LA SCUOLA DI MASSA … OCCORRONO CORRETTIVI

 

La “scuola di massa” è stato l’epilogo finale del ‘68, da cui abbiamo ereditato una scuola aperta a tutti, grande conquista per l’istruzione democratica, ma oggi forse sono necessari correttivi.

Le responsabilità sono da ricercarsi ancor prima del ‘68 con l’istituzione della scuola media unica (1962), l’eliminazione del latino e il costante depauperamento dei contenuti di studio e l’approccio del donmilanismo, ideologia che avrebbe avuto un senso negli anni ’50, ma che alla fine dei ’60, quando si diffuse, era divenuta largamente anacronistica.

Probabilmente la scuola media unica, col tentativo di realizzare un’uguaglianza formale e non certo sostanziale ha segnato l’inizio del declino del nostro
sistema scolastico, aprendo poi la via a quella che sarà dagli anni ‘90 la diffusa licealizzazione con danni irreparabili soprattutto all’istruzione tecnica e professionale.

Prima del 1962 al termine della scuola elementare si poteva accedere alla “vecchia” scuola media (quella con il latino), ma solo dopo aver superato un esame di ammissione.

Per chi non andava alle medie c’erano tre scuole di avviamento (industriale, professionale e commerciale) e anche la scuola d’arte.

Con l’avviamento industriale si poteva accedere agli istituti tecnici industriali e con quello commerciale si poteva passare agli istituti di ragioneria mentre con l’avviamento professionale si andava negli istituti professionali.
Con la scuola d’arte, infine, ci si poteva iscrivere al liceo artistico.

È vero in pratica che a 11 anni, si decideva (all’80%) il futuro scolastico dei ragazzi che, quindi, veniva determinato più dalla appartenenza al ceto sociale che alle capacità, ma i percorsi proseguivano in continuità e la scuola riusciva a programmare un’offerta di qualità e di settore, sfornando professionalità compiute come periti agrari, commerciali, geometri, periti industriali e periti meccanici, pronti per il lavoro.

Oggi la dispersione scolastica aumenta, soprattutto quella implicita, fenomeno piuttosto diffuso che spesso sfugge alle statistiche. Ci si riferisce a quella quota non trascurabile di studenti che conseguono il diploma e non raggiungono nemmeno lontanamente i livelli di competenza che ci si dovrebbe aspettare dopo tredici anni di scuola.

E si continua a parlare con eccessiva enfasi di competenze, senza che i nostri ragazzi apprendano conoscenze certe.

Si programma per competenze anche nel primo ciclo e si dimentica il leggere, scrivere e far di conto, conoscenze e abilità essenziali sulle quali costruire nel secondo ciclo competenze certe e durevoli.

Adesso ognuno decida se davvero la scuola di allora fosse peggiore o migliore di quella attuale, ma non c’è dubbio che occorrono correttivi urgenti se vogliamo puntare su una società basata sulla conoscenza.

 

Pio Mirra
DS – IISS Pavoncelli Cerignola (FG)




Si vis pacem para bellum?

CARA REDAZIONE TI SCRIVO … AIUTAMI A CAPIRE

Mi ha colpito una fresca citazione (LaPresse): “Recentemente, a una delle brigate delle forze armate dell’Ucraina, è stato dato il nome di ‘Edelweiss’ come la divisione nazista che ha partecipato alla deportazione degli Ebrei, all’esecuzione di prigionieri di guerra, in operazioni punitive contro i partigiani di Italia, Jugoslavia Cecoslovacchia e Grecia”.

Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel suo discorso ai parlamentari dell’Assemblea Federale alla Gostiny Dvor a Mosca.

“I veicoli corazzati ucraini sono contrassegnati con segni di identificazione della Wermacht della Germania nazista”.

I neonazisti non nascondono di chi si considerano eredi. È sorprendente che nessuno di coloro che sono al potere in Occidente se ne accorge”, ha aggiunto Putin.

Premetto utilmente che aborro le guerre, tutte, considerandole inumane e strumento arcaico e quindi violento e sanguinario.

Ma ritengo che sia sempre importante CAPIRE: ovverosia, non si può andare su o giù, a destra o al centro, solo perché lo possa dire un capobranco… occorre quindi CAPIRE, cercando le notizie e approfondendole.

Negli ultimi cinque giorni, da Kiev – più che altrove – echeggiano parole tronfie, vanagloriose, colme di odio, interesse, menzogne sovrapposte a una deriva storica tremenda.

Oggi, a parlare di guerra e a parteciparvi sono soggetti che di guerra non hanno un vissuto – così come accadde per i nostri padri o i nostri nonni, che ne portavano ancora addosso l’eco tragica ed i lutti .

Politicanti, affaristi, contractors e assassini in doppiopetto, agiscono e parlano senza minimamente pensare che oggi nessuno possa e debba sentirsi in luogo ‘sicuro’ o ‘protetto’: bombe e missili possono ormai arrivare dappertutto e possono uccidere dappertutto.

Quindi, che prima di parlare, riflettano e formino pensieri basati sulla Storia: su quella Storia che quasi certamente non hanno appreso compiutamente dai libri scolastici o che hanno appreso per sentito dire o ‘a dispense’ (di cui, evidentemente, hanno saltato molti numeri).

C’è chi vuole formare una ‘invincibile armata’ ? Genti avide o ignoranti plaudono? Bene.

Ma che si dica e si sappia che la contropartita sarà speculare: si formerà in contrapposizione un’altra coalizione, di segno – anche e soprattutto militare – opposto e contrario.

Quindi?

È evidente che non sia questa la soluzione, come non lo è la barbarie della guerra, o la barbarie di un frettoloso riarmo che sottragga pane, risorse e futuro tanto ai padri che ai figli di questa società martoriata quotidianamente da diabolici cialtroni, che – incapaci di costruire – distruggono tutto.

Soprattutto ‘valori’, ‘tradizioni’, ‘risparmi’, ‘economie, ‘ideali’ e ‘famiglie’.

Tutto ciò che, in estrema sintesi, costituisce la vera solidità e l’affidabilità di una nazione.

L’unica soluzione è riposta nella PACE, da ricercare immediatamente con un lavoro concreto e veritiero di diplomazie, capi di governo e stati.

E se vi fosse ancora chi possa teorizzare guerre di logoramento militare o sfiancamento economico (“durerà altri 20 anni!”) o lasciarsi andare a dichiarazioni senza senso (del tipo “non è ancora il momento per trattare”) o “loro cattivi, noi buoni” (nelle guerre di tutti i tempi, alla fine sono tutti cattivi e perdenti, considerando che il sangue dei vincitori si mescola a quello dei vinti: vince chi perde meno e può raccontare la ‘sua’ guerra con la ‘sua’ enfasi narrativa), dico: se vi fossero ancora soggetti così, rottamiamoli e gettiamoli alle ortiche, poiché sono dei folli.

Che si cerchi la PACE a ogni costo, che scoppi la PACE!

 




Graffietti …

Monaco nefasta.

Conferenza (per la guerra?).

Ascoltando/leggendo dichiarazioni surreali, viene da chiedersi: ma stanno bene?

Sono lucidi o ipnotizzati?

C’è chi pensa di arricchirsi producendo armi o altri giocattolini bellici?

Perché non hanno il coraggio di chiedere ai Popoli cosa vogliono fare, con un referendum in tutta l’Europa?

E’ l’elasticità italiana, nostro vanto ma anche limite.

Ho vissuto in Inghilterra ed in Svizzera (tedesca) e conosco la mancanza di creatività e l’incapacità di fronteggiare situazioni impreviste.

Però poi tutto funziona, anche se al più piccolo inciampo, tilt.

La creatività è scoraggiata, la scuola repressiva, il tanto declamato college Eton è un liceo classico del tutto omologo (e forse non a livello) ai nostri licei romani.

Però dobbiamo decidere, continuare a vantarsi della nostra (indubbia) intelligenza o quanto meno prontezza di spirito, oppure decidere di far funzionare le cose, avere comportamenti più sociali e conservarla, la nostra capacità di sopravvivenza, ma accettare che esistono le regole ed alcune si possono anche rispettare




Cara Redazione ti scrivo…

Cara Redazione ti scrivo…

Monaco, Conferenza sulla sicurezza.

Macron: “Non è il momento di trattare, Kiev combatta fino a costringere Putin a trattare”; Sunak: “La Nato cambi il trattato per sostenere Kiev”. Zelensky: “Se vince, Mosca punterà le armi sui Paesi vicini”.

Come possiamo apprendere NESSUNO A MONACO SEMBRA VOLERE LA PACE: o non è il momento (di grazia, quando sarebbe il momento?); o si vogliono cambiare le regole (di solito, lo chiedono/fanno i bambini quando perdono nei loro giochini); o si raccontano balle (le armi di tutti sono puntati su tutti, dai tempi della classica ‘guerra fredda’); o, ancor peggio, si sostiene di voler battere la Russia per farne uno spezzatino attraverso una riduzione territoriale.

Quindi?

Ancora si vuol fare credere a una e una sola narrazione, del tipo “noi buoni, loro cattivi?”.

Ancora vogliamo affamare i popoli europei spingendoli/obbligandoli al riarmo, al munizionamento? Una volta ci sarebbero state le barricate nelle piazze, al grido di “più pane, niente cannoni”.

Se gli USA e la GB vogliono continuare nel loro sostegno militare CONTRO la Russia e poi CONTRO la Cina, lo facciano: a loro spese e a loro rischio (tanto, stampano moneta a ritmo vertiginoso…). E ricordino alla NATO, i capi di governo/stato, che essa è uno strumento DIFENSIVO e non OFFENSIVO. E neanche offensivo per “prevenire” un possibile, eventuale, potenziale, attacco.

CHE SCOPPI LA PACE e che ciascuno si ASSUMA LE PROPRIE VERE RESPONSABILITÀ SENZA COINVOLGERE GLI ALTRI, specie attraverso la MENZOGNA.




Il Ministro nordio accoglie il beato giudice Livatino

Il giudice ragazzino: Rosario Livatino

Rosario Livatino
Rosario Livatino

Reliquia di Rosario Livatino
Reliquia di Rosario Livatino

Al ministero della Giustizia il 20 gennaio 2023 è giunta la reliquia di Rosario Livatino, magistrato siciliano dichiarato beato dalla Santa Madre Chiesa.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha accolto la reliquia nella sala ministeriale dedicata al Giudice.  Nordio ha ricordato Rosario Angelo Livatino con queste parole: “ Le spoglie, l’esperienza e la tragica fine ci dimostrano che anche in questo mondo c’è spazio per coniugare la fede nell’uomo con la fede nella giustizia  divina”.

Parole importanti soprattutto se si tiene conto del fatto che Livatino è il primo magistrato riconosciuto e dichiarato beato dalla Chiesa Cattolica. Papa Giovanni Paolo II lo definì “martire della giustizia e indirettamente della fede”.  La Sua reliquia è stata esposta nel ministero della Giustizia per volontà della Venerabile Arciconfraternita Maria Odigitria dei Siciliani in Roma, che ne ha curato l’esposizione.

La “Peregrinatio Beati Rosarii Livatino – Fidei et Justitiae Martyris”, ossia la sua  reliquia, è costituita da una teca contenente la camicia che Livatino indossava il giorno in cui fu ucciso dalla mafia mentre si recava a lavoro il 21 settembre 1990.

Livatino è noto come il “giudice ragazzino”,così definito dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, un testimone della storia italiana che ha donato la sua vita per la legalità e per la giustizia.  Livatino era un giudice sicuro di sé, capace di condurre inchieste “scomode” e percorrere strade sconosciute (come quella che ha portato alla confisca dei beni ai mafiosi).  Estremamente credente, rispettoso delle regole e con una visione del mondo della criminalità e politica corrotta molto ampia. Riponeva grande fiducia nel corpo della Guardia di Finanza in quanto capace di coniugare sia l’attività investigativa economico finanziaria sia applicare la legge.

Rosario Livatino nacque a Canicattì nel 1952. Dopo gli studi classici, si laureò nel 1975 in giurisprudenza a Palermo. Vinto il concorso in magistratura, nel 1979 divenne sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e qui prestò servizio fino al 1989.

Criminalità organizzata, tangenti e corruzione: furono questi i nemici che Livatino combatté in questi anni. Dopo aver compreso il forte legame tra la politica siciliana e la mafia, diede vita, insieme ai magistrati Cardinale e Saieva, a indagini a tappeto su tutto il territorio agrigentino. Queste poi portarono al maxi-processo contro i mafiosi di Agrigento, Canicattì, Campobello di Licata, Porto Empedocle, Siculiana e Rivera; il maxi processo si concluse con quaranta condanne e Livatino stesso interrogò gli onorevoli Bonfiglio, Di Leo e Mannino.

La sua tenacia, gli ideali e il suo coraggio spaventarono sia la politica corrotta sia i mafiosi siciliani che decisero di mettere a tacere il “giudice ragazzino”. Così, fu ucciso il 21 settembre 1990 sulla ss640 Caltanissetta – Agrigento da quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina.

La stampa: omicidio del giudice
La stampa: omicidio del giudice

Infatti, dopo averlo speronato dall’auto dei killer, il giudice iniziò a scappare nella campagna limitrofa ma uno degli inseguitori gli sparò un primo colpo ad una spalla.

Nonostante questo, Livatino continuò la sua fuga ma dopo poche decine di metri fu ucciso con un colpo di pistola. Tra i primi che accorsero sul luogo del delitto vi furono Elio Spallita, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.

La stele sul luogo dove il giudice martire è stato colpito a morte, lungo la statale Caltanissetta-Agrigento
La stele sul luogo dove il giudice martire è stato colpito a morte, lungo la statale Caltanissetta-Agrigento

L’omicidio di Livatino mise in luce una ferita nel rapporto tra  Stato e magistratura: la solitudine. I magistrati dispongono di un grande potere nella lotta alla mafia quando sono nell’esercizio delle loro funzioni, ma dopo il lavoro sono soli, abbandonati e privi di alcun tipo di protezione.  Per questo motivo, dopo l’omicidio del giudice, Roberto Saieva e Fabio Salomone, magistrati e suoi colleghi,  denunciarono lo Stato di aver abbandonato tutti i magistrati nella lotta alla mafia. Stessa cosa fece il giudice Francesco Di Maggio che all’Unità disse “ Dietro la bara di Livatino non può nascondersi tutta la magistratura”.

Le sue parole tuonarono come accusa verso lo stato e provocarono numerose polemiche.

Con la sua vita, con il suo lavoro e con la sua passione Livatino ci ha mostrato cosa significa essere uomini rispettosi delle leggi e buoni cristiani.




Partiti sfiduciati dal 60% degli Italiani.

Questo il vero dato significativo di queste elezioni: il 60% degli Italiani ha dichiarato di non credere più nel sistema dei partiti.

Il crollo dei votanti deve essere letto e non deve essere trascurato dai nostri governanti: ma come è possibile sostenere di essere alla guida del paese quando si ha il consenso di nemmeno il 25% dei cittadini, è probabilmente delirio di onnipotenza.

Così come è immorale, nonché da incoscienti, pensare di andare avanti con un piano di governo quando più della metà del paese ha dichiarato di non credere nel sistema che lo regge.

Esagerato direte voi, sono poi solo due regioni!

Vero ma sono le due regioni che in assoluto sono le più significative del paese.

In queste ore si sente parlare invece di consolidamento della posizione, di tenuta della maggioranza, di perdita di consenso ma perché i cittadini non capiscono…

Tutte grandi fesserie, figlie di una cecità politica ormai arrivata al paradosso di auto convincersi di essere, invece, la vista di Dio.

Il sistema dei partiti con la sua ottusità sta creando una maggioranza al di fuori di se stesso, maggioranza che non accetterà ancora a lungo di essere governata da uno sparuto 20% della popolazione.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a vari fenomeni politici, sempre piccoli e, se vogliamo, insignificanti nel percorso della storia, me che dovevano far riflettere il sistema dei partiti e chi lo governa per avviare un nuovo modello di governo del paese che fosse più in linea con le aspirazioni del popolo.

In primis gioca l’obbligo di interpretare lo spirito italiano, così come modellato da secoli della sua storia, un popolo profondamente non razionale, venendo da secoli di profonda credenza religiosa che facilmente scade nel soprannaturale e nel gigionesco mondo degli aruspici.

Un popolo che ha forti legami famigliari e comunque tribali, radicati come non mai in uno spirito di necessaria appartenenza a qualcosa o a qualcuno, fino a smontare il credo politico e sociale a favore del primo fabulatore arrivista.

Una massa sociale che ha radicato geneticamente il ricordo della sua grandezza passata e che oggi rivive come ispirazione sociologica, come ricerca di una dimensione che nel primeggiare possa trovare una sua ragione, ma che spesso si arrocca, quasi come un topolino da labirinto impazzito, in falsi miti ed illusioni di successo, dallo sport a personaggi di indubbia cialtroneria, soprattutto politici, sportivi ma anche mondani, presi ad esempio da generazioni immature e favolistiche, poco inclini alla fatica della riflessione e della ragione, ma più succubi di facili esplosioni di effimero successo.

Questo popolo è stato allevato dal sistema dei partiti con una progressiva serie di iniezioni di droghe post moderne, dalla televisione spazzatura ad una scuola trasformata a babysitteraggio costoso e poco formativo.

Su questo popolo il sistema dei partiti ha continuato a vivere lucrando l’anima della sua stessa fiamma di sopravvivenza.

Fu così che, già dopo la prima guerra mondiale, il popolo italiano decise di scrollarsi di dosso il sistema dei partiti lasciando ampio a spazio a quello che per un ventennio fu esperienza nuova, corporativa ma situata in un periodo storico che ben poco spazio lasciava ad una costruzione sociale prospettica e soprattutto gestita da personaggi usciti da un periodo come la prima guerra mondiale dove la bassezza dell’uomo era stato imprinting tragico sulle coscienze.

Dopo la seconda guerra mondiale il sistema corporativo del ventennio venne sostituito ancora una volta dal sistema partitico, forse per troppa fretta, per incapacità, o forse perché il momento richiedeva un sistema che nuovamente abbindolasse il popolo per riuscire a gestire, con una ristretta cerchia di oligarchi politicizzati, il Paese.

In 75 anni della repubblica abbiamo avuto 68 governi gestiti da 31 presidenti del consiglio, l’instabilità fatta persona, un paese che nella ingovernabilità pone la sua ragione di vita, che peraltro gli viene proprio imposta dal sistema partitico che lo regge.

Infatti un sistema partitico come quello italiano trae la sua linfa vitale proprio dal continuo avvicendarsi delle situazioni di governo, perché la stabilità richiede spesso decisioni scomode che il sistema dei partiti non può prendere, specificatamente per la sua natura effimera alimentata da un consenso becero e legato ad una ignoranza diffusa nella sua massa elettiva.

Nel 1994 il popolo italiano vede in un poliziotto di borgata con le manie da sceriffo il salvatore della patria e gli permette di affondare un transatlantico sicuramente da tirare in secco per le riparazioni, ma non certo da affondare in toto.

Eppure in quel momento quel poliziotto era visto come il William Wallace dè noi altri, il salvatore della patria e, nell’ebrezza della distruzione, nessuno si è accorto che il tutto fu una mossa astuta per sostituire un gruppo di potere con altro gruppo di potere.

Meglio? Peggio?

il dato da leggere è l’aumento del debito pubblico oggi 2700 miliardi, nel 1990 667 miliardi di euro, ovviamente.

Insomma pur di abbattere quelli che il popolino riteneva, forse anche a ragione, dei “delinquenti affamatori” siamo rimasti a “muoia Sansone e tutti i Filistei…”

Anche in questo caso occorreva leggere nell’insurrezione di popolo che osannava la caduta, l’odio nei confronti di un modello di governo che il popolo non amava e rispettava più.

In questo percorso di evidente disamoramento del cittadino verso il sistema dei partiti, arriviamo alla nascita dei partiti dal nulla e del nulla, sull’onda della contestazione al secondo gruppo di potere, che approfittando del bulletto giudiziario ha scardinato solo le poltrone e non il sistema.

Qui la reazione del popolo è stata un grande messaggio, ancora non capito dai detentori del sistema partitico: pur di farti capire quanto non mi piace il sistema dei partiti voto il primo incapace che si presenta pur di non votare voi.

La cosa ancor più divertente che lo slogan dei partiti “protestanti” era proprio vota noi perché siamo incompetenti di politica e quindi non potremmo fare i danni che hanno fatto quelli prima… niente di più sbagliato perché in realtà il mix che venne fuori tra competenti ed incompetenti fu ancora più deleterio che ciò che avvenne nella prima repubblica.

Dopo questa carrellata veniamo a Noi oggi e vediamo che il 60% degli aventi diritto al voto non lo esercita più: questa è la tragedia di questo paese, che non permette più l’esercizio della democrazia, al punto da obbligare i suoi cittadini, per farsi sentire, a rinunciare ad un loro diritto costituzionale.

Nonostante questo atto violento da parte del popolo sembra che nessuno abbia intenzione di fermarsi e leggere correttamente il messaggio degli Italiani.

Pericoloso atteggiamento di chi ancora esercita il potere, pericoloso perché non andare a votare è un segno di disaffezione del cittadino ancora più pericoloso del rogo mediatico del 94, e chi oggi si culla nella sensazione di stabilità e di vittoria, dovrebbe invece notare che dalla sua parte ha solo il 25% del popolo e contro ha il 75%.

E Verrà un Giorno … che quel 75%  non sarà più controllabile perché non avrà più niente da perdere.

 

 

 




E’ sempre meglio ricordare…

Oggi si celebra IL GIORNO DEL RICORDO.

Una solennità dedicata a ricordare le vittime dell’odio, italiane, gettate vive o moribonde dagli jugoslavi di Tito nelle crepe carsiche dette ‘foibe’.

Gli oltre 350.000 italiani, profughi di quelle terre, spinti alla fuga dalle loro terre cadute in mano dei comunisti titini, dovettero abbandonare ogni cosa, dirigendosi in massa verso l’Italia.

È Storia che troppi furono gli italiani, intrisi e corrotti dall’ideologia comunista, che negarono ogni aiuto: persino negando la sosta nelle stazioni, negando l’acqua ai bambini e agli anziani, a tutti.

Drammi collettivi e individuali leniti – nel tempo, e solo in parte – dallo slancio e dalla generosità di Italiani che aiutavano altri Italiani, più sfortunati di loro.

Quanti uccisi così barbaramente e gettati nelle foibe, furono ritrovati alcuni anni dopo, e il recupero dei corpi suscitò dolore e sdegno negli Italiani. Il governo italiano insediatosi nel dopoguerra si era impegnato a corrispondere aiuti a quanti tutto avevano dovuto abbandonare in mani nemiche. Ma la “pratica” è ancora aperta, nonostante gli impegni solenni.

Quelli che sono qui sotto riportati, sono i pensieri di un Italiano, legato da sentimenti patri e famigliari a quegli Italiani cacciati da terre italiane cedute a mani ostili e avverse.

Le sue lucide, scarne ma pesanti parole, sono frutto dei suoi ricordi diretti: scavano drammaticamente, ancora oggi, l’animo di chi legge condividendo sofferenze e delusioni di altri nostri Fratelli Italiani.

Ma anche una ricorrenza solenne che deve aiutarci a cacciare dalle menti, dai cuori, dalle labbra, la parola “”guerra””: fin troppo frequentemente usata, in questi ultimi tempi.

Occorre lavorare per la PACE, respingendo ogni tentativo di fare passare le guerre ora come buone ora come cattive.

Le guerre tali sono, con tutti ciò che di tragico e luttuoso trascinano con sé.

L’Italia ripudia la guerra, recita solennemente la nostra Costituzione: ma la guerra, ogni guerra, è un puzzle composito, con mille sfaccettature.

Deve invece SCOPPIARE LA PACE, riconducendo gli Uomini dall’odio (troppo spesso immotivato) verso un Amore Universale condiviso con animo fraterno.

Questo è l’unico modo degno per celebrare le vittime di tutte le guerre. Che il grido possente MAI PIÙ GUERRE salga possente nel Cielo, riecheggiando di valle in valle.

 

————–
Mio bisnonno, italiano d’Istria, fu deportato sotto l’Austria nel campo di Katzenau, vicino Linz

Mio zio, della Regia Marina, rifiutandosi di collaborare coi tedeschi fu deportato allo Stalag B, tra Germania e Polonia.

Mia mamma, perché espresse compiacimento per Trieste italiana, fu incarcerata dalla polizia politica Yugoslava, la famigerata OZNA.

Mio padre, fuggito in quanto italiano dalla Yugoslavia, è stato sbattuto tra un campo profughi ed un altro fino ad arrivare nell’orfanotrofio di don Orione, a Roma.

Io e mia sorella, coi miei genitori, abbiamo vissuto al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma in una casa popolare di 48 mq per 30 anni.

Non una vita, ma tre generazioni in salita.

Antonio Ballarin




Maratona Betapress: Giornata Mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo

Chiara Sparacio, caporedattore di Betapress.it e Antonella Ferrari, coordinatore scuola Betapress.it e docente referente cyberbullismo condurranno la maratona per la Giornata Mondiale contro il bullismo e cyberbullismo.
Assieme a loro tanti ospiti.

Betapress seguirà gli eventi organizzati dalle consulte provinciali degli studenti delle Marche e dall’Ufficio Scolastico Regionale per le Marche.

La diretta inizierà alle 18,50 di martedì 7 febbraio

Ecco il programma

Ore 19,00 – TAVOLA ROTONDA
Interverranno:

Dott.ssa Mila Bocchi – Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni
Avv. Giancarlo Giulianelli – Garante dei Minori
On. Giorgia Latini – vicepresidente Commissione Istruzione Camera Deputati
Dott.ssa Monica Lecchini – Presidente Associazione Nazionale Pedagogisti Marche
Dott.ssa Katia Marilungo – Presidente ordine Psicologi
Francesco Sebastiani – Presidente e Coordinatore Regionale delle Consulte provinciali degli studenti
Moderatore Corrado Faletti Dirigente Tecnico Programma Progetti Nazionali USR Marche

Chiara Sparacio, caporedattore di Betapress.it e Antonella Ferrari, coordinatore scuola Betapress.it e docente referente cyberbullismo condurranno la maratona per la Giornata Mondiale contro il bullismo e cyberbullismo.Assieme a loro tanti ospiti. Giornata Mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo
Locandina Tavola Rotonda

Ore 20,00 – CONCERTO DELL’ORCHESTRA SINFONICA E DEI CORI DELLE SCUOLE MARCHIGIANE

PRIMA PARTE
Novaro, Mameli- Il canto degli Italiani
L. van Beethoven – Inno alla gioia dalla IX sinfonia
P. Curatolo Inno – La gentilezza è musica
G. Rossini – Sinfonia da Il Barbiere di Siviglia
G. Donizetti – Una furtiva lagrima
G. Verdi – Preludio atto I da La Traviata, Oh Signore dal tetto natio – coro da I Lombardi alla prima crociata

SECONDA PARTE

G. Bizet – Ouverture da Carmen
P. Mascagni – Intermezzo da Cavalleria Rusticana
G. Puccini – Intermezzo da Manon Lescaut. Sì, mi chiamano Mimì da La Boheme. O soave fanciulla – duetto finale atto I da La Boheme
U. Giordano – Interludio da Fedora
G. Verdi – Và pensiero sull’ali dorate, coro da Nabucco Libiamo ne’ lieti calici – Brindisi da La Traviata

Direttore: Maestro Luca Maria Testa
Emanuela Torresi – Soprano, Patrizio Saudelli – Tenore
Coro del Liceo Musicale Marconi di Pesaro
Direttore del coro Eleonora Faraoni
Coro del Liceo Musicale Rinaldini di Ancona
Direttore del coro Marco Guarnieri
Corpo di ballo del Liceo Coreutico Marconi di Pesaro
Coreografe Ilaria Rossano, Eleonora Francesca Lombardo, Linda Montaccini

Orchestra Sinfonica EROICA

Presentatori della serata
Corrado Faletti e Gianni Russo

 

Per seguire la diretta

 

Imposta il pro memoria della diretta

 

 




Il feroce riscatto di Lavarini

Intervista al Barone Roberto Jonghi Lavarini, a seguito della notizia d’archiviazione del caso “lobby nera” di fanpage.

Il caso riguarda i presunti fondi illeciti a Fratelli d’Italia, per mano di Roberto Jonghi Lavarini, di Carlo Fidanza e di altre persone appartenenti alla destra milanese.

Il caso è nato da cento ore di riprese video, girate durante momenti conviviali o culturali degli indagati.

Ecco perché questa intervista, una delle prime rilasciate in esclusiva, dopo la notizia di archiviazione potrebbe essere intitolata 

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI: TANTO RUMORE PER NULLA

La Procura della Repubblica di Milano ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione per gli otto imputati nel procedimento aperto in seguito alla pubblicazione dell’inchiesta Lobby Nera del team Backstair di Fanpage.it.

 

Che effetto le fa sapere che l’indagine è sul punto di essere archiviata?

Eravamo certi della nostra innocenza ma in Italia non si sa mai, invece, dobbiamo constatare che sia la Guardia di Finanza che la Magistratura di Milano hanno svolto il loro dovere con serietà e correttezza, senza farsi influenzare da pregiudizi politici e ideologici, appurando, dopo dodici mesi di attente indagini (perquisizioni, sequestri di documenti, cellulari e computer, pedinamenti e intercettazioni) che non è stato commesso alcun reato, punto!

È stata solo una infame operazione politica fuorilegge di spionaggio, infiltrazione, tentata corruzione, diffamazione aggravata a mezzo stampa, contro la destra italiana.

Roberto Jonghi Lavarini e l'avvocato Ruggieri
Roberto Jonghi Lavarini e l’avvocato Ruggeri

Ha ricevuto, o avete ricevuto dagli esponenti di Lega e Fratelli d’Italia, che fingevano di non conoscervi, delle scuse ufficiali, o quantomeno delle telefonate per complimentarsi con Voi?

In realtà, a parte qualche tragicomico scivolone iniziale, nessuno ha poi più continuato a negare l’evidenza, ovvero che, sia nella destra italiana (direi europea) che nell’ambiente politico milanese sono conosciuto da tutti. Comunque, in questi mesi, senza fare nomi, sono rimasto in costante contatto con i massimi vertici di Fratelli d’Italia, ma anche della Lega e di Forza Italia. Alcuni di loro, oggi al governo, mi hanno espresso anche la loro solidarietà e oggi la loro felicitazione per l’archiviazione.

Sappiamo che non è nuovo a momenti di goliardia tra amici e conoscenti, e che spesso i media, dalle Iene, a la Gabbia e ad altre trasmissioni legate a certe correnti politiche, vi usano come bersaglio. Si è fatto un’idea del perché e per quale motivo, tra i tanti politici corrotti, vengono ad attaccare proprio lei, che pur facendosi chiamare “barone nero” risulta essere un “barone bianco in mezzo a lupi neri rapaci?”

Tutti conoscono, nel bene e nel male, la mia giovialità e cameratesca goliardia, quanto la mia militanza libera, coerente e disinteressata.

Certamente io non ero l’obiettivo ma solo l’aggancio e lo strumento per attaccare Fratelli d’Italia, in particolare e non a caso, proprio l’onorevole Carlo Fidanza che era capo delegazione al Parlamento Europeo e Responsabile Esteri del partito, su posizioni tradizionali di destra sociale. Io credo che qualcuno abbia voluto correggere la rotta, esattamente come è successo con
Gianluca Savoini e la Lega

Anni or sono venne eletto presidente di zona 3 a Milano. Le va di raccontarci un po’ della sua esperienza politica?

Ho 50 anni di età anagrafica e 36 di ininterrotta attività politica, sempre a destra.
A 14 anni mi sono iscritto al Fronte della Gioventù di Via Mancini, del quale sono stato commissario cittadino, poi dirigente provinciale del MSI di Giorgio Almirante, dirigente regionale di Alleanza Nazionale, segretario cittadino e dirigente regionale della Fiamma Tricolore di Pino Rauti, per dodici anni consigliere di zona di Milano e per una legislatura presidente a Porta Venezia.
Poi indipendente di destra, ho sostenuto, negli anni, varie iniziative movimentiste e candidati del Popolo della Libertà, della Lega e di Fratelli d’Italia, partito con il quale sono stato candidato e primo dei non eletti, alle elezioni politiche del 2018.
Altro che sconosciuto marginale: se non ci fosse stata questa inchiesta, oggi sarei certamente deputato in parlamento… Ed anche oggi, diversi candidati alle elezioni regionali lombarde e non solo, hanno chiesto il mio appoggio elettorale.

Pensa di fondare un partito politico o di candidarsi in futuro per il bene della sua città?

I partiti veri non ci sono più, da tempo, perché la politica e le istituzioni elettive contano sempre meno, come il popolo elettore. Non intendo certo fondare un nuovo partito ma sono fedele sostenitore del MSE (Movimento Sociale Europeo – Eurasia, piccolo ma storico movimento politico culturale, apartitico e transnazionale, rifondato nel 2000 da Roberto Bigliardo e Guido Mussolini, con la benedizione di Jean Marie Le Pen). Alle elezioni scegliamo, di volta in volta, la lista e il candidato migliori da votare.

Quali sono, secondo Lei, i valori da promuovere in una città come Milano? Quali benefici e innovazioni apporterebbe se venisse eletto a qualche carica?

Milano funziona da sola, da sempre, grazie al laborioso popolo ambrosiano.

Una buona amministrazione dovrebbe semplicemente assicurare a tutti i suoi cittadini, una città più efficiente, sicura e pulita.

La giunta comunale dovrebbe promuovere grandi opere ma lasciarle fare ai privati, pensando invece alla ordinaria amministrazione, concentrandosi a sistemare degnamente scuole e asili, case popolari, le buche nelle strade, senza aumentare il costo dei mezzi pubblici e senza massacrare i milanesi con multe inutili, date solo per fare cassa.

Detto questo, sinceramente, oggi non penso proprio a candidarmi, da nessuna parte…

Carlo Fidanza, Chiara Valcepina, Roberto Jonghi Lavarini
Carlo Fidanza, Chiara Valcepina, Roberto Jonghi Lavarini

Progetti per il futuro?

Tanti ma di carattere culturale e professionale.

È noto che la mia seconda passione, insieme alla politica, siano gli ordini cavallereschi e l’araldica, le tradizioni che rappresentano l’anima profonda e spirituale della nostra civiltà eurasiatica cristiana…

E in questo momento storico ed escatologico, luci di speranza e rinascita le vedo solo nell’oriente ortodosso, ancora così solido e fortemente identitario…

E anche professionalmente, ad est, vi sono tante opportunità economiche e di sviluppo per i nostri imprenditori.

Ma il mio sguardo geopolitico futurista guarda anche all’India, alla Persia e all’Africa, dove ho solidi contatti, a riprova di chi mi accusa di essere razzista o xenofobo.

Prima di concludere, se vuole, ci lasci una massima o un motto, in modo da far appassionare i nostri lettori o ci dica qualcosa in più su di sé

Ragionate con la vostra testa, e siate protagonisti delle vostre scelte e del vostro futuro, amate la Patria e i Valori Tradizionali, e siate sempre pronti a difendere le Vostre Idee e i Vostri Ideali, quando questi siano Giusti e Onorevoli.




Riprenditi presto, Ornella!

È di pochi minuti fa la notizia dell’annullamento del concerto della nota cantante Ornella Vanoni previsto per venerdì 3 febbraio alle ore 20:45 al Palazzo dei Congressi a Lugano.

L’organizzatore Denis Mazzotta ci fa sapere che lo Show “Le Donne e la Musica” è stato cancellato a causa dell’indisposizione dell’Artista e che non è prevista una data sostitutiva.

Questo il comunicato stampa: “La signora Ornella Vanoni presenta uno stato febbrile che la rende impossibilitata nella realizzazione della tappa del tour ‘Le Donne e la musica 2023’, programmata per la data 03/02/23 presso il Palacongressi di Lugano.”

Quella di domani sera sarebbe stata l’ultima tappa di una tournée che ha visto la Signora della canzone d’autore italiana, accompagnata da un ensemble di cinque musiciste, girare l’Italia cantando e raccontandosi ai suoi amati fan.

Colgo l’occasione per invitarvi a leggere l’articolo dedicato all’Artista, da noi pubblicato proprio ieri.

A Ornella va l’augurio mio e di tutta la Redazione di Betapress.it, di una prontissima guarigione.