra il 2002 ed il 2003 il caro amico e grande chitarrista patavino Alex De Rosso).

Linee di chitarra semplici ma decise e la voce di Corabi all’unisono con il ritmo serrato di crash, timpani e tom della batteria di Tichy.

Fortunate Son” dei Creedence Clearwater Revival ha una piega contemporanea e più veloce dell’originale in puro stile The Dead Daisies, voce roca, grinta e chitarra spinta al massimo.

Last Time I Saw The Sun” è un autentico inno al Glam, omaggio agli Scream di Corabi e più in là agli Stryper dei fratelli Sweet, l’intro di Aldrich sembra avere il setup di Malcolm Young degli AC/DC in “Flick of The Switch”.

Con “Mine All Mine” e “How Does It Feel”, Corabi & Co. riescono ancora una volta a coniugare la maestria del Class Rock con l’irriverenza del compatto Hard Rock d’oltreoceano ed ancora una volta l’immenso Aldrich in due soli da brividi.

Freedom” è un’altra dedica al punk rock con choirs che ricordano molto Stanley-Simmons dei KISS di “Monster”, ancora straripante e sparato Rock’n’Roll!

La voce di John Corabi dà veramente il massimo in “All The Same”: pressante e adulatrice fino al ritornello, forse la canzone più ballabile (difficile restare fermi per l’intero album! N.d.a.).

Join Together”, la seconda cover degli Who, chiude l’album ed è come se ci dicesse: “siete proprio sicuri che il Rock è morto?”.
Un consiglio: ascoltate Make Some Noise con il volume “a palla”.

Mi ringrazierete!
PERTH

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A ROCK NEW ALBUM




Il Ponte sullo Stretto: Gesù guarda giù!

Il Ponte sullo Stretto: Gesù guarda giù!

Eccoci qua, la genialità appare alla luce della prossima data del referendum, in cui c’è chi si è giocato tutto promettendo, in caso di NO degli Italiani, di lasciare incarichi e governo, salvo  ritirare lentamente le promesse man mano che si avvicina la data indicata per le loro realizzazioni, il referendum appunto.

Quindi, cari Italiani, siamo davanti ad un terribile dilemma: votiamo si se vogliamo Renzi, votiamo No se vogliamo mandarlo a casa, di quello che dice il referendum alla fine chi se ne frega, in fondo questa è diventata una questione di renzi si o renzi no.

Eppure Renzi ora ci sta dicendo che non è proprio così, si lui aveva detto che un no per lui significava una sfiducia ma non per andarsene, ma per comprendere che gli Italiani erano alla fine degli immobilisti… dei caproni che vogliono le cose vecchie, che non vogliono cambiare… Ciccio ma se tu mi dici che per cambiare devo buttarmi giù da una torre, magari non voglio cambiare in questo modo, e non puoi venire a dirmi: ecco vedi, sei un immobilista, non vuoi cambiare… e certo che non voglio cambiare ciccio bello, ti pare!!??!!

Insomma abbiamo capito male…

Eppure ci sembrava di aver capito chiaramente… mah, siamo il popolo, il popolo sbaglia.

Per farci capire ancora meglio il capo del governo è andato in televisione a confrontarsi con Travaglio, portando un bel manifesto con scritto il quesito referendario (sembrava berlusconi da vespa con il patto con gli italiani) per farci capire bene, a noi scemi, che il referendum: riduce il numero dei politici, velocizza la capacità del governo di fare le leggi, crea posti di lavoro, fa guadagnare gli Italiani, moltiplica i pani ed i pesci, fa scorrere fiumi di miele, farà tornare Italia in testa alla classifica dei paesi industrializzati, troveremo giacimenti di petrolio in umbria e nella toscana (uno forse è già previsto nel giardino di casa sua), e, udite udite, per il mese di luglio 2017 i Beatles torneranno a cantare al Vigorelli di Milano.

Non entriamo in merito a quanto detto giustamente da Travaglio durante la trasmissione (a cui mandiamo tutti i nostri complimenti per la gestione del suo intervento), ma ciccio perchè ci costringi ad andare a votare per chiederci se vogliamo tutte queste belle cose??? falle.

Già il fatto che vieni a chiedercelo ci insospettisce, caro il mio giovine, proprio come la mamma ci insospettiva quando veniva a dirci “vuoi la caramellina tesoro” e poi, mentre prendevamo la caramellina, ci metteva la supposta.

Noi abbiamo letto le proposte di modifica costituzionale, e sono veramente un bordello sia nella loro costruzione logica che sintattica, per questo diamo perfettamente ragione a Travaglio quando dice che il quesito racconta il contrario di quello che viene poi prospettato nelle ipotesi di modifica.

Insomma nulla di vero, nulla di fatto.

Davanti a questo sfacelo oggettivo però succede un miracolo, Gesù guarda giù diceva mia nonna, renzi sfodera un’idea dietro l’altra, prima il ponte sullo stretto e poi la 14° per tutti.

Insomma, votate si Italiani pecoroni, perchè se io (renzi N.d.R.) rimango, se passa il referendum, allora c’è lavoro per tutti e un mese in più per tutti gli statali, ma si dai facciamo per tutti quanti…

Dunque berlusconi è caduto perché l’europa ci si stava mettendo contro, si era alzato il debito pubblico, sparava balle come il ponte sullo stretto, aveva le veline al governo, voleva privatizzare la scuola pubblica, il pil non ripartiva, ma dai, non poteva rimanere… per fortuna che oggi è tutto diverso!

Noi, in onore di Travaglio, come i rivoluzionari dell’ottocento che fecero l’italia, per farla sopravvivere scriveremo sui muri delle città invece che viva VERDI, viva MARCO (Movimento Autonomo Rivincita Cittadini Oppressi).

Meditate gente, meditate! comunque basterebbe leggere, infatti basta leggere le modifiche proposte per non andare a votare o votare NO.

Ma viene spontanea una domanda: gli Italiani sanno ancora leggere? Speriamo di Si…

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=JRHoSFVkFDc&w=640&h=360]

 

gesu-guarda-giu-renzi-ed-il-ponte-sullo-stretto

ma daiiiiiii
ma daiiiiiii…




School of Rock

School of Rock
La musica oggi è così intrisa di elementi commerciali che scegliere un brano è come scegliere i cereali dagli scaffali del supermercato: sei convinto di prendere quelli che più ti piacciono ma in realtà stai obbedendo alle subdole leggi della propaganda commerciale!
Mi capita spesso di vedere fanciulli (alcuni in età da asilo nido! N.d.a), strappare di mano lo smartphone alla mamma e chiedere prepotentemente di cliccare su Youtube “Andiamo a comandare” ed ancora infanti non passati al cibo completamente solido ballare al ritmo di “Vorrei ma non posto” scimmiottando improbabili mosse di danza.

Partendo dal presupposto che un tormentone estivo non è altro che un tormentone estivo, la domanda è: cosa fanno quelle mamme? Quei papà?

Come si fa a non desiderare con passione un’educazione all’arte musicale per i propri figli?

Sapete qual è il problema?

Che oggi sono finiti i brividi lungo la schiena, oggi vi è un’assoluta atarassia musicale, piccoli e grandi che vivono in uno stato di lobotomia permanente.

E se il Rock potesse aiutarci? Ebbene sì cari genitori, credo che il Rock faccia al caso nostro!

Senza falsa modestia credo di essere riuscito nel tempo ad educare mia figlia e a guidarla nel vasto panorama musicale nazionale ed internazionale cercando di farle scoprire il bello della Classica, del Pop, del Jazz ma soprattutto del Rock!

Azioni meticolose (e a volte subdole) di carattere educativo e preventivo che hanno portato i loro frutti!

Sin dai tre anni infatti ci siamo divertiti a concepire testi e melodie che cantavamo assieme e che scemavano quasi sempre in un tremendo mix tra rock demenziale alla “Elio e le Storie Tese” e “Baby Dance” da Villaggio della Valtur, il tutto finiva in una fragorosa risata.

Con l’andare del tempo ci siamo focalizzati sugli “urlatori” ondeggiando a ritmo del 4/4 del puro e genuino Rock’n’Roll soprattutto la mattina, breve ma intenso momento esclusivo concesso a padri e figli nel tragitto casa-scuola.

Neanche sapeva ben parlare ma Sara ripeteva nitidamente la strofa ed il ritornello di Basket Case (dall’album Dookie – Green Day; n.d.a.)

Cantavamo di tutto e soprattutto a squarciagola sia le canzoni dei più piccoli (Due Coccodrilli, La Giraffa Raffella, l’Anaconda e molte altre) sia dei più grandi che il papà (rocker irremovibile) proponeva costantemente (ecco il carattere subdolo ma benefico!): band dagli anni 70 fino ai giorni nostri, dai Deep Purple e Led Zeppelin ai Black Stone Cherry e Three Days Grace passando per Mötley Crüe, Police e P.O.D.

Dallo specchietto retrovisore (il seggiolino di mia figlia era fissato nella parte posteriore destra) adocchiavo il sorriso eccitato alla partenza di un esplosivo assolo in pentatonica minore di Angus Young (Lead Guitar degli AC/DC) o il movimento della sua testolina che iniziava a battere il tempo sulle note ritmate di “Nookie”, grandissimo brano di quel discolaccio di Fred Durst dei Limp Bizkit (ascoltatissimo anche oggi in forma remix; n.d.a.).

Già… il Rock!

Quel Rock che, sembra impossibile, è stato per me l’educazione al bello!

Quel Rock tanto temuto in passato ma unico in grado di manifestare a chiare lettere il “non accontentarsi mai”! Anche di fronte ai più grandi eccessi (leggendario il mito del “Sex Drugs and R’n’R”; n.d.a.) il Rock con tutte le sue Star ha urlato al mondo il proprio desiderio di felicità di giustizia, di bellezza, di verità!

Il Rock infatti non ha mai negato la rabbia, la tristezza e la frustrazione, soprattutto la tristezza che è una delle componenti del sentimento umano che mi piace di più!

La tristezza dice no alla omologazione della nostra Società così ambigua ed infida nel negare in tutti i modi (anche con un certo tipo di musica! N.d.a.) l’esistenza della tristezza stessa, cercando in ogni modo di sigillare la ferita che ognuno di noi si porta nel cuore attraverso banalità e superficialità disarmanti!

Il Rock è tutto questo!

Il Rock è stato l’alfabetizzazione musicale di Sara, quel nostro momento insieme. Nel rapporto con lei è passato, non so neanche bene come, l’amore per tutta la musica, per gli strumenti musicali e per le melodie ed armonie ben fatte, per le canzoni “capolavoro” che vengono suonate da decenni. La capacità di distinguere nitidamente ogni singola componente degli strumenti a corda, a fiato a percussione, i riff di chitarra, le rullate di batteria, il groove del basso/grancassa apprezzando la musica nei suoi vari generi senza preclusione è motivo di grande orgoglio per il suo papà!

Oggi che Sara è più grandicella (quasi dodici anni) è una bimba con una bella e squillante voce che mi auguro, assieme allo studio del pianoforte, coltivi nei prossimi anni.

Oggi ha i suoi gusti, musica che a me non piace molto (ahimè vede pure Sanremo… discutendone però con passione e competenza; n.d.a.) ma ho notato che la “prevenzione” è riuscita, che la musica che abbiamo ascoltato ed assaporato insieme resterà un ricordo indelebile in lei.

Per inciso se chiedo a Sara: “chi è Slash (Guns N’ Roses, Velvet Revolver etc…)?” mai mi risponderà: “un tasto del computer!”

E per fortuna nei Gb del suo iPod non ho ancora visto dischi di Gigi D’Alessio!!!

Per concludere mi permetto di dare un consiglio a tutti i genitori, rockers e meno rockers: avete visto (uno dei film prediletti da Sara) “School of Rock”? in cui il protagonista, il mitico ed insuperabile Jack Black invece di insegnare le materie scolastiche insegnava ai ragazzi a suonare il Rock?

Fidatevi di me, guardatelo assieme ai vostri figli!

Uno splendido esempio di rapporto educativo! Uno splendido esempio di bellezza su cui meditare, genitori e figli insieme… uniti dal dio del ROCK!
PERTH

 




STRATEGIA GLOBALE E LA CRESCITA DIGITALE

In questo numero  affrontiamo con Voi i seguenti argomenti:

 

5)  Servizio Pubblico d’Identità Digitale (SPID)

6)   Organizzazione interna della PA

7)  Pagamenti elettronici

8)  Fatturazione elettronica PA

9)  Fatturazione B2B

 

5)Le regole tecniche per il debutto dello Spid (Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale di cittadini e imprese), ossia quel sistema che consentirà ai fornitori di servizi l’immediata verifica dell’identità in modo tale che ogni cittadino possa accedere in maniera rapida e sicura ai servizi online della Pubblica Amministrazione: in poche parole la nostra identità digitale è pronta.

Una delle novità più attese, tra quelle previste dall’Agenzia, consiste nell’assegnazione a ogni cittadino che ne farà richiesta di un “codice identificativo”, cioè un PIN unico, che dovrebbe essere composto da 14 caratteri – di cui 4 lettere e 10 caratteri alfanumerici – utile per identificarsi correttamente ed espletare tutte le pratiche online (dal pagamento delle tasse alla consegna di referti medici).

Spid e vantaggi oltre confine

Dopo l’emanazione del regolamento comunitario e-IDAS (Electronic Identity Authentication and Signature) e la notifica alla Commissione europea da parte del governo italiano del DPCM che regolamenta SPID, il sistema italiano sarà accettato dagli altri Stati membri dell’UE.Sarà possibile, dunque, realizzare l’interoperabilità del sistema SPID nel panorama tecnologico europeo. In questo quadro, SPID si basa sulle specifiche OASIS SAML v2.0 molto diffuse a livello europeo e adottate nel progetto sperimentale Stork (un progetto condiviso su larga scala da molti Paesi europei, che mira a sviluppare un’infrastruttura comune per l’identità digitale, sia per le persone fisiche sia per quelle giuridiche).

Le regole tecniche sono state collaudate nei test condotti in questi mesi con le PA pilota, che, appena sbloccati i provvedimenti, saranno quindi pronte a funzionare tramite Spid: si tratta di Inps, Inail, Agenzia delle Entrate; mentre tra le Regioni ci sono Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Piemonte e Toscana; a livello comunale, invece, hanno fatto da testa di ponte Firenze, Lecce, Milano; sono, inoltre, più di otto gli istituti bancari partecipanti.

 

6)Non può esservi vera innovazione senza reingegnerizzazione dei processi; per questo le PA centrali sono obbligate ad istituire un ufficio unico responsabile delle attività ICT e tutti gli Enti devono inserire la digitalizzazione e l’attuazione del CAD tra gli obiettivi per la valutazione dei risultati.

 L’ATTUAZIONE DELLE NUOVE TECNOLOGIE – Diventa  obbligatoria nella gestione dei procedimenti amministrativi (con l’espresso obbligo di protocollare la posta elettronica certificata e di creare il fascicolo elettronico del procedimento).

Gli Enti dovranno utilizzare le comunicazioni cartacee solo quando sia impossibile utilizzare quelle telematiche (soprattutto via Posta Elettronica Certificata); ogni Amministrazione dovrà poi consentire a cittadini ed imprese i pagamenti informatici e l’inoltro di istanze per via telematica.

Gli Enti dovranno curare maggiormente i contenuti dei propri siti Web, che diventano sempre più il vero front-office; molto importante, a riguardo, la disposizione che prevede che le PA promuovano progetti volti alla diffusione e al riutilizzo dei dati pubblici: si tratta della prima norma nazionale in materia di Open Data. Alla luce delle previsioni appena illustrate, il digitale diventerà la regola ed il cartaceo l’eccezione; di conseguenza, le Amministrazioni dovranno – necessariamente – dedicare sempre maggiore attenzione alla sicurezza dei dati e alla privacy dei cittadini (ad esempio, predisponendo piani per garantire la continuità operativa anche in caso di disastri).

 

7) Il quadro normativo UE sui pagamenti  ha messo in luce la necessità di ulteriori misure e aggiornamenti della normativa esistente. Il 23 luglio 2013 la Commissione ha adottato un pacchetto legislativo composto di una proposta di Direttiva relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno e una di Regolamento avente ad oggetto le commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento tramite carta.

Pagamenti elettronici sicuri, efficienti, competitivi e innovativi sono fondamentali per il mercato interno di prodotti e servizi, un aspetto questo che, in un momento in cui il commercio elettronico sta, a poco a poco, soppiantando gli scambi tradizionali, ha un impatto sempre crescente. Un mercato unico dei pagamenti digitali, questa la maggiore sfida del Pacchetto sopramenzionato, un simile traguardo porrebbe fine ad “un mercato dei pagamenti frammentato e caro, un mercato di 130 miliardi di euro, che pesa l’1% del PIL UE”, un mercato di potenzialità ancora non del tutto esplorato. Alla luce di quanto detto la Commissione Europea ha ritenuto indispensabile predisporre una normativa che, per un verso, instaurasse pari condizioni di concorrenza tra tutte le categorie di prestatori di servizi di pagamento, aumentando così scelta, efficienza, trasparenza e sicurezza dei pagamenti al dettaglio, per l’altro, agevolasse la prestazione transfrontaliera di servizi innovativi di pagamento con carta, via internet e tramite dispositivo mobile assicurando un mercato unico per tutti i pagamenti al dettaglio.

La proposta di Direttiva tende quindi ad uniformare il livello europeo di alcune procedure relative all’autorizzazione degli istituti di pagamento, ad armonizzare ulteriormente diritti e obblighi in materia di pagamenti elettronici, eliminando alcune delle opzioni esercitate a livello nazionale, inoltre, introduce nuove norme con lo scopo di favorire la nascita di innovativi sistemi di pagamento elettronico per gli acquisti on-line.

In combinato con la Direttiva, il Regolamento introdurrà massimali per le commissioni applicate ai consumatori sulle operazioni effettuate con carte di debito e di credito e vieterà l’applicazione di maggiorazioni per tali tipo di carte (ossia il sovrapprezzo che alcuni esercenti applicano al pagamento con carta) particolarmente in uso soprattutto nell’acquisto di biglietti aerei. Con le nuove regole si impone un tetto massimo sulle commissioni valevole per tutti i paesi UE, intervenendo appunto sulle varie incongruenze nazionali sino ad oggi presenti: 0,2% per le carte di debito e 0,3% per le carte di credito. Ciò permetterà ai retails on-line, in particolare quelli che subivano gli alti tassi delle commissioni interbancarie, di diventare maggiormente competitivi sul mercato europeo con un effetto positivo sui prezzi. Per un periodo transitorio di 22 mesi, tali massimali si applicheranno solo alle operazioni transfrontaliere (intese quali operazioni in cui il consumatore usa la carta in un paese diverso dal proprio oppure quando il dettagliante si appoggia ad una banca di un altro paese), trascorso tale periodo riguarderanno anche le operazioni nazionali.

La prospettiva di una riduzione del contante, realizzata appunto attraverso la diffusione generalizzata di sistemi di pagamento elettronici, è una tematica tanto attuale quanto controversa. Tra maggio e giugno 2013, il CNEL ha organizzato un ciclo di audizioni, conclusosi il 17 ottobre con il Seminario “Il sistema Italia alla sfida dei pagamenti elettronici”, avente da oggetto una riflessione sulle possibili misure volte a rafforzare la diffusione della moneta elettronica.

Risulta dal documento CNEL che l’eliminazione del contante a favore di sistemi di pagamento elettronici è una realtà soltanto per pochi Paesi nel mondo: il Giappone, con 12 carte di credito per abitante, è in testa alla classifica mentre l’Italia è solo al 23° posto nel mondo, con 1,6 carte di credito per abitante (anche se l’effettivo divario per l’Italia deriva soprattutto dallo scarso utilizzo delle carte di credito mentre sul dato relativo alle carte di debito è allineata con gli altri paesi europei comparati bili). I paesi emergenti hanno visto un uso crescente di tale di tale strumento, in India, dal 2008 al 2010, sono cresciuti del 50%, in Cina del 34%, crescite significative si sono registrate anche in Brasile, Russia e Messico (in generale, l’Asia è l’area a più alto tasso di incremento). In Europa, invece, si assiste ad una graduale riduzione della diffusione delle carte di credito a favore di quelle prepagate. In Inghilterra e Francia la loro diffusione è diminuita rispettivamente dell’1,5% e del 2% e ancora più marcata è stata per la Spagna, la Grecia e il Portogallo.

 

Il mercato dei pagamenti elettronici sta vivendo un momento di estrema vivacità, configurandosi come un settore in continua evoluzione. Il fermento, che si verifica sia a livello comunitario attraverso le raccomandazioni e le linee guida prodotte dall’EPC (European Payments Council) nell’ambito della SEPA (Single Euro Payments Area), sia a livello nazionale attraverso il recepimento delle Direttive 2007/64/CE (Payment Services Directive –PSD) e 2009/110/EC (nuova Electronic Money Directive –nuova EMD), sta coinvolgendo attivamente gli operatori del settore. L’interesse della Comunità Europea per il tema dei pagamenti elettronici è confermato dalla pubblicazione, lo scorso Gennaio, del Libro Verde intitolato “Verso un mercato europeo integrato dei pagamenti tramite carte, internet e telefono mobile1”, su cui la Commissione ha aperto una consultazione pubblica che chiama in causa cittadini, aziende ed enti interessati alla tematica dei pagamenti elettronici. Obiettivo della consultazione è colmare, attraverso il contributo dei diversi stakeholder, il gap che attualmente esiste tra la situazione attuale, caratterizzata da un mercato altamente frammentato, e una situazione ideale in cui si realizzi una reale integrazione e standardizzazione dei sistemi di pagamento elettronico.

Una maggiore integrazione di mercato porterebbe una serie di benefici a tutti gli stakeholder del sistema. La presenza di standard aperti comuni favorirebbe innanzitutto l’aumento di concorrenza, permettendo ai diversi prestatori dei servizi di pagamento di offrire i propri prodotti e servizi anche a livello transnazionale, incrementando gli effetti di scala e riducendo così i costi per gli operatori stessi e dunque i prezzi praticati agli utenti finali. Questi ultimi avrebbero inoltre maggiore possibilità di scelta e condizioni di accesso più trasparenti. In un mercato aperto, comune ed interoperabile aumenterebbero inoltre i livelli di sicurezza reale e percepita, incrementando la fiducia dei consumatori nei sistemi di pagamento elettronico. Tale elemento diventa fondamentale soprattutto quando si parla di scenari innovativi, come quelli legati al mobile payment, cioè a quei pagamenti “nei quali i dati e l’ordine di pagamento sono emessi, trasmessi o confermati tramite un telefono o un dispositivo mobile e che possono essere utilizzati per gli acquisti, sia online sia tradizionali, di servizi, prodotti digitali o beni fisici”2, rispetto ai quali la fiducia da parte degli utenti finali rimane, ad oggi, l’elemento fondamentale per l’affermazione dei servizi, come confermato da diversi studi di settore3.

I benefici descritti, traducibili sinteticamente nell’aumento di trasparenza e di tracciabilità dei pagamenti, nonché nella riduzione dei costi per gli operatori e dei prezzi per gli utenti finali, riguarderebbero milioni di imprese e centinaia di milioni di cittadini: il mercato dei pagamenti al dettaglio in euro è infatti uno dei più grandi al mondo, con 58 miliardi di operazioni nella sola Eurozona (dati BCE relativi all’anno 2009).

Per quanto attiene il livello comunitario, possiamo sicuramente affermare che tra gli obiettivi della Comunità Europea c’è quello di realizzare per gli strumenti di pagamento elettronico lo stesso percorso che nel 2002 si è compiuto per il contante, quando è stata introdotta una moneta unica in tutti i Paesi dell’UE. A tale scopo lo European Payments Council, organismo di decisione e di coordinamento istituito dal settore bancario per realizzare la SEPA e costituito da più di settanta membri che rappresentano banche, banking communities e payment institutions, ha definito i seguenti tre strumenti per raggiungere l’interoperabilità rispetto ai sistemi di pagamento a livello interbancario:

1) SEPA Credit Transfer Scheme (SCT) – abilita i Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP) ad offrire servizi    di trasferimento credito attraverso la SEPA.

2) SEPA Direct Debit Scheme (SDD) – crea strumenti di pagamento che possono essere utilizzati per addebiti diretti nazionali ed internazionali.

3) SEPA Card Framework (SCF) – abilita i clienti ad utilizzare carte general purpose per fare e ricevere pagamenti, nonché prelevare denaro all’interno della SEPA.

Se fino a qualche tempo fa per fare un bonifico o ricevere un addebito oltre i confini nazionali i tempi, i costi e la sicurezza erano diversi tra i vari Paesi, l’obiettivo che si intende realizzare nell’ambito della SEPA è proprio quello di creare uno standard unico, a livello europeo, insieme a procedure interbancarie condivise, che consentano di scambiarsi pagamenti e di regolarli come se fossero all’interno di un’unica entità nazionale.

Per quanto riguarda il trasferimento credito e l’addebito diretto, l’EPC ha già predisposto specifici strumenti di regolamentazione. Si tratta, nello specifico, di due tipologie di documenti: i “Rulebook” e le “Implementation Guidelines”. I primi costituiscono la risorsa primaria per la definizione di regole ed obblighi all’interno dello schema di pagamento e forniscono informazioni autorevoli su come esso funziona, mentre le seconde stabiliscono gli standard implementativi sulla base delle regole di alto livello definite dai Rulebook. Dal Novembre 2011 è in vigore la versione 5 dei suddetti documenti, mentre a partire dal 17 Novembre 2012 entrerà in vigore la versione 6, già disponibile sul sito dell’EPC. La Commissione ha inoltre fissato al 1 Febbraio 2014 la data entro la quale i sistemi di trasferimento credito e addebito diretto nazionali dovranno necessariamente migrare agli schemi definiti a livello comunitario.

Per quanto riguarda le carte, invece, la strada per una piena standardizzazione è ancora abbastanza lunga.

8) Il 6 giugno 2014 è scattato l’obbligo per Ministeri, Agenzie Fiscali ed enti di previdenza ed assistenza sociale di utilizzare esclusivamente la fatturazione elettronica.

Chi fa cosa?

  • Agenzia delle Entrate: gestisce, per il tramite della Sogei, il Sistema di interscambio che riceve le fatture elettroniche e provvede a destinarle alle PA.
  • Ragioneria Generale dello Stato (Ministero Economia e Finanze) gestisce il Sicoge ( Sistema di contabilità generale integrata dello Stato) che supporta le amministrazioni centrali nella ricezione gestione e conservazione a norma delle fatture elettroniche.
  • Dipartimento Affari Generali del MEF: gestisce, per il tramite di Consip, gli strumenti gratuiti messi a disposizione nel Mercato Elettronico della PA.
  • AgID: coordina il gruppo di lavoro interministeriale composto da RGS, Agenzia Entrate, Dipartimento delle finanze del MEF, Dipartimento Affari Generali del MEF, Anci e Cisis per il monitoraggio, la gestione l’assistenza e il supporto alle PA secondo le prescrizioni del DM

55/2013. AgID gestisce inoltre l’indice PA che contiene tutte le indicazioni utili alla emissione e trasmissione delle fatture elettroniche e coordina i gruppi di lavoro con Confindustria, Unioncamere, Associazioni di professionisti e di categoria ai fini del supporto della PMI e dei

professionisti fornitori della PA per l’attuazione del processo di Fatturazione Elettronica.

Dal 6 giugno 2014, Ministeri, Agenzie Fiscali ed enti di previdenza ed assistenza sociale hanno già ricevuto e gestito oltre 506.270 fatture in formato elettronico. Dal 6 settembre è inoltre impossibile pagare fatture che non sono pervenute in via elettronica. Attualmente è in corso l’attuazione di tutte le attività propedeutiche, per l’avvio, dal 31 marzo 2015, della fatturazione elettronica anche in tutte le restanti pubbliche amministrazioni (più di 20.000 enti per un totale stimato di circa 35.000 uffici destinatari).

9) A partire dal 1° gennaio 2017, sarà incentivata l’adozione della Fatturazione Elettronica nelle relazioni tra le imprese, accanto a quella già obbligatoria verso la PA. Va chiarito che la Fatturazione Elettronica nel B2b non può essere formalmente obbligata – come lo è stato verso la Pubblica Amministrazione – e quindi, altra novità assolutamente pregevole, questa innovazione rappresenta il presupposto per una semplificazione degli adempimenti dei contribuenti titolari di partita IVA. Il decreto appena approvato dal Consiglio dei Ministri, infatti, prevede la facoltà di trasmettere telematicamente le fatture all’Agenzia delle entrate in luogo delle comunicazioni che i contribuenti sono chiamati a inviare all’Amministrazione finanziaria nel corso dell’anno. Ulteriori agevolazioni

Coloro che già adottano o adotteranno processi di Fatturazione Elettronica, si troverebbero agevolati nella effettuazione della trasmissione telematica e potrebbero coniugare comunicazione commerciale e fiscale consentendo di abolire completamente adempimenti come lo Spesometro e la comunicazione delle operazioni con i Paesi Black List e i modelli INTRA riferiti agli acquisti di beni e servizi – adempimenti burocraticamente tanto onerosi quanto “sgradevoli”, che gravano sull’operatività delle imprese. Il contribuente, poi, otterrebbe rimborsi IVA più veloci. Un altro elemento che da qui al 1 gennaio 2017 potrà avere un ruolo importante sull’evoluzione della Fatturazione Elettronica, verso la PA e nel B2b, è legato al percorso di sviluppo del cosiddetto “Core Invoice”. La Comunità Europea – nello specifico, tramite una commissione dedicata del CEN – è, infatti, al lavoro per definire il “subset ottimo minimo” di informazioni che, a partire dal 2019, ogni Pubblica Amministrazione europea dovrà “farsi bastare” per accettare – e portare in pagamento – una Fattura di un loro fornitore. Questo tavolo di lavoro è, a oggi, centrale nello sviluppo della Fatturazione Elettronica, sia in Europa sia in Italia, e potrebbe avere ricadute – comunque positive, a mio modo di vedere – sia sullo “standard” attualmente in uso sia sul numero stesso degli standard eventualmente utilizzabili a regime.

 

 

 

 

 




LA “MUSICA” ALLA RADIO: SCELTA O IMPOSIZIONE?

LA MUSICA ALLA RADIO: SCELTA O IMPOSIZIONE?

C’è stato un tempo in cui scegliere la musica era possibile.

Un tempo in cui le emittenti radiofoniche trasmettevano i talenti, gli artisti, quelli veri che con semplicità raggiungevano gli ascoltatori.

Le canzoni piacevano oppure no, gli artisti avevano il giusto successo oppure sparivano dalle scene.

Tutto questo oggi non ha più senso.

Ognuno di noi ha programmato nello stereo in auto, nel pc in ufficio, nel Hi-Fi Dolby Surround a casa almeno 6 o 7 stazioni radio appartenenti a network radiofonici a diffusione nazionale più che conosciuti: Radio 105, Radio Capital, Radio 24, Radio Deejay, R 101, Radio Dimensione Suono, RTL 102,5, Radio 24 e, per i più “Rock”, la mitica Virgin!

Sono innumerevoli e popolari pure i network più locali che hanno una programmazione di base legata al territorio e dove a volte la professionalità degli speakers è più legata all’idioma che alla cultura musicale.

Partendo da un’ipotesi (assunto per chi scrive; n.d.a.) che la cultura musicale oggi in Italia sia frutto di un assillante procedimento di desensibilizzazione da parte dei Media, la Televisione in primis (vedasi anche: http://betapress.it/index.php/2016/09/09/x-factor-x-rock/) e la Radio poi, ho deciso di esaminare qualche giorno fa i palinsesti di alcune emittenti nazionali.

Quale migliore occasione dell’autostrada nel tragitto Ancona-Milano?

Ho sintonizzato i 16 canali dello stereo ed ho cominciato la mia analisi. Pubblicità a parte, che ho notato essere praticamente concomitante a tutte le stazioni, ho contato circa una sessantina di canzoni in onda nell’arco di poco più di tre ore, di queste una decina erano presenti a ripetizione in ogni singola emittente.

Ad un orecchio poco “allenato” queste dinamiche possono sfuggire ma con un pizzico di pazienza ed attenzione ci si rende conto dell’imposizione cui siamo indotti.

Non voglio assolutamente inoltrarmi in discussioni sterili circa le “opere” di artisti nostrani “pluri-decorati”: Rockers, Poppers e Sweeters. Ho colto fin troppo bene negli anni il sistema imbarazzante che gira attorno agli “attempati talenti” che con i passaggi radio e le fastidiose interviste promuovono il lavoro del momento, credo inoltre sia chiaramente visibile a tutti la condizione di mesmerizzazione in cui versano e con cui vengono tenuti costantemente in vita dalle rispettive Label .(Il mesmerismo  è una terapia, non riconosciuta ufficialmente, per malattie o disfunzioni, basata sulle teorie di Franz Anton Mesmer, medico tedesco del Settecento, che prevedeva di curare i pazienti con elettro-calamite. NDR).

Voglio invece puntare il dito sulle solite canzonette all’ultima moda udite durante il mio viaggio: canzonette legate a personaggi che di talentuoso hanno ben poco e soprattutto il dito (medio; n.d.a.) lo voglio puntare verso i contorti e distorti meccanismi discografici e radiofonici.

Siamo in un regime totalitario dove il singolo ascolto è finalizzato esclusivamente ad una mera questione economica, prerogativa di chi produce e commercializza musica, senza nessuna regola e senza proposizione alcuna.

Profetica la frase nel pezzo del 1992 “Atti Osceni” dei Timoria (una delle mie band preferite; n.d.a.) in cui Francesco Renga confessava: “…spacci musica e lo fai pure bene (…)”.

Vorrei rivolgere anche al lettore incuriosito alcune domande che mi sono posto: “…perché si sentono in radio sempre le stesse cose? Perché i nomi del mondo della musica e dello spettacolo sono quasi sempre gli stessi? Perché ci sono artisti che hanno tanta visibilità pur non meritandosela? Perché artisti che offrono proposte di effettiva qualità hanno difficoltà a trovare spazio?

La risposta è arrivata da un caro amico discografico: “Music Control”! Music Control è il mezzo di rilevazione dei passaggi radiofonici (l’esatto meccanismo è alquanto complesso per cui non mi dilungherò nella spiegazione tecnica) il cui scopo è quello di conoscere l’effettiva airplay di un brano sul territorio nazionale.

Da qui nasce la classifica dei brani più ascoltati, della permanenza di un artista nella hit etc. Stesso discorso vale per la promozione: la presenza di un artista in Music control garantisce la diffusione totale di un prodotto nella radiofonia nazionale e condiziona notevolmente gli altri media, soprattutto giornali che scrivono dei soliti noti ed emittenti televisive che invitano sempre gli stessi artisti.

Music Control è lo strumento attraverso cui le Majors riescono ad influenzare i Network Radiofonici e viceversa.

I Direttori Artistici delle radio, unici veri signori e padroni del palinsesto, oggi sono in grado di “barattare” con le case discografiche loro “brani da far passare” a vantaggio di “investimenti sulle proprie frequenze”.

Si entra così in una spirale pericolosa che sintetizzo: scarsa qualità musicale proposta – competizione tra artisti più e meno brillanti inesistente o finta (il programma “Amici” della De Filippi ne è un esempio) – omologazione globale – GAME OVER!

E la ricetta? Difficile combattere contro questi meccanismi ben oliati! Troppi interessi, troppi legami indissolubili, troppa falsità, non c’è una ricetta!

Ma possiamo e dobbiamo iniziare ad educarci (innanzitutto noi!) e ad educare soprattutto le giovani generazioni, dobbiamo favorire la crescita di sensibilità verso la Musica con la “M” maiuscola!

Dobbiamo favorire l’ascolto di programmi in emittenti con amplia cultura musicale e possibilmente fuori dagli sporchi giochi del business dei Network, dobbiamo tornare ai Concerti ed ai Festival dove artisti propongono la loro musica, dobbiamo favorire pure i social e la rete: quest’ultima entrata prepotentemente nella filiera della discografia.

Dobbiamo in sintesi conoscere e far conoscere la vera arte!

Quella che non muore mai quella che non è mai morta.

Ah, a proposito di arte, notiamo: se per caso qualcuno di voi NON conosce “Another Brick In The Wall”… scagli la prima pietra!
PERTH

radio-1

libera la radio che c'è in te
libera la radio che c’è in te




Cercasi Buona Scuola: chi l’ha vista chiami subito in redazione.

La Buona Scuola, di renziana impostazione, è miseramente fallita solo dopo pochi mesi dalla sua gestazione.

Il caos di questi giorni nelle chiamate dirette e nelle graduatorie post concorsi indica, con forza, come sia importante conoscere ciò che si tocca.

Il che non scusa il fatto che la scuola italiana sia una nave che naviga a vista da molto tempo, con reiterati errori e covo di incompetenze sopratutto dal lato ministeriale, e probabilmente dalla riforma del 1962 non è più stata in grado di adattarsi alla nuova corrente educativa che lei stessa si era data.

L’errore di base che grava sulla scuola italiana è la mancanza di un modello organizzativo legato a processi e funzioni ben definiti; basta vedere il caos scaturito con il concorsone che muoverà ricorsi per i prossimi decenni e causerà instabilità nei percorsi professionali di molti docenti, ma sopratutto che ha dimostrato di non saper valutare nessuno.

La legge 107 ha raffazzonato una serie di idee (a volte anche valide) buttandole in un calderone che non ha dato indicazioni precise e funzionali, ma come al solito ha lasciato spazi interpretativi assurdi.

Sono stati assunti migliaia di docenti spesso non preparati a fare i docenti, in barba a quei professori che invece hanno consolidate professionalità, è stato fatto un concorsone che non ha saputo valutare correttamente nessuno, il bonus docenti non ha centrato l’obiettivo di creare un modello di valutazione dei docenti, i dirigenti scolastici non hanno avuto nessuna possibilità di scegliere in quanto già tutti i posti sono stati gestiti dagli usr su incarico del miur che hanno posizionato le figure che voleva il miur, non certo quelle che servivano alle scuole, l’alternanza scuola lavoro ha fatto una grave commistione tra didattica e professione senza una vera guida, tutte cose che hanno generato caos.

Il ridicolo: viene fatto un concorso senza i posti da assegnare, la partenza dell’anno scolastico ha generato più insicurezze nei docenti di quanto nessuna riforma abbia mai fatto negli ultimi quarant’anni, ogni usr manda alle scuole comunicazioni differenti…

Non è questione di difendere i docenti che se sono bravi si difendono benissimo con il loro lavoro, è questione di dignità, dignità della persona, dignità della professione, non solo dei docenti ma anche del personale di segreteria che si è trovato catapultato in un caos di incombenze amministrative nuove, mal spiegate e sopratutto non chiare.

Insomma la buona scuola è riuscita a mettere nel caos tutti, lo stesso sottosegretario Faraone ha ammesso, a denti stretti, che qualche “piccolo” inconveniente c’era, PICCOLO, ahahah, eufemismo politico.

Inutile in queste poche righe riassumere i tanti fatti clamorosi di incapacità dimostrata dalla buona scuola, ed in particolare di come anche l’organico dell’autonomia si sia dimostrato solo utile a posizionare i tanti assunti “inutilmente” nella scuola.

In ogni caso la Ministra si dice soddisfatta “nella consapevolezza di una macchina complessa”.

Ma chi deve essere soddisfatto, la ministra o gli operatori della scuola che devono poter lavorare con la massima tranquillità?

Ma gli esponenti dei lavoratori della scuola affermano: “Mobilità nazionale, concorso disarticolato dalle reali necessità in termini di cattedre, dirigenti scolastici imbarazzati nella mansione di selezionatore del personale… la Buona Scuola mostra tutta la sua fragilità all’inizio dell’anno scolastico...” così interviene Nicola Iannalfo, esponente di spicco del Comitato Docenti Precari ” L’idea centrale di raccordare la scuola al sistema lavorativo sta generando vulnus organizzativi per quanto attiene l’alternanza scuola-lavoro. I nodi da sciogliere sono molti e c’è da scommettere che le prossime settimane offriranno motivo di scontro tra le parti sociali e il ministero. Il Ministro annuncia un nuovo ciclo TFA… non sarebbe opportuno sistemare il pregresso piuttosto che congestionare ulteriormente le graduatorie di istituto? Lo scopriremo solo vivendo…”

In ogni caso siamo contenti che la ministra sia contenta…

 

 

i casi strani della legge 107

i casi strani segue

i tappi del miur