NON PARLARE “IN CORSIVO”, SCRIVI!!!

 

Girando tra i banchi delle classi prime ho visto quaderni scritti a stampatello, non tutti per fortuna.

Penso sia una stortura e non da attribuire alla DAD, ma ad un altro pericoloso virus che sta contagiando la scuola, coding e robotini, dove in molti si chiedono:
“a che serve ormai il corsivo? Non scriveranno più lettere a mano! Il corsivo è inutile. Il corsivo è faticoso”.

Non è assolutamente vero.

Il corsivo (scrivere e non parlare) è utilissimo, perché fa rimanere nel rigo, imprime la consapevolezza dei limiti e insegna la necessità delle curve.

Inoltre il corsivo è intelligenza spaziale ed esprime identità personale.

Lo stampatello omologa, il corsivo no.

Scrivere con la tastiera del pc o in stampatello attiva meno aree del cervello rispetto allo scrivere in corsivo, quando sono attivate zona frontale inferiore e corteccia parietale posteriore, cioè le aree che sovrintendono alla coordinazione occhio-mano, detta motricità fine.

A differenza dello stampatello, il corsivo obbliga a non staccare la mano dal foglio e tale attività stimola il pensiero logico-lineare, quello che permette di associare le idee in modo sequenziale, cioè di memorizzare e quindi di apprendere.

Allora insistiamo e pretendiamo da tutti i nostri studenti il corsivo.

Si, anche in piena era digitale.

Pio Mirra
DS IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)




8 DOMANDE A JASMINE LAURENTI

Come tutte le pellicole importanti, tali da richiamare fin dalle prime scene la compliance dello spettatore alle proposte del regista, alla narrazione, alla stessa interpretazione degli attori – coerentemente alla trama stessa -, partire con immagini che riconducano al finale, impegnano a seguire il sottile fil-rouge che collega il tutto. Ecco quindi che ci avviciniamo a questo opera, dal particolare titolo di ‘SOLA NINA’, affidandoci a una delle Attrici che ne hanno composto il cast: Jasmine Laurenti, nota speaker, attrice, doppiatrice, giornalista internazionale, e… tanto altro ancora.

Jasmine, grazie per averci concesso questa intervista: la sappiamo oltremodo impegnata. Ma per i nostri Lettori sarà interessante seguire quella che lei stessa ha definito “la cronistoria di un sogno”. Un sogno che è stato proprio quello di essere coinvolta nelle riprese del lungometraggio ‘SOLA NINA’. Che ne dice se iniziamo dalla fine, ossia dalla sua esperienza a Venezia, “momento di gloria e vero e proprio tatuaggio nella memoria”?  

  L’otto Settembre di quest’anno, l’esperienza di Venezia – città unica per carisma e mistero – è stata particolare e inebriante; passeggiare lungo il Lido, brulicante di folla variopinta in occasione della BIENNALE DEL CINEMA è stata un’esperienza unica.

Quest’anno ho avuto il grande piacere di essere Eva in “Sola Nina”, secondo

lungometraggio a firma del regista indipendente Massimo Libero Michieletto, interpretato fra gli altri dalle attrici Carlotta Piraino (Nina) e Maria Casamonti (Maria), coprotagoniste di una storia intrisa d’amore, imprevedibilità e speranza.

Il film, è stato presentato alla Conferenza Stampa indetta dalla Treviso Film Commission assieme ad altre nove opere: un altro lungometraggio – “72 ore e …” di Luciano Luminelli; tre format e serie tv – “48 ore” di A_LAB Produttore, “Bottega Reato” di Restera Produzioni, “Drive Up” di Silvia Chiodini –; un documentario – “I Colli Asolani” di Piero Cannizzaro; tre cortometraggi – “Until The Last Breath” di Eddy Colucci, “Bianco” di Elena Carnio, “Valdo Hills Meet” di Riccardo Della Vedova; un video-promo, “Golfer’s Wide To Italy, GOLF TV Web Channel”di IMG Produzione.

Momenti molto intensi, nel corso dei quali posso assicurare che ci sono altre scene che si sono rincorse in me con straordinaria velocità e grande intensità: e sono immagini che riguardavano tutta la mia vita, persino i sogni come pure i desideri di ogni tipo.

La memoria mi riportava prepotentemente al mio vissuto del 2014: ero nel West Village, nel piccolo appartamento che condividevo con Lisa, la mia compagna di viaggio.

Mi raggiunse la telefonata della casa di doppiaggio con la quale collaboravo, che mi chiedeva la disponibilità per Settembre. L’attrice da doppiare era Julianne Moore – nei panni della spregiudicata, elegantissima Mrs. Laura ‘Lauranella’ Cheveley – nella riedizione italiana di “An Ideal Husband”, pellicola del 1999 diretta da Oliver Parker, tratto dall’omonima commedia di Oscar Wilde. Non capita tutti i giorni di essere scelti come voce senza passare per un provino.

In quel 2014, Claudio Moneta aveva fatto la sua scelta: a me non restava altro che dire “sì”!

Settembre è decisamente il mio mese ‘magico’!

 

Chi c’era insieme a lei, Jasmine, a Venezia?

Al Lido, sotto un timido sole, pochi momenti prima di varcare la soglia dell’Hotel Excelsior – in una delle cui sale si svolgeva la conferenza – ci siamo messi in posa per la foto di rito. Un’istantanea che qui mi fa piacere rivivere. Oltre al regista Massimo Libero Michieletto, c’è Eliana Boschiero (Segretaria di Produzione) e le attrici Carlotta Piraino (Nina), Giovanna Digito (la ragazza vestita da sposa) e la sottoscritta (Eva, sorella maggiore di Nina).

Con noi c’era anche una distinta signora, Lisa, uno degli sponsor del Progetto. Mentre attendavamo l’inizio della Conferenza notai passare davanti a noi un gruppetto di persone e in mezzo a loro, l’esile figura di una donna in T-shirt e pantaloni blu scuro, un berretto con frontino in tinta ben calcato sulla fronte, e un paio di occhiali neri. Sarà la chioma rossa … sarà l’elegante andatura … ha un’aria familiare. Incrocio il suo sguardo, le sorrido e, per un istante, ho l’impressione che mi stia ricambiando!!!

Ma certo! Era proprio lei, Julianne Moore! Che coincidenza straordinaria!

E lei non ha tentato di salutarla, di persona?

Guardi, uno dei miei motti è “se puoi avere di più dalla vita, perché accontentarti?” Mi sono messa a correre, per raggiungerla un attimo prima che potesse entrare nell’Hotel Excelsior scortata dal suo body guard: divenendo praticamente irraggiungibile.

Ebbi l’idea di alzare la voce, rivolgendomi a lei con un “Hello Mrs Moore, I’m Jasmine Laurenti, your Italian Voice in the Italian re-edition of ‘An Ideal Husband’!!!”. Silenzio. Nella brezza veneziana, quell’esile creatura si girò lentamente verso di me… scostò con la mano la guardia del corpo pronta a impedire il nostro incontro, e mi sorrise, lieta…“Really ???”… “Really!”.

Seguì un abbraccio e un gioioso, reciproco apprezzamento. Penso alla bravissima doppiatrice che le ha dato la sua voce nella prima edizione italiana, la bravissima Roberta Greganti. Col pensiero condivido la mia gioia con lei, sperando che abbia il dono della telepatia.

 

Che significato ritiene di dare a questa sua esperienza?

La vita è costellata di felici, inaspettati avvenimenti. Per tutti, nessuno escluso.

Anche per chi stia leggendo queste righe proprio ora. È che pensiamo spesso, ed è questo il nostro errore, di aver già ricevuto “abbastanza”. Ma la vita ha sempre un asso nella manica e, quando meno te lo aspetti, ti presenta un dono, un vero regalo. Io sono stata benedetta doppiamente.

Anzi, triplamente.

Nell’aver colto l’opportunità di fare la mia parte in un Progetto di valore non mio, ma vissuto come se fosse stato un po’ anche mio. Nell’aver riconosciuto in un’esile figura di passaggio, una delle mie attrici preferite a cui ho dato la mia voce.

Nell’aver ricevuto, al momento giusto, una dose di scoppiettante entusiasmo per la Vita: l’entusiasmo bambino di chi ad Essa si abbandoni con fiducia.

Jasmine, sento nella sua voce le vibrazioni tutte della soddisfazione e soprattutto dell’entusiasmo per questa intrapresa: direi poi che la sua voce ha tutte le note di una grande affettuosità verso tutti i suoi compagni di lavoro. Credo che lei li consideri ormai parte di sé, nuovi componenti di una sua nuova ‘famiglia’…

Non si sbaglia: la mia nuova esperienza è iniziata la vigilia di Natale del 2021… un paio di click sulla messaggeria della rete, uno scambio di saluti, qualche vecchio ricordo. Da reporter ad attrice è stato un attimo!

E sono grata al regista indipendente Massimo Libero Michieletto, per aver visto in me uno dei soggetti idonei alla realizzazione del suo progetto. Ricorda di quei click che ho citato prima? È stato solo alla fine di Febbraio del 2022 che sono riuscita a ricomporre il puzzle: con Michieletto ci eravamo conosciuti diversi anni prima, in occasione della premiazione di un concorso letterario indetto dalla rivista di cui Massimo, all’epoca era Art Director.

Giuliana Merotto (mia madre), fondatrice della rivista, mi aveva invitato a leggere brani scelti dalle opere dei tre finalisti. Massimo faceva allora parte della giuria e a distanza di qualche anno si ricordò di me. “Vorrei che tu facessi una parte nel mio prossimo film”, scrisse.

Il resto è (quasi) storia. Il regista ha un cospicuo background: è docente di storia dell’architettura contemporanea e insegnante di “scrittura terapica” presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Ulss 2 Marca Trevigiana; è stato Art Director della rivista “Marca Gioiosa”, come pure della casa di produzione musicale “Ambiorami” – per la quale ha diretto e girato diversi videoclip musicali -; ha pubblicato i romanzi “La Città Errante” (Amande Edizioni, 2012) e “L’abilità” (Libereria, 2018). Dopo il suo esordio in “Desiderie”, docufilm diretto assieme al regista Samuele Schiavo, “Sola Nina” è stato il suo primo lungometraggio per il cinema.

Ma la ‘famiglia’ con la quale ho condiviso tutto per lunghi, ma rapidissimi, mesi, è stata composta dall’intera troupe: da Eliana Boschiero – Segretaria di Edizione – a Loni Zanatta – Assistente alla Segretaria di Edizione -; dagli attori Carlotta Piraino (nel ruolo di Nina), Maria Casamonti (Maria), Selene Demaria (Evita), Sabino Dell’aspro (Ivan), Giovanna Digito (la sposa), Eliana Boschiero (la fotografa sordomuta), David Ponzi (David), oltre a me stessa nel ruolo di Eva. Non dimenticando i tecnici Erik Marcon (alle riprese video), Luca Dionello (microfonista) e Sara Sevestrel (trucco & parrucco).

Una domanda colma di curiosità: come mai questo titolo apparentemente bizzarro, ‘SOLA NINA’? E ancora: Jasmine, può dirci qualcosa della trama di questo particolare quanto significativo docufilm, ricco di innovazioni?

A volte basta così poco per esplorare il mondo interiore di un Essere Umano: una sorta di panno sporco di famiglia esposto alla luce di un sole abbacinante di fine luglio. Nel film sono Eva, sorella di Nina, una delle due protagoniste.

Ho una figlia poco più che adolescente, Evita. Il mio è un ruolo cameo: entro ed esco di scena giusto il tempo di illuminare l’audience su uno dei motivi per cui oggi mia sorella è la donna che è. Per ora mi fermo qui. È troppo presto, credo, per dire di più. Chicca finale, qui ricordo: il soggetto di “Sola Nina” è stato selezionato dalla Treviso Film Commission ed è stata tra le dieci produzioni che sono state presentate a Settembre alla Mostra del Cinema di Venezia, mostrando una serie di trailer e delle clip, per ca. venti minuti di durata.

Jasmine risponde con un largo e schietto sorriso: ‘Sola Nina’ o ‘solanina’? È stata una scelta particolare, un gioco di parole che ha più di un livello di lettura. Nina, la protagonista della storia, è una giovane donna lasciata dal marito per un’altra.

La sua è la solitudine dolorosa di chi ha sofferto penuria di accoglienza, riconoscimento e amore sia in ambito familiare, sia coniugale. Una solitudine che, se non vista e affrontata a cuore aperto e mente lucida, può diventare, nel tempo, un subdolo veleno. E qui entra in gioco “Solanum Tuberosum”, nome latino della patata che, assieme ai pomodori e alle melanzane, fa parte di una famiglia di vegetali che, per difendersi da predatori vari, producono un glicoalcaloide fortemente tossico per l’uomo: la “solanina”, appunto. Ma alla radice di ‘solanum’ c’è ‘solanem’, parola latina che sta per ‘consolazione’, ‘conforto’, da cui deriva “cum solare”, ‘consolare’. La natura è perfetta e nel veleno nasconde la medicina.

Il mio personaggio – Eva -, è quello della sorella maggiore di Nina e madre di Evita: lo scopo è quello di ricondurci alla radice da cui trae nutrimento il dolore della protagonista.

Attorno a una tavola spoglia su cui viene servito un imbarazzante pranzo, la radice malata di una pianta sterile e secca viene, finalmente, portata alla luce e offerta all’empatico, misericordioso sguardo dello spettatore.

Nell’egocentrismo di Eva infatti, nell’aridità affettiva, nel suo malcelato rancore verso la sorella minore – considerata a torto la più fortunata – il pubblico può riconoscere la ferita nascosta di una bambina ignorata, destinata a diventare una donna irrisolta, narcisista e persino invidiosa.

Non ci è dato sapere se Eva intraprenderà il viaggio interiore alla scoperta dell’antidoto al veleno che ancora distorce la percezione che ha di sé stessa e della vita.

Il focus è su Nina e sulla sua personale ‘Chiamata dell’Eroe’ che, come vuole la migliore tradizione narrativa, si cela in un evento in apparenza disastroso: il tradimento e l’abbandono da parte del marito che credeva di amare così tanto. Il coraggio nell’affrontare con apparente disincanto – ma il pathos da noi vissuto era assolutamente reale – tali temi, è stato sostenuto dalla cifra stilistica che il geniale regista ha saputo porre tanto nella sceneggiatura che nei dialoghi: una vera e propria sfida per attori come noi, abituati a storie e battute preconfezionate, da mandare a memoria per poi ‘agire’.

Per apprezzare la cifra stilistica di Michieletto è fondamentale innanzitutto comprendere che la sua non è una rinuncia alla sceneggiatura e alla partizione dei dialoghi, per affidarsi all’improvvisazione degli attori.

In lui si è affermata, nel corso del tempo, l’idea che la realizzazione di un film sia un processo costante e non una successione organizzata per fasi. In questo processo la scelta degli attori è il presupposto determinante, anzi, è l’unica fase che precede il processo.

Prima viene la comprensione dell’attore, della persona, nelle sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche. Poi viene la costruzione del personaggio.

La fiducia è totale. Ci vuole vera e propria fede. La sceneggiatura, qui, è contemplata come vera e propria ‘ars aruspicina’ (antichissima arte divinatoria che consisteva nell’ esame delle viscere, soprattutto fegato ed intestino, di animali sacrificati per trarne segni divini e norme di condotta). Raccontare una storia per successione di immagini, infatti, è un processo induttivo, non logico deduttivo. La sceneggiatura sembra non esserci, ma esiste.

Anzi, solo in questo modo può esistere. Non c’è interpretazione, ma azione diretta da parte degli attori, ai quali il regista offre stimoli come frasi, immagini, simboli, musiche, suggestioni di qualsivoglia tipo e forma.

Per Michieletto fare un film è un crescente abbandono rabdomantico: il suo unico compito è rimanere fedele alla storia che vuole raccontare, alla più intima aspirazione e ispirazione di sé e degli attori. La sua parola d’ordine è “immaginare”, non sapere.

Per quanto riguarda i dialoghi, di solito un Regista li percepisce, in quasi tutti i film, forzati, macchinosi e quindi falsi, ‘preconfezionati’. Ecco perché la “realtà”, la verità, va costruita ben prima che si parli! La verità non recita: parla! E la scelta delle parole è fondamentale. La sensazione finale è di leggerezza, e ottenerla richiede fatica. La scelta di Massimo, condivisa con gli attori in un messaggio alcune settimane prima di andare sul set, ha sortito in me l’effetto di un fresco gavettone che, dietro l’angolo, ti piove dall’alto.

Ho accolto la sfida e non ho più avvertito il bisogno di ricercare la verità con tutte le mie forze e a tutti i costi (che poi è sempre stato il mio obiettivo come doppiatrice). All’improvviso ero Eva, e come Eva avrei vissuto ogni singolo giorno della mia avventura, sin da prima di arrivare sul set. “Stop showing: just be!” (Smetti di mostrare, semplicemente sii chi sei): questo è ora il mio mantra. Serve a ricordarmi che non ho nulla da mostrare o dimostrare.

Tutto quello che faccio è conseguenza di chi sono. Ho abbracciato il Progetto di Massimo Libero Michieletto con l’entusiasmo bambino di chi grida al miracolo. Posso senz’altro affermare che girare questo film mi ha fatto comprendere di avere in comune con Eva, il mio personaggio, molti elementi del mio background personale e familiare. Mi sento fortunata ad aver avuto attorno a me, persone belle e disponibili a un confronto semplice e costruttivo.

Adagio adagio i nostri personaggi, interagendo fra loro, hanno preso forma e vita. Questa magia è avvenuta sotto i nostri occhi in modo del tutto spontaneo e naturale. Muovermi sul set come Eva, respirare al ritmo del suo respiro, attraversare le turbolenze dei suoi stati d’animo e il suo antico dolore, mi ha permesso di gettare uno sguardo sul mio passato e di apprezzare il lungo percorso fatto, per diventare oggi la donna che sono.

Ringrazio Massimo Libero Michieletto per la “massima libertà” di cui si è reso responsabile messaggero e fautore. Grazie a lui ho sperimentato il brivido della vita “vera” portata sul set. Una vita che ha richiesto da parte degli attori ore di conversazione, scherzi, confessioni, sorrisi e abbracci, condividendo tempo, energie, cibo e… calici di ottimo Prosecco.

Auguro di cuore a Massimo tutto il successo che merita per il coraggio e la generosità (professionale e umana) con cui ci ha accompagnati nel vivere questa incredibile esperienza.

 

Ringrazio di cuore Jasmine Laurenti per averci dedicato questa ampia intervista, anche a nome dei Lettori di BetaPress, non senza averle prima posto un’ultima domanda: progetti e programmi per il futuro?

Tanti, ma preferisco parlarne… strada facendo!




Consesso ebraico di Catania

Il 28 Ottobre 2022, nella splendida Sicilia, è avvenuto qualcosa di nuovo, diverso, esclusivo e particolare: molto particolare e intenso.

Il Consesso ebraico di Catania è stato protagonista di un evento che, dautorità, va a iscriversi nel grande libro della Storia. 

Difatti, con animo lieto e grande commozione, è stata inaugurata la nuova Casa dei membri del Consesso catanese: a distanza di 530 anni, dopo che nel lontano 1492, al termine di una scatenata e malvagia persecuzione, nel corso della quale gli ebrei furono perseguitati, torturati, uccisi e in moltissimi casi derubati dei loro beni: così che i superstiti sopravvissuti alleccidio avevano dovuto lasciare lisola poveri e bastonati. 

Levento di oltre mezzo secolo fa, al quale si sommòun editto firmato dai sovrani cattolici di Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, segnò la cacciata degli ebrei dall’Isola. 

Ma ebbe una causa scatenante nel bieco e omicida fanatismo religioso della Comunità di fede cristiana: va detto che questa venne abilmente manipolata e strumentalizzata daun clero senza scrupoli, che aizzò a esercitare la violenza contro gli ebrei, persino  stando alla narrazione di certe cronache  evocando una sorta di volontà divina, cui dover compiacere!

La presenza di ebrei in Sicilia, allepoca dei fatti qui citati, era certamente cospicua, specie nella parte orientale dellisola: ma questo non deve certo sorprendere, considerando in primis la posizione geografica della bellissima isola: vera piattaforma strategica al centro del Mediterraneo, vero crocevia delle rotte del commercio ma anche al centro di invasioni con relativi insediamenti. 

Fenici, Greci, Arabi, Normanni, Spagnoli, Cartaginesi, ma anche Egizi  per citare le principali componenti  vi approdarono, non disdegnando di stabilirvisi.

Chi commerciava per mare, considerando lospitalità delle locali genti, e considerata la bellezza dei luoghi, spesso vi soggiornava, abitandovi, così creando dei nuclei sempre più numerosi. 

Fu così che  nel tempo – nacque la fiorente Comunità ebraica, sufficientemente tranquilla e riservata, dedita ai commerci, ma anche alle finanze: in questo caso, laddove per e tra i Cristiani vigevano invece divieti tassativi posti dal clero e dalle autorità locali. 

Tenendo sempre in evidenza che le locali comunità erano inquadrate in una rigorosa piramide: alla base erano posti i contadini e i pescatori, poi venivano gli incaricati dei notabili nella gestione sociale, amministrativa e finanziaria, con sopra di essi i notabili stessi e i proprietari di terre  per lo più legati a doppio filo tanto al princeps al vertice, che con le autorità rappresentative del clero.

Un quadro storico molto sintetico, quello di cui sopra, che spiega la soddisfazione del Consesso ebraico di Catanianellinaugurare la nuova Casa di preghiera comune,ma anche dincontro, ché non è difficile pensare che possa diventare luogo dove possano convergere anche confratelli di altre provincie, di altri territori.

Levento, ha certamente suscitato lieta attenzione aCatania, e non certo meraviglia: del che se ne sono fatti portavoce autorità civili e politiche, esprimendo sinceri voti augurali per questa iniziativa che ridonaalla Città quella pienezza bruscamente interrottasi 530 anni orsono. 

Voti augurali cui si associa anche chi scrive, tra i cui parenti prossimi e meno prossimi, era numerosa la presenza di chi seguiva percorsi religiosi diversi, di matrice ebraica: affatto dimentico che molti di loro dovettero lasciare lItalia, per gli ospitali Stati Uniti, a seguito delle persecuzioni patite proprio qui, nella loro Patria.Come ben sa chi ama studiare la Storia, specie nei suoi corsi e ricorsi, a eventi negativi  spesso dopo lungo, lunghissimo, tempo  si contrappongono eventi positivi: in un mirabile riequilibrio, che rende giustizia  troppo, troppo, spesso postuma  specie a chi abbia patito soprusi e vessazioni. 

E proprio questi motivi, che allepoca segnarono la fine della scola siciliana  regolarmente rappresentata a Roma in un palazzo che ospitava le cinque scole, al cui posto fu poi edificata lattuale Sinagoga , mi spinge a esprimere un auspicio in più, personale: ossia, che la scola siciliana possa riprendere nuova forza e rinnovato vigore.

Buon lavoro, quindi, Fratelli Maggiori!   




Otto domande a DENISE BARONE

Oggi intervistiamo una brillante e dinamica autrice: DENISE BARONE. I suoi studi e le sue specializzazioni in discipline forensi, non hanno ridotto la sua passione per lo scrivere e le sue belle, preziose, capacità di esprimersi sono una fonte in grado di soddisfare la ‘sete’ e la curiosità dei Lettori. Il suo ultimo libro – “L’Arcano ed il Monstrum | tra folklore e psicopatologia”, per i tipi di ‘infugaEDIZIONI’ – è una vera esplosione di energie, di collegamenti palesi e sottili, di stimoli tesi ad approfondire tematiche che, seppur tracciate in modo piano ma mai banale, stimolano la curiosità del Lettore. Soddisfacendola, ma lasciando in lui un quid di curiosità, così da stimolarlo a utili approfondimenti, ampliando così contenuti e prospettive.  

Denis Barone é Dott.ssa in Giurisprudenza. E’ fondatrice e Prof. presso l’Upsi-Università Popolare per la Sicurezza Integrata, associata all’Università della Pace dell’Onu e all’Università della Tuscia (Cattedre di Criminologia Clinica e Psicologia Forense).

E’ specializzata in Criminologia Applicata  e  Psicologia Forense; Mediazione Penale Minorile; Medicina Legale. Competenze e Servizi Giuridici in Sanità, nonché in Scienze Assicurative.

 

Il suo libro più recente porta un titolo del tutto particolare, persino nuovo, il che, nell’ampia gamma delle pubblicazioni di ogni tipo, è certamente una novità: “l’ARCANO ED IL MONSTRUM: tra folklore e psicopatologia”: vuole dirci qualcosa in merito?

Amo l’ignoto, lo strano, il mistero, la magia…l’esoterico! Da che io ne abbia memoria! Fin da bambina ero molto curiosa, i miei genitori hanno accentuato questa mia curiosità, raccontandomi ogni stranezza storica o inerente al loro lavoro, come ad esempio malattie rare che possono essere la causa di leggende e racconti popolari (sono due medici specialisti, con la passione per l’archeologia). Crescendo, li ho sempre più ricercati in solitaria, questi racconti straordinari, o in testi latini e greci (ho una formazione classica) o in ciò che rientrava nelle materie inerenti al mio percorso di Laurea: così mi sono addentrata nella criminologia clinica storica ma anche “esoterica”, come mi piace chiamarla. Unendo questo mio interesse, alla passione per la scrittura, è nato questo libro, pensando di rendere questi aspetti in un modo gradevole per chiunque.

 Da quando si è accorta di questa sua vena artistico-creativa, letteraria?

Direi fin dalla frequentazione dei primi corsi scolastici: molto presto quindi. Ho sempre amato scrivere e soprattutto fantasticare, sognare. Questa mia vena artistica, sgorgava prorompete, incontrollata, per così dire, nelle ore di italiano, specie ogni volta che dovevo cimentarmi con un tema di letterario. In seguito, all’università, non senza sofferenza, ho dovuto accantonare tale vena, poiché dovevo concentrarmi nello studio di materie impegnative, che mi assorbivano ogni energia. Per fortuna sono riuscita a riprenderla una volta conseguita la laurea: dapprima attraverso le tesi dei miei vari master e poi indirizzandola nello svolgimento di saggi e fantasy.

 Il suo, é un hobby o la considera un’attività a tempo pieno?

 È un fuoco sacro interiore. È qualcosa di ‘ben oltre’, di ‘altro e diverso’,  non rientra in queste due categorie, è trascendentale: è come se avessi un qualcosa dentro che deve uscire ad ogni costo e quindi esprimersi… E proprio la stesura del mio libro è il suo manifestarsi palese. Naturalmente vorrei che rientrasse nelle categorie “a tempo pieno”: fare della propria passione, della propria vena artistico-letteraria il metodo di vita quotidiana… credo che lo vorrebbe chiunque.

C’è un tema particolare che predilige ?

In generale io amo la “magìa”, sia nel mondo reale, che nel fantasy: ergo, tutto ciò che “sa” di antico, mistico, arcano, strano, esoterico, inquietante, lo adoro e mi affascina oltremodo! Per fare un esempio concreto, posso citare i Misteri Eleusini, o le leggende popolari, i miti e quant’altro.  Nel mio scrivere, i temi che prediligo, poiché suscitano in me curiosità oltre che attenzione, sono quelli correlabili alle c.d. ‘malattie rare’ – poiché è stato davvero interessante studiarle e approfondirle -, nonché i resoconti di fatti strani accaduti nel mondo.

 Posso chiederle qual è la sua visione sull’essere umano?

 Domanda complessa. Da una parte ho una visione molto creativa, in potenza molto positiva. Dall’altra – guardando la realtà dei fatti – è davvero negativa: non credo nel cambiamento radicale delle persone, credo, però, che esse possano migliorare, e soprattutto migliorarsi interiormente, soprattutto se dotati della preziosa scintilla dell’intelligenza. Il fatto è volerlo, dato che, ovviamente, tale processo, richiede un notevole impegno e l’utilizzo di molte energie. Al momento, vedo una mancanza di ideali, un finto buonismo, un moralismo inutile, un eccesso esagerato comportamentale, nessuno che voglia più fare fatica in nulla, né prodigarsi per qualcosa. Infine, prendo purtroppo atto che le istituzioni non vogliono più formare un ‘libero pensatore’, bensì un burocrate da controllare, dandogli quelle poche nozioni, spesso incomplete, utili solo a “renderlo contento”, senza andare in profondità. Forse, oserei dire, che manca la consapevolezza di sé, in quest’era… ma anche la voglia o capacità di assumersi delle responsabilità.

Ultimamente l’abbiamo vista presente a diverse manifestazioni, ama lArte?   

 Adoro l’arte. Soprattutto la corrente artistica del neoclassicismo e del romanticismo.

Amo tutto ciò che è antico, dagli antichi popoli al rinascimento…Non ho una gran passione per l’Illuminismo, invece, come pure per l’arte moderna o contemporanea.

Per me l’arte, è intesa proprio alla latina: “ARS”, ovvero qualcosa di ispirato direttamente dal dio, quindi superiore a ciò che si può fare con la “tekne”.

Per me, arte è sinonimo di bellezza, di divino. Paradossalmente, sempre per me, è arte anche un bel make-up, fantasioso e accurato: dove capacità, estro e fantasia si fondano in un tutt’uno.

 Impegni attuali e prossimi?

 Abbiamo appena fondato l’università “Upsi”, associata all’Università della Tuscia e a quella della Pace (Onu), con altri validissimi collaboratori, e sono stata incaricata nelle cattedre di “psicologia forense” e “criminologia clinica”. Ho da poco passato l’esame per diventare giornalista al Wrep Eu. E mi sto prodigando molto sia nella libera professione, sia per l’associazione, no-profit e pro-veritate, “Edward Jenner”, di cui sono presidentessa.

Nel breve futuro mi hanno proposto di partecipare a una serie di video tematici incentrati sulla criminologia, che andranno in onda su diverse piattaforme – spero anche su delle reti televisive – e, per la prossima estate, uscirà un mio nuovo libro: questa volta un romanzo fantasy, il primo di una vera e propria saga.

Considerato tutto ciò, le rimane tempo per un hobby o altro?

Sono una grandissima appassionata di equitazione, monto dall’età di 5 anni. Fino ai 12 anni facevo salto ostacoli, poi sono passata alla monta Americana. Dapprima ho iniziato con i trekking e qualche lavoro in mandria, e poi, man mano, mi sono innamorata del Reining.

Al momento ho 4 bellissime bimbe (chiamo così le mie cavalle): 3 Quarter Horse, con cui sono agonista in questa disciplina appunto, ed un’Araba, che ormai è al mio fianco da 16 anni. È stata la mia più cara amica, colei con cui ho condiviso ogni momento e gli anni difficili dell’adolescenza. Mi diverte gareggiare, è più il completamento di un percorso, però.

Loro sono i miei amori più grandi, moltissime scelte di vita, le ho fatte in base a loro, per l’appunto, e non mi immaginerei mai di vivere senza.

Grazie a Denise Barone per questa intervista, e complimenti per questo suo excursus crimimologico, teso all’analisi della figura del ‘monstrum’: inteso quale fenomeno eccezionale, dai chiari toni oscuri, persino criminali. “Lo strano, l’ignoto, gli esseri, sono raccontati da un punto di vista antropologico e storico, folkloristico e mistico, criminologico e psicologico, oltre che da un punto di vista squisitamente esoterico. Esoterismo, criminologia, e folklore, saranno dunque le chiavi di lettura principali per studiare altri fenomeni, quali: streghe, vampiri, licantropi, fantasmi, demoni e creature di ogni sorta”.