Presidi e Vicepresidi: Tutti in “ferie” per protesta!!

Se non fosse tragico ci sarebbe da morir dal ridere, Presidi e Vicepresidi in ferie per protesta il 17 aprile.

Una volta, tanti anni fa, la modalità di protesta dei lavoratori contro le angherie del padrone era lo sciopero; si fermavano le fabbriche, si bloccava la produzione o i servizi, i datori di lavoro perdevano soldi (anche i lavoratori non avevano pagata la giornata), finché non si trovava una soluzione che potesse mediare le posizioni.

I sindacati nel passato hanno usato lo sciopero in modo incontrollato e spesso senza logica, i lavoratori hanno perso solo soldi per ottenere dei risultati che alla fine erano peggiorativi, risultato finale lo sciopero oggi ha ben poco valore.

La situazione è ancor più ridicola quando lo sciopero è dei lavoratori statali: infatti unico obiettivo è quello di creare disagio ai servizi offerti per il cittadino in modo da sensibilizzare l’opinione pubblica verso le richieste dei dipendenti pubblici.

Il problema dei dipendenti statali è che oggi più che mai siamo diventati una società di qualunquisti e nichilisti, non frega più niente a nessuno di quello che succede se non come argomento per innalzare lamentele colossali e poi rintanarsi nella propria “tana” sbuffando e dicendo che questo stato schifoso è destinato a schiantarsi.

Amaro e noia. La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo … e l’infinita vanità del tutto.

Povero Leopardi, nichilista per condizione, poveri noi, nichilisti per cittadinanza.

Ma in questo Stato di cittadini inermi e ormai alienati da promesse rutilanti e dichiarazioni altisonanti, ci sono ancora categorie di persone che, seppur nella loro fragile italianità, cercano di resistere al nichilismo dilagante. E PER FORTUNA.

Ormai noto che Betapress sia affezionato al mondo della scuola, così tanto bistrattato, ma così importante per una speranza di futuro, resta sempre il pensiero di come fare per gridare nelle menti sonnecchiose dei politici italiani che così non va, non funziona, il sistema non regge.

I Presidi ed i Vicepresidi delle scuole negli ultimi anni, visto il pericolo di deriva e di cervelli all’ammasso che si profila all’orizzonte, stanno cercando in tutti i modi di urlare il disagio della Scuola Italiana, la sofferenza di chi ancora crede nei giovani e nelle loro potenzialità per far smuovere le coscienze e per ritrovare un cammino che prenda la genialità italica dei giovani e la trasformi in valore per il paese.

A questo punto scatta la genialità: non scioperiamo, si dicono presidi e vicepresidi, ma prendiamo ferie, che comunque non riusciremmo a fare visto che siamo sempre a scuola, e cerchiamo di rimanere uniti perché il grido di uno solo è flebile lamento ma il grido di mille è tuono potente.

Nella sempiterna speranza che il giusto vinca ed il disonesto perda, vi lasciamo ora alle parole del comunicato di ANCODIS che ben raccontano uno stato di disagio che la politica dovrebbe osservare e che i cittadini dovrebbero capire, uscite tutti dalle vostre TANE e cercate di capire cosa succede…


Presidi in ferie il 17 aprile per protestare:

anche ANCODIS evidenzia il forte disagio dei Collaboratori dei DS.

 

L’Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici (ANCODIS) prende atto della decisione dell’Associazione SOLO DIRIGENTI (https://www.tecnicadellascuola.it/dirigenti-scolastici-necessario-uscire-dal-silenzio).

e del sindacato UDIR (https://www.orizzontescuola.it/17-aprile-saro-ferie-udir-aderiamo-alla-protesta-le-condizioni-lavorative-dei-dirigenti-scolastici) di protestare con un giorno di ferie per martedi 17 aprile 2018.

Con questa iniziativa i DS intendono far rilevare all’opinione pubblica “il malcontento di una categoria negli ultimi anni vessata, incompresa e con carichi di responsabilità eccessivi rispetto a stipendi decisamente non in linea, per essere eufemistici, con il carico di lavoro e con il resto della Pubblica Amministrazione”.

I promotori ritengono, inoltre, di realizzare una “forma di protesta civile, significativa e rumorosa, che sarà occasione per riflettere collettivamente e per mettere in risalto la situazione dei dirigenti scolastici dimenticati”.

Ricordiamo che già il 25 maggio 2017, una protesta dalle forme variegate (sciopero per alcuni/assemblee e ferie per altri) fece emergere questo malcontento della categoria che ANCODIS sostenne ritenendo pienamente fondate le ragioni che avevano portato a tale decisione.

I Collaboratori dei DS, non potendo non riconoscere le ragioni della protesta, dichiararono la solidarietà ed il sostegno ai presidi.

Oggi – nel confermare coerentemente quelle posizioni – ANCODIS non può esimersi dal fare rilevare la condizione di disagio dei Collaboratori che non hanno alcun riconoscimento giuridico né economico nonostante in ogni I.S. si caratterizzino per l’alto senso del servizio (senza limiti di tempo e di carichi di lavoro), per l’impegno quotidiano nella gestione e nell’organizzazione della scuola, per il ruolo di primi interlocutori per docenti, genitori ed alunni, per la funzione di mediazione nella ricerca di prime soluzioni nelle conflittualità tra alunni, docenti e famiglie (non dimenticando le aggressioni anche a loro danno).

Ribadiamo con assoluta fermezza e determinazione che il nostro lavoro è in gran parte LAVORO DI QUALITA’ e di SERVIZIO ma senza alcun riconoscimento giuridico.

ANCODIS, dunque, evidenzia con forza all’opinione pubblica che le scuole vengono gestite anche con il lavoro dei Collaboratori (si pensi alle numerose scuole in reggenza, ai plessi distaccati, alle attività extradidattiche, ai progetti, alle quotidiane emergenze, alla gestione delle procedure degli esami nei diversi ordini, alle sostituzioni dei DS impegnati in Esame di Stato).

Ed i nostri DS – impegnati nel riconoscimento delle loro legittime rivendicazioni – conoscono bene la fatica e l’impegno di chi li collabora lealmente, professionalmente e con competenza rendendo più efficiente l’organizzazione e la gestione delle Istituzioni Scolastiche loro affidate.

Noi Collaboratori dei DS vogliamo, quindi, ribadire due proposte che riteniamo necessarie nella scuola moderna: il distaccamento dalle attività didattiche per un Collaboratore in tutte le scuole con il ripristino delle funzioni vicarie in caso di assenza del DS (ex vicepreside); il riconoscimento giuridico nel quadro di una moderna progressione di carriera che tenga conto dei ruoli che ciascun collaboratore – nelle specifiche funzioni – assolve.

Vogliamo ricordare quanto scritto nel nostro documento costitutivo: “Pensiamo di essere sulla strada giusta, consapevoli delle difficoltà, ma forti della certezza che siamo parte integrante a pieno titolo della comunità educante nelle nostre I.S. e protagonisti del buon funzionamento delle stesse. Desideriamo rivendicare il diritto all’esistenza riconosciuta per norma di legge, regolamentata nel prossimo CCNL, definita in una carriera di quadro intermedio – middle management – dichiarata necessaria da più parti ma nei fatti ancora oggi non incanalata in una discussione seria che guarda alla scuola del 2020”.

Chiediamo di aprire il dibattito ed il confronto su questi temi con i rappresentanti delle OO.SS., delle associazioni, delle Istituzioni, per affermare che nella scuola moderna è necessario un riconoscimento giuridico dei Collaboratori del DS che renda merito al servizio, alle esperienze ed alle competenze.

Pertanto, il 17 aprile i Collaboratori dei DS iscritti ad ANCODIS non saranno in servizio.

E’ il momento di dire che abbiamo il diritto di ESISTERE. Con buona pace di tutti!   

 

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma

 

 




Educare la Mente, il Corpo e lo Spirito, oggi qualcuno ne è ancora capace?

ANCODIS ci invia uno dei suoi significativi comunicati stampa che Noi di Betapress pubblichiamo sempre volentieri perché ci da modo di fare alcune riflessioni sul tema.

Educare, in generale, promuovere con l’insegnamento e con l’esempio lo sviluppo delle facoltà intellettuali, estetiche, e delle qualità morali di una persona, specialmente di giovane età, tipicamente i figli.

Ma oggi chi è in grado ancora di farlo? Diciamo che gli ultimi esempi riportati dai quotidiani non sono certo edificanti, ma confidiamo anche nel fatto che la notizia cattiva è una parte delle notizie buone che comunque i quotidiani non riportano.

Eppure un peggioramento dell’educazione c’è, è evidente nelle strade, nelle voci dei giovani, nel gergo spesso sboccato e volgare, nei comportamenti incivili e bifolchi dei ragazzi e delle ragazze, nella sguaiatezza degli atteggiamenti e nella palese ignoranza, non forse aneddotica, ma certamente metodologica.

Eppure noi ci meravigliamo ancora dei ragazzi maleducati, ci chiediamo come sia possibile che si possa essere così maleducati

Tutto questo accade per colpa dell’incapacità generazionale di reggere il cambiamento, il senso di inadeguatezza genitoriale di fronte alla richiesta di chiarimenti dei figli, ed anche al senso di colpa per il distacco tra essere padri e madri ed essere lavoratori, che questo paese ha subito begli ultimi trent’anni.

Un crollo dello spazio famiglia che prima era contenitore valoriale ed oggi invece è campo di contese spesso non solo dialettiche, spazio famiglia che prima conteneva valori di generazioni differenti, con i relativi confronti, oggi è solo centro di esplosione e saturazione di mefitici veleni genitoriali.

Separazioni, diatribe portate sui figli quasi come scusante della mancanza di capacità genitoriali, televisione utilizzata come anestetico giovanile, poca voglia di confrontarsi…

La Scuola sempre più in difficoltà, troppo carica di amenicoli amministrativi, formazioni su argomenti più o meno utili, PON, sigle assurde, sindacati inadatti al loro ruolo, ed ora anche genitori in cerca di riscossa con i loro figli, quasi che scatenarsi contro i professori sia ormai l’unico modo per farsi riconoscere il ruolo genitoriale dai figli.

Figli, che non essendo del tutto cretini, ma maleducati, si approfittano di questa debolezza genitoriale per scappare dalle loro responsabilità, dimostrando ancora di più la stupidità dei loro genitori.

A questo punto per maleducati e stupidi è fin troppo facile prendersela con i professori, perché, ricordiamo che fra un intelligente ed uno stupido vincerà sempre lo stupido, perché l’intelligente si pone sempre in discussione, lo stupido no.

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ANCODIS lancia la petizione contro la violenza verso i docenti da parte di alunni e genitori.

Il quotidiano ripetersi delle azioni e l’aggravarsi delle forme di violenza fisica e verbale nei confronti dei docenti impone alle Istituzioni la massima attenzione.

I docenti sembrano essere diventati ormai da alcuni anni l’anello debole del sistema scolastico: alunni e genitori ormai non ne riconosco più il ruolo sociale e quotidianamente registriamo azioni violente, intimidazioni, fino ad arrivare alle riprese video che poi vengono diffuse nei social media. Dobbiamo porre un freno a tutto questo degrado!

Non possiamo continuare a parlare di scuola quale luogo di formazione e di educazione e poi registrare quotidianamente oltraggi e volgari attacchi all’Istituzione ed ai suoi operatori (collaboratori scolastici, docenti, Collaboratori dei Ds).

Sembra ormai essere divenuta una “normalità” sentire/leggere attraverso gli organi di stampa il ripetersi di violenze fisiche o intimidazioni verso docenti che appaiono deboli, impotenti e indifesi di fronte ad alunni e genitori che ritengono di affrontare e risolvere le situazioni problematiche con la violenza piuttosto che con la forza del confronto e del dialogo.

Purtroppo, non esistono più aree franche: c’è la quotidiana sensazione di lavorare in un ambiente nel quale l’aggressione verbale degli alunni è quotidiana routine mentre è da mettere tra le possibilità quella fisica di genitori ed alunni.

E non possiamo non rilevare come in questo ultimo decennio l’Istituzione Scolastica è stata indebolita da attacchi (fuoco amico!) fondati su volgari pregiudizi che hanno scardinato il ruolo educativo e formativo proprio di una comunità scolastica.

Per questo ANCODIS avanza una proposta che si preoccupa sia della tutela di chi – nei diversi ruoli – presta il proprio servizio in favore dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti sia alla tutela dell’Istituzione stessa.

E’ ormai stato raggiunto il livello di guardia!

Siamo davvero preoccupati di quanto leggiamo quotidianamente e, dunque, sottoponiamo ai rappresentanti delle Istituzioni, ai DS, agli operatori scolastici la seguente petizione che vuole provare ad alzare un argine alla crescente sensazione di insicurezza e dare un segnale di massima attenzione a livello giuridico.

PETIZIONE

ANCODIS – per le suddette considerazioni – chiede ai Rappresentanti di tutte le Istituzioni di:

  1. Rendere più grave il reato di oltraggio a pubblico ufficiale nella scuola proprio per la sua specificità (luogo di formazione e di educazione) e per la presenza di minori (spesso queste aggressioni avvengono in presenza di minori che subiscono turbamenti psicologici);

  2. Risarcire il docente vittima di aggressione fisica – sulla base dei danni biologico e morale rilevati – con una specifica indennità economica ed un riconoscimento giuridico da valere nella progressione di carriera;

  3. Risarcire l’Istituzione Scolastica – anch’essa vittima dell’aggressione – sulla base del danno cagionato alla sua immagine;

  4. Determinare una forma di “D.A.SCO.” (Divieto di Accedere alle manifestazioni SCOlastiche) temporaneo per alunni e permanente per i genitori violenti a tutela della serenità dell’ambiente scolastico;

  5. Obbligare alla costituzione di parte civile per legge del MIUR e dell’Istituzione Scolastica in sede di processo penale;

  6. Prevedere – nel caso di gravi violenze verbali da parte di un alunno – il temporaneo affidamento ad Enti di volontariato riconosciuti e presenti nel territorio per favorire un processo di riflessione e di recupero educativo.

Non possiamo più aspettare: si rischia una deriva sociale che toglie dignità ai docenti, sottrae autorevolezza alle istituzioni scolastiche, favorisce il misconoscimento del valore educativo del sistema scolastico italiano.

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma




Apparenze: finalmente i Nomadi.

I Nomadi sempre con Noi.

Oggi a Bassano Bresciano si svolge la manifestazione incontro con i Nomadi, grazie alla Tribute Band Apparenze, capitanata da Stefano Motti, voce, Carlo Corti, Basso, Fabrizio Bresciani, tastiere, Gianluca Papani, chitarra e Carmine Carbone, batteria.

La manifestazione ha visto il saluto del Sindaco di Bassano Bresciano che si è dichiarato fan dei Nomadi da sempre, mentre l’organizzatore Piergiorgio Brichese con orgoglio rappresenta l’ottima riuscita di questa terza edizione dell’incontro con i Nomadi grazie alla tribute band apparenze, con l’occasione sono arrivati anche Yuri Cilloni e Bebbe Carletti che hanno rallegrato la giornata di centinaia di fans presenti.

Il nuovo lavoro dei Nomadi, Nomadi dentro, è veramente entusiasmante, carico di echi emotivi e di particolari essenze musicali.

Il pomeriggio è stato rallegrato dalla performance della Band Apparenze che ha magistralmente interpretato le migliori canzoni della storia dei Nomadi, entusiasmando i presenti con l’interpretazione di Tutto a Posto, che ha scatenato un applauso infinito.

 

 




Sulle ALI dell’autoironia: Io mi libro di Alessandro Pagani

Per il suo nuovo libro, Alessandro Pagani non avrebbe potuto scegliere un titolo più emblematico: Io mi libro (96, rue de-La-Fontaine, Torino 2017, pp. 78) è una raccolta di 500 freddure, battute umoristiche, modi di dire, doppi sensi e giochi di parole che, con delicata ironia, scherniscono la nostra piccola epica quotidiana, insistendo sulle situazioni più comiche e grottesche in cui spesso capita di imbattersi.

Alessandro Pagani, con un procedimento formale che ricorda il fulmen in clausulam  degli epigrammi di Marziale, adopera la scrittura aforismatica come strumento attraverso cui condurre il lettore a un’autoironica riflessione su se stesso, sui propri limiti e sui lati più bizzarri e tragicomici della propria esistenza, al fine di esorcizzarli e superarli con la leggerezza tipica del riso, necessaria e vitale per non lasciarsi sopraffare dalla tristezza, per svincolarsi temporaneamente da quell’eccessiva serietà con cui l’uomo ha condizionato se stesso e la propria natura, soffocandone il lato più vivace, spensierato e frizzante.

Io mi libro è una critica originale e pungente alla tendenza che tutti noi abbiamo a prenderci troppo sul serio, a lasciarci travolgere dal pessimismo e dalla negatività e, soprattutto, a ingigantire ogni singolo problema, anche il più minuscolo, perché incapaci di riderci su, di pensarlo con la leggerezza dell’autoironia e di perdonare i nostri errori.

L’approccio di Pagani al riso si condensa in una profonda e rispettosa consapevolezza dello straordinario potere insito in questo sentimento, e si inserisce nel solco tracciato dai grandi maestri della filosofia e della letteratura moderna e contemporanea, come Leopardi, Bergson e Pirandello, tutti e tre accomunati dalla convinzione che non vi sia «nulla di comico al di fuori di ciò che è propriamente umano» e che il riso sia una prerogativa esclusiva dell’essere umano, perché il solo dotato di ragione tra gli esseri viventi.

Il riso, infatti, si concretizza come il risultato di una riflessione, talvolta amara, sulla propria condizione e su quella altrui e la grandezza del suo potere consiste nell’ottenimento, a seguito di questa riflessione, di una maggiore consapevolezza della vanità dell’esistenza e delle cose, dei limiti della natura umana, della sua perfettibilità e imperfezione, della sua delicatezza, con la conseguente sensazione di sentirsi parte di una grande famiglia di individui che sbagliano, inciampano in situazioni imbarazzanti, vengono travolti dai problemi, ma trovano sempre il coraggio di sdrammatizzare, di ridere delle proprie fragilità, di superare ogni situazione tragica o comica che sia, con leggerezza e autoironia.

Gli strumenti adottati da Alessandro Pagani per far luce sui paradossi della nostra vita sono i paradossi della nostra lingua: ossimori, giochi di parole, doppi sensi, casi di omografia, omofonia e omonimia linguistiche, vengono adoperati dall’autore per schernire la modernità e le sue peculiari passioni, come quella per i programmi di cucina e per i cuochi, rappresentanti di una nuova generazione di artisti nell’epoca del divismo minore di massa, in cui in tutto il mondo la filosofia, la pittura e la letteratura stanno cedendo il posto alla gastronomia («Decine e decine di aspiranti chef in tv: il pressa-cuochismo»); oppure quella per i talent show e per i reality, sempre più trash e volgari, in una società che ha un’insaziabile ‘fame di fama’, direbbe Pagani, ossessionata dalla voglia di farsi notare e accaparrarsi i celeberrimi quindici minuti di celebrità, anche solo virtualmente sui social network, anche se l’unico talento che si possiede è quello di essere figlio di una personaggio talentuoso («Nuovo contest in arrivo che vedrà sfidarsi figli d’arte. Talent padre, talent figlio»; CHIESA SOCIAL: Scambiatevi un segno: ? mi piace).

Ci sono, poi, frasi che giocano con le parole e frasi che giocano con proverbi e modi di dire tipici della nostra lingua.

Tra le pagine di Io mi libro, l’autore sperimenta l’infinita produttività del linguaggio verbale umano, combinando le parole con la stessa creatività di un musicista che combina le note musicali per ottenere le più svariate e originali melodie o di un pittore che miscela i colori per creare nuove sfumature.

Giocando con grande maestria con il significato letterale e quello metaforico delle parole, Pagani allestisce un carosello linguistico attraverso cui esplorare l’enorme complessità della lingua italiana e le diverse sfaccettature dei suoi lemmi, sfruttando i paradossi linguistici come gli ossimori e gli omonimi per fare il verso ai paradossi quotidiani.

Come a chiudere il cerchio, Alessandro Pagani decide di collocare alla fine di un lavoro intitolato Io mi libro, un breve testo di kafkiana memoria, dal titolo Piccolo racconto onirico, in cui racconta di aver sognato di librarsi in volo, sfruttando il candido e folto piumaggio delle ali di cui, a seguito di una metamorfosi notturna, si ritrova dotato.

Volteggiando tra le nuvole sui tetti di Firenze e sui luoghi della sua giovinezza, Pagani s’interroga sul perché, da sempre, l’uomo sogna di volare: forse per osservare il mondo dall’alto, per alleggerire la propria esistenza osservando le cose da un altro punto di vista e dimenticarsi per un attimo di essere così prevedibili e attaccati alle cose terrene, così pesanti e seriosi.

Pagani accompagna il lettore sino all’uscio del racconto, disseminando tra le pagine del libro una serie di curiosi e accattivanti indizi linguistici, sotto forma di allitterazioni e anafore dello stesso gruppo sillabico, “ALI”, segnalato graficamente in tondo maiuscolo (ad es. ‘reALI’, verbALI’, ‘ALIbi’ e così via).

Una volta varcata la soglia, il lettore si sentirà in grado di continuare da solo la restante parte del viaggio, per approdare all’ultima pagina del racconto con la consapevolezza di aver trovato in quel gruppo sillabico in maiuscolo che volteggia come un uccello tra le pagine del libro, l’ultimo elemento necessario a completare il significato del lavoro di Alessandro Pagani: Io mi libro è un omaggio delicato e brillante allo straordinario potere della lettura che consente all’uomo che sogna di volare, di librarsi in volo anche senza ali.

 




FISH

Chi non ricorda Torch Song o Keyleigh enormi successi degli ultimi anni ’80 firmati Marillion? Gruppi immortali come Pink Floyd, Genesis, Jethro Tull, Yes e tutti i pionieri del Prog Rock hanno “lanciato” circa un decennio più tardi una band inglese capitanata dal mastodontico Fish (quasi due metri d’altezza ed un peso che si aggira sui 140 kg; n.d.a.): i Marillion.

Una voce particolare, molto calda che a tratti ricorda Peter Gabriel, Fish ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica Prog fin dai tempi dei primi quattro capolavori: Script for a Jester’s Tear, Fugazi (acronimo di “Fucked Up, Got Ambushed, Zipped In”, “fottuto, preso in imboscata, bloccato”, espressione slang dei soldati statunitensi durante la guerra del Vietnam; n.d.a.), Misplaced Childhood e Clutching at Straws.

Compositore e Songwriter raffinato che ha tratto spunto dalla realtà personale cantando l’infanzia difficile, gli insuccessi amari e gli amori impossibili, con accurata introspezione ha rifiutato sin dagli albori della carriera i clichè da Rockstar e le imposizioni metriche delle etichette discografiche.

Durante un’intervista una decina di anni fa, durante la promozione di 13th Star, nono album da solista di Fish, alla domanda: «…da trent’anni lei scrive, produce e canta, come si è evoluta la scena rock in tutto questo tempo? » la risposta, una perla: «E’ evoluta, si, ma in negativo…c’è così tanta merda musicale (testuali parole “Shit Music”; n.d.a.) che passa per radio, musica fatta di plastica senza che batta un cuore all’interno di essa. Io continuo ad amare la musica degli anni 70, quella con la quale sono cresciuto».

Fish ha prodotto da solista 10 album di uno spessore compositivo eccezionale.

La sofferenza per le alterne vicende sentimentali e per la salute cagionevole mostrano una sensibilità fuori dal comune che nel corso degli anni ha portato ad una maturazione evidente nei lavori in studio, album unici ed irripetibili pieni di poesia e supportati dall’ugola inconfondibile e dal carisma di un’autentica leggenda del progressive rock.

Mi permetto di consigliare ai lettori di BetaPress.it due album in particolare: Vigil in a Wilderness of Mirrors del 1990, forse l’unico di matrice Marillion e Fellini Days del 2001, tributo al famoso regista ed alla sua Roma.

Per quanto riguarda l’antica band di Fish, i Marillion, dal 1990 hanno continuato a suonare dal vivo ed a produrre album con Steve Hogarth alla voce ed il resto della formazione originale (il chitarrista – e leader della band – Steve Rothery, Pete Trewavas al basso, Mark Kelly alle tastiere e Ian Mosley alla batteria) ed hanno recentemente  pubblicato il loro diciottesimo album in studio “Fuck Everyone and Run (F E A R)”.

Ho seguito “a singhiozzo” l’attività degli ultimi decenni della band forse anche a causa della simpatia e della stima che ho avuto e nutro tuttora per Fish e… per l’antipatia provata in più occasioni per Steve Rothery!

Un esempio? Due recenti interviste a Fish e a Rothery!

Steve (Rothery), cosa accadde quando vi separaste da Fish? «Non so perché, ma non ci preoccupammo per nulla quando Fish se ne andò, anzi! ».

Fish, che rapporto hai oggi con Steve Rothery e gli altri tuoi ex compagni dei Marillion? «Preferisco solitamente non rispondere perchè vengo spesso frainteso. Scherzi a parte sono in buoni rapporti con Steve e i ragazzi! »

 

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Perth




Apertura del Museo del Mosaico, unico in tutto il centro-sud italia.

Museo dell’Arte del Mosaico di Monreale “MAM

a cura dell’Istituto d’Istruzione Superiore “E. Basile – M. D’Aleo” di Monreale

 

Il giorno mercoledì 21 febbraio 2018 alle ore 9.30 presso la Sala Consiliare del Comune di Monreale (PA) avrà luogo l’inaugurazione del Museo dell’Arte del Mosaico (MAM), importante realtà museale, unica in tutto il centro e sud Italia.

Un significativo percorso per recuperare i valori della tradizione culturale italiana che hanno visto, nel mosaico, importanti momenti di rappresentazione in tutte le epoche storiche del nostro paese ed in tutti i luoghi, da Pompei alla cattedrale di Monreale.

Monreale è oggi “Città del Mosaico”, grazie all’attività incessante del Dirigente e del gruppo docenti del liceo artistico D’Aleo, che hanno sostenuto in questi anni l’importanza che il percorso dell’Arte realizza attraverso il mosaico, e per l’azione del Sindaco Piero Capizzi e della Sua Giunta che hanno concesso gli spazi per realizzare questa iniziativa.

Grazie a queste iniziative Monreale è diventata un percorso ideale per la storia del mosaico; dalla prestigiosa Cattedrale alla industriosa Scuola artistica, passando attraverso il Museo, il mosaico diventa in questo modo “cosa viva”, che rappresenta l’essere più sincero dell’espressione artistica dei giovani ragazzi.

La presenza delle autorità, sia civili che religiose, della associazione dei commercianti e di tutta la cittadinanza rappresenta, in modo forte ed univoco, come questa tradizione mosaicista sia l’essenza di una cultura che, in primis dai giovani, non è mai stata dimenticata.

Il Museo ospiterà mostre personali di mosaicisti di fama nazionale e internazionale, presentazione di libri, riviste, cataloghi del settore e verranno realizzati gemellaggi con le scuole del mosaico di Ravenna, Firenze, Spilimbergo (PN), Chartres (FR), seminari, convegni, dibattiti e mostre didattiche.

Il museo accoglierà anche il raduno dei mosaicisti associati A.I.M.C. (Associazione Internazionale mosaicisti Contemporanei) e la prestigiosa Biennale del Mosaico.

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ANCODIS: firmato il contratto docenti, inadeguato!

Pubblichiamo sempre con grande piacere un comunicato stampa di ANCODIS che ci permette di fare qualche considerazione.

In Primis: ma perché la scuola continua ad essere così sindacalizzata considerando che gli iscritti ai sindacati vengono puntualmente presi in giro dagli stessi sindacati che si fanno beatamente i fatti loro e non certo gli interessi dei loro iscritti?

Crediamo che sarebbe giusto intanto considerare quale sarebbe lo stipendio corretto di un docente: facciamo due conti calcolando le 18 ore di contratto, più le altre 20 ore la settimana che un docente serio dovrebbe dedicare al suo lavoro per farlo bene, poi mettiamo altre 10 ore la settimana per stare aggiornati sia sulla propria materia che sulle metodologie di insegnamento, vengono fuori circa 48 ore la settimana che una semplice proporzione ci porterebbero ad uno stipendio netto di 4.000 euro circa.

Quindi un sindacato giusto dovrebbe battersi per uno stipendio adeguato e rifiutare le elemosine elettorali.

Certo qualcuno osserverà che ci sono docenti incapaci, che se ne fregano, e chi più ne ha più ne metta, ma queste categorie ci sono ovunque (la cosa divertente è che sono le più difese dai sindacati), quindi per questo risaliamo ad un concetto etico educativo a monte che per ora accantoniamo.

In realtà i docenti di ogni scuola sono l’estensione della famiglia, quindi il momento educativo più importante per i figli di questo paese, pertanto uno Stato dovrebbe pagare il massimo per avere il massimo, invece questo stato paga il minimo ha il massimo e prende pure per i fondelli…

Eppure i docenti, le maestre, gli educatori, ma anche il personale di segreteria compresi i collaboratori, danno il massimo per i ragazzi che vengono loro affidati, ed i presidi con i vicepresidi si prendono responsabilità che nessuno sano di mente si prenderebbe, eppure stato e sindacati continuano imperterriti a prendere per i cosiddetti i docenti, maestre, alunni, genitori, presidi e vicepresidi…

Ma in un paese che diventa sempre più povero occorre considerare che anche chi oggi da il massimo prendendo il minimo non lo potrà fare per sempre … “Verrà un giorno?” diceva qualcuno di nostra conoscenza, vuoi vedere che ci siamo arrivati … alla frutta?

ANCODIS: CCNL 2016-2018, un passo avanti e tre indietro.

Venerdi 9 febbraio 2018 le principali OO.SS. (CISL, CGIL, UIL) hanno sottoscritto il testo per il rinnovo del CCNL relativo ai comparti Scuola, Università, Ricerca ed AFAM.

Dopo 10 anni di blocco e di paziente attesa, il contratto viene firmato nel pieno svolgimento della campagna elettorale per le elezioni politiche e per il rinnovo delle RSU.

Una coincidenza a dir poco sospetta……

Governo e OO.SS. propongono come un successo il riconoscimento di una “mancetta” in un contratto che mantiene in gran parte la struttura precedente con elementi “conservatori ma spacciati per innovativi” che ci riportano al periodo antecedente la 107.

Si inneggia con soddisfazione al un risultato che di fatto NON rende giustizia ai nostri stipendi (che restano tra i più bassi in Europa) sacrificando – per interessi elettorali – una visione moderna della scuola fondata anche sulla valorizzazione del merito di ogni docente che vuol essere protagonista nella didattica, nella formazione e, in ultimo, nella collaborazione ai sensi del comma 83 della Legge 107/2015.

Si è voluto fare non uno ma tre passi indietro sulla base del principio “i docenti sono tutti uguali” oppure “lavorano tutti allo stesso modo” per cui il principio della valorizzazione del merito individuale ed il suo conseguente riconoscimento economico è stato di fatto sacrificato al “principio della pioggerellina per tutti”, vista la media di 12 € mensili lordi quale “grande risultato” conseguente alla tanto declamata riduzione (60%) del fondo destinato al merito.

Il Governo cede alla forza elettoralistica delle OO.SS. che così avranno modo di propagandare un modestissimo risultato economico quale grande vittoria (che ricorda quella di Pirro!)

In questa partita contrattuale non ci sono vincitori ma una sola sconfitta: la visione di una scuola moderna fondata sul merito per alunni e docenti.

Quella visione che ci porta ogni giorno a parlare ai nostri alunni di merito e di valore; quella scuola che è aperta alle pari opportunità per tutti i suoi operatori ma non dovrebbe porre freni a chi vuole impegnarsi in termini di tempo e di ruolo; quella scuola che va avanti quotidianamente grazie al lavoro di tanti docenti che – oltre l’attività di docenza – si impegnano intensamente per garantire il migliore servizio possibile per alunni e famiglie.

In questo “vecchio” rinnovo contrattuale, Governo e OO.SS. non hanno voluto dare la meritata attenzione contrattuale ai tanti docenti (almeno 60000 unità) che si occupano delle attività di cui al comma 4 dell’Art. 28 del neonato contratto!

Un contratto arcaico e conservatore che dà un chiaro messaggio: lavorate e faticate pure, dedicate anche tanto tempo alla formazione, il vostro impegno NON merita alcun riconoscimento oltre lo stipendio!

Questa logica egualitaria non ci convince: oltre l’intervento a pioggia, avremmo voluto leggere un comma che illuminasse con un raggio di sole il lavoro di questi docenti!

In questo specifico aspetto, il contratto presenta l’imprimatur di una scelta politica e sindacale che – a partire dal comma 83 della Legge 107 – non ha avuto il coraggio di andare avanti con determinazione sulla strada del riconoscimento giuridico, della apertura ad una carriera integrata, del riconoscimento economico, della valorizzazione del merito di questi docenti.

Vogliamo dirlo senza indugi: questo contratto guarda ai docenti soltanto come tali e non tiene per nulla conto di ruoli ed incarichi che in ciascuna istituzione integrano questa funzione.

Ruoli e incarichi che verranno ulteriormente mortificati dalla nuova pesante riduzione del Fondo per il miglioramento dell’Offerta Formativa prevista dal comma 3 dell’art. 39-bis (Al fine di finanziare quota parte degli incrementi della retribuzione professionale docente di cui all’art. 38, il Fondo di cui ai commi 1 e 2 è ridotto stabilmente, per l’anno 2018 di 80,00 milioni di Euro e a decorrere dal 2019 di 100 milioni di Euro, anche ( ma non solo n.d.r.) a valere sulle disponibilità dell’art. 1, comma 126 della legge n. 107/2015, in misura pari a 70 milioni per il 2018, 50 milioni per il 2019 e 40 milioni a regime).

Il che significa far pagare a quei docenti che liberamente e volontariamente si rendono disponibili a svolgere attività aggiuntive per compensi già assai modesti (Collaboratori del DS, Responsabile di Plesso, Referenti commissioni di lavoro, Referenti di dipartimento, Tutor dei docenti neo-assunti, Tutor dell’alternanza scuola-lavoro, animatori digitali, lavoro straordinario per accompagnamento alunni in gita…… ) il raggiungimento della strabiliante cifra di 12€ mensili di incremento della RPD!

ANCODIS manifesta la sua insoddisfazione per questa visione degli anni 90 sostenendo la necessità che si riconosca in sede giuridica e contrattuale l’impegno, il servizio ed il merito di quanti – oltre l’attività didattica – consentono al sistema scuola di garantire in ciascun giorno dell’anno (scolastico e solare) in stretta collaborazione con i DS il regolare funzionamento didattico, organizzativo e gestionale.

Per queste ragioni, ANCODIS ritiene inadeguato, discriminatorio, con i caratteri di un conservatorismo sindacale il CCNL 2016-2018; informa che metterà in campo tutte quelle azioni ritenute utili e necessarie a tutela della professionalità di quanti collaborano con i DS nelle diverse forme e preannuncia l’intenzione di procedere in giudizio avverso qualsivoglia atto o provvedimento che riterrà lesivo per i propri iscritti.

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma




L’Ipocrisia del tutto

Come al solito non sono d’accordo, stavolta con la posizione di Massimo Gramellini che enfatizza il licenziamento della maestra colpevole di scrivere SQUOLA, ma che salva la ministra che non perde occasione per dare prova della sua ignoranza in materia scolastica.

Facciamo un passo indietro, è di questi giorni la notizia che la magistratura ha apposto il timbro definitivo sul licenziamento della maestra veneziana che scriveva scuola con la q.

Certo, per chiunque, è inverosimile che una maestra abbia immeritatamente esercitato la sua professione forgiando generazioni di alunni nell’errore grammaticale.

Anch’io, da addetta ai lavori, resto stupita ed attonita.

Per ottenere quel posto, la maestra in questione avrà dovuto superare indenne un lunghissimo percorso ad ostacoli disseminato di SCUOLE.

Intanto, l’esame di quinta elementare, Poi quello di terza media, nella scuola secondaria di primo grado, infine, la maturità, al termine della scuola secondaria di secondo grado.

Forse una laurea e sicuramente un concorso…

Possibile che nessun esaminatore si sia mai accorto della sua ignoranza?!?

Non oso pensare che fossero tutti corrotti od ignoranti…

Mi basta pensare che fossero “distratti”, come quei tecnici ministeriali che in un tema dell’anno scorso hanno scritto «traccie» con la i?

Oppure, come quei cervelloni che ogni anno redigono dei quesiti delle prove invalsi con palesi errori di grammatica o di calcolo…

La maestra sgrammaticata non è un caso eccezionale, è in tanta buona compagnia, appartiene ad un sistema di selezione del personale scolastico con diversi limiti oggettivi, per esempio il numero eccessivo dei candidati, il basso stipendio dei commissari, i tempi biblici dei concorsi e gli eterni ricorsi…

Ma proprio non posso accettare che lo stesso sistema che elimina la mela marcia, avvalli la presenza quotidiana al ministero ed in televisione, nonché nelle università e nei convegni, di una MINISTRA ignorante che sbaglia l’impiego dei congiuntivi, dice “i più migliori”, propone dei tagli indiscriminati dei contenuti ministeriali di storia e chi più ne ha, più ne metta…

Come fa la signora Fedeli ad occupare un posto di prestigio nella gerarchia scolastica senza avere né merito né servizio!?!

O forse, per essere ministro della pubblica istruzione è un optional essere in possesso della laurea ed avere insegnato, almeno un giorno, giusto il tempo di scrivere scuola con la q???

 

Antonella Ferrari

 

 

 

 

 

 

 

http://betapress.it/index.php/2017/10/30/la-ministra-frettolosa-basta-scaricare-tutto-sulla-scuola-e-la-famiglia/

http://betapress.it/index.php/2016/11/18/io-professoressa-perdente-posto/




Fascismo: fu vera gloria? ai posteri onesti l’ardua sentenza…

Mi scusi Egregio Signor Presidente, ma da Lei proprio non me lo aspettavo…

Esistono i fatti e le opinioni, ma non le invenzioni dei primi o la strumentalizzazione delle seconde, tanto più che siamo in piena campagna elettorale e Lei, Egregio Signor Presidente dovrebbe mantenersi super partes, in nome dell’imparzialità (ahahahah da morir dal ridere N.d.R.) del suo incarico presidenziale…

Durante le celebrazioni al Quirinale per la Giornata della memoria 2018, Ella sul ventennio Fascista ha affermato: “Sorprende sentir dire, ancora oggi, che il fascismo ebbe alcuni meriti, ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l’entrata in guerra. Si tratta di un’affermazione gravemente sbagliata e inaccettabile, da respingere con determinazione”.

Caro Mattarella, Lei sostiene dunque che è un errore affermare che il Fascismo ebbe alcuni meriti, ma io non sono d’accordo, o meglio preferisco sbagliare che vaneggiare…

E voglio sbagliare, in nome della storia, andando a consultare i testi non solo scolastici, ma soprattutto riprendendo i fatti realmente accaduti, così come ha fatto l’illustre Alessandro prof. dott. Tamborini, da cui recupero informazioni significative, ricostruendo in modo impeccabile i fatti veri che oggi sono sparsi nei libri di storia ma mai messi in ordine perché non è interesse di una certa parte raccontare la verità.

Mi permetta anzitutto di proporLe, giusto per rispolverare la memoria Sua e dei nostri lettori, un parziale elenco delle opere fatte in un periodo in cui l’italia era considerata più di oggi.

Accerterà così che è stato fatto più in vent’anni di Fascismo che in settantanni di democrazia.

I meriti del fascismo non sono un’invenzione di qualche nostalgico, ma un dato ormai acquisito nella storiografia e nella coscienza comune, dopo lunghi decenni di rimozioni e demonizzazioni.

Prima di tutto, c’è una bella differenza tra regimi totalitari, come comunismo e nazismo, ed il regime autoritario, con il consenso del popolo, quale fu il Fascismo.

Inoltre, i milioni di esseri umani uccisi nel secolo scorso per mano del comunismo rappresentano lo stesso crimine contro l’umanità a pari merito dell’olocausto.

Sarebbe stato giusto, signor presidente, ricordare anche questo nella giornata della memoria, proprio per essere corretti ed imparziali così come il suo ruolo Le impone.

Basti pensare allo sterminio degli Armeni (1894 e 1915-16) ed a quello dei cinque milioni di contadini ucraini (1932-33) oppure ai quasi due milioni di morti in Cambogia (1975-79) per mano dei Khmer Rossi…

Ritornando al Ventennio, desidero ricordare che le Leggi razziali non erano nel Dna della dottrina fascista, come attesta il gran numero di ebrei che aderirono al fascismo fin dall’inizio.

L’ebraismo italiano era “profondamente integrato nella società plasmata dal regime fascista!” Gli ebrei fascisti non erano un corpo estraneo allo stato e i suoi più alti esponenti proclamavano “l’assoluta fedeltà degli israeliti al fascismo e al suo duce”.

Renzo De Felice, sul suo “Storia degli ebrei italiani”, scrive che gli ebrei furono fondatori, per esempio, dei fasci di combattimento di Milano, ebbero parte attiva nelle squadre di Italo Balbo e furono fra i protagonisti della “marcia su Roma”.

E’ noto che i provvedimenti a favore degli ebrei nel 1930, perfezionati nel 1931, risultarono tanto graditi alla comunità ebraica italiana che i rabbini innalzarono preghiere di ringraziamento nelle sinagoghe. E’ anche noto l’attacco lanciato dal Duce, contro le teorie nazionalsocialiste.

Riguardo alla natura del suo potere, il suo carattere dittatoriale è indubitabile ed è chiaro a partire dalla soppressione delle libertà nel 1925.

Il fascismo però non fu, nella fase del largo consenso (cioè almeno fino alla guerra di Etiopia e all’emanazione delle leggi razziali) un totalitarismo, come giustamente individuato da Hannah Arendt.

Ciò sia per motivi interni, avendo il fascismo nel suo seno anime diverse e differenti che trovavano nel Duce solo un’unità simbolica; sia per motivi esterni, cioè la forza temperante comunque esercitata dalla Chiesa Cattolica e dalla stessa Monarchia.

Quindi, lungi dal voler disconoscere la gravità di ciò che portò alle leggi razziali ed all’evento bellico, insisto nel riconoscere il valore di tutto ciò che di buono è stato all’epoca realizzato.

 Giusto per non dimenticare, le principali opere sociali e sanitarie realizzate durante il fascismo sono l’assicurazione sull’invalidità e vecchiaia, R.D. 30 dicembre 1923, n. 3184, quella contro la disoccupazione, R.D. 30 dicembre 1926 e l’assistenza ospedaliera ai poveri R.D. 30 dicembre 1923 n. 2841.

Con Mussolini nasce la tutela del lavoratore e la difesa dei diritti di donne e fanciulli R.D 26 aprile 1923 n. 653, l’Opera nazionale maternità ed infanzia (O.N.M.I.) R.D. 10 dicembre 1925 n. 2277, l’esenzione tributaria per le famiglie numerose R.D. 14 maggio 1928 n. 1312 e l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, R.D. 13 maggio 1928 n. 928.

Nasce l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), R.D. 4 ottobre 1935 n. 182713 mentre l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (I.N.A.I.L.), è già in vita da più di due anni…R.D. 23 marzo 1933, n. 264.

La settimana lavorativa diventa di 40 ore, R.D. 29 maggio 1937 n.1768, e nasce il sindacalismo integrale con l’unione delle rappresentanze sindacali dei datori di lavoro (Confindustria e Confagricoltura); 1923.

Sempre sotto il fascismo, vengono istituiti gli Assegni familiari, R.D. 17 giugno 1937, n. 1048, nascono le Case Popolari e si attua la Riforma della scuola “Gentile” del maggio 1923 (l’ultima era del 1859)!!!

Fiorisce l’Opera Nazionale Dopolavoro (nel 1935  essa dispone di 771 cinema, 1227 teatri, 2066 filodrammatiche, 2130 orchestre, 3787 bande, 1032 associazioni professionali e culturali, 6427 biblioteche, 994 scuole corali, 11159 sezioni sportive, 4427 di sport agonistico.)

Ma forse è la lotta contro l’analfabetismo uno dei migliori interventi del Duce: eravamo tra i primi in Europa, per il numero di analfabeti, ma dal 1923 al 1936 siamo passati dai 3.981.000 a 5.187.000 alunni – studenti medi da 326.604 a 674.546 – universitari da 43.235 a 71.512.

Come se non bastasse, Mussolini fonda il doposcuola per il completamento degli alunni ed istituisce l’educazione fisica obbligatoria nelle scuole, inaugura la refezione scolastica ed innalza l’obbligo scolastico fino ai 14 anni, inventa le Scuole professionali e la Magistratura del Lavoro.

Se poi vogliamo ricordare le opere architettoniche e infrastrutture, basti pensare alle Bonifiche delle paludi Pontine, ma anche in Emilia, Sardegna, Bassa Padana, Coltano, Maremma Toscana, alla nascita dei Parchi nazionali del Gran Paradiso, dello Stelvio, dell’Abruzzo e del Circeo, al potenziamento delle Centrali Idroelettriche, all’elettrificazione delle linee Ferroviarie, agli Impianti di illuminazione elettrica nelle città ed alla fondazione di 16 nuove Province.

Con Mussolini si ha Viale della Conciliazione, lo Stadio dei Marmi ed il quartiere dell’EUR a Roma.

Il Duce fonda l’istituto delle ricerche, con a capo Marconi, inventore della radio e dei primi esperimenti del radar, non finiti a causa della sua morte.

Sempre nel ventennio fascista, si ha la costruzione di molte università tra cui la Città università di ROMA, l’inaugurazione della Stazione Centrale di Milano nel 1931 e della Stazione di Santa Maria Novella di Firenze, nonché la costruzione del palazzo della Farnesina di Roma, sede del Ministero degli Affari Esteri.

In ambito politico e diplomatico, Il governo fascista emana il codice penale (1930), il codice di procedura penale (1933, sostituito nel 1989), il codice di procedura civile (1940), il codice della navigazione (1940), il codice civile (1942) e numerose altre disposizioni vigenti ancora oggi (il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, il Codice della Strada, le disposizioni relative a: polizia urbana, rurale, annonaria, edilizia, sanitaria, veterinaria, mortuaria, tributaria, demaniale e metrica).

Ma giusto per non tediare il lettore con quest’overdose di riforme sociali e di conquiste civili, mi voglio soffermare su un particolare emblematico: la gestione della crisi economica conseguente al crollo della Borsa del 1929, in un periodo di crisi finanziaria mondiale.

Nel momento in cui Il mondo del capitalismo è nel caos, il Duce risponde con 37 miliardi di lavori pubblici e in 10 anni vengono costruite 11.000 nuove aule in 277 comuni, 6.000 case popolari che ospitano 215.000 persone, 3131 fabbricati economici popolari, 1.700 alloggi, 94 edifici pubblici, ricostruzione dei paesi terremotati, 6.400 case riparate, acquedotti, ospedali, 10 milioni di abitanti in 2493 comuni hanno avuto l’acqua assicurata, 4.500 km di sistemazione idrauliche e arginature, canale Navicelli; nel 1922 i bacini montani artificiali erano 54, nel 1932 erano arrivati a 184, aumentati 6 milioni e 663 mila k.w. e 17.000 km di linee elettriche; nel 1932 c’erano 2.048 km di ferrovie elettriche per un risparmio di 600.000 tonnellate di carbone; costruiti 6.000 km di strade statali, provinciali e comunali, 436 km di autostrade.

Le prime autostrade in Italia furono la Milano-Laghi e la Serravalle-Genova (al casello di Serravalle Scrivia si trova una scultura commemorativa con scritto ancora “Anno di inizio lavori 1930, ultimato lavori 1933”).

Infine, sempre nello stesso periodo si ha la Riforma bancaria: tra il 1936 e il 1938 la Banca d’Italia passò completamente in mano pubblica (non come oggi che è in mano delle banche che deve controllare N.d.R.) e il suo Governatore assunse il ruolo di Ispettore sull’esercizio del credito e la difesa del risparmio.

Fondazione di Cinecittà, primi esperimenti televisivi nel 1929, Istituzione della Mostra del Cinema di Venezia, prima manifestazione del genere al mondo, nata nel 1932, creazione dell’albo dei giornalisti, della guardia forestale, dell’archivio statale, anno 1928, nonché del Corpo dei Vigili del Fuoco, completano l’opera…

Allora, Egregio Signor Presidente, prima di parlare, non facciamo di tutta un’erba un fascio… per favore.

Antonella Ferrari

http://betapress.it/index.php/2017/12/25/litalia-e-lultradestra/

 




Figli verso il nulla…

Giù la maschera, diciamoci la verità, i nostri figli hanno sempre ragione, sempre che la cosa non riguardi noi stessi.

Solo in quest’ultimo caso siamo pronti a farli sentire inappropriati, stupidi, ingenui, in una parola: demotivati.

In un passaggio del suo libro, “Contro i Papà”, Antonio Polito sintetizza questo concetto: “Invece che fare i genitori, ci siamo trasformati a poco a poco nei sindacalisti della nostra prole, sempre pronti a batterci perché venga loro spianata la strada verso il nulla”.

I ragazzi di oggi allontanano sempre più il momento del distacco dalla famiglia.

Oramai essere trentenni e vivere con i genitori è la normalità.

Perché questo accade?

I motivi del tutto sociologici e relazionali sono innumerevoli ma proviamo rapidamente ad analizzare un aspetto determinante: il nostro rapporto (di genitori) con i loro problemi, nel lasso di tempo che intercorre tra la tenera età fino al salto nel buio rappresentato dall’ingresso da persone autosufficienti in società.

Cosa accade di prassi nella maggior parte delle famiglie moderne?

Qual è il meccanismo contorto e malato che rende bamboccioni i nostri figli?

È quel sottile accordo tra noi e loro che ci porta ad abbandonare ogni forma di coerenza e obiettività, sia che si tratti di un problema esterno alla famiglia (amici, fidanzati, insegnanti, scuola calcio, ecc) sia che questo sia interno (c’è da portare il cane a spasso, c’è da fare la spesa, da scuola devi portarmi solo bei voti).

Nel primo caso non lasciamo che  affrontino i problemi, lo facciamo noi per loro, pronti a regolare i conti con un adolescente piuttosto che con un insegnante, sol perché si tratta di nostro figlio e si sa: lui ha sempre ragione!

Quando siamo noi a chiedere loro qualcosa (dobbiamo pur dire che nostro figlio è il più bravo della scuola!) siamo pronti a caricarli di aspettative inaccettabili e di totale inadeguatezza.

Ai nostri occhi ci deludono e siamo pronti a rinfacciarglielo assieme a tutto quello che noi facciamo per loro: compreso il compito in classe d’italiano mandato tramite whatsapp!

Questi giovani, grazie a questo cortocircuito relazionale, vivono in un sistema di deregulation dove non ci sono certezze ma solo punti di vista strettamente connessi agli attori.

Dove conta solo vincere anche fuori dalle regole.

Demotivati, insicuri e incapaci di costruirsi un futuro, crescono in attesa che qualcuno regali loro un’opportunità.

Opportunità che probabilmente non arriverà.

 

Tanio Cordella