GIZMODROME

Stewart Copeland? Mark King? Adrian Belew? Vittorio Cosma?

No, eh? E se dicessi: THE POLICE? LEVEL 42? KING  KRIMSON? PREMIATA FORNERIA MARCONI?

Questi sono i GIZMODROME.

Copeland alla batteria e voce, King al basso, Belew alle chitarre e Cosma alle tastiere e piano.

Disco divertente il primo lavoro omonimo della Super Band voluta da Cosma&Copeland, dove gli assoluti ottimi musicisti che arrivano da esperienze e generi diversissimi tra loro hanno potuto sperimentare in assoluta naturalezza ed istintività.

Ascoltando i pezzi del disco si nota innanzitutto l’amicizia che aleggia tra i quattro big e già dalle prime tracce è evidente in ogni passaggio come le performance nascano innanzitutto dal desiderio di intrattenere ed allietare.

Registrato a Milano nello studio “Officine Meccaniche” di Mauro Pagani (ex P.F.M. e produttore di molti big della musica italiana dalla Nannini, a Ligabue, ai Timoria etc…) GIZMODROME è un prodotto riuscito, un prodotto volutamente senza fronzoli dove emergono in modo evidente le assolute qualità dei singoli.

Gli appassionati di Mark King troveranno un unico vero pezzo dove è evidente la tecnica slap del bassista dei LEVEL 42: “Spin this”, pezzo molto intrigante. L’ascoltatore poi non deve spaventarsi per la voce che nel disco è quella dell’ex POLICE Stewart Copeland, anche questo fa parte del gioco  GIZMODROME.

Una vera chicca è la presenza di Elio (ELIO E LE STORIE TESE) nell’ultima track “Zubatta Cheve” che definisce bene lo spirito goliardico del disco. Cosma in una recente intervista afferma: “la mancanza di committenza ci ha reso liberi, è una situazione da amici, non da supergruppo col fiato dei manager sul collo.

GIZMODROME è un parco giochi per musicisti che suonano in libertà”.

TRACKLIST
01. Zombies in the Mall – (03:59)
02. Stay Ready – (04:01)
03. Man in the Mountain – (03:43)
04. Summer’s Coming – (03:30)
05. Sweet Angels (Rule the World) – (02:56)
06. Amaka Pipa – (03:39)
07. Strange Things Happen – (02:55)
08. Ride Your Life – (03:43)
09. Zubatta Cheve – (04:01)
10. Spin This – (06:09)
11. I Know Too Much – (03:47)
12. Stark Naked – (04:03)

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=yh6ivWu9SLw&w=640&h=360]

 

Perth




Immagini digitali sempre più di qualità

Una grande e sempre crescente parte di tutti i bit che circolano per le autostrade di internet è costituita da immagini digitalizzate di alta qualità.

Circa il 99,44% delle immagini sono elaborate solo per divertimento,giochi e altre cose indicibili,tuttavia io voglio rivolgermi a quel 0,56% che ne ha bisogno per il proprio lavoro e quindi vorrei fare una panoramica sui vari formati di immagini.

 A COSA SERVE IL FORMATO GIF

GIF( Grafic Interchange Format) si adatta perfettamente alla capacità dello schermo di un personal computer, non più di 256 colori in una immagine e in genere una risoluzione video di 640×480 oppure 1024×768 pixel.

Dozzine di programmi commerciali  possono leggere e scrivere i file GIF, in particolare UNIX , con il  sistema X Window consente l’uso di pacchetti di programmi gratuiti ma il più utilizzato è Image Magick.

UN PO’ DI STORIA

Alcuni anni fa ,alcuni esperti di fotografia digitale si riunirono e decisero che era giunto il momento di avere un formato ufficiale standard per le fotografie digitalizzate in quanto i formati esistenti non erano sufficientemente rispondenti alle esigenze.

Dopo diversi studi e discussioni nacque JPEG( Joint Photographic Experts Group) il cui formato era specifico per memorizzare fotografie digitalizzate a colori e in bianco e nero.

Il Joint Photographic Experts Group è il Comitato misto fondato da Jim Judkins .

Visto che stiamo parlando di immagini digitalizzate forse vi state chiedendo  se gli archivi on-line contengono anche fotografie diciamo un po’ « spinte », rassicuratevi, non esistono.

Questo per due ragioni di cui una politica : le società e le università che danno i fondi alla maggior parte delle  posizioni su internet  non sono interessate ad essere accusate  di occuparsi di pornografia ne a riempire i loro costosi dischi con immagini che nulla hanno a che fare  con qualsiasi lavoro legittimo.

C’è un simpatico aneddoto che racconta che presso un archivio di una nota università americana, quando le immagini di Playboy scomparvero, furono sostituite da un messaggio che diceva : se siete in grado di spiegare perché avete bisogno di queste immagini per una ricerca accademica saremo lieti  di inserirle nuovamente.

La seconda ragione è pratica perché c’è sempre qualcuno che crea una propria  collezione privata di immagini a luci rosse che vengono diffuse in un lampo e con lo stesso lasso di tempo spariscono.

 

Salvo Esposito




PERGOLESI & CARAVAGGIO: LA PROVOCAZIONE DELLA BELLEZZA

I miei studi classici di pianoforte non hanno fatto di me un bravo interprete e un bravo esecutore, soprattutto per due motivi: il primo è che dopo anni passati a suonare Bach, Wagner, Beethooven ho avuto la repulsione per lo strumento a corde più famoso al mondo ed il secondo è che sin da piccolo ho sempre desiderato fondare una Hard Rock Band, scrivere musica originale e passare finalmente alla mia passione: la chitarra elettrica, passione che coltivo tuttora.

Ad onor del vero devo ringraziare i miei genitori perché solo dopo anni ho capito quanto importante sia stato il sudore versato tra solfeggi e tasti bianchi e neri che ha suscitato una passione forte per la musica in genere e, a piccole dosi, anche per la musica classica.

Oggi apprezzo molto, oltre ai classici succitati, compositori straordinari come Stravinskji, Ravel, Debussy, Bartók e attuali come Ludovico Einaudi e l’amico Remo Anzovino (è fresco di stampa il suo nuovo album “Nocturne” che consiglio vivamente ai lettori di BetaPress.it; n.d.a.).

L’incontro più bello e commovente l’ho avuto però con Giovanni Battista Draghi detto “Pergolesi” (Jesi, 4 gennaio 1710 – Pozzuoli, 16 marzo 1736) ad una presentazione di un quadro del più grande pittore di tutti i tempi: Michelangelo Merisi detto il “Caravaggio” (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610).

Il quadro in questione era “La morte della Vergine” e la musica di sottofondo l’ultima opera di Pergolesi, lo “Stabat Mater” (Pergolesi morì a soli 26 anni di tubercolosi; n.d.a.).

L’affinità e la simpatia provata durante l’esposizione del quadro per il binomio Caravaggio-Pergolesi mi ha spinto a conoscere più a fondo i due artisti e le loro opere.

Di Caravaggio potrei scrivere per ore (pur non essendo un critico d’arte; n.d.a.), ma mi limiterò a parlare del quadro in questione e dell’ultima opera di Pergolesi e di quella strana corrispondenza tra una delle più grandi meraviglie del pittore lombardo e dell’immensa melodia gregoriana del compositore campano.

Non posso negare che “La vocazione di San Matteo”, che ho contemplato più volte nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, è il quadro che preferisco in assoluto del Caravaggio ma “La morte della Vergine” a mio avviso è qualcosa di sublime!

I capolavori di Pergolesi e di Caravaggio furono commissionati da ordini e confraternite religiose.

Ne “La morte della Vergine” si narra che Caravaggio abbia utilizzato il cadavere di una prostituta annegata nel Tevere qualche anno prima come modello per Maria.

Ci fu grande scandalo per il presunto squallore dell’opera che pareva non richiamare alla santità della Vergine, Caravaggio al contrario volle pensare ad un quadro in perfetto equilibrio tra religiosità, quotidianità e… provocazione!

Quella di Maria è una delle immagini morte più rivoluzionarie di tutta la storia dell’arte.

Diversamente da altre opere infatti, nella scena è assente ogni riferimento al sacro, e non c’è alcun indizio che possa suggerire il riconoscimento della Vergine.

Anche gli apostoli e gli altri protagonisti del quadro sono ritratti come dei semplici popolani, privi di aureola o di qualche particolare che li renda identificabili! Spettacolo!

Un tributo alla povertà non compreso dai Committenti (votati tra l’altro alla povertà; n.d.a.) ma soprattutto un messaggio fortissimo: la Madonna, secondo le testimonianze dei Vangeli morì anziana, guardando invece la donna ritratta di Caravaggio, sembra essere il contrario; una donna molto giovane simbolo della Chiesa immortale e con il ventre gonfio per simboleggiare la Grazia Divina che riempie la Vergine…un vero genio!!! Ma passiamo a Pergolesi, destino simile.

L’accusa maggiore, che fu mossa a Pergolesi dai suoi detrattori circa lo Stabat Mater, fu quella di aver musicato un testo sacro con una musica di carattere lirico e profaneggiante.

Per il compositore ci furono polemiche sia in patria che all’estero da parte di chi contestava che lo stile non fosse appropriato per una opera religiosa.

La provocazione di Pergolesi è di una bellezza e di una profondità uniche! Ogni strofa musicata della preghiera di Jacopone da Todi (la sequenza “Stabat Mater” è attribuita al religioso e poeta italiano Jacopone da Todi – III Secolo, venerato come beato della Chiesa Cattolica; n.d.a.) è affrontata con autenticità, schiettezza e profonda pregnanza, altro che profanazione! Stupore assoluto!

C’è una strana e piena sintonia tra i due capolavori del Caravaggio e del Pergolesi, una sintonia che mi ha colpito sin dal primo istante e che mi ha portato a riflettere sulla genialità dei due personaggi.

Vorrei invitare il lettore ad immedesimarsi con ciò che sto dicendo e, di fronte alle immagini del quadro del Caravaggio, con il sottofondo del componimento del giovanissimo Giovan Battista Pergolesi, verificare di persona quanto sia realmente palpabile la provocante Bellezza espressa dai due tra i più grandi talenti cui il nostro Paese ha dato i natali.

 

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Perth




Il Tennis è Cool

A Milano vanno in scena i migliori 8 under21 del circuito; in realtà sono 7 più 1, ovvero la wild card concessa alla nazione ospitante: Gianluigi Quinzi, 21anni, ha dimostrato di meritarsela, non solo con le qualifiche, ma anche per l’ottima prestazione del giovedì pomeriggio contro il sudcoreano Chung.

“The future is now” è lo slogan presente nel padiglione che ospita l’evento e, sicuramente, di futuro li dentro ce n’è: a partire dai dai giocatori, che nei prossimi anni, con tutta probabilità, si giocheranno master 1000 e saranno protagonisti nei tornei dello Slam, fino al format della competizione, totalmente innovativo.

Ci saranno spunti interessanti.

Chi conosce il tennis è abituato a set che finiscono al sesto gioco vinto, settimo in caso di tie break; invece qui vince chi arriva a 4, punto.

Le partite però, si giocano 3 set su 5 come a Flashing Meadows o a Wimbledon, e non 2 su 3 come nella maggior parte dei Tornei.

Se la palla colpisce la rete in battuta, non si ripete proprio nulla. Meglio che cada nel settore giusto dall’altra parte della rete!

D’altronde anche il caso, o meglio la fortuna, vuole la sua parte.

Scompaiono anche i vantaggi; quando si è pari è colui che batte a scegliere la direzione ma, la vittoria o la sconfitta nel game, si giocano sul singolo punto.

Addio dubbi o punti contestati, “l’occhio di falco” segue ogni dritto e ogni rovescio, non si perde nulla e, su uno schermo, proietta inesorabile tutti i “close call”, i punti dove la palla si avvicina pericolosamente alla linea.

La possibilità di interagire con il coach, il tempo tra un punto e l’altro, quello per il riscaldamento e tanti altri aspetti, rendono il gioco veloce, ricco di colpi di scena e particolarmente avvincente.

La location, con tanto di DJ che movimenta il pubblico, la scarica elettrica in occasione di Break Point, la presentazione della partita e dei giocatori proiettano gli spettatori in campo, a sentirsi parte dello spettacolo che sta andando in scena.

Ritornando al motto “the future is now”, è indubbio che il formato è molto congeniale a chi non gioca a tennis, e magari non è in grado di apprezzare il gesto tecnico; ma allo stesso modo con dei cambi così repentini di risultato, richiede al giocatore in campo, per vincere, di dover uscire al meglio da molte più situazioni “on the edge”; questo genera colpi spettacolari, stimolando ancora di più il rischio.

Non penso che il numero di games giocati nella media sia particolarmente diverso da una partita 2 su 3 arrivando a 6 ma, sicuramente, le possibilità di vincerla o perderla aumentano di molto. Invece, quanto sia un vantaggio poter scegliere dove battere, rispetto al rischiare di perdere un punto senza perdere il game, bisognerebbe chiederlo a quelli che battono a 200km/h e non tanto a quelli, come chi vi scrive, che arrivano a malapena di là dalla rete.

Il cronometro tra un punto e l’altro, e nel riscaldamento, sicuramente aiuta a tenere alto il ritmo, generando spettacolo. Spettacolo è la parola chiave.

Al contrario, poter parlare con il coach, a mio modesto parere, è un’opzione più affine agli sport di squadra e, in questo caso, lascia un po’ il tempo che trova.

Esperimento riuscito dunque, portare a Milano il grande tennis.

Un’ottima opportunità colta dall’amministrazione regionale, che tanto sta facendo per lo sport.

L’esperimento per quanto riguarda le regole sta facendo discutere quindi, indipendentemente dalle applicazioni future, ha vinto la sua piccola sfida.

Certo non riseco a vedere il nuovo format sui prati di Wimbledon ma a Milano tutti hanno visto che il tennis è “cool”.