LEI, LUI ed il multitasking, parola di Chiara Cecutti.

MULTITASKING? NO, GRAZIE

Interno domestico di una qualsiasi famiglia italiana, in questi giorni di quarantena.

L’emergenza coronavirus sta facendo esplodere la quotidiana convivenza, perché siamo tutti sotto lo stesso tetto e dentro le stesse mura, ma con ruoli e mansioni geneticamente e culturalmente diverse. Non ci credete?!? Ditemi se sbaglio.

LUI, l’uomo, è isolato nel suo studio, inchiodato al monitor del computer, a lavorare a distanza. ”A lavorare come un matto “dice lui, “per sopravvivere in questo paese di m…a”. E guai a chi lo disturba! -diciamo noi! Certo, perché LUI, dalla notte dei tempi, deve lavorare e garantire la sopravvivenza della sua famiglia.

LEI, la donna, invece, deve accudire e nutrire i suoi cari.

Solo che, dalla teoria preistorica alla realtà odierna, c’è una piccola differenza!

La nostra LEI, quella dei giorni nostri, è imprigionata nella sua casa, è ancor più del solito impegnata a gestire un’overdose di incombenze, ordinarie e straordinarie, non a distanza, ma in presenza!

Esempio? Con la chiusura forzata di tutte le scuole, la nostra lei si ritrova a seguire figli piccoli (pappe e pannolini a gogò) o gestire figli intermedi (con compiti assegnati e sottofondo sonoro di chat di classe impazzite). O magari, addomesticare figli adolescenti ribelli e svogliati (“spegni il cellulare e rifatti il letto”, un mantra quotidiano) che ciondolano per casa spargendo calzini e briciole.

Ma ci sono pure, genitori anziani, da ascoltare, col viva voce, mentre, la nostra cara donna, lava, stende e stira, cucina, apparecchia e sparecchia… E intanto, dato che la nostra eroina CREDE, anzi, VUOLE, per principio, o semplicemente DEVE, per necessità, LAVORARE, ecco che, anche la nostra donna, lavora da casa.

Perché, anche lei ha un lavoro, come il suo uomo.

E’ insegnante, impiegata, ingegnere o avvocato, architetto o funzionario. Ha tanto lottato e voluto lavorare, a scuola, in banca, in azienda, che non può mollare proprio adesso. Ecco che, allora, la nostra cara eroina, risponde alle mail, predispone lezioni, partecipa a video conferenze, traduce, pianifica, compila, notifica…

Eh, ma chi è?!? WONDER WOMAN?!? -direte voi? No, CENERENTOLA- diciamo noi, avvallando la tesi della splendida CHIARA CECUTTI che abbiamo avuto il piacere di intervistare in occasione della pubblicazione del suo libro “MULTITASKING? NO, GRAZIE” da perfetta tuttofare a felice imperfetta. Edizioni HOEPLI.

Il presupposto è l’eterna leggenda della donna che sa fare tutto e farlo bene.

La solita storia che la donna ha una marcia in più rispetto agli uomini.

Che la donna ha la capacità innata, tutta femminile, di fare più cose contemporaneamente.

E il percorso dell’autrice è “Premesso e non concesso che sia vero, ma ne vale davvero la pena?!? O il multitasking è una fregatura?!?”

Chiara Cecutti, il cui curriculum incute paura, (Inspirational e Motivational Speaker esperta in Leadership al Femminile, Life Coach e Counsellor per l’Empowerment della donna a 360°, Executive Coach per il Middle e Top Management (uomini e donne) di aziende nazionali e multinazionali) Team Coach, Team Building Expert, Master Advanced in Programmazione Neuro-Linguistica e Master in Gestione Risorse Umane, specializzata in “Coaching & Modeling” presso la NLP University di Santa Cruz, California), mette subito a proprio agio la sottoscritta e le sue lettrici.

Non giudica, né critica l’universo femminile. Anzi, fa ridere e sorridere il lettore. E, nel caso di una lettrice, Chiara, fa l’occhiolino e la prende per mano. Chiara è una di noi donne, solidale e complice con l’universo femminile.

Una DONNA che parla alle donne, ma che insegna agli uomini. Chiara regala alle lettrici un viaggio di sola andata verso una consapevolezza del proprio ruolo e della propria dignità, dimostrando che il multitasking fa male e ci rovina la vita. Che sia un fattore genetico o una pura invenzione sociale. Che rimandi ad un imprinting materno, ad un perfezionismo congenito o ad una competizione innata, il multitasking è una sindrome pericolosa. Ogni volta che noi donne, rinunciamo a delegare, per avere tutto e tutti sotto controllo.

Ogni volta che sentiamo il dovere di essere impeccabili. Ogni volta che viviamo con un’ansia da prestazione i nostri molteplici ruoli, pensando “se so fare, valgo” e dicendo “cosa faresti senza di me?”. Ogni volta che entriamo in competizione con la suocera o rivaleggiamo con le altre, per essere la più brava del reame.

Ogni volta che le nostre giornate sono un’eterna corsa ad ostacoli, con un’infinita lista di cose da fare e di impegni da assolvere. Ogni volta che per bassa autostima imploriamo un riconoscimento esterno o che per senso di colpa ci sembra di non dare mai abbastanza. Bene, anzi no, male! STIAMO SBAGLIANDO.

Perché, alla faccia della parità dei sessi e dei ruoli, noi donne siamo schiave di un sistema di pregiudizi culturali, pressioni sociali, stereotipi pubblicitari e modelli cinematografici che ci rovina la vita e ci compromette la salute.

Chiara Cecutti, con razionalità ed empatia, ci dimostra che il mulititasking è una trappola per topi, una competenza tanto svantaggiosa quanto faticosa.

Che noi donne finiamo per correre tutto il giorno (come un criceto nella sua ruota!) incapaci di fermarci, al ritmo di “BRAVA, BRAVA MARIAROSA, QUANTE COSE SAI FAR TU…” per il bisogno di sentirci amate, incapaci di riconoscere il nostro valore a prescindere.

Con stile ironico, brillante e diretto, Chiara Cecutti ci rende consapevoli degli effetti boomerang a cui si sottopongono le donne che agiscono secondo il delirio di onnipotenza, nonché il mito della perfezione femminile. E, soprattutto ci insegna a fare meno per fare meglio.

A privilegiare l’ESSERE, mogli e madri più che il FARE, la domestica di casa.

A distinguere quello che è davvero importante e non semplicemente urgente. A saper rifiutare senza sensi di colpa, a delegare senza controllare l’esecuzione. Ad allenare il cervello per ri- focalizzarci su noi stesse…

Insomma, care lettrici, per la festa della donna, fatevi un regalo, per essere meno stanche e più felici. Leggete “MULTITASKING? NO, GRAZIE” e poi, applicatene i preziosi consigli. Ne va della qualità della vostra vita e del riconoscimento del vostro valore. E voi, cari lettori, lasciate perdere rose o cioccolatini. Regalate questo libro e meditatene qualche passaggio.

Ne beneficerà anche la vostra relazione di coppia. Provare per credere!

 




Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

Capisco che è facile fare polemica, capisco che mi si potrebbe rispondere vorrei vedere te, ma io sono un Direttore di Giornale, seppur piccolo ed insignificante rispetto ai grandi nomi che comunque hanno sparato a zero su quello che è successo pur di far notizia senza un minimo senso di responsabilità, almeno a parer mio, cosa che noi di Betapress non abbiamo fatto, quindi mi permetterò adesso di fare qualche piccola considerazione.

Intanto osservo che abbiamo chiuso le scuole ma in realtà abbiamo sospeso le attività, e no caro governo sospensione è una cosa, chiusura è altra cosa.

Non è difficile se chiudo non entra nessuno, se sospendo entrano tutti tranne i bambini ed i docenti.

Ma governo, tu che vuò fà?

Vuoi che le persone non entrino troppo in contatto e quindi salvaguardare i cittadini allora CHIUDI le scuole.

Vuoi che si salvino solo i docenti ed i bambini, allora SOSPENDI le lezioni.

Ma che ti hanno fatto i Dirigenti e gli ATA nonché i collaboratori scolastici?

Ma poi siamo sicuri che sia così utile fare questa via di mezzo?

Comunque a voler vedere alcune osservazioni:

Le lezioni sono sospese, ma i parchi pubblici sono pieni di bambini e baby sitter, le piste da sci sono gremite di persone che fanno vacanze inaspettate, ma l’obiettivo era spostare il luogo di contagio?

Non ci capiamo sull’italiano, ma nemmeno sulle misure, forse qui dovevamo chiudere le scuole e comunque tutti i luoghi in cui le persone si trovano in numeri elevati.

Però mi scuso, in partenza forse l’idea era un’altra (si ma quale?).

Ma anche sul virus prima era terribile, adesso è solo un’influenza un poco più grave del solito, prima un flagello, adesso normale, prima una catastrofe, adesso gestibile, però adesso chiudiamo il mondo … quando è gestibile?

L’unica verità è che non siamo preparati, il mondo non è preparato, ma nemmeno riusciamo a riflettere: in questi casi è necessario dare almeno la sensazione di avere tutto sotto controllo, ad esempio chiudere le scuole ogni settimana lascia l’idea che non sappiamo che pesci prendere (ma forse è proprio così) o peggio che non sappiamo di cosa parliamo.

In tutto questo incredibile “bordello” (ahi serva ITALIA …) nemmeno riusciamo a dire le cose minime per tranquillizzare i cittadini, ad esempio abbiamo instaurato una commissione che vigila sui prezzi dei beni di consumo per evitare sciacallaggi (vedi amuchina), o fare considerazioni sull’impatto economico ed il costo in vite professionali che tutto questo comporterà (non possiamo pensarci dopo) per poter definire una serie di sussidi alle imprese ed ai privati, ma anche solo pensare che nelle scuole ci sono centinaia di laboratori di chimica che potrebbero produrre disinfettanti a basso prezzo sia per i Cittadini che per lo Stato (invece stiamo buttando migliaia di euro per comprare disinfettanti), avremmo comunque dando inoltre l’idea di un paese pronto.

Lettori, il coronavirus non sarà una tragedia per la salute degli italiani, ma lo sarà per il sistema economico Italia, una spallata al già nostro traballante equilibrio economico che, se non gestita in tempo, non sarà una sciocchezza.

Intanto siamo diventati i paria del mondo, quasi che l’infezione l’avessero creata gli Italiani, tra un poco mi aspetto che la Cina ci mandi degli aiuti umanitari!!!

Poi ci siamo anche resi conto che le nostre strutture sanitarie non sono pronte o quantomeno carenti per gestire un evento simile (va beh e questo ha la sua logica, una pandemia [pandemia=Epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente attraverso vastissimi territori o continenti] non è qualcosa su cui si può programmare un dimensionamento, un poco come pensare di esser preparati ad uno tsunami).

Anche chiudere le scuole forse lascia delle riflessioni: facciamo la scuola on line, l’Italia non è pronta, non ci sono le tecnologie nelle scuole e sopratutto il nostro sistema di lezioni non è strutturato per l’erogazione on line, infatti stiamo facendo la stessa tipologia di didattica frontale (tranne qualche mosca bianca) pensando di usare chat, blog, compiti a casa, slide sul registro elettronico… ahahahah …

inoltre, abbiamo sicuramente risolto il problema dell’abbandono scolastico perché appena i ragazzi che non venivano più a scuola capiranno cosa sta succedendo rientreranno tutti, sicuramente ci sarà una sanatoria per le assenze e chi avrà mai il coraggio di bocciare quest’anno???

Qualche Professore o Dirigente Scolastico si prenderà questa responsabilità con schiere di avvocati dei genitori che andranno a nozze con quanto sta succedendo?

Ma poi è mai possibile che venga detto ai dirigenti di attivare la modalità di didattica on line senza passare dal collegio dei docenti, organo sovrano in tal senso?????

Per tutelare i diritti passiamo sui diritti? Stato di Guerra?

Ma come cavolo si fa a passare dal popolo di santi poeti e navigatori a quello di infetti, malati ed untori …

Caro il mio Governo, nella paura tutto diventa piccolo, anche la capacità e l’orgoglio!!

Ma porcaccia miseria, etica, diritti, correttezza, italiano: persi …

Noi siamo Italiani, abbiamo organizzato l’Europa, abbiamo inventato il diritto, ma che succede?

Noi non dobbiamo avere paura, noi siamo l’Italia, noi siamo un popolo di eroi,
di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori, noi siamo Leonardo, noi siamo Marconi, noi siamo Giulio Cesare, noi siamo Leopardi, noi siamo Manzoni, noi siamo Caravaggio, noi siamo Giotto,
noi siamo papa Giovanni, noi siamo san Francesco, noi siamo Don Milani, noi siamo Dante, noi siamo Boccaccio, noi siamo Tommaso d’Aquino, noi siamo Michelangelo, noi siamo Cicerone, noi siamo Costantino, noi siamo Galileo, noi
siamo Ottaviano Augusto, noi siamo Cristoforo Colombo, noi siamo Italiani, ecco chi siamo, e voi chi siete?

Italiani Galantuomini, Avanti Savoia!

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, stare dall’altra parte!

Coronavirus, ma la vita è altrove…

 




Coronavirus, ma la vita è altrove…

 

Il giornalista è un lavoratore nel campo dell’informazione.

Opera nel settore del giornalismo che si occupa di scoprire, analizzare, descrivere e scegliere notizie. Il giornalista redige articoli, inchieste (o reportage) o editoriali per testate giornalistiche periodiche o agenzie di stampa, su un mezzo di comunicazione di massa. Bene, questa è la teoria.

La pratica, in questi giorni, è che il giornalista è un terrorista mediatico.

Mai, come in queste ultime settimane, quelle del coronavirus, la follia comunicativa è esplosa, contagiando tutti, in modo direttamente proporzionale alla ignoranza popolare.

Esiste un problema.

O.K. Informiamo la popolazione.

Il dovere di un giornalista serio è quello di “informare”, dicendo la verità e rappresentando fatti concreti. Invece, stiamo assistendo a un fenomeno di manipolazione di massa di velocità e portata inenarrabili da parte di associazioni a delinquere, politici e giornalisti in prima linea.

Scenari apocalittici per strade ormai semideserte, in cui sono stati diagnosticate alcune centinaia di casi di UN’ INFLUENZA, pericolosa sì, ma non destinata a distruggere il genere umano.

Sguardi inebetiti dietro a mascherine improvvisate, tipo fai da te, o iper tecniche, degne forse di un film di fantascienza.

Abbracci trattenuti, contatti evitati, distanze di sicurezza calcolate e superfici disinfettate.

Dispacci, ordinanze, un bollettino di guerra aggiornato in tempo reale, che terrorizza la cittadinanza e costringe la popolazione, soprattutto quella psicologicamente più fragile, all’adozione di misure surreali.

Tamponi imposti ai ” sospetti untori” provenienti da zone rosse, isolate tipo campi di concentramento.

Bollettini quotidiani sempre più amplificati ed allarmanti che creano una destabilizzazione esponenziale ed irreversibile…

Un’ economia, già gravemente precaria prima, ormai in ginocchio, con chiusure obbligate di attività commerciali, disdette di appuntamenti, annullamenti di prenotazioni, revoca di convegni…

La gente fuma, beve, si droga, si impasticca, fa sesso promiscuo senza profilattici e se ne strafotte altamente, ma l’idea di poter contrarre un’influenza pesante dal vicino la devasta e costringe ad adottare misure grottesche ed esasperate.

Il catastrofismo e il terrorismo psicologico alimentato dai media hanno portato alla luce i livelli di rincoglionimento gravissimo dell’italiano medio che ha ormai perso, evidentemente, qualsivoglia tipo di centratura, equilibrio o punto fermo. I media hanno davvero gravi responsabilità a mio avviso e spero che un giorno potranno pagare nelle sedi opportune i gravissimi danni che stanno facendo e sui quali stanno speculando.

Il mondo, signori, vive e muore. La terra trema e distrugge le case scriteriate che ha costruito l’uomo. Tanto evoluto, quanto demente nel contempo. E dove sta il senso di altruismo, il senso del padre di famiglia che deve mantenere un equilibrio nonostante tutto?

Noi siamo la vita che può morire in ogni minuto secondo. Anch’io, che ora sto scrivendo queste righe, potrei, domani o oggi stesso, morire. E non per coronavirus, ma per il fine vita disposto o dal destino o dal nostro Creatore che ha stabilito un circuito di vita.

Ed ora, che arrivano le prime denunce per “procurato allarme” a carico di un certo tipo di comunicazione che squalifica il giornalismo italiano e non rende certo un servizio al popolo, impariamo a scegliere.

Scegliere chi ascoltare e cosa leggere.

Riconosciamo il peso ed il valore delle parole.

E dunque che “contagiato” non significa, né essere morto, né essere un mostro.

Contagiato significa malato.

E se esistono i reparti di malattie infettive, significa che ve ne sono tante altre!

Quante persone ricoverate in ospedale per controlli o interventi chirurgici si ammalano di altri virus contratti proprio lì? E c’è anche chi muore per questo, per lo più anziani ovviamente.

Che muoiano gli anziani non siamo contenti di certo, sono un patrimonio di saggezza, e non vorremmo perderli mai i nostri nonni e bisnonni.

Ma è la vita, non siamo noi i padroni della nostra vita!

Il piagnisteo, l’arraffo di pasta al supermercato, è il vero problema! Il rimandare tutto, il sospendere il mondo, questo è il vero virus che ci affligge!

Dunque, per resistere al coronavirus, dobbiamo scegliere di vivere, con prudenza sì, come quando andiamo in automobile, perché potremmo morire anche di incidente, da un momento all’altro come è capitato a tanti.

Ma dobbiamo scegliere di vivere, non di rinunciare a vivere per paura di morire.

Si vive e si muore. Questa è l’unica vera notizia.

Si vive e si muore di fame, di guerra, di tortura, di tante malattie in tutto il mondo, anche oggi, anche adesso. Basta terrorismo mediatico! Ascoltiamo canzoni, leggiamo libri, andiamocene anche a mangiare la pizza, specialmente ora (alla faccia della squallida satira francese!). E andiamo a comprare ciò che ci serve o ciò che ci piace.

Anzi, ora più che mai concediamoci qualche sfizio e qualche regalo in più. E facciamola finita di piangerci addosso, spegniamo la tivù, ed accendiamo il cervello!

Esercitiamo il nostro potere di lettori intelligenti: leggiamo solo chi non esagera!

 




Coronavirus, stare dall’altra parte!

Sei così piccolo, ma così potente! Inconsapevole menefreghista di confini politici, limiti geografici o muri mentali, non curante di bellezze artistiche ed ignaro di realtà produttive, te ne vai in giro per il pianeta, in ogni angolo della terra ed abiti il nostro tempo, giorno e notte. Sei un grande e soprattutto fai miracoli!

Complimenti! Finalmente, grazie a te, in men che non si dica, siamo noi italiani, i primi in Europa! Altro che propaganda partitica, ci volevi tu!

Solo che siamo finiti, nostro malgrado, dalla parte sbagliata! Ora che siamo i primi, finalmente i primi, ci accorgiamo che, in nome tuo, vacillano certezze che, fino ad una settimana fa, sembravano incrollabili.

Prima, c’eravamo noi da tutelare e poi gli altri da aiutare.

Adesso, ci sono gli altri da tutelare e poi noi da aiutare.

Dentro e fuori i confini statali, ma anche dentro e fuori le regioni a rischio, dentro e fuori le zone rosse, le chiese, le scuole, gli ospedali…Persino dentro e fuori casa! All’ improvviso, abbiamo capito che ci siamo noi e che ci sono gli altri. L’altro è tutto ciò che non siamo noi. L’altro è chi viene da fuori. Anche da fuori casa, anche se è uno di noi. Prima, l’altro era chi, per qualunque motivo, era diverso da noi, chi pregava un Dio differente.

Chi non la pensava come noi. Chi non aveva il nostro stesso orientamento sessuale. Era davvero forte la convinzione baricentrica del Noi fino a pochi giorni fa! Pensiamo alle dicotomie comunitario/extra-comunitario, residente/migrante, casa nostra/casa loro. Prima c’erano nozioni relative che venivano indebitamente assolutizzate, ora ci sono incertezze e vulnerabilità che vengono giustamente rivendicate.

Ora, ciascuno di noi, si sente e si trova ad essere, extra-comunitario, migrante e lontano da casa a seconda delle persone e dei luoghi con cui si rapporta e in cui si trova a vivere.

O più semplicemente, ognuno di noi si trova ad essere sano o malato, contagiato o a rischio, in incubazione o in reclusione.

Eh sì, caro virus, ci hai dato una bella lezione. Una bella lezione di civiltà! Ci hai insegnato che, dietro a tutte le opposizioni, si annida una xenofobia multiforme, che assume di volta in volta sembianze diverse: etnica, religiosa, culturale, economica, geografica e così via. L’ALTRO, ora, siamo NOI. Siamo noi i migranti che nessuno vuole, siamo noi che veniamo respinti alle frontiere, scansati negli aeroporti, rifiutati nei villaggi turistici.

Un che di nuovo, ma anche di antico: ci erano già passati i nostri nonni e bisnonni che arrivavano, spinti da disperazione e speranza, in America, tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900. Nella sua sfericità, il nostro Pianeta sembra volerci ricordare che ogni punto è equidistante da un immaginario centro di riferimento. E tu, caro piccolo amico virus, sembri ricordarci che l’altro, che TUTTI temiamo, è solo uno, la MORTE.

E che quello che vale per la nostra salute individuale si può traslare alla dimensione della comunità. Grazie alla tua apparizione, abbiamo la grande occasione di prendere coscienza che viviamo in una società malata nel profondo. Una società che ha perso di vista l’essenziale, il valore della vita, nel senso etico del termine.

Chiudiamo la bocca ed apriamo il cervello! In un momento in cui tutti sanno tutto e giocano ad apparire in tivù o a divulgare fake-news, impariamo ad essere autentici, consapevoli e responsabili di quello che diciamo e che facciamo. In questi giorni convulsi, in cui si è scatenato il gioco pirandelliano delle parti e delle colpe, assumiamoci la responsabilità delle nostre scelte, prima di tutto del silenzio e dell’umiltà. In questi momenti in cui c’è un continuo scambio di ruoli, i giornalisti diventano medici, i politici virologi, e gli psicologi biologi, stiamo al nostro posto, per esempio, vicino ai nostri cari, soprattutto anziani e malati.

In questi giorni in cui si evitano i luoghi affollati, salvo poi cadere in idiosincrasie compulsive e dare assalto ai supermercati (come se, contratto il virus, avesse senso morire con la pancia piena), approfittiamo di questa grande occasione non per pensarci eterni, ma per riscoprire la gioia di una pienezza di vita del qui ed ora.

Smettiamola, per paura di morire, di dimenticare la gioia di vivere. Una gioia da condividere costruendo nuove reti di comunità solidali. È illusorio pensare di salvarsi da soli alzando muri in ogni dove. I muri sono più contagiosi del virus, ma noi possiamo abbatterli se avremo il coraggio di capovolgere il mondo, cominciando a capovolgere la nostra vita, ridefinendo le nostre priorità esistenziali in nome di un’etica universale.

Si vive e si muore, tutti, ma la differenza è come si vive.

Anche adesso, in questi giorni di contagio virale, biologico e mediatico.

Per questo, mi sento di ringraziarti, caro amico virus, tu la tua parte la stai facendo bene.

Adesso tocca a noi fare la nostra parte, al meglio delle nostre possibilità.

Antonella Ferrari