Da grande vorrei fare … il ricco!

I primi giorni di scuola, nell’ambito dei progetti di accoglienza, mi piace chiedere ai miei nuovi alunni: “Cosa vorresti fare da grande?”

Risposta: “Il calciatore”, oppure, “La velina”…

Spesso ricevo queste risposte dai ragazzi delle medie.

Naturalmente, ce ne sono tante altre, alcuni di loro, già consapevoli e, non a caso buoni lettori, dicono invece di volere fare il giornalista, il medico, lo scienziato, il ricercatore…

Ma il mito del successo e del guadagno facile è diffuso.

Molti di loro ritengono che sapere dare un calcio al pallone sia già la garanzia di un futuro di popolarità, di esibizioni internazionali e di compensi favolosi.

Ancora più adulatoria e fasulla l’illusione delle ragazze che sognano di superare una selezione televisiva che le introdurrà rapidamente nel mondo del cinema e della pubblicità.

Hanno imparato che il talento conta poco, lo studio, la disciplina, la competenza portano solo povertà e frustrazione.

La bellezza, invece, può essere un buon strumento per ottenere qualcosa che il mondo del mercato offre con apparente facilità: soldi e successo, un binomio perverso e ingannevole.

Ma chi mette loro in testa questi miti fasulli? I vari schermi che infestano la nostra vita: quel rettangolo magico in cui tutto sembra facile e alla portata di mano, in cui i corpi contano più dei pensieri e delle parole, in cui il feticcio del successo appare come un premio facilmente raggiungibile, basta saper dribblare o sculettare…

Come se non bastasse, alla mia domanda “Ma, nessuno di voi vorrebbe fare l’insegnante?”, c’è sempre qualcuno che mi dice: “Ma non sono mica matto!?!”.

” Quanto prende lei Prof ?”. E mentre temporeggio nel rispondere, c’è chi aggiunge “Tanta fatica per fare il martire “…

Ed allora, capisci che, una volta di più, dovrai lottare per rivendicare il ruolo della scuola in questa landa selvaggia di propagazione di falsi miti.

Dovrai mettercela tutta per convincerli, con il tuo esempio che non sei  né un santo, né un masochista, che, ogni giorno entri in classe entusiasta e motivato, con il privilegio di essere un nuovo demiurgo che può e deve fare la sua parte nel formare e modellare le nuove generazioni.

Certo, se penso alle sparate ministeriali di chi ci governa, la mia impressione è che l’Istituzione scuola si stia disgregando: che nelle varie campagne elettorali, la scuola sia uno specchietto per allodole per attirare consensi dimenticando il suo vero ruolo, quello, cioè, di formare il bravo cittadino.

Dietro e dentro ogni nuovo decreto ministeriale, vedo e vivo una scuola impaurita dalle novità, sempre più chiusa tristemente in se stessa.

Per fortuna, però, per chi la scuola la vive dal basso, esiste una fitta rete di insegnanti responsabili e generosi che credono nel carattere missionario del loro lavoro, dedicano quotidianamente le loro energie ad insegnare la consapevolezza e la responsabilità, due qualità carenti nel nostro Paese.

Per mia esperienza, lì dove gli insegnanti danno il buon esempio, mettendosi in dialogo con gli studenti, aiutandoli a diventare protagonisti della difficile arte dell’apprendimento, i ragazzi rispondono più che bene.

Per questo, quando nelle risposte provocatorie dei miei alunni, capisco che manca un progetto condiviso del futuro comune, punto tutto sul costruire un pezzetto di vita con loro.

Quando mi accorgo che la scuola è privata del suo prestigio e della sua libertà, cerco, come insegnante, di inventarmi una scuola migliore, che non sarà la buona scuola ministeriale, ma non sarà neanche la scuola del Grande fratello o dell’Isola dei famosi…

So che, molti miei colleghi, magari scoraggiati, si sono già arresi e chiudono ogni comunicazione.

Altri, fanno il conto alla rovescia ed aspettano la pensione come soluzione ad ogni male.

C’è chi mi compatisce e mi definisce una povera illusa…

Ma, so di non essere sola.

A tutti gli altri, quelli che resistono e si spendono con generosità, dico grazie perché è merito loro se la scuola sopravvive ed offre ancora altri miti reali e civili.

 

Antonella Ferrari




Noemi uccisa per amore

“Non è amore se ti fa male…”

Ha confessato il fidanzato di Noemi Durini, la sedicenne scomparsa domenica 3 settembre in provincia di Lecce: è stato lui ad ucciderla.

Gli inquirenti hanno trovato il corpo della giovane.

Al padre quarantunenne del fidanzatino diciassettenne  di Noemi Durini è stato notificato un avviso di garanzia per sequestro di persona e occultamento di cadavere.

La svolta nelle indagini è arrivata ieri, mercoledì 13 settembre, 10 giorni dopo la denuncia di scomparsa della ragazza: il fidanzato diciassettenne di Noemi è ora indagato per omicidio volontario.

Le telecamere di sicurezza di un’abitazione di Specchia certificano che il ragazzo e Noemi erano insieme all’alba del 3 settembre, a bordo di una Fiat 500 di proprietà della famiglia del ragazzo.

Messo sotto pressione dagli inquirenti, il giovane ha confessato l’omicidio di Noemi: è stato lui stesso ad indicare agli inquirenti il luogo in cui si trovava il cadavere della sua fidanzatina, a Castignano di Leuca.

Il corpo della ragazza era nascosto in una campagna adiacente alla strada provinciale per Santa Maria di Leuca, parzialmente sepolto da alcuni massi: ad un primo esame sarebbero stati riscontrati segni di ferite, forse dovuti alle pietre.

Dal momento della scomparsa, i genitori di Noemi avevano continuato a lanciare appelli nella speranza di trovarla viva.

Del resto, l’iscrizione del nome del ragazzo nel registro degli inquirenti era stata subito disposta dalla Procura per i minorenni di Lecce per permettere l’esecuzione di accertamenti utili alle indagini.

Ma tanti, ora possiamo dire troppi, sono stati i lati oscuri della vicenda che hanno rallentato il lavoro degli inquirenti.

Il fidanzato ha raccontato, in una prima versione dei fatti, di aver lasciato Noemi nei pressi del campo sportivo, ma le sue dichiarazioni presentavano delle contraddizioni che hanno insospettito gli inquirenti.

Sospetti alimentati anche da un filmato che ritraeva il ragazzo diciassettenne mentre rompeva, a colpi di sedia, i vetri di un’autovettura parcheggiata nei pressi di un bar ad Alessano, città in cui il giovane vive.

L’auto, una vecchia Nissan Micra, era di una persona con la quale il giovane aveva avuto un acceso litigio proprio sulla sorte della fidanzatina.

Poco prima – a quanto si è appreso – il diciassettenne e suo padre avevano avuto un diverbio con il papà di Noemi che si era recato nella vicina Alessano per chiedere notizie della figlia.

E, adesso, si scopre che la sorte di Noemi era “CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA”.

I familiari di Noemi avevano un rapporto conflittuale con il diciassettenne e non volevano che la ragazza lo frequentasse.

Il fidanzato «era possessivo e geloso, non voleva che mia cugina vedesse altre persone, la picchiava», ha raccontato Davide, cugino della vittima.

Qualche tempo fa la mamma di Noemi, Imma Rizzo, aveva segnalato alla magistratura minorile il ragazzo a causa del suo comportamento violento.

La donna aveva chiesto ai magistrati di intervenire per far cessare il comportamento violento del ragazzo e allontanarlo dalla figlia, che frequentava con qualche difficoltà l’istituto professionale «Don Tonino Bello» di Alessano.

Ne erano nati due procedimenti: uno penale per violenza privata; l’altro civile, per verificare il contesto familiare in cui viveva il giovane.

Ma nessuna denuncia aveva portato a provvedimenti cautelari.

Per questo motivo erano sorti accesi contrasti tra le due famiglie.

A 17 anni, il ragazzo era già in cura al Sert, per uso di droghe leggere.

Inoltre, aveva subito tre trattamenti sanitari obbligatori in un anno e aveva avuto qualche guaio con la giustizia.

Pur non avendo la patente, guidava regolarmente la Fiat 500 della mamma, fatto di cui si vantava con gli amici.

Non riusciva a controllarsi, era irascibile con tutti, anche con la sua fidanzata, una studentessa ribelle e innamoratissima di lui, tanto da assecondarlo ogni volta, anche se il ragazzo la picchiava perché geloso e possessivo.

È questo il ritratto che gli investigatori fanno ora del fidanzato di Noemi.

Forse a causa delle violenze subite la ragazzina, il 23 agosto, aveva condiviso su Facebook il post di «Amor De Lejos, Amor De Pendejos« in cui si vede il volto emaciato di una ragazza alla quale la mano di un giovane imbavaglia la bocca.

Sul polso del ragazzo c’è un tatuaggio con la scritta «Love?».

«Non è amore se ti fa male. Non è amore – è scritto – se ti controlla. Non è amore se ti fa paura di essere ciò che sei. Non è amore, se ti picchia. Non è amore se ti umilia (…). Il nome è abuso. E tu meriti l’amore. Molto amore. C’è vita fuori da una relazione abusiva. Fidati!».

Ma, a nulla sono valse queste parole profetiche… Noemi, cassandra del proprio destino, non si è fidata di se stessa, ha voluto rischiare.

All’alba del 3 settembre è uscita di casa per incontrare il fidanzato, forse dopo una telefonata, ed è stata uccisa.

E pensare che un mese fa, il 12 agosto, i due avevano festeggiato il loro primo anno di fidanzamento e Noemi aveva scritto sul social: «E non stupitevi se siamo ancora qua, abbiamo detto per sempre e per sempre sarà!».

 

 

Antonella Ferrari

 




DAVID GILMOUR: LIVE AT POMPEI

Dopo 45 anni dal mitico film “Pink Floyd Live at Pompei”, sarà nelle sale italiane a partire dal 13 settembre, e anche il 14 e 15 il film “David Gilmour: Live At Pompei”, tratto dai concerti che l’ex Pink Floyd ha tenuto il 7 e 8 luglio del 2016 nel leggendario anfiteatro.

Il film distribuito da Nexo Digital anticiperà l’uscita discografica il 29 settembre per Columbia Records.

Non serve dire che il film di 45 anni fa fu (ed è tuttora; n.d.a.) un vero capolavoro!

Ma di questo non basterebbero 100 fogli di recensione. Credendo di fare cosa gradita ai lettori di BetaPress.it indichiamo qui di seguito l’elenco completo delle Sale Cinematografiche che proietteranno l’opera d’arte di DG ed infine il trailer del film!

ABRUZZO

Chieti – Movieland

Montesilvano – The Space

Rocca San Giovanni – Ciak City

Spoltore – Arca

Teramo – Smeraldo

BASILICATA

Matera – Uci Red Carpet

Potenza – Don Bosco

Catanzaro – The Space

Lamezia Terme – The Space

Reggio Calabria – Lumiere

Zumpano – Andromeda River

CAMPANIA

Afragola – Happy Maxicinema

Benevento – Gaveli Maxicinema

Capua – Teatro Ricciardi

Casoria – UCI Cinemas

Castellammare di Stabia – Stabia Hall

Cava De’ Tirreni – Metropol

Lioni – Nuovo

Marcianise – Big Maxicinema

Marcianise – UCI Cinepolis

Napoli – Acacia

Napoli – Metropolitan

Napoli – Modernissimo

Napoli – The Space

Nola – The Space

Pontecagnano – Duel Village

Salerno – Apollo

Salerno – The Space

EMILIA ROMAGNA

Bologna – Lumiere

Bologna – Odeon

Bologna – The Space

Carpi – Space city

Casalecchio di Reno – UCI Cinemas

Cento – Cinepark

Cesena – Aladdin

Cesena – Eliseo

Comacchio – Cineplus

Faenza – Cinedream

Ferrara – Apollo

Ferrara – UCI Cinemas

Forlimpopoli – Cineflash

Forlì – Astoria

Imola – Sala Teatro dell’Osservanza

Modena – Cinema Raffaello

Modena – Victoria Cinema

Parma – The Space

Piacenza – UCI Cinemas

Ravenna – Cinemacity

Reggio Emilia – UCI Cinemas

Riccione – Cinepalace

Rimini – Le Befane

Rimini Savignano – UCI Cinemas

FRIULI VENEZIA GIULIA

Fiume Veneto – UCI Cinemas

Gorizia – Kinemax

Monfalcone – Kinemax

Pradamano – The Space Cinecity

Torreano di Martignacco – Cinecittà Fiera

Trieste – Nazionale

Trieste – The Space Cinecity

Udine – Visionario

Villesse – UCI Cinemas

LAZIO

Anzio – Astoria

Fiumicino – UCI Cinemas Parco Leonardo Roma

Frosinone – Sisto

Guidonia – The Space

Latina – Oxer

Ostia – Cineland

Roma – Alhambra

Roma – Andromeda

Roma – Barberini

Roma – Farnese Persol

Roma – Giulio Cesare

Roma – Intrastevere

Roma – Lux

Roma – Madison

Roma – Maestoso

Roma – Stardust Village

Roma – Starplex

Roma – The Space Parco de Medici

Roma – Tibur

Roma – UCI Cinemas Porta di Roma

Roma – UCI Cinemas Roma Est

Terracina – Rio

Viterbo – Lux

LIGURIA

Chiavari – Teatro Cantero

Genova – Corallo

Genova – The Space

Genova – UCI Cinemas Fiumara

La Spezia – Nuovo

Lerici – Astoria

Rapallo – Augustus

Ronco Scrivia – Columbia

Sanremo – Ariston

LOMBARDIA

Assago – UCI Cinemas Milano Fiori

Bellinzago LombardoArcadia Bellinzago

Bergamo – Cinema San Marco

Brescia – Multisala Oz

Busnago – Cornate d Adda – Movie Planet

Cerro Maggiore – The Space

Cesano Boscone – Cristallo

Como – Cinelandia

Corte Franca – Starplex

Cortenuova – Starplex

Cremona – Arena Giardino

Cremona – Chaplin

Cremona – Spazio Cinema

Curno – UCI Cinemas

Curtatone – Starplex

Darfo – Garden

Erbusco – Arcadia

Gallarate – Cinelandia

Gavirate – Garden

Lissone – UCI Cinemas

Lodi – Moderno

Lonato – King

Mantova – Multisala Cinecity

Melzo – Arcadia

Milano – Arcobaleno Multisala

Milano – Arena Palazzo Reale

Milano – Arena Umanitaria

Milano – Ariosto

Milano – Cinema Anteo

Milano – Ducale Multisala

Milano – The Space Odeon

Milano – UCI Cinemas Bicocca

MilanoUCI Cinemas Certosa

Milano – UCI Gloria

Montano Lucino – UCI Cinemas

Montebello della Battaglia – The Space

Monza – Metropol

Orio al Serio – UCI Cinemas

Paderno Dugnano – Giraffe Multisala

Parona Lomellina – Movie Planet

Pioltello – UCI Cinemas

Rozzano – The Space

S.Donato Milanese – Troisi

San Giuliano Milanese – Movie Planet

San Martino Siccomario – Movie Planet

Saronno – Silvio Pellico

Seregno – S.Rocco

Sesto S. Giovanni – Rondinella

Sesto San Giovanni – Skyline

Sondrio – Starplex

Tradate – Starplex

Treviglio – Ariston

Varese – Impero

Vimercate – The Space

MARCHE

Ancona – Movieland Goldoni

Ancona – UCI Cinemas

Ascoli Piceno – Delle Stelle

Campiglione di Fermo – Super8

Fano – UCI Cinemas

Jesi – UCI Cinemas

Macerata – Multiplex 2000

Macerata – Italia

Matelica – Giometti

Pesaro – Giometti

Pesaro – UCI Cinemas

Porto S.Elpidio – UCI Cinemas

San Benedetto del Tronto – UCI Palariviera

Senigallia – UCI Cinemas

Tolentino – Giometti

PIEMONTE

Alessandria – UCI Cinemas

Asti – Cinelandia

Beinasco – The Space

Bellinzago Novarese – Movie Planet

Borgo San Dalmazzo – Cinelandia

Borgo Vercelli – Movie Planet

Bra – Impero

Casale Monferrato – Cinelandia

Castelletto Ticino – Metropolis

Cuneo – Cinelandia

Moncalieri – UCI Cinemas

Nizza Monferrato – Sociale

Novara – Teatro Faraggiana

Torino – Cinema Ambrosio

Torino – Massaua Cityplex

Torino – Massimo

Torino – The Space

Torino – UCI Cinemas Torino Lingotto

PUGLIA

Bari – Galleria

Bari – Multisala Ciaky

Bari – UCI Showville

Barletta – Paolillo

Brindisi – Andromeda Maxicinema

Casamassima – The Space

Foggia – Città del Cinema

Gioia del Colle – Seven Cineplex

Molfetta – UCI Cinemas

Polignano a Mare – Vignola

San Giorgio Ionico – Casablanca Multicine

Surbo – The Space

Taranto – Bellarmino

Tricase – Moderno

SARDEGNA

Cagliari – UCI Cinemas

Quartucciu – The Space

Sestu – The Space Cinecity

Belpasso – The Space

SICILIA

Castrofilippo – Planet Le Vigne

Catania – Alfieri

Catania – Planet

Cinisi – Nuovo Cinema Alba

Gela – Hollywood

Messina – Iris

Messina – UCI Cinemas

Misterbianco – UCI Cinemas

Palermo – Metropolitan

Palermo – Planet La Torre

Palermo – UCI Cinemas

Partinico – Empire

San Giovanni la Punta – Cinestar I Portali

Sciacca – Badia

Siracusa – Planet Vasquez

TOSCANA

Abbadia San Salvatore – Amiata

Arezzo – UCI Cinemas

Campi Bisenzio – UCI Cinemas

Carrara – Garibaldi

Empoli – La Perla

Firenze – Odeon

Firenze – Portico

Firenze – The Space

Firenze – UCI Cinemas

Grosseto – The Space

Livorno – The Space

Lucca – Astra

Massa – Splendor7

Montecatini – Terme Excelsior

Pisa – Odeon

Pistoia – Globo

Poggibonsi – Politeama

Prato – Omniacenter

Sinalunga – UCI Cinemas

Tavarnelle – Olimpia

Viareggio – Politeama

Volterra – Centrale

TRENTINO ALTO ADIGE

Bolzano – UCI Cinemas

Trento – Modena

UMBRIA

Corciano – The Space

Perugia – UCI Cinemas

Terni – The Space

VALLE D’AOSTA

Aosta – Cinelandia

VENETO

Bassano del Grappa – Metropolis

Cavarzere – Cinema Verdi

Conegliano – Melies Multisala

Limena – The Space Cinecity

Lugagnano di Sona – The Space

Marcon – UCI Cinemas

Mestre – IMG Candiani

Mestre Marghera – UCI Cinemas

Montagnana – Bellini

Padova – MPX

Padova – Porto Astra

Rovigo – Cinergia

San Donà di Piave – Don Bosco

San Giovanni Lupatoto – UCI Cinemas

Silea – The Space Cinecity

Torri di Quartesolo – The Space

Verona – Rivoli

Vicenza – Roma

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=T-jeXcC0xNw&w=640&h=360]

 

Perth




Compiti a casa addio!

Chi di noi, dopo una giornata di lavoro non ha avuto l’incubo di controllare che i propri figli avessero fatto i compiti di scuola?!?

Non dico bene, ma almeno tutti.” Basta compiti !!!”  era il mantra domestico di ogni figlio che continuava ad implorare la fine della tortura, fino a che, il povero genitore, capitolava, e si metteva a farli lui, i compiti, pur di chiudere quella tragicommedia quotidiana e di andare tutti a dormire…

Stavolta, il sogno di ogni figlio alunno diventa realtà.

E si concretizza in un progetto sperimentale che coinvolge la scuola primaria e la scuola media di cinque province italiane (Biella, Verbania, Milano, Torino e Trapani), 166 le classi campione coinvolte.

In passato, ci sono state diverse iniziative, più che altro petizioni ed appelli, per trasformare il metodo di apprendimento eliminando i compiti a casa.

Ora, si passa ai fatti, con un movimento su scala nazionale che ha deciso di percorrere la strada della sperimentazione.

L’idea è verificare il valore di una diversa organizzazione del tempo-scuola, per sollevare gli alunni dal peso dei compiti a casa, spesso svolti con il coinvolgimento dei genitori (se non con il ricorso a lezioni private).

Così, dopo le iniziative sui social del preside ligure Maurizio Parodi, autore della pagina Facebook “Basta compiti!” e di una petizione online che nei mesi scorsi ha raccolto quasi 25mila consensi, in Italia, cominciano a prendere forma esperienze concrete.

E, per la prima volta, parte un progetto che coinvolge le scuole di tre regioni: Piemonte, Lombardia e Sicilia.

Ad esordire nella sperimentazione, sono state 13 classi dell’istituto comprensivo Biella II, dell’omonima città piemontese, in cui, il fatto di non assegnare compiti a casa, è la conseguenza di una diversa organizzazione della settimana scolastica.

Nella primaria, il tempo scolastico è stato strutturato in modo da far studiare ai bambini, per due settimane, lo stesso macro-argomento, trattato dalle diverse colleghe in un’ottica interdisciplinare.

Le insegnanti della classe, infatti, svolgono le normali attività di mattina e consolidano le conoscenze di pomeriggio, con attività di diverso tipo, anche pratiche. Questo consente ai bambini di acquisire i contenuti con un ritmo bisettimanale, senza essere appesantiti da compiti a casa. Le lezioni, alla scuola elementare, prevedono per una settimana intera lo studio dell’italiano e, per l’altra settimana, della matematica, affrontando l’argomento con il contributo di tutte le discipline.

Al Biella II, dice la preside Vineis,” si sta pensando di estendere la sperimentazione anche ad alcune classi della scuola media. I primi risultati del progetto sono soddisfacenti, perché si tratta di una metodologia inclusiva che non lascia indietro nessuno e che evita la stratificazione delle conoscenze.

In altre parole, l’argomento che gli alunni studiano viene affrontato e concluso in tempi brevi e le conoscenze vengono consolidate”.

Il progetto, che prende le mosse da un manuale sulle difficoltà di apprendimento stilato in collaborazione con la Asl di Biella, ha coinvolto, nello scorso anno scolastico, 36 classi del biellese.

Quest’anno, coinvolgerà 90 classi della provincia di Milano e 40 di quella di Trapani.

Il progetto, però, sta per essere “esportato” anche in altre tre regioni: Toscana, Umbria e Lazio, con monitoraggio dei risultati da parte dell’università di Milano.

Questa nuova realtà potrebbe nei prossimi anni suggerire anche qualche tipo di riforma.

Riforma che, di sicuro, otterrà il consenso di genitori spesso esasperati per la quantità di compiti a casa assegnati.

E perché, senza la necessità di assegnarli, gli alunni meno fortunati, o addirittura quelli disabili, svolgono comunque l’intero lavoro scolastico a scuola.(  Non fa niente se contenuti, metodi ed obiettivi sono diversi a seconda delle potenzialità di ogni bambino… Non ci metteremo mica ad insegnare anche ai genitori ?!? )

Il sogno è imitare la Finlandia, il paese con le performance dei propri quindicenni al top in Europa, dove il grosso del lavoro si svolge a scuola e con meno ore di lezione.

Peccato, che il sistema scolastico finlandese non assomigli per niente a quello italiano, ma, di questo, ne parleremo nella prossima puntata…Giusto per lasciare dormire tranquilli, figli e genitori…

 

Antonella Ferrari




Pensione, mettiamo la data a dopo la morte del cittadino, così facciamo prima…

Dal 1° gennaio del 2018, le donne non godranno più di un trattamento di favore rispetto agli uomini per quel che riguarda la data del pensionamento.

Tutti i lavoratori, maschi e femmine, potranno mettersi a riposo una volta superati i 66 anni e 7 mesi di età, purché abbiano alle spalle almeno 20 anni di contributi (o almeno 5 anni se assunti dopo il 1996).

A stabilirlo è la Legge Fornero, la riforma previdenziale approvata in Italia nel 2012 dal governo Monti, che ha introdotto la graduale parificazione tra uomini e donne entro il 2018.

Fino a 6-7 anni fa, infatti, le lavoratrici potevano contare su una finestra di uscita privilegiata, congedandosi dal lavoro 5 anni prima degli uomini (60 anni anziché 65).

Poi è arrivata appunto la Legge Fornero che ha cambiato tutte le regole, rendendo l’accesso al pensionamento molto più gravoso.

A partire dal 2019, sia per gli uomini che per le donne, la soglia di accesso alla pensione di vecchiaia salirà ancora di 3 mesi, fino a raggiungere i 67 anni. Per legge, infatti, l’età pensionabile verrà adeguata ogni 3 o 4 anni alle aspettative di vita della popolazione, che per fortuna sono in crescita grazie ai progressi della medicina. Sempre che, però, qualcuno non schiatti prima, direttamente sul posto di lavoro!!!

Questi sono i requisiti per la pensione di vecchiaia, che matura principalmente in base all’età.

Esiste però anche un altro trattamento che si chiama pensione anticipata, che matura invece una volta raggiunta una determinata quantità di contributi versati, indipendentemente dall’età.

Per la pensione anticipata, le donne hanno conservato un piccolissimo trattamento di favore poiché possono congedarsi dal lavoro con 41 anni e 10 mesi di contributi, 12 mesi prima degli uomini che devono invece raggiungere i 42 anni e 10 mesi di carriera. Infine, sia per gli uomini che per le donne esiste anche la possibilità di ritirarsi dal lavoro a 63 anni con l’Ape (anticipo pensionistico).

Le donne che vogliono ritirarsi dal lavoro a 63 anni con l’Ape Social (l’anticipo pensionistico senza penalizzazioni) avranno un piccolo trattamento di favore, uno sconto sui requisiti contributivi pari a 6 mesi per ogni figlio che hanno dovuto crescere nel corso della loro vita e che spesso ha comportato per loro un sacrificio in termini di carriera.

Il bonus contributivo potrà essere al massimo di due anni.

Dunque, mentre i lavoratori maschi che vanno in pensione con l’Ape Social devono avere 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi, le donne con figli potranno mettersi a riposo anche con 28 o 29 anni di carriera alle spalle.

L’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni ha voluto così accontentare le richieste dei sindacati, che sottolineano da tempo come l’età della pensione di vecchiaia italiana sia ormai la più alta d’Europa, anche per le donne che tradizionalmente hanno goduto in passato delle finestre di uscita dal lavoro anticipate.

Ma è giusto o sbagliato che le donne vadano in pensione prima degli uomini?

Attorno a questo interrogativo si è dibattuto molto negli anni scorsi, anche prendendo spunto da quel che avviene all’estero. In gran parte degli altri paesi europei, infatti, donne e uomini vanno in pensione alla stessa età.

Ci sono poche nazioni che fanno eccezione.

E’ il caso della Gran Bretagna dove le lavoratrici femmine possono ritirarsi a circa 62 anni e mezzo contro i 65 anni degli uomini. Stesso discorso per l’Austria dove le donne si ritirano a 60 anni anziché a 65.

Non ci sono invece trattamenti di favore in altri paesi dove tuttavia – sottolineano i sindacati- l’età pensionabile è più bassa rispetto ai 66 anni e 7 mesi fissati in Italia.

In Spagna e Germania c’è ancora il requisito dei 65 anni per uomini e donne (che salirà gradualmente soltanto nell’arco di un decennio) mentre in Francia la soglia anagrafica resta inchiodata a 62 anni.

A ben guardare, però, la parificazione dell’età pensionabile è un destino ineluttabile per tutti i Paesi. A stabilirlo è infatti una sentenza delle Corte di Giustizia Europea del 2008, che ha vietato ai singoli Stati di fare disparità di trattamento a seconda dei sessi.

Giusto! Peccato che, in Italia, più che privilegiare le donne che vanno in pensione, bisognerebbe riconoscere i loro diritti prima, quando, in sede di selezione per un posto di lavoro, a parità di requisiti con candidati maschi, le donne pagano la colpa di voler fare un figlio.

Quando, al rientro dopo una gravidanza, le donne verificano che il loro diritto alla maternità è incompatibile con l’avanzamento di carriera.

Quando, in caso di contrazione del personale, le prime ad essere messe in mobilità, sono proprio le lavoratrici con figli piccoli…

Quando, se mantengono il loro posto di lavoro, le donne, a parità di prestazioni, percepiscono uno stipendio inferiore rispetto ai loro colleghi maschi… E questo, lo dicono le statistiche!!!

Secondo le statistiche, infatti, in Italia, le donne, non solo hanno di solito stipendi mediamente più bassi, ma hanno anche maggiori difficoltà a fare carriera rispetto agli uomini.

Questo, non tanto per pregiudizi culturali, quanto piuttosto perché sono di solito penalizzate dal punto di vista professionale durante le gravidanze e non riescono a conciliare la vita lavorativa e quella familiare, al punto di essere costrette a licenziarsi.

Dunque, se vogliamo fare le cose giuste, iniziamo prima e non dopo, come al solito in Italia.

E poi, già che ci siamo, ricordiamoci del privilegio, tutto femminile, delle pensionate di curare i genitori ultraottantenni, perché, come non c’erano asili nido quando le donne lavoratrici avevano i figli piccoli, così non ci sono ricoveri adeguati all’allungamento dell’età media della popolazione, adesso che, le stesse donne hanno i genitori anziani….

Antonella Ferrari




ANCODIS A CONFRONTO CON L’ONOREVOLE CENTEMERO

L’ Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici tratta il tema del middle management scolastico con l’Onorevole Centemero ed individua la necessità di formare le figure intermedie per poter al meglio rispondere alle esigenze della scuola.

Ci chiediamo però se non sia il caso di ripensare completamente gli organismi di vertice della scuola, dalla giunta esecutiva (ormai praticamente inutile) al consiglio di istituto.

Non ci dilunghiamo ma il mondo della scuola deve essere ripensato completamente, altro che autonomia scolastica (che oggi non c’è), altro che figure manageriali, altro che Dirigenza scolastica.

Basti pensare alle centinaia di cause che le scuole perdono nei tribunali perché l’Avvocatura si Stato delega i Dirigenti Scolastici ad andare in tribunale o anche solo alla endemica mancanza di fondi che non permettono certo l’autonomia, o al fatto che quando i fondi ci sono sono spesso pilotati non alla scuola ma per gestire corollari poco edificanti (vedasi scuole belle).

La Scuola è oggi un pantano legalizzato, chissà se l’Onorevole Centemero con l’aiuto di Ancodis si muoverà per fare qualcosa?

 


ANCODIS: ANCHE NELLA CAPITALE E’ COSTITUITO IL DIRETTIVO TERRITORIALE

 Ad un anno dalla prima assemblea dei collaboratori dei DS svolta a Palermo (5/9/2016) nella quale sono state poste le basi per la costruzione di una rete tra i Collaboratori del DS nelle diverse forme (I°-II°-Responsabili di plesso), si costituisce il Direttivo territoriale di Roma presieduto dall’Ins.te Carla Federica Spoleti che ringraziamo unitamente ai colleghi che in questi mesi hanno reso possibile questo importante obiettivo.

Dopo Palermo, Siracusa, Firenze, Pisa, Cuneo e Catania, mercoledi 6 settembre i collaboratori dei DS di Roma e provincia decidono di aderire ad ANCODIS contribuendo alla crescita della struttura dell’Associazione sul territorio nazionale.

Per ANCODIS è un importante risultato tenuto conto che in meno di un anno di vita ha già superato la soglia dei 500 iscritti e quotidianamente riceve mail di richieste di informazioni.

I Collaboratori dei DS in questo breve tempo hanno compreso l’importanza di diventare comunità nella scuola italiana a partire dalla necessità di condividere e confrontare esperienze lavorative che fino a quel momento restavano circoscritte alle proprie Istituzioni Scolastiche, decidendo di tenere aperto il dibattito sul loro ruolo e sul riconoscimento giuridico e contrattuale.

Nella stessa giornata (6/9/2017), una rappresentanza ANCODIS ha incontrato alla Camera dei Deputati l’Onorevole Centemero, responsabile Scuola ed Università di Forza Italia, che – riconoscendo fondamentale il ruolo dei collaboratori dei DS – ritiene che debba essere adeguatamente valorizzato nel moderno sistema scolastico.

Sono stati evidenziati i punti condivisi in accordo con il nostro documento programmatico: riconoscimento sotto l’aspetto giuridico del collaboratore del DS, poiché inserito nel D.Lgs 165/2001, poi di fatto mai regolamentato; riconoscimento economico con una retribuzione prevista nel prossimo CCNL e non al tavolo di contrattazione d’istituto con il FIS.

Abbiamo avuto la comune consapevolezza che si tratta di docenti che dimostrano quotidianamente nelle I.S. e, soprattutto in quelle in condizione di reggenza, di avere acquisito sul campo e con percorsi di autoformazione le competenze necessarie ad assolvere ruoli nella governance delle scuole.

Vede, dunque, in modo molto favorevole l’istituzione del Middle Management e la relativa formazione effettuata attraverso il MIUR stesso o enti riconosciuti su argomenti gestionali e amministrativi relativi al nostro comparto.

E’ ormai il tempo di stabilire negli strumenti normativi e contrattuali che il lavoro dei collaboratori – nei diversi ruoli e funzioni loro assegnate dal ds – debba avere un riconoscimento anche attraverso una carriera integrata a quella di docenti.

Ed in questo percorso non si potrà non rivedere la norma che ha posto il blocco all’esonero per il primo collaboratore unitamente al riconoscimento delle funzioni vicarie e le mansioni superiori.

Sulla funzione del Middle Management intorno al dirigente si è parlato ampiamente: l’Onorevole Centemero ritiene che le vigenti Figure Strumentali debbano rientrare tra gli obiettivi nel lavoro dello Staff che può arrivare al 10% dell’intero C.D.

Ritiene molto importante fare un distinguo tra la classica carriera dell’insegnante e la carriera integrata dei collaboratori secondo ruoli e funzioni, riconoscere l’esperienza maturata sul campo come collaboratore/Vicario e responsabile di plesso non facendo fare la preselezione per il concorso a D.S.. Per quest’ultimo punto occorre valutare e studiare con molta attenzione una forma di riconoscimento anche in sede concorsuale ma non è d’accordo con la richiesta di riserva dei posti.

Su quest’aspetto occorre lavorare per trovare possibili soluzioni per questo riconoscimento.

Ci ha chiesto le nostre esperienze e l’opinione sulla L.107/2015, sul potenziamento e la chiamata diretta chiedendo di segnalarle ogni nostra riflessione sull’argomento.

 

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma

 




Noi stiamo con Milena…

Milena Gabanelli, 63 anni, è una nota conduttrice e giornalista italiana che lavora da 30 anni per la Rai.

La carriera della donna ha sempre girato attorno a programmi tv di inchiesta.

Il suo debutto è arrivato nel 1982 circa e da lì ha ricevuto sempre più consensi da parte del pubblico.

Nel 1989 ha preso parte a Special Mixer, dove ha avuto la possibilità di viaggiare e realizzare vari servizi, tra cui uno in Cina e uno in Vietnam.  Subito dopo l’esperienza a Special Mixer, Milena è divenuta inviata di guerra, recandosi così in numerose regioni colpite da svariati conflitti armati.

Nel 1994 è arrivata la prima esperienza da conduttrice con il programma Professione Reporter su Rai 2.

Il nome della Gabanelli è però conosciuto, ai telespettatori italiani, soprattutto per la sua presenza a Report in onda su Rai 3.

Milena è stata infatti protagonista e conduttrice del programma dal 1997 al 2016.

Nel 2013, inoltre, è arrivata un’altra grande soddisfazione per la giornalista:  Milena è infatti stata la più votata per la candidatura a Presidente della Repubblica dal Movimento 5 Stelle.

Nonostante la gratitudine nei confronti dei suoi colleghi, la donna ha però deciso di rinunciare alla carriera politica e di continuare con quella giornalistica.

Così, dopo innumerevoli premi per la sua professionalità e responsabilità, proprio dopo 20 anni di video giornalismo d’inchiesta, le è stato affidato il portale digitale di informazione Rai.

Anche qui, la Gabanelli si è dedicata con passione e professionalità al suo ruolo giornalistico.

Ma quel progetto è rimasto sulla carta, per le incomprensibili (o forse fin troppo comprensibili) resistenze dell’azienda pagata con i nostri soldi, ma teleguidata dai partiti.

Per non dover ammettere di aver cacciato anche lei, ultima di una lunga lista di proscrizione che va dall’era Berlusconi all’era Renzi, i vertici Rai le hanno fatto una proposta che, per dignità, la giornalista doveva rifiutare: la con-direzione di Rainews24, testata e sito semi-clandestini con un pugno di collaboratori scelti da altri.

E la Gabanelli, sempre per dignità, si è posta in aspettativa non retribuita: cioè – checché ne dicano i minimizzatori dei partiti e della stampa al seguito – fuori dalla Rai.

Noi pensiamo che qualunque emittente del mondo libero sarebbe orgogliosa di avere la Gabanelli tra i suoi giornalisti, soprattutto per le ragioni del suo rifiuto alla proposta del dg Mario Orfeo di fare la condirettrice di Rai News.

In un’intervista al Corriere della Sera, la giornalista Milena Gabanelli ha spiegato così il suo no alla con-direzione di RaiNews 24: “Ho chiesto l’aspettativa non retribuita.

Se vareranno una nuova testata e vorranno affidarmi la direzione, darò la mia disponibilità”.

Il piano prevedeva un nuovo sito, integrato con tutti i dipendenti dell’azienda pubblica: “La Rai, al contrario di tutte le tv del mondo, ha molti telegiornali, ma non ha un portale di news online organizzato” Mi sono tolta lo stipendio.

Non produrre e guadagnare lo troverei umiliante” “Il mio non è un capriccio, ma la certezza che non ci sono le condizioni per produrre risultati. E di cui poi devo rispondere. Il mio incarico è far funzionare l’informazione online, che la Rai non ha, malgrado i suoi 1.600 giornalisti. La proposta è quella di stare dentro un sito che non ha i presupposti per funzionare”

All’intervistatrice che le ha chiesto perché non le basta la promozione e uno staff di 40 giornalisti scelti da lei, Gabanelli ha risposto:

“Non ne ho mai fatto una questione di carica. E lavorare con Di Bella, che stimo, è pure divertente. Ma buona parte dei giornalisti che io ho incontrato, in un assestment interno, sono disponibili a trasferirsi al portale unico Rai, ma non al sito di una testata. Così quelli di tg nazionali e regionali, corrispondenti: tutti felici di contribuire. Ma non a Rainews.it, perché è percepito come il sito di una testata concorrente”.

Se il suo progetto originario non si realizzasse, la giornalista ha sottolineato:

“Sarebbe un peccato per la Rai che non può permettersi un ulteriore ritardo sull’online. Se invece il problema sono io, non ho difficoltà a farmi da parte, il lavoro fin qui fatto non andrà sprecato. Non ho paura del futuro e non sono legata alle poltrone, ho delle idee e una reputazione che vorrei continuare a mettere a disposizione del servizio pubblico. Ma non inventandomi un nuovo programma, altrimenti sarei restata dov’ero.”

Averne di giornalisti così…

Semplicemente, grazie di esistere, Milena…

 

Antonella Ferrari




Tutti Promossi! La Scuola perde il suo significato…

Bocciature “abolite” per decreto alle elementari e medie, nuovi esami e test Invalsi rivoluzionati in terza media.

L’anno scolastico ormai alle porte si apre con una serie di novità introdotte dalla Buona scuola che riguardano i bambini della primaria e i ragazzini della scuola media.

Per la scuola superiore occorrerà attendere ancora 12 mesi prima di vedere gli effetti della legge 107.

Il governo Renzi e il suo successore Gentiloni, che ha approvato le deleghe della riforma Renzi/Giannini, hanno dichiarato guerra alle bocciature: l’Italia è una delle nazioni europee con la dispersione scolastica più alta.

Alle elementari si potrà bocciare solo in caso di abbandono dell’anno scolastico o per le troppe assenze.

Una situazione che riguarda una fascia marginale di alunni: tre su mille in prima elementare e uno su mille nelle altre quattro classi della primaria. In pratica, non si potrà bocciare per il profitto, basta che l’alunno venga a scuola !!!

“Le alunne e gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe di scuola secondaria di primo grado anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”, recita il decreto legislativo 62 dello scorso mese di aprile.

Nei casi di promozione “agevolata”, le scuole dovranno attivare “specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento”.

Oltre al danno anche la beffa !!!

La bocciatura sarà possibile sono se tutti gli insegnanti del consiglio di classe saranno d’accordo: “Solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione”, spiega la norma.

Basterà un solo parere contrario per fare scattare la promozione ope legis.

Novità anche per le prove Invasi.

Oltre ai consueti test di Italiano e Matematica, in seconda e quinta, in quest’ultima classe i bambini verranno sottoposti a un’ ulteriore prova di Inglese.

Anche alla scuola media la promozione diventerà la regola generale: “Le alunne e gli alunni della scuola secondaria di primo grado sono ammessi alla classe successiva e all’esame conclusivo del primo ciclo”, prevede il decreto legislativo sulla Valutazione.

Tranne i casi di gravi infrazioni disciplinari e nei casi di “parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline”.

Situazioni in cui “il consiglio di classe può deliberare” la bocciatura, ma con adeguata motivazione.

Giusto se l’alunno  ha dato fuoco alla scuola può sperare di essere bocciato, perché insultare un prof o picchiare un compagno non basta !!!

Anche in questo caso potrà scattare la promozione in presenza di insufficienze in una o più discipline, a patto che le scuole avviino percorsi di supporto per colmare le lacune.

Le prove Invalsi, che da qualche anno si svolgono solo in terza media, non saranno più in concomitanza con gli esami conclusivi e non incideranno più sul voto finale.

Si svolgeranno entro il mese di aprile, saranno effettuate al computer – computer-based – e contempleranno anche una prova di Inglese.

Così come avverrà alla scuola elementare, tutta la fase di spoglio delle schede e di caricamento al computer degli esiti degli Invalsi sarà a carico degli insegnanti, come “attività ordinaria d’istituto”. E la partecipazione alle stesse costituirà requisito di ammissione agli esami.

Dopo anni di polemiche e dibattiti, l’esame di licenza media verrà semplificato: solo tre prove scritte – Italiano, Matematica e Lingue straniere – e un colloquio.

Per gli indirizzi musicali, durante lo stesso colloquio, è prevista una prova pratica relativa allo strumento studiato.

Alla media, più che le risultanze degli esami, la Buona scuola premierà la carriera scolastica.

Il voto finale sarà espresso in decimi – con eventuale lode – e scaturirà dalla media tra il voto di ammissione e la media dei voti delle prove d’esame.

E a presiedere gli esami sarà lo stesso dirigente scolastico dell’istituto in cui si svolgo gli esami.

Niente più presidente esterno. Scusate, ma proprio non ce la faccio…

Da parte mia, io non ho mai pensato alla bocciatura come forma di punizione o peggio di discriminazione, ma ho sempre ritenuto che essa altro non fosse se non il naturale esito di un percorso scolastico insoddisfacente, dove l’alunno in questione non ha raggiunto neppure gli obiettivi minimi che il corso prescelto ed i programmi di quell’anno scolastico richiedevano.

Come non si manderebbe in sala operatoria un chirurgo che non sa fare il suo mestiere, come non si affiderebbe un aereo a chi non lo sa pilotare, così non si può promuovere chi non lo merita, perché ciò provocherebbe un grave danno individuale e sociale al tempo stesso: individuale, perché chi viene promosso senza merito si illude di avere competenze e capacità che in realtà non possiede e lo si condanna, per di più, ad affrontare l’anno successivo  dei contenuti che non è in grado di apprendere; sociale, perché mettendo sullo stesso piano i capaci e meritevoli (così denominati dalla Costituzione) e gli incapaci e i lavativi, si crea la grave ingiustizia per cui, nel mondo del lavoro, sarà avvantaggiato chi possiede aderenze e amicizie varie, perpetuando il malcostume che – spesso solo a parole – tutti condannano.

La scuola sessantottina infatti, favorendo le promozioni di massa senza selezione, ha immesso nella società e nel mondo del lavoro una massa di incompetenti che hanno fatto carriera grazie al nepotismo ed alle raccomandazioni; e siccome queste aderenze le posseggono soprattutto le classi elevate, il risultato ottenuto è stato l’esatto contrario di ciò che la “rivoluzione” del ’68 si proponeva, cioè l’eguaglianza sociale.

Oggi ci sono anche altri motivi per cui nelle scuole si tende a promuovere in massa: le pressioni dei genitori, la paura di perdere classi e posti di lavoro, ecc.

Ma chi fa sul serio questa professione, chi crede davvero nella funzione formativa della scuola, non può accettare questi compromessi.

Se vogliamo che i nostri studenti imparino qualcosa e si formino veramente per una vita futura, dobbiamo essere selettivi; altrimenti i ragazzi, che non sono affatto sciocchi, smetteranno di dedicarsi del tutto allo studio, non appena avranno intuito che la promozione è garantita.

Ciò non significa ovviamente che la bocciatura sia un fatto sempre positivo o di per sé auspicabile; se è possibile è meglio evitarla, fornendo anzitutto agli studenti tutti gli strumenti per recuperare le loro carenze e soprattutto mostrando noi stessi amore e dedizione al nostro lavoro.

Io personalmente tendo ad essere indulgente con chi mi segue e mi dimostra impegno, anche se i suoi risultati non sono del tutto soddisfacenti, mentre non ho alcuna comprensione per chi viene a scuola, come dicevano ai miei tempi, “per scaldare il banco”.

E’ anche vero che esistono studenti che, pur impegnandosi a fondo, non riescono a raggiungere risultati accettabili, forse perché non adatti, per capacità o per inclinazioni, al corso di studi che hanno scelto; ma in questo caso, più che la bocciatura, sarebbe necessario un nuovo orientamento scolastico da parte della scuola.

Se i docenti del primo anno di un Liceo, ad esempio, si rendono conto dopo due o tre mesi dall’inizio dell’anno scolastico che un alunno ha operato una scelta non adeguata alla sua personalità, è loro dovere chiamare i genitori e decidere insieme il passaggio ad altro corso di studi.

Non vedo nulla di disdicevole o di disonorevole in questa procedura; è molto più umiliante essere promossi a forza e costretti a seguire discipline e contenuti che non si è in grado di apprendere, tirando avanti a stento, con continui insuccessi e la necessità di dover effettuare anche lezioni private, con inutile dispendio di denaro e di energie.

Antonella Ferrari




Ridi che ti passa

“Ridi che ti passa” dice un vecchio proverbio.

Ma, applicato alla scuola, può davvero una semplice risata riportare l’armonia in classe?

Sì, lo conferma l’esperienza comune, ma c’è di più: oltre a creare un clima positivo dal punto di vista emotivo, ridere favorisce la concentrazione.

A sostenere questa tesi tanto provocatoria quanto rivoluzionaria è stata Lucia Suriano, insegnante, autrice di Educare alla felicità ed ambasciatrice nel mondo dell’International Laughter Yoga University, chiamata dall’ADI a chiudere la prima sessione di interventi nel seminario internazionale sull’educazione svoltosi a Bologna il 24 e il 25 febbraio scorsi.

Certo, è passato un po’ di tempo… Ma all’inizio di un nuovo anno scolastico conviene fare un breve ripasso…

Prof.ssa Suriano, tutti gli insegnanti possono potenzialmente creare un buon clima emotivo in classe? Quanto incidono o interferiscono il temperamento, le esperienze personali, l’indole?

“Sì, tutti potenzialmente possono; certamente contano moltissimo la storia personale e le esperienze di ciascuno; il temperamento e l’indole costituiscono un vantaggio, ma non ritengo siano fondamentali, poiché un insegnante è un professionista che oltre alle competenze del sapere e della didattica deve aver sviluppato notevoli competenze socio-emotive”.

E gli insegnanti ‘antipatici’ come fanno? Non dovrebbero avere diritto di cittadinanza nelle aule?

“Bella questa battuta! Un insegnante “antipatico” non è un professionista, al massimo possiamo parlare di un insegnante poco empatico e allora, possiamo iniziare a riflettere su come si possa sviluppare la capacità di entrare in empatia con l’altro, del resto la nostra non è definita professione a relazione d’aiuto?”.

Che cosa significa ridere con i propri allievi?

“Significa svelare la propria umanità, significa creare le condizioni perché il processo di apprendimento trovi le condizioni per avvenire in modo significativo e non semplicemente come sterile processo finalizzato all’emergenza contingente, cioè l’interrogazione”.

Lei insegna; cosa quotidianamente si ripete prima di entrare in classe?

“Ogni giorno so che ho la possibilità di imparare; prima di entrare in classe respiro, sorrido e… Buongiorno!”.

In quale ordine e grado di scuola le risate portano più beneficio all’apprendimento?

“La risata non conosce età, i benefici avvengono a livello psico-fisico ed emotivo, non possiamo scegliere di smettere di ridere. Il nostro corpo ha bisogno della risata come del pianto poiché nasciamo “cablati per fare l’esperienza della felicità” (C. Pert)”.

Ora, per chi ha provato sulla propria pelle l’enorme vantaggio terapeutico e didattico di una sana risata, voglio segnalare che il minimo comune denominatore degli insegnanti, che gestiscono una professione stressante a rischio di BURNOUT come l’insegnamento, è il desiderio di ricominciare o di continuare a stare bene a scuola, poiché la fatica degli ultimi anni e il malcontento non sono una leggenda…

Certo, bisogna educarsi ed educare a “ridere con…” e non “ a ridere di qualcosa o di qualcuno…” Però, ho imparato che un clima di distensione favorisce la motivazione.

Anno dopo anno, ho sperimentato che, in classe, c’è un grande bisogno di tornare a ridere in modo sano, positivo, pulito. Che nei momenti di maggiore conflittualità, il riuscire a virare sull’aspetto ludico, giocoso e divertente della situazione è una strategia didattica.

Che, spesso, un semplice esercizio di risata incondizionata può offrire più vantaggi che svantaggi ad un docente.

Che, alla fine, il saper instaurare una relazione con i propri alunni anticipa ed agevola l’insegnamento delle conoscenze ed il raggiungimento delle competenze.

Portare la risata nel mondo della scuola non squalifica l’intervento didattico, anzi, richiede molta preparazione, un grande lavoro su di sé, soprattutto molto rispetto del ruolo educativo che la scuola svolge nella vita di ciascun alunno.

La strada da percorrere è “quella della”ricerc-azione, della sperimentazione suffragata da una profonda conoscenza di ciò che ci giunge dagli studi scientifici, avendo come obiettivo lo sviluppo di un percorso che porti a vivere l’esperienza dell’apprendimento come qualcosa da desiderare e non da rifuggire; per fare questo dobbiamo puntare la nostra attenzione non solo sulle funzioni cognitive, ma anche sui processi emotivi e sull’importanza del movimento del corpo”, come ha dichiarato Lucia Suriano.

La stessa ha anche sottolineato che bisogna “ ricucire la frattura dicotomica tra scuola e risata, facendo riscoprire quest’ultima nella sua funzione di potente alleata del processo di apprendimento e non come nemica da combattere”.

Ed allora, forza, iniziamo il nuovo anno scolastico con un bel sorriso e non dimentichiamo che ridere in classe fa bene, parola di specialista…

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Antonella Ferrari

 




il Paese dei Prima

Sempre più di frequente mi sento chiedere dai genitori dei miei alunni: “Mi dica lei prof che cosa fare con mio figlio!?!”.

Bene, vorrei condividere con voi qualche osservazione, derivante dalla mia esperienza di madre e di insegnante

Negli ultimi anni, stiamo assistendo ad un fallimento del ruolo genitoriale di massa che indirettamente grava sulla salute mentale e sull’equilibrio psicologico dei figli, e di conseguenza degli alunni.

Sappiamo tutti che, se mancano i punti di riferimento, i figli cresceranno senza una direzione e ci sarà chi compenserà e chi devierà, sia nella scuola che nella vita.

Ogni anno, in classe, si può verificare quanto i disturbi psicopatologici di bambini e adolescenti si stiano aggravando in termini di intensità e di frequenza…

Ebbene, non si può stare inermi a guardare questa lento ed inesorabile declino sociale, se vogliamo fare qualcosa, in termini di prevenzione, dobbiamo accettare che questa condizione inizia in famiglia e lavorare su ciò che non funziona, prima ancora di arrivare a scuola.

Spesso, ciò che si dimentica, è che la prima infanzia è una fase estremamente delicata in cui si pongono le basi solide su cui si costruirà un’identità stabile, una personalità forte, un’adattabilità del bambino, poi adolescente e infine adulto.

I primissimi anni di vita sono un periodo di plasticità neuronale e muscolare in cui il bambino è fortemente condizionabile in termini positivi e negativi. Egli impara più guardando che ascoltando, anzi, è soprattutto l’apprendimento indiretto, cioè l’esempio delle figure che lo accudiscono che lo condiziona, e sono le esperienze di vita dell’età prescolare che caratterizzeranno la formazione della sua personalità.

I bambini hanno bisogno del legame, del confronto con il genitore, delle relazioni sociali, dell’attività fisica, di esprimersi da un punto di vista psicologico e fisico sentendosi contenuti da un adulto in grado di fargli da guida, di dargli la mano quando serve e di dirgli “vai ce la puoi fare da solo” quando necessario.

Hanno bisogno di genitori-guida e non di genitori-paracadute, di adulti che non ammortizzano le cadute solo per egoismo od orgoglio personali, oppure perché si fa prima, perché è meno faticoso, perché non si ha voglia di discutere con il figlio…

Certo, è più impegnativo insegnare ad un figlio a volare con le proprie ali più che aprire il nostro paracadute emotivo con frasi tipo “ Lascia stare, faccio io, dai retta a me, ci penso io…”

Un figlio deve crescere con la consapevolezza di un legame stabile, di essere riconosciuto e accettato, di avere un porto sicuro che gli permetterà di partire, di osare, di sperimentarsi… perché sa che avrà dei pilastri su cui contare.

Ciò che invece tristemente vedo è che non si prende più in braccio un figlio per calmarlo, non ci si siede più con lui per farlo ragionare e capire cosa sta accadendo e di cosa ha bisogno, si dà uno smartphone, un tablet, una sorta di ciuccio digitale come calmante od ansiolitico.

E’ più facile, è più rapido, i bambini vengono anestetizzati davanti agli schermi e il genitore può fare i benemeriti affari suoi in santa pace.

Posso comprendere i casi straordinari di necessità, ma ciò che distrugge un figlio è la continuità, la sistematicità, non l’occasionalità. Oggi siamo arrivati anche a non far camminare più i figli, a non insegnargli neanche dove mettere i piedi.

O sono fermi davanti uno schermo, o sono dotati di scarpe con le rotelle, di hoverboard (gli skate elettrici) per cui si vedono bambini sfrecciare da soli e genitori che non si rendono conto dell’importanza di prendere la mano di un figlio e di camminare al suo fianco.

Il problema non è solo psichico, emotivo e di acquisizione di competenze psichiche, è anche fisico, mi trovo sempre più bambini che non sanno correre, saltare, andare in bicicletta, fare una capriola, che sono completamente scoordinati e non hanno il senso dell’equilibrio.

I bambini hanno bisogno di sporcarsi le mani e di sbucciarsi le ginocchia, di confrontarsi con gli altri coetanei, non solo con la tecnologia e con gli adulti. I piccoli non devono solo competere a chi è più bravo, più bello, a chi fa più cose, a chi è più talentuoso, a chi si mette meglio in posa, a chi fa i video e i selfie più belli e prende già tanti like sui social…

Hanno bisogno di litigare e di fare pace, di capire i propri limiti, di vivere l’amicizia reale, non quella virtuale, in cui gli amici sono un numero sui social, hanno bisogno di un contatto fisico, non di mandarsi i cuoricini su WhatsApp, hanno bisogno di colmare le distanze, di conoscere l’empatia e  di  vivere il rispetto.

Devono crescere sviluppando le capacità di problem solving e le capacità intellettive attraverso la sperimentazione, le prove e gli errori.

Se si vuole insegnare ad un figlio ad essere responsabile bisogna prima essere responsabili e comportarsi da genitore responsabile.

Inoltre ci si deve ricordare che “in motu vita est”, la vita è movimento. La staticità spegne, blocca e porta ad una morte psichica.

Affrontare la vita di petto e in maniera dinamica è il segreto per non ammalarsi e per non farsi schiacciare dagli eventi, anche se troppo spesso questi bambini non sanno neanche cosa sia la motivazione, la grinta, il credere in se stessi ed in qualcosa o qualcuno.

Non conoscono neanche il senso della fatica.

Rischiano di aver perso una partita in partenza, perché nessuno ha “perso tempo” ad insegnargli a giocare la loro partita.

Allora non gridiamo allo scandalo, non arriviamo sempre dopo per chiederci il perché, la famiglia deve essere una risorsa fondamentale nella crescita di un figlio da cui non si può prescindere ed è lì che dobbiamo investire se vogliano evitare di continuare a parlare di patologia, disagi e devianza e smetterla di essere il Paese del dopo, della pietà e dello scandalo, ma iniziare ad essere il Paese del prima…

 

Antonella Ferrari