Fattura Elettronica fra privati, troppo in fretta?

Il 2017 è l’anno in cui corre l’obbligo della fattura elettronica fra privati e imprese. E’ una scelta che riguarda anche gli stati membri europei che punta a un processo di digitalizzazione che ha lo scopo di favorire una maggiore semplificazione dell’interscambio commerciale tra privati e  a una trasparenza e monitoraggio della spesa  pubblica.

La fatturazione elettronica, già obbligatoria per le operazioni verso la pubblica amministrazione, il giorno 9 gennaio è ufficialmente prevista anche tra privati anche in Italia così come negli altri stati della comunità europea. 

Le categorie interessate sono: commercianti, artigiani e professionisti, supermercati e ipermercati e le aziende della distribuzione automatica. L’addio agli scontrini cartacei riguarda in particolare gli esercizi commerciali per i quali è prevista la possibilità di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati dei corrispettivi, in sostituzione degli obblighi di registrazione.

Ora le imprese ed i professionisti che vogliono fare fattura elettronica devono decidere a quale normativa aderire, tenendo presente che entrambe prevedono la trasmissione telematica dei dati di tutte le fatture elettroniche emesse e ricevute.

 

Le possibilità sono due:

  1. l’articolo 4, comma 1 del D.L. 193/2016 che prevede la obbligatorietà, infatti esso dispone che: “In riferimento alle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto effettuate, i soggetti passivi trasmettono telematicamente all’Agenzia delle Entrate, entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre, i dati di tutte le fatture emesse nel trimestre di riferimento e di quelle ricevute e registrate ai sensi dell’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ivi comprese le bollette doganali, nonché i dati delle relative variazioni. La comunicazione relativa all’ultimo trimestre è effettuata entro l’ultimo giorno del mese di febbraio”;
  2. l’articolo 1 comma 3 del D.Lgs 127/2015, che prevede l’opzione da esercitare entro il 31.3.2017 dispone: “Con riferimento alle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto effettuate dal 1° gennaio 2017, i soggetti passivi possono optare per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati di tutte le fatture, emesse e ricevute e delle relative variazioni, effettuata anche mediante il Sistema di Interscambio di cui all’articolo 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. L’opzione ha effetto dall’inizio dell’anno solare in cui è esercitata fino alla fine del quarto anno solare successivo e, se non revocata, si estende di quinquennio in quinquennio”.

 

Va tenuto presente che il contribuente che sceglie l’opzione n.2) elimina la previsione delle trasmissioni trimestrali contenuta nell’opzione n.1) che dispone anche dei particolari incentivi che prevedono in dettaglio:

 

  1. a) il contribuente che deciderà di esercitare l’opzione prevista dal D.Lgs 127/2015, potrà utilizzare il Sistema di Interscambio per scambiare le fatture elettroniche con i propri clienti e, così facendo, l’Agenzia delle Entrate acquisirà automaticamente i dati delle fatture;

 

  1. b) Il contribuente potrà quindi evitare in parte o in toto l’adempimento di trasmissione dei dati delle fatture;

 

  1. c) Il contribuente accederà ai benefici stabiliti all’articolo 3 del D.Lgs 127/2015, tra cui in particolare i rimborsi prioritari di credito IVA entro 3 mesi dalla dichiarazione IVA annuale, oltre alla riduzione di due anni dei tempi di accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate, qualora riceva ed effettui i pagamenti delle loro fatture emesse e ricevute in modalità tracciata;

 

  1. d) I contribuenti di minori dimensioni (fino a 200 mila euro di fatturato) saranno esentati dalla tenuta delle registrazioni obbligatorie IVA e dall’obbligo del visto di conformità IVA.

Probabilmente sarebbe stato meglio partire con un avvio graduale e progressivo, come avvenuto per la fattura elettronica verso PA.

In conseguenza di tale normativa è stato previsto che il Sistema di Interscambio, utilizzato già per la fattura elettronica PA, sia lo strumento attraverso il quale i soggetti privati si scambiano le fatture elettroniche tra soggetti privati (FeB2B).

Per facilitare l’applicazione dell norma relativa alla fattura elettronica, l’Agenzia delle Entrate ha aggiornato  il sistema di interscambio per consentire la trasmissione delle fatture elettroniche fra privati: la documentazione tecnica è stata aggiornata al 13 gennaio, con la correzione di una serie di specifiche precedentemente comunicate.

Tutto il materiale riguarda compilazione e invio fatture e corrispettivi in modalità telematica, con specifiche diverse per registratori telematici e distributori automatici. Sono tutte procedure operative messe a punto per l’entrata in vigore, dal 2017, degli incentivi per le fatture elettroniche fra privati previsti dal Dlgs 127/2015, attuativo della delega fiscale.  

 




EDDIE VAN HALEN

EDDIE VAN HALEN

 

10 ottobre 2004: matrimonio del sottoscritto (PERTH N.d.R. 😉 ).

La Chiesa (una delle più belle d’Italia): gli “Eremitani”, limitrofa alla “Cappella degli Scrovegni”, dove i capolavori di Giotto hanno segnato la storia del 1300 in Italia (e nel mondo!).

La festa a Villa Molin (sempre a Padova). 350 gli invitati, 35 i tavoli ed ognuno con un nome diverso, tutti chitarristi: il tavolo nr. 1 Tony Iommi (BLACK SABBATH), il 2 Kirk Hammett (METALLICA), il 3 Angus Young (AC/DC), il 4 Randy Rhoads (OZZY OSBOURNE), fino ad arrivare a Zakk Wylde (BLACK LABEL SOCIETY), passando per Jimmy Page (LED ZEPPELIN), Dave Murray (IRON MAIDEN), Jimi Hendrix (JIMI HENDRIX EXPERIENCE), Slash (GUNS N’ ROSES) e Ritchie Blackmore (DEEP PURPLE) fino ad arrivare a… EDDIE VAN HALEN! Il tavolo degli sposi! Il MIO tavolo! Uno dei chitarristi più grandi di sempre! Al suo nome è accostata la tecnica chitarristica del “tapping”.

Edward “Eddie” Lodewijk Van Halen comincia dal pianoforte, si accosta alla batteria ma è all’età di dodici anni che incontra il suo grande amore: la chitarra. Ama i CREAM di Eric Clapton, i BEATLES ed i LED ZEPPELIN.

Si racconta che il chitarrista dei futuri VAN HALEN abbia “creato”, per così dire, il tapping, proprio durante lo studio di un brano di Page e non riuscendo a farlo proprio, avrebbe cominciato a battere con entrambe le mani sulla
tastiera della chitarra, ottenendo quella serie di intervalli ampi e febbrili, di cui si dice che il musicista olandese sia stato l’inventore: il tapping appunto! Intorno al 1975, dopo l’incontro con il bassista Michael Anthony e con il cantante David Lee Roth, nascono i VAN HALEN, scoperti da Gene Simmons dei KISS che li mette in contatto con la WARNER. Nel 1978 esce il loro primo album, ad oggi il più bello della storia della band.

Si intitola semplicemente “VAN HALEN”, e contiene alcuni dei brani che hanno reso celebre Eddie, come “Eruption”, nel quale lo stile innovativo del tapping la fa da padrone.

Successo istantaneo! I VAN HALEN hanno cambiato cantante più volte (David Lee Roth, Sammy Hagar – MONTROSE, Gary Cherone – EXTREME) ma Eddie è stato, è e sarà sempre i VAN HALEN!!!

Leader di una band che mi ha ipnotizzato sin dai tempi di “Eruption”, capolavoro chitarristico di tutti i tempi, Eddie, campione di eccessi è il talento che più ha influenzato schiere di chitarristi dal 1975 in poi (e che, ribadisco con forza, ha ispirato il sottoscritto! N.d.a.).

Questa è una esternazione di Eddie… non serve dire molto di più: “Se io sono un “dio” – come dite voi – della chitarra, mio figlio sarebbe Gesù, giusto? Ciò significa che nel prossimo tour cammineremo sulle acque”.

Signore e signori: Eddie Van Halen!

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=A2I0a7EwWa8&w=640&h=480]




Quando la casa è l’ultima spiaggia

“ L’économie du couple “, è il titolo originario del film “ Dopo l’amore “ del regista belga quarantenne Joachim Lafosse che, arrivato al suo settimo lungometraggio, mette ancora una volta al centro delle sue ricerche, la famiglia, luogo di tragedie maturate quotidianamente.

Il film, presentato nella sezione Quinzaine des réalisateurs dell’ultimo Festival di Cannes, ci racconta la storia, tanto universale quanto banale, di una coppia in crisi dopo 15 anni di vita in comune.

Marie ( Bérénice Béjo ) e Boris ( Cédric Kahn ) si stanno separando, nonostante la nascita di due gemelle. 

La casa è di lei, che ha un lavoro e proviene da una famiglia benestante, mentre lui ha difficoltà economiche, trova solo lavori saltuari, non ha la possibilità di trasferirsi altrove.

L’abitazione è un appartamento open space, a piano terra con giardino, un ambiente luminoso, con parquet di legno chiaro, arredato con mobili antichi e sedie moderne.

Ma proprio questa casa diventa sempre più uno spazio claustrofobico, il luogo in cui si consuma la fine di un amore, l’ambiente in cui si svolge il dramma borghese di una coppia arrivata a fine corsa.

L’abilità del regista emerge qui: nel raccontare la fine di una storia, in cui, i due protagonisti, sono chiusi in un interno che ne amplifica il conflitto.

 Marie e Boris cercano di trovare i propri spazi e di rivendicare i propri diritti in una casa ancora in comune.

Un tempo, questo ambiente era luogo di affetti domestici (che ancora ritornano nei balli e nei canti delle bimbe).

Ora, è diventato solo il domicilio coniugale della coppia, obbligata alla coabitazione, in attesa del divorzio.

E’ uno spazio ristretto (pochi piani sequenza tutti all’interno dell’appartamento), in cui implode il loro amore, giorno dopo giorno.

I due litigano sul valore della casa: la casa è di chi l’ha comprata o di chi l’ha rinnovata raddoppiando il valore?

 Dunque, prima di tutto, si litiga per i soldi.

Troppo spesso, in una coppia, il denaro diventa il mezzo migliore per dominare l’altro, un ricatto economico per controllarlo, per imporgli la propria volontà, ma anche un ricatto psicologico per far pagare all’altro il fallimento della relazione.

 I due, però, pur trovando, ogni giorno, l’argomento casa su cui litigare, sanno bene che la ragione del litigio è altrove.

Infatti, il loro è anche uno scontro sociale: il conflitto di classe tra Marie, donna borghese, benestante che ha comprato la casa con i soldi ricevuti in eredità dal padre e Boris, proletario che ristruttura appartamenti con un lavoro fisico.

Ma, il loro conflitto è pure scontro caratteriale, tra lei, rigida ed antipatica e lui, inaffidabile ed inattendibile.

La loro problematica vita quotidiana è una continua guerra psicologica tra l’autorità di lei, che stabilisce regole, e la trasgressione di lui, che le viola volontariamente per rivendicare la sua libertà.

Lui si sente umiliato dall’incapacità di mantenere la famiglia, lei è sempre di pessimo umore e non sopporta neanche più la vista dell’uomo che aveva tanto amato.

Così, nelle discussioni economiche, i rancori, i fastidi e le intolleranze di Marie si scontrano con la vita meno strutturata di Boris.

Lei non sopporta i comportamenti infantili del marito e lui non perdona alla moglie di averlo lasciato.

Inoltre, il loro collasso coniugale diventa smacco genitoriale, perché nonostante il comune sforzo di salvaguardare le bambine, i due coniugi abdicano al loro ruolo ogni volta che consumano in diretta, dentro quella casa, sotto gli occhi delle figlie, la fine del loro amore.

La rappresentazione dei due protagonisti è sublime e porta lo spettatore in quella zona d’ombra in cui implacabilmente, dopo l’amore, si arriva allo scacco di una relazione, al disamore di una coppia che non sa più accordare i propri sentimenti, regolare i propri conti.

Sulla scena si alternano le responsabilità genitoriali nei confronti delle figlie (che sfidano la mamma ed il papà e li invitano a dimenticarsi per il tempo di una canzone ) con le tenerezze intermittenti di una coppia che fatica a sciogliersi, con i rancori costanti di due individui armati dalle debolezze dell’altro.

Il regista tratteggia i difetti ora dell’uno, ora dell’altra, senza però mai prendere posizione.

Né, altrettanto, lo spettatore riesce a scegliere da che parte stare, perché, in ognuno di noi, abitano sia Marie che Boris. Volutamente, nell’economia della coppia, il bilancio è pari: nessuno dei due ha torto, entrambi hanno ragione. Lei gli rinfaccia di aver dovuto mantenere la famiglia per 15 anni per gli scarsi introiti di lui.

A questo punto, lui le rinfaccia il lavoro, il tempo e più di tutto l’amore, impiegato nella ristrutturazione della casa.

Nessuno dei due vuole cedere, rivendicando il contributo alla creazione di un legame che ormai si è trasformato in rabbia, quella di aver perso tempo con una persona che non si sopporta più.

L’economia di coppia è dunque un sistema complesso, in cui la valutazione delle quote di proprietà della casa, diventa stima dei ruoli rivestiti.

Cedere sulla casa è lasciare all’altro tutto quello che quella casa ha rappresentato per sé.

Così, Lafosse, termina il suo film con un finale aperto e all’aperto, che fa respirare ambiente e personaggi, un accidente che determinerà una presa di coscienza provvidenziale per Marie e Boris.

” Dopo l’amore” infatti si conclude con una memorabile scena di commiato, in cui il “vi vorremo sempre bene” di Marie ed il “ forse non ci separeremo, rimarremo tutti insieme qui “ di Boris, lascia nello spettatore la speranza o, forse l’illusione, che non sia finita del tutto, per sempre.

 

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Cyber Psicologo e la privacy

Nelle recenti elezioni che si sono svolte  in USA che hanno indicato  Trump nuovo presidente e che hanno visto la Russia di Putin  mettere  un hacker malefico con lo scopo di « avvelenare » lo svolgimento democratico della campagna politica.

Trump ha ammesso : «Penso che dietro l’hackeraggio della campagna presidenziale americana ci sia la Russia ma anche altri paesi, per questo «in campo informatico creeremo una task force» «Abbiamo unito le sei migliori menti per creare un muro contro gli hacker. I democratici non hanno saputo difendersi». «L’incontro con l’intelligence era confidenziale- ha aggiunto – è una disgrazia, vergognoso che quelle informazioni siano state violate e  divulgate.

Questi accadimenti ci insegnano che le nostre vite digitali corrono un serio rischio, i pirati della rete attaccano sempre più le falle della nostra negligenza nel proteggere il nostro « sistema operativo » umano. I fatti sopra citati ci insegnano che esistono azioni di manipolazione del patrimonio digitale che comprende anche dati sensibili e personali.

La Commissione Europea ha proposto una serie di riforme per migliorare la tutela dei dati personali per cittadini e imprese fra cui la tutela dei metadati e norme semplificate sui cookie.

E’ stata pubblicata una nuova proposta per aggiornare il vecchio quadro normativo sulla privacy nelle comunicazioni elettroniche, che risale ormai alla Direttiva 2002/58/CE che peraltro si applica soltanto agli operatori Tlc tradizionali.

La nuova direttiva Privacy entrerà in vigore entro il 25 maggio del 2018 e oggi la Commissione ha proposto un giro di vite sulla protezione dati delle chat di messaggistica r dei social come WhatsApp, Skype, Facebook, Messenger, Gmail, Viber e iMessage che dovranno sottostare alle medesime regole in termine di protezione dati degli operatori Tlc.

Il nuovo regolamento proposto dalla Commissione introduce l’obbligo del consenso per il trattamento di qualsiasi dato personale online.

In particolare, la Commissione propone che siano protetti sia il contenuto delle comunicazioni (siano esse via chat, email o telefonate internet-based), sia i ‘metadati’ come durata della chiamata o localizzazione, che dovranno essere cancellati se l’utente non dà il consenso all’utilizzo.

Vengono poi semplificate le regole sui ‘cookies’, visto che oggi l’utente deve dare il consenso all’utilizzo ogni volta che apre un nuovo sito web. Con le nuove regole ci sarà invece un modo per settare di default, sul browser, il livello di protezione desiderato, per evitare di dover rispondere alle numerose richieste. La proposta chiarisce poi che non serve consenso per quei cookies non intrusivi della privacy, come quelli che servono a migliorare l’esperienza di internet (ad esempio, quelli grazie ai quali un sito ricorda lo storico dei tuoi acquisti).

 

Pur condividendo la necessità di proteggere i consumatori, ritengo che “la Normativa vigente per la protezione dei dati fornisca già un quadro sufficiente sia dal punto di vista della neutralità tecnologica sia dal punto di vista dell’orientamento al futuro.

E ancora: “Il regolamento finale dovrà tenere  conto dei nuovi servizi e che tutti i provider siano soggetti alle stesse regole. Se non si superano le attuali inconsistenze e restrizioni agli operatori , in Europa sarà preclusa la possibilità di espandere la scelta dei consumatori e di offrire nuovi servizi competitivi ai cittadini”. Tanto più che gli sforzi economici per la realizzazione delle nuove reti 5G sono in capo alle telco, chiosano ETNO e Gsma.

Il 92% degli europei ritiene importante mantenere la riservatezza delle e-mail e dei messaggi online. Tuttavia, la vigente direttiva Privacy si applica unicamente agli operatori di telecomunicazioni tradizionali. Le norme in materia di riservatezza si applicheranno d’ora in poi anche ai nuovi operatori che forniscono servizi di comunicazione elettronica – ad esempio WhatsApp, Facebook Messenger, Skype, Gmail, iMessage, Viber.

Tutti i cittadini e le imprese nell’UE potranno godere dello stesso livello di protezione delle comunicazioni elettroniche. Anche le imprese trarranno vantaggi da un unico corpus di norme applicabili in tutta l’UE.

La riservatezza sarà garantita sia per i contenuti sia per i metadati delle comunicazioni elettroniche (ad esempio, l’ora della chiamata e il luogo). Entrambi hanno una forte componente di riservatezza e, secondo le norme proposte, dovranno essere anonimizzati o eliminati in caso di mancato consenso degli utenti, a meno che non siano necessari, ad esempio per la fatturazione. Una volta ottenuto il consenso al trattamento dei dati relativi alle comunicazioni (contenuti e/o metadati), gli operatori di telecomunicazioni tradizionali avranno maggiori opportunità di utilizzare i dati e fornire servizi aggiuntivi.

Ad esempio, potranno produrre mappe di calore per indicare la presenza di persone di cui potranno avvalersi le autorità pubbliche e le imprese di trasporto nello sviluppo di nuovi progetti di infrastrutture.

E’ prevista la semplificazione della cosiddetta “disposizione sui cookie”, che ha dato luogo a un numero eccessivo di richieste di consenso per gli utenti di internet. Le nuove norme permetteranno agli utenti di avere un maggiore controllo sulle impostazioni, consentendo di accettare o rifiutare facilmente il monitoraggio dei cookie e di altri identificatori in caso di rischi per la riservatezza.

La proposta chiarisce che il consenso non è necessario per i cookie non intrusivi che migliorano l’esperienza degli utenti (ad esempio, quelli che permettono di ricordare la cronologia del carrello degli acquisti). Il consenso non sarà più necessario per i cookie che contano il numero di utenti che visitano un sito web.

Saranno  vietate  le comunicazioni elettroniche indesiderate, indipendentemente dal mezzo utilizzato, ad esempio email, SMS e, in linea di principio, anche chiamate telefoniche se gli utenti non hanno dato il consenso.

Gli Stati membri potranno optare per una soluzione che conferisca ai consumatori il diritto di opporsi alla ricezione delle telefonate a scopo commerciale, per esempio mediante la registrazione del loro numero in un elenco di nominativi da non chiamare. Gli autori delle telefonate a scopo commerciale dovranno mostrare il proprio numero telefonico o utilizzare un prefisso speciale che indichi la natura della chiamata.

Anche se le norme sono molto incisive sulla protezione dei dati personali e della privacy è meglio metterci molta attenzione anche da parte nostra.

Per proteggersi dagli attacchi  di hackeraggio sempre di più si consolida la tendenza  di avvalersi della consulenza di specialisti conosciuti anche come «  psicologi dell’informatica » che hanno il compito di raccogliere informazioni sul soggetto preso di mira , setacciando i profili dei social ma anche utilizzando telefonate presentandosi come appartenente di un call center di una ditta con la quale effettivamente abbiamo sottoscritto un contratto oppure fingendo di dover fare un sondaggio.

I più esposti ai furti di dati personali sono gli uomini che a differenza delle donne sono più disponibili a rinunciare alla riservatezza  pur di conquistarsi qualche « like ».

In ultima analisi la mia raccomandazione è quella di ribadire l’importanza di proteggere se stessi e la privacy altrui diventando più consapevoli e informati  riguardo agli scambi di informazioni che si condividono sui social media  e installare sui propri device software efficaci per la sicurezza.

Nella mia funzione di « psicologo informatico » è mia abitudine, nello svolgere attività consulenziale, trasferire al mio interlocutore le cinque regole fondamentali che sono anche le « top della sicurezza ».

  • Ignorare false e-mail che contengono link che reindirizzano su pagine web truffaldine
  • Diffidare dei messaggi di mittenti sconosciuti, controllare bene anche quelli inusuali provenienti dai contatti della rubriga
  • Stare attenti ai messaggi con allegati che spesso sono virali
  • Tenere sempre presente che tutto ciò che viene pubblicato online è potenzialmente accessibile anche dai criminali del web
  • Analizzare messaggi che annunciano una favolosa vincita oppure a messaggi di ragazze che offrono il loro amore

Spero di avere fornito informazioni importanti per la protezzione delle « vite digitali »

 




I FAVOLOSI ANNI 70

I FAVOLOSI ANNI 70

 

Questo mio articolo nasce da un dialogo con un caro amico rocker che, proprio oggi è diventato papà del secondogenito Antonio.

Quale migliore dedica ed augurio….

AUGURI NINNO!!!

Difficile stilare un elenco di artisti italiani ed internazionali che hanno solcato il decennio 71-80: i favolosi anni ‘70.

Ne citerò alcuni tenendo presente che molti di essi (alcuni ahimè, sono deceduti proprio lo scorso anno; n.d.a.) sono giunti seppur malconci fino ai giorni nostri.

In Italia Lucio Battisti, i Pooh, Fabrizio De André, Antonello Venditti, Matia Bazar, Adriano Celentano, Mina, Francesco De Gregori, Premiata Forneria Marconi, Roberto Vecchioni, Lucio Dalla, Riccardo Cocciante, Claudio Baglioni, Renato Zero, Angelo Branduardi, hanno imperversato con motivi che, parlavano di amore, di pace ma anche di politica e di ribellione fino a giungere (soprattutto per i cantautori; n.d.a.) alla vita dell’uomo comune con i suoi problemi e le sue conquiste.

In Inghilterra e negli States la facevano da padroni Elton John, David Bowie, The Who, Bee Gees, Roxy Music, Emerson, Lake & Palmer, Bob Dylan, Jim Croce, The Queen, Chicago, Mike Oldfield, Donna Summer, Carlos Santana, Fleetwood Mac, Rod Stewart, John Travolta & Olivia Newton John con lo splendido musical Grease fino ad arrivare ai Sex Pistols di Never Mind the Bollocks e a tutte quelle band che hanno rinnovato il Rock’n’Roll iniziandoci ai generi più duri.

Gli anni ‘70 infatti sono stati anni in cui si sono definiti nuovi generi, o meglio in cui si sono perfezionate le sfumature che dalla metà dei ’60 in poi hanno rotto gli argini che stringevano gli stili definiti alla fine del decennio precedente.

Molto complesso analizzare i cambi epocali dal punto di vista musicale e, tralasciando il nostro paese che ha generato, a mio avviso, poche novità di rilievo nel decennio preso in esame (tranne alcune band legate soprattutto al Rock Progressivo e stimatissimi a livello internazionale per l’alta qualità tecnica dei componenti: PFM, Banco del Mutuo Soccorso, Area, Le Orme etc. n.d.a.), mi limito a citare alcuni esempi di artisti e band oltre manica e oltre oceano che fanno parte della mia storia e che non ho mai negato essere a me molto care.

Partirei dal maestro Jimi Hendrix che proprio nel decennio in questione ha ridisegnato un nuovo modo di fare blues, facendo parlare, piangere e lamentare il suo “ferro”, donando una potenza tutta nuova alle solite scale pentatoniche minori (le tipiche scale blues; n.d.a.).

Bisognerà attendere i primi anni ’80 con Edward Van Halen per trovare un cambiamento “epocale” nel modo di suonare la “sei corde”, ma di questo “mostro sacro” parleremo in modo esclusivo nelle prossime settimane.

Altre Band hanno tracciato le nuove strade ed i nuovi sound dei “settanta”: i Deep Purple, “accusati” di aver creato l’Hard Rock, i Led Zeppelin che hanno “frullato” assieme Rock’n’Roll, Soul & Rock Blues donandoci ritmiche e sonorità inconfondibili ed emulate ancor oggi da centinaia di Band, i Black Sabbath, iniziatori dal punto di vista sia musicale che a livello lyrics di quello che secondo molti diventerà Black/Gothic Metal e secondo chi vi scrive dell’ottimo Hard Rock. Ed ancora: Jethro Tull con l’introduzione del flauto traverso nella classica formazione basso/chitarra/batteria tipica del Rock, i mitici ZZ Top, capaci di innovarsi di album in album fino ad arrivare agli anni ’80 con un sound arricchito con synth e tastiere e capaci con il loro South Rock Blues di conquistare intere generazioni di audiofili, ed ancora i Kiss che con il loro Rock melodico ed il favoloso make-up facciale che, pur influenzando dal punto di vista estetico band “mascherate” come Slipknot, Lizzy Borden e pure il chitarrista Wes Borland (Limp Bizkit) hanno creato un fenomeno difficilmente ripetibile.

Poi ci sono i Boston, gli Asia, i Kansas, i T-Rex, i Nazareth, Iggy Pop, Alice Cooper, i mitici Motörhead, artisti che hanno a volte innovato a volte confermato ma in modo originale le linee di Rock’n’Roll derivate dagli anni ’60, per non parlare infine degli sperimentatori quali King Crimson, Van Der Graaf Generator, i già citati Emerson Lake&Palmer, Caravan e Camel etc.

La particolarità di quegli anni è stata proprio l’innovazione!

La musica negli anni ’70 ha avuto una dignità ed un peso artistico che oggi, stretta tra “social” e “talent”, purtroppo è inimmaginabile.

Voglio soffermarmi sugli AC/DC (sono di parte è vero! Avevo 7 anni quando ascoltai la prima song della band australiana – She’s Got Balls; n.d.a.) ai quali si deve la creazione del “muro del suono” con le chitarre dei fratelli Young unite ad un potentissimo basso/batteria ed un cantato stridente e aggressivo che proprio a partire dai primi anni ’70 hanno lasciato una impronta personalissima ed indelebile al Rock Blues in 4/4 che è arrivata fino ai nostri giorni. Chi poi non conosce i versi e l’interpretazione scenica basati sullo stereotipo del “ragazzaccio” vestito da scolaretto del mitico Angus Young alzi la mano!

Forse sono il gruppo musicale con più fans al mondo, emblematica la vicenda di un noto Dj che, pensando di avere risposte favorevoli durante un evento di musica “Techno” disse: “AC/DC? …una delle band più supervalutate della storia del Rock”. Evidente l’immediata reazione del “suo” pubblico, figuriamoci fosse stato un pubblico di “rockers”!

Caro lettore vorrei lasciarti con un famoso brano (presente nella versione australiana ma non in quella mondiale; n.d.a.) tratto dall’ indiscusso capolavoro del 1976 “Dirty Deeds Done Dirt Cheap”: Jailbreak.

Buon ascolto e viva i Seventies!!!

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=TXXO9_3gb3o

 

 

perth




KRISTEN PFAFF

KRISTEN PFAFF

 

Mi colpì molto la morte di Kristen Pfaff per overdose da eroina e mi chiesi allora (e mi chiedo ancor oggi) cosa spinse una bella, brava e talentuosa ragazza a distruggersi con la droga!

Morì a Seattle, patria del Grunge, il giorno del mio compleanno circa una ventina di anni fa: il 16 giugno 1994.

Passionale bassista degli Hole, (la cui frontwoman fu niente po’ po’ di meno che Courtney Love, moglie di Kurt Cobain dei “Nirvana”; n.d.a.), polistrumentista, compositrice e grande genio musicale, Kristen diede un esclusivo e vitale contributo alla forza creativa della band imponendo sin da subito un cambio di rotta nel groove e nella composizione (alcuni dicono che senza di lei Courtney & Co. non avrebbero avuto il benché minimo successo; n.d.a.).

La morte di Kristen avviene a pochi mesi dalla scomparsa di Stefanie Sargent, chitarrista della band di Seattle “Seven Year Bitch”, Andrei Wood, cantante dei “Mother Love Bone”, entrambi uccisi dall’eroina e circa dieci settimane dopo il suicidio del marito della Love, Kurt Cobain, che abitava (curiosa stranezza!) a poche miglia dalla residenza della Pfaff.

Kristen nacque a Buffalo NY il 26 maggio 1967, dopo il diploma nel 1985, andò per poco all’Università di Boston prima di ricevere una borsa di studio per studiare in Olanda. Dopo essere tornata negli Stati Uniti si trasferì a Minneapolis frequentando l’Università del Minnesota.

Dopo la laurea, Kristen decise di perseguire una carriera musicale a Minneapolis formando subito un trio chiamato “Janitor Joe”, con lei al basso/voce, Joachim Breuer alla chitarra e Matt Entsminger alla batteria.

Nel dicembre del 1992 registrarono il loro album di debutto, intitolato ”Big Metal Birds”. Nel 1993 divenne bassista degli “Hole” ma Kristen all’inizio era esitante a lasciare Minneapolis, e la sua famiglia e gli amici pensarono che unirsi agli “Hole” non fosse una buona idea, poiché Kristen era interessata a produrre buona musica, meno ad apparire in oltraggiosi titoli di giornale.

Si trasferì comunque a Seattle (che in quegli anni aveva più dipendenti da eroina di ogni altra città del mondo; n.d.a.) e, forse incoraggiata proprio da alcuni membri degli “Hole”, iniziò a perdersi nelle droghe.

La sua permanenza negli “Hole” fu breve ma intensa, fu lei ad apportare un nuovo sound che permise il vero cambio di rotta della band ed il loro lancio planetario.

Ma la stancò molto il rapporto controverso con Courtney Love, ed infine Kristen prese la decisione di abbandonare la “vita senza senso delle droghe” che conduceva a Seattle e andarsene dalla band: quando morì aveva accanto la valigia pronta per tornare a Minneapolis.

Suo padre, Norm Pfaff disse allo Star Tribune di Minneapolis: “Kristen era a Seattle solo per la musica, non era interessata ai soldi o alla fama o a niente di tutto questo, ha risentito della perdita della libertà che arriva salendo su per la scala”.

Kristen non riuscì mai ad abbracciare i cliché della star, era interessata solo alla musica!

E di questo Courtney era molto invidiosa, la voleva infatti “assoggettata a lei in tutto”… ma non voglio addentrarmi in giudizi sulla Love che sono assolutamente personali.

Una triste fine quella di Kristen, resa ancora più triste da un fatto: nessuno dei membri degli “Hole”, eccetto la batterista Patty Schemel, espresse sincero dolore per la sua morte, come disse suo padre: “Poteva essere la morte di Kristen o che qualcuno perdesse l’autobus”.

Vi dico un’ultima cosa: che una giovane donna, valente musicista e di profonda cultura se ne sia andata nel peggior modo possibile è una disgrazia che mi addolora ma che Kristen possa essere ricordata solo come “la bassista tossica morta” degli “Hole” è una cosa che mi fa incazzare!

Kristen… che Dio ti abbia in gloria!

 

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=2mT6rLgwUz8&w=640&h=480]

 

perth




Tullio De Mauro, quando una lingua è a colori

Tullio De Mauro, quando una lingua è a colori…

 

 

Addio, caro Tullio, scusa la confidenza, ma mi sembra di averti sempre conosciuto.

Appena ho saputo della tua morte, ho pensato che veniva a mancare una STELLA della cultura italiana e che, per curioso caso del destino o per paradosso linguistico, ci hai lasciati appena dopo fenomenologie come Maria Stella, Gelmini… ed in piena epoca di una ministra riscaldata e neppure laureata, ma nemmeno esperta di scuola.

 Tutti e tre avete ricoperto il prestigioso ruolo di ministro della Pubblica Istruzione, ma con qualche “piccola differenza”…

Coscritta di tuo figlio, ho studiato linguistica all’università, proprio sulla tua traduzione di Saussure.

Ed allora, ancora non capivo come questa materia scolastica potesse essere scienza sociale e passione civile al contempo.

In quegli anni, tu m’insegnavi che una piena padronanza della lingua italiana è un elemento indispensabile alla vita intera di una società moderna, ma da studentessa non mi era proprio chiaro…

 Poi, sono andata in classe, ed ho capito quanto davvero lo studio della lingua deve concretizzarsi in una missione di civiltà.

Il tuo ideale di lingua della Costituzione italiana, precisa, nitida nella sintassi e trasparente nel lessico, ”Parole di tutti e per tutti”, come tu eri solito ripetere, mi rendeva sempre più consapevole del mio ruolo di insegnante.

Intanto, da vero addetto ai lavori, continuavi ad insegnarmi da linguista, da professore universitario e da ministro dell’istruzione, che tutti gli insegnanti dovrebbero essere concordi nel riconoscere il primato della linguistica nell’educazione scolastica.

Per te le scuole erano, ed avrebbero dovuto essere, il terreno dove occorre far maturare negli allievi una piena consapevolezza dei mezzi linguistici e la capacità di un loro uso appropriato. Per te, solo un’elevata competenza linguistica avrebbe assicurato un’adeguata cultura.

Ed inoltre, lo studio linguistico avrebbe supportato lo sviluppo della società e delle sue forme produttive.

Vale a dire che i livelli di istruzione realmente incidono sullo sviluppo economico di un’area geografica. Dunque, per te, solo riconoscendo la centralità dell’educazione linguistica a livello nazionale si sarebbero potuti raggiungere alti livelli di istruzione individuali e collettivi e rendere un paese produttivo e competitivo.

Ma, come si suol dire…” Dal dire al fare, c’è di mezzo il mare…”.

 In classe, ho misurato sul campo che cosa significa l’analfabetismo funzionale, cioè come i miei alunni, immersi nelle nuove tecnologie informatiche, sono più analfabeti dei loro nonni…

Infatti, essi sono nipoti dei primi alunni obbligati ad andare a scuola.

I loro nonni erano alunni dell’immediato  secondo dopoguerra.

I loro nonni erano studenti negli anni ’50, in cui il 60% degli adulti era privo di ogni istruzione e solo il 18% degli Italiani, compreso i toscani ed i romani, usava l’italiano anziché il dialetto.

Erano alunni che avrebbero scoperto come il sopraggiunto obbligo di istruzione di base assicurasse e confermasse lo sviluppo economico italiano. Infatti, nei favolosi anni ’60, tali alunni avrebbero verificato di persona che il boom economico era intrecciato alla crescita del livello di istruzione delle classi giovanili.

Dunque, la diffusione della conoscenza e dell’uso effettivo della lingua italiana era garanzia di un’affermazione sociale e di un impiego lavorativo.

E così, il “saper leggere, scrivere e far di conto “, era riscatto sociale e vantaggio economico… E fin qui tutto bene.

 Poi, però, è arrivata la scuola dei genitori dei miei alunni, periodo in cui il 95% della popolazione italiana, finalmente, raggiungeva il prezioso traguardo dell’uso dell’italiano nel parlare.

Anni in cui, tra Berlinguer che ti precedeva e Moratti che ti seguiva nel tuo mandato di ministro della pubblica istruzione, qualcosa iniziava a vacillare e tu già parlavi di analfabetismo funzionale.  da vero profeta, già segnalavi che parlare in italiano anziché in dialetto, non corrispondeva ad una sicura ed estesa padronanza lessicale e competenza testuale, che parlare in italiano non vuol dire conoscerlo, e se manca l’abitudine alla lettura, non ci può essere l’abilità di scrittura…

Ed arriviamo all’ epoca della nostra buona scuola, dove il 40% della popolazione è impreparata o si trova in penose difficoltà di fronte al compito di leggere o di produrre un testo articolato sul piano sintattico.

 Sapessi quanto è amaro, verificare ogni giorno, nell’esercizio della mia professione di insegnante, che gli alunni usano google traduttore anziché il vocabolario, che la maggior parte di loro non ama leggere, che le loro famiglie preferiscono acquistare l’ultimo smartphone che un classico della letteratura.

Ho capito che la cultura è libertà, ma che l’orientamento politico italiano degli ultimi trent’anni va in direzione contraria.

Infatti, i tagli degli investimenti nella scuola hanno abbassato la qualità del servizio fornito.

Ho imparato, vivendo dentro la scuola, che il carosello di riforme scolastiche degli ultimi governi, ha portato sempre più le risorse pubbliche e private lontano dall’istruzione.

Insomma, che i miei alunni patiscono per le scelte politiche delle ultime assurde riforme, e che l’orientamento della spesa familiare è riflesso delle scelte politiche in atto.

Dunque, caro Tullio, tu hai sottolineato la centralità dell’educazione linguistica e l’importanza dell’investimento nell’istruzione ai fini dello sviluppo economico di una società.

Tu hai rimarcato il fine prioritario di dotare ogni persona degli strumenti espressivi, conoscitivi ed operativi necessari a muoversi nello spazio sociale.

Tu hai perseguito in tutta la tua vita l’ideale civile di rendere ogni italiano che parla e scrive in italiano, un vero cittadino e non un suddito o un privilegiato.

Peccato che le cose siano andate un po’ diversamente, che la carente alfabetizzazione degli italiani degli anni ’50 –’60 , abbia lasciato il posto all’analfabetizzazione di ritorno della nostra  epoca, periodo in cui le nuove tecnologie rimandano ancor più fortemente alla “necessità di leggere e scrivere molto”…

I miei alunni, abili nella competenze oculo-manuali, giocano con il cellulare, ma  non sanno parlare, scaricano da internet  una valanga di dati che non sanno analizzare, impiegano un gergo tribale svuotato di ogni senso, dove l’unico significato è far parte del gruppo.

E di fronte all’ invito a leggere e studiare seriamente, mi girano un post pieno di strafalcioni semantici dell’ultimo idolo televisivo che , ignorando l’ impiego dei congiuntivi, partecipa con successo ad un reality o grida nei talk-show e soprattutto, “guadagna un pacco di soldi, mica come lei, prof…”

 

 

 

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antonella




Impresa 4.0

IMPRESA 4.0,

ovvero Industria 4.0, più in generale mi riferisco alla quarta rivoluzione industriale  con l’insieme di nuove tecnologie impiegate lungo l’intera filiera produttiva: la definizione di processi aziendali che rappresentano anche la base di ricerca e sviluppo.

Mentre gli altri paesi si sono già inseriti in questo contesto, l’Italia deve ancora attivarsi tant’è che occupa l’undicesimo posto dopo la Germania, seguita da Svezia, Irlanda, Lussemburgo, Finlandia, Danimarca, Regno Uniti, Francia, Austria, Paesi Bassi.

Dalla piccola azienda a quella di grandi dimensioni l’innovazione tecnologica offre la possibilità di potenziare il proprio business grazie al supporto di nuove competenze ma soprattutto permette un riposizionamento sul mercato a favore di una maggiore capacità competitiva.

L’innovazione implica un confine sempre meno netto tra i processi e i servizi, il costo non sarà più la discriminante,  la differenza la  faranno altri valori come la personalizzazione,la qualità e la capacità di innovarsi costantemente, oltre al ruolo strategico  che la digitalizzazione può avere in termini di sostenibilità ambientale.

Una serie di tecnologie digitali sono arrivate a maturazione : Internet, Cloud, nuove interfacce uomo-macchina, robot collaborativi più facili da gestire, la possibilità di poter collegare in maniera molto più semplice di prima le risorse produttive, macchine con macchine. La connettività diffusa  a basso costo, la capacità di memorizzare enormi quantità di dati ( Big Data) a costi ragionevoli, costituiscono quella che è stata definita la “ Rivoluzione Digitale  4.0”.

Le tecnologie arrivate oggi  a maturazione consentono di avere fabbriche e aziende molto più efficienti, basta pensare all’impatto sul rapporto con il cliente e quindi l’incidenza su tutto il ciclo produttivo, progettazione,produzione, commercializzazione.

L’apertura di nuovi scenari di business, come ad esempio la capacità  di generare profitti da servizi “continuativi” più che dalla vendita “one shot”.

Per quanto fin qui descritto è positivo che il governo italiano ha varato un piano sostanzioso pari a 13 miliardi di investimento pubblico attraverso benefici fiscali che agiscono nel breve periodo per consentire alle imprese di cominciare a investire dal 1° gennaio 2017, a medio e lungo periodo  con azioni riguardanti la formazione e la ricerca.

L’industria 4.0  si prepara ad un momento epocale e la sfida alla quale è chiamata consiste nell’integrazione  tra le differenti tecnologie delle quali le aziende sono in realtà già in pieno possesso .

Chi non perderà il “ treno della rivoluzione digitale”  intesa come riorganizzazione dei processi produttivi e formulazione di nuove strategie di business, sarà in grado di far fronte alle richieste  del mercato globale. 

La rivoluzione in atto sicuramente sfocerà in un fenomeno dalla forza d’urto analoga alle precedenti  rivoluzioni industriali succedutesi negli ultimi secoli a livello mondiale. 

Non si tratta di una singola tecnologia ma un intreccio sistemistico  che attraversa la rete internet ove ciascuna di esse sfrutta la piattaforma di lancio per innovazioni differenti a secondo dell’interesse emergente. 

Senza dubbio la questione è anche culturale e oserei dire che oggi le aziende  hanno il dovere  di assimilare  una mentalità nuova  e iniziare a considerare la produzione come un flusso integrato anziché  una sequenza di fasi separate tra di loro, maggiore  è la dimensione della azienda , più lento e progressivo sarà  il passaggio al modello di industria  4.0.

 

Qual è  il grado di conoscenza  dell’innovazione 4.0 delle piccole e medie imprese?

Una indagine  del Politecnico di Milano  riporta che più di un terzo delle imprese italiane  dichiara di non conoscere  il tema  “Industry 4.0” ( in dettaglio il 32% delle grandi imprese e il 48% delle  Pmi), ma vi è comunque quasi il 30% delle oltre 300 imprese analizzate che ha all’attivo tre o più applicazioni di nuove tecnologie .

Considerando l’innovatività delle tecnologie  e la complessità di implementazione, oltre alla crisi economica degli ultimi anni, il quadro italiano  può avere una lettura positiva , però per accelerare  la crescita è necessario uscire dalla fase sperimentale che caratterizza la maggior parte dei progetti per passare all’applicazione diffusa ed estendere i progetti anche a settori oggi meno attivi  e soprattutto alle imprese medio-piccole  che rappresentano la ricchezza reale  del tessuto industriale italiano.

4.0 – Curiosità  nel mondo

Siamo a Lisbona all’evento più importante per chi lavora  nella tecnologia e nel digitale. La città portoghese ha accolto  in tre giorni oltre 53mila partecipanti, 15mila aziende e start-up, oltre 7mila CEO provenienti  da 166 paesi.

Girando tra gli stand c’erano colossi come Facebook,Google,Twitter e Microsoft ma anche start-up emergenti con  idee innovative e sorprendenti. Settori dall’ecommerce, fitness,musica, salute, data analytics. L’era del desktop e del web mobile  sembrano ormai tramontare  per lasciare spazio ad ogni sorta di applicazione , sempre più innovativa ,user friendly.

Sono state presentate alcune innovazioni come: assistenti robot, sensori contapassi, tecnologia Key-tracking.

Una startup ha sviluppato un  personal trainer digitale che analizza l’esercizio quotidiano e fornisce un feedback su misura. Altra novità consiste in un dispositivo bluetooth che può essere collegato a chiavi,  portafogli e passaporto. Tale applicazione emette un segnale acustico quando ci si avvicina agli oggetti smarriti.

Sono stati presentati robot in grado di dialogare come umani e con gli umani  e sostituirli in molte mansioni ordinarie, dall’assistenza  telefonica ai clienti alla guida di un veicolo, si tratta di aiutanti concepiti per aiutare  persone con mobilità ridotte.

Nell’era del 4.0 è possibile proteggere le mail aziendali?

La mail è diventato lo strumento di lavoro più utilizzato  sia dalle piccole che dalle grandi aziende che proprio attraverso  la posta elettronica  veicolano un enorme quantitativo di informazioni per contatti con altre realtà per progetti da sviluppare  o per cercare di valorizzare nel business il proprio know how.  

La  mail o la PEC( Posta Elettronica Certificata) ormai rientrano, per il loro contenuto, nella valutazione dei rischi  nel trattamento dei dati aziendali   e quindi rientrano nei processi di tutela delle informazioni e dei dati personali. 

Di recente  è stato reso applicabile il regolamento Ue  che riguarda la violazione dei dati personali e aziendali  e che prevede l’adeguamento alla normativa  da parte delle aziende che devono innanzitutto far dialogare meglio le funzioni interne e soprattutto chi avrà un ruolo chiave nell’organizzazione deve essere consapevole  ed  identificare  le aree di maggiore  sensibilità in termini di know how , business e rapporto con i clienti, fare una analisi dei rischi  al fine di valutare  l’adeguamento del livello di sicurezza.  

 Non dimentichiamo che le aziende non avranno le capacità necessarie (e indispensabili) per avere successo nell’era digitale se non prenderanno in seria considerazione la trasformazione dei propri dipendenti.

 La trasformazione digitale sta rimodellando mercati e settori produttivi e compito del management è di conseguenza quello di intercettare le forze innovatrici e “distruttive” che si dirigono verso il centro del ciclone e scaricarne a terra i benefici a vantaggio di tutta l’organizzazione.  

 

salvatore salvo esposito