Beatrice Antolini: musica, cuore e anima.

“La musica ? Una questione di cuore e anima”: Beatrice Antolini si racconta a Rockography.  (Photo by Alejandro Joaquin)

Allora Beatrice, partiamo dalle origini: la tua passione per la musica viene da molto lontano, considerando che hai suonato il tuo primo strumento musicale, un pianoforte, all’età di tre anni. Da dove nasce la tua passione per la musica ?
“Più che una passione, a farmi avvicinare così piccola al mondo della musica credo che sia stata una necessità, una vocazione, un modo di essere: non ho ricordi di me da bambina senza strumenti musicali in mano. Già da piccolissima, come hai detto tu, avevo qualche strumento in casa, e già allora cominciai a scrivere dei pezzi: avevo una grande curiosità verso tutto ciò apparteneva a questo mondo.”

La tua formazione nel mondo delle arti è stata anche come attrice (Scuola di Teatro Colli, Bologna, ndr); hai inoltre frequentato l’Accademia delle Belle Arti e il conservatorio (sempre a Bologna, ndr). Quanto è stato importante per la tua crescita personale e professionale avere conseguito una formazione così ampia all’interno del mondo artistico ?
“È stato importante tutto: ciascuno dei miei percorsi mi ha lasciato qualcosa che ha contribuito a farmi crescere sia livello professionale, sia a livello personale. Ricordo, ad esempio, che quando frequentavo la scuola di teatro, spesso scrivevo delle musiche per gli spettacoli. Allo stesso modo però, sono state importanti le situazioni non “istituzionali”, ossia tutte quelle cose che non mi hanno portato ad avere nessun diploma o nessuna qualifica: l’aver suonato qualsiasi genere musicale in qualsiasi situazione, dal punk fino alla musica da camera, credo che mi abbia dato la possibilità di aver vissuto tante vite da un punto di vista artistico, arricchendomi molto. Oltre a quello che ho fatto da sola, anche le collaborazioni con altri artisti hanno avuto per me, e lo hanno tutt’ora, un grande significato: in questo caso, non c’entra più quello che faccio io da solista, in quanto divento una musicista al servizio degli altri, e mettermi al servizio di altre persone, vedere se sono contente del contributo che posso dargli, è veramente bellissimo. La mia vita artistica è stata, ed è tutt’ora, molto variegata.”

Qual è stato il punto di svolta della tua carriera artistica ?
“Parto con una premessa: credo che parlare di carriera in Italia, in questo periodo storico, sia sbagliato; per i tempi che corrono, è molto difficile riuscire ad affermarsi. A questo proposito, non amo il termine “emergente”, con il quale vengono definiti gli artisti che non sono più di tanto famosi a livello mainstream: emergente è qualcuno che inizia a fare qualcosa, non è un artista che crea qualcosa da qualche anno e magari con discreti risultati. Mi piacerebbe che, in questo contesto, venisse utilizzato meno il termine “sommerso”, proprio perché è molto difficile, al giorno d’oggi, riuscire ad emergere; se poi un artista riesce a farlo, può darsi che la sua notorietà duri quel tanto che basta per farlo poi sprofondare nel dimenticatoio. Detto questo, per rispondere alla tua domanda, credo che il disco più importante per me sia stato A due, che mi ha portato a fare circa ottanta date live in un anno. Ricordo che per me fu un bel periodo (era il 2008, ndr), molto stancante ma allo stesso tempo molto appagante.”

Proprio come te, molta della critica di settore ha ritenuto il tuo album A due un punto di svolta, ma non pensavo che fossi contraria a parlare di carriera.
“In generale, quando pensiamo ad una carriera nel senso classico del termine, siamo portati a pensare a quest’ultima come se fosse una continua ascesa, intervallata magari da alcuni picchi, positivi o negativi, verso il successo. Adesso, in ambito musicale, non è più così: puoi produrre qualcosa che porta il tuo nome ad essere sulle pagine di tutti i giornali, per poi, come detto prima, essere poco dopo dimenticato da tutti. Credo che un artista, oggi, debba essere sempre in grado di ricrearsi e di pensare a se stesso in termini innovativi: è molto difficile pensare di vivere con una carriera esclusivamente da solista, perlomeno nell’ambito della musica alternativa, che è quello nel quale mi trovo ad operare io. Visto che lavoro ogni giorno perché voglio che ciò che sogno e ciò che desidero si realizzi, sono disposta a “mutare”, a cambiare, a continuare a fare i miei dischi facendo anche altro.”

C’è una cosa che mi ha affascinato molto del tuo percorso artistico, cioè la scelta di promuovere proprio il tuo secondo album, A Due, attraverso il progetto liveCASTour: tramite questa piattaforma, hai diffuso in rete un concerto a porte chiuse, che è stato distribuito in 8 clip destinate ad 8 portali generalisti. Come mai una scelta così non convenzionale per promuovere l’album ?

“Decisi di seguire questa strada con la mia etichetta discografica di allora. La paternità dell’idea non è mia, ma di Michele Faggi della rivista indie-eye, che è stato sicuramente innovatore e influente per quanto riguarda l’aspetto promozionale online: all’epoca (2008, ndr), quando lo sviluppo digitale non era ai livelli di cui fruiamo oggi, si è inventato qualcosa che dopo, nel mondo del web, ha fatto scuola.”

A Febbraio è uscito il tuo sesto album, L’AB, interamente prodotto e composto da te. Che cos’è L’AB per Beatrice Antolini ?
L’AB vuol dire tante cose per me. Sicuramente, L’AB significa laboratorio, che può essere rappresentato fisicamente da questa stanza, dove ho composto e prodotto interamente il cd (nel suo studio posto al piano inferiore di casa sua, ndr). L’AB è anche un laboratorio di ricerca interiore, di miglioramenti interiori: io credo che la spinta delle persone, in generale, debba andare verso il prossimo, cercando di fare tutte quelle piccole cose che, facendo bene a se stessi, possano fare bene anche agli altri. Cerco quindi di essere ogni giorno una persona migliore, e il mezzo attraverso il quale provo ad esprimere questa mia aspirazione ed ambizione è la musica; è, di fatto, il frutto di un grosso lavoro che ho fatto, e sto facendo tutt’ora, su me stessa. Ma L’AB è anche un’analisi, senza giudizio, della realtà di oggi: ecco perché ho deciso di mettere, nella copertina del mio album, una rappresentazione simbolica della femminilità, ridotta in questo caso a parentesi e puntini, che richiamano, a loro volta, il linguaggio delle emozioni ridotte a simbolo, come nel caso delle emoticons, che semplificano una realtà molto complessa da descrivere: io penso che le persone abbiano delle emozioni molto variegate e sfumate, e certi strumenti che possiamo utilizzare oggi per veicolarle agli altri, non sempre sono all’altezza per esprimere tutto ciò che abbiamo dentro. L’uomo è in continua mutazione, e con L’AB ho voluto fare una fotografia parziale alla realtà.”

Come mai la scelta di fare tutto da sola per quanto riguarda la produzione dell’ultimo cd ?

“Io ho prodotto tutti e sei i miei cd da sola, anche se questo non l’ho mai detto chiaramente, per paura di poter passare da presuntuosa e chissà cos’altro agli occhi degli altri. La mia direi quindi che non è stata una scelta: lavoro nel mondo della musica come produttrice e compositrice, ed è quindi per questa vocazione che ho deciso di produrre, oltre che comporre, tutti i miei cd. Al giorno d’oggi, essere produttori significa anche trovare un sound innovativo adatto alle diverse circostanze: molto spesso è ciò che fa la differenza fra un album prodotto bene e un album prodotto male. Di fatto, è ciò che ho cercato di fare con L’AB: adottare un suono che potesse essere innovativo rispetto ai tempi correnti.”

C’è un brano che mi ha particolarmente colpito di L’AB, ed è il brano Insilence (In silenzio, ndr), all’interno del quale affermi l’importanza del silenzio come strumento di difesa del proprio io rispetto alla società nella quale viviamo. Come mai ritieni il silenzio un’arma così importante e preziosa ?
“C’è una cosa che non ho mai detto, e che voglio dire adesso: fin da piccola, mi sono sempre chiesta il motivo per cui la gente tende a riempire i silenzi di parole, per evitare di creare quella situazione che i più definirebbero, probabilmente, di imbarazzo. Ho sempre pensato, in risposta a queste situazioni, che a volte sarebbe bello guardarsi semplicemente in faccia, oppure interagire senza parlare, come magari siamo portati a fare con gli animali; al perché l’uomo tenda a comportarsi diversamente, ad oggi non saprei ancora dare una risposta, ma posso certamente dirti che nel silenzio ci si può immergere senza aver paura. Insilence racchiude in se tutto questo, ed è anche la canzone “risolutrice” dell’album, in quanto si trova in apertura, ma in realtà è il pezzo che, razionalmente, “risolve” appunto tutto il mio lavoro: alla fine dei giochi, forse in se stessi si può trovare una via per vivere bene anche in una società come la nostra. C’è una soluzione, e la soluzione è Insilence, uno strumento più che mai prezioso per poter trovare la propria pace interiore.”

A proposito delle tue collaborazioni a cui accennavi poco prima, quanto pensi che siano state importanti per la tua carriera ? Qual è quella che ti ha lasciato qualcosa in più rispetto alle altre ?

“Le collaborazioni più belle che ho fatto sono state quelle con artisti di caratura internazionale: collaborare con Lydia Lunch Ben Frost è stata un’esperienza pazzesca. Un’altra che rientra in questa categoria, e che posso definire senza dubbio la più importante per la mia carriera, è stata l’ultima arrivata in ordine di tempo: collaborare con Vasco Rossi è stato, oltre ad un grandissimo onore, una delle esperienze lavorative in cui mi sono sentita più a mio agio.”

All’interno delle tue produzioni artistiche, misceli diversi generi musicali: dal pop classico all’elettronica, dal funk al rock progressivo. Chi è oggi, musicalmente parlando, Beatrice Antolini ?

“Una che non ha mai pensato ai generi. Tutti quelli ai quali sono stata accostata mi piacciono, e anzi, chi più ne ha più ne metta: tendiamo sempre ad etichettare, ma a me piacciono talmente tante cose nella mia vita che, racchiudere in una sola definizione tutto quello che faccio, mi fa sentire a disagio. Per esempio, non ho mai scelto uno strumento nel quale specializzarmi: non ho mai avuto le palle di decidere cosa suonare, e quindi ho deciso di suonare un po’ di tutto. Così, non potrei andare avanti con la mia ricerca e le mie sperimentazioni se decidessi di abbracciare un solo genere: visto che nella mia musica sono io, per potermi esprimere al meglio devo rifarmi a più generi, e L’AB, da questo punto di vista, ne è senza dubbio una perfetta sintesi.”


Come vedi il panorama musicale attuale ? È più difficile di un tempo riuscire ad emerger o i social media, ed internet più in generale, hanno messo nelle mani di aspiranti cantanti un’occasione mai vista prima per affermarsi ?

“Io penso che dietro a questi progetti che stanno dominando il panorama musicale contemporaneo, fatti di pochi singoli ma con un’immagine curata al dettaglio del cantante piuttosto che della band, ci sia sempre un investimento, un’organizzazione: non penso che sia tutto così casuale come sembra. Vedo delle cose, soprattutto nel rap, di altissima qualità, che è difficile pensare di improvvisare o di autoprodurre se si è estranei a certe tecniche. Di questo, ne sono anche contenta, così noi italiani possiamo arrivare al livello di produzione musicale di alcuni paesi esteri, che è veramente eccezionale. Tutto questo, non succede però in tutti i generi musicali: per esempio, in uno stile a cui mi sento particolarmente vicina, la musica alternativala tendenza della produzione non va affatto in questa direzione purtroppo, anzi. Se qualcuno sfrutta con l’artista le possibilità offerte dai nuovi mezzi di comunicazione, si schiudono delle possibilità mai viste prima per quanto riguarda la promozione di se stessi e delle proprie opere, ma, voglio ribadirlo, non credo affatto che alcune cose, ad esempio alcuni video, possono avere una qualità eccelsa se girati in autonomia nella propria cameretta.

In Italia, al di là del fattore promozione, resta il fatto che è una lotta fare dischi, a meno che un artista non decida di compromettersi, cosa che io non ho mai fatto.”

Ho letto in una tua passata intervista che, secondo te, gli artisti dovrebbero essere degli intellettuali. Tu ti ritieni un’intellettuale ? Cosa pensi, al riguardo, dei tuoi colleghi ?

“Ad essere sincera, non credo di aver mai detto una cosa del genere, anche perché penso proprio il contrario. Non solo non penso che per fare gli artisti si debba essere intellettuali, ma più vado avanti con l’età e l’esperienza, e più penso che bisogna andare oltre l'”intellettualismo”: ciò che conta veramente è saper rappresentare la realtà, perché questo è il compito che ogni artista ha, o quantomeno dovrebbe avere. Credo che la musica sia più un discorso di cuore e di anima.”

Tornando ai tuoi lavori, qual è l’album, e qual è il singolo, ai quali ti senti più affezionata ?

“L’album a cui sono più affezionata è probabilmente Big Saloon, che è stato il mio primo disco, nato peraltro come demo, che è quello che mi ha aperto porte molto importanti. Sono particolarmente legata a questo cd anche perché, quando lo ascolto, mi sento come se mi guardassi allo specchio: ogni volta, mi rendo conto che alcune cose che avevo allora non ce le ho più, mentre ne scopro continuamente di nuove dentro me stessa. Io non ho la passione di collezionare fotografie, ma devo dire che i miei album, fissando nel tempo un determinato momento, mi regalano l’emozione di riscoprire, di volta in volta, ciò che ancora mi porto dietro e ciò che invece non fa più parte di me: ascoltare Big Saloon, da questo punto di vista, è l’esperienza più introspettiva che io possa a fare. Come brano, invece, è più difficile sceglierne uno: posso citarti Planet, del mio terzo album Bio Y, che, senza nemmeno saperti spiegare bene il perché, riesce a mettermi in collegamento con qualcosa di celeste, di non terreno.”

Quali sono, per concludere, i tuoi progetti futuri a livello artistico ?
“Intanto, spero di riuscire a riprendere in mano la promozione di L’AB, che ho dovuto interrompere per andare in tour con Vasco, e spero di riuscire a farlo il prima possibile. Oltre a questo, sono arrivata ad un punto in cui sento il bisogno di cambiare e di provare qualcosa di nuovo, cercando di fare qualcosa, a livello musicale, che non ho mai fatto prima. Penso proprio che L’AB chiuderà un ciclo, sia mio personale, sia riferito al percorso artistico cominciato a suo tempo con Big Saloon: ho voglia di dedicarmi a cose diverse.

A Settembre dovrebbe uscire il vinile di L’AB: darò notizie più certe tramite i miei social quando ne avrò anche io.”

 

 




Chi siete, da dove venite, quanti siete, cosa portate?: un Fiorino!

Siamo alle solite, l’ottusa incapacità di ascolto della politica ci ricorda la bellissima scena di “non ci resta che piangere”  in cui era palese l’ottusa e unicamente mirata ad in interesse economico capacità di ascolto delle “istituzioni”.

Un Fiorino, indipendentemente da tutto.

Anche oggi ci sembra che sul tema della vicepresidenza delle scuole italiane o dei primi e secondi collaboratori che dir si voglia, si stia ragionando alla stregua di un fiorino.

I Governi fino ad oggi non hanno non solo ascoltato le giustissime lamentele di presidi e vicepresidi ma hanno fatto orecchie da mercante per gestirsi i propri meschini interessi al prezzo della cultura dei cittadini del loro stesso paese.

Ma non solo i governi, ma anche i sindacati e le organizzazioni parasindacali, in questi ultimi vent’anni non hanno dato la minima importanza ad un ruolo quello del vicepreside che invece è ruolo fondante delle realtà scolastiche sul territorio.

 Un diritto calpestato ignorato dallo Stato definisce da solo uno stato non etico e non democratico; certo ci viene in mente il film “chi ha incastrato Roger Rabbit”, dove la bella Jessica diceva “non sono cattiva, mi dipingono così”, anche lo Stato oggi sembra dire non sono cattivo mi dipingono così, ma caro il mio Stato, se ignori i diritti, o addirittura li cancelli (come nel caso dei diplomati magistrali), che Stato puoi mai essere…

IO ho un sogno, uno stato etico, dove non servano sindacati o associazioni para qualcosa, ma dove lo Stato etico difende il suo cittadino, sia che sia lavoratore o imprenditore, dirigente scolastico o primo collaboratore, docente o bidello, assistente amministrativo o tecnico, IO ho un sogno, uno stato in cui la priorità sia la cultura e l’educazione, ove i ragazzi crescano nella cultura e nel rispetto di tutti, non nella soverchieria e nella dominazione, dove il bullismo sia solo un racconto di fantasia, dove il futuro sia da costruire e non da temere, IO ho un sogno, uno Stato che investa nei suoi cittadini e non che li ritenga tutti dei delinquenti, con delle leggi che partano dal presupposto che tutti  hanno dei diritti, non che tutti hanno dei doveri, IO ho un sogno, che i nostri studenti trovino una scuola professionale ed educante, che li prepari al futuro, con una classe educativa che sia preparata e orientata al bisogno dei ragazzi, IO ho un sogno, vorrei vedere la scuola come strumento di crescita dei giovani nella libertà, IO ho un sogno, che non vi sia più solo la libertà di insegnamento, ma anche quella di imparare.

Credo che il mio sogno sia condiviso da molti, credo che la realtà sia in fondo un insieme di sogni passati e presenti, e che il futuro sia possibile solo se nel nostro cuore continui a dimorare il sogno di una scuola che formi, trasformi, educhi ma sopratutto accompagni i ragazzi nelle prime fasi della loro vita.

Chi sogna di notte dorme, chi sogna nella vita è un costruttore di futuro.

E noi siamo convinti che esistono ancora dei sognatori, nonostante le continue cattiverie del mondo, le piccolezze dell’uomo, gli sbagli dello Stato e di tutti i para qualcosa, i sognatori costruttori di futuro esistono, e Noi li difendiamo a spada tratta, come si deve difendere un’idea quando si è convinti, come si deve difendere un amore, un affetto, come si deve difendere il diritto di tutti ad avere un futuro.

Ecco i nostri amici di Ancodis, che sognano ancora come noi, per costruire un futuro equo per le nuove generazioni.

Chi difende un diritto a favore degli altri e per il futuro dei giovani troverà sempre spazio su queste pagine.

___________________________________________________________________________________________

COMUNICATO STAMPA del 03 agosto 2018

 ANCODIS: da vicepreside a “Collaboratore principale”.

Una evoluzione semantica che non corrisponde

ad una innovazione giuridica. Preferiamo la seconda!

 

Fino al 2001 c’erano i docenti incaricati di collaborare con il Direttore Didattico o il Preside (i Collaboratori e tra questi il Vicepreside) ai sensi dell’art 7 comma h del D.Lgs 297/94, poi divenuti docenti individuati dal DS (Collaboratori del DS e tra questi il 1° Collaboratore) con il ben noto D.Lgs 165/2001 all’art. 25, comma 5; successivamente si fa riferimento ai Collaboratori del DS all’articolo 1, comma 83, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (collaboratori fino al 10% dell’organico dell’autonomia): in tutti i casi si tratta di docenti che coadiuvano il DS in attività di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione scolastica.

Oggi apprendiamo dell’esistenza tra i Collaboratori di una nuova figura: il “Collaboratore principale” (fonte ANP del 2/8/2018).

Chi sarebbe in effetti? L’ex Vicepreside, l’ex 1° Collaboratore, cioè quel docente che in ogni Istituzione scolastica svolge mansioni delegate dal DS di rilevante importanza necessarie all’organizzazione ed alla gestione del servizio scolastico.

All’innovazione semantica, purtroppo, ancora oggi NON corrisponde la più importante e cioè l’innovazione dello status giuridico che per noi Collaboratori dei DS è il TEMA preminente per portare il nostro modello di gestione scolastica nei ranghi dei moderni sistemi europei.

Nel sistema scolastico italiano si inventano nuovi acronimi e si introducono nuovi termini ma non si alza lo sguardo ad un modello di governance che deve tenere conto di tutte le competenze e le figure OGGI indispensabili a tale compito.

Si tratta di tre anelli strettamente connessi che si chiamano DS, DSGA, Collaboratori del DS (1°- 2° – Fiduciari di Plesso). Dobbiamo avere la consapevolezza che l’anello dei Collaboratori sta di fatto tra il DS ed il DSGA: tutti CONCORRONO in sinergia ed in sintonia – sulla base di ruoli, mansioni e responsabilità – alla organizzazione del servizio scolastico che certamente per alunni e genitori si esplica nella qualità dell’Offerta Formativa.

Sappiamo bene – nessuno può negarlo – che senza un’adeguata gestione ed organizzazione dell’Istituzione scolastica (oggi un sistema complesso con molti plessi da gestire, qualche centinaio di docenti da coordinare ed alcune centinaia anche migliaia di studenti da gestire, istruire ed educare, progetti didattici ed extradidattici di inclusione e di integrazione, ASL, sicurezza, privacy) non è facile garantire una qualità dell’istruzione e della formazione dei nostri alunni.

Questa è la domanda: si vuole procedere in questo riconoscimento del terzo anello – sulla base di procedure trasparenti e condivise, fondate sull’esperienza e sulle competenze maturate in anni di quasi “gratuito servizio”, con tempo dedicato alla formazione specifica oppure si vuole continuare a restare ancorati ad una visione la cui innovazione si esplica soltanto nel lessico?

Quello dei Collaboratori, ed in particolare del “Collaboratore principale”, è un compito delicato ed impegnativo che richiede tempo e dedizione, spirito di servizio e tanta passione, in TUTTE le scuole italiane!

Occorre riconoscerlo senza reticenze né pregiudizi!

Per essere chiari e per dare riscontro a quanto affermato riportiamo un esempio di incarico del DS al “1° Collaboratore o principale” lasciando a chi legge ogni opportuna valutazione:

Il docente 1° Collaboratore – su delega – sostituisce il DS in caso di assenza o impedimento per periodi brevi, esercitandone le funzioni anche negli Organi collegiali, redigendo atti, firmando documenti interni, curando i rapporti con l’esterno;

  • Garantisce la presenza in Istituto, oltre l’orario contrattuale e secondo le necessità organizzative – anche nei mesi di luglio ed agosto – per il regolare funzionamento del servizio scolastico, assicurando la gestione della sede, controllando le necessità strutturali e didattiche, riferendo al dirigente sull’andamento;

  • Collabora con il Dirigente scolastico per la formulazione dell’ordine del giorno del Collegio dei Docenti e ne verifica le presenze durante le sedute;

  • Predispone, in collaborazione con il Dirigente scolastico, le presentazioni per le riunioni collegiali;

  • Svolge la funzione di segretario verbalizzante delle riunioni del Collegio dei Docenti, in collaborazione/alternanza con il docente secondo collaboratore;

  • Collabora nella predisposizione delle circolari e ordini di servizio;

  • Autorizza i permessi brevi personale docente e gestisce le modalità di recupero;

  • Predispone il servizio scolastico in caso di assenza di uno o più docenti;

  • Raccoglie e controlla le indicazioni dei responsabili dei diversi plessi;

  • Collabora con il Dirigente scolastico per questioni relative a sicurezza e tutela della privacy;

  • Si occupa dei permessi di entrata e uscita degli alunni;

  • Partecipa alle riunioni di staff indette dal Dirigente scolastico;

  • Collabora alla formazione delle classi secondo i criteri stabiliti dagli organi collegiali;

  • Cura i rapporti e la comunicazione con le famiglie;

  • Partecipa, su delega del Dirigente scolastico, a riunioni presso Uffici/Enti esterni;

  • Segue le iscrizioni degli alunni;

  • Fornisce ai docenti materiali sulla gestione interna dell’Istituto;

  • Collabora alla predisposizione del Piano annuale delle attività, del Piano di miglioramento, del Rapporto di autovalutazione, del PTOF;

 

Svolge altre mansioni con particolare riferimento a:

  • Vigilanza della disciplina e controllo del rispetto del Regolamento di istituto;

  • Organizzazione interna (gestione alunni, supplenze brevi, accoglienza supplenti);

  • Gestione dell’orario scolastico;

  • Controllo dei materiali inerenti l’organizzazione: verbali, calendari, circolari;

  • Organizzazione di scrutini, esami e riunione di dipartimenti;

  • In caso di assenza del DS, è preposto alla sicurezza nella Sede centrale.

Il docente 1° Collaboratore, in caso di assenza del DS, è delegato alla firma dei seguenti atti amministrativi:

  • atti urgenti relativi alle assenze e ai permessi del personale docente e ATA;

  • atti contenenti comunicazioni al personale docente e ATA;

  • corrispondenza avente carattere di urgenza con l’Amministrazione regionale, provinciale, comunale, con altri enti, Associazioni, Uffici e con soggetti privati;

  • corrispondenza avente carattere di urgenza con l’Amministrazione del MIUR centrale e periferica;

  • richieste di intervento forze dell’ordine per gravi motivi.

Il suddetto docente sarà retribuito, giusta contrattazione d’Istituto, con i finanziamenti a carico del Fondo per le attività aggiuntive previste per le collaborazioni col Dirigente Scolastico.

Rappresentanti delle Istituzioni, MIUR, OO.SS. volete riconoscere giuridicamente e contrattualmente tutto questo lavoro svolto nell’interesse ed a favore delle nostre Istituzioni Scolastiche?

Non possiamo non evidenziare, inoltre, che in moltissime scuole il suddetto 1° Collaboratore spesso si trova a dover essere impegnato in attività di insegnamento, deve allontanarsi dalla classe creando un disagio ai propri alunni, al personale di sorveglianza ed – in caso di assenza prolungata del DS – si trova in condizioni ancora peggiori quasi al limite del danno didattico!

Si capisce, quindi, che per queste ragioni non si può più rinviare il dibattito sul riconoscimento giuridico di TUTTI i Collaboratori e sull’esonero – tra di essi – del Collaboratore principale.

 E’ urgente trovare una soluzione giuridica che davvero ponga in essere quelle scelte  innovative per la scuola italiana.

“Se non si vuole che il prossimo anno scolastico sia ancora segnato da un’ulteriore difficoltà ed associato agli inconvenienti organizzativi derivanti da una distrazione del legislatore, è assolutamente necessario correre ai ripari. Quale sia la misura più efficace ed idonea da assumere è decisione che appartiene a chi ha la responsabilità di governo; ma che essa sia indifferibile è sotto gli occhi di tutti” (Giorgio Rembado, 14/7/2015).

 

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma