DADOUT: burnout telematico

 

Era previsto che, a partire dal 5 marzo 2020, i docenti fossero soggetti ad una fase di stress senza precedenti, ma la realtà supera la fantasia.  

La chiusura tempestiva delle scuole, l’introduzione della didattica a distanza (che ha trovato molti impreparati), le ordinanze ministeriali a singhiozzo, il disagio delle famiglie, la mancanza di strumenti e supporti adeguati, la gestione della privacy, i problemi della valutazione…

Tutti questi fattori hanno creato un cocktail di stress notevole per il personale scolastico, con un generale incremento del BURNOUT a tutti i livelli, tra dirigenti, personale amministrativo, ma soprattutto docenti.

Gli addetti ai lavori del mondo scuola, volendo e dovendo risolvere tutti questi problemi (e molti altri ancora) a tempi record, hanno dovuto gestire e smaltire un pressing continuo.

Di giorno con giorno, a presidi, vicepresidi e prof. sono state richieste conoscenze allargate, competenze aumentate, abilità raggiunte, che, non solo non erano previste prima del Covid 19, ma si sono diversificate e durante tutto il lockdown.

Così, nel corso di tutta la DAD, è stato frequente il problema della gestione dei tempi/lavoro con il risultato che, soprattutto gli insegnanti, si sono ritrovati a lavorare ad orario continuato (non dico 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, ma quasi!) non riuscendo a staccare mai la spina.

Poi, c’è stato il continuo adeguarsi agli eventi, ma soprattutto alle circolari ministeriali.

E qui bisogna considerare il fare e disfare del MIUR che, a suon di ordinanze, ha inventariato tutte le soluzioni possibili, per poi contraddirsi, da solo, nei fatti, testimoniando la stessa non applicabilità delle soluzioni proposte.

Infine, in questi ultimi giorni di salti mortali per gli esami imminenti, chi la scuola la vive con coscienza e professionalità, non sa come comportarsi tra scrutini virtuali ed esami raffazzonati.

Perché, anche qui, tra varie notizie divulgate e diverse soluzioni adottate, uno non sa più come comportarsi con gli studenti e come definire le valutazioni.

Secondo quanto emerge nei vari gruppi social, possiamo evincere una serie di situazioni critiche che hanno accentuato non poco lo stato di salute degli insegnanti e stanno esplodendo in questo gran finale dell’anno scolastico.

Il generale malessere psico-fisico è derivato dal fronteggiare l’uso di strumenti nuovi, quindi la preparazione di materiale didattico utilizzabile nella didattica a distanza.

Diversi docenti si sono sottoposti a troppe ore di attività davanti al PC (per produrre materiale, fare lezioni e correggere verifiche) lamentando problemi alla vista e dolori alla schiena.

Altri hanno dovuto studiare nuove strategie didattiche, aggiornarsi, cercare in rete strumenti nuovi per risolvere i vari problemi, sostenendo a proprie spese formazione e connessione.

Alcuni hanno dovuto fronteggiare in casa lo stress da coronavirus, vivendo in famiglia la malattia e la morte dei propri cari.

Altri docenti, con figli in età scolare, hanno dovuto seguire i figli e contendersi con loro il computer, quindi lavorare il doppio e produrre di meno.

Da non dimenticare, per alcuni docenti, l’uso di strumenti tecnologici in modo inadeguato, anche per via dell’improvvisazione che li ha visti impreparati, quindi l’enorme dispendio di tempo ed energie.

 

Costante è stata la mancanza di momenti di relax, uscite, svago, passeggiate ed ogni altra attività che consentisse di rilassare la mente.

I ritmi infernali cui spesso i docenti sono stati sottoposti dai dirigenti che più volte hanno cambiato strategie e piattaforme hanno poi completato il quadro generale.

I docenti sono allo stremo delle forze, perché non solo devono affrontare nuove modalità didattiche e relazionali, ma il contesto in cui agiscono è evoluto da emergenza sanitaria a emergenza sociale
E proprio adesso che ci si aspettava un periodo di riposo estivo per recuperare le energie, ecco che arriva l’ultima ordinanza ministeriale, apocalittica, su come ritornare a scuola a settembre.

E qui, altro lavoro preparatorio ed organizzativo prima, e gestionale dopo, con evidenti problemi di responsabilità, oggettiva e soggettiva, per vigilare e monitorare…

Ma, di questo, ve ne parleremo la prossima puntata…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rosolino Cicero: la DAD non è di sistema…

sdidatticamente parlando e non solo

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

 




Pessimismo: il fil rouge tra graffitismo e vandalismo

 

Assistiamo in questi giorni ad atti vandalici nei confronti di statue come ad esempio quelle di Cristoforo Colombo a Richmond e a Minneapolis che sono state abbattute e a Boston e a Miami che sono state danneggiate.

Le proteste negli Stati Uniti sono sempre più intese anche in seguito alla morte di George Floyd, l’uomo afroamericano ucciso a Minneapolis.

A macchia d’olio, come il Covid-19, si diffonde la distruzione.

A Bristol viene gettata in mare la statua del filantropo Edward Colston.

A Londra la statua di Winston Churchill e a Milano quella di Indro Montanelli sono state imbrattate.

Si distrugge forse per costruire?

Ma gli atti vandalici sono l’unica modalità per ricominciare?

Ci troviamo di fronte ad una pandemia che sta contagiando le statue di tutto il  mondo.

La distruzione potrebbe essere simbolo di un grave sofferenza sia fisica che psichica che sta colpendo l’umanità.

Osserviamo il declino di un mondo in conflitto dove l’unica modalità per rinascere è la fine di tutto o di una parte del tutto.

Il fenomeno al quale stiamo assistendo è manifestazione di un’aggressività e di un malessere che si  esprimono attraverso atti distruttivi eterocentrati.

È risaputo che, anche nell’arte, il fenomeno della distruzione è rilevante e in questo  caso espressione di un’aggressività e di un malessere autocentrati e specchio del disagio sociale.

Ne è esempio l’artista Banksy che ha distrutto, tramite un meccanismo inserito nella cornice, la sua opera “Girl with balloon” durante la vendita della stessa alla casa d’asta Sotheby’s.

L’opera distrutta dell’artista di Bristol, ribattezzata “Love is in the bin”, è rinata con questo clamoroso gesto in nuova forma.

Banksy quando realizza i graffiti per cui è noto, oltre a non farsi riconoscere, deve  anche badare a non farsi catturare dalle forze dell’ordine.

Impiega così la maggior parte del suo tempo a ritagliare sagome che poi utilizza solo per pochi minuti quando  dipinge con spray acrilico i muri dei palazzi.

L’atto vandalico in questo caso diviene opera d’arte perché è legittimato dalla società in quanto prodotto artistico.

Naturalmente, se Banksy venisse scoperto, rischierebbe l’arresto come è successo ad artisti come Haring.

Ci chiediamo se il graffito nella sua forma illegale, cioè quando non si hanno i permessi per realizzarlo e quindi danneggia una proprietà, sia espressione di una  denuncia sociale ove prevale un atteggiamento pessimistico nei confronti della società.

Banksy mette in atto un tentativo di rivoluzione contro ciò che è vissuto come ingiusto e riconosce la sofferenza dell’uomo passando da un processo introspettivo  caratterizzato dal pessimismo ad una ribellione, proponendo una forma d’arte peculiare.

Ma distruggere una statua è forse espressione di un vissuto pessimistico dove il  vandalismo prevale come ritorno ad una modalità primitiva di risolvere i conflitti? 

Distruggere le statue di personaggi del passato può servire per ricostruire?

Sono questi gli interrogativi che ci poniamo.

Possiamo sostenere che il fil rouge che unisce coloro i quali compiono un atto vandalico su delle statue a coloro che realizzano un graffito sui muri sia l’atteggiamento pessimistico nei confronti della società.

Tutto ciò ci riporta alla poetica di Leopardi dove prevale il tema centrale della condizione umana. Scrive Leopardi nello Zibaldone:

“La ragione è nemica d’ogni grandezza; la ragione è nemica della natura; la natura è grande, la ragione è piccola”.

Ed è così che Leopardi elabora il concetto di “pessimismo storico”.

Troppo progresso ha permesso alla ragione di prevalere sulla natura e la visione del  mondo che ne consegue è pessimistica.

La fragilità dell’uomo che vive un malessere senza precedenti è esplicativa di ciò che sta succedendo in questo momento.

Ma la visione del mondo di Leopardi segue un mutamento e il pessimismo si addolcisce nella speranza di un recupero della lealtà e  dell’equilibrio.

Solo questi valori possono permettere un recupero della solidarietà umana.

 

 




“Lavori in Corso”

Ci sono tre parole che generano in me un senso di euforia, curiosità ed entusiasmo: “Lavori In Corso”.
In Inglese: “Work In Progress”.
 
Tre parole magiche, per alzare lo sguardo dalle incombenze quotidiane considerandole strumentali al raggiungimento di nuovi Traguardi, e non “le solite faccende”.
 
Pensare, dire, agire.
 
Fare, anche se ciò che ottieni non è perfetto come te lo immagini.
Perché la perfezione è un inganno: ti dice che non sei e non fai abbastanza.
Ma è il desiderio stesso a rivelarti che c’è di più, oltre il velo di ciò che appare.
 
Se lo sogni, lo puoi anche fare.
Se lo desideri, lo puoi progettare.
Se lo vuoi, nulla ti può fermare.
 
Dipende da te.
Quelli che chiami “limiti”, non oggettivamente dimostrabili, sono fantasmi, miraggi, ologrammi.
 
Ne ho individuati tre:
– non crederci
– dar retta a pensieri e convinzioni bugiardi
– distrarti, confrontandoti con gli altri.
 
Perciò oggi, Eroe dei nostri giorni, esponi un bel cartello all’ingresso del tuo spazio creativo: “Lavori in Corso”.
Ti bastano un foglio di carta, una penna, un telefonino, e tutta la Creatività che, dentro di te, attende solo un tuo cenno per risvegliarsi.
 
Il resto, fallo.
Anche se non è “perfetto”.
Ricordi? È un “work in progress”: puoi sempre apportare miglioramenti durante il viaggio!
 
Oggi, nella mia stanza guardaroba, allestisco il mio set magico per registrare podcast da favola.
 
Nel frattempo, se te la fossi persa, ti invito a guardare la “Buonanotte da Eroe” di ieri sera.
 
Stay Tuned … 😉
 
Ondina Wavelet (Jasmine Laurenti)
 
#podcast #video #youtube #channel #volontà #entusiasmo #progetti #sogni #desideri #fare #dire #pensare #perfezionismo



“La nostra realtà sono i sogni”

Il Diario di Ondina Wavelet

Oggi, 14 giugno 2020, con un po’ di batticuore inauguro il mio Diario su BetaPress.

In realtà è il Diario di Viaggio di Ondina Wavelet, il mio avatar: Personaggio di fantasia dietro al quale faccio capolino ogni tanto, svelandone la vera Identità.

Ondina è un’Eroina associata all’Acqua, l’elemento di cui siamo fatti per un buon 70%.

Acqua che reagisce, come essere vivente, ai nostri Pensieri, alle nostre Intenzioni e alle nostre Parole.

 

L’Acqua ci ascolta.

Ne sapeva qualcosa il Dott. Masaru Emoto, che con le sue Ricerche dimostrò come l’acqua cambi “struttura”, quando esposta a parole diverse.

In questo meraviglioso Universo Tutto è vibrazione, tutto è Musica.

E le molecole d’acqua, di forma esagonale, formano cristalli lucenti e bellissimi se esposte a parole ad alta frequenza vibratoria.

Quando esposte a parole “basse”, invece, la struttura esagonale si rompe e perde la sua brillantezza.

Ecco perché è così importante assumerci la responsabilità delle parole che scegliamo per descrivere ciò che accade dentro e fuori di noi.

“Esseri acquatici” e vibranti, possiamo scegliere di raccontarci e raccontare un mondo nuovo, e sicuramente migliore.

Perlomeno, possiamo dare il nostro contributo di Valore affinché questo accada.

 

Buonanotte da Eroe

Da qualche tempo, intuendo che il periodo storico attuale, con i suoi imprevedibili, a volte non gradevoli accadimenti, potesse generare nei miei lettori paura, abbassando le loro difese immunitarie, ho deciso di inaugurare, nel mio Canale YouTube “Jasmine Laurenti”, la “Buonanotte da Eroe”: uno spazio dove gli Eroi quotidiani si ritrovano prima di andare a dormire, per neutralizzare le parole “basse” dette e ascoltate durante il giorno.

Grazie a un “High Vibes Live Reading” – la lettura interpretata di passaggi scelti da Libri d’Autore, Poesie, Aforismi, testi di canzoni – di Parole ad Altissima Frequenza Vibratoria, ci si può addormentare serenamente.

La cosa buffa è che, dato l’orario del nostro appuntamento, alcuni Eroi si sono già addormentati.

Così, trovano la registrazione del video realizzato la sera prima al loro risveglio.

Quale miglior modo, per iniziare un nuovo Giorno carichi di Speranza, Fiducia e Ottimismo, se non quello di ascoltare meravigliose parole di Ispirazione!

 

A quale frequenza vogliamo vibrare?

Le cose che accadono, semplicemente accadono.

Quando non sono sotto il nostro controllo, tutto quello che possiamo fare è imparare a gestire il modo in cui le accogliamo.

Invece di reagire agli eventi sulla loro stessa lunghezza d’onda possiamo scegliere, consapevolmente e responsabilmente, di agire in modo “alto”, con nobiltà d’animo e nel rispetto dei Valori che vogliamo veder rifiorire.

La prima Pagina di Diario su BetaPress è accompagnata dal link al video della Puntata di ieri sera.

Buon Ascolto!

Ondina Wavelet (Jasmine Laurenti)

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=m95AUcfDj7E?feature=oembed&w=640&h=360]

 

 




Vicepresidi forse una tutela in più…

Riconoscimento sindacale per Ancodis Palermo

ANCODIS: il futuro dei Collaboratori dei DS e delle figure di sistema

verso l’orizzonte sindacale.

Durante il lockdown, nella scuola, c’è chi ha lavorato, non solo di più, ma anche meglio.

Per esempio, i vicepresidi, o meglio i Collaboratori dei Dirigenti Scolastici.

Mai come in questi ultimi tempi, i vicepresidi hanno dato prova del loro ruolo fondante di ogni istituto scolastico, chiamati ad assumere incarichi pressanti, sul piano dell’organizzazione dei servizi, del funzionamento didattico, della sicurezza e della prevenzione in tutti gli ambienti scolastici.

Da tre anni, esiste ANCODIS, l’Associazione Nazionale dei Collaboratori dei Ds.

Nei mesi scorsi, l’ANCODIS ha svolto un importante questionario tra i suoi iscritti.

La raccolta dati serve per definire una nuova identità degli iscritti, ma anche per focalizzarsi sugli obiettivi e sulle proposte che l’Associazione si troverà a definire a tre anni dalla sua costituzione.

A tale proposito, come redazione di betapress, abbiamo intervistato il prof. ROSOLINO CICERO, Presidente dell’ANCODIS Palermo.

BETAPRESS– Buongiorno, prof. Rosolino, cominciamo dal definire che cos’è l’Ancodis…

CICERO– L’Ancodis è la realtà rappresentativa dei Collaboratori dei DS che assumono incarichi sul piano dell’organizzazione dei servizi, del funzionamento didattico, della sicurezza e della prevenzione in tutti gli ambienti scolastici.

BETAPRESS– Chi sono gli iscritti?

CICERO– Oggi Ancodis, tra i suoi iscritti, rappresenta per oltre il 50% i Collaboratori noti come “Vicepresidi”, e con percentuali variabili i cosiddetti Secondi Collaboratori, i Responsabili di plesso ed i Collaboratori dei DS in genere.

BETAPRESS– Sono docenti con una certa esperienza alle spalle, immagino…

CICEROL’83% ha un’anzianità di servizio di oltre 15 anni, circa il 10% compresa tra i 10 ed i 15 anni e poco meno del 7% una anzianità minore di 10 anni.

BETAPRESS– C’è spazio anche per nuove figure professionali dell’universo scolastico?

CICEROAncodis ha chiesto agli iscritti di pronunciarsi sull’apertura alle FF.SS, agli Animatori digitali, ai RSPP se docenti, ai Coordinatori per l’inclusione, ai Coordinatori di dipartimento riscontrando un significativo assenso: dal prossimo anno scolastico, dunque, l’adesione sarà possibile anche a queste figure.

BETAPRESS– Quali sono gli obiettivi dell’Ancodis?

CICERO– Per quanto riguarda gli obiettivi, dopo i primi tre anni dedicati alla costituzione della comunità dei Collaboratori, la priorità sarà data alla costruzione di una governance scolastica nella quale chi vuol farne parte deve avere una specifica formazione in gestione, direzione, coordinamento didattico, prevenzione e sicurezza di sistemi complessi come una scuola.

BETAPRESS– Ma questa governance scolastica avrà anche un’identità normativa?

CICERO– Certamente!

Ancodis propone l’istituzione di un nuovo documento associato al PTOF – il Piano Organizzativo e Gestionale (POG) – nel quale il DS determina per un triennio gli obiettivi per il funzionamento dell’Istituzione ed individua anche le figure di sistema secondo i principi di efficienza ed efficacia in un clima collaborativo ed aggregante.

BETAPRESS– Perché è così importante il ruolo del vicepreside?

CICERO– Nel moderno organigramma scolastico è ineludibile – anche per colmare un ventennale vulnus giuridico – l’istituzione di una figura denominata “Collaboratore principale” che in caso di assenza o impedimento del DS lo sostituisca a tutti gli effetti ad esclusione degli atti di natura contrattuale, negoziale, nelle relazioni sindacali.

BETAPRESS– Ma come è possibile conciliare l’attività d’insegnamento con l’incarico di vicepreside?

CICERO– Per tale figura occorre prevedere il distacco dall’attività di docenza con la razionalizzazione dei posti per il potenziamento dell’offerta formativa ai sensi dell’art. 1 comma 14 punto 2 lett. b della Legge 107/2015. 

BETAPRESS– Prof. Cicero, ci parli di questa nuova proposta avanzata dall’Ancodis…

CICERO– In merito alle proposte, è arrivato il tempo di determinare nel prossimo CCNL il riconoscimento contrattuale dei Collaboratori e delle figure di sistema in una nuova area (i QUADRI ai sensi del comma 1 art. 2 Legge 190/1985) con specifico profilo professionale, attività lavorativa ed orario di servizio, trattamento economico, carriera; tra essi si individui il Collaboratore principale con formale riconoscimento per la sostituzione del DS assente (ai sensi del vigente contratto Area Dirigenza scolastica) o per la collaborazione al DS reggente e – se delegato – per la presidenza nella Commissione di esami.

BETAPRESS– Quali sono i requisiti per questa figura professionale?

CICEROPer l’accesso all’area si propone di prevedere un’anzianità di servizio di almeno tre anni e l’obbligo di frequenza ad un percorso annuale di formazione e di specializzazione, anche universitaria, su temi relativi ai modelli organizzativi e gestionali nella PA, al diritto del lavoro, alla gestione delle risorse umane, seguito da un tirocinio conclusivo di un anno.

BETAPRESS– L’ Ancodis si propone anche di diventare un’organizzazione sindacale

CICERO– Esattamente!

Oltre l’80% degli iscritti ha deciso di far evolvere l’Associazione in una O.S. che rappresenti e tuteli la professionalità dei Collaboratori dei DS e delle figure di sistema con la possibilità di confederarsi con altre OO.SS. ma restandone autonoma.

BETAPRESS– Quanti sono indicativamente i docenti che svolgono il ruolo di vicepreside?

CICERO– Nel sistema scolastico italiano sono almeno 80000 i docenti coinvolti nel ruolo di collaboratori dei D.S.

Essi rappresentano una componente essenziale per l’organizzazione ed il funzionamento didattico di una autonoma Istituzione scolastica.

Ecco dunque le proposte concrete che Ancodis sottopone ai suoi interlocutori e le scelte che aprono nuove strade, a partire da quella sindacale.

Noi, come redazione di betapress non possiamo che divulgare questa importante novità del sistema scolastico italiano, sottolineando che, ancora una volta, la città protagonista è PALERMO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANCODIS: alla ricerca del vicepreside perduto…

Presidi e Vicepresidi: Tutti in “ferie” per protesta!!

Dirigenti Scolastici, Vicepresidi, DSGA, ATA, Collaboratori scolastici, eroi incompresi




CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!

Scrivere questo articolo è difficile perché dovrò cercare di non usare parolacce che invece sarebbero necessarie a iosa.

Il concorso per il ruolo di DSGA è stato bandito nel 2018 e solo ora sta arrivando malamente alle conclusioni.

Malamente perché era già partito vergognosamente.

Il ministero dell’istruzione università e ricerca ( si lo so che adesso è stato diviso in due, ma la cosa non cambia nella stupidità e nella vergogna delle azioni intraprese), ha tenuto delle persone a svolgere il ruolo di dsga (i vecchi segretari delle scuole ora direttori dei servizi generali ed amministrativi, dsga appunto) anche per più di dieci, anni senza riconoscergli il ruolo; ovvero questi poveretti di anno in anno venivano nominati su posto vacante ed incaricati di svolgere il ruolo senza, ovviamente, l’adeguamento di stipendio e senza una sicurezza sul loro futuro.

Ad un certo punto il MIUR si è reso conto che rischiava la paralisi delle scuole visto che i DSGA andavano via via in pensione e non venivano più sostituiti, ed ha quindi avviato il concorso per il ruolo di DSGA, ma attenzione attenzione, non ha assolutamente considerato chi il ruolo lo svolgeva  già da anni!!!

Questi DSGA veri e reali, ma non formali, sono stati trattati dal MIUR come pezze da piedi, usati e poi gettati, non considerati e usati alla stregua di un qualsiasi schiavo che per anni ha svolto il ruolo, ma che alla fine  viene abbandonato con un calcio in quel posto e nemmeno con un grazie buttato lì.

Il MIUR ha bandito un concorso senza neppure pensare che se queste persone da anni stavano svolgendo il ruolo forse meritavano di essere confermati nel ruolo stesso, senza subire l’umiliazione di un concorso pubblico pesante e difficile (ma anche molto assurdo nella sua composizione), da intraprendere con sulle spalle una scuola intera (infatti chi svolgeva il ruolo da “precario” comunque aveva da fare il suo pesantissimo lavoro).

Non dimentichiamo che il lavoro da DSGA all’interno delle scuole, se fatto bene, è pesantissimo, complicatissimo e senza grandi supporti.

Ma nemmeno a questi, oltraggioso ed assurdo, il MIUR ha riconosciuto, che ne so, un punteggio in ingresso, un concorso riservato, un qualche modo per tenere persone con una competenza che nella scuola si costruisce solo con anni di lavoro; nulla, buttiamo via dedizione, competenza, lealtà, ma sopratutto stato bipolare, per dieci anni li nomini dsga gli fai fare il lavoro, li sfrutti e poi li butti via il giorno dopo.

MA CHE VERGOGNA INAUDITA.

Ancora più vergognoso che nessun sindacato abbia fatto nulla ma si sia solo arricchito con i corsi di preparazione al concorso.

Quindi tutti questi nostri leali dipendenti dello stato sono stati presi a pesci in faccia, e va bene, hanno dovuto fare il concorso senza un minimo di riconoscimento, ma attenzione un concorso che era aperto a tutti, quindi tutti questi si sono trovati al fianco giovani neolaureati con magari un sacco di tempo per prepararsi, o talmente freschi di studio che riuscivano ad affrontare le prove con meno difficoltà.

Ora a parte questa situazione che è vergognosa, veniamo al concorso.

La Lombardia ha esposto i risultati delle prove scritte dopo le prove preselettive:

su 102.000 domande pervenuto per 2004 posti in tutta Italia, la Lombardia è riuscita a far accedere all’orale 207 candidati per 451 posti, quindi all’orale sono arrivati il 50% dei necessari per coprire i posti.

Ma che minchia fate????????????? (e qui mi è scappata la parolina ma era impossibile non dirla)

 

ma fate invece una graduatoria da cui attingete per i posti vacanti e poi per le sostituzioni…

E poi sembra che qualcuno sia riuscito a comprare le domande dello scritto… ma dai!!!!

Ed ancora a far capire che c’è del marcio in Danimarca, oggi l’USR Lombardia ha incitato tutti i candidati a non mandare gli accessi agli atti, che ieri sono arrivati in quantità industriale, via PEC ma solo tramite posta ordinaria, in netto sfregio agli articoli del Codice dell’Amministrazione digitale, e solo con il modello che dicono loro e solo con le modalità che dicono loro!!!!

MA CHI INCITA A VIOLARE LA LEGGE NON COMMETTE REATO???????

Ma stiamo scherzando!!!!!!

Ma la fatica di tutti i candidati alle prove, sia che fossero DSGA facenti funzione o semplici nuovi aspiranti nessuno la considera?????

Le griglie di valutazione erano troppo “libere” ( se hai scritto troppo ti “seghiamo”, era PER ESEMPIO un valore della griglia), ma qui dobbiamo richiedere un intervento forte degli organismi inquirenti, basta con questi concorsi, i primi che non li sanno fare sono chi li organizza.

VERGOGNA, VERGOGNA,VERGOGNA.

 

QUESTO E’ SOLO IL PRIMO ARTICOLO DI UNA SERIE, NON CI FERMEREMO QUI, BETAPRESS Andrà AVANTI ED APPROFONDIREMO IL PIU’ POSSIBILE QUESTA VERGOGNOSA STORIA, COME ANCHE IL CONCORSO 2017, CHIUNQUE VOGLIA CONTATTARCI O SEGNALARCI QUALCOSA O DIRE LA SUA SCRIVA A

INFO@BETAPRESS.IT

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concorso DSGA: note di malcostume italiano

 




L’arte come compensazione della disabilità fisica

L’artista messicana Frida Kahlo (1907-1954) è un simbolo di come la disabilità fisica possa trovare una compensazione positiva nell’espressione artistica.

La sua vita è difficile sin dall’infanzia per una malattia, non ben definita se poliomielite o spina bifida, che l’aveva colpita rendendola claudicante.

La sua sofferenza per quella gamba così magra e legnosa è descritta nei suoi ricordi dai quali emerge anche il disagio per essere stata vittima di  derisione da parte dei compagni di scuola.

A 18 anni subisce poi un terribile incidente che così descrive:

“Il tram schiacciò l’autobus contro l’angolo della via. Fu un urto strano: non fu violento, ma sordo, e tutti ne uscirono malconci, io più degli altri”.

Possiamo riscontrare una conferma della profonda sofferenza dell’artista osservando le sue numerose opere artistiche.

In Frida, al dolore fisico che la costringerà per molti anni in un letto, si aggiunge lo  spettro di una solitudine che ben emerge dai primi quadri in cui rappresenta  esclusivamente se stessa.

Lo specchio sul soffitto della sua camera diviene simbolo di quella donna isolata dal mondo che così afferma:

“Dipingo autoritratti perché sono spesso sola, perché sono io la persona che conosco meglio”.

Tra le sue opere citiamo per esempio “La colonna rotta” del 1944 dove si esprime tutta la sofferenza per le numerose operazioni chirurgiche subite.

La spina dorsale non può più sostenere l’artista ma l’artista lotta nonostante sia trafitta dai chiodi.

La disabilità si collega al concetto di inferiorità d’organo ma possiamo notare come chi ha avuto la vita spezzata all’inizio o interrotta successivamente a causa di incidenti, possa ben recuperare attraverso quella che in psicologia chiamiamo  “compensazione”.

L’inferiorità d’organo non preclude il coraggio di essere combattivi e Frida Kahlo ne è un esempio.

Ci sono tante persone meno celebri dell’artista che vivono inferiorità d’organo ed  hanno saputo canalizzare la loro vita costellata dalla sofferenza verso una meta costruttiva.

Coloro i quali sono portatori di una disabilità fisica possono, a seconda dei casi, sprofondare nello scoraggiamento ed abbandonarsi a quella che viene tradizionalmente definita “dipendenza sociale” oppure possono occuparsi in senso positivo delle loro debolezze e costruire su di esse una “compensazione positiva” indirizzata verso il lato utile della vita.

Il tipo di compensazione positiva che si  verifica è  di solito culturale e possiamo notare come la “mancanza” si  trasformi in “opportunità”.

Se prendiamo come esempio Demostene, uno dei più grandi oratori dell’antichità, sappiamo dalla storia che era balbuziente e così Beethoven soffriva di disagi uditivi.

Certamente la compensazione positiva da inferiorità d’organo è strettamente legata al  contesto sociale in cui il soggetto è inserito.

Frida Kahlo ha avuto genitori sensibili  ed attenti al dramma della figlia.

Il corpo martoriato può divenire espressione della psiche ma la psiche può rispondere anche in modo costruttivo.

La rappresentazione del disagio del corpo nel quadro di  Frida Kahlo sopracitato ci emoziona e ci fa comprendere come l’artista sia andata oltre la sofferenza accettandola e mostrandola agli altri attraverso la realizzazione di un’opera d’arte che desta stupore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

https://betapress.it/intelligenza-emotiva/




THE ONDINA WAVELET’S DIARY

Questa Inspirational Web Page raccoglie interviste in video, podcast e pensieri con la Mission di sensibilizzare i visitatori riguardo allo straordinario potere creativo delle parole.

Parole che si formano nella mente come pensieri, e ripetute nel tempo diventano convinzioni, certezze, attitudini, abitudini, azioni coerenti.

Parole usate consapevolmente per stimolare il sistema endocrino di chi le sceglie e di chi le riceve
a produrre il mix ormonale perfetto, per sperimentare una pace interiore incondizionata.

Parole che possono cambiare la vita di chi le adotta, la qualità delle sue interazioni e, di conseguenza, il benessere generale.

La Pagina si rivolge a persone curiose, di larghe vedute, aperte al cambiamento: moderni “ricercatori spirituali” che ambiscono alla libertà di essere Chi sono, adempiendo allo Scopo della loro Esistenza.

 

Jasmine Laurenti




Lo scollamento

Si parla con la gente, noi giornalisti, e si ascoltano molte cose, e magari le si capiscono, certo se si ascolta.

Ma noi giornalisti siamo una razza particolare, ormai siamo diventati preda dei click e dei clack, dei social e delle visualizzazioni.

Tanti anni fa quando collaboravo con le redazioni di giornali, quelli di una volta, quelli che gli articoli li dovevi scrivere entro le ventuno perché poi si andava in stampa, quelli che un articolo lo valutavi se per strada la gente si fermava e lo commentava, o se ti arrivavano le lettere pro o contro, oggi un articolo vale per le sue visualizzazioni, ovvero se te lo leggono.

E va bene ce ne faremo una ragione, ma questo ha cambiato la faccia del giornalismo, quantomeno lo ha trasformato in una orrenda meretrice che volge la sua attenzione a ben altri valori che quelli della verità, della coerenza o, utopia delle utopie, della giustizia.

Se fa notizia, se arrivano click, bene è da pubblicare, altrimenti chissene…

Proprio per questo motivo, il dio soldo, i giornali non sono più tali da tempo.

Correndo dietro alla velocità richiesta dai nuovi strumenti di oggi abbiamo perso il valore che un giornalista vero può dare alla notizia, la credibilità.

Siamo infatti nel mondo delle fake news, dove solo facendo il giornalista vero puoi combatterle.

Ma dovresti perdere tempo su una notizia, verificarla, aspettare i risultati di certe indagini, sentire più fonti… impossibile, se perdi il momento perdi la notizia e quindi i click clack.

Quindi oggi anche le notizie più importanti vengono buttate in pasto alla folla senza nulla, così, alla spera in dio.

Questo ha generato lo scollamento, una nuova forma sociale di dissociazione del cittadino che qualsiasi cosa legge o sente scuote la testa e dice “tutte cazzate, tutte fake news, ma questi qui dove vivono”.

Visto che i giornali, le tv ed internet sono diventati gli strilloni dei politici, il fenomeno dello scollamento è diventato seriale.

Il paese è da una parte, chi lo deve raccontare da un’altra, chi lo deve governare è in viaggio per chissà dove.

Scollamento triplo con avvitamento seriale inarrestabile.

Lo scollamento crea un grave elemento, nasconde la verità, nasconde quello che succede.

In realtà lo scollamento ha anche una grande componente involontaria legata ad un altro fenomeno dei giorni nostri, ovvero al fenomeno del commentatore laureato.

Eh già, ormai chiunque si sente opinionista, editorialista, tutti scrivono i quartini di prima pagina, basta scrivere tre fesserie sul Facebook di turno ed ecco nato il commentatore laureato, unico detentore della verità, certo di questo fatto perché ha pubblicato un qualcosa su un qualcosa.

Se non fosse tragico ci sarebbe da morir dal ridere.

Eppure la gente vera, quella che deve pagare le bollette e le tasse, quella che deve dar da mangiare ai propri figli, quella gente lì lo sa dove sta il paese reale, quella gente lì è ben consapevole di cosa sta succedendo.

E sono proprio loro che quando leggono scuotono la testa si incazzano e poi corrono a lavorare per non essere lasciati a casa, sempre più con delle scuse stupide, sempre più stringendo i denti ed accettando quattro lire, ops, euro pur di far mangiare i propri figli.

Eppure una volta i giornalisti ascoltavano la gente e riportavano quello che diceva, ma non dei trafiletti per far passare una linea o l’altra, ma il pensiero della gente, quello vero.

Lo scollamento usato ad hoc, per far pensare che le cose stiano in un certo modo, furbi!

Ho visto di recente una serie di filmati dove alcuni imprenditori si alzavano all’inno di Mameli, ahahahah nessuna delle loro aziende aveva più la sede legale in Italia.

“Ma che cxxxo ti alzi ci prendi per il cxlo” questo avranno detto tutti gli italiani che hanno visto il filmato, questo avranno riportato tutti i giornali, però io non ho visto nulla di tutto questo.

Scollamento.

Ma forse anche questo mio articolo è inutile, perché forse a quegli italiani che non basta lo stipendio è venuta la rassegnazione del cristiano al colosseo, forse speriamo troppo in un miracolo.

Io no, io sono per difendere il paese anche dallo scollamento; come posso fare? forse anche scrivendo questi articoli, facendo in modo che almeno su queste pagine venga detto cosa pensa le gente, sperando che ai politici interessi ancora qualcosa, visto che ormai hanno trovato il modo di fregarsene anche del nostro voto, dato che in modo sempre più colluso tra le funzioni del potere si eleggono quasi da soli.

Ma io mi ricordo di quando ero piccolo ed annusavo la colla, mi piaceva, perché mi piaceva pensare che tutto si può sistemare, magari anche solo con un poco di coccoina .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’indipendenza di Stampa

 




EZIO BOSSO, UNO DEI MODS: Intervista a Oskar degli Statuto.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=JteNID-yuMc?feature=oembed&w=640&h=360]

 

«Un grande musicista, il più grande compositore contemporaneo!» Così Oscar Giammarinaro (Oskar) degli Statuto ha definito l’amico Xico alias Ezio Bosso (rappresentati entrambi nella foto di testa, esclusiva per Betapress).

Ezio ha iniziato la sua carriera da musicista nella band Mod più famosa d’Italia, appunto gli Statuto, diventati celebri per il grande pubblico quando parteciparono al Festival di Sanremo nel 1992 con il pezzo Abbiamo vinto il festival di Sanremo, (Ghetto, Piera e Qui non c’è il mare sono, a mio avviso, altri capolavori di Zighidà)

https://it.wikipedia.org/wiki/Zighidà 

(terzo album della band torinese; n.d.a.).

La British Invasion degli anni sessanta aveva fatto conoscere in Italia la musica Beat e Ska ed anche la cultura Mod.

Uno dei Mods è stato un successo tutto “italiano” degli anni sessanta di Ricky Shayne, un 45 giri che ho consumato quando avevo poco più di 7 anni e che mi ha da sempre incuriosito.

Uno dei Mods è anche quel che pensa Oskar di Xico.

Ho letto molte cose su Ezio Bosso, ma non sempre mi hanno trovato d’accordo, anche perché pochi hanno compreso la grandezza umana di una persona che ha vissuto il reale in modo vero, fino alla fine!

Noi di Betapress, per comprendere chi era Ezio Bosso, abbiamo voluto chiedere un aiuto ad Oskar.

PERTH: Antonella Ferrari (Caporedattore di BetaPress) ha scritto di Ezio Bosso non appena ci è giunta la notizia della sua tragica scomparsa

Il mondo della musica, e non solo, piange Ezio Bosso

 

Nel suo pezzo Antonella ha cercato di fotografare la vita di uno dei più grandi talenti della musica italiana e non solo.

Chiedo a te, che sei uno dei suoi cari amici, com’è nata e cos’ha voluto dire per te quest’amicizia nata intorno alla Piazza (Statuto; n.d.a.)?

OSKAR: Ci siamo conosciuti nel 1985 quando ha iniziato a frequentare la scuola media annessa al Conservatorio G. Verdi di Torino, era stato inserito nella stessa classe di contrabbasso.

Lui era più giovane di me e rimase subito affascinato dal mio modo di vestire, dalla musica che ascoltavo, dalla mia Lambretta e dai miei racconti delle nostre avventure con gli altri Mods, di lì a poco iniziò a frequentare Piazza Statuto Mod con tutti noi.

Quando nel 1987 decisi che non volevo più suonare il basso, ma solo cantare negli Statuto, lui si propose immediatamente come bassista e suonò con noi per circa due anni.

Era talmente creativo, che le sue tante note erano perfino esagerate per le nostre canzoni e quando bisticciò con il nostro maestro, smise di suonare anche con noi e andò a studiare all’estero.

Siamo però rimasti sempre in contatto, quando era a Torino veniva regolarmente da noi in Piazza al sabato pomeriggio e ci siamo sempre sentiti, fino all’ultimo dei suoi giorni.

PERTH: «…era uno di noi, uno dei Mods» hai detto in più occasioni, «ha legittimato i mods», ed ancora «uno nasce Mod, lo capisce… e ci rimane per sempre» ci racconti qualche aneddoto che possa chiarire ai lettori come è nata in te ed anche in Ezio la coscienza di essere un Mod?

OSKAR: Mod non si nasce ma si scopre di esserlo.

Sia io che lui l’abbiamo scoperto appassionandoci all’abbigliamento italiano anni ’60 e all’amore per la musica afroamericana e giamaicana.

A Xico piaceva e suonava molto bene anche il jazz e il termine “Mods”, deriva proprio dal termine “Modernists” che era usato per i primi ragazzi inglesi che ascoltavano questo genere a fine anni ’50.

PERTH: In un tempo in cui la mercificazione “usa e getta” generata da “Reality” e “Talent” produce progetti musicali sterili e poco “artistici” tu esci con il tuo primo lavoro da solista, Sentimenti Travolgenti,

https://music.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_mio4DRIWNyYpd0WIGvBfLtYd34QsxHWcY

parlando di Eleganza.

Non trovi che la raffinatezza compositiva sia oggi fuori dal coro?

Cos’era l’Eleganza per Ezio?

OSKAR: La “raffinatezza” delle composizioni di Xico va decisamente oltre qualsiasi classificazione materiale.

Basta ascoltare le sue “12 stanze” ad esempio, per capire con quanta semplicità ed eleganza riusciva a esprimere sequenze di note leggere e avvolgenti, trasmettendo forti emozioni e vera sensazione di eleganza sonora melodico-armonica.

Più che “fuori dal coro”, lo definisco “straordinario” e “unico”, oggettivamente il più Grande compositore contemporaneo.

PERTH: Ezio ha fatto sua una frase di Antoine de Saint-Exupéry: «L’essenziale è invisibile agli occhi».

Pensi che l’esplosione di creatività e questa certezza degli ultimi anni sia conseguenza della sua malattia?

OSKAR: E’ sempre stato molto talentuoso e creativo, già nelle nostre “canzonette” trovava riff e giri di basso pazzeschi.

La malattia l’ha fatto crescere come uomo, l’ha reso infinitamente saggio, paziente e tenace.

Ha saputo tirare fuori tutta la sua eccezionale creatività grazie anche al tanto studio di composizione, direzione, pianoforte e (perché no?) anche storia, negli ultimi 20/25 anni.

Ormai era diventato un riferimento fondamentale non solo per i musicisti, ma per la cultura in generale.

PERTH: In un’intervista a Fanpage.it Ezio diceva «Dal mondo della musica classica ho subito tanti schiaffoni, ingiustizie, insulti, come quello che esistevo solo perché avevo una malattia (…)» sono rimasto impietrito quando ho letto la sua intervista.

Te ne ha mai parlato?

OSKAR: Certo e posso confermarlo.

In Italia (e solo in Italia!) tanti “professorini” provetti della musica classica sbalordivano ascoltando le sue sinfonie oppure a sentirlo suonare il pianoforte (strumento che lui ha studiato soltanto negli ultimi anni della sua carriera, quando, tra l’altro, stava già cominciando a mancargli la funzionalità delle dita) e quindi pativano e lo invidiavano a tutto tondo e vergognosamente.

Ma lui ha sempre saputo rider loro in faccia, perché il pubblico, tutto il grande pubblico d’ogni parte del mondo, lo adorava.

PERTH: «Se uno è capace di fare le domande trova le risposte… in quello che accade» una concretezza che guarda al mistero di quel che c’è dietro alle cose, l’importante è cercare la bellezza, la giustizia la verità.

Ezio era un “cercatore”?

OSKAR: Xico era contro ogni pregiudizio, anche “positivo”, come piaceva dire a lui.

Conseguentemente, non fermarsi a regole e soluzioni statiche, implica cercare e ricercare, inventare e creare.

Quando ha dovuto smettere di suonare il contrabbasso, Xico si è trasformato in pianista, diventando un concertista e tenendo recital sold-out in tutta Italia.

Lui ha sempre cercato e, soprattutto, trovato una risposta a ogni questione gli si ponesse, anche le questioni più atroci, come la sua malattia.

Era più che un “cercatore”, direi un “trovatore” (ovviamente niente a che fare con i celebri compositori francesi dell’undicesimo secolo…).

PERTH: Hai detto spesso che Ezio non si lamentava mai della sua condizione, anzi, era un amante della vita.

In una delle ultime telefonate ti ha perfino confortato in merito al periodo che stiamo tuottora vivendo di emergenza Coronavirus.

Qual era la sua forza? Come era possibile tutto ciò, tu che lo conoscevi bene?

OSKAR:  Credo che il suo amore per la Musica e per la gente gli abbia dato la forza per trasformare in forza e serenità la forte sofferenza procuratagli dalla tremenda malattia.

In tanti anni mi ha sempre parlato di futuro, di prospettive avanti nel tempo, senza contemplare mai un giorno in cui lui non ci fosse stato più.

Un’energia soprannaturale e non lo dico faziosamente.

PERTH: La sindaca di Torino ha proposto di intitolare un luogo della città alla memoria di Ezio Bosso e a mio modesto parere credo debba essere molto vicina alla Piazza Statuto.

Cosa ne pensi?

OSKAR: Abbiamo raccolto più di 16.000 firme per questa causa, anche la sua famiglia è d’accordo, speriamo di essere ascoltati.

PERTH: Sono stato affascinato da queste due frasi di Ezio:

«Perché è questo quello che fa la musica: dilata il tempo della felicità. La bellezza ci rende felici e il miracolo della musica è il miracolo della bellezza»

e ancora: «…la vera domanda non è “cos’è la musica per me?”, ma “cosa posso fare io per la musica?”».

Da un lato la “bellezza” di cui non parla più nessuno e dall’altro “mettersi al servizio” che è un tabù.

Da amico di Ezio e da artista cosa ne pensi?

OSKAR: Per lui ogni musicista è parte della Musica  e appartiene al pubblico e non viceversa.

Con la partecipazione generale di chi suona e chi ascolta, si ottiene la “bellezza” della Musica… anzi, la bellezza in assoluto.

PERTH: Un’ultima domanda Oskar, ci racconti de La musica magica?

OSKAR: Adesso è ancora presto…

PERTH: Allora ci dobbiamo rivedere assolutamente! Grazie Oskar!

Vi lascio all’ascolto di uno dei capolavori di Xico.

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=AHe6AzhRa3o

 

 

Perth

in testa una fortografia inedita concessa da Oskar a Betapress

 

 

 

 

 

 

 

 

Intesta di articolo una fotografia inedita ed esclusiva concessa da Oskar a Betapress, degli Statuto, Ezio Bosso è il secondo da sinistra ed Oskar è il terzo da sinistra.

 

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