Il vantaggio del laureato In lettere

Noi laureati in lettere e filosofia partiamo avvantaggiati.

[esperimento sociologico letterario di resistenza umana].

Nella guerra sociale dell’affermazione e della gratificazione,
nella jungla dello scherno e delle maldicenze,
nella Cambogia delle rappresaglie psicologiche e delle violenze verbali,
noi laureati in lettere e filosofia, partiamo avvantaggiati.

Perché lo sappiamo fare.
Perché ci siamo abituati.

Perché veniamo addestrati fin da subito a incassare il colpo anziché schivarlo,
a resistere al dolore anziché fuggirlo.
Lo affrontiamo, lo assorbiamo e contrattacchiamo con il colpo segreto del tomo nascente.

Noi ci iscriviamo all’università e già la segretaria ci guarda e ci fa capire che non abbiamo futuro,
che saremo gli scarti delle graduatorie perenni e la sponda delle miserie di ogni call center.
Siamo la falange inutilmente laureata della moderna classe operaia.

Ma lo sappiamo fare.

Noi abbiamo avuto a che fare con centinaia di persone di tutti i luoghi e di tutti i tempi (per lo più morte o immaginarie) e, senza conoscerle e senza apparenti ragioni, ci siamo sforzati di capirle.
E il più delle volte ci siamo riusciti.

Noi osserviamo le azioni degli uomini da quando la terra era una massa d’acqua.
Ormai ne conosciamo tutte le cupidigie e tutte le dolcezze.
Siete un libro aperto … e già sfogliato mille volte.

Conosciamo più autori che persone e ogni pensiero ha una bibliografia di riferimento di almeno dieci testi ordinati in ordine cronologico.

Mentre gli altri sfogliano l’almanacco del giorno dopo pensando al giorno in corso, noi spulciamo la cronologia universale pensando all’eternità.

Quando persone noiose pensano di avere argomenti interessanti, l’unico aspetto per noi degno di attenzione è l’antropologica struttura sociolinguistica sintattica e lessicale di quello che dicono.

Di un discorso vanesio, noi dimentichiamo il senso generale e ci fermiamo sulla semplice parola assaporandone la storia segreta.

Per noi una parola ha a che fare con la linguistica italiana, la filologia romanza e la glottologia generale.
Dietro un saluto comune, odoriamo slavi misteri sociali.

Ma che ne sanno gli altri?

Ci offendono e ci scherniscono ma noi non ci spostiamo.

Abbiamo abbandonato i banchi delle biblioteche per integrarci nella società ma continuiamo a sfogliare i libri di nascosto.

Ci siamo mischiati a voi.
Se ci conoscete da poco, probabilmente neppure sapete che studi abbiamo fatto
Ma ci riconoscerete dalla forza.

Noi non ci pieghiamo alle vostre maldicenze.
Incassiamo e non ci pieghiamo.
E poi entriamo.
E vi deridiamo.

Non abbiamo la tecnica degli istituti professionali
ma abbiamo studiato Aristotele e sappiamo cos’è la techné.

Non abbiamo le basi, ma abbiamo le fondamenta.

Pensate di potere fare a meno di noi ma senza noi non vi capite.
Noi ridiamo mentre voi state seri e non capite perché.

Nella nostra perfetta mimesi, ci riconoscete da questo: dall’ironia.

Non avrai davvero letto fino a qui…
incredibile…
Sono costernata.




Il riflesso condizionato ai tempi di facebook

“Se mi ami, mettiti nudo”

Il riflesso condizionato ai tempi di facebook: siamo partiti dalla campanella di Pavlov e ora scriviamo Amen sotto ai post.

 

Non so se chi legge ricorda ancora quel vecchio slogan:

“se mi ami, mettiti nudo”.

Era la pubblicità di una marca di preservativi.

Al di là del prodotto reclamizzato, la frase imprimeva nella mente di chi ascoltava uno dei capi saldi della logica occidentale: il principio di causa ed effetto.

Se vuoi che una cosa avvenga, fanne un’altra in qualche modo ad essa collegata.

Erano gli anni ’80.

Non c’erano gli smartphone, non c’erano i social e i reality sembravano ancora una aberrazione della morbosità umana.

A guardarli così potrebbero sembrare anni innocenti dal punto di vista della manipolazione mediatica adesso così di moda e inflazionata.

In realtà, però, già gli inizi del ‘900 avevano dato lustro agli esperimenti di Ivan Petrovič Pavlov famoso per l’induzione del riflesso incondizionato sui suoi cani.

E Pavlov non era certo il solo.

Fate pure un giro su internet per vedere cosa combinavano John Watson, Stanley Milgram, Bibb Latané e John Darley, Harry Harlow o il più recente Philip Zimbardo…

Durante il ‘900 una delle grande domande di chi per dritto o per traverso studiava la mente umana, era perché le persone si comportassero in determinato modo e se fosse possibile riprogrammarle.

Che la risposta fosse è stato subito chiaro.

Le uniche variabili erano il tempo e l’etica.

Persino di strumenti ce n’erano a bizzeffe e, successivamente, lo svilupparsi e capillarizzarsi dei media ha dato una mano in più.

Di certo ci si ricorda degli studi e delle riflessioni sulla propaganda di regime.

In quegli anni, l’arrivo massiccio dei media aveva concentrato molto l’attenzione sui comportamenti umani, il modo di manipolarli e sulle tecniche di propaganda.

Il ‘900 è stato il secolo durante il quale l’uomo si è chiesto come dominare la mente degli uomini.

È stato il secolo durante il quale gli studi sulla mente umana sono nati e fioriti.

Nel ‘900 nasce la psicologia (per noi normalissima ma allora rivoluzionaria).

Più la comunicazione entrava nella vita quotidiana delle persone, più i comunicatori hanno sentito il bisogno di affermare il loro potere a proprio vantaggio.

La propaganda (diventato argomento delicato) si trasformava in pubblicità dicendoci cosa comprare e cosa desiderare.

Poi, col XXI secolo ecco la nuova sfida: insegnarci come pensare e – meglio ancora – insegnarci come reagire agli stimoli emotivi (come osserva spesso il filosofo Umberto Galimberti).

Siamo tutti sotto esperimento, a volte li facciamo noi, altre li subiamo.

Siamo tutti dei cagnolini di Pavlov che reagiscono sincronicamente al suono della campanella; oppure siamo Pavlov che misura l’aumento della salivazione della cavia dopo aver lanciato lo stimolo.

Affascinante a guardarlo da fuori, annichilente se si riuscisse a guardarlo dal di dentro.

E noi che possiamo fare?

Innanzitutto accorgercene è un gran passo avanti.

Questo ci permette di guardare le cose da un passo di distanza.


Fatto questo, prese il possibile le distanze, proviamo a recuperare la più antica delle domande filosofiche: “perché?” e assolviamola dalle paure da benpensanti ben educati ben adattati che negli anni ci hanno impedito di usarla.

Senza cadere nella trappola psicologica del complottismo, proviamo a guardare le cose chiedendoci: “perché?”

Perché penso questo?

Perché desidero quello?

Perché reagisco così?

Perché faccio cosà?
Perché…?

E non sarebbe male neppure condividere queste domande con qualcuno che vuole fare lo stesso esperimento.

Non so se ci si salva del tutto però in compenso di passa il tempo molto gradevolmente e si può anche stare lontani dagli stimoli induttori che, bisogna dirlo, sono naturalmente molto ben fatti.

La prima volta che abbiamo risposto a uno stimolo, è stato perché ci è sembrato molto utile e innocuo.

I social, sotto questo punto di vista, sono un interessantissimo campo di addestramento umano.

Chi sui propri profili social non ha mai fatto degli esperimenti per vedere cosa portava maggiore approvazione?
Chi non si è naturalmente adattato alle regole non scritte che portano ad attirare più “like” o cuoricini?

Fa parte del nostro essere animali social – i 

Proprio sui social ci sono decine di campanelli attivi che ci fanno piegare al volere del nostro Pavlov di turno, che non deve necessariamente essere il sistema, a volte basta anche liberarsi da quello che una sola persona vuole indurci a fare.

Non si chiamano più “campanelli”, si chiamano “call to action” “chiamate all’azione”; ed effettivamente il nome è onesto perché si capisce che, checché se ne dica, non si tratta dell’azione che vorremmo che il nostro interlocutore facesse spontaneamente ma è proprio l’azione che vorremmo che facesse quasi a qualunque costo.

Ovviamente alla call to action reale tipo “compra adesso (anche se non ti serve adesso)” ci si arriva perché ci si è prima allenati.

E come ci si allena?

Con le buone cause: il vantaggio comune.

Chi non ha mai visto (condividendoli o meno) post del tipo “preghiamo per questa povera anima, scrivi amen nei commenti”; oppure “questa cosa è vergognosa, condividila affinché tutti lo sappiano”.

Il passo sucessivo è il vantaggio personale:

Selezioni per fantomatici posti di lavoro (la leva più forte in questo periodo sociale):

“se vuoi essere selezionato fai la giravolta, la riverenza e la scappellenza e sbagli una sola cosa sei escluso”

“compila il seguente form: qualunque candidatura giunta diversamente non verrà tenuta in considerazione”

“se vuoi ottenere del materiale esclusivo scrivi SCEMOCHILEGGE nei commenti”

Abbiamo visto tante volte tutto questo in giro.

Abbiamo fatto anche noi azioni induttive di questo tipo.

Ed è normale.

Il terreno dei social è il campo nel quale siamo più disposti a seguire le indicazioni.

Ma adesso, provando a guardare tutto questo (che è normale, che fa parte della nostra quotidianità e che, comunque, non possiamo del tutto rinnegare), ci viene da pensare “ma PERCHÉ devo fare come dicono loro?
Perché devo abituarmi a parlare, scrivere, procedere come gli altri?

Perché non posso avere un tipo di comunicazione eterogenea e imprevedibile fatta da modi diversi di rapportarsi e reagire?”

Scegliere di uscire dai social per non essere manipolati è quasi come non uscire di casa per paura di essere investiti.

Non dobbiamo orientarci alla sospensione delle attività (a meno che non abbiamo animi da eremita) ma dobbiamo abituarci a chiederci cosa davvero vogliamo fare.

 

Crediti: ?

 

Link Esperimento di Pavlov sui cani: scheda

John Watson: scheda

Stanley Milgram: scheda

Bibb Latané: scheda

John Darley: scheda

Harry Harlow: scheda

Philip Zimbardo: scheda e ancora il mio articolo La bellezza salverà il mondo

 

 

 




Italia fanalino di coda per il riconoscimento delle responsabilità…

Come sempre Ancodis stigmatizza con efficacia le storture del mondo della scuola…

 

 

COMUNICATO STAMPA del 22 marzo 2019

 

ANCoDiS: il futuro CCNL 2019-2021 della scuola in edizione….rétro?

 

Da qualche settimana si è aperto il tavolo del confronto per il rinnovo del CCNL Comparto “Istruzione e ricerca” relativo al triennio 2019-2021.

Tra le priorità emerge la revisione delle tabelle stipendiali che dovranno prevedere risorse aggiuntive per retribuire adeguatamente il lavoro professionale di TUTTO il personale (è stato già fatto per i DS), con l’obiettivo – condiviso – di avvicinarsi alla media dei paesi europei dell’area euro.

E’ importante ricordare quanto recita l’articolo 36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla QUANTITA’ e QUALITA’ del suo lavoro ……..” cioè ancorata a parametri che sono la qualità del servizio reso, la quantità di lavoro svolto, il tempo impiegato per lo svolgimento.

Per noi Collaboratori dei DS – e lo sappiamo bene – questo articolo è disatteso nonostante l’importante lavoro che svolgiamo quotidianamente per le nostre Istituzioni scolastiche.

Siamo l’unica categoria nella scuola per la quale alla regola si fa eccezione!

Per l’assunzione di incarichi e di responsabilità nella governance affidati dal DS ai sensi del art. 25 comma 5 del D.Lvo 165/2001, il vigente CCNL non riconosce di fatto il lavoro aggiuntivo e straordinario di questi docenti specializzati se non per la inadeguata retribuzione di due Collaboratori a carico del FIS (art. 88 comma 2 lettera f del CCNL 2006/2009) senza alcun effetto nella progressione di carriera.

E’ noto a tutti – MIUR, OO.SS. ed Associazioni dei DS – che in molti paesi europei si riconoscono incrementi stipendiali per l’assunzione di responsabilità aggiuntive, per la disponibilità a svolgere ore di lavoro straordinario, per l’insegnamento in aree geografiche disagiate, per la partecipazione ad azioni di formazione professionale, per la partecipazione ad attività extracurricolari.

In particolare, secondo il Rapporto Eurydice del 2013, le responsabilità aggiuntive sono riconosciute in 26 paesi e soltanto in 3 (tra cui l’Italia) sono considerate esclusivamente a livello di contrattazione di istituto: infatti, nei pochi sistemi d’istruzione basati su una struttura di carriera piatta, per le responsabilità aggiuntive sono previsti soltanto modestissimi incentivi economici determinati e contrattati a livello di istituzione scolastica.

In Europa, alla definizione della progressione della carriera e delle indennità concorrono diversi

fattori tra i quali un rilevante peso hanno l’assunzione di incarichi aggiuntivi con ulteriori

responsabilità, la formazione professionale continua, l’anzianità di servizio.

E di norma, in diversi paesi europei, ai docenti vengono attribuite indennità integrative allo stipendio determinate a livello nazionale, regionale o misto con certezza di prospettive di carriera: si tratta di “incentivi” per incoraggiare i docenti ad assumere responsabilità ed incarichi, a svolgere lavoro straordinario, ad accogliere favorevolmente proposte di azioni formative professionali.

In Italia, invece, è da rilevare (e contestare) che tutto questo importante e fondamentale lavoro non è connesso a nessuna prospettiva di progressione di carriera nell’ambito della professione docente né in quella dirigenziale.

Deve essere a tutti chiaro: in Italia, un Collaboratore del DS che insegna Lettere per 18 ore (e magari in scuola con DS reggente) con un’anzianità di servizio di 15 anni ed un docente con la stessa anzianità di servizio che insegna per 18 ore la stessa materia PARI sono.

In Italia, un Collaboratore del DS che insegna Matematica per 18 ore – a parità di requisiti di servizio con un altro docente – nella graduatoria interna ed ai fini della mobilità PARI sono!

In Italia, per l’accesso alla carriera dirigenziale un docente con esperienza pluriennale nell’attività di collaborazione al DS ed un docente con 5 anni di servizio (incluso il servizio da precario) e senza alcuna esperienza nella governance di un’autonoma Istituzione scolastica PARI sono!

Si tratta ovviamente di un’evidente discriminazione…ma a danno del docente Collaboratore del DS! Siamo di fronte ad una irragionevole condizione professionale per la quale Miur ed OO.SS. devono trovare soluzione.

(Al Ministro Bussetti (ex DS), al Vice Ministro Giuliano (DS in aspettativa) ed ai loro collaboratori al Miur (alcuni DD.SS. in aspettativa), ai tanti sindacalisti (alcuni DS distaccati) il tema che poniamo risulta molto chiaro poiché hanno avuto al fianco ed hanno lasciato le loro scuole affidate ai loro (validi) Collaboratori ed a DS reggenti).

Non esistono – ed è il vulnus dello status giuridico dei docenti italiani – differenziazioni della retribuzione né possibilità di diversa progressione di carriera!

In questo, dunque, l’Italia è davvero un paese europeo?

ANCODIS ritiene di no!

E propone al MIUR ed alle OO.SS. che nel prossimo CCNL si passi da una struttura di carriera piatta, iniqua ed arcaica (fondata cioè solo sull’anzianità di servizio!) alla struttura differenziata e moderna fondata anche su:

–        assunzione di responsabilità aggiuntive;

–        formazione in temi legati alla governance ed alla gestione di sistemi complessi;

–        complessità dell’Istituzione scolastica;

–        anzianità nello svolgimento dell’incarico;

–        valutazione professionale così come avviene per i Dirigenti scolastici.

Per i Collaboratori dei DS occorre prevedere – come avviene in molti paesi europei – la diversificazione dell’orario di lavoro in orario didattico ed orario aggiuntivo nel quale è riconosciuta la presenza a scuola per lo svolgimento di tutte quelle attività che oggi sono comunque realizzate ma che rimangono contrattualmente sommerse!

Occorre procedere – ed è arrivato il tempo – ad una coraggiosa innovazione contrattuale che determini per questi docenti specializzati modalità condivise di accesso (ferme restando le prerogative del DS previste dal 165/2001), la progressione di carriera e gli incentivi economici sulla base di criteri generali previsti nel prossimo CCNL ai quali le autonome Istituzioni scolastiche dovranno fare riferimento.

In questo modo – per i Collaboratori dei DS – si renderebbe davvero onore all’articolo 36 della nostra bellissima Carta Costituzionale!

In caso contrario non possiamo più stare a guardare…

 

Prof. Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

 

 

 

 

 

 




Ancodis ricevuta dal Senatore Pittoni

Ancodis finalmente a colloquio con le Istituzioni!

Era ora che a questa categoria di eroi della scuola fosse riconosciuto almeno il diritto di esprimere e raccontare il loro vivere quotidiano fatto di impegno e di altruismo.

Siamo sicuri che vista l’intelligenza dell’interlocutore il passo è importante.

Anche noi di betapress avevamo sostenuto con il Senatore Pittoni l’importanza di un riconoscimento a questa categoria, e siamo molto contenti dell’inizio di questo percorso.

In fondo non dimentichiamo che il ruolo di collaboratore, pur se scelto dal DS, è formalmente normato sia nella legge 165/2001 che nella tanto discussa legge 107.

Proprio per quanto sopra il “vicepreside” ha un ruolo ufficiale e formale, e NON deve essere trascurato da nessuno, men che meno dalle istituzioni.

Ecco cosa ci annuncia il presidente di Ancodis, Rosolino Cicero, figura importante per il ruolo dell’associazione:

Giovedi 11 aprile una delegazione di ANCODIS guidata dal Presidente territoriale di Palermo, Prof. Rosolino Cicero, incontrerà il Presidente della VII Commissione Cultura al Senato, Sen. Mario Pittoni.

L’incontro segue altri momenti di confronto con rappresentanti istituzionali delle diverse forze politiche (Ministro Bussetti e Dott.ssa Ferrario, On.li Casa, Azzolina, Villani, Ascani, Aprea, Fusacchia, Sen.ri Russo, Di Piazza, Stancanelli, il Presidente e Vicepresidente Anp, il Presidente Disal) ai quali ANCODIS ha sempre presentato i punti fondamentali della piattaforma programmatica con proposte che ritiene credibili e sostenibili relativi al tema della governance delle moderne ed autonome Istituzioni scolastiche.

Anche al Presidente Pittoni, i Collaboratori dei DS di ANCODIS – ai sensi del comma 5 art. 25 D. L.vo 165/2001 e comma 83 art. 1 Legge 105/2015 – porranno il tema del loro riconoscimento contrattuale nel sistema scolastico italiano.

Ribadiranno che si tratta di docenti specializzati che – con un lavoro ben noto a tutti e di alto valore professionale – coadiuvano i DS nella gestione e nell’organizzazione delle autonome e moderne I.S..

In ciascuna autonoma I.S. – lo sanno bene docenti, alunni e genitori  – ci sono tanti docenti (almeno 60000 tra 1°-2° Collaboratore, Responsabili di plesso) che, oltre la quotidiana attività didattica, offrono tempo, impegno e passione alla loro scuola senza avere in cambio alcun riconoscimento né in carriera né economico al limite di un lavoro in nero (fatta salva una misera quota forfettaria del Fondo di istituto!).

Ancodis a tutti i suoi interlocutori chiede la meritata attenzione per questa componente di docenti  che concorre alla gestione ed all’organizzazione didattica della scuola e senza la quale un DS non potrebbe guidare efficacemente ed adeguatamente la/e scuola/e affidata/e.

Possiamo affermare – senza timore di smentita – che se i Collaboratori dei DS decidessero di astenersi dalle loro mansioni soltanto per pochi giorni, le scuole entrerebbero in una seria difficoltà nel portare avanti il quotidiano servizio scolastico!

Ma poichè abbiamo a cuore le nostre scuole e siamo consapevoli del danno che si potrebbe arrecare ad alunni e famiglie, continuiamo – nonostante questa ingiustificata ed inaccettabile disparità di trattamento – a portare avanti responsabilmente il compito affidato dai nostri DS; deve essere chiaro, però, che non rinunceremo a fare sentire la nostra voce di professionisti “contrattualmente discriminati” (vedi ultimo comunicato stampa del 22/3/2019) e senza alcun riconoscimento nella carriera professionale oggi ancora fondata soltanto sull’anzianità di servizio (carriera piatta ancora esistente in pochissimi paesi europei).

Chiediamo di prevedere la necessità di determinare una diversa progressione di carriera (parallela/integrata/differenziata) che non può non tenere conto di quanto impegno, professionalità e competenze abbiamo offerto ed offriamo alle nostre scuole.

E’ ingiusto, non è ragionevole: la professione docente si deve misurare e valutare per la qualità complessiva del servizio reso – anche in termini di tempo – alla propria Istituzione scolastica.

Pertanto, confidiamo nell’attenzione del Presidente Pittoni e della Commissione cultura poichè riteniamo le nostre richieste LEGITTIME in una moderna visione della governance scolastica ed in una nuova prospettiva di carriera nella professione docente.

E’ arrivato il momento di una “rivoluzione culturale” nella scuola italiana.

E’ arrivato il momento di dare una risposta a questi professionisti della scuola italiana!

 

Cordialmente,

Rosolino Cicero

 




L’alternativa del silenzio

Questa cosa del nome magico ha creato un po’ di confusione.

Vediamo se posso fare un po’ di chiarezza.

Secondo numerosissime tradizioni che scorazzano da destra e sinistra dell’Universo Mondo,

l’atto della creazione è legata alla emissione di un suono.

Il “bhu” del purusha,

Il “logos” delle culture pagane e cristiane,

La “vac” hindu,

Ma anche la “parabola” (da cui parola)

Insomma avete capito:

Tutte quelle culture da cui nascono i concetti di parole magiche degli stregoni,

delle formule ipnotiche degli illusionisti,

delle parole di incoraggiamento dei motivatori.

Per intenderci, maledizioni (dire – quindi fare in modo che si avveri – il male) e benedizioni (vedi e adatta analisi precedente) varie.

Il tutto per dire che la parola è in grado di modificare ciò che esiste.

Il fatto è che se dici

“Il mio socio” e non hai mai firmato nulla,

“La nostra biblioteca” e non è possibile accedere a un solo libro,

“I miei dipendenti” e non hai mai emesso una busta paga,

“La mia attività” e non ci hai mai guadagnato un soldo,

“Mio marito” ma non avete celebrato un solo rito,

“La mia laurea” ma non hai mai fatto l’ultimo esame 

“La mia azienda” ma non hai mai visto un notaio in vita tua 

allora c’è qualcosa che non va.

Sperare che qualcosa si avveri e parlarne come se l’avessi già, è sbagliato.

Per rendere vera qualcosa, non basta metterci sú una parola a caso.

Non basta questo…

Agire così, non è usare la forza delle parola per creare la realtà ma è MENTIRE.

————–

Poiché questo nella vita capita a tutti,

poiché a tutti quanti è capitato volontariamente o involontariamente di usare il “nome sbagliato” per indicate qualcosa che era “altro”,

per non fare sempre lo stesso errore, riflettiamo su questo:

Le parole magiche esistono 

ma hanno sempre origine dal silenzio 

Iniziamo da quello.




Superare la paura

“L’intolleranza è la paura che nutriamo verso l’altro quando temiamo che possa toglierci qualcosa”

Raimundo Panikkar

Questa frase l’ho letta la prima volta quando avevo 21 anni

e ancora la ricordo a memoria.

E la ricordo tutte le volte che guardo qualcuno e a pelle mi fa gratuitamente antipatia.

Allora, mentre una parte grande di me vorrebbe urlarle contro, offendere, aggredire…

una parte più piccola ma con più carattere mi porta a chiedermi:

“perché questa persona/ questa cosa/questo pensiero… mi fa paura?

Cosa potrebbe togliermi?”

E capisco che, spesso, non ho niente da temere 

e torno calma.

Mi capita tutti i giorni, più volte al giorno.

Lo vedo capitare di continuo, ovunque:

– un commento aggressivo a una considerazione pacata,

– un irrazionale pensiero radicato contro un atteggiamento generale,

– una posizione aprioristica e sorda alla ragionevolezza di una azione.

La paura ha una componente comune qualunque forma o causa abbia: 

è irrazionale.

Se fossimo abbastanza lucidi da poter accettare che la paura è cieca e l’intelletto è una candela,

Sarebbe tutto più chiaro.

Ma non è sempre così.

Come è difficile non avere paura.




il contratto del DPO

quando si sottoscrive un contratto con un DPO solitamente si ricevono immediatamente due servizi: la tutela presso il garante della funzione di DPO, che si esprime con la registrazione sul sito del garante della nomina stessa, e l’accesso ad una serie di documenti e prodotti (sito web dedicato, modelli, ecc.), che definiscono una prima erogazione di servizi in fase di sottoscrizione.

Per questi due servizi sarebbe opportuno che la pubblica amministrazione prevedesse un pagamento alla sottoscrizione del contratto a fronte dei servizi erogati, ed in ogni caso potrebbe sembrare che vincolare il pagamento di tutto il contratto alla fine del periodo di servizi configuri un’anomala posizione di dipendenza del DPO dalla pubblica amministrazione, cosa fortemente sconsigliata dal garante stesso.

il contratto infatti ha uno svolgimento continuo che si estrinseca poi nella continua consulenza e nel continuo aggiornamento che il DPO deve effettuare, questo dovrebbe far si che il pagamento avvenga in forma mensile ad erogazione di servizio.

calcolando l’esiguo valore dei contratti sarebbe quantomeno poco opportuno caricare l’amministrazione di fatture da 80 euro mese circa, quindi la soluzione migliore sembra proprio essere la formula del 50% subito e 50% fine contratto.




Barbablù e il tranello contemporaneo

Barbablù era un uomo alto, piacevole e ricco; un uomo di grande fascino e magnetismo e cercava una sposa.

Quando arrivò nel paese, individuò una famiglia con tre figlie.

Le corteggiò e, alla fine, la più piccola si convinse che, dopo tutto, la sua barba non era così blu, e così accettò di sposarlo.

La giovane si trasferì con lui in un bellissimo e grandissimo palazzo.

Lì conduceva felicemente la vita della sposa.

Tutto era perfetto.

Un giorno Barbablù dovette partire.

Prima di andare via lasciò alla giovane moglie le chiavi del palazzo con una sola raccomandazione: 

“puoi andare ovunque, ma non usare la piccola chiave d’oro”

“non ti preoccupare, non ti preoccupare”.

Appena Barbablù partì, arrivarono le due sorelle maggiori a far compagnia alla sposina.

Quando videro il mazzo di chiavi, la prima cosa che vollero fare fu cercare la porta che sarebbe stata aperta con la piccola chiave d’oro.

Passarono la giornata aprendo tutte le porte del palazzo, erano infinite come infinite sembravano le chiavi.

Alla fine, nel più profondo della cantina, trovarono l’ultima porta per l’ultima chiave.

La porta fu aperta, la verità svelata.

Dietro la piccola porta si nascondeva una stanza grondante di sangue dove stavano i cadaveri delle precedenti mogli.

Le sorelle urlarono di terrore e chiusero subito la porta 

ma la chiave cominciò a sanguinare fino a sporcare il vestito della sposa.

In quel mentre sentirono in lontananza tornare Barbablù.

Le sorelle corsero a rifugiarsi in camera e la sposa si cambiò d’abito chiudendo quello sporco nell’armadio.

Quando Barbablù tornò, chiese alla sposa le chiavi.

Vide che mancava la chiave d’oro e chiese spiegazioni alla moglie.

Non credendo alle sue parole guardò verso l’armadio, vide il sangue che scorreva e capì tutto.

Decise allora di far fare alla nuova sposa, la fine che avevano fatto le precedenti.

Le sorelle, per temporeggiare, pregarono perché la sposa si preparasse con preghiere alla morte, Barbablù acconsentì.

Intanto, arrivavano al palazzo i fratelli (chiamati per l’occasione) che irruppero nel palazzo, uccisero, Barbablù e liberarono la giovane sorella.

 

Il fatto è che Barbablù non è morto.

Barbablù è vivo e si aggira nelle nostre vite.

Barbablù è quella persona che incontriamo per il mondo e non ci convince.

Barbablù è bello, di successo, carismatico ma ha qualcosa che non ci convince: la barba blu; il segno di una antica infrazione delle regole, di una magia andata male, il segno di una antica corruzione, di una scelta di vita sbagliata.

La pietra miliare della sua perversione che la nostra ingenuità ci porta a non voler vedere perché abbagliata da altro, dal nostro sogno di stargli vicino.

Barbablù è un cattivo stregone, un cattivo mago, un cattivo maestro, un cattivo guru.

Barbablù è l’uomo (o donna) che riesce a fare breccia nel cuore dell’anima giovane e inesperta della vita che ne diventa preda.

La giovane sposa avrebbe fatto la fine delle precedenti spose se non fossero arrivate in suo aiuto le sorelle, l’intelletto maturo, che l’hanno spinta a chiedere, a fare domande, a usare la chiave d’oro e a scoprire la verità.

La verità, una volta scoperta, urla giustizia, non c’è più modo di tenerla nascosta e vuole una risposta.

C’è solo un modo per sconfiggere Barbablù: crescere e non permettergli di sopraffarci usando tutte le nostre armi, usando la traccia del nostro essere, la famiglia psichica.

———–

E così anche noi, 

se non vogliamo restare uccisi dai finti maestri,

impariamo a chiedere e ad aprire le porte nascoste.

Barbablù è l’orco e l’assassino,

è l’occasione, il tranello, 

è ciò che risucchierà la nostra anima e ci corromperà se non facciamo attenzione.

Facciamo attenzione,

non sottovalutiamo le barbe blu.

Tutto quello che è chiaro e non vediamo, è frutto della nostra illusione.

Non finiremo chiuse nella stanza segreta dell’oblio.




La vita nascosta di Javert

Javert era un uomo di legge

Egli aveva fatto della sua vita un perfetto paradigma di correttezza e giustizia,

Sapeva che esiste il giusto e il disonesto, sapeva distinguerlo chiaramente e si era schierato dalla parte del giusto.

La gente onesta amava Javert: egli impediva infatti ai ladri di rubare, agli assassini di uccidere e ai dissidenti di schierarsi contro il giusto stato.

I delinquenti odiavano e temevano Javert.

Javert era un uomo di legge.

Conosceva la legge dell’uomo e la legge di dio, non aveva altro codice.

Javert per tutta la vita ha inseguito un nemico: Jean Valjean.

Un uomo che un giorno, per fame, aveva rubato una mela ed era finito ai bagni penali.

Jean Valjean fuggì e Javert iniziò il suo inseguimento per punire il male.

Jean Valjean era un uomo buono che per fame aveva rubato, per coraggio aveva ucciso per amore aveva disatteso una promessa.

Egli portava nel cuore il peso di tutti i suoi errori e aveva dedicato la vita a porre rimedio facendo del bene.

L’inseguimento di Javert a Jean Valjean è durato tutta una vita.

Una sera Javert e Jean Valjean si trovano uno di fronte all’altro, senza scampo per nessuno dei due.

Allora Javert guarda Jean Valjean e capisce il motivo per il quale ha inseguito quell’uomo per tutta la vita; capisce che c’è qualcosa che va oltre la giustizia, capisce che oltre al bianco e al nero esiste il grigio e ne è sconvolto.

Javert fa la cosa giusta: lascia andare Jean Valjean ma non riesce a sopportare di aver lasciato scappare il nemico di quello parte di lui che non può vivere senza regole scritte dagli altri.

Javert soffre perché deve decidere in pochi minuti della sua identità.

Deve decidere se è un uomo di legge o un uomo di sentimento; se è un uomo che sa o un uomo che sente.

Sente di aver fatto la cosa giusto ma sa di aver fatto la cosa sbagliata.

Capisce allora di non essere adatto a questo mondo e risponde per l’ultima volta alla sua logica sociale.

E così Javert, sovrastato dal disagio, non capendo più cosa è giusto e cosa è sbagliato, si uccide.

[I Meserabili -Victor Hugo]


Javert spaventa e commuove.

Noi sono Javert tutte le volte che cerchiamo di distinguere il bene dal male, il logico dall’illogico, che vogliamo metterci al riparo in una società in cui le regole sono scritte da altri.

Tutte le volte che falliamo trovandoci davanti a una realtà impossibile da schematizzare.

Noi siamo Javert e sappiamo che le persone migliori sono i Jean Valjean, quelli che vivono, sbagliano e danno un senso eterno alla loro vita.




Tipi da social

In Italia il 73% della popolazione è presente on line e il 57% è attiva sui social.

Negli ultimi anni 34 milioni di persone hanno registrato un profilo on line e hanno iniziato a somigliargli.

In principio, forse, pensavamo tutti di fare in modo che il profilo creato ci somigliasse: abbiamo inserito i nostri dati e le nostre foto; dapprima con grande discrezione, poi, piano piano, non abbiamo resistito alla seduzione della possibilità di riscatto e abbiamo iniziato a voler somigliare al personaggio caricato.

I profili hanno iniziato a diventare un Avatar o, meglio un Avatara.

Avatara in sanscrito vuol dire “manifestazione”, “discesa sulla terra della divinità”, una sorta di “epifania divina”.

E così sui social abbiamo iniziato a pensare di poter esporre la nostra manifestazione divina, la parte migliore di noi: quella più bella, grazie ai filtri delle foto, quella più intelligente, grazie alle citazioni copiate e incollate on line, più influenti grazie all’auto-celebrazione.

Ma la simbologia delle divinità è alta e raffinata e non sempre facile da incarnare.

L’avatar, l’immagine, la maschera…

“Datemi una maschera e vi dirò la verità” scriveva Oscar Wilde ma questo avviene nello stato embrionale della vita social: quando l’utente muove i suoi primi passi e vive ancora un momento di pudore della personalità, quando pubblica poco e non ama condividere troppe foto, quando ancora il simbolo può trovare spazio. 

Poi, piano piano, prende dimestichezza col mezzo e viene colto dal desiderio della esposizione divina ma, inesperto del raffinato mondo simbolico delle divinità antiche, viene fatto prigioniero da un annichilente, semplice e schematico mondo delle maschere fisse delle fabulae atellanae.

In poco tempo il mondo dei social viene popolato da novelli 

Dossennus il parassita gobbo e scaltro che si atteggia a sapiente.

Pappus il vecchio babbeo lussurioso, rimbambito e avaro.

Maccus quello che “fa il cretino” e mangia di continuo.

Buccus quello con la “bocca grossa”, che parla a vanvera.

Ovviamente i nomi sono cambiati e anche (poco) le caratteristiche.

L’atellana Social moderna è popolata da

Il Guru.
Il Guru ha conquistato una propria notorietà on line, ha un più o meno folto gruppo di accoliti che leggono tutto e si dividono tra quelli che prendono a cuore i loro “insegnamenti” o quelli che le rifiutano nettamente.

Queste due fazioni popolano poi i social combattendo le loro crociate l’una contro l’altra.
La caratteristica principale dei Guru è che non seguono mai i consigli che dispensano.

Ci troviamo così davanti a esperti consulenti aziendali che non hanno aziende, maestri di vita con esistenze a pezzi, esperti di indipendenza finanziaria con buchi di bilancio imbarazzanti.

Però, a loro discolpa, si può dire che sono lì per insegnare, mica per essere coerenti…

Batman: 

Se si legge il suo profilo, si nota che c’è sempre qualcuno con cui è arrabbiato: lettori silenti che lo spiano e tramano contro la sua felicità, nemici invisibili dai quali deve difendersi, terribili ingiustizie subite.

Batman però ha sempre un avvocato dalla parte del manico e lo sguaina al momento opportuno.

Nonostante le tante prove della vita, ha fiducia nel fatto che sconfiggerà tutti grazie alla sua forza e al suo coraggio.

Forza Batman fagliela pagare a tutti!

Grandi prove per grandi uomini!

La Vrenzola

Espressione dialettale napoletana diventata di nota grazie anche ai video dei the jackal (vedi crediti a fine articolo).

Le vrenzole usano le bacheche di facebook per dare risposte pubbliche sulla propria vita privata.

Seguire i discorsi delle vrenzole non è facile perché non sempre si sa contro chi l’abbiano, ma in genere basta guardare tra i commenti dove con discrezione futurista è spiegato dove andare a cercare l’altra voce di questo romanzo epistolare moderno.

La vrenzola si differenziano da Batman perché questo sente il peso dell’essere un super eroe e sa che il suo destino è quello di combattere contro tutti i cattivi aspettando di incontrarli una notte a Gotham, la Vrenzola va dalle galline e le prendere a borsettate.

Seguire le vrenzole è come fare la settimana enigmistica: tiene allenata la mente.

Il Cronista

Con lo zelo e la professionalità dell’inviato di guerra, il cronista ci informa di tutti i suoi spostamenti e delle sue azioni.

Potrebbe cominciare postando il risveglio, poi la colazione, i bambini a scuola, il lavoro, la spesa, il cane, il gatto, il topo e l’elefante…

Di lui sai sempre tutto: quali sono le sue passioni, quale principessa della Disney è, qual è il record a Candy Crush… il suo sogno segreto (che fa di tutto per rendere vero) è avere un reality sulla propria vita privata che si sforza di far apparire perfetta ma vera: ogni tanto anche il cronista ha un problema ma lo supera con filosofia e coraggio. 

In un mondo così falso e incerto, sapere che il cronista pubblicherà ogni mattina la foto del suo caffè, è una certezza da non sottovalutare.

 

Quello intelligente.

Tra le tante certezze di facebook c’è lui: quello intelligente.

Non importa se abbia studiato all’istituto professionale e poi si sia dedicato ad una vita da impiegato al catasto. Tutto questo tempo libero gli ha permesso di informarsi di tutto e di tutti.

L’opinionista sa sempre quello di cui si parla e di cui è importante parlare: dalla trasmissione sul canale privato ai raffinati affari di alta politica.

Se ci fosse lui al potere tutto avrebbe senso.

Se non ci fosse lui on line, non conosceremmo le tendenze di opinione.

Lui ha pensieri profondi, visioni acute e ha sempre ragione anche quando … anzi no, soprattutto quando ha torto.

Tutti vorremmo essere lui.

 

Ma queste sono tutte immagini, piccoli frammenti, deviazioni dell’intero.

Sono riproduzioni semplicistiche alle quali affidiamo noi stessi per piacere di più a chissà chi.

Chissà chi per davvero, perché, in effetti proprio, non si capisce a chi piacciano questi stracci di personalità.

Però sono facili da gestire e per questo ci seducono, perché sui social pare più facile avere una personalità riduttiva e schematica che non cercare confusi la propria identità che potrebbe essere così grande che, da vicino, non riusciamo a metterla a fuoco.

 

Crediti

Fonte dati: grafici

Vrenzole:

video the jackal you tube  

fonte immagine: facebook