Dossier Ukraina II: FYEO

DOSSIER UKRAINA 2

La citazione di Shakespeare appare molto evocativa e appropriata in questo particolare    momento storico: da oltre due anni siamo alle prese con situazioni, intorno alle quali si muovono le ombre fosche di soggetti perfido che muovono e stringono alleanze dai contenuti crudeli e inumani.

Una tela di ragno incessante, equivoca, asfissiante e alfine mortale.

Così come crudele e inumano, persino criminale e belluino,  è lasciar morire la gente senza offrire cure appropriate, o indurla al suicidio privandola del lavoro o riducendola in miseria o sottraendo loro la casa e persino i figli. Ancor più mostruosa e spietata è la guerra: tanto per chi la concepisce, per chi la istiga, che per chi la attua fosse anche al fine di difendersi ovvero prevenire un attacco.

In ogni caso, a subirla ed a subirne le conseguenze sono sempre degli Esseri Umani: civili o militari che siano, torto o ragione che possano avere i loro governanti.

Ritengo opportuno puntare un riflettore su ciò cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni: un via vai di rappresentanti di governo che, seriosi, rilasciavano dichiarazioni di tutti i tipi.

Ma per chi sa leggere sui visi e negli sguardi, nei movimenti, è stato agevole percepire tanto la preoccupazione quanto la menzogna, il migliore interesse quanto il disinteresse originato da una certa routine, che si palesa quando già si è capito che al momento non c’è molto da fare per evitare una qualche catastrofe.

Ma, nell’accavallarsi frenetico delle informazioni, quella che ha fatto spicco è la materiale impreparazione e incompetenza che caratterizza determinati  soggetti: tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale non trascorse molto tempo, e ci fu il tempo e il modo di preparare una classe politica capace, poggiata su un substrato sociale abbastanza colto e preparato.

Oggi ci troviamo alle prese con soggetti che trasudano ignoranza (nel senso letterale del termine, ovviamente) e la cui incompetenza attrae gli strali di critiche anche caustiche e sarcastiche.

Soggetti dai quali non c’é alcunché di buona da attendersi, salvo l’alimentare un incessante, vuoto, blaterare.

Cosa sta accadendo? La Russia continua a sottolineare i motivi della sua azione, mentre il resistente governo ukraino si sforza di mantenere il punto, strillando forte ‘all’orso, all’orso’ e sollecitando l’aiuto di compari e complici: veri o presunti che siano.

Limitiamoci quindi ai fatti, non senza aver sottolineato con forza come purtroppo il mainstream, l’informazione pilotata e aprioristicamente schierata, faccia di tutto per far passare notizieoni e immagini non corrette, spesso false.

E questo fa sorgere dubbi, molti dubbi, perché ormai la gente – dopo la martellante campagna di terrore e disinformazione sanitaria – ha aperto gli occhi, e attinge informazioni dove e come può: scoprendo ad esempio che le immagini di  una fortissima esplosione notturna con chissà quante vittime civili non è avvenuta sul teatro di guerra in Ukraina, bensì a Gaza nel 2021; o che il mezzo cingolato che ha deliberatamente colpito una vettura in transito non era russo, bensì ukraino e con ai comandi un militare piuttosto ubriaco; o che la popolazione della città di Marinpol è in ostaggio di forze ukraine riferibili al battaglione nazista ‘Azov’, che con l’uso delle armi stanno impedendo ai civili di mettersi in salvo.

Le reazioni dell’Europa, e purtroppo anche il linguaggio adoperato, sono di chi ‘é già‘ in contrapposizione miliare con Mosca, facendo sorgere il forte dubbio che non si stia affrontando una situazione determinatasi improvvisamente, ma che vi possa essere il substrato di una pianificazione pregressa.

Militari e mezzi con armamento pesante schierati lungo tutti i confini orientali dell’Europa, armi e denaro spediti (ma sarebbe più corretto dire: si continua a inviarne) in gran quantità verso l’Ukraina per ‘resistere’, o perché ‘non cada’: perché se cadesse, i bei progetti di molte belle teste naufragherebbero.

Ci troviamo quindi di fronte a una ‘invasione’ russa, a una missione di peace-keeping o un’azione di liberazione?

Dalle dichiarazioni dei responsabili di Mosca, dalle immagini filtrate, sembrerebbe essere stata decisamente intrapresa un’azione di vero e proprio ‘risanamento’, una sorta di giustificata ‘bonifica’ manu militari.

Dalle notizie in rete, con un po’ di pazienza, si ricava che in almeno 25 laboratori esterni gli USA ‘sperimentano’ armi biologiche: in Medio Oriente come del Sud Est Asiatico, in Africa e – udite udite – anche in Georgia e Ukraina!

Quindi, noi poveri mortali scopriamo oggi apertis verbis che la NATO non ha solo progredito la sua illecita espansione verso Est, in barba a ogni intesa o protocollo con Mosca, così superando la linea dell’Elba, non solo ha piazzato un muro di missili ai confini (150 km. da San Pietroburgo e ca. 350 da Mosca) riducendo drasticamente i tempi di reazione russi a fronte di un possibile first-strike USA/NATO, ma ha anche ridotto e di molto il tempo di volo di un missile che possa colpire la Cina.

Ma noi comuni cittadini scopriamo anche che gli USA hanno direttamente piazzato nella sola Ukraina anche una dozzina di ‘centri di ricerca’ per armi biologiche: una ulteriore minaccia che evidentemente per i russi si era ormai fatta preoccupante e intollerabile.

Già il mondo è tuttora alle prese con le sequele di un coronavirus forse ingegnerizzato e forse fin troppo studiato nella diabolica fucina di Wuhan, motivo per cui la Russia non vuole assolutamente correre il rischio che da uno di questa dozzina di centri (altrettanto diabolici) a ridosso dei suoi confini un qualche inopportuno venticello possa trasportare sostanze altamente pericolose verso il suo territorio, contro l’incolumità stessa del popolo russo.

E non solo di quello.

Questo marasma ha certamente un’origine, anzi più di una: ha almeno cinque elementi che si sono sovrapposti nel tempo e incancreniti, circa i quali è mancata la buona volontà della soluzione non dico ‘bonaria’ quanto ‘diplomatica’: l’unica percorribile, quando non si vuole perseguire la via luttuosa e sanguinosa della vendetta.

La Russia ha mobilitato da tempo, documenti alla mano, le Cancellerie Occidentali e la stessa ONU, per le continue stragi verificatesi nel complesso del Donbass per mano di truppe (o elementi ìparalleli’, comunque con l’avallo di Kiev) che hanno portano in poco più di sette anni alla morte di almeno 15.000 inermi civili, uccisi o in rapide incursioni o in massa e poi seppelliti in fosse comuni.

Dati reali: anzi, calcolando la gente che mano a mano è mancata all’appello di familiari e amici, si ritiene che il numero dei ‘giustiziati e sepolti senza lasciare tracce’ potrebbe essere prossimo alle 20.000 unità. Contesto nel quale pare abbiano avuto un ruolo determinante quelle formazioni militari ucraine dichiaratamente e inequivocabilmente naziste, che oggi i russi intendono eliminare materialmente.

Uno strano incrociarsi di corsi e ricorsi storici: non dobbiamo infatti dimenticare che nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, l’Ukraina ‘simpatizzava’ molto con la dittatura nazista di Hitler.

        Lo sterminio per mano ucraina nel Donbass, è un oltraggio all’umanità intera: una pulizia etnica dai numeri tragici, spaventosi, crudeli e disumani!

Così com’è disumana, catastrofica e incivile ogni guerra: questo, che sia chiaro, è il mio pensiero.

Quindi, c’è da riflettere: che la Russia non solo sia stata insofferente, ma che abbia subodorato qualcosa di più grande a proprio danno?

E da parte di chi? Oppure: questa situazione di belligeranza è stata creata per occultare responsabilità e colpe a occidente? E quali? E di chi?

Un altro elemento preoccupante si è aggiunto in queste ultime ore: Putin, sentito il Consiglio di Difesa, ha ordinato l’allerta alle forze di deterrenza nucleare russe, in considerazione che le costanti minacce dell’Occidente (alias USA+NATO) verso la Russia per la sua missione in Ukraina potrebbe portare all’utilizzo di testate nucleari da parte dell’Occidente stesso.

Forse a ovest non è ben chiaro quanto la Russia possa essersi stufata del gioco a rimpiattino e quanto possa essere determinata soprattutto a reagire. Probabilmente, i satelliti-spia russi potrebbero aver colto movimenti tali da essere interpretati come fortemente minacciosi, o potenzialmente tali.

Un altro fatto certo è che l’Europa si è armata e si continua ad armare per rafforzare (da quale minaccia certa?) i confini orientali: il tutto condito da costanti dichiarazioni bellicose e da perentori ultimatum ai dirigenti moscoviti.

Ora è la volta delle ‘sanzioni’: la cui prima vittima sarà proprio l’Europa, già malconcia – per l’Italia. il termine rappresenta un eufemismo: queste si ritorceranno in modo devastante sulle macerie di un’economia già traumatizzata e violentata dall’azione di incompetenti e presuntuosi di vario livello -, e che tutto calcolano salvo quanto possa già essere stato calcolato dalla Russia e da tutto lo scacchiere che vi ruota attorno, Cina e India in testa.

Altre due cose colpiscono l’osservatore dell’atteggiamento occidentale: la perdurante astiosità e acrimonia nell’attaccare con ogni mezzo di informazione Putin e  Russia, vantando questo o quel motivo; il mantenere vivo il punto che l’iniziativa militare russa è non solo ingiustificata, ma ‘pericolosa per il mondo’ poiché potrebbe condurre alla ‘terza guerra mondiale’ (ma, a parere di chi scrive, forse la quarta o la quinta: preso atto nelle innumerevoli belligeranze ‘allargate’ pro-questo o pro-quello che hanno insanguinato il mondo: non ignoriamo i fatti accaduti in Libia o in Iraq, dove ancora cercano – ma solo per residua curiosità storica – gli enormi quantitativi di ‘armi chimiche’ stoccate da Saddam).

Elemento di forte curiosità e allarme, è quello che rileva le dichiarazioni di uno degli uomini più ricchi di questa martoriata Terra, che pare spronare Israele ad attaccare la Siria. Poiché nulla avviene per ‘caso’, ditemi voi se non è meglio capire da che parte sta il vero pericolo: così da poter calzare meglio un adeguato copricapo uscendo da casa, tentando di evitare quell’ennesima tegola che colpisce di solito solo noi poveri mortali.

 

Giuseppe Bellantonio




DOSSIER UKRAINA: TOP SECRET

DOSSIER UKRAINA: for your eyes only

     Per chiunque scriva, non è semplice liberarsi dalle proprie passioni o dai propri convincimenti: ma ciò è necessario se si rispettano realmente i Lettori, ai quali vanno proposti cronaca e fatti per al fine di contribuire al formarsi delle loro idee.

Diversamente è fin troppo facile offrire pappe pronte da ingoiare anche turandosi il naso, ce ne sono fin troppe in giro.

          Una premessa è necessaria: chi vi scrive è un convinto atlantista, grato oltremodo ai militari alleati che hanno versato il loro sangue per liberare l’Italia e l’Europa dal nazismo, come pure grato agli USA del Sen. Marshall che ci aiutò a conquistare un benessere repentino: quasi avessi vinto e non perso una (brutta) guerra.

Ogni anno sono tra coloro che commemorano questi giovani caduti in battaglia, rendendo loro omaggio ai Cimiteri di guerra di Anzio e Nettuno non dimenticando né il loro coraggio né le brutture umanamente e materialmente devastanti di ogni guerra.

Ma oggi, per scrivere, approfondisco e valuto: non fidandomi più di quanti già da anni danno notizie distratte o false o manipolate, ovvero inventate di sana pianta.

Troppi i corrispondenti di guerra dall’Ukraina che hanno bisogno di darsi un ruolo, e che pullulano tanto quanto gli ‘esperti’ virologi, che trasmettono dalle auto o quelli che che si calano l’elmetto mentre fuori si vede la gente che passeggia e fa la spesa, o quelli che trasmettono da una stanza con immagini fisse dietro di loro; o quelli che mandano le immagini di videogiochi spacciandoli per azioni di guerra; o quelli che pubblicano immagini di devastazione, con palazzi sventrati, provocate però  da un’esplosione di gas a Magnitogorsk nel 2018 e certamente non colpiti da missili o cannoni tantomeno russi.

Ci sono anche esplosioni formidabili vecchie del 2015 verificatesi in altri territori; o carri armati bruciati su strade nei pressi di Kiev spacciati per ‘tank russi distrutti dalle truppe regolari ucraine’ per poi rivelarsi dopo poche ore tank ucraini distrutti da armi anticarro lanciate dalle forze di penetrazione russa;  e altri episodi ancora tutti nel segno della totale e assolutamente equivoca disinformazione offerta,  salve rare eccezioni, per lo più grazie alla rete, dall’occidente.

Tutta tesa a colpevolizzare i ‘cattivi’ russi.

          Per Betapress informare correttamente i suoi Lettori è una vera e propria missione: per cui apriremo un ‘Dossier Ukraina’ nel quale collocare i fatti, uniti da commenti, dubbi, sottolineature e rilevamento di contraddizioni quando non di menzogne.

Sempre pronti a correggerci se altri fatti ‘veri’ e documentati dovessero emergere successivamente: ma chi scrive, teme che, almeno per il momento, ciò sia difficile da realizzarsi.

Oggi, daremo un inizio al nostro ‘Dossier UKR‘, partendo da una cartina che riconduce alle Nazioni sotto l’ombrello NATO:

          Direi che ogni commento al riguardo possa essere superfluo: salvo il dover prendere nota che il decantato (da ovest) allargamento della NATO, è diventato un assembramento di Nazioni che, sollecitate dal fascino perverso dell’Euro e di una UE che non rappresenta affatto il concetto di Unione Europa, di Comunità, voluta dai Padri Fondatori.

Bisogno di Europa che vide mobilitate in primis  Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo e cui contribuirono le idee e gli sforzi di eccellenti Uomini e Donne, di pionieri, come Alcide de Gasperi, Altiero Spinelli, Konrad Adenauer, Anna Lindh, Helmuth Kohl, François Mitterand, Jean Monnet, Johan Willem Beyen, Robert Schuman, Joseph Bech,  Louise Weiss, Marga Klompé, Simone Veil,Nicole Fontaine, Paul-Henri Spaak, Sicco Mansholt,  Walter Hallstein e lo stesso Winston Churchill, tra i primi a sollecitare la costituzione degli Stati Uniti d’Europa mentre ancora non si erano spenti le eco dei drammatici bombardamenti di un’Europa messa a ferro e fuoco a causa del nazismo allora imperante 

          Ecco che già questa cartina, considerata con mente aperta ed elastica e occhi giusti, assume un significato forte e particolare: che, guarda caso, riconduce all’evocata ‘coalizione’ anti-russa (e non altro!) che Zelenky vorrebbe venisse costituita per sostenerlo nelle sue ambizioni. Mire che coinvolgono quasi tutti gli attori principali: tutti trincerati proprio dietro le citazione di coloro che si adoperarono per porre termine agli orrori di due guerre mondiali, promuovendo la pace e la solidarietà, facendosi paladini di concreti valori fondanti quali libertà, democrazia e uguaglianza, rispetto della dignità umana, dei diritti umani e dello Stato di diritto, esaltando i concetti di solidarietà e protezione per tutti.

          Cose che oggi per molti ‘suonano strane’, quasi fossero concetti antichi, superati da una realtà che tende a schiacciare e livellare tutto e tutti;  enunciazioni svuotate dalla loro forte dignità e neanche più studiate nelle scuole. 

          Pensate: anche l’ONU si è sollecitamente schierata (o é stata mobilitata?) non solo per schierarsi contro il brutale invasore, ma anche per sollecitare il rispetto dell’autodeterminazione, per i diritti umani, per la libertà e la democrazia, e riferendosi alle manifestazioni in Russia, il sacrosanto diritto di protestare.

         Ma guarda un po’: ma l’ONU non si è mossa quando la Russia reclamava attenzione per i diritti umani calpestati nel Donbass, restando muta e inerte. Come l’ONU non si é mossa per le violazioni umanitarie ossia per gli stessi temi di principio violati anche con rudezza in Italia, in Francia, in Germania, in Canada, in Australia in Nuova Zelanda, con manifestanti colpiti, imprigionati, colpiti dal getto degli idranti, mentre difendono la loro Costituzione, le loro Libertà, la Democrazia, la propria volontà di non subire arbitrii e imposizioni, il proprio diritto al lavoro e i profondi timori per un futuro incertissimo e incerto, sul quale dominano parole più che concetti e programmi.

         E che dire di coloro che giocano ai soldatini, mettendo a disposizione uomini e mezzi, ma anche denaro.

L’Italia destina veramente ‘alla cieca’ 12 o 15 milioni di Euro mentre Kiev capitola, o mentre non si è ancora capito chi ha fatto cosa, e come e perché?

Invasione o missione di peace-keeping per tutelare chi nel Donbas è stato sottoposto per più di otto anni a una vera e propria pulizia etnica?

Tutela a oltranza di un sistema-UKR che forse non è casto e puro come lo dipinge l’occidente?

Aiuto occulto-palese a chi in Europa ne ha fomentato certe attese, mirando ad appropriarsi di materie prime,  collocarvi fabbriche e industrie delocalizzando per sfruttare manodopera a basso costo (in Ukraina, i salari ‘normali’ vanno dai 150 Euro a mese nelle zone più rurali ai 450/500 nei posti più qualificati: senza il corollario di altri costi che in Europa pesano tremendamente sul lavoro; leggasi, senza molti altri diritti riconosciuti ai lavoratori ucraini)?

Ma è sfruttamento o progresso, incentivo allo sviluppo?

         Non tralasciando un piccolo particolare: l’Ukraina non fa parte della NATO, l’Ukraina non fa parte della Unione Europea; nonostante i molti (poco nobili) padri e le molte (altrettanto poco nobili) madri che si sono candidati con enfasi… e con una serietà tale da far sembrare vero ciò che non è.

         Stiamo assistendo nostro malgrado alla replica di un canovaccio con componenti-base identici: testimonianza dell’esistenza di abili pupari, di marionette e di un pubblico inerme e inerte che tutto (pare) deve subire: la falsa viro-pandemia, il costruito scandalo Russiagate negli USA, ora questo confronto armato.

Con un occhio allo scacchiere asiatico dove aerei e flottiglia cinese, tengono Taiwan i massima allerta. 

E sarebbe opportuno che i Cittadini del mondo, cessassero di essere (apatici?) spettatori e comprendano che la Pace, il Rispetto e la Dignità si conquistano solo se si è custodi e protagonisti della propria Libertà, dei propri Diritti, del proprio Destino.

         Ogni giorno, ogni ora, ogni attimo.

 

Giuseppe Bellantonio

 

Nota del Direttore

Abbiamo già scritto in articoli precedenti che le cose non sono come sembrano o quantomeno come si vogliono far sembrare, questo tentativo avviene sempre e da tutte le parti in campo, è lo spettatore che deve sapere dove guardare e come mettere insieme le notizie per capirle al meglio.

Il nostro intento non è far capire le cose, ma raccontarle in modo da dare al nostro lettore le chiavi di assemblaggio.

 

 




C’hanno un piano …

… sennò so stronzi!

questa frase leggermente gergale mi gira in testa da qualche giorno proprio riguardo alla situazione in Ukraina.

in che senso ? direte Voi, proviamo a riflettere …

Putin è un ex kgb, fautore della supremazia russa, amante della vecchia USSR, ha abilmente preso il potere dando spazio ai nuovi ricchi russi, facendo sparire con mezzi leciti e meno leciti tutta l’opposizione sia politica che giornalistica, ha cambiato la costituzione per poter rimanere al potere a vita, ha fatto accordi sottobanco con mezzo mondo ed ha minacciato l’altra metà, quando ha potuto ha cercato di apparire come un super eroe con bambini in braccio, ha sempre usato il pugno duro in ogni situazione, non ha mai nascosto la sua predilezione per gli interventi forti, dorme con la pistola sotto il cuscino, ha ripristinato il culto della personalità che era appannaggio di Lenin, insomma un moderno dittatore.

La Russia negli ultimi anni si è mossa ai limiti di crisi interne spostando la ricchezza nella mani di pochi, ma non così pochi in fondo, perché Putin ha cercato di allevare una classe di ricchi ed una di ricchissimi, controllando entrambe a livello statale, garantendo agevolazioni e protezione, stringendo accordi con chiunque purché utili al suo sistema zariniano di controllo del paese.

Da sempre Russia e Cina amiche nemiche, ma Putin è riuscito a trasformare un amore ed odio millenario in una sorta di patto atlantico esclusivo a due, garantendosi un bacino di supporto in qualsiasi momento; ha inoltre dimostrato in più occasioni ai suoi alleati occulti di poter intervenire senza paura anche militarmente ovunque nel mondo.

Ha trasformato il vecchio KGB, sua casa natale, in un moderno Politik Bureau dotato di notevole potenza informatica, ed ha capito il potere sotterraneo dei social media.

Insomma un cowboy bolscevico pronto a sparare a chiunque gli entri in cortile.

Ed attenzione perché il cortile russo che vive nella mente di Putin non è quello che oggi le cartine geografiche ci rappresentano, ma quello dello Zar Alessandro.

Dall’altro lato troviamo un’America che continua a prendere cantonate politiche che al confronto la baia dei porci era un fumetto della Disney, un’Europa che ha visto il suo fallimento tra brexit ed incapacità politiche di fronteggiare crisi dovute all’effimero complesso di legami che non essendo fondamentali faticano a tenere insieme i paese dell’area UE.

In questo scenario gigeggiano, ops giganteggiano, personaggi come Biden, che ogni volta che appare in televisione sembra il nonno che va a trovare i nipoti, e il nostro Di Maio che inanella una serie di gaffe da primato.

Poi abbiamo Draghi, ed i vari capetti degli altri paesi che sembrano il marito che per fare un fastidio alla moglie si taglia i cosiddetti.

Poi c’è questo benedetto Donbass che sentito così sembrava  un prete non tanto alto, ed invece è una zona dell’Ukraina che si dichiara indipendente dal 2014, ma che già da molto prima ha sempre mostrato ostilità verso il governo Ukraino, sobillata per anni dai servizi segreti Russi.

La Rusia nel 2015 si riprende la Crimea, fatto sancito con l’accordo di Minsk, infiammando ulteriormente gli animi del Donbass, ma in realtà tutta l’Ukraina tende verso la Russia già dal lontano 2010 con l’allora presidente Yanukovych, decisamente filorusso.

In tutti questi movimenti l’attenzione di Putin all’Ukraina era legata alla certezza che mai la stessa avrebbe dovuto entrare nella sfera di influenza americana (Nato), primo per la ricchezza della regione e secondo perché sarebbe stato come mettersi il nemico in casa e tra l’altro perdere un sicuro accesso marittimo al mediterraneo.

Fatto questo breve scenario succede che America ed Europa palesemente cercano di portare la regione ucraina verso la nato, addirittura facendo arrivare 10.000 militari nella regione per delle manovre dette anche esercitazioni.

Probabilmente nessuno ha pensato che questa faccenduola avrebbe dato al nostro amico imperatore di tutte le Russie l’assist per poter dire “Allarmi il nemico è alle porte!” ed in un certo senso tutti i torti non li aveva.

Ed ecco che si scatena quella che rischia di diventare la terza guerra mondiale.

Ma dico io, se sei davanti ad una casa con il cartello se entrate vi sparo, c’è il proprietario seduto sull’uscio con il fucile carico e vedi dei cadaveri nel giardino di gente che già ha tentato di entrare, tu Genio della lampada, cosa fai? entri? senza nemmeno pararti il c… la schiena? non ti viene il dubbio che uno così ti spara senza pensarci due volte?

Invece il nonno, gigino ed i compari della parrocchietta hanno pensato nella loro grande mente politica, ma no dai, scherza, ma vuoi che faccia la terza guerra mondiale???

Ed invece cari amici a quello non gliene frega nulla  della terza ma nemmeno della quarta e della quinta, perché uno così è convinto di vincerle tutte, tanto dopo aver invaso la Polonia, ops, scusate il donbass, chi lo ferma?

Ma ecco che dopo questa serie di riflessioni mi è venuta una folgorazione, che poi è il titolo di questo articolo: “C’hanno un piano… sennò so stronzi!”, ma certo cari amici, non possono essere stati così idioti da provocare uno che non aspettava altro, che negli anni ha dimostrato e dichiarato che in un caso simile avrebbe fatto proprio quello che ha fatto, C’HANNO UN PIANO!

Loro i compagni delle merende hanno un piano geniale, studiato negli anni, che ora stanno mettendo in pratica, certo non dicono nulla è un piano segreto, mica possono svelarcelo altrimenti quello là li beccherebbe ed allora tutta fatica sprecata.

E Tranquilli amici, non sono le sanzioni contro la Russia che comunque si rivolterebbero contro l’Europa, ma un piano più sottile, di alta diplomazia, geniale come mai nessuno aveva pensato.

I capi del mondo libero stanno attuando un piano che ci lascerà a bocca aperta …

Per forza, non possono essere così stupidi ed ignoranti da aver fatto esattamente tutto quello che Putin aveva programmato avrebbero fatto, sicuramente … C’HANNO UN PIANO!!!

E li ammiro perché stanno mettendo in atto forme di distrazione di massa affinché Putin non se ne accorga, come ad esempio chiudere il contratto dei gasdotti a tradimento, così, di punto in bianco, un poco come andare davanti al panettiere gridando “non compro più il tuo paneeeee!!!! Sei fregato, vediamo adesso!!!” ed intanto che diciamo così una fila di cinesi entra e compra il pane sottoprezzo.

Così il panettiere non è fregato per nulla, i cinesi campano meglio e noi non abbiamo pane per i nostri figli.

Ma non disperatevi amici, non è così, C’HANNO UN PIANO!!

Ma io sento ancora nelle vostre menti un dubbio: “e se non ce l’hanno il piano?”

eh beh amici miei, se non hanno il piano … so stronzi.

 

 

 




SI VIS PACEM …

Il suono delle sirene e lo squasso delle esplosioni su Kiev, ha riportato bruscamente alla realtà tutto il mondo. Si sono azzerati i troppi bla-bla, le ricostruzioni di interpreti di ‘passaggio’ e anche le varie ‘tifoserie’.

Se si vuole la Pace, di deve cercare attorno a un tavolo, parlando il giusto linguaggio e soprattutto costruendo rapidamente dei fatti concreti.

L’uso delle armi può portare lutti e risvegliare mostri che pensavamo sepolti.

Ora sono l’intelligenza e la lungimiranza a dover essere mobilitate.

Siamo comunque vicini alle popolazioni colpite, incoraggiandole a spronare i governi verso l’unico porto sicuro: la PACE

 

BETAPRESS




UKraina, mon amour…

FACCIAMOCI DUE DOMANDE...

Per capirci bene, e per evitare di tifare per questo o per quello, facendoci intortare ancora una volta da chi pensa che si debba accettare di tutto ‘a scatola chiusa’, è utile che si sappia il valore dell’Ukraina.

Ossia, quanto valga in termini economici questo Paese.

Ecco la sua attuale posizione in termini produttivi:

Prima in Europa per comprovate riserve di minerali di uranio.

Seconda in Europa e 10°nel mondo per riserve di titanio.

Seconda al mondo per riserve di manganese (2,3 miliardi di tonnellate, ossia il 12% delle riserve mondiali).

Seconda al mondo per riserve di minerale di ferro (stima: 30 miliardi di tonnellate).

Seconda in Europa per riserve di minerale di mercurio.

Terza in Europa e 13° nel mondo per riserve di shale gas (22 trilioni di metri cubi).

Quarta al mondo per valore complessivo delle risorse naturali.

Settima al mondo per riserve di carbone (33,9 miliardi di tonnellate).

Grazie a questi asset strategici, l’Ucraina ha sviluppato una produzione metallurgica molto intensa: attrezzature per fabbriche e miniere, trasporti ferroviari, navi, attrezzature agricole,  ecc.

Non dimentichiamo però la vocazione agricola dell’Ukraina, un tempo ancor meglio nota come ‘il granaio d’Europa’, non senza sottolineare che l’Ukraina può soddisfare il fabbisogno alimentare di 600 milioni di persone:    
Prima in Europa per superficie dedicata al seminativo.
Terza al mondo per superficie di ‘suolo nero’ (pari al 25% del volume mondiale).
Prima al mondo per esportazioni di girasole e olio di girasole.
Seconda al mondo nella produzione di orzo e 4° al mondo per esportazioni di orzo.
Terza al mondo per produzione e 4° per esportazioni di mais.
Quarto produttore mondiale di patate.
Quinto produttore mondiale di segale.
Quinta al mondo per produzione di api (75mila tonnellate).
Ottava nel mondo per esportazioni di grano.
Nona al mondo nella produzione di uova di gallina.
Sedicesima nel mondo per l’esportazione di formaggi.

Ma l’Ukraina è anche un Paese industrializzato, basta vedere questi dati:
Prima in Europa nella produzione di ammoniaca.
Secondo e Quarto sistema d’Europa di gasdotti naturale più grande d’Europa e al mondo (142,5 miliardi di metri cubi di capacità di flusso di gas nell’UE).
Terza in Europa e 8°al mondo per centrali nucleari installate.
Terza in Europa e 11° nel mondo per lunghezza della rete ferroviaria (21.700 km).
Terza al mondo (dopo Stati Uniti e Francia) nella produzione di localizzatori e apparecchiature di localizzazione.

Terza al mondo per esportazione di ferro.

Quarta al mondo per l’esportazione di turbine per centrali nucleari;
Quarto produttore mondiale di lanciarazzi.

Quarta al mondo nelle esportazioni di argilla.
Quarta al mondo nelle esportazioni di titanio.
Ottava nel mondo per le esportazioni di minerali e concentrati ferrosi.
Nona al mondo per le esportazioni di prodotti e componenti per l’industria della difesa.
Decimo produttore di acciaio al mondo (32,4 milioni di tonnellate).

 

Siamo ancora sicuri che tutti i ‘nuovi e premurosi amici’ che le stanno intorno siano disinteressati e vogliano solo agevolarne libertà e democrazia?

O hanno ben altre mire, forse ambendo a mettere le mani anche su queste non indifferenti risorse?

Riflettere e porsi due domande, non fa male.

 

Giuseppe Bellantonio




L’emozione del passaggio generazionale

Le nuove generazioni oggi chi sono?

Cosa intendiamo veramente quando parliamo di nuove generazioni?

Cerchiamo di capire i riferimenti per cui definiamo una generazione nuova: il primo riferimento è sicuramente quello anagrafico, una volta si andava per classi di leva, i coscritti di una classe di leva definivano la nuova generazione, sopra o sotto l’età del militare, perché questo periodo coincideva con l’uscita dalle famiglie; un’uscita non tanto fisica ma certo mentale, l’età adulta coincideva con l’autonomia decisionale, lavoro, militare o università che fosse.

Un riferimento importante e preciso, puntuale come la mezzanotte, di fronte al quale il soggetto giovane aveva poche possibilità di fuga: un appuntamento irrinunciabile per ogni generazione che si preparava a prendere il comando del paese e del mondo del lavoro.

Era come il ballo dei debuttanti, o ci arrivavi con vestito sistemato e sapendo ballare almeno un pochino o facevi la peggior figura della tua vita, rischiando di essere additato per sempre come lo sfigato di turno.

Oggi questo riferimento temporale è sparito!

Non esiste più fagocitato dalla incapacità di definire dei limiti e dei traguardi o quantomeno degli obiettivi generazionali.

È sparita anche la prova di mezza via, ovvero l’esame di maturità, al quale si arrivava con un lavoro duro e complesso che formava il carattere e dava i primi elementi di impostazione dell’età adulta.

Il secondo riferimento era, in forma aulica, l’uscita dalla famiglia, la presa di coscienza di responsabilità sociali che obbligavano ad una partecipazione alla vita attiva in qualità di individuo partecipante e non di famiglio.

Il cosiddetto passaggio da figlio a padre, o da figlio a lavoratore, insomma un passaggio che caricava di responsabilità sociali e professionali.

Questo passaggio oggi non identifica più una generazione perché avviene in periodi asincroni ed è trasversale su più generazioni, distruggendo quell’unità di classe che era invece il nerbo della società degli anni scorsi.

Il terzo riferimento è un riferimento prettamente storico, non temporale, ma legato ad un particolare momento storico del paese (gli anni di piombo, mani pulite, le varie crisi petrolifere e legate a guerre più o meno mondiali).

Oggi possiamo dire che rimane unicamente il terzo riferimento, ma che slegato dai due precedenti diviene pericolosa accozzaglia generazionale.

Non possiamo però dimenticare che oggi esiste un terribile spartiacque generazionale che si identifica nel progresso tecnologico, il cosiddetto momento della generazione digitale.

È un pericoloso momento di incomunicabilità che apre spazi a terribili scenari involutivi nel rapporto tra generazioni.

Ormai ci sono, nell’immaginario collettivo, i vecchi che non sanno usare i social ed i giovani che ne sono avidi consumatori.

Tragico! Soprattutto perché falso come i social di cui si parla.

Falso perché ormai diamo per scontato che se un individuo è sotto i trent’anni è un esperto digitale, cosa assolutamente non vera: noi ci dimentichiamo che la nostra crescita nei confronti di realtà virtuali si basa su una formazione particolare e soprattutto classica, legata alla lettura e non allo scorrere un PDF, legata alla discussione verbale tra pari e non alla chat senza riferimenti identitari corretti.

Oggi la generazione adulta può affrontare i mondi social con il giusto distacco perché viene da un momento di socializzazione reale e fisico, in cui si sono creati gli anticorpi di un vivere sociale effettivo, legato anche ad un confronto “operativo”, in cui metterci la faccia non era un’espressione idiomatica, ma una realtà in cui la faccia riceveva anche le sue sonore sberle.

Allora quale può essere la “nuova generazione”, quella dei social?

Ammesso e non concesso dove abbiamo messo l’asticella della adultità in questa generazione, sai usare i social sei adulto?

No, certo che no, non è possibile che uno strumento definisca una maturità, non è possibile pensare che la capacità di utilizzo o la sua conoscenza identifichi una generazione.

In cosa la generazione dei nativi digitali dimostra la sua maturità?

Perché abdicare così velocemente la definizione di una nuova generazione lasciandola al semplice profilo tecnologico della stessa?

La maturità, che dovrebbe essere caratteristica dell’attuale generazione adulta, dovrebbe muoverci verso la definizione di obiettivi per la generazione che segue.

Attenzione obiettivi che devono essere di alto livello, per non incappare nel vincolo generazionale in cui si giunge poi alla rivoluzione generazionale e si ha una crisi sociale.

Come possiamo riprendere il controllo su una generazione multiage in cui non troviamo una definizione specifica ma un caleidoscopio di emozioni ancora non incanalate in obiettivi?

Ora viene spontaneo chiedersi quali obiettivi proporre; lavoro, multicultura, futuro familiare, stabilità economica…

Ormai non abbiamo credibilità per proporre obiettivi che la nostra società ha distrutto vivendo al di sopra delle proprie possibilità, dobbiamo proporre obiettivi etici alti, per poter fare un downsizing del nostro vivere comune; dobbiamo passare da una cultura del bene materiale ad una cultura del bene immateriale, identificando nel personale sviluppo di una identità etica il vero obiettivo per queste generazioni.

La prima fase è certamente ricostruire una scala di valori che esca dalla semplice emozione dell’accumulo per trasformarsi nell’emozione dell’accogliere.

L’emozione dell’accumulo guida al bene materiale fingendo un appagamento nel suo possesso, che può essere solo momentaneo e non completo anche perché il bene materiale è per sua definizione soggetto a decadimento ed obsolescenza.

L’emozione dell’accogliere è al contrario infinita perché autorigenerante, essa infatti si basa sulla soddisfazione reciproca di più soggetti e non può essere definita finita in quanto il soggetto dell’accoglienza può solo essere elemento mobile sia dal punto di vista emozionale (una persona) sia dal punto di vista possessivistico (un’azione a vantaggio di altri).

Il punto a favore di questo passaggio è legato alla generazione dei nativi digitali che mostrano sete di valori proprio perché vivono in un mezzo tecnologico da questo punto di vista particolarmente vuoto.

Per abilitare questo passaggio dobbiamo assolutamente passare dalla cultura del “fai quello che vuoi” alla cultura del “no, non è così”; passaggio difficile per le famiglie in cui la cultura dell’accumulo è ancora predominante.

La motivazione forte, che aiuta in questo passaggio, è particolarmente facile trovarla proprio nel complesso meccanismo tecnologico che oggi avvinghia le generazioni e le “scolla” dalla realtà; un’alienazione sociale che proietta l’identità nel mezzo, nello strumento, facendolo diventare contenitore egualitario e massificante.

Come avviene questa trasmigrazione mente – strumento che toglie molta identità culturale ai fruitori di questo mondo virtuale?

Avviene sotto il predominio della velocità della comunicazione e pertanto della mistificazione dei contenuti.

La rete oggi è un grande contenitore di qualunquismo ideologico, perché contiene in forma disaggregata miliardi di informazioni vere e miliardi di informazioni false, un pericoloso contenitore di materia e antimateria, il cui mix porta alla completa afonia mentale.

Ecco il vero motivo per cui l’emozione dell’accumulo è oggi predominante, perché tende a riempire quello che sembra giusto chiamare un vuoto pieno, ovvero un profondo pozzo vuoto colmo solo del nero del suo buio.

Di fronte questa aleatoria ed iconica sensazione di smarrimento culturale il possesso fisico diventa pieno concreto e quindi fortemente perseguibile e ricercabile, perché più facile da trovare nel frastuono ideologico della rete.

Siamo certamente in un passaggio generazionale che avviene con tempi lunghi e dilatati a causa, paradossalmente, di un momento tecnologico fatto di velocità e molteplicità dell’informazione.

In questo passaggio l’emozione dell’accumulo diventa anche transdialettica grazie alla possibilità di appropriarsi delle parole dell’altro facendole divenire proprie tramite un processo di assimilazione oggi definito copia e incolla.

Anche questo processo moltiplica il paradosso del vuoto pieno ideologico perché aggrega concetti ma non significati, espressioni ma non valori.

Eppure la percezione della pochezza dell’accumulo è evidente nella noia generazionale, nella svogliatezza emotiva che sembra essere compagna di giochi di questa generazione digitale, sensazioni che, rendendo sempre più acuta la fame di pienezza dell’io, spingono sempre più verso un accumulo contenutistico ai limiti del paradosso, rendendo quasi un obbligo pubblicare la foto del piatto che stiamo mangiando…

Ora la domanda vera è: ma la nostra generazione è in grado di preparare il piatto giusto per questo mondo tecnologico, un piatto fatto dall’emozione dell’accoglienza cucinata nel modo giusto?

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal Libro “L’emozione del passaggio generazionale”, Currenti Calamo Editore, C.Faletti, C.Giannino, 2017




Biden, Obama 3?

Trump, visto dalla sinistra globalista come un folle guerrafondaio, e accusato ingiustamente nel Russia-gate con prove false e preconfezionate, strinse la mano a Putin.

Una stretta di mano, un gentlemen’s agreement, impegni sanciti con la forma più antica di assunzione di responsabilità, hanno garantito stabilità e lungo equilibrio tra le due superpotenze.

Biden, esaltato dalla sinistra globalista come un uomo della provvidenza nonché grande statista, sta suscitando inquietanti interrogativi e timori di disastri, con le sue provocazioni dirette alla Russia, stuzzicando incessantemente Putin.

In America cominciano a chiamare la sua amministrazione ‘Obama 3’: quasi fosse un revival di un passato affatto brillante specie in politica estera.

E l’Europa? Fragile vaso di coccio tra vasi di ferro?
Povero occidente, oggi ondivago e sempre più inconsistente: concentrato solo nel coprire i palesi misfatti dei suoi amministratori.




Dalla russia

… Vi erano accordi formali tra USA, NATO, UK, RUSSIA e FRANCIA di non espansione nei paesi già sotto il mantello URSS. Gli USA do Obama e Clinton e la UE di Merkel e Macron non li hanno rispettati. Lo ha confermato proprio Prodi in TV. Altro che LIBERTÀ e DEMOCRAZIA o DIRITTI UMANI. Tutto ruota sulla vendetta e sul biz: materie prime in grandissima quantità, gente più colta che non in Africa, manodopera a costi stracciati. Geopoliticamente, strategici, direttamente ai confini russi: 100 miglia da S.Pietroburgo…




ISCRIZIONI A.S.2022/23: È TEMPO DI RIVEDERE LA SCUOLA MEDIA!!!!

 

I Licei sono le scuole preferite con oltre il 56% di iscritti, pur se con un leggero calo che riguarda il classico che passa dal 6,5 al 6,2% e lo scientifico sceso di quasi un punto percentuale, relativo allo scientifico tradizionale, per intenderci quello con il latino, sostituito da altri indirizzi che sembrano più tecnici che licei.

Quindi ogni 100 ragazzi 56 scelgono i licei, nella consapevolezza che dovranno proseguire gli studi scegliendo un percorso universitario.

Perché si sceglie il liceo? Perché la cultura generalista “ti da le basi” e poi all’università decidi cosa “fare da grande”.

Ma non è così, infatti secondo Almalaura dei 56 ragazzi che hanno scelto il liceo, solo 40 proseguono gli studi universitari e gli altri? Un bel problema.

Allora se a 13-14 anni non si riesce ad operare una scelta, che poi condizionerà il futuro dei nostri ragazzi, probabilmente sarebbe utile avere un biennio di scuola superiore comune e poi optare per la scelta migliore.

Si tratta di “rispolverare” con opportune modifiche e integrazioni la “scuola di base” della Legge 30/2000, nota come riforma Berlinguer.

Da più parti si sente infatti l’urgenza di rafforzare la struttura della scuola media che rappresenta ormai l’anello debole tra la scuola primaria e la secondaria di secondo grado.

Gli anni della scuola media sono fondamentali, in quanto sono gli anni in cui l’alunno deve consolidare le conoscenze della scuola primaria relativamente allo studio della grammatica italiana, delle quattro abilità di base (saper ascoltare, saper parlare, saper leggere e saper scrivere), della matematica, in particolar modo delle quattro operazioni: il classico leggere, scrivere e far di conto.

Purtroppo l’organizzazione della scuola media non sempre riesce a consolidare il lavoro della primaria per plurime ragioni, ma segnatamente per alcune in particolare.

Prima di tutto dal maestro unico o prevalente della primaria di passa ad un’organizzazione essenzialmente per discipline come nella secondaria e ciò non agevola il passaggio soprattutto per gli alunni più fragili e più difficili che perdono il loro rifermento, dato dal maestro.

Inoltre si parla di programmazione didattica per competenze quando non è ancora consolidato il leggere, scrivere e far di conto.

Come conseguire competenze in assenza di conoscenze? E così si arriva al primo anno di superiore, dando ormai per scontato la presenza di diffuse carenze.

Non a caso il DPR 89/2010 di revisione dei licei, ex riforma Gelmini, all’art. 2 prevede che nel primo biennio ci sia la verifica e l’eventuale integrazione delle conoscenze, raggiunte al termine del primo ciclo di istruzione.

Allora un biennio unico, magari una scuola media di 5 anni, sarebbe sicuramente più orientativa e soprattutto avrebbe un ruolo molto più incisivo contro la sempre più allarmante dispersione scolastica che si verifica soprattutto nel biennio della secondaria superiore.

Così a conclusione del quinquennio di scuola media sarà assolto l’obbligo d’istruzione decennale e solo i ragazzi motivati continueranno il triennio successivo scegliendo il liceo, il tecnico o il professionale secondo le proprie attitudini e interessi e la volontà stessa di continuare a studiare.

Probabilmente crescerebbe il numero dei laureati, oggi pari al 20,1% della popolazione contro il 32,8% nell’Ue, e si darebbe la giusta importanza al tecnico diplomato in possesso di competenze professionali certe, figura intermedia oggi molto richiesta, ma sempre più difficile da trovare.

 

Pio Mirra – DS IISS Pavoncelli, Cerignola (FG)




SERVE L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO?!?!

Lorenzo è morto l’ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro, schiacciato da un tubo di 150 chili, Giuseppe è morto in un incidente stradale, a bordo di un furgone di una ditta presso cui stava facendo uno stage.

Invece di far silenzio addetti e non addetti si dividono tra abolizionisti e favorevoli all’alternanza.

Si è trattato di infortuni sul “lavoro” e purtroppo solo nel 2021 sono morte 1.404 persone per infortuni sul lavoro, di cui 695 direttamente sui luoghi di attività.

Allora il problema non è l’alternanza, ma le precarie condizioni di sicurezza sul lavoro.

Occorre rispetto per chi non c’è più, ma occorre riflettere e analizzare, perché l’alternanza scuola-lavoro necessita probabilmente di una revisione di merito e di metodo.

Il punto da analizzare è principalmente: La scuola deve insegnare un mestiere?

Certamente si, ma con i dovuti “errata corrige”.

La Legge 107/2015, la “Buona scuola” (o come dice qualcuno “La Scuola alla buona”) aveva previsto, al fine di incrementare le opportunità di lavoro degli studenti, i percorsi di alternanza scuola-lavoro della durata complessiva di 400 ore negli istituti tecnici e professionali, e di almeno 200 ore nei licei.

E così un esercito di studenti delle classi dell’ultimo triennio era pronto per partire “a lavoro”.

Scarse le risorse e soprattutto insufficienti le aziende che davano disponibilità ad accogliere gli studenti.

Allora ecco la magia per “risparmiare”: a partire dall’anno scolastico 2018/2019 i percorsi di alternanza scuola lavoro, per effetto della Legge di Bilancio 2019, vengono rinominati “Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento”.

Il nuovo acronimo PCTO è sufficiente per ridurre le ore e quindi le risorse: 210 ore nei professionali, 150 ore nei tecnici e 90 ore nei licei.

E le risorse assegnate alle scuole, quota alunno, appena 13,93 euro per i professionali, 9,95 euro per i tecnici, 5,97 euro per i licei.

Poca cosa.

Intanto predomina ancora un’idea classista della scuola, perché i licei sono considerati i depositari del pensiero, gli altri sono considerati manovalanza da avviare subito a lavoro.

Allora diciamolo subito.

Nei licei anche le sole 90 ore sono tante e probabilmente sono ore perse, perché distolte allo studio delle discipline, fondamentale in un periodo in cui si registra una grave perdita di apprendimenti, causa di una forte dispersione implicita, per dirla come l’INVALSI.

Negli istituti tecnici e professionali, invece, le attività di stage aziendali sono fondamentali perché completano il curriculo, perché contestualizzare i concetti teorici e arricchire il training con la pratica in azienda aumenta la retention delle informazioni e migliora i risultati della formazione stessa.

Quindi dar voce alla “pancia” dopo i gravi lutti, abolire l’alternanza con più ore di scuola forse non elimina il problema, anzi, con meno ore tecniche, pratiche e lavorative con ogni probabilità la dispersione scolastica aumenterebbe e non si darebbe una risposta alle domande che da anni il mondo del lavoro rivolge al mondo dell’istruzione.

Fuori da ogni inutile moralismo fornire una scuola di teoria a chi vuole imparare un mestiere non aiuterà di certo costoro a trovare un posto dignitoso nel mondo.

Vale la pena ribaltare dunque il pensiero e dare ai meccanici, sarti, cuochi e camerieri la stessa dignità di un medico o avvocato.

Gli operai non sono ultimi e perché la scuola non lasci indietro nessuno, né faccia sentire nessuno ultimo, occorre continuare nella direzione dell’alternanza, ma rivista e corretta.

Intanto, anziché renderla obbligatoria per tutti gli studenti, potrebbe essere pensata come percorso di arricchimento, così come previsto in fase di introduzione dal Decreto Legislativo 77/2005: “… gli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età … possono presentare la richiesta di svolgere … l’intera formazione dai 15 ai 18 anni o parte di essa, attraverso l’alternanza …”.

Si tratta di rifarsi al modello tedesco “Duale Ausbildung”, “formazione duale” che indica in pratica l’alternanza scuola-lavoro, utile strumento per formare professionalmente i più giovani.

Nel Duale Ausbildung, i ragazzi trascorrono un terzo del tempo a scuola e i rimanenti due terzi in un’impresa con un contratto di apprendistato.

Gli studenti-apprendisti vengono seguiti e formati dai tutori – Meister, in tedesco – e terminato con successo il percorso il ragazzo da studente diventa lavoratore.

Se da noi spesso si mendica uno stage non retribuito, in Germania lo studente, che entra nel doppio sistema di formazione, è immediatamente contrattualizzato e ottiene un stipendio pagato dall’azienda.

Nel suo percorso formativo se non vengono rispettati i mansionari lavorativi, si applica come conseguenza un’immediata sanzione che può persino essere l’esclusione dal percorso stesso.

La formazione in azienda e la formazione a scuola sfociano in due esami analoghi che devono essere superati al termine dell’apprendistato.

Occorre dunque ridisegnare l’alternanza scuola-lavoro nella consapevolezza che in un mondo in rapida evoluzione, l’istruzione e la formazione devono essere al centro delle politiche scolastiche, perché non possedere le competenze necessarie per partecipare fruttuosamente alla vita sociale e al mercato del lavoro aumenta il rischio di disoccupazione, povertà ed esclusione sociale.

Pio Mirra – DS IISS Pavoncelli, Cerignola (FG)