ANCoDIS: ennesima presa in giro

Noi di Betapress abbiamo ormai da un anno segnalato in più riprese l’assurda situazione dei collaboratori dei Dirigenti Scolastici.

Ed in più occasioni abbiamo dato voce alle segnalazioni di ANCoDIS che strenuamente cerca di difendere una posizione che è fondamentale per la scuola italiana, vi rammentiamo alcune delle segnalazioni:

https://betapress.it/index.php/2017/06/18/ancodis-batte-miur-non-risponde/

 

https://betapress.it/index.php/2018/04/14/presidi-e-vicepresidi-tutti-in-ferie-per-protesta/

https://betapress.it/index.php/2018/07/14/ancodis-i-vicepresidi-lavorano-eccome/

https://betapress.it/index.php/2018/01/06/ancodis-basta-le-demagogie/

https://betapress.it/index.php/2018/02/11/ancodis-firmato-contratto-docenti-inadeguato/

https://betapress.it/index.php/2018/09/26/vicepresidi-e-chi-sono/

https://betapress.it/index.php/2018/07/17/dirigente-o-non-dirigente-questo-e-il-problema/

 

per l’ennesima volta lo Stato se ne frega altamente delle professionalità che ha sottomano e preferisce buttar via i soldi per far entrare nelle sue file persone a cui dovrà fare anni di formazione invece che agevolare chi questa formazione l’ha fatta sul campo per anni!!

riportiamo una segnalazione giustissima di ANCoDIS:

 

COMUNICATO STAMPA del 19 gennaio 2019

 

ANCoDiS: emendamento al D.L. 989 in merito alle procedure di semplificazione nella P.A..

Ennesima discriminazione dei Collaboratori dei DS.

 

E’ in corso nella 1a Commissione Affari Costituzionali del Senato il confronto parlamentare sul DECRETO-LEGGE 14 dicembre 2018, n. 135 “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”.

Da fonti di stampa leggiamo che – tra i temi della semplificazione – è stato proposto un emendamento unico che prevede una nuova modalità di selezione dei futuri Dirigenti Scolastici che di fatto supererà la procedura del corso-concorso previsto dalla Legge 107/2015 abbreviandone le fasi ed, in particolare, il percorso di formazione conclusivo.

Riteniamo ragionevole per i tempi ma non sufficiente tale iniziativa in quanto continua a non tenere conto delle professionalità presenti nella scuola italiana a partire dai Collaboratori del DS nominati ai sensi dell’art. 25, comma 5, del D.lgs. n. 165/2001.

La selezione per il ruolo di Dirigente Scolastico – oggi molto complesso proprio per le peculiarità di una autonoma Istituzione scolastica (funzioni organizzative, gestionali, di indirizzo, di promozione) – non può non tenere conto di quei docenti che in anni di servizio prestato alla collaborazione di DS titolari e reggenti hanno acquisito indubbie competenze in ordine ai temi della governance di una scuola.

Si tratta di donne e uomini (insegnanti in primis) che investono tempo ed energie in servizio dedicato anche alla gestione ed all’organizzazione della propria scuola, nella formazione specifica, consapevoli di un ruolo che, seppur non riconosciuto dallo Stato, è oggi più che mai necessario in ogni Istituzione scolastica.

Nell’espletamento del concorso che è in fase di svolgimento non si è voluto riconoscere tutto questo!

Ci era sembrato allora uno “schiaffo morale” per quei docenti professionisti (con esperienza professionale di insegnamento con un certo numero di anni di servizio nella funzione docente) che non chiedono facili scorciatoie ma giusti riconoscimenti in considerazione del fatto che hanno acquisito competenze e professionalità che – indiscutibilmente – sono sotto gli occhi di tutti.

In merito alla specifica formazione possiamo affermare senza dubbio alcuno che, grazie alla attività di collaborazione, essa è per noi “esperienza formativa” sul campo (esperienza professionale gestionale, nel diritto scolastico ed amministrativo, nel coordinamento, nella sicurezza, nella programmazione), acquisita   attraverso il confronto quotidiano con i DS, con i DSGA, con i colleghi, con gli alunni, con le famiglie.

Per queste ragioni Ancodis chiede al Legislatore di prendere atto di questa iniqua condizione e di riconoscerne formalmente la loro professionalità anche nelle fasi concorsuali che invece li hanno visti nel passato completamente discriminati.

Occorre procedere ad un riconoscimento di tale servizio nella carriera docente ed anche nel concorso per la selezione dei futuri DS (in diversi paesi europei per concorrere si deve certificare un’esperienza almeno triennale nella governance della scuola).

E’ un “risarcimento morale” per chi – in tanti anni scolastici – ha servito la Scuola Italiana senza nulla ricevere in cambio!

Chiediamo, dunque, l’integrazione dell’Art. 10 Decreto Legge 14 dicembre 2018, n. 135 prevedendo per i Collaboratori in possesso dei titoli richiesti per l’accesso alla carriera dirigenziale nella P.A. il riconoscimento del servizio reso (almeno 36 mesi di incarico in analogia a quanto già previsto dagli organi europei), la riserva di posti (una percentuale dei posti vacanti e disponibili), la formazione riconosciuta e certificata, un adeguato punteggio aggiuntivo nella graduatoria di merito sulla base degli anni di servizio espletato nell’incarico di Collaboratori dei DS.

Non vogliamo ancora essere “vittime” di una ennesima ingiustizia perpetrata ai nostri danni NON riconoscendone il RUOLO svolto nei tanti anni scolastici, il LAVORO quotidianamente espletato, le COMPETENZE faticosamente acquisite sul campo, il TEMPO dedicato alla governance.

Chiediamo ai rappresentanti delle Istituzioni ed alle OO.SS. di dare attenzione a questi professionisti che sono importanti figure del moderno sistema scolastico italiano.

E’ il caso di ricordare che nella maggior parte dei paesi europei, la governance della scuola è condivisa da un gruppo/staff riconosciuto formalmente negli ordinamenti scolastici.

Se così avvenisse in Italia, potremmo dire di essere a pieno titolo in Europa…

 

Prof. Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo




SSSS: tutto legato allo sport.

Studio, Sport, Sacrifico e Successo iniziano tutte con la stessa lettera “S”.

Le prime due sono legate, grazie alle seconde, da un rapporto di amore ed odio.

Lo studio e lo sport tendono ad avvicinarsi perché in fondo sono due facce della stessa medaglia, la persona umana che naturalmente vuole tendere a migliorarsi.

Queste hanno un grande nemico che si chiama “tempo”, il tempo che abbiamo a disposizione che, purtroppo, è sempre limitato, è proprio lui che cerca sempre di escludere lo Studio dallo Sport e viceversa.

Per ottenere successo bisogna applicarsi, allenarsi, migliorarsi e questo richiede tempo sia nello Studio che nello Sport. Per potersi cimentare in entrambi è necessario il sacrificio che significa organizzare al meglio il proprio tempo e rinunciare a molte delle attività ludiche che normalmente si presentano ai ragazzi.

Io sono sempre stato un privilegiato in questo senso, non per meriti particolari ma per un mix di fortuna ed intuizione dei miei genitori. Nella scuola dove ho frequentato le elementari e le medie, la Laura Sanvitale di Parma, la mia attività sportiva e soprattutto i risultati positivi che ne conseguivano, è sempre stata supportata.

All’ingresso della scuola c’era una bacheca dove venivano affisse notizie ed avvisi riguardanti la scuola. Un giorno, entrando, ho visto appeso un articolo che parlava dell’ultima gara che avevo vinto e questo mi ha riempito di orgoglio.

Molto simile è stata la situazione al liceo, lo scientifico “San Benedetto”, sempre a Parma, dove, anche se le giornate di assenza da scuola inevitabilmente aumentavano perché le trasferte erano sempre più lontane, ho trovato sempre professori che vedevano di buon occhio la pratica sportiva.

Importante è stato instaurare, fin da subito, un rapporto di estrema trasparenza e in questo sono stato facilitato dal fatto che il Prof. di Educazione Artistica, Antonio Figna, giocava a golf e quindi poteva comprendere la lunghezza delle trasferte e il Prof. di matematica, Gino Passigatti, è un appassionato nuotatore, oltre che un tifosissimo della Roma. Il clima di comprensione dello Sport unito a risultati mediamente buoni hanno sicuramente aiutato il mio percorso scolastico.

Dopo il liceo ho proseguito alla facoltà di Ingegneria, dell’Università degli Studi di Parma. Anche in quel caso sono stato molto fortunato e ho trovato professori disponibili come la prof di disegno o quello di informatica. Tuttavia seguire le lezioni ed essere presente ed attivo agli allenamenti non era certamente facile. Ad un certo punto, considerando le normali sessioni d’esame diventava particolarmente difficile.

Nel 2008, con l’infortunio, temevo che lo studio avesse perso ogni speranza di continuare a far parte della mia vita. Gli allenamenti dovevano essere doppi, inizialmente per riabilitarmi poi per recuperare uno stato di forma accettabile. Ho sempre mantenuto attiva la mia iscrizione universitaria, con la speranza che prima o poi sarei stato in grado di fare qualcosa di più.

Sulla porta della mia stanza in casa ho una frase che racconta la vita di Abraham Lincoln e dice così:

He failed in business in ’31. He was defeated for state legislator in ’32. He tried another business in ’33. It failed. His fiancee died in ’35. He had a nervous breakdown in ’36. In ’43 he ran for congress and was defeated. He tried again in ’48 and was defeated again. He tried running for the Senate in ’55. He lost. The next year he ran for Vice President and lost. In ’59 he ran for the Senate again and was defeated. In 1860, the man who signed his name A. Lincoln, was elected the 16th President of the United States. The difference between history’s boldest accomplishments and its most staggering failures is often, simply, the diligent will to persevere.

Ecco che forse la voglia di perseverare ha avuto ragione anche questa volta.

L’occasione è arrivata nel 2014 quando, per la mia passione politica ho iniziato a seguire un corso intitolato la Politica 2.0 all’Università Telematica Pegaso. Ero veramente felice quando ho scoperto di poter studiare nuovamente e da li ho ripreso il mio percorso di studi passando da ingegneria a giurisprudenza.

Non so se nel 2003, quando i Ministri Moratti e Stanca vollero aprire la possibilità anche in Italia alle Università Telematiche o nel 2006 quando il dott. Danilo Iervolino, l’ideatore e presidente di UniPegaso, avessero o meno in mente il mondo dello Sport.

Sta di fatto che, anche se ancora troppo poco pubblicizzato e con qualche luogo comune di troppo, hanno creato dal punto legislativo i primi, da quello imprenditoriale pratico il secondo uno strumento che potrà cambiare drasticamente il rapporto tra gli sportivi e l’Università.

In occasione di una delle lunghe e proficue chiacchierate con il dott. Roberto Ghiretti, titolare dell’omonimo studio che si occupa di sport advisoring, ho ricevuto in regalo un libretto intitolato “secondo tempo” commissionato dalla Associazione Italiana Calciatori ed incentrato sulle prospettive che si presentano ai calciatori che terminano la loro attività professionistica.

La lettura, come prevedibile, mi ha coinvolto particolarmente sia per la mia passione per i libri, sia per la materia sportiva. Tuttavia, ho dovuto rileggere più volte la pagina dove si parlava della percentuale di atleti che conseguivano una laurea, circa il 3%*.

Secondo i dati ISTAT del 2017, pubblicati nel 2018, la percentuale di laureati in Italia si attesta al 15,7% e ci posiziona al penultimo posto in Europa.

Il mondo del Calcio in Italia è, per numeri, il più rappresentativo e constatare quanto nei suoi principali atleti, quelli che raggiungono il professionismo, il dato sia un quinto di quello nazionale è emblematico.

Premesso che sono fermamente convinto che la laurea non sia indice di intelligenza, anzi molte delle persone che hanno dimostrato di avere capacità oltre la media non sono laureate a partire da William Henry Gates III (Bill Gates) che grazie alle sue intuizioni ha di fatto rivoluzionato il mondo.

Tuttavia, preso con le dovute cautele, il dato è quasi drammatico perché non tutti sono Bill Gates, o Steve Jobs anche perché molti degli atleti in questione sono già stati “fuori dalla norma” nella loro disciplina.

La formula telematica per lo studio può diventare una soluzione ottimale per gli sportivi. Questo si può verificare spiegandone le potenzialità per quanto riguarda il tempo.

Nella mia esperienza all’UniPegaso, ho potuto visualizzare le lezioni comodamente dal computer in casa o in una camera d’albergo durante le gare, ho potuto scegliere fra le molte opzioni di date e sedi per sostenere gli esami e, forse una cosa ancora più importante, ho avuto degli insegnanti straordinari.

Un altro punto a favore delle università telematiche è proprio quello di poter avere dei docenti di altissimo livello, in quanto anch’essi non sarebbero più obbligati alla presenza in aula ad ogni lezione ma possono comodamente registrarla e lo studente, come detto, può visualizzarla quando è più opportuno.

Ritengo questo punto estremamente accattivante per gli sportivi in quanto uno atleta è abituato a competere e vuole vincere per questo cerca di circondarsi sempre del meglio: dal tecnico al preparatore atletico, dal caddie nel golf al procuratore nel calcio e sapere anche nell’università di poter apprendere dal meglio sicuramente gli consente di sentirsi soddisfatto.

Non intendo dire che nelle università convenzionali i professori siano meno capaci. Sicuramente quanto detto è un valore aggiunto per l’attrattiva delle telematiche verso il mondo sportivo.

Non tutto è “rose e fiori”. Naturalmente si contrae il rapporto ed il confronto con gli altri studenti che, così come alcune attività laboratoriali, possono essere dei momenti estremamente formativi che, per ora, sono riservati alle Tradizionali.

Spero tuttavia che ci possa essere più sinergia tra entrambe le modalità per agevolare gli sportivi, non certo per i profitti, quanto per concedere la possibilità di proseguire gli studi a tutti quelli che hanno anche altre attività, in particolare quelle sportive che hanno in media una continuità molto ridotta nel tempo ma che richiedono il massimo della dedizione.

 

*3,8% riferito ai calciatori professionisti nella stagione sportiva 1992/1993

 

 

 

 

 

Andrea Vaccaro




L’indipendenza di Stampa

La libertà di stampa viaggia a braccetto con quella che, mi permetto di chiamare, è l’indipendenza di stampa.

Mi rendo conto che i puristi storceranno il naso alla frase “indipendenza di stampa”, ma certamente è una frase che diviene sempre più significativa al giorno d’oggi.

Essere indipendenti quando si è giornalisti è un dovere nonché diritto fondamentale per svolgere al meglio il mestiere di giornalista, infatti un giornalista indipendente è portato a tutelare la notizia che racconta ed il lettore che la legge, e nessun altro.

Oggi è fin troppo facile ammantarsi la bocca con la parola libertà di stampa, ma è l’inevitabile abbinamento di libertà con indipendenza che oggi dovrebbe essere elemento di attenzione da parte dei lettori.

Forse oggi la stampa è libera, ma di sicuro non è indipendente!

Ovviamente quando parliamo di stampa intendiamo anche le televisioni, le radio etc. etc., insomma tutti quei mezzi di diffusione dell’informazione a livello di massa.

Ma quali sono le vere dipendenze che oggi vincolano la stampa italiana?

Prima fra tutte la “morbosità” del lettore, il piacere quasi tranquillante di vedere che qualcuno è peggio di noi, o sta peggio di noi, o vive peggio di noi, o alla via così avete capito benissimo; questa “morbosità” porta i giornalisti a fare delle domande idiote come ad esempio alla mamma che ha perso il bambino “signora come si sente?”, o cose similari che normalmente al sentirle mi fanno personalmente andare in bestia ma che purtroppo vedo far alzare gli indici di ascolto.

La seconda non meno significativa è la dipendenza da un editore; ma non è detto che sia lo stesso del giornale o della tv,  a volte è quell’editore che sui suoi mezzi di comunicazione di massa apre spazi assoluti ai vari direttori di giornale dando credibilità e visibilità alla testata da loro diretta.

Se ci fate caso in quasi tutte le trasmissioni televisive ci sono direttori di giornale / giornalisti che commentano i fatti del giorno!

Una volta in tv i direttori di giornale andavano per intervistare i politici e non per fare i politici.

Questa seconda dipendenza diventa gravissima quando riesce a distogliere l’attenzione, di chi svolge il ruolo di giornalista, dai fatti.

E poi c’è la terza dipendenza, la legge del click, la mortale dipendenza dagli sponsor, dagli inserzionisti, che oggi obbliga i giornalisti a diventare dei “marchettari” pur di raccogliere sponsorizzazioni / Pubblicità.

Infine c’è il finanziamento pubblico all’editoria!

Non fraintendetemi questo istituto nasce con un buon intento, proprio quello di togliere la carta stampata dall’influenza degli sponsor, ma inevitabilmente l’ha messa sotto lo scacco dell’influenza politica.

In pratica impossibile parlare di stampa indipendente, cosa grave anche solo perché oggi ci sono troppi canali di diffusione delle informazioni, e di tutti questi nessuno risulta affidabile.

Libertà, Indipendenza, Affidabilità, questi sono i principali vocaboli che identificano, o che dovrebbero identificare, una fonte di informazioni, che sia essa un giornale, una tv, una radio, ma anche solo il singolo giornalista che scrive.

Troppe volte vediamo un uso distorto dell’informazione, piegata a necessità differenti da quelle del servizio al lettore, troppe volte uccidiamo un poco di noi stessi per poter aumentare la visibilità.

Tutto questo mina alla radice il rapporto con il lettore, distruggendo un altro valore importante, ovvero la credibilità.

Ormai nessuna fonte gode più della credibilità assoluta, ma tutte sono soggette al maleficio del dubbio da parte del lettore, ovvero quella sottile sfiducia che ci guida nella lettura di ogni notizia su qualsiasi fonte.

Una situazione insostenibile che, se non sanata nel breve, potrebbe portare ad una incolmabile frattura fra lettore e giornale, portando qualsiasi notizia a livello di fake news.

Quali sono le soluzioni?

Questa la mia ricetta che offro sempre ai miei giornalisti quando iniziano a scrivere per betapress:

  1. Intanto riflettere su quello che si scrive!
  2. Anche a rischio di non essere i primi ad uscire con la notizia, sarebbe bello se il ragionamento fosse: “meglio una notizia vera che una notizia subito”.
  3. Magari verificare le fonti, anche con una telefonata di approfondimento in più, piuttosto che fidarsi di un riporto da altra testata.
  4. Scrivere dopo essersi informati sul fatto e su tutto quello legato al fatto: troppo spesso chi scrive non approfondisce la tematica che tratta, il tutto a danno del lettore.

Viene una facile considerazione: se si facesse davvero il mestiere del giornalista, oggi non uscirebbe più una notizia in tempo reale, ma viene anche da dire che forse sarebbe meglio.

Libertà, Indipendenza, Affidabilità, Credibilità, difficile trovarle tutte in una fonte.

Alla fine mi rendo conto che oggi è diventato un mestiere anche quello del lettore, se viene fatto bene, perché scegliere a chi dare la propria fiducia, scegliere a chi regalare il proprio tempo è importante tanto quanto scrivere con onestà.

La mia convinzione è che per fare un buon giornale non occorre scrivere tanto, ma scrivere bene.

 

Corrado Faletti

Direttore