Il destino dell’aquilotto romano: Napoleone II

 

Il 22 luglio di 190 anni fa moriva Napoleone II, figlio di Napoleone I, imperatore di Francia, e Maria Luisa d’Austria.

Edmond Rostand lo definì “l’aquilotto” poiché in vita era stato il Re di Roma e, com’è noto, l’aquila fu simbolo dell’Impero Romano.

Tante le aspettative verso l’infante ma infausto il suo destino.

Nonostante tutto, fu oggetto di popolarità tra i nostalgici del defunto padre, e quando morì divenne il leggendario Napoleone II l’aquilotto romano.

La nascita del re di Roma

“La colpa dei padri ricade sui figli”, insegna l’Antigone di Sofocle, e su questa scia si muove la vicenda storica del piccolo Napoleone.

Il suo sarebbe dovuto essere un destino di luce, ciò trova conferma nel nome tanto glorioso, ossia Napoleone Francesco Giuseppe Carlo Bonaparte: Napoleone come il padre- il grande imperatore-, Francesco come il nonno materno, Giuseppe come il fratello di Napoleone I, ossia Giuseppe Bonaparte, e Carlo come il nonno paterno.

Napoleone II nacque il 20 marzo 1811 dopo ore di paura e dolore per un parto difficile.

Quando venne al mondo, gli fu conferito il titolo di Re di Roma alla presenza di Eugenio di Beauharnais e del granduca di Wurzburg, lo zio di Maria Luisa.

«Sua Maestà l’Imperatore e Re ci ha dichiarato essere sua intenzione che il re di Roma riceva i nomi di Napoléon, François, Joseph, Charles.»

La Francia e l’Impero tutto conobbero la gioia della nascita dell’Imperatore dei Francesi grazie ai centouno colpi di cannone che furono sparati (infatti, Napoleone aveva previsto che in caso di erede maschio sarebbero stati sparati centouno colpi, mentre nel caso di una femmina soltanto ventuno).

Per festeggiare la venuta al mondo del bambino, durante quella notte le lucerne illuminarono in via straordinaria tutte le strade di Parigi, furono improvvisati spettacoli, e numerosi furono i componimenti scritti nell’occasione.

Si trattò di un evento eccezionale, infatti Napoleone sognava un erede al suo trono imperiale sin dal suo primo matrimonio con la moglie Giuseppina di Beauharnais, dalla quale divorziò poiché questa, essendo in età avanzata, non gli aveva dato alla luce figli; decise, poi, di sposare Maria Luisa d’Austria con la speranza di realizzare il suo desiderio e obiettivo (e cioè portare avanti la sua corona).

Il 18 maggio 1804 il Senato proclamò Napoleone I imperatore della Repubblica Francese e riconobbe il titolo di Principe imperiale al figlio maggiore dell’Imperatore, nonché quello di Principe Francese a tutti gli altri figli non primogeniti.

 

 

Napoleone II re di Roma

“ROMA CAPUT MUNDI”: governare Roma significava avere un potere centralizzato, e Napoleone lo sapeva molto bene. Infatti, decise di riconoscere al piccolo principe il titolo di Re di Roma e ciò fu avallato dall’art. 9 della Costituzione Francese.

Il titolo di Re di Roma era certamente un titolo prestigioso per il piccolo Napoleone II, ma comportava anche un grande peso simbolico da portare per tutta la sua vita.

Infatti, il titolo avrebbe dovuto palesare che Pio VII, il papa-re di Roma, non era più sovrano dello Stato Pontificio, poiché tale territorio faceva parte dei 130 dipartimenti francesi.

Mettere le mani su Roma significava due cose: spodestare il Papa, e continuità con il Sacro Romano Impero.

 

Durante l’epoca dei grandi Principi Elettori era stata istituita una prassi molto particolare: il sovrano poteva designare il suo erede conferendogli il titolo di Re dei Romani.

Dunque, con tale nomina, Napoleone I aveva evidenziato un legame fortissimo con la tradizione del Sacro Romano Impero, in più aveva rappresentato a tutti i sovrani delle potenze nemiche la sua forza.

Difatti, la forza di un re o imperatore non si manifesta nel numero di cannoni o di soldati, oppure con quanti territori governa, ma nella possibilità di tramandare il proprio potere a un erede legittimo.

Del resto- come già esposto precedentemente- questo era stato il motivo che aveva spinto l’Imperatore dei Francesi a divorziare con la prima moglie, la quale, non avendo generato

figli, aveva reso Napoleone I vittima delle maldicenze delle corti europee; di qui la scelta di sposare Maria Luisa d’Austria. Tale scelta, almeno fino a un certo punto, si rivelò vincente sotto tutti i punti di vista: infatti, in questo modo, Napoleone non soltanto aveva ottenuto il tanto amato e desiderato erede al trono, ma si era addirittura imparentato con l’imperatore d’Austria, uno dei suoi più grandi nemici.

Così, in Napoleone si accese la convinzione che mai l’Imperatore Francesco I avrebbe attaccato la Francia dal momento in cui la propria figlia e il proprio nipote facevano parte della famiglia imperiale; inoltre, egli credette che Francesco I avrebbe convinto l’Inghilterra a non muovere guerra alla Francia, garantendo un periodo di stabilità e pace sempre più forte.

Ma la sua era soltanto una labile illusione.

In Guerra e Pace Tolstoj racconta un episodio interpretato come presagio dell’infausto destino comune al padre e al figlio: Napoleone, prima di partire per la Campagna di Russia, volle portare con sé il ritratto del figlio, ma, ahimè, durante la ritirata, esso fu smarrito.

Napoleone II dopo la caduta dell’Impero

L’alleanza austriaca, russa e inglese evidenziò il fallimento del piano dell’Imperatore dei Francesi; nemmeno le nozze con Maria Luisa d’Austria avevano smussato l’odio verso Napoleone I.

Dopo aver perso diverse battaglie tra il 1813 e 1814, il 4 aprile 1814 Napoleone, con il trattato di Fontainebleau, abdicò, e il piccolo divenne Napoleone II, imperatore di Francia.

Dopo due giorni, il 6 aprile 1814, Napoleone dovette rinunciare per sé e per tutta la sua discendenza alla corona Imperiale.

Con il trattato di Fontainebleau Maria Luisa aveva ricevuto Parma, Piacenza e Guastalla. Il 9 aprile Maria Luisa e Napoleone II partirono per Orléans, ma il primo ministro austriaco Metternich deviò la rotta e li portò a Rambouillet. Secondo gli ordini impartiti, l’ex imperatrice di Francia e l’ex re di Roma giunsero il 23 aprile a Vienna, mentre Napoleone I partiva per l’isola d’Elba per un destino da esule.

Napoleone II era stato re di Roma, imperatore dei Francesi per due giorni, e duca di Parma e Piacenza.

Tuttavia, con il congresso di Vienna del 9 giugno 1815, e in particolar modo con l’art. 99, furono eliminati titoli, vitalizi e diritti per il figlio dell’Imperatore di Francia.

Inoltre, poiché il Papa non aveva annullato il matrimonio tra Napoleone e Giuseppina, il piccolo Napoleone II fu considerato figlio illegittimo, e Maria Luisa dovette abbandonarlo a Vienna.

Nonostante il bambino fosse prigioniero degli Austriaci, Napoleone I, al ritorno dall’Elba, gli conferì il titolo di Principe imperiale e, con l’abdicazione del 22 giugno 1815, lo nominava imperatore dei Francesi con il nome di Napoleone II.

 

Dal canto suo, l’imperatore Francesco I temeva che il figlio dell’ “usurpatore” (come veniva definito Napoleone I dal nuovo sovrano francese) potesse continuare l’opera di conquista del padre; per tale ragione, decise di tenerlo a Vienna sotto sorveglianza: dopo avergli conferito il titolo di Duca di Reichstadt,  il  4  dicembre  1817  Francesco  I  gli  conferì  delle  terre  in  Boemia.

 

Napoleone II ricevette l’educazione severa che veniva impartita a tutti i prìncipi austriaci e gli furono insegnati le tradizioni e i valori austro-ungarici. Un chiaro e schiacciante segno di ripudio verso il ricordo francese fu l’uso del nome: infatti, il bambino veniva chiamato Franz e non Napoleone. Franz amava l’arte militare e vestiva in uniforme; a 12 anni divenne cadetto dell’esercito austriaco.

Questa sua passione fece sì che crescesse il timore delle monarchie europee che egli potesse riprendere le ambizioni del padre; tuttavia, Napoleone II non ebbe mai la possibilità di partecipare alla vita politica dell’Austria.

Nel 1831 Napoleone II, ottenne il comando militare di un commando austriaco ma soltanto formalmente poiché gli fu impedito di combattere sul campo di battaglia.

Il ricordo dell’Imperatore di Francia era ancora vivo nel cuore dei francesi e non solo.

Infatti, nel 1830 in Francia vi fu una rivolta che indusse Carlo X ad abdicare. I moti furono caratterizzati dalle urla della popolazione che invocava «Vive Napoléon II».

Questi episodi si verificarono anche in Belgio e in Polonia, ove i movimenti indipendentisti chiedevano Napoleone II come futuro sovrano.

 

Purtroppo, nel 1832 Napoleone II si ammalò di polmonite e morì di tisi il 22 luglio dello stesso anno a Vienna.

 

SALVATORE SAMO




L’ultima curva…? O l’ultimo miglio?

 

A tutti sono note queste definizioni, qui riprese per dare enfasi all’attualità di una narrazione che vede impegnati giornalisti e testate indipendenti, ovverosia né schierati aprioristicamente e ideologicamente, né percettori di una qualche contribuzione: diretta o indiretta che possa essere.

Con il termine ‘essere all’ultima curva’ si indica l’approssimarsi di un traguardo dopo un percorso difficile e stancante, che abbia richiesto ogni energia; ma se è vero che dopo l’ ’ultima curva’ siamo in vista del traguardo, non è detto che superatolo, e assaporata la ‘vittoria’, il successivo percorso sia agevole e costellato di fiori e profumi; anzi, potrebbe darsi che le spine e il cattivo odore siano pari – se non drammaticamente più intensi – di ciò che ci si era lasciato alle spalle nel percorso intrapreso, prima dell’ ‘ultima curva’.

 L’ ’ultimo miglio’, di cinematografica memoria, ci riconduce all’ultima parte di un percorso detentivo dove, con questo nome, viene indicato l’ultimo tratto che il condannato affronta prima di raggiungere il luogo della sua esecuzione, della sua morte.

Giustiziato perché accusato di aver commesso un qualche efferato delitto, per il quale le norme prevedano la pena capitale.

L’ ’ultimo miglio’ è quindi l’ultimo tratto di vita verso una morte certa: annunciata quanto ineludibile.

E dalla morte non si torna.

I riferimenti all’attualità della vita socio-politica ma anche finanziaria ed economica dell’Italia e degli Italiani non sono casuali: anzi, mi sembra che si possano bene adattare all’imminenza di un serio momento elettorale, contrassegnato da atteggiamenti non si sa quanto responsabili da parte di molti, troppi, soggetti, dall’assenza di un documento programmatico, di un patto, ‘firmato con il sangue’ (ossia, che impegni in modo ferreo chi lo abbia sottoscritto), da una confusione ormai divenuta caos dove le uniche idee/proposte partorite sono quelle stantie accantonate nel tempo in cassetti polverosi e mai attuate (o potute/volute attuare).

Alleanze inusuali e persino innaturali che tanto ricordano il Verdone d’antan, con il suo ’amò, ’o famo strano?’.

L’unica cosa certa è la grandissima confusione, i camouflage continui, una greve sensazione di incombente mistificazione (alias, il solito, ma oggi temutissimo, ‘gioco delle tre carte’), che – al taglio del traguardo dopo l’ ’ultima curva’ – ci potrebbe far trovare una gattopardesca siepe di uomini e donne senza volto: o, meglio, con lo stesso volto di ciò che, correndo a perdifiato, credevamo di esserci lasciati alle spalle.

Facendoci capire che, in una corsa truccata, il traguardo era in realtà la nostra pressoché definitiva morte civile-sanitaria-finanziaria-economica.

Certo l’informazione dei Cittadini Italiani versa in una condizione soporosa, dove nulla di ciò che avviene all’estero circa i principali temi e sulle loro ripercussioni viene comunicato (provate a farlo anche voi: è sufficiente sintonizzarsi su una emittente radio o TV estera, o acquistare dei giornali stranieri; scoprireste un mondo nuovo), e l’unico mezzo per conoscere altre versioni dei fatti, altre notizie, altri e più costruttivi confronti specie quelli necessariamente impostati su base squisitamente scientifica, sono quelli reperibili in rete, sul web.

Siamo tenuti nella condizione di quei malati fortemente cardiopatici, o imminenti al trapasso, cui tutto viene filtrato, indorato, così tacendo loro la realtà di ciò che in realtà avviene, per non farli sussultare e  abbreviare la vita residua, così tacendo loro delle morti sempre più numerose di amici e parenti, della fame e della povertà che attanagliano ben oltre 12 milioni di Italiani (tra poveri che ‘più poveri non si può’ e chi sia sulla ‘soglia della povertà’ – che eufemismo! -), della possibile mano predatoria che calerà sui loro risparmi, sulla perdurante perdita di diritti ancorché fondamentali, prossimi a essere mortificati ancor più sull’altare di algide alchimie che – in nome di concetti altrettanto algidi – quali ‘transumanesimo’, ‘digitalizzazione’, ‘post umanesimo’ – intendono trasformarli da persone in codici senza volto né anima, oggetti (non più soggetti titolari di diritti) da ‘spegnere’, da ‘eliminare’ materialmente con un click: a capriccio di spudorati, scellerati e torbidi manovratori o ancor peggio di algoritmi satanici cui sia stato affidato da sinistri esecutori tale indegno, incivile, satanico, compito.

Per chi non l’avesse capito, quella che si vuol cancellare – giorno dopo giorno, ora dopo ora – è quell’immenso tesoro, costruito con enormi sacrifici e costi in millenni di civiltà e incentrato su un sentimento dinamico, fluido, pervasivo, ricchissimo, costruttivo, positivo, sano, definito nei secoli sempre con lo stesso nome: AMORE.

Amore per noi stessi, amore per chi sia a noi prossimo, amore per le nostre origini, amore per l’umanità, amore per il sacro ma anche amore profano, amore appassionato ed esclusivo per la propria famiglia e per la soddisfazione e serenità del coniuge e dei figli… AMORE, declinato in tutte le sue sfaccettature, in ogni sua parte, quello che ci dà forza anche di fronte alle sconfitte più cocenti… AMORE autentico, non certo quello ‘scimmiottato’, o sostituito da impropri e indebiti surrogati.  

Ecco…: qualche giorno fa ho letto un articolo su di una rivista, arricchita dall’immagine patinata e – forse a giudizio di chi aveva scritto l’articolo, persino progressista: di un futuro degno di tal nome – che riproduceva il particolare michelangiolesco delle due braccia che si incontravano e al cui contatto, con gli indici delle mani, la scintilla si trametteva da un ‘creatore’ a un ‘essere umano’.

Ebbene, tutta la poesia dell’immagine autentica, dove l’Atto Divino del Creatore veniva trasmesso all’Uomo, era stata violata e violentata: il gesto d’Amore tra Dio e l’Uomo era stato ‘interpretato’ sostituendo il braccio dell’uomo con un braccio robotico, artificiale.  

Dio che dà vita a un robot. O persino, in una mente traviata, il percorso inverso: a voler significare che non c’è bisogno di un ‘dio’ per creare un robot, e che la scintilla creativa può scorrere ovvero può essere ritrasmessa non più in senso tradizionale.

L’immagine mi ha colpito: soprattutto perché, purtroppo, rende bene la realtà in cui ci dibattiamo oggi: ma deve far riflettere tutti noi. Il gesto Divino, creativo, d’Amore, affrescato dal Buonarroti, viene stravolto e banalizzato, storpiato verso altra dimensione e altro significato carente di ogni trascendenza, ma soprattutto privo di AMORE: di quel sentimento che ha caratterizzato e mosso il Mondo.  

E sono le vicende che interessano il Mondo – a noi comuni Cittadini Italiani, tenute segrete o ovattate dalle versioni/interpretazioni forniteci dal mainstream – che divengono di giorno in giorno sempre più intricate.          A renderle tali non è la loro oggettiva complessità – poiché in realtà, alla loro radice, sono sufficientemente semplici quando non ripetitive di corsi e ricorsi storicamente manifestatisi –, bensì il groviglio di eventi che in modo continuo si manifestano, rendendo inestricabile – e spesso indecifrabile – un contesto di per sé allarmante, in cui è la componente umana a giuocare un ruolo preponderante; per non parlare di quello che accade nell’economia, nella finanzia, nei commerci e nel più ampio contesto socio-politico. Il tutto gestito e coordinato da abili menti che – è di tutta evidenza – nemmeno si nascondono nel loro non tener in alcun conto l’essere umano, e la di lui dignità: interessate come sono a dominarlo, piegarlo ai loro voleri, prevaricarlo, e persino distruggerlo.

Come avrete avuto modo di leggere, a me piace spigolare tra i numerosi elementi che le cronache ci offrono, attirando su di essi la comune attenzione al fine di far maturare riflessioni e una più ampia consapevolezza.

Per non accettare ‘a scatola chiusa’ concetti precostituiti a tavolino: spesso diametralmente opposti alla verità.  

A dover richiamare la nostra attenzione è sempre il conflitto, ovverosia ‘operazione speciale’, avviata dalla Russia vs l’Ukraina, con tutte le ripercussioni che essa ha comportato e comporta  a livello mondiale, ma anche sgombrando il campo da equivoche attribuzioni di responsabilità e relative chiamate in correità, false narrazioni, fini palesi e occulti.  

È ormai più che chiaro, proprio valutando i comportamenti tenuti da ogni parte in gioco, che se è vero che la Russia si è assunta delle non indifferenti responsabilità oltrepassando i confini ukraini, è anche vero che sono state addotte delle motivazioni riguardo le quali l’occidente (intendendo USA, NATO, UE e quant’altro) ha delle precise e nette responsabilità: non avendo onorato, anzi stravolgendole, le intese che prevedevano l’inibizione di ulteriori allargamenti della NATO oltre i confini di cui alla caduta del muro di Berlino, mantenendo una fascia di tutela e salvaguardia a oriente.

Con reiterate richieste di Mosca in ogni sede per procedere a chiarificazioni circa tale atteggiamento USA/NATO: tutte rigorosamente disattese da parte occidentale.

Ma non dimentichiamo come nel 2014 un finto colpo di mano, sollecitato solo apparentemente dalla popolazione, portò alla caduta del governo ukraino, favorito dagli episodi di Piazza Maidan: circa i quali è ormai acclarato oltre ogni ragionevole dubbio che a sparare sulla folla non furono né russi né filo-russi, bensì agenti provocatori abilmente infiltrati che cercavano il morto, la strage, per fornire il pretesto alla c.d. ‘opinione pubblica’ internazionale di ‘indignarsi’.

Come difatti fece. Situazione i cui sviluppi portarono alfine Zelenskij ad assumere il controllo del paese, non senza l’immediato e perdurante sostegno – in mezzi, uomini, armi e ingenti risorse finanziarie – di quell’occidente (o di parte di esso) che ama sempre propugnare ‘libertà’ e ‘democrazia’, difesa e rispetto dell’ ’autodeterminazione’ dei popoli, ma che mentre così diceva nei fatti costruiva laboratori biochimici ove venivano trattate vere e proprie armi chimico-batteriologiche, contribuiva ad addestrare e armare truppe/milizie caratterizzate dall’esplicito e noto fanatismo nazista, colpiva anche con efferata ferocia le popolazioni della parte russofona, ma in territorio ukraino (quindi, stiamo parlando di milizie e truppe ukraine che uccidevano altri ukraini). Fino a che, proprio facendo leva sul riconosciuto diritto dei popoli all’autodeterminazione, alcune province ukraine si sono espresse con un referendum per essere libere di potersi orientare verso la Russia, da loro considerata la vera madrepatria.

Particolare non trascurabile, ma sul quale USA/NATO/UE hanno fatto finta di niente, letteralmente ‘ignorandolo’ e continuando tuttora a ignorarlo: come fatto con le delle stragi metodiche in tali territori (Donbass) di civili inermi e di milizie della resistenza locale, ukraini di nazionalità ma di lingua russa, strage che ha raggiunto e superato le 13.000 vittime.

Vittime che urlano giustizia!  Si aggiunga a ciò la penetrazione russa in Crimea, che come appare oggi ha assunto una valenza tattico-strategica, considerando le mire USA/NATO/UE tese ad accorciare ancor più le distanze dai confini russi, grazie a tali e tante ‘particolari e irresistibili’ sollecitazioni verso Finlandia e Svezia per agevolarne l’ingresso in quota NATO inducendole ad abbandonare la tradizionale neutralità (al di là di un vago bla-bla-bla, non è stata fornita alcuna prova che ‘siano state minacciate’: è stato solo detto che ‘si sono sentite minacciate’, il che è tutt’altra cosa, lasciata alla valutazione soggettiva, alla sensibilità dei soggetti), ma anche per farsi concedere il passe-partout per consentire l’agognato accesso al Mar Baltico. Così che del naviglio ‘straniero’ – se non ‘nemico’ -, potrebbe piazzare qualche centinaio di missili sotto casa degli abitanti di San Pietroburgo.

Ma l’informazione italiana (non quella ‘occidentale’: poiché all’estero le notizie circolano, sono oggetto di dibattito e di aperto confronto) è silente, apparentemente amorfa, ipnotizzata non si sa da cosa e/o da chi, pressoché inutile nella sua funzione, sedata e appiattita su medesime notizie diramate con lo ‘stampino’. Se mai dovesse esservi un Pulitzer per la ‘non-informazione’, un premio speciale andrebbe all’Italia!

Sottolineavo prima della difficoltà di affrontare contemporaneamente tutto il contesto, e le sfumature multiple che lo stesso offre quotidianamente: da un lato, ciò di cui sopra; dall’altro la contemporanea volontà di taluni soggetti di portare avanti agende particolari quanto non a caso condivise per peggiorare le condizioni dei popoli.

È di poche ore fa, la notizia diffusa istantaneamente dalla rete dell’attentato di ieri sera, alla periferia di Mosca, nel corso del quale è saltata in aria l’autovettura guidata dalla giornalista e politologa russa Darja Dughina, figlia del filosofo Aleksandr Dughin: forse vero obiettivo principale del feroce attentato.

Ormai la sottile ‘linea rossa’ è stata superata: non c’è più alcuna differenza tra ‘carnefice’ e ‘vittima’, dal momento che le c.d. ‘vittime’ hanno assunto – tanto in Crimea che ora in terra russa – i panni dell’aggressore e del terrorista, autonomo o indotto che possa essere.

Ancora sono senza volto, ma la loro fisionomia e quella degli istigatori e complici alle loro spalle occupa le nostre menti e la nostra intelligenza, rendendoli meno ‘anonimi’. 

Qualcuno, a occidente, si sbraccerà a indicare i possibili colpevoli ponendoli nell’area del ‘dissenso russo’ (per intenderci quello dichiaratamente spronato e foraggiato ampiamente da occidente per rovesciare Putin), qualcun altro parlerà di possibile matrice estremista islamica, altri di quella di Al Qaeda o dei Taliban, oppure – i più temerari, seguendo il copione dei colpi ucraini tirati alla centrale nucleare di Zaporizzja – potrebbero perfino arrivare a dire che i russi hanno fatto un attentato a sé stessi per fare ricadere la colpa su Kiev -.  

Forse è stato adoperato dell’esplosivo trovato in qualche magazzino russo saccheggiato e fatto arrivare a complici locali, o forse no: ma è estremamente probabile che esplosivo e/o attentatori provengano da oltre il confine della Federazione. Vedremo…

Ma temo che da ieri sera il conflitto russo-ukraino, possa assumere una piega molto diversa: più cruenta e tragica, persino irreversibile.

Causa ed effetto, si rincorrono ora più veloci: ovunque, e potrebbero non esserci più confini sicuri. Nessuno deve né può sentirsi protetto o lontano quanto basta.

Come non notare che le agenzie informative ucraine hanno esultato con gioia alla notizia della morte della ragazza e sperano che continuino gli atti terroristici, letteralmente scrivendo ‘speriamo che molto presto il padre raggiunga la figlia nell’Inferno’.

E proprio queste crudeli, disumane, parole azzerano altro comunicato con cui Kiev tenta quasi pudicamente di smarcarsi, asserendo la propria estraneità nella pianificazione e/o esecuzione dell’atto terroristico: al riguardo, a qualcuno potrebbe esser venuto in mente ciò che con saggezza dicevano i latini – ossia, ‘excusatio non petita, accusatio manifesta’ -, o, l’espressione più vernacolare quanto diretta del dialetto romanesco – ‘concolina concolina, chi l’ha fatta la sente prima’… -.

Avrete certamente fatto caso che, seguendo – persino malvolentieri, secondo i rilevamenti che indicano come esista una percentuale tra il 70 e l’80% di popolazione che nel mondo non condivide e anzi critica le posizioni belliciste dei propri governi pro-Ukraina ma soprattutto legata alla fornitura di armi, e quindi ad un coinvolgimento di fatto sollecitando l’immediata istaurazione di una condizione di neutralità – le vicende che le cronache ufficiali (maldestramente e parzialmente) riportano, o per quanto possiamo (meglio) cogliere dai più completi flash attraverso il web, il conflitto russo-ukraino ha messo in mostra un cambiamento radicale nelle operazioni di guerra.

Imponenti forze corazzate messe fuori uso con dei semplici lancia-razzi a spalla; missili – specie di recente fabbricazione – che colpiscono ovunque, anche in mare; vettori ipersonici – si parla di 8-10.000 km. l’ora, non intercettabili – che fendono l’aria percorrendo in pochi minuti distanze dapprima irraggiungibili, fuori portata; cannoni e lanciarazzi ‘intelligenti’ (ossia guidati a grande distanza da mezzi aerei o droni che forniscono le coordinate esatte degli obiettivi nemici individuati: una sorta di moderno tiro al piccione, in cui è presumibile ritenere che siano coinvolti ‘suggeritori’ e ‘calcolatori’ esterni all’Ukraina; e questo spiega i recenti ‘successi’ portati a segno contro le truppe russe); possenti navi da battaglia –  immaginate cosa accadrebbe se a essere ‘seriamente’ colpito fosse naviglio di grande tonnellaggio, come le portaerei – solcano i mari: ieri praticamente invulnerabili, oggi un bersaglio come un altro; pensate se delle nazioni dovessero schierare truppe di terra in combattimento, senza poter contare più di tatto sulla tattica applicata dalla Seconda uerra Mondiale (bombarda con molti aerei, distruggi, occupa); bombardamenti devastanti di centrali nucleari e così via.  Una cosa è più che certa: che il conflitto via via, e sempre più rapidamente, non sarà più convenzionale, subendo trasformazioni continue: ad armamenti sempre più sofisticati e potenti (schierati e manovrati dagli ukraini, da soli o assistiti sul campo dai loro fornitori di armi), si risponde adeguandosi e modificando i piani di battaglia, aumentando il livello di potenza e cambiando la tattica sul campo.

Gli scenari sono cambiati e investire in nuove armi secondo vecchi schemi è del tutto inutile.

Vogliamo parlare poi dei risultati ottenuti dall’occidente – e in particolare dall’Europa – imponendo a Nazioni e Popoli delle sanzioni che si stanno ritorcendo, persino amplificate, come un boomerang?

Vero è che molte Nazioni stanno cercando di recuperare parte della loro autonomia decisionale, fors’anche facendo leva su dei referendum popolari che possano o meno confermare la linea del confronto/contrasto e persino di belligeranza (personalmente, considero che questa possa essere la fattispecie di chi non solo invia armi e denaro (che non si sa che fine facciano, nel loro complesso) ma invia anche ‘istruttori’ e ‘tecnici’ o, con mezzi – occhi elettronici sofisticati, ad esempio – forniscono dati per consentire ai sistemi di puntamento a terra di co-lpire (a ‘colpo sicuro’: un ‘tiro al piccione’ come sostenevo poco sopra) target significativi. In Germania lo scossone che si è determinato a causa delle restrizioni energetiche e da una inattesa e violenta inflazione ormai sconfinata nella stagnazione ovvero nella stag-flazione (tossico mix di entrambi i fenomeni), metterà a dura prova i rapporti tra Stato e Cittadini: i tempi della Germania ‘locomotiva’ sono tramontati. Ma anche altre Nazioni europee sono alla resa dei conti, in bilico tra la supina accettazione degli obblighi/doveri sbandierati dal pericoloso coacervo di interessi camuffati dalle bandiere dell’ensemble NATO/UE/USA – che, fino a prova contraria, hanno determinato lo sfascio economico-finanziario e sociale in cui l’Italia per prima si dibatte.    

E temo fortemente, al pari di moltissimi tecnici che già così si sono espressi, che l’inflazione non sia sotto il 10%, ma sia invece fortemente superiore.

So di non dire cose che sono note, per alcuni persino scontate, ma non tutti ne sono a conoscenza e persino consapevoli in modo compiuto e tale da contribuire a farsi una ‘propria e personale’ idea: oggettiva quanto non alterata da informatori a ‘senso unico’ ovvero seguaci interessati a sostenere il ‘pensiero unico’ sostenuto da una esplicita volontà globalista a senso unico (non prevede ‘modifiche’ di crescita allo status socio-economico delle nazioni e dei popoli, bensì l’imposizione di modelli/modalità del tutto nuove – e non decise ‘democraticamente’ dalle popolazioni, come libera scelta di una possibile/eventuale ‘nuova via’ da seguire in campo sociale-politico-economico-finanziario, bensì da un pugno di soggetti di vertice che decidono e in grado di disporre/imporre l’attuazione dei ‘loro’ progetti).

Un flash ora sulla nostra amata Italia, sulla nostra Patria – anche se molti amministratori sembrano operare contro l’Italia e soprattutto contro gli Italiani: pur se solo a parole fanno di tutto e di più per ‘farci stare meglio’ -, in relazione alle ormai imminenti elezioni politiche.

  Al riguardo è stato detto e scritto di tutto e di più, e da domani ci sarà la lunga volata prima del traguardo (rivado all’idea di ‘ultima curva’…): il tutto ricchissimo di progetti, programmi, impegni (che volti solenni e ammiccanti li pronunciano), alleanze – naturali & innaturali che possano essere: la premiata ditta del bla-bla-bla è ben organizzata e sembra non conoscere tramonto -, ma anche amenità e ilarità che possano essere scaturite nell’ascoltare talune esternazioni all’insegna di capovolgimenti & stravolgimenti, di ho detto & fatto ieri ma rinnego oggi, di avvicinamenti & divorzi repentini (scaturenti dove mai vi è stato ‘amore’ sincero ma solo interesse, anch’esso sincero).

Tutte ‘premiate ditte’ che sono ben conosciute, specie in campagna elettorale: dove, così come accade in guerra e in amore pare che ‘tutto’ sia ammesso.

Assistiamo a una finta frammentazione nell’area di centro-sinistra, contrassegnata da una fioritura di gruppi-gruppetti-neoformazioni il cui scopo è di non disperdere i cespugli del dissenso; ma tranquilli, tutti i rivoli hanno lo stesso scopo: confluire nel solito ‘Fiume Rosso’, compattandosi nel segno dei comuni interessi, come da copione consolidato.

Che è anche l’obiettivo reale, pragmatico: raggiungere i numeri per essere in testa e potersi dire legittimati a ricevere un rinnovato incarico per formare una sorta di amministrazione che mandi avanti ciò che possa essere rimasto sospeso ovvero da perfezionare.

Nell’area di centro-destra, l’approssimarsi di una tornata elettorale, mette in luce fibrillazioni/tentennamenti tipici di quest’area nel momento in cui, dovendosi andare alle urne, occorrerebbe quantomeno la coerenza e la concordia dell’unione di intenti: una circostanza che riporta a molte situazioni analoghe, quasi una ‘sindrome’.

Da sottolineare l’usuale attacco da sinistra all’altrettanto usuale grido di ‘fascisti’: ma, duole ammetterlo, i tempi – molto più serti – di don Camillo & Peppone non esistono più,  il fascismo non esiste, è stato sconfitto (lo affermò solennemente proprio il compagno Togliatti), è stato dichiarato fuori legge (al pari di comunismo e nazismo) dal Parlamento dell’Unione Europeo, e l’unico fascismo che possa esistere è solo quello creato-resuscitato-pompato da una sinistra in cerca di uno spauracchio, di un concetto ‘monstre’ da sventolare al bisogno, e quindi creato proprio da loro a bella posta, un ‘neo-fascismo’ solo concettuale, simulacro del tutto vuoto dei contenuti di un’epoca storica morta e sepolta, che occorre guardare solo con la lente della storia, per saperne e capirne di più.

Vedremo tra non molto se i sondaggi e le previsioni si tramuteranno e come in dati elettorali certi, in un contesto che complessivamente è alla prima prova dopo la riduzione del numero dei parlamentari; sarà un Parlamento nuovo nei numeri, ma – forse – purtroppo ‘vecchio’ nell’animus dei ‘soliti’ componenti, che potrebbero non resistere alla tentazione personale – o agli ordini di partito – di ammantarsi degli usuali panni gattopardeschi.

Colpisce che in molti promettano la realizzazione di cose che non hanno fatto in precedenza e che pur facevano parte di programmi e promesse: vecchia musica per continuare a conquistare il consenso degli immemori? 

Così come colpisce che non rientrino nei programmi dichiarati di partiti e partitini questioni molto importanti: dal green-pass alla stessa inoculazione di liquidi tuttora sperimentali e definiti ‘vaccini’; dalla ricostruzione del tessuto commerciale e imprenditoriale – oggi compromesso – alla materiale formazione di nuove opportunità di lavoro (se non ci sono società, aziende e imprese attive, che producono-commercializzano-producono ricavi, non ci può essere lavoro); dalla tutela assoluta del risparmio alla libera circolazione del contante (oltre la Cina, siamo gli unici ad aver imboccato una strada colma solo di alibi e pretesti salvifici quanto giustificativi, tipo la famosa riduzione dell’altrettanto famosa evasione fiscale, di cui sarebbe interessante conoscere i dati reali, grezzi); dall’ID-identità digitale dove ogni Cittadino sarà marcato a vista, controllato in ogni suo movimento e in ogni sua azione, rispondendone (dove ti trovi, vicino a chi stai, quanto ti fermi in un ben preciso luogo, cosa mangi e quanto paghi per acquistare/consumare cibo e ogni altro genere, e via di questo passo); dalla tutela di quei diritti che la Costituzione regola e prevede per i Cittadini, prima tra tutti l’area dei ‘diritti naturali e inviolabili’. Colpisce che nessuno parli di rettificare l’azione del governo Conte che emanò la ‘strana’ norma che impedisce alla preziosa Corte dei conti di esercitare l’azione risarcitoria.  

Colpisce che a prevedere un’azione di controllo, calmieramento e amministrazione dei prezzi, sia – ad esempio – nel programma della Lega, e non sia stato invece parte della necessaria, provvida, rapida, azione del governo fin qui in carica – dove la Lega era pur presente -, al pari del controllo di prezzi e tariffe del settore energetico (tra poco ai Cittadini si porrà il problema: o mangio o pago l’affitto/la rata di mutuo o pago le bollette del mix esplosivo di luce/gas, bollette e servizi).

Ma colpisce anche che ci sia chi ancora inneggia al Presidente Draghi e alla sua agenda, dichiarando ovvero facendo ben intendere di volerne proseguire l’esecuzione: neanche fossero le Tavole della Legge di divina provenienza.                  

Ma su questi ultimi aspetti, conto di intrattenervi tra una decina di giorni, non senza ricordare il mio punto di vista personale: piango le vittime di tutte le guerre, di ieri di oggi e di domani; piango chi muore per povertà e fame come per malattia, vittima dell’altrui volontà e cupidigia; amo la Pace e combatto perché l’Unione, l’Amore, la Libertà, la Concordia, la Solidarietà, la Dignità, l’Unione, la Prosperità, la Tolleranza – in sintesi, l’Armonia – regnino tra i Popoli della Terra; propugno un mondo dove la Verità e la Giustizia siano l’elemento regolatore a monte di ogni atto, di ogni iniziativa; odio la violenza e aborro l’uso delle armi, ricordando ai violenti che a ogni loro azione corrisponderà una reazione e che quindi il pianto dei bambini ha lo stesso suono, a ogni latitudine.

     




I rincari energia sono dovuti alla guerra: Straputtanate!!!

Ma perché gli italiani devono essere per forza presi per il sedere?

La benzina è a 1,7 euro, il metano a 3,99 euro, il pellet a 12 euro al sacco (l’anno scorso era a 4 euro), i costi energia sono saliti del 50% medio, ma tutto questo per la guerra che ha fatto alzare i costi!

Ma davvero pensate che siamo scemi?

Forse qualche scemo ci sarà, ma gli italiani per ora non se ne interessano, gli basta la copertura psicologica eh, c’è la guerra, perché l’italiano in questo momento fa lo struzzo, ovvero mette la testa sotto la sabbia, preferisce non sentire che dover prendere atto, quindi una qualsiasi fesseria cosmica che gli permetta di poter girare la testa dall’altra parte gli va bene.

Ma verrà Un giorno … (lo diceva anche il Manzoni) in cui l’italiano sarà costretto a rendersi conto di come stanno le cose, allora ne vedremo delle belle.

Vi invito ad andare a vedere questo link eni utile netto a 7 miliardi che dovrebbe farvi tutti incazzare come delle bisce.

Perché se tutti dicono che i costi sono aumentati come ha fatto l’ENI a fare un utile maggiore di oltre il 300% rispetto all’anno precedente?

Infatti se i costi sono aumentati tanto da dover alzare il costo dei carburanti addirittura del quadruplo anche l’utile dovrebbe essere in linea con quello dello scorso anno, infatti si alzano i costi, si alza il prezzo i ricavi restano uguali.

Se invece i ricavi sono aumentati di oltre il 300% la formula è questa: costi uguali, prezzi quadruplicati ad arte, ricavi quadruplicati, come bellamente stanno ammettendo tutte le compagnie petrolifere, non solo l’Eni.

Chi ci ha perso sono le famiglie, gli imprenditori, i lavoratori, insomma tutte quelle categorie che lo stato ha dichiarato più volte di voler difendere ma che ovviamente non ha fatto.

Non solo ma pensateci bene tutti i contributi per tenere bassi i prezzi dei carburanti in realtà sono stati solo uno spreco di soldi pubblici per permettere alle compagnie petrolifere di continuare a rubare soldi agli italiani usando la fobia della guerra come scusa per i loro sporchi e disonesti affari.

Anche il rincaro del pellet è una presa per i fondelli: infatti la guerra ha tolto solo il 10% della produzione di pellet dal mercato quindi i prezzi dovrebbero crescere al massimo del 10%, invece sono quadruplicati, allora vi sentirete dire che la colpa è dell’aumento della domanda e dell’offerta, più aumenta la domanda e più aumenta il costo, ma dove è scritto??? in realtà dovrebbe essere vero il contrario!!!!

Altra boiata colossale, ma gli italiani struzzi ancora ci cascano!!!!

Ma perché lo stato che dice di voler tutelare i cittadini non interviene???

Non dando soldi alle aziende dell’energia per continuare a guadagnare ancora di più, ma bloccando il prezzo di vendita ed obbligando le aziende a mantenere i prezzi ad un livello adatto al consumo famigliare?????

Il motivo tragicamente, oltre al fatto dell’italiano struzzo, è che lo stato è controllato da quella banda di aziende che ci porterà allo sfacelo, meditate gente, meditate. 

 

 

 




BORSELLINO: DIGNITA’ E GIUSTIZIA.

Chi ha paura muore ogni giorno,

chi non ha paura muore una volta sola.”

 

Ed è con queste parole che il magistrato Paolo Borsellino dedicò la sua vita e il tempo di essa alla lotta della mafia.

Cade proprio in questo anno,  nel mese di Luglio, il trentesimo anniversario dell’assassinio avvenuto il 19 luglio 1992 in via D’Amelio, a Palermo,  del giudice Paolo Borsellino. Con lui persero la vita 4 uomini e una donna della scorta; soltanto due mesi prima era stato ucciso l’amico e collega Giovanni Falcone.

Oggi i due magistrati rappresentano per tutti il simbolo della lotta contro la malavita e del coraggio nello svolgere la propria professione tra i rischi e i pericoli che da questa possono derivare; decisi nel percorrere l’unica strada degna di essere percorsa: quella della Legalità.

La tragica fine di Paolo Borsellino ha ispirato molti autori e organi d’informazione allo scopo di mantenere viva la memoria del suo impegno straordinario.

Descrizione più fedele del magistrato proviene dal libro di  Agnese Piraino Leto, moglie del giudice Paolo Borsellino: “Ti racconterò tutte le storie che potrò” scritto con il giornalista Salvo Palazzolo. L’intento dell’autrice è mostrare prima di tutto la grandezza dell’uomo e dopo quella del magistrato, la sua enorme integrità morale, la determinazione, il coraggio e lo spessore culturale e umano.

Si racconta nel libro come il giudice nel parlare con la sua famiglia degli eventi lavorativi che gli accadevano, nel descrivere i  vari  criminali incalliti, rapinatori spregiudicati, truffatori, riuscisse a scorgere in ognuno di loro un tratto di umanità,  raccontandoli con estrema naturalezza, trovando in ogni assassino l’uomo che sotto questi si celava, e  suscitando  lo stupore dei suoi familiari che, spesso, non riuscivano a cogliere l’estrema sensibilità dell’Uomo-Borsellino.

– “…a differenza di tante altre persone lui credeva nell’uomo, anche il più terribile all’apparenza, come appunto è il mafioso. Ecco cosa diceva Paolo ai suoi imputati, persino agli uomini d’onore: “Voi siete come me, avete un’anima, come ce l’ho io. E oltre l’anima cosa avete? I sentimenti”. Loro gli rispondevano: “Signor giudice, si sbaglia, noi siamo delle bestie”. E lui insisteva: “ No, anche voi avete i sentimenti, solo che non sapete di possederli. Allora, è venuto il momento di tirarli fuori”. Mi chiedo quale sia oggi il magistrato che interroga in questo modo…”.

La moglie autrice ci racconta:

“…dietro quella bomba esplosa in via d’Amelio non c’è solo la mafia, ma ci sono anche pezzi dello stato…I depistaggi nelle indagini, l’omertà della stampa, lo sciacallaggio attorno alla figura di Paolo Borsellino, le trappole, le malignità…Persino Lucia (figlia di Paolo Borsellino)  mi ha detto: ‘Ero pronta alla morte di mio padre, ma non a quello che è accaduto dopo”. …la nostra passione…non è più solo un percorso di sofferenza, è ormai anche un sentimento civile di resistenza, che vuole cercare a tutti i costi le ragioni di quanto è accaduto. Ecco perché non siamo mai andati via da Palermo. Paolo fece la stessa scelta, per amore…”

Da questo estratto del libro si evince come i sani principi e i valori del giudice siano stati per i membri della sua famiglia il faro che guida i pescatori tra le onde del mare: la forza di  volontà, la determinazione, l’amore verso la città di Palermo provato dall’uomo Borsellino si scorge, oggi,        negli occhi dei suoi familiari.

Gesto d’amore verso Palermo che ci viene evidenziato dall’autrice anche in un altro frammento del libro:

-“…gli amici, o presunti tali, facevano certe scelte. Quasi ci allontanavano, come se fossimo stati portatori di chissà quale male contagioso…E Paolo mi confortava: “Evidentemente, non sono stati buoni amici, ne arriveranno degli altri, di sicuro migliori.” …Ma davvero certa gente continuava a guardarci in modo strano…Sì, forse avevano ragione, avevamo la malattia della verità e della giustizia. Non abbiamo mai smesso di averla, perché non ci siamo mai rassegnati a questa Palermo.”

Ci racconta la moglie di quanto suo marito mostrasse interesse nel recuperare i minori a rischio nella lotta alla criminalità organizzata; di quanto Paolo Borsellino ci tenesse al futuro dei ragazzi coinvolti in attività sociali volte a combattere con coraggio e con impegno ogni giorno la criminalità organizzata, del loro ruolo fondamentale nella lotta, e di quanto fosse importante il loro saper scegliere e schierarsi dal lato della legalità e della Giustizia:

-“…Paolo si rendeva conto che sarebbe stato importantissimo riuscire a portare dalla parte dello stato e della società civile i giovani che rischiavano di cadere nelle grinfie della mafia… Ecco perché vorrei rivolgere un appello ai figli dei mafiosi…Io voglio invitarli a ritornare persone normali, perché altrimenti moriranno con l’angoscia, magari di essere uccisi… …è un messaggio per i figli ma anche per le donne di mafia…oggi è più facile di ieri, perché la strada è stata già tracciata da tanti coraggiosi figli che hanno rotto con i ricatti dei padri…”

La scrittrice ci dedica alcuni elementi anche sull’amicizia e sul rispetto che Paolo Borsellino nutriva verso il suo collega Giovanni Falcone, assassinato il 23 maggio 1992, prima di poter diventare direttore nazionale antimafia:

-“…Giovanni Falcone è andato al ministero di Grazia e giustizia…non perché aspirasse a trovarsi a Roma in un posto privilegiato…ma perché a un certo punto della sua vita ritenne, da uomo delle istituzioni, di poter continuare a svolgere a Roma un ruolo importante e nelle sue convinzioni decisivo, con riferimento alla lotta alla criminalità mafiosa…” …“Il suo intento era questo e l’organizzazione mafiosa…quando ha preparato e attuato l’attentato del 23 maggio, l’ha preparato e attuato proprio nel momento in cui, a mio parere, si erano concretizzate tutte le condizioni perché Giovanni Falcone…era ormai a un passo, secondo le notizie che io conoscevo…dal diventare il direttore nazionale antimafia.”

 

Agnese Borsellino, sul finire della sua testimonianza ci racconta di quanto suo marito fosse demoralizzato negli ultimi giorni della sua vita; sfiducia che derivava non dalla lotta all’illegalità per la quale ha sempre mostrato coraggio e determinazione, ma una sfiducia e  un pessimismo che proveniva dagli uomini e da alcuni dei suoi colleghi che lo avevano lasciato solo nelle battaglie contro la Mafia:  

-“Due giorni prima di morire…Paolo volle fare una passeggiata in riva al mare…non c’erano sorrisi sul volto…solo tanta amarezza. Mi disse: “ Per me è finita”…”Agnese, non facciamo programmi. Viviamo alla giornata”. Mi disse soprattutto che non sarebbe stata la mafia a decidere la sua uccisione, la mafia che non gli faceva paura, ma sarebbero stati alcuni suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere… Qualche giorno prima, avevi chiamato al palazzo di giustizia padre Cesare Rattoballi, per confessarti”.

Ed, infine, conclude lo scritto con una testimonianza per un futuro migliore, e lo fa come se fosse lo stesso Giudice a pronunciarsi:

-“Le sue parole sono già diventate una guida importante, per giovani e meno giovani. Credo che questo racconto sarà una buona iniezione di speranza”. Lei annuisce: “Ecco, così dovrà essere. Io forse non arriverò a tenerlo in mano questo libro, ma mi piacerebbe che nel finale arrivasse spontaneo un sorriso. Non rivolto al passato, ma al futuro. Un sorriso che vuol dire: noi non ci rassegneremo”

 

Ed è con queste ultime parole che si comprende il senso della vita e del  sacrificio compiuto dal giudice e dall’uomo Paolo Borsellino: la speranza di un futuro migliore da donare alle nuove generazioni; la volontà, il desiderio di una Sicilia e un’Italia pulita, bianca, candida , senza più malavita, delinquenza, mafia, dolore e sangue per le strade.

Un gesto di coraggio che è giusto ricordare ogni anno nel giorno della sua morte, affinché tutti, ma soprattutto i giovani,  sappiano scegliere la strada giusta da percorrere, quella della Giustizia, della Pace, della Legalità.

Con le nostre azioni possiamo essere tutti Paolo Borsellino!

 

ANTONIO SAMO




“MI hanno rotto le palle tutti, io non voto più!”

In questi giorni di pre campagna elettorale mi è capitato di chiacchierare con molti cittadini sul tema delle prossime elezioni, ma purtroppo la frase che ho sentito più spesso e diciamo la più pulita fra le tante è stata: “MI hanno rotto le palle tutti, io non voto più!”

All’inizio mi sono quasi trovato a condividerla ma poi mi è venuto un brivido freddo: è la fine!

Pensandoci con più attenzione il mosaico che mi si costruiva davanti era quello di un folto gruppo di cittadini che non accettava più non tanto i politici o presunti tali, ma il sistema.

In effetti la frase che mi aspettavo dai miei connazionali era invece: “sono stati tutti dei delinquenti voltagabbana, pertanto voterò chiunque non sia già stato al governo”, questa era la frase che mi aspettavo.

Invece ho capito che l’unica cosa che hanno in mente i miei cari ed amati italiani è che il voto non serve più a nulla quindi non lo uso più.

Ed ecco che nella mia mente si è aperta una consapevolezza enorme: i partiti sono riusciti nell’opera più imponente di sempre, ad ottenere l’immortalità!

Certo, l’immortalità!!!

Pensateci bene, la stragrande maggioranza degli italiani non crede più nel voto come strumento democratico, quindi non vota.

A questo punto andranno comunque a votare i parassiti di questo sistema politico che si è ormai ben spartito le posizioni, ed il gioco è fatto: nessun nuovo salirà (se non dentro i meccanismi di un potere corrotto e malfamato) e quelli che potrebbero essere una nuova risorsa per lo stato non potranno nemmeno presentarsi.

Si sono poi, comunque, costruiti un sistema dove tra sbarramenti al 3% e raccolta firme ad agosto nessuno riuscirà ad essere presente sulla scheda elettorale e se anche ci sarà, andando a votare solo “i soliti”, non passerà.

Il movimento 5 stelle rappresenta un eccezione direte voi, vero, ma vedendo come è andata aggiungo anche un altro elemento alla mia riflessione, ovvero, una volta poi saliti al potere grazie ad una grande delusione degli italiani che allora li aveva portati a votare i nuovi, e che oggi li porta a non votare, il potere così come è costruito li stritola e li rende uguali agli altri.

Una tragica macchina clonatrice di idioti che serve non tanto agli italiani ma ad una politica extra nazionale che è solo una specie di astronave aliena succhia cervelli e risorse che non porta vantaggio a questo paese ma ad una lobby finanziaria occulta che riunisce interessi che non sono i nostri.

Mi dite che sono un complottista? dimostratemi che non è vero e vi prego lasciatemi almeno questa illusione, perché altrimenti l’altra spiegazione che rimane è che siamo un popolo di deficienti celebrolesi incapaci di capire  cosa ci sta succedendo (come la favoletta della rana bollita).

Come dicono i fan della fantascienza IO VOGLIO CREDERE!

Si voglio credere che ci sia un complotto internazionale per fregarci, perché la verità che rimarrebbe è talmente peggiore che non la voglio sentire.

Non voglio sentire che siamo un popolo con talmente pochi valori che abbandoniamo la difesa dei nostri diritti sostenendo che chi li ha difesi fin ora è un cretino e quindi non crediamo più nel sistema che li ha generati.

Perché in fondo in fondo non vogliamo ammettere che quei cretini che ci hanno portato allo sfascio sia economico che morale, in fondo in fondo, li abbiamo scelti noi, continuando inoltre a votarli per anni.

in fondo Confucio non aveva torto quando diceva:

“Non ho mai conosciuto un uomo che vedendo i propri errori ne sapesse dar colpa a se stesso.”

Cari amici in fondo io vorrei poter votare per una persona che ha capito tutto questo e vuole andare a cambiarlo, altrimenti non ne usciremo mai.

E per concludere mi permetto di osservare che la Storia la possono cambiare solo persone con buona memoria.




Bibbidi-bobbidi-boo, Draghi non c’è più!!! (parte 2)

Salagadoola mechicka boola
Bibbidi-bobbidi-boo
Put them together and what have you got
Bibbidi-bobbidi-boo

veniamo ad alcune considerazioni:

caffè in autogrill da 1,10 di giugno ad 1,40 di luglio

benzina tornata sopra i 2 euro, comunque oscillante da 1,80 a sopra 2.

spesa media mensile (senza caviale ed aragoste) famiglia di 4 persone da 150 euro di gennaio a 240 euro di luglio

prezzi in ogni settore bollette comprese in aumento del 20% medio

quindi chi voteremo il 25 settembre?

perché vorrei far notare che gli stipendi non sono per niente aumentati!!!

che tutto stia sprofondando?

certamente non è cosa non conosciuta e nemmeno inaspettata, lo sapevamo che sarebbe andata a finire così, però adesso ci sono le elezioni, che ci dovrebbero salvare…

chi vincerà avrà un compito molto difficile, che sarà quello di cambiare l’impalcatura del paese, di modificare la costituzione ed adeguarla ai tempi ma soprattutto al paese, di cambiare la struttura di governo e le sue regole organizzative.

Chi verrà votato questa volta non può sbagliare perché non c’è più tempo.

Eppure, le elezioni sono state messe il 25 settembre in modo tale che chi volesse presentarsi come nuova proposta avrebbe dovuto raccogliere le firme in sole due settimane, ad agosto, quando non c’è nessuno, sarà stato un modo per lasciare che si ricandidassero sempre i soliti?

E con che faccia il presidente ha permesso questo atto di mancata democrazia?

Ma siamo sicuri poi che gli italiani andranno a votare?

L’impressione è che si siano talmente rotti le scatole che il rischio che corriamo e che non vada a votare nessuno, o talmente pochi che saremo governati dai soliti, votati da meno del 20% degli italiani.

Serve San Giorgio, almeno lui, il drago, lo ha ammazzato, ops “giustiziato”!

Cosa serve prima di tutto?

Lo stato deve decidere, o alza gli stipendi o fa in modo che si abbassino i prezzi e, soprattutto, occorre cambiare le regole di questo stato che non funziona.

debito-pubblico-maggio-2022

 

per amore di rappresentazione vorrei illustrarvi il debito pubblico come rappresentato nelle immagini precedenti.

Siamo nel 2021 al 159,8%, abbiamo superato quindi il 159% del 1920 che era derivato dalla nostra partecipazione alla Prima guerra mondiale.

Risentiamo ancora delle spese fatte per la pandemia e per la crisi conseguente.

Non abbiamo però dei piani se non il PNRR che in realtà è un colossale prestito.

Siamo passati dal 119 del 2010 al 159 di oggi!

E chi voteremo noi a queste politiche? Coloro che hanno fatto questa meraviglia!!

“Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati differenti” – Einstein 22 Giugno 2018

Parafrasando: “Follia votare sempre la stessa gente aspettandosi che facciano qualcosa di diverso!”




Adinolfi: ancora a Bergamo

Riceviamo un comunicato stampa da Alternativa per l’Italia, la formazione politica con la coppia Adinolfi – Di Stefano, che candida al senato Mario Adinolfi nel collegio plurinominale di Bergamo.

lo pubblichiamo volentieri visto che continuiamo a dire che gli attuali partiti politici sono impresentabili considerati i risultati di questi anni!

 

COMUNICATO STAMPA

 

Bergamo, 03 Agosto 2022

Elezioni 25 Settembre 2022: Cosa vogliamo per questa Italia?

 

Alternativa per l’Italia – APLI, la nuova formazione politica che vede uniti Mario Adinolfi (Popolo della Famiglia) e Simone Di Stefano (Exit), presenta la candidatura nel collegio plurinominale di Bergamo per il senato, di Mario Adinolfi co-fondatore del Popolo della Famiglia.

Sappiamo che il nome di Adinolfi a Bergamo fa sempre molto rumore, ma mai come in questa occasione, la decisione del nostro presidente di presentarsi per la seconda volta a Bergamo, è segno di un attaccamento a questa nostra splendida città che in questi ultimi due anni ha tanto sofferto.

 

Cosa vogliamo per questa Italia?

 

No Green pass e no all’obbligo vaccinale, Mario si è infatti battuto per la libertà di scelta vaccinale, scegliendo di non vaccinarsi e battendosi per la libertà di scelta per tutti, senza obblighi o anatemi. Sostegno alle famiglie tramite reddito di maternità, quoziente familiare, incentivi alla piccola impresa, sostegno ai giovani e molto altro nel programma di Alternativa per l’Italia.

Venite a firmare ai nostri banchetti per vedere il nostro simbolo il 25 settembre sulle schede elettorali vi aspettiamo numerosi.




Diario di Eva sul set di “Sola Nina” – Seconda Parte

Il Viaggio

Questa è la parte che preferisco di un’esperienza: il viaggio, ovvero l’uscita dalla zona di comfort, l'”andare verso” qualcosa di nuovo, l’avventura nell’avventura.

Destinazione: la Grande Mela. Ho un vivido ricordo dei giorni trascorsi in Union Square, nella storica sede della New York Film Academy, e di quei lunghi dopocena consumati nel grazioso loft di Brooklyn, a preparare scene e monologhi per il giorno seguente. Verso mezzanotte rientrava Lisa, la mia compagna di viaggio. Prima di andare a dormire, mi porgeva le battute dei vari personaggi affinché potessi memorizzare le mie.

Mi è sembrato più che naturale invitarla ad accompagnarmi sul set del primo lungometraggio del regista veneto Massimo Libero Michieletto. Il film, dal titolo provvisorio “Sola Nina”, è stato girato nell’alta marca Trevigiana, nella zona del Prosecco di Valdobbiadene e dintorni.

 

Sola Nina o solanina?

È un gioco di parole che ha più di un livello di lettura.

Nina, la protagonista della storia, è una giovane donna lasciata dal marito per un’altra. La sua è la solitudine dolorosa di chi ha sofferto penuria di accoglienza, riconoscimento e amore sia in ambito familiare, sia coniugale. Una solitudine che, se non vista e affrontata a cuore aperto e mente lucida può diventare, nel tempo, un subdolo veleno.

E qui entra in gioco “Solanum Tuberosum”, nome latino della patata che, assieme ai pomodori e alle melanzane, fa parte di una famiglia di vegetali che, per difendersi da predatori vari, producono un glicoalcaloide fortemente tossico per l’Uomo: la “solanina”, appunto.

Ma alla radice di Solanum c’è “solanem”, parola latina che sta per “consolazione”, “conforto”, da cui deriva “cum solare”, “consolare”.

La natura è perfetta e nel veleno nasconde la medicina.

 

Eva

È il personaggio da me interpretato. Sorella maggiore di Nina e madre di Evita, il suo scopo è portarci alla radice da cui trae nutrimento il corpo di dolore della protagonista. Attorno a una tavola spoglia su cui viene servito un imbarazzante pranzo, la radice malata di una pianta sterile e secca viene, finalmente, portata alla luce e offerta all’empatico, misericordioso sguardo dello spettatore.

Nell’egocentrismo di Eva infatti, nell’aridità affettiva, nel suo malcelato rancore verso la sorella minore – considerata a torto la più fortunata – il pubblico può riconoscere la ferita nascosta di una bambina ignorata, destinata a diventare una donna irrisolta, narcisista e invidiosa.

Non ci è dato sapere se Eva intraprenderà il viaggio interiore alla scoperta dell’antidoto al veleno che ancora distorce la percezione che ha di se stessa e della vita. Il focus è su Nina e sulla sua personale “Chiamata dell’Eroe” che, come vuole la migliore tradizione narrativa, si cela in un evento in apparenza disastroso: il tradimento e l’abbandono da parte del marito che credeva di amare così tanto.

 

Sceneggiatura e dialoghi: la cifra stilistica di un geniale regista

Ho trovato geniale e coraggiosa la scelta registica riguardo a sceneggiatura e dialoghi: una vera e propria sfida per attori come noi abituati a storie e battute preconfezionate, da mandare a memoria e “agire”.

Per apprezzare la cifra stilistica di Michieletto è fondamentale innanzitutto comprendere che la sua non è una rinuncia alla sceneggiatura e alla partizione dei dialoghi, per affidarsi all’improvvisazione degli attori.

In lui si è affermata, nel corso del tempo, l’idea che la realizzazione di un film sia un processo costante e non una successione organizzata per fasi. In questo processo la scelta degli attori è il presupposto determinante, anzi, è l’unica fase che precede il processo. Prima viene la comprensione dell’attore, della persona, nelle sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche. Poi viene la costruzione del personaggio. La fiducia è totale. Ci vuole fede.

La sceneggiatura, qui, è contemplata come ars aruspicina*. Raccontare una storia per successione di immagini, infatti, è un processo induttivo, non logico deduttivo.

La sceneggiatura sembra non esserci ma esiste. Anzi, solo in questo modo può esistere. Non c’è interpretazione ma azione diretta da parte degli attori, ai quali il regista offre stimoli come frasi, immagini, simboli, musiche, suggestioni di qualsivoglia forma.

Per Michieletto fare un film è un crescente abbandono rabdomantico: il suo unico compito è rimanere fedele alla storia che vuole raccontare, alla più intima aspirazione e ispirazione di sé e degli attori. La sua parola d’ordine è “immaginare”, non sapere.

Per quanto riguarda i dialoghi il Regista li percepisce, in quasi tutti i film, forzati, macchinosi e falsi. Ecco perché la “realtà”, la verità, va costruita ben prima che si parli! La verità non recita: parla! E la scelta delle parole è fondamentale. La sensazione finale è di leggerezza, e ottenerla richiede fatica.

La scelta di Massimo, condivisa con gli attori in un messaggio alcune settimane prima di andare sul set, ha sortito in me l’effetto di un fresco gavettone che, dietro l’angolo, ti piove dall’alto. Con tremore ho accolto la sfida e interrotto la mia rilettura di “How to stop acting”, manuale dell’acting coach Harold Guskin dedicato all’attore che desidera liberarsi della tentazione a “recitare”.

Non ho più avvertito il bisogno di ricercare la verità con tutte le mie forze e a tutti i costi (che poi è sempre stato il mio obiettivo come doppiatrice). All’improvviso ero Eva, e come Eva avrei vissuto ogni singolo giorno della mia avventura, sin da prima di arrivare sul set.

 

“Stop showing: just be!”

“Smetti di mostrare, semplicemente sii chi sei”. Questo è il mio mantra. Serve a ricordarmi che non ho nulla da mostrare o dimostrare. Tutto quello che faccio è conseguenza di chi sono.

Ho abbracciato il Progetto di Massimo Libero Michieletto con l’entusiasmo bambino di chi grida al miracolo.

Venerdì 22 luglio, al nostro arrivo, Lisa – Lisa Mazzotti: la mia amica attrice, doppiatrice e direttrice di doppiaggio ndr – e io siamo state accolte come Thelma e Louise, sopravvissute ai quaranta gradi di temperatura in autostrada. Una doccia rinfrescante e via, tutti a cena in uno dei migliori ristoranti di Valdobbiadene.

Il giorno dopo l’abbiamo dedicato a … boh: qualsiasi espressione io scelga per descrivere il meraviglioso tempo trascorso insieme, non renderebbe giustizia a ciò che abbiamo vissuto.

Un appartamento in centro città, dotato di ogni comfort e ampio terrazzo, ha ospitato noi attori, il regista e la segretaria di edizione per un giorno intero, da mattina a sera inoltrata. Obiettivo: familiarizzare e conoscerci come individui al tempo stesso “reali” e immaginari.

Con sorpresa ho realizzato di avere in comune con Eva, il mio personaggio, molti elementi del mio background personale e familiare. Questo avrebbe sicuramente giocato a mio vantaggio. D’altra parte mi sono sentita … “sgamata”, esposta, vulnerabile. Meno male che per tutto il tempo ho avuto, attorno a me, persone belle e disponibili a un confronto costruttivo.

Adagio adagio i nostri personaggi, interagendo fra loro, hanno preso forma e vita. Questa magia è avvenuta sotto i nostri occhi in modo del tutto spontaneo e naturale.

 

Grazie

Ringrazio Dio e la Vita per aver avuto questa preziosa opportunità di crescita spirituale e personale.

Muovermi sul set come Eva, respirare al ritmo del suo respiro, attraversare le turbolenze dei suoi stati d’animo e il suo antico dolore, mi ha permesso di gettare uno sguardo sul mio passato e di apprezzare il lungo percorso fatto, per diventare oggi la donna che sono.

Ringrazio Massimo Libero Michieletto per la “massima libertà” di cui si è reso responsabile messaggero e fautore. Grazie a lui ho sperimentato il brivido della vita “vera” portata sul set.

Una vita che ha richiesto da parte degli attori ore di conversazione, scherzi, confessioni, sorrisi e abbracci, condividendo tempo, energie, cibo e calici di ottimo Prosecco.

Grazie a Carlotta Piraino (Nina mia sorella), Selene Demaria (mia figlia Evita), David Ponzi (tatuato, misterioso amico) e a tutti gli altri attori del cast di “Sola Nina”.

Grazie a Eliana, segretaria di edizione, il nostro angelo custode sul set.

Il mio ultimo grazie va a Lisa Mazzotti, mia compagna di viaggio.

Cara Lisa, sono passati sette anni dalla nostra ultima esperienza newyorkese. Eppure, condividere con te quest’avventura è stata la cosa più semplice e naturale. Grazie per il tuo sostegno, incoraggiamento e affetto.

 

Prossima tappa: Festival del Cinema di Venezia

Come già preannunciato, Massimo avrà un tempo – circa venti minuti – per presentare la sua Opera a settembre, alla Mostra del Cinema di Venezia.

Il film non sarà ancora pronto, ma il regista potrà disporre di un trailer e di alcuni significativi spezzoni. L’uscita è prevista per gennaio 2023.

Auguro di cuore a Massimo tutto il successo che merita per il coraggio e la generosità (professionale e umana) con cui ci ha accompagnati a vivere questa incredibile esperienza.

A settembre, dunque, per aggiornamenti!

LOve,

Eva … Oooops! Jasmine

 

*L’aruspicina (da ar che significa fegato e spicio che significa guardare) era l’arte divinatoria che consisteva nell’esame delle viscere (soprattutto fegato ed intestino) di animali sacrificati per trarne segni divini e norme di condotta. Chi esercitava l’aruspicina era chiamato aruspice. (Fonte: Wikipedia)

 

Un rapido check, prima di rifare la scena …

 

Quando mi sono sorpresa a chiamare mia figlia Selene (vero nome dell’attrice) invece di Evita.

 

Il pranzo più imbarazzante della mia vita …