Aldo, una vita per 25 euro

Doniamo una voce a chi una non l’ha: Buon Natale a tutti gli  Aldo il Clochard!

 

Una Palermo rischiarata dagli addobbi di Natale, la gente che riempie i negozi in cerca di sorprese da mettere sotto l’albero per rendere felice i propri cari, folle che si radunano ai piedi di un teatro Massimo addobbato da una cascata di piante per immortalare l’attimo attraverso una foto; nessuno si ferma, è tutto un via vai alla costante ricerca di futili oggetti.

Accanto alle vetrine ai limiti della sussistenza c’è un’altra realtà, quella di chi per sopravvivere rovista nei cassonetti, quella di chi passa le notti al gelo con uno zaino contenete tutto il loro mondo, quella che noi non vediamo perché la nostra vita corre in fretta e non abbiamo tempo per volgere gli occhi verso chi accantonato in un angolo della strada sta lì con lo sguardo perso nel vuoto.

Uno dei tanti invisibili è Aid Abdellah, da tutti conosciuto come Aldo, il senzatetto di origini francesi trovato senza vita sotto i portici di piazzale Ungheria a Palermo.

Il suono della sua armonica allietava i passanti che a lui porgevano pochi spiccioli; nella sera di domenica il ricavato era di circa 25 Euro, questa è la somma che gli è costata la vita.

Aldo è stato ucciso perché un ragazzetto qualunque ha ben pensato di rubargli i suoi soldi.

Ai commercianti e alle signore che spesso si fermavano a parlare con lui, Aldo aveva confessato di temere le incursioni di bande di ragazzini che più volte avevano inveito contro gli invisibili della città, per questo motivo aveva scelto di dormire sotto l’occhio vigile di una telecamera, la stessa che ha ripreso i suoi ultimi istanti di vita e che ha portato alla cattura del suo assassino.

“L’ho colpito, ho preso i soldi. Erano solo 25 euro e sono andato via.

La spranga l’ho lasciata lì” queste le gelide parole utilizzate dal sedicenne per spiegare le motivazioni del suo folle gesto: solo 25 euro in cambio di una vita.

Accanto al clochard, fedele fino alla fine il suo gatto che ormai era diventato la sua sola famiglia, il suo dono più grande.

Probabilmente in molti si staranno domandando il perché di questo assurdo connubio tra lo Spirito natalizio e il clochard ucciso sotto i portici. Non sussiste alcuna corrispondenza se non un’esortazione.

Mentre la nostra vita continua in tutta fretta tra un pranzo di Natale, una cena di Capodanno e una miriade di regali (che forse mai adopereremo) volgiamo lo sguardo verso gli invisibili, anche solo un nostro gesto può cambiare le loro giornate: che sia una coperta usata che non vogliamo più, che sia del cibo od anche solo un sorriso.

In questo contesto non voglio riferirmi al sedicenne, alla sua nazionalità, oppure alle motivazioni per cui ha commesso questo inammissibile atto, non lo farò semplicemente perché chiunque esso sia e qualunque sia la sua scusa non potrà giustificare ciò che ha compiuto: alcuni la denominano “bravata di un ragazzino” io voglio menzionarla con il suo reale appellativo: omicidio.

In prossimità del giorno più felice dell’anno proviamo a guardare oltre, a sorridere di più, a tendere la mano a chi soffre, a fermarci per guardare chi ci sta intorno, perché sempre esisteranno i gesti efferati ma finché anche solo uno di coloro definiti “invisibili” sorriderà avremo portato con un piccolo gesto un po’ di luce nelle loro cupe giornate.

 




Caro Ministro, ma mi faccia il piacere…

CARO MINISTRO TI SCRIVO…

Caro Ministro ti scrivo, così mi distraggo un po’ (dalle fatiche scolastiche di insegnare nella scuola italiana dei giorni nostri…) e siccome sei molto lontano (dalla realtà che vivono alunni e prof del 2018…) più forte ti scriverò.

Non voglio mancarti di rispetto, caro ex- collega, nel darti del tu. Ma, visto che mi vieni a dire quello che devo fare con i miei alunni, penso che siamo alla pari…

La tua ultima boutade ti ha fatto una gran bella pubblicità.

Finalmente, anche i miei alunni, delle medie, sanno che c’è un Ministro e checomanda lui! Al mio:” Ragazzi prendete il diario, che scriviamo i compiti perle vacanze”, mi sono sentita rispondere:” No, prof, non si può, l’ha detto il Ministro!”.Nella mia testa ho pensato:” Ecco, bravo, bene, ci mancavi pure tu a dirmi quello che devo fare, dopo 45 anni di scuola, di cui gli ultimi 30 come insegnante!”

Vedi, caro ministro, per chi come me, ha attraversato a passi di danza, riforme e controriforme, concorsi e graduatorie, esami di stato e certificati, conoscenze e competenze, la tua boutade, mi fa ridere (per non essere volgare!). Vorrei solo, anch’io, formularti un invito, anzi darti una prescrizione: vieni a fare un giro nelle scuole!

Le classi in cui insegno (in due scuole medie del Nord“benestante”) sono eterogenee (per usare un eufemismo…). Ci sono ragazzi italiani e ragazzi stranieri (maghrebini, africani, indiani, cinesi, pakistani e bengalesi…), ragazzi integrati ed altri isolati, alunni motivati ed altri border line, scolarizzati ed analfabeti, che non capiscono una parola, giuro,una parola, di italiano.

Primo suggerimento: “Ha mai pensato di dotare le scuole di mediatori culturali per alunni stranieri? Oppure di sperimentare delle classi-ponte per la prima alfabetizzazione di chi, per età anagrafica, è alunno delle medie, ma che non legge né scrive, al pari di un bambino di prima elementare?!?”

Poi, ci sono alunni certificati di dislessìa, disgrafìa, discalculìa…Un boom! Tutti adesso! Ed allora, come insegnante, predisponi un bel P.D.P. (ovvero Piano Didattico Personalizzato con strumenti compensativi e dispensativi per aiutarli nella loro fatica scolastica). Anche quelli che scrivono sotto dettatura, fanno un dettato fonetico ortografico meglio dei compagni, copiano dalla lavagna e leggono ad alta voce. E, alla faccia di chi ha li ha certificati, non sbaglino una doppia e non confondono nemmeno una lettera!

Allora, secondo suggerimento.” Ha mai pensato di controllare il bussiness delle certificazioni false? Di controllare cosa succede quando medici compiacenti incontrano famiglie pretenziose? I medici si garantiscono l’utenza di alunni normo dotati, certificando, in modo assurdo, le loro inesistenti disabilità. E le famiglie hanno il nullaosta per la promozione dei loro figli.”

Poi, però, in sede d’esame, questi alunni, abituati a delle corsie preferenziali, devono affrontare le stesse prove dei compagni. Ed allora, tocca a noi insegnanti, fare i salti mortali per promuoverli!!!

Ma ci sono anche gli alunni disabili, e, giustamente, per loro c’è un P.E.I (Piano Educativo Integrato) per assicurare una didattica inclusiva. Ma, purtroppo, questi alunni, non sempre hanno un insegnante di sostegno preparato a gestire la loro disabilità. C’è una bella differenza tra un alunno autistico, paraplegico, psicotico o down… Per non dimenticare chi, comeprof, dopo un eterno precariato, ha finito col fare l’insegnante di sostegnoper ripiego, pur di entrare in ruolo. Oppure, prof perdenti-posto percontrazione delle cattedre, che, dopo aver insegnato per anni la propriamateria, hanno ripiegato sul sostegno pur di non perdere il posto vicino a casa…

Terzo suggerimento” Un rinnovato criterio di formazione degli insegnanti di sostegno, in modo tale che, preparati in modo specifico su diverse disabilità possano essere abbinati agli alunni giusti? E soprattutto,un controllo delle loro competenze in itinere, per farne delle figure doc della scuola e non degli insegnanti jolly!”.

 Ma questo è il meno…

 I veri problemi nelle scuole dei nostri giorni, sono i ragazzi delle comunità, quelli che sono stati allontanati dalla famiglia o che non ne hanno mai avuta una, quelli che viaggiano per la scuola con educatore o assistente sociale al seguito, e che sono in mano a giudici e psicologi a giorni alterni… Quelli che pestano i compagni e minacciano gli insegnanti. Rispondono all’appello con un rutto,girano per la classe con un coltello, fanno casino, pur di essere amati…

Quarto suggerimento” Qualche neuropsichiatra che ci dia una mano a gestirli senza imbottirli di psicofarmaci o senza dover ricorrere ai Carabinieri, esiste ancora sulla faccia della terra?!?

Poi, ci sono gli alunni doc, quelli normali. Quelli da non strapazzare con troppi compiti a casa. Quelli che durante le vacanze, senza l’obbligo dei compiti, faranno sport o visiteranno musei…Scommetto che l’unica attività svolta dalla maggior parte di loro, sarà giocare con il tablet o alla play station nel salotto di casa…

Ma, dimenticavo, anche questa è attività fisica:
oculo-manuale!!!

Quelli che hanno genitori immaturi e latitanti. Genitori che rispondono al cellulare durante il colloquio con l’insegnante, genitori che contestano i voti, che mettono in discussione la preparazione degli insegnanti, e che parcheggiano il suv sul parcheggio dei disabili. Genitori-adolescenti, più esibizionisti dei loro figli, che fanno a gara a postare foto sui social e ad insultare i prof su whatapps. Bene questi genitori, durante le vacanze giocheranno alla play, posteranno ogni scemenza e brinderanno all’ignoranza.

 Allora, giusto perché io non ci sto, io i compiti li do. E sono convinta che molti altri miei colleghi faranno come me…

Invito i miei alunni a spegnere il cellulare per accendere il cervello.

A leggere un libro, uno qualunque, ma almeno uno.

Ad intervistare un nonno, forse più saggio di quel loro idolo rap…

Ad imparare una parola nuova, un suo sinonimo ed il suo contrario, tre volte al giorno, prima dei pasti principali.

A scrivere una lettera a mano e ad imparare una poesia a memoria.

A pensare un regalo creativo. Un disegno, una canzone, un oggetto ideato apposta per chi lo riceverà.

A fare un giro in un ricovero per anziani, per misurare il tempo della vita non sul suono della campanella…

E, per i più coraggiosi, a parlare a gesti con l’ultimo arrivato, quello immigrato. Quello che nessuno vuole, ma che è qui, in Italia con me, in queste vacanze senza compiti…

Sarò una povera illusa, ma penso che la scuola sia ancora una palestra di vita. E che dunque, i compiti sono un’educazione al sacrificio,un allenamento alla fatica, un rispetto delle consegne, un’assunzione di responsabilità, una sana abitudine che fa la differenza. Perché, poi, la vita ci presenta il conto, e, forse i compiti, quelli di scuola, avevano un loro perché!

Antonella Ferrari