Sensuability – la prima volta siamo tutti disabili

Vi è mai capitato di entrare in un posto e capire di aver sbagliato sala?

Di posizionare la sedia con fare disinvolto, convinto che da quel punto vedrai bene lo spettacolo ma poi ti siedi, si alza il sipario, capisci che hai sbagliato posto.

E allora ti alzi, riposizioni la sedia, chiedi scusa ai vicini, ti risiedi e ancora non va bene e continui a cercare il posto comodo mentre tutti ti guardano con disappunto.

Quel misto di vergogna e disagio che ti fanno sentire un pesce fuor d’acqua e hai anche un po’ di sensi di colpa per la tua goffaggine.

Se non vi è capitato mai, beati voi; se vi è capitato, sappiate che per tutta la durata dell’intervista alla cara Armanda Salvucci, io mi sono sentita così.

Ma non per colpa sua, ma per pregressa superficialità mia.

Per tutto il tempo, mentre lei mi parlava e ridevamo, io pensavo “ma com’è possibile che io sia talmente tanto fuori dal mondo?”

“Quando è successo che ho perso un pezzo così importante e grave della società?”

Armanda è una di quelle persone che cambieranno il mondo, di quelle che fanno la differenza e non accolgono passivamente la vita con le sue assurdità.

Lei è un passo avanti a tutti.

Nella mia esperienza personale, è sempre stata un passo avanti a me:

quando io studiavo fundraising, lei lavorava nel fundraising;

io disfo l’albero di Natale per san Valentino, lei per Pasqua;

io divento scema al pensiero di avere gli operai in casa per una settimana, lei se li tiene dentro per 5 mesi;

io sono ironica e intelligente lei … uguale;

io sono modesta … lei di più… 😉

Armanda mi ha spiegato e mi ha fatto rendere conto che c’è molta paura nei confronti della disabilità, molta ignoranza e molta strumentalizzazione e a lei non va bene: così ha creato, con Giovanni Lupi e Roberto Campile, il progetto Sensuability – la prima volta siamo tutti disabili.

 

Tutto ha inizio poco più di due anni fa, a Roma, quando sui giornali esce un infelice annuncio per un casting:: si cercava, mi spiega Armanda, un “nano che facesse tenerezza”.

 

Quello che salta agli occhi è che ancora oggi ci sono nei confronti di persone con una disabilità quei preconcetti e stereotipi che un tempo in America erano legati agli schiavi neri.

A quanto pare, ancora oggi ci piace prendere gruppi eterogenei di persone, riunirle sotto una nomenclatura e appioppare loro una serie di qualità morali ed etiche.

 

A viverlo da dentro deve essere molto fastidioso, a viverlo da fuori fa infuriare con sé stessi perché speravamo, come società, di essere migliori di così.

 

Molto male Coscienza Collettiva, molto male.

 

Ma torniamo a Sensuability.

Dalla riflessione nata dall’annuncio pubblicato, Armanda decide di “riposizionare” (si direbbe in termini di marketing) l’immagine del disabile ovvero desidera distanziarlo dall’immagine della pena, della paura e della diffidenza; parte così dall’aspetto più trasversale dell’essere umano: la sessualità.

E lo fa con un’ironia eccellente.

 

Il suo progetto è girare un film (mockumentary) che parli, con l’ironia e l’intelligenza che la contraddistingue, di sessualità e disabilità (non è vero il suo progetto è molto più ampio e ambizioso ma per ora parleremo solo del film).

Ovviamente per fare un film servono tanti soldi (per l’esattezza circa 200.000,00 euro escludendo il compenso degli attori), così Armanda, che ha lavorato per tanto tempo nel settore del fundraising, divide gli obiettivi e fa partire una campagna di crowdfunding (raccolta fondi).

 

Ecco le fasi del progetto Sensuability.

Come già detto, la prima tappa del progetto è partita un anno fa con la realizzazione del corto Sensuability, con la regia di Giovanni Lupi e Roberto Campili: una campagna di raccolta fondi che porta in proiezione il corto Sensuability, tagliente e divertente alla visione ma amaramente vero.

Vi consiglio caldamente di vederlo attraverso ai link in calce all’articolo.

Grazie alla campagna di crowdfunding, sono stati sono stati raccolti poco più di 10.000,00 euro.

Capite bene che siamo ancora lontani; ma Armanda non si scoraggia: nel suo obiettivo, non vede la grande cifra ma il trampolino di lancio del suo progetto.

 

Dopo la produzione del corto, ed è la fase attuale, è partita la tappa del fumetto.

In questo caso abbiamo due attività:

  • una mostra alla quale hanno scelto di contribuire grandi artisti come Milo Manara, Fabio Magnasciutti, Frida Castelli, Stefania Infante, Andy Ventura, Stefano Tartarotti e tanti altri.
  • Il concorso Sensuability & Comics per giovani fumettisti del quale, il primo premio, sarà la pubblicazione del proprio lavoro su un libro in cui compatiranno anche le opere della mostra.

 

L’invito che faccio a chi legge è: visitate il sito, date una occhiata al corto realizzato, ridete tanto perché fa ridere, però pensate che, dove le storie raccontate hanno una causa e un effetto, l’effetto è divertente e la causa è vera.

 

Ho promesso ad Armanda che faremo altre interviste per le quali io sarò più idonea, perché mi sono vergognata della mia superficialità di aver ritenuto la mia normalità la norma.

La nostra miopia ci porta a pensare che i nostri preconcetti e le nostre esperienze dirette sono tutto il mondo, grazie Armanda e a tutti i ragazzi del progetto Sensuability per essere più acuti di molti di noi, voler sollevare i problema e provare a cambiare il mondo.

 

Link utili

Progetto Sensuability -> clicca qui

Corto Sensuability -> clicca qui

Concorso Sensuability & Comics -> clicca qui

 

 




Uno, nessuno, settemila…

Storia di Massimiliano

Massimiliano Titone è il classico utente di facebook.

È un tipo gioviale e allegro, ha un bel viso, scrive bene in italiano e si diverte a fare tante foto da solo o con i nipotini per pubblicarle poi sul suo profilo assieme a qualche frase simpatica.

Lavora nel campo della formazione e le pubbliche relazioni e l’essere social (come si suol dire per indicare una persona presente e attiva sui social network) sono parte integrante del suo lavoro. Ha sempre avuto una vita movimentata come nella norma.

Bello, simpatico ed estroverso come tanti altri uomini sul web, Massimiliano conduceva tranquillamente la sua vita virtuale in modo spensierato e ordinario.

Poi un giorno di tre anni fa, le cose iniziano a cambiare, iniziano ad accadere delle cose strane a cui – in principio – Massimiliano non dà troppa importanza ma che presto si trasformeranno in una situazione paradossale e, ad oggi, senza soluzione.

Un giorno Massimiliano riceve e accetta una strana richiesta di amicizia: una persona col suo stesso nome e cognome; sul momento Massimiliano non ci fa caso più di tanto, gli sembra una cosa curiosa ma non si allarma, nel giro di poco tempo , però, la situazione esplode.

All’improvviso inizia a ricevere messaggi privati da parte di donne che non conosce; messaggi minacciosi e inquietanti “so chi sei” gli scrive un giorno una donna.

Nel giro di un mese quei messaggi diventano decine e sono sempre più aggressivi.

Nessuno capisce cosa può essere successo tanto è fuori dalla normalità né ci si immagina cosa sarebbe diventato.
In forma precauzionale Massimiliano va alla polizia postale, ha capito che qualcuno potrebbe aver rubato la sua identità, prova a denunciare il crimine ma ai tempi nessuno era preparato ad accogliere una denuncia di questo tipo; tre anni fa, non esistevano ancora né giurisprudenza né precedenti per questo reato.

Solo che il problema c’era e diventava sempre più grande.

Nel giro di poco tempo, grazie ai consigli di amici poliziotti e avvocati, Massimiliano raccoglie le prove di 2000 (duemila) profili fake presentandoli come allegati alla denuncia.

È allora che inizia la battaglia dei fake, dei profili falsi che in una lotta di segnalazioni e ricerche oggi sono stati censiti in 7000 (settemila).

Il problema e aggravante è che per una serie infinita di ragioni, tutti i dati personali di Massimiliano sono on line e le donne raggirate ci mettono molto poco a trovare l’originale (scambiandolo per il fake) e conoscere oltre al numero di telefono privato, perfino l’indirizzo di casa.

Piano piano, essendo comunque un uomo intelligente e per bene, parlando con le donne offese, Massimiliano riesce a ricostruire la storia che, grosso modo, è sempre più o meno la stessa.

Storia del fake e sua strategia.

Lui (il fake) è vedovo e ha due figli (nella realtà i figli sono interpretati in foto dai due nipoti minorenni), caduto in disgrazia per qualche motivo, riesce poi a risollevarsi grazie al commercio di auto, torna ad essere un uomo ricco e va in Costa d’Avorio.

Purtroppo mentre è lì con i due figli, ha avuto un imprevisto (un furto, un sequestro…) fatto sta che si trova in pericolo e senza soldi e chiede aiuto per comprare il biglietto aereo per sé e per i suoi figli o per pagare chi lo tiene sotto scacco o una certa ludoteca.

Una storia da film che appassiona donne sensibili e di buon cuore che cercano un uomo di cui innamorarsi.

Donne che passano del tempo con uno dei 7000 falsi Massimiliano che le fa sentire importanti, amate, apprezzate, fondamentali e che chiede loro soldi, sempre più soldi.

I contatti avvengono tramite messenger, addirittura vengono fatte anche video chiamate per le quali, i malfattori, mettono sù un sistema ingegnosissimo: durante la chiamata mandano l’immagine in movimento senza audio di uno dei tanti video pubblicati da Massimiliano e, con la scusa che in Costa d’Avorio la connessione non è gran ché, tolgono il video e tengono solo l’audio.

Chi legge si chiederà “ma per le chiamate vocali, chi parlava?” Ivoriani (probabilmente) che conoscono l’italiano.

Ma chi ascoltava non si rendeva conto che non era il modo di parlare di un italiano?

No.

Perché una persona che vuole credere in qualcosa, non aprirà mai gli occhi di fronte a nessuna evidenza.

Queste donne affamate di attenzioni e affetto decidono di denunciare la truffa solo quando finiscono i soldi e, la cosa più inverosimile è che la denuncia per truffa non può essere accolta perché le donne hanno dato spontaneamente i soldi senza ricevere alcuna minaccia.

Ma come è possibile gestire e coordinare 7000 profili finti, completi di fotografie, storie, invio di messaggi, telefonate e interazioni di vario tipo?
Di certo non è una sola persona.

Si tratta di una organizzazione ben strutturata che individua il profilo ideale (composto da foto, video, informazioni facilmente utilizzabili e ri manipolabili, un viso attraente…) da utilizzare, ne prende le prime informazioni e le distribuisce a una rete fittissima di operatori della mala vita che, lavorando on line, e accrescono

Massimiliano ha scoperto anche questo perché, ad un certo punto, perfino alcuno dei suoi fake lo hanno contattato per avere ulteriori materiali da utilizzare argomentando che alla fine era il loro lavoro e che avevano bisogno di guadagnare.

Insomma, quello che ne viene fuori è che la delinquenza si sposta on line e crea dei mostri.

Riflessioni finali sul senso di ingiustizia.

La storia di Massimiliano Titone forse qualcuno di voi la conosceva già, perché una storia così bizzarra ha trovato spazio, soprattutto in un primo momento, in numerose trasmissioni televisive come Chi l’ha visto o la trasmissione di Barbara d’Urso…

Purtroppo presto anche il sistema di informazione televisivo che si proponeva di aiutarlo a risolvere questo nonsenso si è presto trasformato in una forma di sciacallaggio per avere più audience, così Massimiliano ha rifiutato i vari inviti se non seguito direttamente dal suo avvocato Andrea Caristi.

Massimiliano al telefono si rivela una persona simpatica e forte, che non ha nessuna intenzione di farsi piegare da questa ingiustizia anche se vive una condizione impossibile per tanti; ma la sua storia è triste perché racconta di tante ingiustizie.

L’ingiustizia patita da un uomo che non è più padrone della sua identità, che riceve ogni giorno telefonate e messaggi di donne che pretendono che sia quello che non è.

L’ingiustizia strutturale tenuta sù da persone che guadagnano rubando l’identità di una persona per estorcere soldi a donne fragili.

L’ingiustizia patita da donne emotivamente analfabetizzate, saccheggiate sentimentalmente che cercano amore nel posto sbagliato perché, spesso, non sono in grado di cercarlo in quello giusto.

L’ingiustizia istituzionale di una giurisprudenza impreparata che non riesce a fare giustizia su un reato quasi inesistente.

L’ingiustizia mediatica di un sistema televisivo che approfitta delle vittime per esserne a loro volta anch’essi carnefici.

È amara la chiusura di questo articolo ma non ne troviamo altre.

Auguriamo al protagonista e a tutti personaggi di questa storia una fine felice che saremo ben lieti di raccontare.

Restiamo in attesa facendo il tifo per Massimiliano e non ce la sentiamo di dare nessun consiglio sulla prudenza sui social sulla condivisione delle informazioni personali perché al posto di Massimiliano poteva benissimo esserci ciascuno di noi.