Unipegaso, la prima Università a misura di Studente e non di Professore…

Stiamo svolgendo un’importante ricerca sulle università telematiche italiane ed i primi risultati hanno portato l’Università Telematica Unipegaso al primo posto per territorialità ed iscrizioni.

Il successo non è solo dato da un buon rapporto qualità prezzo, ma dall’efficacia delle lezioni e dalla loro qualità.

Abbiamo intervistato i rappresentanti degli studenti Unipegaso per capire la formula del fenomeno.

domanda: In poche parole, cosa significa Unipegaso?

Leyla Lunghi,COMMISSIONI PARITETICHE DOCENTI-STUDENTI “GIURISPRUDENZA”, ci racconta:

Per me l’esperienza Unipegaso si racchiude in poche ma significative parole, eccole:

Flessibilità: per la possibilità di fruire delle lezioni quando è possibile visti gli impegni lavorativi e familiari 
Competenza: perché le lezioni sono accuratamente preparate, e i docenti, in linea di massima, sono stimolanti nell’affrontare gli argomenti

Preparazione: di qualità e certamente all’altezza del titolo da conseguire, io ne ho le prove ogni giorno perché sul lavoro mi accorgo immediatamente della qualità del mio percorso accademico.

il mio impegno negli organismi di di Facoltà vuole rappresentare la mia espressione di passione e solidarietà fra alunni, sicuramente le rappresentanze studentesche servono a creare un gruppo che ha lo scopo di migliorare la propria attività di studio e il proprio apprendimento.

Per questo motivo le rappresentanze di facoltà promuovono la solidarietà tra gli studenti, in quanto c’è condivisione dei problemi e la possibilità di ragionare su come risolverli tutti insieme, non lasciando nessuno solo.

Antonio Brienza, COMMISSIONI PARITETICHE DOCENTI-STUDENTI “SCIENZE UMANE” , espone in modo molto chiaro il suo impegno negli organismi di rappresentanza:

” La mia esperienza personale vissuta presso l’Università Telematica Pegaso la descriverei al contempo una vera e propria maturazione cognitiva, affettiva, professionale ed esistenziale. Una valida opportunità che mi ha concesso la possibilità di coniugare brillantemente lo studio al mio prezioso lavoro, l’occasione di conoscere gente valida, cortese e disponibile,nonché l’irripetibile opportunità di costituire, in qualità di fondatore, il Consiglio dei Rappresentanti degli studenti Unipegaso e l’Associazione Alumni dell’Università Telematica Pegaso. Esprimo un ottimo giudizio in merito alla qualità del materiale didattico elargito dall’Ateneo, alla preparazione posseduta dai docenti, al decoro delle prestigiose sedi d’esame dislocate su tutto il territorio nazionale ed al consolidato spirito di squadra emerso dalla fattiva collaborazione tangibile tra i vari Organi di quella che rappresenta un’Istituzione Accademica di tutto rispetto. Al pari dei colleghi iscritti presso atenei tradizionali, posso fermamente asserire che lo studente immatricolato presso un ateneo telematico è da ritenere a tutti gli effetti un discente impegnato attivamente e consapevolmente nell’espletamento del proprio percorso di studi e che quindi, come tale, investe tempo, passione, sacrificio e dedizione nella costruzione della propria carriera universitaria; una carriera edificata sui valori portanti di una decorosa esistenza. Eletto Rappresentante studentesco nella CPDS della Facoltà di Scienze Umanistiche nel mese di Dicembre 2016, sono fermamente convinto che il miglior modo per raggiungere traguardi grandiosi nella vita, così come nello studio ed in ogni altro settore dell’esistenza, sia quello di collaborare attivamente in team e, dunque, valorizzare il lavoro di squadra che definisco una delle migliori strategie per realizzare obiettivi di tutto rispetto. Più che soddisfatto dell’esperienza sinora condotta presso questo Ateneo, e della fattiva collaborazione riscontrata quotidianamente sia con i Rappresentanti dei vari Corsi di Studio, che con i vertici dell’Ateneo, resto dell’idea che molto altro possa essere realizzato grazie al prezioso contributo di ciascuno di noi.”

Insomma un Ateneo a misura di alunno e non di Professore.

 




STORICIZZAZIONE DELLA NORMATIVA CONSERVAZIONE DIGITALE

 

Continuando con le linee guida per affrontare le strade del mondo digitale è indispensabile  approfondire alcuni concetti  che garantiscono la tutela dei dati sia pubblici che privati, soprattutto  per garantire i più deboli.

Ultimo aggiornamento 05 Dicembre 2016

Il sistema di conservazione garantisce autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità dei documenti informatici, come previsto dal CAD (art.44).

Sistema di conservazione

  1. In attuazione di quanto previsto dall’art. 44, comma 1, del Codice, il sistema di conservazione assicura, dalla presa in carico dal produttore di cui all’art. 6 fi no all’eventuale scarto, la conservazione, tramite l’adozione di regole, procedure e tecnologie, dei seguenti oggetti in esso conservati, garantendone le caratteristiche di autenticità,

integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità:

  1. a) i documenti informatici e i documenti amministrativi informatici con i metadati ad essi associati di cui all’allegato 5 al presente decreto;
  2. b) i fascicoli informatici ovvero le aggregazioni documentali informatiche con i metadati ad essi associati di cui all’allegato 5 al presente decreto, contenenti i riferimenti che univocamente identificano i singoli oggetti documentali che appartengono al fascicolo o all’aggregazione documentale.
  3. Le componenti funzionali del sistema di conservazione assicurano il trattamento dell’intero ciclo di gestione dell’oggetto conservato nell’ambito del processo di conservazione.
  4. Il sistema di conservazione garantisce l’accesso all’oggetto conservato, per il periodo prescritto dalla norma, indipendentemente dall’evolversi del contesto tecnologico.
  5. Gli elenchi degli standard, delle specifiche tecniche e dei formati utilizzabili quali riferimento per il sistema di conservazione sono riportati negli allegati 2 e 3 al presente

decreto.

Ruoli  e responsabilità

  1. Nel sistema di conservazione si individuano almeno i seguenti ruoli:
  2. a) produttore;
  3. b) utente;
  4. c) responsabile della conservazione.
  5. I ruoli di produttore e utente sono svolti da persone fisiche o giuridiche interne o esterne al sistema di conservazione, secondo i modelli organizzativi definiti all’art. 5.
  6. Il responsabile della gestione documentale o il responsabile del servizio per la tenuta del protocollo informatico, della gestione dei flussi documentali e degli archivi assicura la trasmissione del contenuto del pacchetto di versamento, da lui prodotto, al sistema di conservazione secondo le modalità operative definite nel manuale di conservazione.
  7. L’utente richiede al sistema di conservazione l’accesso ai documenti per acquisire le informazioni di interesse nei limiti previsti dalla legge. Tali informazioni vengono fornite dal sistema di conservazione secondo le modalità previste all’art. 10.
  8. Il responsabile della conservazione definisce e attua le politiche complessive del sistema di conservazione e ne governa la gestione con piena responsabilità ed autonomia,

in relazione al modello organizzativo adottato ai sensi dell’art. 5.

  1. Il responsabile della conservazione, sotto la propria responsabilità, può delegare lo svolgimento del processo di conservazione o di parte di esso ad uno o più soggetti

di specifica competenza ed esperienza in relazione alle attività ad essi delegate. Tale delega è formalizzata, esplicitando chiaramente il contenuto della stessa, ed in

particolare le specifiche funzioni e competenze affidate al delegato.

  1. La conservazione può essere affidata ad un soggetto esterno, secondo i modelli organizzativi di cui all’art. 5, mediante contratto o convenzione di servizio che preveda

l’obbligo del rispetto del manuale di conservazione predisposto dal responsabile della stessa.

  1. Il soggetto esterno a cui è affidato il processo di conservazione assume il ruolo di responsabile del trattamento dei dati come previsto dal Codice in materia di protezione

dei dati personali.

  1. Resta ferma la competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in materia di tutela dei sistemi di conservazione degli archivi pubblici o degli archivi privati che rivestono interesse storico particolarmente importante.

Manuale di conservazione

  1. Il manuale di conservazione illustra dettagliatamente l’organizzazione, i soggetti coinvolti e i ruoli svolti dagli stessi, il modello di funzionamento, la descrizione del processo, la descrizione delle architetture e delle infrastrutture utilizzate, le misure di sicurezza adottate e ogni altra informazione utile alla gestione e alla verifica del funzionamento, nel tempo, del sistema di conservazione.
  2. Il manuale di conservazione è un documento informatico che riporta, almeno:
  3. a) i dati dei soggetti che nel tempo hanno assunto la responsabilità del sistema di conservazione, descrivendo in modo puntuale, in caso di delega, i soggetti, le funzioni e gli ambiti oggetto della delega stessa;
  4. b) la struttura organizzativa comprensiva delle funzioni, delle responsabilità e degli obblighi dei diversi soggetti che intervengono nel processo di conservazione;
  5. c) la descrizione delle tipologie degli oggetti sottoposti a conservazione, comprensiva dell’indicazione dei formati gestiti, dei metadati da associare alle diverse tipologie di documenti e delle eventuali eccezioni;
  6. d) la descrizione delle modalità di presa in carico di uno o più pacchetti di versamento, comprensiva della predisposizione del rapporto di versamento;
  7. e) la descrizione del processo di conservazione e del trattamento dei pacchetti di archiviazione;
  8. f) la modalità di svolgimento del processo di esibizione e di esportazione dal sistema di conservazione con la produzione del pacchetto di distribuzione;
  9. g) la descrizione del sistema di conservazione, comprensivo di tutte le componenti tecnologiche, fi siche e logiche, opportunamente documentate e delle procedure di

gestione e di evoluzione delle medesime;

  1. h) la descrizione delle procedure di monitoraggio della funzionalità del sistema di conservazione e delle verifiche sull’integrità degli archivi con l’evidenza delle soluzioni adottate in caso di anomalie;
  2. i) la descrizione delle procedure per la produzione di duplicati o copie;
  3. j) i tempi entro i quali le diverse tipologie di documenti devono essere scartate ovvero trasferite in conservazione, ove, nel caso delle pubbliche amministrazioni, non già presenti nel manuale di gestione;
  4. k) le modalità con cui viene richiesta la presenza di un pubblico ufficiale, indicando anche quali sono i casi per i quali è previsto il suo intervento;
  5. l) le normative in vigore nei luoghi dove sono conservati i documenti.

Voglio concludere con una serie di considerazioni  anche per anticipare alcuni argomenti che affronterò nei prossimi articoli.

Affrontando il tema della digitalizzazione all’origine dei documenti e delle firme elettroniche, ci poniamo delle domande:

  1. Produco già documenti in digitale dall’origine?

II.I documenti che produco in digitale si trasformano in cartacei per esigenze di trasmissione, sottoscrizione, esibizione, archiviazione?

III. Quali Firme Elettroniche potrei usare su questi documenti: una firma elettronica semplice o una firma digitale?

  1. Nella legislazione di riferimento cui l’azienda deve sottostare (ad es. IVASS, ABI, …)s sono previste le Firme Elettroniche ed i documenti informatici? E se si, quali?
  2. Come faccio a predisporre il processo FEA sui miei documenti?
  3. Quali hardware e software devo acquistare per aporre Firme Elettroniche?

VII. Dove archivio i documenti informatici che ottengo?

Salvo Esposito




JEFF BUCKLEY – «GRACE»

Il mio articolo “LA DISPERAZIONE DEL GRUNGE” ha provocato non poche reazioni.

Alcuni lettori mi hanno raggiunto dicendomi di approfondire il tema della “Disperazione”, altri invece hanno parlato di “Maledizione”.

Ho cercato di rispondere che non esiste alcuna “Maledizione” circa le morti di artisti legati al Rock ed al Grunge, c’è solo la “Disperazione” che tenta di colmare un buco nero come ebbi a scrivere: “…a differenza del panorama musicale di oggi, infarcito di “pizzi e merletti tele-mediatici”, il movimento Grunge ha cercato risposte alla vita a partire dalla rabbia e dal desiderio disperato di colmare un buco nero”. Nelle ultime settimane ho passato lunghe notti a leggere e a visionare film, video ed interviste circa la vita (e la morte) di Chris Cornell, leader di SOUNDGARDEN, AUDIOSLAVE e TEMPLE OF THE DOG e mi sono imbattuto quasi per caso in una foto di Chris assieme all’amico Jeff Buckley… ho immediatamente pensato alla “Maledizione” della famiglia Buckley.

Jeffrey Scott Buckley (Anaheim, 17 novembre 1966 – Memphis, 29 maggio 1997), è stato uno dei talenti assoluti del Rock Alternativo targato USA negli anni in cui la scena di Seattle era al massimo della sua notorietà.

Figlio unico di Tim Buckley, genio controverso del Folk Rock d’oltreoceano, morto nel 1975 a soli 28 anni (abbandonò la madre quando Jeff non era ancora nato; n.d.a.), Jeff crebbe con la madre ed il patrigno che per primo indirizzò il giovane talento verso lo studio della musica.

Jeff morì annegato la sera del 29 maggio 1997 mentre andava a registrare le tracce di «Sketches for My Sweetheart the Drunk», secondo album in studio (uscito postumo; n.d.a.).

Fermatosi per un veloce tuffo sulle rive del Wolf River, affluente del Mississippi, si immerse cantando un motivo dei LED ZEPPELIN, «Whole Lotta Love» con addosso tutto, jeans e stivali pesanti e non riemerse: aveva trentanni! Una vita breve come suo padre Tim, ma intensa, che ha lasciato con il suo talento un solco profondo influenzando decine di band dai generi più disparati.

Strano tutto ciò, perché Jeff Buckley ha prodotto in vita un solo album in studio, «Grace» che ancor oggi è uno degli album che rientra a pieno titolo nella mia personale classifica dei “TOP TEN”.

Quando acquistai il Long Playing era proprio il 1997 e mi innamorai all’istante della voce straordinaria di Jeff… da brividi! «Grace» fu prodotto da Andy Wallace (già produttore di «Nevermind» dei NIRVANA; n.d.a.) ed uscì proprio nell’anno, il 1994, in cui moriva il “diavolo” Kurt Cobain con un successo immediato di pubblico e critica. David Bowie, dopo la morte di Jeff Buckley, disse di «Grace»: «se fossi su un’isola deserta vorrei solo questo disco con me».

Basterebbe questa testimonianza del «Duca Bianco» per comprendere la portata di «Grace»: si è di fronte ad un vero e proprio capolavoro! «Grace» contiene alcune canzoni ineguagliabili: la splendida «Hallelujah», cover della famosa song di Leonard Cohen (a mio avviso esecuzione perfetta, perfino superiore all’originale; n.d.a.), «Last Goodbye» ed «Eternal Life», quest’ultima in totale sintonia con il Rock massiccio e potente del suo tempo.

In «Grace», seconda traccia dell’omonimo album nonché la mia preferita, Jeff canta «…c’è la luna che chiede di restare/ abbastanza a lungo perché le nuvole mi portino via/ sento che la mia ora sta arrivando/ ma io non ho paura di morire»: forse una triste premonizione!

Le dieci tracce di «Grace» rivelano il dolore per il padre Tim, per la sua morte prematura e per un affetto mai ricevuto ma, a differenza degli stereotipi del mondo del Rock (Sex, drugs and Rock’n’Roll), Jeff non cerca risposte nell’autodistruzione, lui ama la vita e cerca Qualcosa per cui valga la pena vivere.

E nel cammino di «Grace» trova una risposta: la Donna! La «Grazia» di poter raggiungere la Donna per essere finalmente libero dalle angoscie della vita. Un po’ come è stato per Leopardi e per Dante, alla Donna anche Jeff pone le domande più vere quasi Essa sia il senso finale della sua ricerca.

Tutta la sua vita a cercare una Presenza raccontando di un’Assenza, quella del padre Tim, una “Maledizione” di un padre ed un figlio che non si sono mai incontrati, due morti precoci ed una ferita profonda in Jeff che forse solo la «Grazia» – «Grace» ha potuto guarire.

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=A3adFWKE9JE&w=640&h=480]

 

 

Perth




ANCODIS batte, MIUR non risponde

Pubblichiamo con piacere una lettera pervenuta dall’Associazione Nazionale dei Collaboratori dei DS, in cui viene raccontato l’altro lato della Luna, quello che la gente normale non vede, ma che è uno dei momenti importanti della scuola italiana, fatto da tante persone che dedicano la loro professionalità alla scuola senza chiedere le luci della ribalta, ma solo per essere certi di aver fatto il loro dovere, di aver garantito una scuola migliore a tutti i ragazzi d’Italia.

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E si dimenticano di noi Collaboratori dei DS…

Siamo quasi alla fine di un anno scolastico particolarmente intenso ed impegnativo. Ma ancora c’è tanto da fare dal punto di vista organizzativo: scrutini, esami di fine ciclo, esami di stato, chiamata diretta, valutazione del merito, organico di fatto, collegi finali.

Un lavoro che viene – come ogni anno – affidato dai DS ai propri collaboratori che organizzano tempi, spazi, si relazionano con i colleghi delle altre I.S. per calendarizzare e pianificare gli impegni dei docenti, non pochi, con cattedra oraria.

Ma si è consapevoli di quanto lavoro organizzativo e gestionale? Si potrebbe immaginare tutto questo carico di lavoro svolto soltanto dal DS titolare e magari contemporaneamente con una reggenza?

I Ds hanno manifestato/scioperato il 25 maggio per denunciare “troppi carichi di lavoro, responsabilità aumentate, nuove norme di sicurezza, numero di studenti e lavoratori sempre più alto da gestire” e per rivendicare il riconoscimento economico per la loro professionalità.

E per il prossimo anno scolastico ancora una emergenza nella scuola italiana: l’incremento del numero delle I.S. senza DS titolare o con DS in aspettativa o in esonero. Una condizione insostenibile in termini di efficienza gestionale ed organizzativa per la qualità del servizio scolastico!

Ma in tutto questo impegno professionale, i DS sono soli? Certamente no! Hanno al loro fianco i Collaboratori che con spirito di servizio, competenza e professionalità contribuiscono a rendere meno gravoso l’impegno e più efficiente l’organizzazione e la gestione delle Istituzioni Scolastiche.

Per non parlare dei DS reggenti che trovano nei Collaboratori figure fondamentali per la gestione delle scuole loro affidate!

I Collaboratori sono oggi fondamentali ed insostituibili nella governance della scuola: a loro sono affidati compiti e funzioni che il DS – in autonomia – potrebbe in parte assolvere; sono in gran

 

parte docenti che lavorano senza esonero per almeno altre 8/10 ore per guadagnare una media di 1500/2000 Euro/annue, decisione presa spesso in una iniqua contrattazione!

Ma non si parla di loro in nessun documento ufficiale, in nessuna dichiarazione di categoria, nessun riconoscimento per il loro lavoro e per il senso del dovere dimostrati nell’espletamento della collaborazione.

Ecco, dunque, arrivato il tempo nel quale si rende necessario far sentire il nostro punto di vista, senza reticenza alcuna, con uno spirito costruttivo, consapevoli del ruolo e del lavoro che svolgiamo quotidianamente nelle nostre I.S..

Per questo motivo ci siamo organizzati in rete prima ed in Associazione dopo: ANCODIS. Per rivendicare il diritto all’esistenza riconosciuta per norma di legge, regolamentata nel prossimo CCNL, definita in una carriera di quadro intermedio – Middle Management – tanto rivendicata da più parti ma nei fatti ancora oggi non incanalata in una discussione seria che guarda alla scuola del 2020.

E non ci limitiamo solo all’amara constatazione dello status quo ma abbiamo delle proposte concrete, perseguibili, a costo zero per il bilancio dello Stato, da mettere in atto in brevissimo tempo per le quali chiediamo alle altre organizzazioni ed associazioni di esprimersi nell’esclusivo interesse delle moderne I.S.:

Reggenze: è possibile una soluzione urgente per il prossimo A.S. non gravando sul carico di lavoro e sulla responsabilità dei DS? Certamente, assegnando la reggenza ai collaboratori che abbiano svolto funzioni vicarie per almeno 36 mesi secondo una graduatoria di merito. La differenza rispetto all’O.M. del 2004 sta proprio qui: nell’accesso solo ai collaboratori vicari che si rendessero disponibili per un anno – e comunque fino all’assegnazione del DS titolare – ad assumere questo ruolo!

Riconoscimento del servizio svolto: occorre dare sia un adeguato punteggio nelle graduatorie al servizio reso nella collaborazione ai ds sia un riconoscimento di merito con l’attribuzione della Vicedirigenza; sarebbe, infatti, un modo formale per distinguere chi ha svolto soltanto la carriera docente e chi, invece, ha anche assunto ruoli di collaborazione nell’ambito della gestione di una I.S.. Ricordiamo che svolgiamo di fatto, con l’Istituto della delega, ruoli apicali in molti settori della vita scolastica, sostituendo il Dirigente, con un riconoscimento economico non adeguato e soggetto alla contrattazione di istituto.

Formazione: siamo consapevoli – nella doppia veste di docenti e di collaboratori – che alla base di ogni ruolo deve esserci un percorso di formazione adeguato, moderno, di alto profilo. Per questa ragione, ANCODIS rivendica con forza il diritto ad una formazione specifica di sistema al pari degli altri percorsi formativi, diretti specificatamente a quanti nella scuola assolvono a ruoli di gestione, di organizzazione, di responsabilità. A tal fine, per il prossimo anno scolastico, ANCODIS proporrà un piano di formazione comune a tutti i direttivi su temi specifici e ritenuti necessari al nostro ruolo, nell’auspicio che le finalità e gli obiettivi che ci siamo dati possano essere pienamente conseguiti;

 

Concorso DS: nel prossimo bando deve essere stabilito un adeguato punteggio per gli anni svolti per la collaborazione ed, in caso di esito favorevole, il servizio reso deve avere un riconoscimento di stage formativo certificato dal DS titolare della scuola nella quale il collaboratore ha prestato servizio.

Per quanto riguarda le figure quadro intermedie – il middle management – con esonero totale dall’insegnamento, poiché si tratta di cambiamenti strutturali, chiediamo alle forze politiche di rivedere le vigenti norme in prossimi disegni di legge o emendamenti guardando oltre che al risparmio anche e, diciamo soprattutto, al miglioramento della qualità del servizio scolastico.

Siamo consapevoli delle difficoltà, delle contestazioni che arriveranno da più parti, ma non possiamo non dire con assoluta determinazione che porteremo avanti le nostre posizioni in tutte le sedi, consapevoli che le nostre proposte guardano all’esclusivo interesse ed al buon funzionamento delle nostre scuole.

Prof. Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Prof. Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Prof.ssa Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Prof.ssa Mara Degiorgis Coordinamento CoDiS Cuneo




Nuovo concorso DS, il MIUR dimentica precari, vicari e ricorrenti, l’ennesima ingiustizia!

Voci, voci, voci, eppure sembra che ormai sia prossimo l’avvio del bando di concorso per dirigenti scolastici.

Al MIUR servono 2000 Presidi per colmare le sedi vacanti sulle scuole che ormai da anni vivono di reggenze, in una situazione di precarietà dell’azione amministrativa che mal si accorda all’importanza del ruolo che la scuola sempre più oggi dovrebbe avere.

Le regole d’ingaggio per l’assunzione dei duemila nuovi dirigenti prevedono il titolo di studio, laurea, 5 anni di ruolo in qualità di docenti, il superamento della prova di esame con due scritti ed un orale e la perfetta conoscenza del ruolo e delle norme collegate.

Fin qui tutto bene, ma ora iniziano le dolenti note e l’attenzione del MIUR si perde nei meandri della indifferenza rispetto a quello che veramente è la scuola reale.

Il MIUR infatti si è completamente scordato di avere almeno 10.000 persone che il ruolo di Dirigente Scolastico lo conoscono benissimo da anni (i collaboratori dei Dirigenti, gli ex vicepresidi) e che svolgono una importante funzione di supporto ai Dirigenti, spesso in realtà sono i veri dirigenti della scuola, conoscendo perfettamente il ruolo stesso.

A queste persone il MIUR non si è nemmeno rivolto dicendo un grazie per il lavoro svolto riconoscendo in questo concorso un punteggio per ogni anno svolto nel ruolo di collaboratore del Dirigente, no, anzi, praticamente ha ignorato queste fondamentali figure di riferimento della scuola italiana.

Inaccettabile! È gravissimo che venga dimostrato in modo così grossolano di non apprezzare una figura che spesso si sacrifica in maniera totale per la scuola e per gli alunni.

Ma non ci fermiamo qui: nel valutare i cinque anni di ruolo come docenti il MIUR ha ancora utilizzato un trattore per passare sopra i poveri precari della scuola, ignorando bellamente la sentenza 5011/2014 del Tar del Lazio, ove i giudici amministrativi hanno ribadito che per partecipare al concorso per dirigenti non è indispensabile essere docenti già di ruolo.

Sullo stesso piano si pone anche un’altra sentenza, sempre del TAR Lazio, la n. 9729 del 16 settembre 2014, patrocinata dall’Anief, attraverso cui si è stabilito che il servizio pre-ruolo deve essere valutato come quello di ruolo, seguendo quanto statuito dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza emessa nel procedimento C-177/10 pubblicata l’8 settembre 2011.

Insomma MIUR pasticcione e incapace di capire il mondo che gestisce, ignorando bellamente anche le sentenze dei magistrati.

Infine, per non farsi mancare nulla, il MIUR non ha considerato che ancora ha in sospeso ricorsi del concorso precedente, circa 200, che potrebbero essere alla fine accettati ed il MIUR avrebbe fatto danno all’erario avendo più assunzioni in essere di quelle necessarie.

Il fatto che lascia stupiti è che nessun sindacato di categoria ha segnalato al MIUR queste “piccole” sviste, se non ANIEF ed UDIR, che sono in questo momento gli unici guardiani dei diritti dei lavoratori del mondo della scuola.

Marcello Pacifico, Anief Udir, tuona contro queste discriminazioni segnalando che la sua sigla interverrà prontamente ad impugnare legalmente il bando in uscita qualora non venissero ripristinate tutte le sfaccettature legali ad oggi bellamente ignorate.

Insomma solito pasticcio all’Italiana … anzi alla MIUR!

E concludiamo ricordando una frase di Einstein che ci sembra molto appropriata:

La teoria è quando si sa tutto ma non funziona niente. La pratica è quando tutto funziona ma non si sa il perché. In ogni caso si finisce sempre con il coniugare la teoria con la pratica: non funziona niente e non si sa il perché.

 

 

 




Do Androids Dream of Electric Sheep?

Il cacciatore di androidi (in originale Do Androids Dream of Electric Sheep?) è un romanzo di fantascienza scritto da Philip K. Dick nel 1968, da cui è stato tratto il celebre film Blade Runner di Ridley Scott (1982), in cui si rendevano umani gli androidi e si prospettava un futuro in cui il senso della razza umana erano le emozioni e i ricordi, quindi cambiava il rapporto elitario con la natura.

Da una recente intervista di Marco Carta, cantante molto acuto e intelligente, ho  recepito in una sua frase : « il digitale non avrà mai una pelle » una composta ammirazione per la tecnologia digitale e allo stesso tempo la sua « disumanizzazione ».

Ma è proprio così ?

personalmente non generalizzerei perchè in alcuni casi mi sento di asserire che : « il digitale ha la sua pelle ».

Informix  è un alchimista dei tempi moderni, diremmo, alla ricerca di una nuova forma di oro.

Per coloro che lavorano in una media o grande organizzazione possono chiedere al proprio CIO (Chief Informaton Officer) o al Capo dell’Informatica quanto grande siano i dati accumulati sui server che conservano tutti i dati portanti dell’azienda.

Scommetto che la risposta non sarà molto distante, se non inferiore, rispetto a quanto l’uomo più connesso al mondo ha accumulato a casa sua.

Se generalizziamo questo fenomeno, nel suo complesso, considerando i dati prodotti dalla nostra società, includendo individui e organizzazioni di ogni genere, possiamo capire quanto sempre più digitali e quanto Big sono i dati che ci circondano.

Cosa significa tutto questo?

Semplice (o difficile): l’informatica sta cambiando pelle. L’informatica si trasforma da “Computing Science” a “Scienza dell’Informazione”,  ma quest’ultimo era anche il nome di un corso di laurea che avevamo in Italia qualche anno fa? Esiste ancora?

 

Per decenni la priorità è stata quella di digitalizzare, o de-materializzare, come si dice in alcune industrie. In termini pratici significa trasformare carta in bit.

Quindi l’impegno principale è stato quello di rendere digitali anche i processi aziendali.

Al posto di passare carta da una parte all’altra abbiamo, in modo più economico ed efficiente, imparato a traferire bit da una parte all’altra della nostra organizzazione.

Dismettendo, di fatto, la mansione di fattorini o postini aziendali.

Adesso l’Informatica si pone un’altra sfida: guardare dentro le “carte”, ormai digitali, che vengono passate da una parte all’altra.

Il fattorino o il postino vuole capirci, magari, qualcosa di quello che trasporta.

Interpretare ciò che c’è scritto nei plichi o nei faldoni digitali, che viaggiano sulle autostrade e sulle strade elettroniche aziendali ci permette di automatizzare il processo o qualche step di lavorazione. Altra efficienza, in sostanza.

La nuova pelle dell’Informatica ci permette di passare da un mondo che potremmo definire di “automazione del processo” ad un mondo concentrato sulla “comprensione dei contenuti”.

A che pro? Supportare e automatizzare quando possibile le decisioni di uomini e o robotizzare le azioni delle stesse macchine.

Acquisire, Conservare, Trattare e ultimamente Analizzare e Interpretare dati digitali per realizzare sistemi di supporto decisionale o robotizzare un processo non è solo necessario ma è sempre questione di sopravvivenza delle aziende e delle organizzazioni, piccole e grandi. 

Il mestiere dell’informatico cambia, evolve.

Il Programmatore e Analista in grado di acquisire con interviste lunghe e faticose “requisiti” dagli utenti finali per realizzare l’auspicato sistema informativo aziendale vengono sempre più affiancati da nuovi mestieri, come quello del Data Scientist.

Quest’ultimo racchiude tra le sue competenze molte esperienze e specializzazioni.

In realtà saper analizzare ed interpretare dati è un vecchio mestiere.

L’analisi dei dati sperimentali, economici, di business, provenienti da indagini sociali o censuari è una disciplina che ha una storia di più di due secoli e che ha un nome: statistica.

C’è un elemento di novità, però.

I dati non sono solo numeri ma la digitalizzazione genera per forza di cose anche “contenuti”: immagini, video, audio, testi di ogni sorta che, abbinata all’abbondanza che si diceva prima, fa sì che alla statistica e alla Ricerca Operativa classica si affiancano nuove competenze come quelle di data mining, o competenze specializzate per l’analisi di contenuti: video, audio, testi, dati bio-informatici e cosi via.

Il Data Scientist estende lo spettro delle competenze originali in modo orizzontale, sempre più ampie ed eterogenee, combinando assieme competenze statistiche, matematiche e informatiche con competenze di problem solving e capacità di identificare problemi di business che possono essere affrontati grazie all’analisi e all’interpretazione dei dati.

Possiamo dire che il Data Scientist ha anche competenze di mediazione quando aiuta a distinguere quello che si può fare da quello che irrealizzabile.

Il Data Scientist più che uno scienziato è un professionista che applica un metodo scientifico per affrontare i problemi che riguardano l’analisi e l’interpretazione dei dati nelle aziende pubbliche e private.

La sostanza di tutto ciò è che dietro a « Informix » c’è sempre un essere umano e che quindi possiamo  concludere dicendo che il digitale ha la pelle di chi la controlla,manipola e la diffonde.

 

Salvo Esposito