La Donna nello stupro gode, parola di Abid Jee.

Gli inquirenti di Rimini hanno in mano i volti dei 4 stupratori che sabato sera hanno violentato una turista polacca di 26 anni in spiaggia a Miramare, dopo aver picchiato a sangue suo marito.

Si stringe il cerchio sui 15 nordafricani sospettati della brutale aggressione, grazie alle telecamere di sorveglianza della zona del lungomare che hanno permesso alla Squadra mobile riminese, guidata dal questore Maurizio Improta, di individuare i delinquenti.

Anche la loro identità è a un passo: si tratterebbe in ogni caso di giovani tra i 20 e 30 anni, criminali abituali che vivono tra Bologna e una città del Nord Italia, ma che conoscono molto bene Rimini e la riviera romagnola, dove svolgono le loro attività illegali fatte di spaccio di droga e violenza quotidiana.

Il modus operandi di quella notte selvaggia, con lo stupro anche di una trans, lascia infatti supporre che stupri e aggressioni fisiche a sfondo sessuale non fossero un diversivo, ma una abitudine.

Sul web intanto si è già scatenata la caccia alle bestie, con l’esasperazione dei residenti e il senso di insicurezza generalizzato di molti italiani.

E la rabbia, come spesso accade, rischia di accecare.

Tra i tanti, anche l’ex parlamentare e psichiatra Alessandro Meluzzi ha pubblicato su Facebook le facce dei presunti stupratori.

Si tratta però di foto segnaletiche risalenti a qualche mese fa e relative a una operazione anti-droga, come fa notare polemicamente il direttore del Tg La7 Enrico Mentana sempre su Facebook.

Non è escluso, in pratica, che gli effettivi stupratori provengano da quella stessa rete di piccola e grande criminalità di stampo nordafricano (una maxi-retata del 2013 si chiamava Kebab Connection), ma non è affatto certo che i 4 delinquenti senza scrupoli siano quelli nelle foto che circolano in rete.

Intanto, però, resta la violenza nella violenza, quella esercitata dal mediatore culturale che, a proposito dello stupro ha scritto sul suo profilo fcb:

«L o stupro è un atto peggio, ma solo all’inizio, poi la donna diventa calma e si gode come un rapporto sessuale normale».

Queste parole allucinanti, che fanno violenza anzitutto alla lingua italiana, sono state scritte dal mediatore culturale Abid Jee che vive a Bologna, dove studia Giurisprudenza (a dispetto della stessa !!! )

Tale soggetto percepisce regolare stipendio da una cooperativa per svolgere la nobile professione che, secondo la Treccani, consiste nel «mediare tra due o più culture, talora molto distanti l’una dall’altra, al fine di favorire l’inserimento di persone immigrate».

Il problema è che per mediare tra due culture bisognerebbe possederne almeno mezza, o forse l’unica, quella umana!!!

Invece, nel linguaggio da primitivo del sesso con cui Abid Jee ha commentato su Facebook lo scempio compiuto a Rimini da una banda di fallocrati, si avverte soltanto la presenza di un pregiudizio cavernicolo nei confronti delle donne.

In Europa avevamo cominciato a liberarcene (del pregiudizio, non ancora dei primitivi), prima che da oltremare giungessero rinforzi.

Sarebbe interessante conoscere i criteri in base ai quali vengono selezionati certi mediatori. Devono esprimersi in un italiano sgrammaticato per non demoralizzare gli ospiti circa le difficoltà della nostra lingua?

E devono ignorare secoli di Illuminismo, di Romanticismo e finanche di femminismo per non fare sentire a disagio chi a casa propria era abituato a considerare le donne una protesi silente del proprio ego? Ci spiegheranno che Abid Jee è un caso isolato…

Intanto, sulla vicenda del commento online interviene anche l’assessore al welfare del Comune di Bologna Luca Rizzo Nervo: “L’aggressione della coppia polacca a Rimini, lo stupro di gruppo della ragazza e della transessuale – scrive- è un fatto di una sconvolgente brutalità e disumanità che provoca rabbia e rivalsa collettiva e che chiede di trovare subito i responsabili e chiede alla giustizia di garantire una pena esemplare e certa.

Aggiungere all’indignazione per questa vicenda, parole di una gravità inaudita come quelle messe a commento della notizia da parte di un operatore sociale che opera nel campo della accoglienza dei migranti, è intollerabile”.

L’assessore continua: “sono certo che la cooperativa sociale, che conosco per la serietà del lavoro che svolge saprà trarre le conseguenze circa l’incompatibilità fra chi è portatore di una simile idiozia e il compito delicato della mediazione culturale.

Le competenze che sono richieste per gestire al meglio la complessità della vicenda migratoria non sono solo strettamente professionali ma anche umane e deve essere uno sforzo di tutti verificarle sempre con straordinaria puntualità, come so avvenire, specialmente in un sistema finanziato dallo Stato.

Poi la responsabilità di ciò che si dice e si fa è sempre personale e rifuggo un dibattito politico che voglia ricondurre, in modo strumentale, all’intero sistema dell’accoglienza e alle sue professionalità”.

Mah, speriamo…

Per ora, la presidente della Camera, tirata in ballo dalla destra per non essersi espressa sul presunto coinvolgimento di nordafricani nell’assalto a una turista e una trans, dichiara “C’è chi evoca la violenza contro le avversarie politiche. E alcuni leader ne portano la responsabilità”.

Quindi che frase sarebbe questa?

Che dire!?!

L’importante è circoscrivere l’episodio, staremo a vedere…

 

Antonella Ferrari




COMPAGNI DI VIAGGIO: OMAR PEDRINI

Voglio parlarvi di un amico quest’oggi: Omar Pedrini.

Non intendo recensire il suo ultimo lavoro discografico: COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI (in promozione live in Italia in questi mesi), ci sono articoli ben fatti e completi.

Non scriverò nemmeno della sua vita privata perché ho letto molte cazzate “ad effetto” ultimamente e fra l’altro a breve uscirà la sua Biografia ufficiale. Voglio invece parlarvi di quello che “Zio Rock” è stato per me nel tempo, quello che ha prodotto dal punto di vista musicale e non solo.

“Incontrai” Omar (o meglio i TIMORIA) nel lontano 1992.

Un caro amico “funkettaro” mi regalò il vinile di “STORIE PER VIVERE”, terzo album in studio dei TIMORIA, reputandolo troppo “cantautoriale” per i suoi gusti. Il disco mi sembrò subito una novità nel panorama Rock nazionale e la track nr. 3, “Atti Osceni” letteralmente mi paralizzò!

Le altre “firme” di Pedrini dello stesso album, che hanno accompagnato momenti di gioia e di melanconia e che mi accompagnano ancor oggi, sono “Ora vai” e “Fiore di ghiaccio”.

“Era fatta”! Pensai, avevo trovato finalmente la mia band ed il suo leader indiscusso mi stava trasmettendo sensazioni mai provate.

Comperai subito i primi due album dei TIMORIA (COLORI CHE ESPLODONO e RITMO E DOLORE) e credo di aver ascoltato in quell’anno solo questi tre album, al netto di alcune band della scena newyorchese e di Seattle. Per inciso “La Nave” contenuta in RITMO E DOLORE, geniale canzone cantata “a cappella” dai 5 componenti (oltre ad Omar – chitarra e voce, Illorca – basso e cori, Diego Galeri – batteria, il “maestro” Enrico Ghedi – tastiere e Francesco Renga – voce) è una delle canzoni che canto spesso con gli amici, unico pezzo inserito in una scaletta di canzoni di montagna che va da “Signore delle Cime” ad “Ai preat la biele stele” passando per “La Montanara” ed “Il Capitan de la Compagnia”.

Arrivò finalmente il 1993… perché dite voi? Perché una fresca mattina autunnale mi svegliai, accesi la tele (rigorosamente MTV! N.d.a.) ed in trasmissione c’era il video di “Senza Vento” prima song del Concept Album VIAGGIO SENZA VENTO.

Caro lettore, ti prego di fidarti di me! Inutile che citi, spiegandoti cosa sono, “Sangue Impazzito”, “Verso Oriente”, “Freedom”, “Piove” (la mia preferita!) e “Come Serpenti in Amore”… compra il LP (se lo trovi te lo consiglio!), il CD o scarica le tracce in mp3 dell’album VIAGGIO SENZA VENTO, non puoi rimanere senza nel tuo archivio musicale!

L’album successivo 2020 SPEEDBALL del 1995 fu la conferma che quel che cercavo era proprio questo: qualcuno che con canzoni Rock potesse parlare al cuore! 2020 SPEEDBALL è la sintesi perfetta del pensiero che ho cercato di proporre nei miei articoli in BetaPress.it!

Omar Pedrini ha espresso in modo esemplare, 22 anni fa, quel che sta accadendo oggi, in cui la realtà virtuale è la nuova droga (Omar fu premonitore anche circa i Social, che non esistevano all’epoca; n.d.a.) ed i falsi artisti e personaggi televisivi, che si proclamano i nuovi santoni (vedi i TALENT!!!), sono la falsità pura.

Ma Omar non si ferma ad accusare, in 2020 SPEEDBALL propone una soluzione: la ricerca dei veri valori come amicizia, amore e compagnia. Un esempio di coerenza negli anni è la struggente canzone “Freak Antoni”, dell’ultimo album solista COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI uscito all’inizio di quest’anno, che narra la storia di un grande valore: l’amicizia con il leader degli SKIANTOS, appunto Freak Antoni, scomparso nel 2014… ecco chi è Omar Pedrini!

ETA BETA (1997) è stato l’ultimo album con Francesco Renga alla voce (sostituito da Sasha Torrisi; n.d.a.), e personalmente penso, pur apprezzando, e non poco, la sua voce che sia stato un vero traditore non solo nei confronti della Band ma nei confronti del Rock italiano in genere!

Il nuovo ciclo dal 1999 in poi, vede Omar & Co. impegnati in altri tre album: 1999 (1999), EL TOPO GRAND HOTEL (2001) e UN ALDO QUALUNQUE SUL TRENO MAGICO (2002). Da solista Omar ha continuato a “parlare”, a “gridare” ad “incitare” soprattutto i giovani! COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI è emblematico in tal senso!

Ma anche BEATNIK (1996), VIDOMAR (2004), PANE BURRO E MEDICINE (il disco, del 2006, rievoca la sua malattia e nasce dopo una lunga inattività a causa di una operazione a cuore aperto subita dopo un aneurisma aortico ed il caro Omar è stato molto vicino al “punto di non ritorno” ma, Guerriero com’è, ce l’ha fatta! N.d.a.) ed il bellissimo CHE CI VADO A FARE A LONDRA (2014), sono tutti album che hanno storie bellissime e anche dolorosissime.

Sono particolarmente grato ad Omar anche per una recensione del primo album della mia band (UEMMEPI; n.d.a.) nel 2008 durante il Programma Nu-Roads di RAI2 che ha condotto per due anni scoprendo e proponendo nuovi talenti davvero originali.

Vorrei parlare dei concerti che ho seguito sin da giovane dei TIMORIA ed anche di Omar da solista, vorrei parlare di innovazioni tecniche che hanno cambiato il modo di scrivere musica, vorrei parlare anche delle collaborazioni artistiche di Omar, vorrei approfondire alcune canzoni che potrebbero diventare inni alla vita, vorrei dirvi di alcuni bellissimi messaggi che Omar ed io ci siamo scambiati, vorrei insomma dire milioni di cose su Omar … ma non basterebbero 100 fogli.

Concludo però dicendo quel che mi sta a cuore: Omar Pedrini in modo semplice e discreto ma anche deciso e autentico è stato ed è tuttora un vero e proprio compagno di viaggio!

 

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Perth




Studiare fino a 18 anni? Quando le idee sono poche e pure confuse…

Belgio, Portogallo, Paesi Bassi e Germania. Sono questi i soli paesi europei dove l’obbligo scolastico arriva fino a 18 anni, mentre nella stragrande maggioranza dell’Unione l’età di uscita dagli studi è fissata a 16 anni, come in Italia.

La proposta di innalzamento dell’obbligo avanzata dalla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli farebbe dunque uscire l’Italia dal gruppo più ampio di paesi con una durata “standard” dell’istruzione obbligatoria.

Un aumento, quello voluto dalla titolare del Miur, collegato con la sperimentazione del diploma in quattro anni prevista dal recente decreto del ministero che, a partire dall’anno scolastico 2018/2019, coinvolgerà 100 classi dei licei e degli istituti tecnici, pertanto abbasso, alzo, corto lungo, ma che è?

Secondo l’ultimo rapporto sui sistemi educativi europei pubblicato dalla rete Eurydice, nella maggioranza degli stati Ue (Italia compresa) l’istruzione obbligatoria dura 9-10 anni e si conclude all’età di 15-16 anni.

Si sta sui banchi fino a 18 anni solamente in Belgio, Paesi Bassi, Portogallo e in Germania: in quest’ultima, in particolare, l’obbligo si ferma a 18 anni in 12 stati federali, mentre in altri 5 arriva fino a 19 anni.

Lo stesso avviene nella ex Repubblica jugoslava di Macedonia, dove si va a scuola obbligatoriamente fino a 18-19 anni.

C’è da sottolineare, spiega il rapporto Eurydice, che in questi paesi fra i 15-16 e i 18-19 anni gli studenti hanno la possibilità di frequentare percorsi in alternanza, che combinano corsi scolastici a tempo parziale con corsi part-time nei luoghi di lavoro.

In Austria, Polonia e in Inghilterra, dopo la conclusione ufficiale degli studi a 16 anni, gli studenti devono restare comunque nei percorsi di istruzione o formazione fino al compimento dei 18 anni di età, anche se – sottolinea il rapporto – la frequenza a tempo pieno non è obbligatoria.

I ragazzi possono infatti adempiere l’obbligo scegliendo corsi formativi full time o part time oppure percorsi di apprendimento basato sul lavoro.

Intanto, dall’anno scolastico 2018/2019 partirà la sperimentazione per “accorciare” la durata degli studi superiori a 4 anni, alla quale potranno partecipare sia le scuole statali che quelle paritarie.

L’avviso sarà pubblicato dal ministero entro la fine di agosto e gli istituti potranno aderire dal 1° al 30 settembre. Saranno stabiliti criteri comuni per la presentazione dei progetti, per «rendere maggiormente valutabile l’efficacia della sperimentazione», spiega il Miur in una nota.

Si potrà attivare una sola classe per scuola partecipante e un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute.

Ora, il vero problema, non è innalzare l’obbligo scolastico ai 18 anni!!!

Fosse per me lo porterei al conseguimento della laurea!!!

La questione è che se lo Stato obbliga a studiare fino ad una determinata età, deve, di conseguenza coprirne le spese.

Come prevede la nostra Costituzione lo studio è un diritto fondamentale di ogni cittadino, quindi, prima di pensare ad innalzamenti di età, si finanzino tutti quei giovani costretti ad interrompere gli studi non potendo, la famiglia, sostenere i costi, sempre maggiori per arrivare ad un diploma o ad una laurea.

Ma poi in tutta onestà a cosa serve?

Così come è arrivata, la boutade della ministra è ridicola: dopo tre anni di discussioni sulla riforma della scuola ( e purtroppo a riforma ormai approvata ed in buona parte mal attuata ) si incomincia a parlare di che cosa i nostri ragazzi debbano studiare e per quanto tempo.

Ma senza riformare programmi e curriculum, senza risorse economiche ed umane per le scuole, la discussione è solo parziale e sterile.

Obbligare i ragazzi a stare sui banchi due anni in più non basta per motivarli a studiare, occorre creare nuovi metodi didattici, dare nuovo impulso alla scuola creando programmi innovativi, utilizzando strumenti tecnologici moderni, certo per far tutto questo serve gente preparata e capace di trovare pensieri divergenti e creativi … ecco forse perché tutto quello che è venuto fuori è alzare l’obbligo di due anni.

S T A T O     G E N I O O O O O O O !!!

Anzi, gli studenti a rischio di dispersione scolastica, sono spesso borderline, vere mine del sistema, più stimolati dall’avviamento precoce ad un mestiere che dalla frequenza alle lezioni, più gratificati dall’apprendistato di una professione che dalle nozioni teoriche di discipline letterarie o scientifiche!!!

Se la proposta di prolungamento dell’obbligo scolastico fosse l’inizio di una vera discussione su come impostare la scuola superiore (medie comprese), questo sarebbe un ottimo avvio.

Purtroppo, siamo fuori tempo massimo per fare qualcosa a breve termine.

La riforma è stata appena fatta e la legislatura sta per finire.

Forse, sarebbe meglio contenere i danni della BUONA SCUOLA, anziché provocarne altri…

Ai posteri l’ardua sentenza… (anche se possiamo già intuire come sarà N.d.R.)

 

Antonella Ferrari