“La Sicilia non è Italia e nemmeno meridione …”

CORRADO FALETTI

Sono passati tanti anni, più di dieci, da quando ho lavorato per lo stato, quindi tutto quello che racconterò in queste righe è ormai prescritto e non dovrebbe più far paura a nessuno. CORRADO FALETTI

Ora voi cari lettori potreste pensar che io scrivo queste cose perché sono soffocato dalla rabbia e dalla frustrazione o per un senso di vendetta, a mia difesa e per dimostrare la mia buona fede queste cose le sto dicendo dieci anni dopo, appunto.

In questi anni ho sempre cercato di portare all’evidenza degli organismi preposti le cose che qui racconterò, ma gli esiti dei miei tentativi sono stati poco utili perché, seppur positivi alla fine, sono rimasti talmente sommersi che non sono serviti a far capire al cittadino la realtà in cui viviamo.

Perché raccontarle oggi? perché appare sempre più evidente che pochi comprendono il funzionamento della macchina dello stato, quantomeno pochi sanno che il problema non è solo nella politica, ma nel sistema dirigente su cui la politica appoggia.

Il problema è incardinato nella macchina amministrativa che è troppo complessa, permettendo deviazioni o addirittura scappatoie che vengono gestite dalla media dirigenza statale che ne conosce perfettamente i meccanismi, spesso addirittura li crea lei stessa.

Più volte mi è capitato di vedere arrivare il politico di turno anche animato da buone intenzioni, per poi naufragare clamorosamente nel mare dei cavilli e delle tempistiche assurdamente lunghe “imposte” dalla burocrazia della middle class

Eppure ci scanniamo per le dichiarazioni di Salvini o Zingaretti o Dimaio o chi per loro, per poi non capire che le stesse dichiarazioni, giuste o sbagliate che siano, messe nella macchina statale diventano clamorosi fallimenti …

Non mi soffermerò a raccontare tutto quello che trovai di storto e segnalato agli organismi competenti, non spenderò tempo per raccontare quanto malaffare esiste e come viene bellamente tollerato dalle cariche importanti dello stato, mi limiterò a raccontare qualche  aneddoto che rappresenta la punta dell’iceberg di un sistema talmente cristallizzato che credo sia ormai impossibile distruggere.

Come faccio a dirlo? direte voi, ebbene giudicate da soli se ancora avete la capacità di leggere tra le righe e sopratutto se ancora vi interessa.

Anni dal 2009 al 2014

Venni incaricato di gestire un gruppo di lavoro di scuole per analizzare il controllo di gestione nelle istituzioni scolastiche (chiamato poi gruppo Co. Ge.), il gruppo di lavoro parte nel 2010, ne fanno parte oltre 200 scuole, l’entusiasmo è alto da parte delle scuole, fu la prima volta in cui le scuole vennero coinvolte dal Ministero nella realizzazione di progetti che le riguardano.

La particolarità di questo gruppo fu quella di dialogare direttamente con le scuole, saltando qualsiasi intermediazione anche quella sindacale, e dando direttamente le notizie alle scuole, facendole progettare direttamente quello che più serviva loro.

Fin da subito, infatti, il gruppo di lavoro fu soggetto a critica ed attacchi da parte delle organizzazioni sindacali in quanto in un certo qual modo questo gruppo le disintermediava rispetto alle scuole stesse.

I sindacati addirittura chiesero al ministro se il gruppo coge era una mia farneticazione personale.

Le scuole realizzarono progetti importantissimi e vennero avviati i primi progetti di fundrising per le scuole con la grande distribuzione organizzata (ad esempio Conad), con ritorni di svariati milioni di euro.

Progetti che oggi sono all’ordine del giorno come l’ordinativo informatico locale con le banche, e che hanno portato tantissimi vantaggi alle scuole.

Realizzammo inoltre un progetto completo che prevedeva una nuova gestione dei software della scuola, in cui venivano messi a disposizione delle scuola registro elettronico, segreteria digitale, bilancio e contabilità, inventario, sito edu.it, etc. che le scuole avrebbero ricevuto in forma gratuita (costo medio del pacchetto oggi sulle scuole comprato da da fornitori terzi è dalle 4 mila euro in su, quindi si avrebbe avuto un un risparmio per lo stato di circa 32 milioni di euro annue in su, senza contare che un unico sistema informativo avrebbe aiutato molto anche nella formazione, negli spostamenti di personale tra le scuole, nella puntualità degli aggiornamenti,  etc.), peccato che questo progetto sia stato subito boicottato (anche con interrogazioni parlamentari) dai vari fornitori di software per ovvi motivi economici.

Questo gruppo di lavoro realizzò importanti progetti ancor oggi attivi e funzionanti, leggasi appunto il suddetto ordinativo informatico per le scuole in collaborazione con ABI, e avviò un percorso di formazione diretta Miur scuole che poi prenderà forma definitiva nel progetto IO CONTO.

Mi venne anche affidato il ruolo di capo degli ispettori dei fondi europei (un nucleo di sei persone più consulenti esterni), vennero svolte delle ispezioni sulle scuole e sull’utilizzo dei fondi, si riscrissero i regolamenti ispettivi (ad oggi ancora utilizzati).

Durante questa attività uscirono luci ed ombre, dalle pillole del sapere ai fondi mal gestiti da alcune scuole e da società di formazione regionali (parliamo di milioni di euro), ovviamente individuammo anche scuole eccellenti e di altissima qualità.

Provvidi a segnalare le evidenze negative con note ai miei superiori ministri compresi, alla comunità europea, querele alla procura della repubblica, informative ai giornali.

Gli animi si scaldarono, ricevetti lettere anonime, mi venne distrutta la moto con cui mi recavo al ministero, ricevetti lettere dai miei superiori in cui mi si accusava di danno erariale perché facevo troppe ispezioni, le missioni ci vennero pagate con mesi di ritardo, venne messa in giro la voce che mi ero sfasciato la moto da solo e che le lettere anonime le scrivevo io , i carabinieri, su indicazione superiore, indagarono su di me dall’asilo in poi, venni anche indagato per simulazione di reato (ovviamente tutto poi archiviato) dal nucleo interno al ministero dei carabinieri che “casualmente” mandava relazioni ai miei superiori su come stavano gestendo il caso (durante le indagini è un reato), addirittura riuscirono a farmi indagare per la moto, le lettere anonime ricevute (dicevano che me le ero scritte io), i titoli di studio, insomma per screditarmi il più possibile riuscirono a buttarmi addosso una serie di indagini ridicole che normalmente non sarebbero state nemmeno avviate, indagini che comunque furono tutte ovviamente archiviate in seguito (cioè quando non servivano più),  sul momento venni fatto passare per un mitomane pazzo pericoloso, tutti presero le distanze.

Agli occhi delle persone normali questo accanimento contro di me risultò evidentemente una macchinazione, ma immaginate come poteva essere percepita all’esterno tutta questa serie di informazioni buttate là a caso o dai sindacati o da chi aveva interesse a continuare le sue ruberie senza ” lo Sceriffo” che li controllava.

Nonostante questi atteggiamenti io ed i miei colleghi continuammo nella nostra attività, portammo avanti i progetti, le verifiche ispettive, ottenemmo i risultati che poi sono stati certificati dalla società di consulenza esterna.

Se ci si pone attenzione, nessuna delle accuse che ricevetti era diretta al mio operato, ma solo al fatto che ero uno sceriffo, mi rompevo la moto da solo, mi scrivevo le lettere anonime da solo, falsificavo i documenti, pertanto ero un inaffidabile pazzo che diceva cattiverie sui poverini che invece facevano tutto bene, come poi si è visto chiaramente negli anni successivi dalle condanne della magistratura, dalla chiusura forzata degli enti, dall’allontanamento forzato di persone mandate in pensione anticipata.

La cosa che però mi lasciò più perplesso e deluso del mondo in cui ero avvenne proprio in mezzo al marasma che vi ho descritto sopra, il fatto sconcertante, almeno a mio avviso, fu questo:

Venni convocato da uno dei ministri dell’epoca: ovviamente mi aspettavo parole di incoraggiamento per me e per i colleghi che stavano subendo tutta una serie di angherie (come il non pagamento delle trasferte o il continuo controllo sui permessi e sulle presenze), invece dopo un saluto che io non avrei dato nemmeno al peggiore dei miei nemici, venni apostrofato con queste parole, davanti a testimoni:

“la smetta di andare in Sicilia a fare ispezioni, la Sicilia non è Italia e nemmeno meridione …”.

A parte la mia espressione che doveva essere di un misto di schifo e stupore, io comunque rilanciai “ma ministro e la comunità europea? a loro dobbiamo rendicontare i fondi che usiamo”

mi si rispose: ” già non riceviamo tutti i fondi che dovremmo se poi andiamo anche a dire che ci sono magagne…”

“quindi” continuai  io “invece che mettere a posto gli errori che facciamo, nascondiamo tutto e scriviamo che è tutto perfetto!?!? andiamo bene…”

Fui congedato dal ministro senza un saluto, ma con i miei colleghi, aggiornati sull’accaduto, decidemmo di andare avanti nel nostro lavoro, sapendo che sarebbe comunque a quel punto durato poco.

 

Tengo a precisare che io amo la sicilia ed i siciliani, che sono gente veramente in gamba (poi le mele marce sono ovunque), ma questa frase mi sembrò assurda in bocca ad un ministro dello Stato, e questo mi fece perdere molta della voglia di andare avanti.

Venni convocato dalla Comunità Europea che mi chiese conto delle mie relazioni, le confermai, i fondi vennero bloccati per sei mesi: tutti impazzirono, ricevetti minacce, mi venne imposto per scritto di modificare i miei rapporti ispettivi che mandavo alla comunità europea, venne smantellato l’ufficio ispettivo che dirigevo, il venerdì eravamo in sei ispettori e 15 consulenti, il lunedì non c’era più nessuno; dopo una settimana al mio posto venne nominato un nuovo dirigente che mi disse testuali parole: “dopo quello che è successo a te io di sicuro non faccio un cxxxo di niente.”

Nel febbraio 2012 visto che nulla era stato fatto rispetto alle mie segnalazioni rassegnai le dimissioni, che non vennero accettate in quel momento perché a marzo si doveva rispondere alla comunità europea rispetto al mio rapporto che aveva fatto bloccare i fondi e lo dovevo fare io come capo degli ispettori ancora in carica, e peraltro la mia uscita repentina  sarebbe stata evidentemente un colpo tremendo anche e soprattutto verso la comunità europea, venni pertanto convinto a rimanere con la promessa che le mie segnalazioni sarebbero state considerate, mi illusi che sarebbe stato così e ritirai le dimissioni, in realtà fu solo uno stratagemma per prendere tempo e fare così in modo che io mandassi alla comunità europea un rapporto meno pesante perché tenetti conto delle promesse che mi furono fatte.

Questo prendere tempo servì non solo per passare il momento cruciale del rapporto alla comunità europea, ma anche per poter mettere ulteriormente in moto la macchina del fango e darmi del pazzo scatenato in modo tale che tutto quello che dicevo passasse per le farneticazioni di un mitomane.

Devo dire, ad onor del vero, che ci riuscirono.

Amareggiato e deluso, visto che quanto mi era stato promesso a febbraio non veniva messo in atto, consegnai le mie dimissioni definitive ed inderogabili comunque nei primi di settembre 2012, rendendomi conto che il problema non era nel governo politico, erano passati ormai tre ministri, ma nel sistema di alta dirigenza ministeriale.

Dopo la mia uscita la macchina del fango svolge il suo compito che, solo adesso dopo dieci anni, sono riuscito a debellare grazie alla giustizia che mi ha dato ragione (anche se forse un poco in ritardo).

Anche io ho fatto i miei errori certo, avrei potuto mediare, un colpo al cerchio ed un colpo alla botte, invece sono stato categorico, non ho mediato, non ho accettato il compromesso, ho portato lo stile del privato in un comparto che non era abituato a reggerlo, che non è proprio il modo di lavorare in quel mondo, non ho saputo adattare il mio agire all’ambiente in cui mi trovavo e da cui appunto alla fine mi sono allontanato, sono entrato come montanaro bergamasco e ne sono uscito uguale.

Però alla luce dell’esperienza che ho vissuto, finché il mondo del pubblico non assimilerà lo stile del privato, non funzionerà mai.

Nel mondo del pubblico il 75% del tempo i dirigenti lo passano per “pararsi il fondoschiena“, quindi prima di fare una cosa chiedono 1000 pareri, 1000 relazioni, aumentando tempi, costi e facendo in modo che l’idea iniziale diventi tutt’altra cosa alla fine dei passaggi.

Insomma manca il coraggio di portare avanti idee innovative e soprattutto manca la voglia.

Ah, tra le altre cose, ho anche dovuto discutere con qualche sindacato perché a loro non andava bene che il ministero parlasse prima con le scuole che con loro, sindacato che ancora oggi riesce a dire che il ministero ha fatto in modo che io me ne andassi (nonostante io avessi ricevuto lettera di encomio da parte del mio superiore diretto), notare la frase il ministero ha fatto in modo che io me ne andassi (il sindacato infatti dice e scrive: “il ministero ci ha garantito che il problema faletti sarebbe stato risolto”), ma non è proprio qui che un sindacato dovrebbe intervenire? o almeno verificare cosa succede? invece il sindacato ha spalleggiato il ministero (in realtà alcuni personaggi del ministero) addirittura schierandosi con gli stessi  … assurdo vero? un sindacato che dice consapevolmente che un datore di lavoro assilla un lavoratore fino a farlo andar via, e lo dice come se fosse una cosa giusta???

ma sindacato mio, sei sicuro? se fossi stato un lavoratore così pessimo, secondo te, il mio capo aveva davvero bisogno di farmi mobbing, di fami indagare per qualsiasi fesseria, di non pagarmi le trasferte, di togliermi gli incarichi, di allontanare dal servizio tutti i colleghi presenti, compresi i consulenti,  per farmi dare le dimissioni?? non ti sembra che ci sia sotto qualcosa???

in fondo bastava licenziarmi per giusta causa …

ah, ma certo, la giusta causa non c’era, appunto, allora giusto farmi mobbing, ma che lo dica anche il sindacato non è un poco patetico?

ma anche ammesso che io fossi un pazzo, ma gli altri colleghi presenti non andavano tutelati??

Mi viene da ridere a pensarci!

Comunque, a ripensarci bene, il mio datore di lavoro non poteva licenziarmi, c’erano gli encomi della comunità europea, c’erano le lettere di gradimento delle scuole, ma soprattutto c’è una relazione (che ovviamente non esiste sul sito del ministero come non esiste nessun riferimento al progetto Co. Ge. tutto cancellato) fatta da una società di revisione che dice che, con la nostra attività, progettuale sono arrivati in più,  alle scuole, circa 13 milioni di euro nei primi due anni per poi assestarsi sugli 80 milioni di euro ogni anno per tutti gli anni successivi alla sperimentazione,

… andata la giusta causa …

 

Per dieci anni mi sono gestito tutto il rammarico che questa situazione mi ha lasciato, anche se mi ha fatto piacere che in precedenza qualche ex collega ispettore abbia rilasciato qualche dichiarazione raccontando i fatti, anche se in forma anonima.

Ma io ho taciuto sperando che il tempo fosse galantuomo con i galantuomini, e devo dire che alla fine lo è stato, anche se, per me purtroppo, la galanteria è arrivata postuma.

Scrivo ora queste cose perché sia abbastanza chiaro che qui nel nostro paese da cambiare sarebbe buona parte dell’impalcatura, non solo le bandiere in cima al balcone, invece noi ci illudiamo che basti votare pinco piuttosto che pallino per cambiare qualcosa, non è così!

I decenni di malgoverno del nostro paese lo dimostrano, non importa chi governa, conta il substrato, l’humus del sottobosco italiano della PA che oggi è uno dei veri artefici dello sfacelo a cui stiamo assistendo.

Al 31 agosto 2019 il debito pubblico era pari a 2.463 miliardi di euro, rispetto ai 2.466 miliardi del mese precedente (dato rivisto), che rappresenta il massimo storico.

Occorre dire altro?

Direi proprio di no.

Vorrei lanciare una proposta: chiediamo tutti asilo politico in un paese straniero (Canada, Australia, Nuova Zelanda, Russia) per incapacità manifesta dello stato italiano, secondo me non possono negarcelo.


In considerazione di questo malcostume italiano, Betapress.it propone a chiunque abbia avuto un sopruso, sia stato messo da parte perché faceva il suo lavoro, abbia ricevuto azioni di mobbing o simili, di raccontare la sua storia tramite le nostre pagine.

Un nostro giornalista raccoglierà la testimonianza e pubblicheremo un articolo nella nostra rubrica IO CI HO PROVATO, in cui racconteremo storie di soprusi e di malcostume che nessuno ha mai raccontato.

Siamo fermamente convinti che il silenzio su questi casi sia fatto ancora più grave dei casi stessi, pertanto scrivete alla mail iocihoprovato@betapress.it  e raccontateci cosa vi è successo, non fa nulla se è successo dieci anno or sono o ieri o sta succedendo, noi lo racconteremo sentendo tutte le campane e portando alla luce tutta la verità, così come stiamo già facendo nel mondo delle scuole.

Il nostro team di avvocati valuterà gratuitamente il vostro caso e vi darà le prime indicazioni per poter reclamare giustizia.

 

note di positiva speranza:

A onor del vero occorre però fare i nomi di chi in quel periodo fu dalla mia parte, aiutandomi, o anche solo non voltandomi le spalle:

in primis l’allora direttore generale del bilancio del Miur, Marco Ugo Filisetti, che con me portò avanti parte delle battaglie e che comunque subì anche lui una forma di ostracismo che lo portò ad essere trasferito ad altro incarico. (leggi più avanti)

della politica vi fu solo un senatore, che nel momento in cui tutti mi misero al bando, rimase al mio fianco cercando di aiutarmi.

i colleghi Elisabetta Cannarsa, Cesare di Falco, Cavallo Patrizia, Antonino Giunta, Rocco Pinneri, Gianna Barbieri, il consulente Giovanni Vico, a cui sempre va un mio pensiero affettuoso.

 

 

corrado faletti

Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti

per chi volesse approfondire, ecco alcuni documenti utili:

Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

 

 

PON – intervista ad un ex ispettore dei fondi europei del MIUR

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=4VDSISTKNMY?start=5&w=640&h=360]

 

http://www.report.rai.it/dl/Report/extra/ContentItem-7778933c-ec14-4f2d-8b5a-3712b51d388b.html

https://www.ilsussidiario.net/news/educazione/2016/8/3/scuola-pillole-del-sapere-la-sentenza-della-corte-dei-conti-che-la-giannini-non-puo-ignorare/717312/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/24/ministero-dellistruzione-a-roma-aperta-uninchiesta-per-bandi-su-misura/635955/

https://www.iltempo.it/cronache/2016/07/26/news/il-grande-bluff-delle-pillole-del-sapere-1016138/

questi a seguire sono i documenti che provano quanto raccontato sopra, ovviamente non sono tutti, ma credo che bastino per dare veridicità ad un racconto che altrimenti potrebbe sembrare surreale ed inventato:

questa è la lettera con cui prese avvio ufficialmente il progetto Co.Ge

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/lettera-avvio-coge-biondi.pdf” title=”lettera avvio coge biondi”]

questa è una delle scuole su cui facemmo l’ispezione nel 2010

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/borsellino-articolo.pdf” title=”borsellino articolo”]

questo è l’ente di formazione citato nell’articolo sopra e da noi segnalato

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/assunzioni-edyuform.pdf” title=”assunzioni edyuform”]

questa è la lettera di buon servizio ricevuta

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/44-faletti-miur-lettera-paluso-Filisetti-protocollata-2013.pdf” title=”44 – faletti miur lettera paluso Filisetti protocollata 2013″]

questa è la lettera in cui venivamo accusati di far troppe ispezioni, e leggendo gli articoli di cui sopra appare molto ridicola

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/parte-lettera-su-troppe-ispezioni.pdf” title=”parte lettera su troppe ispezioni”]

relazione di società di consulenza su mio operato

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/MIUR_Progetto-Co.Ge_._Relazione-tecnica-0.34-relazione-di-kpmg.pdf” title=”MIUR_Progetto Co.Ge._Relazione tecnica 0.34 relazione di kpmg”]

alcune delle tante lettere di ringraziamenti

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/06-LETTERA-ministro-da-borini.pdf” title=”06 – LETTERA ministro da borini”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/07-lettere-varie-complimenti-progetto-coge.pdf” title=”07 – lettere varie complimenti progetto coge”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/IC-MISANO.pdf” title=”IC MISANO”]

la mia prima lettera di dimissioni del 7 febbraio 2012

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/41-prima-lettera-di-dimissioni-7-2-2012.pdf” title=”41 – prima lettera di dimissioni 7-2-2012″]

la seconda e definitiva lettera di dimissioni del 5 settembre 2012

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/42-dimissioni.pdf” title=”42 – dimissioni”]

Alcuni articoli sulle nostre iniziative

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/60-mio-articolo-con-intervista-ad-ispettore-ex-miur-Fondi-Europei_-luci-ed-ombre-forse-più-buio-profondo…pdf” title=”60 – mio articolo con intervista ad ispettore ex miur Fondi Europei_ luci ed ombre, forse più buio profondo..”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/30-IlSole24ore-20mag12-Sostegni-privati-per-le-scuole.pdf” title=”30 – IlSole24ore 20mag12 – Sostegni privati per le scuole”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/31-sole-24-ore-23-marzo-2012.pdf” title=”31 – sole 24 ore 23 marzo 2012″]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/34-2012_03_23_Corriere_AdriaticoAN_Miur.pdf” title=”34 – 2012_03_23_Corriere_AdriaticoAN_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/35-2012-03-21_RestodelCarlino_Miur.pdf” title=”35 – 2012-03-21_RestodelCarlino_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/36-2012_03_24_IlMessaggeroAN_Miur.pdf” title=”36 – 2012_03_24_IlMessaggeroAN_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/37-2012_03_24_ilRestodelCarlinoAN_Miur.pdf” title=”37 – 2012_03_24_ilRestodelCarlinoAN_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/38-2012-03-20_CorriereAdriatico_Miur.pdf” title=”38 – 2012-03-20_CorriereAdriatico_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/39-2012-03-20_CorriereAdriatico_Miur1.pdf” title=”39 – 2012-03-20_CorriereAdriatico_Miur1″]

una delle tante lettere anonime ricevute

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/lettera-minatoria-dicembre-2011.pdf” title=”lettera minatoria dicembre 2011″]

 

 

Condannato per diffamazione Giusto Scozzaro, ex segretario provinciale CGIL Palermo

Vita da sindacato: quando manca la logica nelle cose

 

 

 

 

 




Libertà di parola

“Non userò il vostro vocabolario per descrivere la mia vita.
Non farò decidere alle vostre parole il mio futuro.
I miei sogni non saranno i vostri desideri e i miei viaggi non mi lasceranno chiusa a credere che le vostre paure siano coraggio.

Le sociopatie non sottendono il genio ma contengono la miseria.

I miei amici saranno molto più numerosi di me e quasi tutti con opinioni diverse dalle mie.

Userò romanzi, drammi teatrali e poesie per creare il mio glossario, imparerò quante più lingue possibile per descrivere così almeno un pezzo del mio cuore e abbraccerò l’immenso, lontano dai vostri rifiuti a voi stessi.

Se vi dovesse capitare di ricordarvi di voi, abbiatene cura”

Disse.

E così, senza rancore, con una grande gioia nel cuore e libera, spense il computer e volò via.




La prima volta della governance…

Per la prima volta in Italia la I Edizione della Governance Week, una settimana di incontri ed approfondimenti sul tema della Corporate Governance.

Dal 18 al 22 novembre, allo IULM di Milano, Edificio 6 – Via Carlo Bo 2 avranno luogo una serie di incontri per formare i top manager, addetti ai lavori, ma anche per informare gli azionisti societari, sulla relazione tra GOVERNANCE E MANAGEMENT.

Tradizionalmente si passa dal generale al particolare, dal macro al micro, dall’alto al basso. La relazione tra Governance e Management rispetta questo schema: dalla strategia all’execution. La Governance Week stimola invece la discussione sul paradigma inverso: dal Management alla Governance, interrogandosi su quali siano le principali istanze di business e i trend evolutivi globali che gli organi di governo dovrebbero maggiormente considerare. L’iniziativa è a numero chiuso e la partecipazione è gratuita.

Ma perché la corporate governance è così importante? perché è la linfa vitale di ogni azienda, è la corrente etica che percorre ogni ganglio aziendale, più è preparata, più è corretta e più l’azienda avrà un futuro.

Quante aziende oggi fallite o sommerse da scandali sarebbero ancora sul mercato se avessero avuto una corporate governance preparata ed etica?

Chi governa un’azienda, chi siede nel CDA quindi decide le strategie, dovrebbe essere una persona preparata, etica, orientata al futuro, e chi investe in un’azienda dovrebbe prima di tutto guardare alla composizione del CDA, alla sua preparazione ma anche alla sua indipendenza.

Formare ed informare per il bene di tutti, questo il motto della settimana sulla governance, formare i manager perché possano sedere in cda in modo competente per il bene dell’azienda e dei suoi investitori ed informare la gente che investe i propri soldi su cosa guardare di un cda per poter investire con consapevolezza e coerenza.

 

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/Programma-dettagliato.pdf” title=”Programma dettagliato”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/Speaker.pdf”]




Sport individuali e spirito di squadra

Come funziona la kick boxing e perché mi ha insegnato un anomalo concetto di gioco di squadra

La kick boxing è uno sport da combattimento individuale.

Nella kick sono fondamentali tre cose

  • tempismo

  • spazio

  • reattività

Nella kick boxing si combatte uno contro uno, nello spazio del tatami, senza uscire, prendendo meno punti possibile e facendone più che si può, parando e contrattaccando, giocando di anticipo e non cedendo mai al dolore.

Nella kick boxing lo scontro è 1 contro 1 ma ogni atleta sfida 5 avversari:

  • sé stesso,

  • l’altro combattente e

  • 3 arbitri che dovranno dichiarare il suo punto.

Nella kick boxing si prendono tante botte, prima, durante e dopo la gara.

Al di là se poi se ne esce campioni o meno, la kick boxing è una allegoria della vita.

Se vuoi vincere devi agire velocemente, nel momento giusto e nello spazio esatto.

Questo e molto altro è quello che insegnano tutti gli sport da combattimento e tutte le discipline marziali

ed è per questo che è importante praticare questo genere di attività.


La kick boxing poi ha anche un altro aspetto che mi piace molto ed è quello delle GARE A SQUADRE.

Nella gara a squadre ognuno combatte contro un avversario dell’altra squadra.

L’ordine viene deciso dalla squadra secondo varie strategie ed è segreto fino al momento in cui si sale sul tatami

questo vuol dire che non saprai chi è il tuo avversario finché non te lo trovi di fronte.

Ogni atleta combatte e accumula punti per la squadra.

Alla fine vince la squadra che ha fatto più punti in tutto.

Questo è quello che ho imparato dalla kick boxing:

La kick boxing è uno sport di squadra anomalo: ognuno gareggia per portare più punti alla squadra e per sostenere col proprio impegno il compagno più debole.

Ogni atleta sa che dovrà lavorare in un combattimento uno ad uno per vincere quell’incontro e per accumulare punti

ma anche per aiutare il compagno che non ne ha fatti abbastanza.

Nessuno può far finta di combattere,

nessuno si può imboscare

ognuno deve essere presente a sé stesso lì e in quel momento e deve rendere conto del proprio contributo alla squadra.

O si vince o si perde e ognuno ne è responsabile.

Si combatte da soli in un’ottica di vittoria comune

questo ho imparato dalla kick boxing.

Questo penso quando penso a un lavoro di squadra:

ognuno combatte il proprio incontro in un ottica di bene comune

ognuno cercherà di recuperare i punti persi dal compagno

ma non potrà combattere al posto suo.




I Rischi del 5G, cosa può fa paura agli Stati.

Poco fa, a Montecitorio si è svolto un incontro sul tema del 5G e dei rischi ad esso legati, è emerso che

Premesso che per la tutela della salute pubblica è dovere del Parlamento e del Governo Italiano considerare la protezione della salute della popolazione civile come essenziale ed inderogabile

Premesso che ai sensi della Convenzione di Lugano del 1993, sulla responsabilità civile per il danneggiamento risultante da attività lesive all’ambiente (Lugano, 26 Giugno 1993) si riterrà co-responsabile in solido qualunque amministrazione pubblica autorizzi attività lesive all’ambiente e alla popolazione esprimendosi in favore dell’installazione e dell’autorizzazione della Tecnologia 5G sul territorio comunale, derogando al principio di precauzione e quindi al principio di tutela della salute pubblica

Premesso infine che, ai sensi della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla Protezione dell’Ambiente attraverso la Legge Penale (Convenzione di Strasburgo, 4 Novembre 1998) ogni comitato spontaneo contro il 5G sul territorio italiano potrà costituirsi in giudizio contro qualunque amministrazione che autorizzi tale tecnologia senza la prova indefettibile sulla sua innocuità per la salute della cittadinanza e del popolo italiano.

Invocando l’applicazione delle predette Convenzioni Internazionali e tutte le altri Convenzioni Internazionali sottoscritte e ratificate dall’Italia nel rispetto della Legge Internazionale.

Si esorta il Parlamento Italiano al rispetto delle pre-citate disposizioni normative internazionali per la tutela dell’incolumità della salute pubblica e si chiede che la presente comunicazione possa venire divulgata a tutti gli organi Parlamentari, Governativi ed Amministrativi sul territorio Nazionale.

Speriamo che questa riflessione contribuisca a evitare i rischi sull’essere umano legati alla tecnologia 5G.

 

 




I quaderni della privacy

I Quaderni della Privacy, uscirà nelle prossime settimane un importante lavoro sull’argomento privacy.

i quaderni della privacy

Ogni quaderno rappresenta un argomento topico (dpo, registro, dpia, nomine, particolarità del settore scolastico, etc) in modo da rendere semplicissimo l’approccio ad ogni punto.

Il libro è impostato per argomento e scritto in modo semplice ed efficace, cercando di rendere alla portata di tutti un argomento complesso gli autori Faletti, De Duro e Caristi si occupano di privacy da più di un decennio e sono specializzati anche nel settore scuola.

il libro sarà in vendita i primi di dicembre a 24,00 euro.

i quaderni della privacy
quarta di copertina




Dialogo interiore tra un gesù e un giuda

La volontà della trasformazione – dialogo interiore tra un gesù e un giuda

Io sono Gesù.

Vivo nel futuro e ve lo porto.

Non voglio né nomi né appellativi perché si trasformeranno in lacci.

Quando lo farete, io me ne andrò.

Prendetevi quello che vi dò perché sono solo di passaggio.

Io sono Giuda

e sono mansueto.

Obbedisco e me ne pento.

Il mio più grande difetto, ciò che mi porterà alla morte, è che non reggo i sensi di colpa.

Non capisco che le mie azioni non hanno a che fare con ciò che sono ma con ciò che faccio.

Gesù ha cercato di spiegarmi questa cosa, io gli voglio bene ma non riesco a farla mia.

Lo seguo sperando che cambi qualcosa in me lui, perché io da solo non riesco.

Lui mi dice che per lui sono importante.

L’altra sera mi ha chiesto una cosa strana.

Mi ha detto che devo tradirlo, che devo permettergli di liberarsi dai lacci del suo nome e cambiarlo in Cristo.

Io non lo voglio… ma la mia volontà è labile, io non ho posizioni, se le avessi, le terrei anziché scappare…

“Giuda, se non mi tradisci, io non potrò mai essere il prossimo me stesso.

Qui c’è troppa gente che ha bisogno di questo me, mi chiama con quel nome e gli dice chi sono;

se resto così non potrò mai essere il mio prossimo me stesso”

“Signore, allontana da me questo calice, ma non sia fatta la mia ma la tua volontà”

——

Tutti noi ci siamo chiamati Gesù e tutti noi abbiamo bisogno di Giuda.

Gesù è la parte di noi che più ci piace, quella che piace agli altri, che viene riconosciuta e ha il suo valore nella vita quotidiana.

Gesù influenza anche la vita degli altri che, quindi, ci tengono che resti il più possibile.

Ma Gesù non è una persona intera, è solo uno stato di passaggio,

non può restare per sempre perché non è un sasso e, in cuor suo, lo sa.

Quando Gesù si rende conto che tutti ormai gli hanno dato un nome e un ruolo, capisce che è arrivato il momento di andare, perché lui è più grande di quel vestito che gli è stato dato.

Lo stato Gesù, deve quindi andar via e per far questo deve smettere di essere quello che è.

Deve tradirsi, slegarsi dalla folla e trovarsi solo.

Trasformare il suo ruolo da chi aiuta in chi viene aiutato.

Lo stato Gesù ha bisogno dello stato Giuda.

Dentro di noi ci sono lo stato Gesù, lo stato Giuda e l’aspirazione ad essere Cristo.

Per passare allo stato Cristo, quello nuovo, abbiamo bisogno di tradirci, trasfigurarci e morire allo stato precedente.

A volte siamo talmente innamorati di noi, del nostro modo di essere, del modo in cui ci vedono gli altri, che smettiamo di cercare di essere davvero noi stessi, di seguire il nostro mutamento, la nostra evoluzione.

Non lo facciamo perché pensiamo di essere una specie di esempio, perfetti e indispensabili, pensiamo di sapere tutto e ci piace essere cristallizzati così.

Ma l’evoluzione non vuole staticità.

Essere Gesù è solo una tappa, in quella dopo c’è Cristo.

E quando si sarà Cristo, ad un certo punto, si tornerà ad essere Gesù e avremo ancora bisogno di Giuda: dovremo ancora tradirci, disobbedire a noi stessi, consegnarci al giudizio, non essere compresi, scontrarci con leggi che non sono le nostre e ci sembra non abbiano senso…

E in tutto questo ci sarà Giuda… che ha trasformato il suo ruolo in una persona e non ha ancora capito questa cosa morendo a causa dei sensi di colpa.




Sperimentiamo! Dirigente Professori ed alunni per scrivere in modo creativo.

Credo che nella scuola di oggi il docente sia sottoposto ad una sfida principale, riuscire a creare quell’indissolubile connubio tra la teoria e la pratica. E’ un dato di fatto che i libri siano la pietra miliare sul quale e dal quale iniziare, ma consegnare al discente gli strumenti per mettersi in gioco rappresenta il tangibile confronto.

In questo processo di ricerca tra le varie metodologie utilizzate dai docenti per far fronte a questo processo è balzato davanti ai miei occhi un progetto sperimentale di scrittura, successivamente sfociato con la pubblicazione di un libro di fiabe e favole a cura dei Currenti Calamo- gruppo editoriale CCEditore.

I protagonisti sono giovanissimi alunni.

Sebbene il mio ruolo debba essere quello di accurato imparziale ascolto, ciò che mi ha colpito e che voglio rilevare, nell’intervista successivamente riportata, è la preparazione e la dedizione per il loro lavoro di due dei protagonisti di questa vicenda: il preside Giorgio Foti e la professoressa Monica Cerrina, ma tutto il progetto è stato realizzato con l’importante supporto di Giancarlo Motta, Marco Strati e Francesca Doni.

Ciò che mi entusiasma di un’ intervista è il modo in cui gli intervistati, in tutta spontaneità mi espongono; si tratta di semplici nessi essenzialmente considerevoli, è il caso di una connessione effettuato dal preside Giorgio Foti che da musicologo e da eccellente insegnante di musica afferma:

“John Cage era un musicista sperimentalista, in una delle sue esibizioni realizzò un concerto di venti minuti in cui schiacciava un si bemolle. Un ragazzino di una primaria sarebbe anche in grado di farlo. L’elemento di fondo è la consapevolezza, è quello che distingue il prodotto dall’opera d’arte. D’accordo sull’opera d’arte ma lavoriamo prima sul prodotto; questo implica un processo in cui i docenti devono mettere in campo tutte le loro capacità e io non posso che ammettere di avere questi docenti.”

Da qui inizia il nostro viaggio all’interno della scrittura creativa …

SAIA: Sappiamo bene che la scrittura creativa, in maniera differente rispetto ad altre forme di stesura, deve possedere quel quid in più affinché il manoscritto possa essere considerato un’opera letteraria. Stando a ciò qual è stato il punto di partenza che ha orientato alla realizzazione di un libro di favole e fiabe a cura di giovanissimi narratori?

CERRINA: il punto di partenza per me sono stati semplicemente i bambini, sono loro l’effettivo inizio. La possibilità di dar loro un percorso che serva da stimolo affinché siano accompagnati in un processo di cognizione.  Questo progetto è stato, per loro, ma anche per noi docenti, una vera e propria scoperta. Bisogna permettere ai bambini di poter esprimere la loro creatività, in tette le sfumature, per trovarsi di fronte a delle menti particolarmente ingegnose.

SAIA: Partendo da semplici discussioni in classe, i discenti si sono cimentati nella stesura di piccoli scritti, che hanno poi condotto alla realizzazione di elaborati personali. Attraverso un’accurata analisi potremmo definire questa metodologia da voi impiegata intrisa di innovazione in campo scolastico perché  tesa alla fusione non solo di basi teoriche quanto piuttosto pratiche. Proprio per questo porgo questa domanda: come hanno reagito  gli studenti?

CERRINA: devo ammettere che hanno reagito molto bene. La scuola primaria a volte può correre il rischio di cadere nella banalità, ci si rifà al sussidiario, al libro di lettura, credo che il riuscire a distaccarsi  dall’ordinario sia la vera sfida che il docente deve porsi. Mettersi attorno ad un tavolo: creare, smontare fiabe tradizionali, per altro non solo italiane, costruirle, rivisitarle è diventato motivo di forte interesse per i nostri giovanissimi discenti. Al di la del prodotto è questa la grande soddisfazione per il docente: partire da zero e vedere i propri alunni mettersi in gioco con quella voglia di apprendere e quella semplicità nel farlo che è tipica dei bambini.

FOTI:  in un percorso complesso, come quello appunto della creatività, che implica un approccio alla cognitività, alla relazionalità e soprattutto alla motivazione è lì che si riconosce  l’importanza del ruolo che il docente deve avere.  In questo caso l’importanza dell’educatore riveste un ruolo fondamentale, tutt’al più nell’essere capace di guidare il bambino nelle difficoltose strade della creatività.

SAIA: Per migliorare la scrittura di romanzi e racconti bisogna avere costanza, scrivere regolarmente, leggere moltissimo, conoscere e studiare le tecniche narrative, smontare e rimontare testi di altri scrittori. Questi giovanissimi studente hanno dimostrato di saperlo fare. Crede che questo progetto possa evolversi su tutto il territorio? Se è si come?

FOTI: le scuole non sono più considerate come istituti singoli ma scuole di rete e quindi noi pensiamo che questo progetto possa avere una maggiore risonanza  su tutto il territorio proprio perché è una necessità tanto da un punto di vista prettamente esperienziale quanto di reale confronto che implica uno scambio culturale autentico ed incessante.

SAIA: Alla fine delle mie interviste riservo sempre un ultimo invito ai ringraziamenti finali.

FOTI: non voglio essere convenzionale in questi ringraziamenti quanto piuttosto spontaneo: alla casa editrice, Currenti Calamo- gruppo editoriale CCEditore, per aver creduto in questo progetto; ci tengo a precisare che si crede ad un progetto quando il medesimo è attendibile, ma per essere attendibile il progetto  lo devono essere anche i docenti, ed io non posso che ringraziare tutto il corpo docente per la passione e l’ etica che li contraddistingue.

CERRINA: dobbiamo anche ringraziare l’Università Bicocca per la collaborazione, infatti in questo progetto è stata inserita una tirocinante appartenente alla nota Università che ha dato un notevole contributo a questa realizzazione.

 




Tutto il mio folle amore

Tutto il mio amore folle, l’ultimo film di Gabriele Salvatores è la coraggiosa ed intensa versione cinematografica del libro di Fulvio Ervas. La storia è quella di un padre con un figlio autistico, un ragazzo stupendo nella realtà e nella finzione cinematografica.

Nel libro, padre e figlio attraversano insieme l’America, in un viaggio in moto durato tre mesi.

Nel film, padre e figlio attraversano i Balcani in un viaggio a cavallo, a piedi, in pick-up, ed infine in moto.

Ma il filo conduttore della storia romanzata o cinematografica è la difesa del cuore e dell’istinto. Tutto il film è un “racconto dell’istinto” e naturalmente dell’amore. L’amore, all’inizio, non riesce ad uscire dall’anima dei personaggi, ma poi fluisce libero.

Willi, il padre interpretato da Claudio Santamaria e Vincent, il figlio, magistralmente interpretato dal giovane Giulio Pranno, riescono a comunicare grazie al loro amore primordiale e folle.

Ma anche, Elena, la madre (Valeria Golino) e Mario (Diego Abantatuono) marito di Elena e padre adottivo di Vincent, riescono finalmente a comunicare, oltre la malattia del figlio. Proprio loro, che la malattia di Vincent l’hanno sempre affrontata con timore misto a rassegnazione, lui rifugiandosi nella letteratura e lei nell’acqua di una piscina, quasi alla ricerca di un liquido amniotico in cui sentirsi protetta ed essere ancora figlia e non ancora madre.

Il regista, sin dall’inizio, prende di petto il disturbo mentale, senza buonismi. Gabriele Salvatores, infatti non nega gli aspetti “disturbanti” e imbarazzanti dell’autismo. La prima scena, quella in cui, per dispetto il ragazzo evacua sotto la doccia e ci gioca per dipingere i vetri, è un pugno allo stomaco.

E, noi spettatori, capiamo subito che con un ragazzo autistico non serve tentare di comunicare in modo razionale.

Vincent si calma solo quando arriva Mario che ha imparato a volergli bene e che glielo dimostra raccontandogli delle storie visionarie…

Ma procediamo con calma. La storia è quella di Vincent, un ragazzo autistico che vive a Trieste con la madre Elena e con Mario, il marito che però non è il padre naturale del ragazzo.

Mentre la madre è incapace di reggere la malattia del figlio, Mario ha imparato a voler bene al ragazzo, decifrando il suo strano modo di comunicare.

La loro vita è però in equilibrio precario. E’ la vita di una famiglia straricca, che pur con tutte le possibilità economiche non è riuscita a gestire e digerire la malattia del ragazzo.

Anzi una vita che, nonostante villa, piscina e maneggio, sta implodendo, avviluppandosi sempre più sulla malattia del figlio Vincent.

All’improvviso, una notte, arriva Willy (Claudio Santamaria), e qui la situazione esplode.

Willy è il padre naturale del ragazzo, che ha abbandonato Elena quando era incinta.

Willy è sempre stato un padre latitante, che ha avuto paura del suo ruolo genitoriale ed ha sfogato i suoi sensi di colpa nell’alcool.

Non sa niente del ragazzo, men che meno della sua malattia, ma la canzone che, a suo tempo aveva dedicato ad Elena, lo richiama al suo ruolo.

Allo stesso modo, Elena, ragazza madre abbandonata, che aveva deciso di non abortire ed aveva dato al figlio il nome della canzone (sulle cui note si era innamorata di Willy), si risveglia al suo ruolo di madre, risentendo e poi cantando quella canzone.

E sono proprio le note della canzone di Don McLean che riuniranno questi due genitori naturali, accomunati da un figlio malato, ma anche da una vena di pazzia, come il loro folle amore.

Del resto, sono le note di questa canzone che diventano la colonna sonora del film. Il musicista aveva dedicato il brano “Vincent” al pittore Vincent Van Gogh.

E l’amore e la follia ritornano nel film “Tutto il mio folle amore”.

“Vincent”, il brano musicale di Don Mc Lean, parlava del quadro “Notte stellata” di Van Gogh, e nel dipinto le stelle erano grandi, e più che stelle sembravano luci.

Ma anche il film di Gabriele Salvatores, è giocato sulla rivelazione del personaggio attraverso le luci.

Sono luci quelle dei lumi di carta di una gara di ballo, in cui Vincent s’ innamora per la prima volta di una ragazzina. Sono luci quelle delle lampadine di una festa di matrimonio in cui Vincent subisce una traumatica iniziazione sessuale.

E sono luci blu quelle di un locale di lap dance, dove Vincent scopre il richiamo di una donna.

E qui esplode il valore del film e l’abilità del regista. L’iniziale baratto di un orologio di valore per ottenere la prestazione sessuale, si converte nella scena della delicatezza dell’amore atavico del ragazzo e della ballerina sul pick-up.

Scena di amore sbocciato, di affetto condiviso e di sesso suggerito.

Come detto all’inzio, magistrale è l’interpretazione del giovane attore Giulio Pranno, coadiuvato da un ottimo cast.  Ma notevoli sono anche la fotografia di Italo Petriccione, la scenografia di Rita Rabassini, la sceneggiatura di Umberto Contarello e Sara Mosetti, il montaggio di Massimo Fiocchi, nonché le musiche di Mauro Pagani.

E sempre per continuare nel gioco della sinestesia dei linguaggi musicale, pittorico e cinematografico, in nome di Vincent canzone, il Vincent ragazzo folle ed un po’ visionario, accenderà le luci nella coscienza-consapevolezza di tutti coloro che lo amano.

Sono infatti luci metaforiche quelle che si accendono dentro ai tre protagonisti adulti. Attraverso il folle viaggio nella vita e nella malattia di Vincent, Willy, si assumerà il coraggio di essere padre.

Elena si riconoscerà nella vena di follia del figlio, finalmente amato ed accolto come parte di sé. E Mario, il padre adottivo, amerà in modo sublime entrambi, moglie e figlio adottivo, lasciandoli infine liberi di rivelarsi l’un all’altra senza la sua mediazione contenitiva e di supporto per tutti e due.

Ed infine, mentre il ragazzo biondo sparge pezzetti di carta come fosse Pollicino, lo spettatore trova la strada di casa dopo l’esodo del viaggio, riconoscendo che “La felicità purtroppo non è un diritto, è un colpo di culo”, ed anche una vena di follia, diciamo noi spettatori, sposando la tesi del regista.

 

Antonella Ferrari




Rispetto dell’Ecosistema e lineamenti di ecosofia

Ecosofia – Intervento di Chiara Sparacio all’interno della “Conferenza Internazionale Prevenzione Emergenze”: Protezione Nazionale Boschi e Foreste – Riduzione del Global Warming ROMA, 25 Ottobre 2019 ore 15.30  e MILANO, 26 Ottobre 2019 ore 15.30

(leggi qui il comunicato stampa dell’evento: Conferenza Internazionale Prevenzione Emergenze: Protezione Nazionale Boschi e Foreste Riduzione del Global Warming)

Parlare di Ecosofia all’interno di una conferenza che parla di prevenzione delle Emergenze ambientali vuol dire guardare lo stesso argomento da un punto di vista differente.

È un po’ come quando si guarda un giardino da tante prospettive differenti: alcuni lo guardano dall’interno, altri si affacciano dalla casa di fonte, altri ancora confrontano guardando altri giardini vicini.

Il mio intervento è una finestrella un po’ più distante, aperta da una casetta a Tavertet, vicino Barcellona, una casetta in mezzo ai boschi, molto difficile da raggiungere che non è neppure mia ma di un uomo di nome Raimundo Panikkar.

chiara sparacio

Raimundo Panikkar è stato un uomo dal “multiforme ingegno” classificato come pensatore, scrittore, filosofo, professore e tanto altro ancora… è morto nel 2010 e ha lasciato una vastissima bibliografia.

Anche se il rischio è quello di semplificare troppo, potremmo dire che ha sviluppato il suo pensiero nel rapporto generativo tra gli uomini, la Terra e il senso del divino.

A questo proposito ha coniato il termine Cosmotheandrico: κόσμος, θεός, ἀνδρός (kosmos, theos, andros).

Panikkar ha ipotizzato una sorta di triangolo di relazione, senza vertice principale né basi fisse che, per funzionare, richiede la piena collaborazione e il completo scambio tra i tre vertici.

Questo vuol dire che l’uomo, per essere veramente sé stesso e vivere bene con sé e con gli altri, ha bisogno anche della relazione con la terra e l’ambiente.

Viceversa: l’ecosistema per sopravvivere, ha bisogno dell’uomo e di essere riconosciuto non solo come flora, come oggetto, ma anche come fenomeno (da φαίνω – faino– : manifestazione).

Il rapporto tra l’uomo, la terra e il sovrasensibile altrimenti indicato come Divino e il presupposto fondamentale di questo articolo.chiara sparacio

Tra i cardini del pensiero di Raimundo Panikkar c’è quella che lui aveva chiamato EcoSofia, ovvero una riflessione profonda sull’ambiente.

Tra i cardini del pensiero di Raimundo Panikkar l’EcoSofia, ovvero una riflessione profonda sull’ambiente.

Eco-sofia è una parola di etimologia greca composta da Eco (in greco οἶκος) e sofia (in greco σοφία).

Sofia non è solo sapienza, come la traduciamo concettualmente in epoca moderna, in realtà questo è l’ultimo dei suoi significati, prima ci sono l’abilità, la scienza, il senno

Οἶκος (oikos), che troviamo come suffisso di numerosissime parole: eco-logia, eco-sistema, eco-sfera, contrariamente a quanto possa sembrare per via della usura scriteriata delle parole, non indica semplicisticamente l’ambiente esterno ma vuol dire casa, abitazione, dimora…

Andando ancora più a fondo, è un luogo sacro: tempio, curia, stanza per gli atleti… (ricordiamo che, presso i greci, l’atleta era considerato un semidio).

Ecco quindi che il termine οἶκος riacquista in questa prospettiva una importanza cruciale per l’esistenza umana: non è solo un ambiente che viene abitato in modo passivo e che può essere sfruttato indiscriminatamente ma è un ambiente attivo che influisce sulla persona, formandola, arricchendola e migliorandola.

Ricordiamoci che ciò che è sacro, se toccato, rende sacri.

Ecco quindi che, mentre siamo qui a parlare di problemi ecologici, quello che dobbiamo avere chiaro è che, quando si parla di ecologia, si tocca una sfera sacrale.

Attenzione: con sacro non intendiamo il dio.

La radice del latino “sacrum” è di etimologia incerta, probabilmente ha a che fare con la radice indo europea sac-, sak-, sag –  che ha a che fare con l’attaccamento, l’avvinghiamento… che poi abbiamo riferito alla divinità ma sappiamo bene che il concetto di divinità non è propriamente universale nei suoi dettagli.

Per cercare di essere un po’ più universali potremmo dire che il divino ha a che fare con una realtà superiore rispetto quella umana comune, ma non sappiamo esattamente dove sia geograficamente dislocata questa parte. 

Non stiamo parlando di religioni o spiritualità o di qualunque cosa possa apparirci come distante da noi e messa chissà dove ma di aspetti profondi dell’anima.

Eco-logia, dicevamo. 

Loghia ha che fare con il λόγος che tende a segnare la dimensione pratica dell’esperienza.

Logos non la semplice parola astratta, come si può pensare, ma la parola concreta, quella che crea: “in principio era il logos”

L’ecologia moderna, affronta i problemi dello sfruttamento della terra e si sforza di combatterli.

Ma non dobbiamo farci prendere né dalla foga delle parole né dalla foga delle idee.

Fare dell’attivismo ambientale oggi, con il vocabolario che abbiamo a disposizione ci fa correre il rischio di non capire bene cosa facciamo, di scappare dalla realtà che c’è dietro, di non scoprire l’origine del problema.

Abbiamo detto poco fa che Panikkar, nello sviluppo del suo pensiero ha creato una sorta di triangolo di relazione: uomo, natura, sovrasensibile.

Ecco: quando Raimundo Panikkar parla di ecosofia, sposta l’uomo dal vertice della gerarchia terrestre e lo pone sulla terra insegnandogli che non esiste un triangolo di gerarchia ma di relazione: 

“l’ecosofia adempie una funzione rivelatrice. Ci rivela che la terra – come noi stessi – è limitata, finita e che abbiamo con lei dei legami stretti, dei legami costitutivi e quindi reciproci. (cit.R. Panikkar)

Per sperimentare l’ecosofia, per avere coscienza della terra, dobbiamo prima avere coscienza di noi stessi.

Per capire la saggezza della terra dobbiamo prendere coscienza del nostro sé e scoprire che non è una cosa differente e separata da ciò che ci circonda: 

“una coltivazione di me stesso che non sia anche coltura della natura […] non è coltura dell’uomo”.  (cit.R. Panikkar)

Panikkar, occidentale per parte di madre spagnola e orientale per parte di padre indiano, amava osservare differenze e punti di contatto tra la cultura occidentale e la cultura orientale.

Egli sottolinea come la “cultura occidentale” esaspera una cultura della contrapposizione piuttosto che della mediazione e, in un certo senso, della contaminazione e dell’arricchimento.

Questo perché voler separare nettamente ogni cosa dall’altra, anche se condividono la stessa natura, comporta la tragica creazione di realtà separate e inconciliabili. 

La conseguenza inevitabile di questa impostazione culturale è stata ed è l’allontanamento dell’uomo dalla natura.

Quando l’uomo non si sente parte completante e complementare della natura, allora ne prende le distanze e genera un rapporto di passività o dominio.

È chiaro che una relazione di questo tipo causa disagio e il prezzo sono le calamità ecologiche: le piogge acide, l’inquinamento che oscura il cielo sottrae giorni di sole, i cedimenti del terreno, l’estinzione di molte specie animali e vegetali, le malattie del feto e le alterazioni genetiche.

Ma conferenze come quella a cui stiamo partecipando oggi, le parole che ci stiamo dicendo e stiamo ascoltando, tutte le mobilitazioni di questo tipo che stiamo vedendo agire in questi mesi, sono i segni di come l’uomo si sia accorto del ritorno del boomerang lanciato e voglia trovare una soluzione.

Pare che l’uomo stia capendo che, sempre come dice Panikkar, “l’uomo è terra, ma la terra è anche noi”.⁠5 

Alla luce di tutto questo, quindi l’ecosofia, diventa il dialogo con la terra.

Prima della cultura capitalistica (o, come usa dire Panikkar, prima della cultura monetocratica) il rapporto cosmotheandrico era chiarissimo: l’uomo si rivolgeva al dio tramite la natura, offrendo sacrifici. 

Questo accadeva perché la percezione che queste tre verità – la terra, il Dio e l’uomo – erano in completa relazione e partecipazione era vivissima.

Purtroppo la monetocrazia, l’idolatria del denaro, ha sbilanciato questo equilibrio.

L’ecosofia vuole ristabilire il rapporto triadico tra Dio, l’uomo e la natura e questo può avvenire solo dal nuovo ascolto di sé stessi e dall’accettazione del nuovo rapporto con la natura; nuovo non perché non è mai stato sperimentato dall’uomo (tutt’altro) ma perché non è stato ancora sperimentato dall’uomo moderno.

Il nostro atteggiamento deve essere quello del dialogo sincero che intercorre tra chi non intende prevaricare sull’altro ma cerca uno scambio reciproco e sincero: 

“se ascoltiamo, la terra stessa può rivelare […] la volontà di Dio riguardo al compito dell’uomo su questo pianeta. […] se non avviene un vero incontro religioso (religioso ovvero che crei un legame: religere) tra noi e la terra, finiremo per annichilire la vita sulla stessa terra”. (cit.R. Panikkar)

 

Sito dell’ente organizzatore: www.itpc-commission.org

Dichiarazione alberi patrimonio dell’umanità https://www.itpc-commission.org/dichiarazione-globale-alberi-patrimonio-dell-umanita/ firma anche tu