Adolescenti, stupri, alcol, violenza, ma che generazione è questa?

L’adolescenza è un periodo di transizione cruciale nella vita di ogni individuo, caratterizzato da cambiamenti fisici, emotivi e psicologici.

Durante questo periodo, i giovani cercano di definire la propria identità e di comprendere il proprio ruolo nella società.

Tuttavia, spesso si riscontra un crescente disagio giovanile, che può essere attribuito in gran parte alla mancanza di regole chiare e coerenti.

Sicuramente la moderna società educante ha fallito nel definire i meccanismi e le regole che la nuova generazione poteva fare propri; di sicuro non è stata aiutata da un eccessivo liberismo, da un politically correct che spesso ha invece come risultato una confusione indotta, una spersonalizzazione dell’individuo che lo estrania da tutte le responsabilità sociali.

Ragioniamo su come l’interconnessione tra il disagio giovanile e la mancanza di regole, analizzando le cause e gli effetti di questa situazione, sia strumento importante per trovare soluzioni efficaci.

Le regole e le strutture forniscono ai giovani un senso di stabilità e di orientamento, specie se queste fanno parte della loro vita sin da subito.

Abituare i giovani ad affrontare un mondo di regole ed a comprenderle è in realtà il passo genitoriale fondamentale per dare un futuro ai giovani.

L’età giusta è: fin da subito.

Quando mancano regole adeguate, i giovani possono sentirsi smarriti e confusi, e questo avviene in tutti gli stadi della vita, perché le regole evolvono con la crescita del ragazzo.

Per poter essere efficaci e costanti noi dobbiamo considerare che il concetto di regola è in realtà una struttura composta: semplificando la regola ha alla base un principio etico e come risultato un comportamento attuato.

Non basta pertanto dire non fare così, perché i meccanismi analitici del cervello dei ragazzi, oggi sempre più stimolati da una tecnologia molto invasiva, prendono frase e contesto (anche se a noi non sembra) e ne analizzano tutte le strutture presenti giudicandole istantaneamente fino a decidere se seguire o meno le indicazioni ricevute.

Ecco, pertanto, che le regole divengono non sono solo limitazioni imposte dall’esterno, ma devono fungere da guida interiore per aiutare i giovani a comprendere i confini dell’accettabile e sviluppare un senso di responsabilità.

La mancanza di regole può portare di conseguenza ad una sensazione di anarchia, dove i giovani possono sentirsi persi e indifesi, ma soprattutto giustificati su qualsiasi cosa.

La mancanza di regole nella vita dei giovani può derivare da diverse fonti.

La società moderna spesso promuove l’individualismo e la libertà personale, che possono essere interpretati dai giovani come un’assenza di limiti.

Inoltre, le famiglie possono essere sovraccariche di impegni e stress, il che può portare a una scarsa applicazione di regole coerenti e spesso non hanno gli strumenti adatti per intervenire nei confronti di una generazione che ha perso valori come rispetto e empatia.

Le istituzioni educative spesso si indirizzano maggiormente sul curriculum accademico piuttosto che sull’educazione sociale ed emotiva, lasciando un vuoto nella formazione dei giovani.

La mancanza di regole adeguate sfocia in un grave disagio giovanile, con diverse modalità.

Senza regole, i giovani sperimentano una mancanza di struttura nella loro vita quotidiana, portando a una scarsa gestione del tempo e all’incapacità di stabilire obiettivi realistici.

Inoltre, la mancanza di regole può aumentare il rischio di comportamenti anomali o devianti, come l’abuso di sostanze o la delinquenza giovanile, poiché i giovani potrebbero sentirsi liberi dalle conseguenze delle loro azioni.

La spersonalizzazione dell’identità personale verso le responsabilità è uno degli atti più gravi che la società educante può generare verso le giovani generazioni.

La mancanza di regole o meglio la loro mancata metabolizzazione nella crescita del giovane, porta poi alla partecipazione a fatti gravi magari collettivi (come le azioni delle bande) o individuali (bullismo etc.) che vengono perpetrati senza nessuna consapevolezza oggettiva; salvo poi stracciarsi le vesti davanti all’indignazione popolare.

Per affrontare il disagio giovanile derivante dalla mancanza di regole, è essenziale un approccio olistico.

Le famiglie possono svolgere un ruolo cruciale nell’instaurare regole chiare e consistenti, fornendo supporto emotivo e comunicando apertamente con i loro figli.

Le scuole dovrebbero integrare maggiormente l’educazione sociale ed emotiva nel curriculum, in modo da aiutare i giovani a sviluppare competenze di vita essenziali.

La società nel suo complesso può promuovere un equilibrio tra libertà individuale e responsabilità sociale, fornendo opportunità strutturate per il coinvolgimento dei giovani nella comunità.

Il disagio giovanile legato alla mancanza di regole è un problema complesso che richiede un approccio multifattoriale.

L’equilibrio tra libertà individuale e regole ben definite è fondamentale per il benessere dei giovani.

Fornire loro una guida strutturata durante l’adolescenza può contribuire a formare individui responsabili, consapevoli e ben adattati che affrontano le sfide della vita con fiducia.




Memorie bestiali a Londra

Documentare il mondo naturale

La British Library ha presentato la mostra dal titolo “Documentare il mondo della natura” (“Documenting the Natural World”) 

2)Locandina della mostra. Foto di Vittoria Bacch

La mostra è rimasta attiva dal 21 aprile al 28 agosto.

La mostra riunisce secoli di documentazione umana sugli animali.

Attraverso più di 100 manoscritti, opere d’arte e registrazioni sonore il percorso espositivo ha raccontato l’amore che l’umanità ha per la bellezza del mondo naturale.

Le opere rivelano anche la vasta diversità di specie di animali di tutte le parti del mondo.

Dal British Museum alla British Library al nuovo edificio a Euston road

La British Library è una delle più importanti biblioteche di ricerca al mondo e vanta un patrimonio di più di 150 milioni di documenti e 13 milioni di nuove raccolte ogni anno.

È stata resa accessibile nel 1973; in precedenza, faceva parte del British Museum che divenne poi il principale fornitore dei beni della nuova biblioteca.

A partire dal 1997 le raccolte vengono unite tutte in un unico edificio di nuova costruzione che si trova a Euston road nei pressi della stazione ferroviaria di St. Pancras, dove arrivano i treni provenienti da Parigi.

La nuova biblioteca fu progettata dall’architetto Colin St. John Wilson proprio al fine di riunire tali raccolte in un unico luogo.

Si tratta del più grande edificio pubblico costruito nel regno unito nel XX secolo.

2)La British Library. Foto di Vittoria Bacchi.
La British Library.

La biblioteca del re

Al centro dell’edificio si trova una torre di vetro di sei piani contenente la The King’s Library (“La biblioteca del re”).

In questa torre di vetro sono custoditi 65.000 volumi stampati e altri opuscoli, manoscritti e mappe raccolti dal re Giorgio III tra il 1763 ed il 1820.

Contiene inoltre una raccolta di beni storici internazionali alcuni dei quali risalgono al 300 ac.

 

L’amore dell’umanità per il mondo animale

Gli animali hanno affascinato l’umanità per secoli

Gli uomini hanno sempre cercato di capire meglio il nostro ambiente naturale.

La documentazione di animali e piante attraverso la catalogazione rappresenta il modo più semplice e funzionale per esplorare e conoscere questo mondo.

L’arte e la scienza unite per comprendere il mondo animale

Gli animali, nel corso dei secoli, sono stati documentati in molti modi, attraverso le registrazioni sonore, le illustrazioni e le descrizioni scritte.

Il percorso espositivo offre una visione unica sulle tecniche utilizzate per documentare il mondo animale.

L’intento della mostra è esplorare l’amore per il mondo animale attraverso la scienza, l’arte e la musica.

 

Differenti modi di rappresentare e studiare gli animali

È la prima grande mostra che documenta i differenti modi con i quali gli animali sono stati descritti, rappresentati e registrati.

In primis l’arte, con dipinti, raffigurazioni, disegni, illustrazioni.

Poi le fotografie e i filmati.

Esposti in mostra, ad esempio, le prime fotografie degli animali dell’Antartico

Poi la musica, i racconti, i romanzi, le poesie.

E quindi la scienza, con gli studi approfonditi sui vari aspetti del mondo animale, dall’anatomia, alla medicina, allo studio del comportamento.

Arte, scienza e suoni vengono mostrati simultaneamente dal percorso espositivo.

Numerosi gli animali documentati

La mostra offre un vasto panorama di documentazione animale.

Dalle specie più piccole ai mammiferi più grandi, dalle profondità degli oceani, alle cime delle montagne.

Sono esposti più di 100 opere tra manoscritti, raffigurazioni, registrazioni sonore.

Elefanti.-Antico-manoscritto.-Foto-di-Vittoria-Bacchi
Elefanti. Antico-manoscritto

Antico-manoscritto-con-serpenti.-Foto-di-Vittoria-Bacchi
Antico manoscritto con serpenti.

La scienza e l’arte a confronto

La mostra mette in evidenza come l’arte e la scienza si siano unite per capire il mondo animale.

Le illustrazioni degli animali, ad esempio, hanno aiutato gli scienziati a comprendere le varie specie, il loro aspetto e il loro comportamento.

Ad titolo esemplificativo una antica mappa migratoria di 67 uccelli esposta in mostra.

5Mappa-migratoria-di-67-uccelli.-Foto-di-vittoria-Bacchi-
Mappa migratoria di 67 uccelli.

L’arte ha anche offerto una finestra sulla relazione dell’uomo con il mondo animale, come nel caso dei dipinti che rappresentano gli animali come compagni dell’uomo.

Arte, scienza e suoni attraverso i secoli

Le tappe della esposizione ci portano in un viaggio attraverso i secoli.

Offrono una vasta gamma di documentazione, dai primi manoscritti alle opere d’arte più recenti.

 

I papiri dell’antica Grecia

Il viaggio parte dall’antica Grecia.

Un antico papiro, ad esempio, descrive nel dettaglio le abitudini canine dell’accoppiamento.

Le registrazioni sonore

Numerose le registrazioni sonore degli animali.

In particolare, uccelli, ma anche ippopotami, felini, animali notturni.

Regisrazioni-sonore-di-ippopotami.-Foto-di-Vittoria-Bacchi-
Registrazioni sonore di-ippopotami.

 

-Registrazioni-sonore-di-uccelli.-Foto-di-Vittoria-Bacchi
Registrazioni sonore di uccelli.

Animali estinti e antichi manoscritti

La mostra offre anche una rara testimonianza sugli animali estinti o in via di estinzione.

 

Uccelli estinti: il picchio dal becco d’avorio

Esposto in mostra un antico manoscritto con una pagina raffigurante il picchio dal becco d’avorio, uccello della famiglia Picidi (Campephilus principalis).

8)Picchio dal becco d'avorio. foto di Vittoria Bacchi
Picchio dal becco d’avorio.

Tra le specie più appariscenti degli Stati Uniti è anche uno delle più rare e si teme che si sia già estinto.

Gli indiani usavano il suo becco e le sue piume per decorare o loro costumi da cerimonia. Misura 50 cm di lunghezza il piumaggio è nero lucido con due vistose strisce bianche sul collo dorso e ali.

Il becco è bianco e a forma di scalpello le zampe sono grigie.

L’alta cresta sagittale è rossa e appuntita nel maschio e nera e leggermente ricurva nella femmina.

Gli ultimi esemplari sono stati avvistati in Florida e a Cuba.

Uccelli estinti: il moho di Kauai

Ad esempio, si può ascoltare la registrazione dell’ultimo moho di Kauai, uccello passeriforme delle Haway, estinto della famiglia dei Mhoidi.

Con il suo 20 cm di lunghezza questo uccello era il più piccolo rappresentante del genere Moho.

Le creature dell’oscurità

In mostra una intera sezione è dedicata agli animali della notte.

L’oscurità ha sempre affascinato l’umanità.

Il buio è stato spesso accostato a pericolo e paura.

Ma nel mondo animale la percezione è diversa.

Ci sono creature che vivono di notte e che si sentono a loro agio nella oscurità.

 

Il mistero degli animali notturni

Molte specie rimangono tuttora un mistero per noi.

Ci sono animali che hanno accresciuto ed affinato i loro sensi e che si sono adattati a prosperare nella notte.

Artisti, scienziati ed esperti di suoni hanno trascorso notti intere per cercare di cogliere nella oscurità queste enigmatiche creature.

Esposto in mostra un antico manoscritto con una raffigurazione di barbagianni.

9Manoscritto-con-barbagianni.-Foto-di-Vittoria-Bacchi-
Manoscritto con barbagianni.

Animali e francobolli artistici

Esposto in mostra anche una interessante bozza di francobollo raffigurante un galagone, un piccolo animale notturno.

 

0-Galagone-piccolo-primate-notturno-del-Malawi.-progetto-per-francobollo-Richard-Granger-Barrett.Foto-di-Vittoria-Bacchi.jpg
Galagone piccolo primate notturno del Malawi. Progetto per francobollo Richard Granger Barrett.

I pipistrelli sono uccelli?

Un raro manoscritto arabo descrive i pipistrelli come uccelli, basandosi sulla tradizione araba ma anche greca.

Il testo fa notare che i pipistrelli sono gli unici volatili che partoriscono e allattano.

Questo manoscritto testimonia come le conoscenze sugli animali sia condivisa attraverso le varie culture.

Il collegamento tra animali e medicina

Le prime conoscenze illustrate dai lavori arabi scientifici illustrano le caratteristiche degli animali dal punto di vista degli usi medici.

Si tratta del manoscritto illustrato datato 1225 del fisico siriano Jibra’ll ibn Bakhtishü’ ibn Jurjis, con a fianco la classificazione del filosofo greco Aristotele.

Antichi manoscritti

La mostra propone un notevole repertorio di antichi manoscritti.

1) Manoscritto sulla natura del 1758. Foto di Vittoria Bacchi.j
Manoscritto sulla natura del 1758. Foto di Vittoria Bacchi

Esposto in mostra l’antichissimo libro delle caratteristiche degli animali.

Si tratta del “Libro delle caratteristiche degli animali” (Book of the characteristics of animals), scritto in Iraq nel 1200 (Bakhtishü and Aristotle, Kitab na’t al hayawan). Iraq, circa 1225 o 1284.

12) Antico manoscritto arabo su pipistrelli e uccelli. Foto di Vittoria Bacchi.jpg
Antico manoscritto arabo su pipistrelli e uccelli. Foto di Vittoria Bacchi.jpg

Esposto in mostra anche un manoscritto del 1569 nel quale viene per la prima volta utilizzato l’uso pubblico del vocabolo “squalo” in inglese.

Leonardo da Vinci e l’anatomia animale

Esposta in mostra anche una raccolta di appunti di Leonardo da Vinci sulla anatomia animale (1500—1508).

Contiene studi sull’impatto del vento sugli uccelli in volo.

Il prezioso documento viene esposto al pubblico per la prima volta.

Il Codice Arundel di Leonardo

La British Library custodisce anche il Codice Arundel (dal nome del collezionista).

Si tratta di un manoscritto di Leonardo da Vinci comprendente 283 fogli databili tra il 1478 e il 1518.

Tra gli argomenti trattati il volo degli uccelli e l’anatomia animale.

Gli errori 

Nonostante la documentazione dell’umanità sugli animali, ci sono stati anche molti errori fatti nel passato.

Questa mostra evidenzia alcuni dei più grandi errori commessi.

Ad esempio, la convinzione che un ornitorinco dal becco d’anatra fosse una invenzione.

La mostra ci incoraggia a riflettere sulla nostra comprensione degli animali e ad apprezzare la bellezza della documentazione accurata.

L’evoluzione della comprensione umana degli animali

La nostra comprensione degli animali è in continua evoluzione e c’è ancora tanto da imparare.

Il percorso espositivo offre una finestra unica su come quella conoscenza è stata raccolta nel tempo e consente persino di riconnetterti a specie ora tristemente estinte.

La mostra ci ricorda di continuare a esplorare e comprendere la vasta diversità del mondo animale e di come la documentazione di esso possa portare a sviluppi in campo scientifico e artistico.

I commenti dei curatori della mostra

Cam Sharp Jones, curatore della British Library, afferma: “gli animali hanno affascinato gli umani da lungo tempo e numerosi sono gli studi fatti per comprenderli.

La mostra è una grande opportunità per mostrare i testi più antichi di descrizione degli animali nonché i lavori artistici ad essi ispirati.

A ciò si aggiungono le registrazioni dei suoni della natura, i suoni più strani degli animali.

La British Library ha al riguardo una collezione notevole”.

Altre sezioni della esposizione riguardano il mondo del mare, la profondità degli oceani e tanto altro ancora.

Cheryl Tipp, curatore dei suoni presso la British Library, ha detto: “spero che i visitatori vengano ispirati da questa mostra e che vengano invogliati a consultare il materiale cospicuo che ospita la nostra biblioteca”.

La mostra offre la possibilità anche di visitare la Biblioteca e l’edificio che la ospita, in una zona centrale di Londra che ancora non è zona turistica molto battuta e conosciuta.

 




98 mucche per l’arte Masai

Il Pitt Rivers Museum di Oxford contro i pastori Masai

Il 4 luglio 2023 è stata resa ufficiale la notizia che il Pitt Rivers Museum di Oxford dovrà risarcire i Masai del Lenya per un furto coloniale di 138 fa.

La notizia ha destato scalpore per le modalità risarcitorie dei danni causati.

Il famoso museo Pitt Rivers della Università di Oxford

Il Pitt Rivers Museum è un famoso museo della università di Oxford ubicato nella località di Parks Road.

La sede attuale del famoso museo è allestita nel palazzo neogotico all’interno del quale sono esposte anche le esposizioni del Museo di scienza naturale.

Il museo ospita le collezioni archeologiche e antropologiche del tenente generale Augustus Henry Lane Fox Pitt Rivers, un ufficiale inglese dell’esercito britannico etnologo e archeologo vissuto nel 1800.

Il palazzo è stato edificato nel 1885 su progetti di Thomas Manly Deane e Benjamin Woodward.

eolaureati-a-Oxford-davanti-alla-Radcliffe-Camera-Biblioteca-FOTO DI VITTORIA BACCHIBodleiana-scaled
Neolaureati a Oxford davanti alla Radcliffe Camera

L’ufficiale inglese amante della archeologia

Il museo fu istituito nel 1884 dallo stesso Augustus Pitt Rivers, morto nel 1900.

L’ufficiale archeologo decise, infatti, di donare le proprie collezioni archeologiche e antropologiche alla Università di Oxford.

Pitt è stato notato dagli studiosi per le innovazioni nella metodologia archeologica e della esposizione museale di collezioni archeologiche ed etnologiche.

Una collezione di tutto rispetto

Inizialmente la collezione contava 22.000 oggetti.

Oggi le opere ivi custodite ammontano a 5000.000 molte delle quali donate da studenti viaggiatori e missionari.

Il nobile obiettivo perseguito da Augustus Pitt era di esporre la cospicua collezione ai fini di studio educativo e didattico al servizio della società.

Una vicenda che nasce anni fa

Ma vediamo come l’ufficiale inglese è stato coinvolto in questa anomala vicenda.

L’idea di riportare a casa il tesoro che custodisce la storia e i segreti dei Masai è di Samwel Nangiria, un attivista per i diritti degli indigeni.

 

La visita del museo

Tutto nacque cinque anni fa.

Il keniano si reca nel 2017 in visita al “Pitt Rivers Museum” di Oxford.

Durante la visita del museo, nella collezione da 500mila pezzi provenienti da tutto il mondo, nota alcuni cimeli appartenuti ai pastori della parte orientale della Great Rift Valley.

Immediatamente avvia le pratiche per richiedere all’ateneo la restituzione degli oggetti d’arte masai.

 

La Great Rift Valley culla dell’umanità

La Great Rift Valley non a caso è considerata la culla dell’umanità.

Nel 1974, in Etiopia, vi furono ritrovati i resti fossili dello scheletro dell’australopiteco più famoso del mondo, denominato “Lucy”.

Ora la nostra antenata più celebre è esposta al museo di Addis Abeba.

La richiesta della comunità Masai

La comunità indigena che vive nella Great Rift Valley, in Africa, tra il nord della Tanzania e il sud del Kenya, richiede ufficialmente al museo etnologico britannico la restituzione di 148 antichi manufatti che espone da 138 anni.

Oggetti che il Regno Unito, negli anni dello splendore imperiale, agli inizi del Novecento, avrebbe trafugato e portato Oltremanica.

PASTORI Masai
Pastori masai

I reperti archeologici e i numerosi precedenti del passato coloniale inglese

Questo dei Masai è solo uno dei tanti fronti su cui Londra è chiamata a fare i conti con il proprio passato coloniale.

La controversia assomiglia molto a quella di cui sono protagoniste Grecia e Nigeria.

Atene chiede la restituzione dei marmi del Partenone esposti al British Museum.

Abuja vuole riappropriarsi invece dei suoi famosi bronzi di Benin in mostra permanente, sempre a Oxford.

 

Il Partenone trafugato

Sono passati più di 200 anni da quando il conte di Elgin trafugò le opere senza un vero consenso del Sultano.

Solo la furia degli abitanti di Atene impedì il completo smantellamento dell’Eretteo del Partenone.

Era previsto che venisse rimontato in Inghilterra.

I bronzi del Benin

I bronzi del Benin sono un gruppo di diverse migliaia di placche e sculture in metallo che decoravano il palazzo reale del Regno del Benin, in quello che oggi è lo Stato di Edo, in Nigeria.

Correva l’anno 1897 e le ambizioni coloniali britanniche in Africa si stavano espandendo.

Il palazzo reale fu raso al suolo e le opere d’arte al suo interno furono rubate.

I famosi bronzi di Benin city si trasformarono ben presto in bottino di guerra.

 

La replica della direttrice del museo

Il direttore del museo oxfordiano, Laura van Broekhoeven, ammette che l’istituzione possiede 148 manufatti Masai di epoca coloniale.

Si tratta di spade, frecce, bracciali e cavigliere.

Sottolinea altresì che in passato quei manufatti sono stati acquisiti per mezzo di funzionari, missionari e antropologi di era coloniale.

L’acquisizione a quei tempi era legale.

 I masai contestano

Non la pensa così il governatore keniano della contea di Narok, Patrick Ntutu, convinto che i proprietari di quelli oggetti siano stati uccisi o mutilati prima che gli ornamenti gli fossero portati via.

PASTORI DEL MASAI MARA. FOTO DI VITTORIA BACCHI
Pastori del Masai Mara 

Il museo si difende: solo 5 i reperti trafugati

La direttrice allora ammette che la sottrazione illegittima ci sarebbe stata.

Ma interesserebbe solo ed esclusivamente cinque reperti, identificati come cimeli di sensibile importanza culturale.

Novantotto mucche come risarcimento, scrive la testata del Nairobi Nation

La testata di Nairobi Nation scrive i che due clan Masai di Narok, Sululu e Mpaima, hanno ricevuto dall’Università di Oxford, che gestisce l’esposizione, 49 bovini ciascuna.

La notizia riporta che, precisamente, due famiglie della tribù dei Masai del Kenya hanno ricevuto in dall’Università britannica di Oxford 98 mucche.

I bovini sono stati portati in processione da impiegati dell’Università di Oxford ai capifamiglia.

L’insolito tributo è stato considerato come risarcimento “amichevole” per una collezione di manufatti originali sottratti ai loro antenati in epoca coloniale.

 

Il Pitt Rivers Museum di Oxford contro i pastori Masai

La mossa, è stato precisato da Oxford, è puramente simbolica.

Segno di volontà alla riconciliazione.

Fa parte di un processo di dialogo tra le parti.

Si ispirerebbe ai principi della diplomazia che insegna a misurare gesti e parole al contesto sociale e culturale della controparte.

 

I bovini come moneta

La trovata con cui il museo ha pensato di fare pace con i Masai è però unica e difficilmente riproponibile.

È vero che i bovini hanno rappresentato a lungo per i Masai una sorta di moneta.

I bovini da sempre, infatti, sono venduti o barattati in cambio di beni e servizi.

Sono utilizzati persino per “pagare” ammende per comportamenti disonorevoli o criminali.

La società Masai è cambiata

Ma le cose, a Oxford lo sanno di certo, sono un po’ cambiate.

Nella società Masai ha fatto capolino il concetto di proprietà privata e titolarità della terra.

Vaste aree della savana, precedentemente gestite collettivamente, sono state suddivise e adibite a nuovi usi, tra cui il commercio.

Il dono delle 98 mucche è insufficiente. Le critiche della comunità masai

Il dono delle 98 mucche è stato apprezzato, hanno mandato a dire i pastori, «ma non è abbastanza per compensare» il furto e l’esposizione illegittima di oggetti appartenuti ai propri avi.

I rappresentanti delle famiglie del clan Loita di Narok hanno dichiarato al quotidiano Daily Nation di apprezzare il gesto, ma che non è sufficiente.

Si aspettano “un risarcimento adeguato”.

Nessuna guerra, ma solo risarcimento decoroso

La comunità non vuole fare causa ai “signori” di Oxford.

Un portavoce delle famiglie Maasai, Seka ole Sululu, ha dichiarato che è stata presa la decisione di perseguire una riconciliazione pacifica con la celebre Università inglese.

I masai non hanno intenzione di fare causa al museo.

Per tradizione preferiscono sempre la pace alla guerra.

Ma si aspettano, quantomeno, un risarcimento decoroso.

 




Bandecchi, Terni, giunta comunale, incompatibilità… che fare???

Bandecchi, Terni, giunta comunale, incompatibilità… che fare???

 

In Italia negli ultimi anni abbiamo assistito a molti scioglimenti delle Giunte comunali per infiltrazioni criminali o di mafia.

Terni, una città di appena centomila abitanti, potrebbe trovarsi a fare i conti con lo stesso destino.

Questa volta, tuttavia, le ragioni non troveranno fondamento nelle infiltrazioni criminali ma nelle incompatibilità politiche del Sindaco Bandecchi eletto in flagrante conflitto d’interessi, nelle recenti elezioni amministrative.

La storia è molto complessa ed una sintesi è necessaria.

Stefano Bandecchi, classe 1961, sale alla ribalta nazionale come imprenditore scolastico.

Raggiunge il successo  con l’Università privata Unicusano che ottiene sul filo del rasoio, con un Governo dimissionario, l’autorizzazione dal MIUR a concedere lauree triennali e magistrali.

Una fabbrica di diplomi ben presto coinvolta in reclami di giovani ingannati dalle promesse nella fase di vendita.

Ciò che fa, tuttavia, del manager Bandecchi, un’emergente nella bocca di tutti, dal Gennaio 2023, è l’indagine della Guardia di Finanza che contesta alla Università un’evasione fiscale di 80 milioni di euro con la confisca di beni per 20 milioni di euro.

Il carosello elusivo, oggetto d’imputazione, riguarda l’utilizzo delle quote corrisposte dagli studenti delle sue facoltà e tassate da un’aliquota ridotta.

I proventi raccolti sarebbero stati invece destinati a investimenti immobiliari e utilizzati per spese voluttuarie o di lusso, in flagrante evasione d’iva.

Un macigno che non preoccupa, tuttavia, il Manager Bandecchi che aveva già mostrato, da tempo,  di avere le idee ben chiare: scendere in politica e conquistare potere politico e le influenze che ne derivano.

Per un progetto vincente occorrono un contenitore politico, un po’di denaro offerto alle forze politiche per non mettersele contro, l’acquisto di una Società calcististica per catalizzare consensi, un programma elettorale populista, una fonte di finanziamento meglio se “off-shore” per le transazioni rilevanti a cui dare vita, dei fans o sostenitori stanchi delle solite promesse e facilmente illudibili, opere pubbliche visibili a cui legare il proprio nome durante la campagna elettorale e magari anche dopo.

Sembra che gli ingredienti ci siano tutti.

Bandecchi aderisce ad Alternativa Popolare il movimento fondato da Angiolino Alfano e lo riempie di burocrati in cravatta.

Comincia a dare la scalata alla politica nazionale, finanziandoTajani (Forza Italia) e Di Maio (M5S) e forse altri ma senza ritorni immediati.

Deve quindi rivedere la sua strategia e partire dai Comuni e  dalle Regioni con un programma populista e molte promesse.

Qualche mese prima, nell’ottobre del 2020, il Sindaco contestato aveva già costituito la UNICUSANO  GLOBAL ALTERNATIVE INVESTEMENT FUNDS, una Sicav a capitale variabile registrata a Cipro con un capitale di 50.000 euro, al momento capitalizzata un po’ meno di 125.000 di euro ma autorizzata a raccogliere fino ad 1 miliardo di dollari.

La Sicav a capitale variabile sembrerebbe il motore finanziario del progetto.

La Unicusano la promuove anche tra i dipendenti del gruppo ed all’interno dei documenti si evidenziano, tra i diversi “assets” (Immobiliare, Sanità, Stadio Liberati e Clinica Privata convenzionata), gli investimenti specifici a cui Bandecchi vuole destinare fondi: il rifacimento dello Stadio Libero Liberati di Terni definito Progetto Pubblico e la casa di cura da convenzionare con la Regione dell’Umbria, definibile progetto privato ma di evidente interesse pubblico (Delibera Comune di Terni n. 139 del 13 maggio 2021).

A questo punto è chiaro il progetto politico e la dimensione territoriale da cui cominciare la scalata: l’Umbria ed i Comuni di Terni e Perugia.

L’Unicusano, il polmone finanziario del Gruppo, già proprietaria della Ternana Calcio dal 2017, chiama a sé il Tecnico Lucarelli e compra i giocatori giusti.

Promette la serie A.

Per prendere molti voti alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale a Terni, infatti, servono molti consensi.

La Ternana tornata finalmente in B, macina successi nella prima parte della stagione 2022/2023 per poi rischiare la retrocessione ma tutto va secondo i piani.

La campagna elettorale non oppone alla lista di Bandecchi alcuna resistenza.

Il manager si affermerà come Sindaco con oltre 16.000 voti, anche se nella sua giunta siederanno assessori come la Mascia Aniello con un misero attivo di 37 voti.

Un assessore uscente della precedente Giunta, la Elena Trotti Proietti, ne avrebbe presi quasi 700, solo per dare un’idea della debole rappresentanza del nuovo esecutivo.

Ciò non importa.

Bandecchi ha vinto le elezioni.

È il nuovo sindaco ma nella prima riunione del Consiglio Comunale del 19 giugno del 2023 qualche cosa comincia ad andare storto.

La relazione del Segretario Comunale solleva l’incompatibilità del Sindaco sulla base dell’ articolo 63, commi 1 e 2 del TUEL (Testo Unico Enti Locali).

Il Sindaco e la Giunta hanno una maggioranza sovietica e affossano la relazione.

Bandecchi procede prontamente a vendere la Ternana Calcio e dimettersi dall’incarico di amministratore della società che controlla l’università Unicusano per rimuovere le incompatibilità contestate.

Tentativo inutile.

Il parere del dott. Sgaraglia del Ministero dell’interno del 3 agosto conferma la relazione del Segretario Comunale: Bandecchi, in qualità di dominus del Gruppo Unicusano e ancora intimamente legato a società del Gruppo, resta incompatibile con la carica di Sindaco.

Un “assists” per le opposizioni consiliari che tuttavia non prendono, per il momento, posizione.

IL 7 agosto, in qualità di cittadino, prendo l’iniziativa inviando al Prefetto una pec dove richiamo la necessità di una decisione tempestiva che abbia il coraggio di andare oltre il dettato normativo dell’articolo 70 del Tuel (scioglimento Comune o trasmissione atti alla magistratura civile).

Quello che emerge, infatti, dall’esame dei documenti relativi alla Sicav cipriota è l’esistenza di un disegno strutturato di Bandecchi, sin dal 2020, volto ad acquisire consenso nel Comune di Terni  pur nella consapevolezza di evidenti cause di incompatibilità politica con un eventuale incarico di primo cittadino.

Una circostanza che potrebbe proiettare la realtà fattuale lungo l’impervio sentiero di un’indagine penale.

Alla Pec del 7 agosto seguiranno le Pec delle opposizioni consiliari ma che resteranno confinate alla procedura del Tuel.

Nella mia denuncia, invece, si solleva il dubbio che potrebbero essere stati commessi i reati di usurpazione di Potere Politico e usurpazione di Funzione Pubblica, rispettivamente articoli 287 e 347 del codice penale.

La mia intervista, dell’8 agosto alla emittente AM television, rende l’eventuale , notitia criminis” pubblica e a disposizione della Procura della Repubblica per le verifiche del caso.

La giurisprudenza penale, sentenze 48754/2011 e 43789/2022, del resto, sembrano confermare i dubbi espressi.

In particolare la seconda appare illuminante:

“Integra il reato di usurpazione di funzioni pubbliche la condotta del consigliere comunale che partecipi alle sedute del Consiglio nonostante l’intervenuta conoscenza del provvedimento amministrativo che lo abbia dichiarato decaduto della carica sebbene non avvenuto nelle forme della notificazione”.

È noto che il parere del Ministero dell’Interno non abbia natura provvedimentalema non può altrimenti non considerarsi la rilevanza della fonte giuridica da cui proviene.

In conclusione, nelle more della decisione del Prefetto si preannuncia un autunno molto caldo per Il Sindaco Bandecchi, il Comune e l’intera comunità ternana.

 

 

AMTG SPECIALE – Intervista esclusiva Stefano Bandecchi | AMTG … https://g.co/kgs/pkPCsH




Pedagogia ed inclusione: strumenti per combattere il disagio giovanile.

L’inclusione deve essere considerata come un vero e proprio strumento pedagogico, rendendola una pratica educativa estremamente importante e vantaggiosa.

Occorre, in realtà, ripensare l’approccio, mirando a coinvolgere e supportare attivamente tutti gli studenti, indipendentemente dalle loro differenze o abilità, all’interno dello stesso ambiente educativo.

Questo approccio promuove l’uguaglianza, il rispetto reciproco e la valorizzazione delle diversità, creando un ambiente di apprendimento ricco e stimolante per tutti.

E’ inevitabile oggi iniziare seriamente a trasformare l’inclusione in un fattore positivo nell’ambito pedagogico, coinvolgendo studenti e famiglie.

La Valorizzazione delle Diversità che è inevitabile in un buon processo inclusivo permette agli studenti di apprendere a conoscere e rispettare le diverse prospettive, background culturali, abilità e bisogni dei loro compagni di classe.

Questo promuove la comprensione e la tolleranza, preparando gli studenti per una società inclusiva e multiculturale.

Per poter avere successo occorre lavorare sull’empatia e sull’autorevolezza.

Empatia quale dote importante di studenti e docenti ed autorevolezza quale riconoscimento del ruolo per i docenti ed educatori.

Un percorso che passa obbligatoriamente per l’Apprendimento Collaborativo, che tramite il concetto di inclusione incoraggia la collaborazione tra studenti con diversi livelli di abilità.

Gli studenti imparano non solo dai loro insegnanti, ma anche l’uno dall’altro, sviluppando abilità sociali, empatia e competenze comunicative.

Vi è anche un aspetto che aiuta ad insegnare, infatti l’inclusione spinge gli educatori a adattare le loro pratiche per soddisfare una varietà di bisogni degli studenti.

Questo li sfida a cercare nuovi metodi di insegnamento e valutazione, potenziando ulteriormente la loro capacità di adattamento.

Un forte strumento di crescita personale che si attiverebbe  sugli studenti con bisogni speciali o con diversi stili di apprendimento, attivando la completa opportunità di partecipare pienamente all’istruzione regolare.

Questo aiuta a sviluppare una maggiore fiducia in se stessi ed a migliorare le loro abilità sociali ed accademiche.

Serve prestare attenzione alla preparazione per la Vita Reale, l’attuale società è variegata e inclusiva, ed i luoghi di lavoro e la comunità in generale riflettono questa diversità.

L’inclusione in ambiente scolastico prepara gli studenti a interagire e collaborare con persone diverse, contribuendo alla loro futura riuscita sociale ed economica.

Comprendere i sistemi di inclusione e viverli in prima persona, possono favorire una complessiva riduzione dell’emarginazione.

Infatti l’inclusione come strumento pedagogico può contribuire a ridurre l’emarginazione e l’esclusione sociale che spesso affliggono gli studenti con bisogni speciali, ma non solo.

Occorre infatti riflettere sul fatto che l’emarginazione oggi non è solo legata alla disabilità ma anche a d’importanti fattori socio-emotivi spesso irrisolti se non addirittura sommersi.

Appare evidente che stimolare, nei nostri giovani, meccanismi che aiutano a comprendere fenomeni che potremmo chiamare “isolanti” o “estranianti” potrebbe essere la chiave di successo per aiutare tutti i giovani, e far in modo che si possano anche aiutare fra loro.

Anche l’accesso a un’istruzione di alta qualità può migliorare le opportunità nella vita.

Tuttavia, è fondamentale sottolineare che l’inclusione richiede risorse adeguate, formazione per gli educatori e un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti.

Ogni studente ha bisogni unici e l’adattamento delle pratiche pedagogiche può richiedere tempo ed energie.

Inoltre, potrebbe essere necessario bilanciare l’inclusione con il bisogno di supporto specifico per gli studenti con bisogni particolarmente complessi.

In sintesi, l’inclusione come strumento pedagogico promuove una società più giusta, rispettosa e aperta.

Implementarla richiede un approccio attento e impegnato, ma i benefici a lungo termine per gli studenti e per la società nel suo complesso sono inestimabili.

 

La Pedagogia al Servizio delle Famiglie: Una Partnership per il Successo Educativo




La Pedagogia al Servizio delle Famiglie: Una Partnership per il Successo Educativo

Nella società odierna, le famiglie e la pedagogia condividono un legame cruciale nell’educare e formare le future generazioni.

La pedagogia, intesa come scienza dell’educazione, gioca un ruolo fondamentale nel plasmare le menti giovani, mentre le famiglie sono i primi contesti in cui i bambini imparano valori, comportamenti e relazioni sociali.

Unendo questi due pilastri, possiamo creare un ambiente educativo completo e armonioso che promuova il successo e lo sviluppo integrale dei bambini.

Il coinvolgimento attivo delle famiglie nel processo educativo è una componente essenziale per il successo degli studenti.

Quando genitori e pedagogisti lavorano insieme, si crea una sinergia che permette di affrontare meglio le sfide e di cogliere appieno le opportunità per i giovani studenti.

La pedagogia non è limitata alle aule scolastiche, ma si estende anche alla vita familiare, dove si possono sperimentare e applicare i principi educativi in situazioni quotidiane.

I pedagogisti possono offrire alle famiglie preziose informazioni sulle fasi dello sviluppo infantile, sulla gestione delle sfide comportamentali e sulla creazione di ambienti stimolanti per l’apprendimento.

Dall’altra parte, le famiglie possono condividere con gli educatori le conoscenze uniche che hanno sui loro figli, inclusi interessi, talenti, punti di forza e debolezza.

Questo scambio di informazioni può aiutare gli insegnanti a personalizzare l’approccio educativo per soddisfare le esigenze specifiche di ciascuno studente.

La comunicazione aperta e continua tra pedagogisti e famiglie è un cardine di questa partnership.

Gli educatori dovrebbero stabilire canali di comunicazione efficaci per condividere aggiornamenti sull’apprendimento e il comportamento degli studenti, oltre a fornire consigli per il coinvolgimento familiare nell’educazione.

D’altra parte, le famiglie dovrebbero sentirsi a proprio agio nel condividere le loro preoccupazioni, suggerimenti e riflessioni sull’esperienza educativa dei loro figli.

L’apprendimento non dovrebbe limitarsi alle aule scolastiche, ma dovrebbe continuare anche a casa.

Le famiglie possono svolgere un ruolo attivo nell’incoraggiare i loro figli a esplorare nuovi argomenti, leggere libri, partecipare ad attività creative e scoprire interessi personali.

Inoltre, possono supportare l’apprendimento attraverso discussioni, ricerche e visite a musei o luoghi di interesse.

La pedagogia al servizio delle famiglie può anche concentrarsi sulla promozione di valori fondamentali come il rispetto, la tolleranza, l’empatia e la responsabilità.

I pedagogisti possono collaborare con le famiglie per incoraggiare la formazione di cittadini consapevoli e eticamente responsabili.

La pedagogia al servizio delle famiglie crea un’atmosfera in cui i bambini possono prosperare sia a livello accademico che personale.

Quando pedagogisti e famiglie si impegnano insieme nell’educazione dei giovani, si costruisce una base solida per il successo futuro.

Questa partnership non solo migliora l’apprendimento degli studenti, ma contribuisce anche a creare individui equilibrati, motivati e pronti ad affrontare le sfide del mondo in continua evoluzione.

 

N.B. pensiero tratto da “le conversazioni pedagogiche” corso per docenti e famiglie.




CERVELLI INBIBITATI E INTELLIGENZE ALLO SBANDO

 

Abili giocolieri – particolarmente versati nel mescolare le carte e confondere, quando non a mentire spudoratamente – tengono in ballo milioni di cittadini, nel mondo.

La cosa è talmente evidente che siamo arrivati a un punto in cui non vale neanche la pena di dedicare tempo ed energie preziose nell’elencare nefandezze di ogni tipo, tentativi di prevaricazione, inadempienza di norme e principi, violazione dei principi basilari sui quali si reggono le Nazioni, spoliazione di ogni autorità nel governare le stesse rispettandone i principi posti a tutela e salvaguardia della sovranità…

La gente è bombardata da notizie e dalle critiche alle stesse: critiche spocchiosamente liquidate come fake, o come frutto dei presunti ‘deliri di negazionisti’ o come esternazioni di qualche ‘no-qualcosa’ (erronee indicazioni di questo tipo continuano a fioccare).    

Situazioni dove chi somministra le notizie ufficiali, sostenute da un’informazione di parte se non di ‘regime’ ovvero ‘complice’, fa affidamento su una pletora di personaggi – chiaramente strumentalizzati e, è lecito pensare, fidelizzati da qualcuno – che si definiscono ‘esperti’ o sacerdoti di una ‘scienzah’ che rinnega quella Scienza che fino a ieri è stata per tutti guida certa.  Ed è qui il vero negazionismo, camuffato abilmente – e prepotentemente – da politically correct -: la parola d’ordine è negare, negare sempre e ostinatamente qualunque cosa venga detta e chiunque possa sostenerla; tutto ciò che possa contrastare il (loro) pensieri unico, va combattuto con tenacia assoluta.

L’ordine è sopraffare, sostituire tutto ciò che rappresentava e rappresenta il ‘prima’, persone incluse.       

Il bello è che la fazione dei ‘so tutto,  a prescindere’ evita accuratamente ogni confronto (specialmente pubblico: ossia, accettando un esplicito contraddittorio, mettendoci la faccia, di fronte all’opinione pubblica) con chi – con dati realmente scientifici e quindi attendibili – li possa contraddire. 

Stiamo vivendo, e non da oggi, una fase epocale, sociale, economica, finanziaria e mercantile, in cui vengono imposte situazioni, regole e condizioni forse cervellotiche, ma sicuramente contro gli interessi del popolo: di quel popolo che proprio attraverso le regole fin qui seguite e – soprattutto – la corresponsione di tasse, sostiene la macchina statale; e quindi la spesa facile, gli sperperi; quel popolo in nome e a favore del quale molti amministratori dicono di agire, ma che in realtà è la loro vittima preferita (e per lo più, unica).                                                                                                            

È così che il meccanismo ci appare, mentre si dilata; da un lato c’è chi tenacemente e costantemente inbibita i cervelli con false notizie, false speranze e false verità: dall’altro, chi – per propria scelta, o per alterazione neurofisiologica o semplice mancanza di cultura, o che ha gettato alle ortiche la propria cultura per nutrirsi dello spicciolame vacuo di pettegolezzi, banalità e falsità, che gira vorticosamente – non è più capace di pensare con la propria testa, non riflette più, non è più abile nell’instaurare un giusto processo mentale che lo porti a ragionare e quindi valutare per decidere, scegliere, in maniera consapevole e senza che sia qualcun altro a dire ‘fai così’ o ‘fai colà’ o peggio ancora suggestionandolo con ‘questo dev’essere il tuo pensiero’.                                                                                      

Non è più l’imposizione di una economia globale, quindi, ma un ‘falso capillare e d’insieme’ dove ci sarà chi è stato convinto di essere destinato a un’esistenza eccellente, mentre invece potrebbe essere candidato all’eliminazione mentale e forsanche fisica.                                                                                                         

Mi piacerebbe molto che, leggendo questo articolo, in molti si ponessero degli interrogativi, mettendo sui piatti di una bilancia ideale i fatti, così domandandosi: ma perché non si fa nulla?

Perché gli interventi sono tanto inappropriati e intempestivi?

Oppure, chi e perché ci mente e con quale fine?                                                     

A seguire, ecco dei dati sui quali riflettere.                                                      

nei supermercati ho notato che i ‘fagioli piattoni verdi’ provengono dal Marocco; i ‘cavolfiore’ dalla Francia; i ‘pomodori da riso’ dal Marocco; i ‘pomodori oblunghi verdi’ e le ‘pannocchie fresche di granturco’, dalla Spagna; i ‘pomodori datterino’ dal Marocco; la ‘lattuga’ dalla Spagna; il ‘Kiwi’ dalla Grecia; l’ ‘ananas’ dalla le Costa Rica; le ‘susine rosse’ dal Sud Africa; le ‘arance valencia’ dall’Argentina; le ‘pere conference’ e le ‘albicocche’ dall’Olanda; le carni in vendita provengono da Francia, Olanda, Danimarca, Scozia…

A prescindere dai leciti dubbi che possono sorgere in merito ai controlli sulla sicurezza alimentare (ricordiamo: l’Italia è stata leader in questo settore, con controlli scrupolosi e reali), mi chiedo: ma quando costa proprio in inquinamento far viaggiare e recapitare questi prodotti?

Perché non si dà più la preferenza ai prodotti a Km. ‘zero’ italiani?

Ci meravigliamo poi che la filiera agricola soffra, annaspi cercando di sopravvivere, dando la preferenza a prodotti che non hanno la stessa qualità di quelli italiani, che appena li porti a casa già iniziano ad andare a male?      

Ci meravigliamo se gli splendidi e particolari limoni nelle limonaie della costiera Amalfitana sono per lo più in terra, non colti né distribuiti perché più costosi di certi limoni (dal gusto ‘significativamente’ diverso) che vengono messi in commercio?                                                                                                    

Questi dati, da soli, sono già esplicativi del perché l’Italia sia tanto regredita: così come in ambito monetario – la moneta cattiva, caccia la buona (legge di Gresham) – tutto ciò che viene posto a sostituzione di buone merci, è oggi di scarsa qualità: se paghi poco, poco acquisti (recita un classico adagio); ma oggi si rischia seriamente e continuamente di pagare molto merce di qualità solo mediocre.

Non parliamo poi delle confezioni ‘alleggerite’ pur mantenendo una confezione inalterata ossia ‘grande’ per meglio raggirare l’acquirente.

Che dire poi dell’aumento dei prezzi anche dei generi alimentari di prima necessità? Che dire della tardiva presa d’atto di ciò da parte di chi ci amministra?

È da Agosto 2021 che tutti i prezzi sono esplosi in un crescendo irrefrenabile: ci sono voluti tutti questi mesi per rendersi conto dell’ormai insostenibilità della situazione, e che la gente non ce la fa più a sostenere un peso, dei costi, sempre crescenti.

Fa un certo effetto sentire ora di incontri, di tavole rotonde, di cabine di regìa, tra le varie componenti coinvolte nella dinamica dell’approvvigionamento e dei prezzi: ma quello che colpisce molto è che si lasci alle parti coinvolte applicare ovvero stabilire le commisurazioni dei prezzi calmierati/bloccati.

In una situazione di emergenza come quella attuale, il Governo, lo Stato, si devono ri-appropriare della centralità gestionale, nell’interesse dei cittadini: c’è bisogno di decidere e di informare tutti che ‘da domani’ è così per 90-180 giorni, poi si vedrà.                                                                               

Occorre dare un segno concreto di discontinuità, di volontà di cambiamento: dev’essere data preferenza e preminenza al made in Italy, ai prodotti di qualità, frenando l’import di prodotti scadenti e la loro immissione in commercio: un conto è parlare di tutela del mercato libero, altra cosa è commercializzare schifezze in commentabili di provenienza probabilmente non tanto accurata e/o verificata.

Occorre soprattutto ripristinare quei controlli che consentono di mantenere il controllo sui prezzi: ormai fuori controllo, sospinti al rialzo da una speculazione crudele.           

Diamo soddisfazione agli agricoltori, agli addetti del settore zootecnico, alla filiera vitivinicola: ciò si tradurrà in mantenimento di posti di lavoro, guadagni, investimenti, caratterizzati da alti standard qualitativi.                             

E che i prodotti ‘cattivi’ li mangino coloro che creano queste imposizioni: al pari dell’utilizzo degli OGM o dei diserbanti nelle coltivazioni di grano, dapprima vietato e ora stranamente consentito!

Si chiama ‘cultura del cibo’ e l’Italia in questo campo ha molto da insegnare.




Summit di Vilnius: Svezia e Ucraina si candidano ad entrare nella Nato

Il summit di Vilnius e le notti bianche di Helsinki

Le repubbliche baltiche cuore della geopolitica

Dopo il vertice Nato a Vilnius Biden vola ad Helsinki per festeggiare l’entrata della Finlandia nell’Alleanza Atlantica.

 

Missione europea per il presidente americano Joe Biden

Joe Biden è arrivato a Helsinki mercoledì 12 luglio sera per celebrare l’ingresso della Finlandia nell’Alleanza Atlantica.

Si tratta dell’ultima tappa di cinque giorni europei caratterizzati da un programma molto intenso.

 

L’incontro a Londra con Re Carlo e il premier inglese

La Missione europea è iniziata a Londra il 9 luglio.

Biden ha incontrato il premier inglese Rishi Sunak.

È stato inoltre ricevuto a Windsor, nel castello reale, da Re Carlo III.

 

Il summit della Nato a Vinius

La tappa successiva è stata a Vilnius in Lituania, in occasione del vertice dei Capi di Stato e dei Governo della Nato, svoltosi nelle giornate di martedì 11 e mercoledì 12 luglio nella capitale baltica.

Imponenti le misure di sicurezza adottate.

 

Banner pubblicitari in tutta la città

Numerosi anche i banner pubblicitari inneggianti allo Nato sparsi per la città.

publicità per il veritce Nato
publicità per il veritce Nato – Foto di Vittoria Bacchi

Davanti al vecchio teatro della città campeggia la scritta a caratteri cubitali “hashtag Nato Mes”.

vilnius teatro banner anti Nato e Mes
vilnius teatro banner anti Nato e Mes – Foto di Vittoria Bacchi

 

Le Repubbliche baltiche cuore della geopolitica

Il summit ha visto per la prima volta la Finlandia, già facente parte dell’Unione europea da antica data (1995), come membro a tutti gli effetti dell’Alleanza Atlantica.

Le altre Repubbliche baltiche invece, Lituania, Lettonia ed Estonia, fanno parte della Nato dal 2004, lo stesso anno in cui sono entrate a far parte dell’Unione europea.

Svezia e Ucraina si candidano ad entrare nella Nato

Il summit lituano ha inoltre registrato un ulteriore avvicinamento della Svezia alla Nato, veicolato dal nulla osta del presidente turco Erdogan, espresso proprio il giorno prima.

Al summit ha partecipato, per la prima volta nella storia dell’Alleanza, anche il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

La Meloni a Riga per il bilaterale col premier lettone

Il presidente Meloni il giorno dopo il summit lituano ha raggiunto la vicina Lettonia, dove a Riga ha incontrato il presidente lettone Krišjanis Karinš.

Insieme al Ministro della difesa Crosetto i due presidenti hanno incontrato presso la Base militare di Camp Adazi il personale del Contingente italiano “Baltic Task Group”, impegnato nell’operazione Baltic Guardian nell’ambito della missione Nato Enhanced Forward Presence.

 

L’arrivo di Biden a Helsinki

Dopo il summit di Vilnius il Presidente degli USA è atterrato ad Helsinki, nella tarda serata di mercoledì 12 luglio, all’aeroporto della capitale nordica ubicato nei pressi della città di Vantaa (nota n. 5).

Ha alloggiato nel famoso hotel Radisson Royal, nel centralissimo quartiere Kamppi.

 

La leadership di Biden sulla scena mondiale

È sicuramente l’occasione per affermare la leadership del Presidente sulla scena mondiale, così ha confermato il Consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan in una sua dichiarazione.

 

La fitta agenda della giornata finlandese

Il programma dell’unica giornata a Helsinki è stato molto intenso.

L’ultima tappa dei cinque giorni europei ha previsto giovedì 13 luglio l’incontro con il presidente finlandese Sauli Niinistö e con il Ministro capo della Repubblica finlandese, ossia il capo del Governo, Petteri Orpo.

 

L’incontro con la confederazione nordica

Biden ha avuto un meeting anche con i quattro primi ministri del Consiglio nordico, l’organo di consultazione politica ed economica costituitosi nel 1952.

Il consiglio nordico comprende oltre la Finlandia, la Svezia, la Norvegia, la Danimarca e l’Islanda e che ha sede a Copenaghen.

 

Le eccezionali misure di sicurezza a Helsinki

Quartiere di Toolo Helsinki
Quartiere di Toolo Helsinki

La visita di Biden ha fatto scattare misure di sicurezza eccezionali nella capitale finnica, con interi quartieri transennati

Quartiere di Toolo Helsinki
Quartiere di Toolo Helsinki

Il palazzo presidenziale, dove si sono svolti gli incontri, è stato presidiato con eccezionali misure di sicurezza e la zona del porto è diventata off limits.

L’ottocentesco palazzo presidenziale, già residenza dello zar di Russia dal 1809 al 1917, quando il Granducato di Finlandia faceva parte dell’Impero russo, si affaccia infatti proprio sul porto e sul Golfo di Finlandia, prospicente la piazza del mercato Kauppatori, il luogo più noto di Helsinki.

Palazzo presidenziale Helsinki
Palazzo presidenziale Helsinki

Anche le frontiere terrestri sono state allertate, ed eccezionalmente sono stati fatti controlli ai viaggiatori in arrivo.

 

Cinque anni fa la visita di Trump. L’assenza di Putin

Dopo cinque anni dalla visita di Trump lo scenario mondiale è cambiato totalmente.

Il presidente Putin non siede più nel consiglio nordico, essendone stato espulso dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

Biden ha inoltre affermato che Putin avrebbe perso la guerra.

 

L’accoglienza a Helsinki da parte della popolazione

Numerosi cittadini americani, oltre che finlandesi, e anche qualche turista curioso, hanno atteso il Presidente Biden davanti al Palazzo presidenziale, attendendo ore ed ore.

La folla a Helsinki davanti al palazzo Predienziale
La folla a Helsinki davanti al palazzo Predienziale

Sono stati incuranti del tempo variabile e degli elicotteri militari costantemente in volo sopra le loro teste

 

Il sole di mezzanotte finlandese

A sera inoltrata Biden si è avviato in aeroporto per rientrare a Washington.

Una sera luminosa, perché ad Helsinki in questo periodo il sole non tramonta mai e le notti sono “bianche”.

Il sole di mezzanotte ha sicuramente favorito la vigilanza e i controlli sulla città presidiata.

 

Biden inciampa sulle scale dell’Air Force one

Piccolo incidente per Biden al momento di salire le scale del Air force one: è scivolato su un gradino, preoccupando i presenti e gli uomini della scorta.

Altre volte in passato l’anziano Presidente aveva avuto problemi di equilibrio mentre saliva la scaletta dell’areo presidenziale.

Nulla di grave stavolta, si è ripreso subito evitando di cadere.

 

Il “fuori programma” londinese e il protocollo reale infranto

Anche a Londra pochi giorni prima, durante l’incontro al castello di Windsor con re Carlo III, Biden sembra che abbia rischiato di cadere.

Il Presidente americano ha infatti afferrato all’improvviso il braccio del sovrano e si è aggrappato alla sua giacca.

Il fuori programma ha infranto il rigoroso protocollo della corona britannica, che impone il divieto assoluto di toccare il monarca, provocando sconcerto tra i presenti e lo sguardo imbarazzato del re.