“La ‘Macchina Crea Invenzioni’ – Creatività e metodologia applicata – Volume II”

 

Nel volume di Alessandro Bolognini “La ‘Macchina Crea Invenzioni’ – Creatività e metodologia applicata – Volume II” (Giuffrè Francis Lefebvre Editore, 2023, pp. 153) pubblicato nella collana “Pubblicazioni CE.DI.S – Università eCampus”, l’autore presenta un metodo da lui elaborato e basato sul calcolo combinatorio.

Tale metodo si configura come un’alternativa alle IA generative e viene utilizzato per creare: tutte le immagini possibili, tutte le immagini 3d possibili, tutti i video possibili, tutti i video 3d possibili, tutti gli audio possibili, tutti gli audiovideo possibili e tutti gli audiovideo 3d possibili.

Di particolare rilievo risulta anche il capitolo dedicato alle “immagini invenzione” cioè a quelle immagini il cui contenuto è composto da progetti che descrivono e rappresentano invenzioni.

 

Per avere un’anticipazione sui contenuti del volume, potete vedere il video di presentazione cliccando il seguente link https://www.youtube.com/watch?v=USCNcKYnWYU

 

Alessandro Bolognini – Artista e Communication Manager. Si laurea prima in Scienze della Comunicazione e poi in Scienze e Tecniche Psicologiche.

È autore di contributi nel campo del management e delle tecniche di applicazione del linguaggio espressivo nel settore del pensiero creativo e delle sue valenze sociali, socio-economiche e formative.

Tra le sue pubblicazioni segnaliamo: “Smart leadership e organizzazioni di volontariato” (Armando Editore, 2019); “Test di A. Bolognini – Arte e counselling: costruzione di uno strumento di lavoro e suo utilizzo nel campo sociale” (Giuffrè Francis Lefebvre Editore, 2019); “Tecnointrusività tra ricerca, etica e diritto” (Giuffrè Francis Lefebvre Editore, 2021); “La ‘Macchina Crea Invenzioni’ – Creatività e metodologia applicata – Volume I” (Giuffrè Francis Lefebvre Editore, 2021).

 

Sito dell’autore: https://www.alessandrobolognini.com

 




DP World Tour Dubai

Sull’Earth Course del Jumeirah Golf Estates, a Dubai, – Emirati Arabi Uniti – da giovedì e finirà domenica è in atto la fase finale del DP World Tour di golf: il DP World Tour Championship. La gara, riservata ai primi cinquanta dell’ordine di merito del circuito, ha un montepremi complessivo di 10,5 milioni di dollari, dei quali 3 andranno al vincitore ( € 2.764.461,00 n.d.r. ) e ben 40 mila dollari al cinquantesimo. 

 

La classifica, nel corso della terza giornata vede in testa un giocatore danese, Nicolai Højgaard con 11 colpi sotto il par. Tra gli altri, in campo ci sono anche quattro tra i primi dieci giocatori al mondo: Rory McIlroyJon RahmVictor Hovland e Matt Fitzpatrick e gran parte della squadra europea che ha recentemente vinto la Ryder Cup al Marco Simone Golf Club di Roma. Dopo tanti anni, nessun italiano in gara, anche se fa ben sperare che il prossimo anno tra conferme, ritorni e nuovi arrivi giocheranno sul circuito ben 10 azzurri. 

 

Non soltanto una gara, con “the best players on Earth” (i migliori giocatori sulla terra n.d.r.) come dice il motto del torneo, giocando sul termine terra che indica sia in nostro pianeta che il nome proprio del percorso sul quale si gioca la gara dove gli atleti cercano di posizionarsi nella parti alte della classifica europea, già assegnata al nordirlandese Rory McIlroy con una gara d’anticipo, ma tanti eventi collaterali. 

 

Si parte con quelli per gli sponsor che si concretizzano con party esclusivi e partite a golf, quelli per attivare il territorio con un bel villaggio all’interno del percorso dove provare a giocare, divertirsi, mangiare ed ascoltare alcuni concerti che vanno avanti fino a sera inoltrata, quelli per la stampa in particolare con l’evento organizzato venerdì sera da DP World consistente in una piccola gara di golf in notturna. 

 

Il più importante di questi eventi è sicuramente quello destinato ai golfisti con disabilità ed è qui che abbiamo un italiano in campo: Tommaso Perrino che, pur non brillando sul percorso emiratino, ha disputato una stagione di ottimo livello che gli consente di essere tra gli atleti di vertice in questa categoria. 

 

Tommaso era già un buon giocatore quando ha subito un incidente che ne ha limitato i movimenti, tuttavia, grazie alla sua forza d’animo ed a tanto allenamento è riuscito a mantenere il suo gioco a livello professionale e distinguersi in questa categoria. 

 

Ad accompagnarlo, come caddie e coach in questa trasferta emiratina, Maurizio Ravinetto, storico maestro di golf che ha formato decine di atleti di buon livello in tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento alla Toscana e l’Emilia-Romagna.

(Nella foto Tommaso Perrino nel terzo colpo alla 18 e sul green con, di spalle con la scritta Perrino, Maurizio Ravinetto)




“Progetto lettura” … e comunque le buone maniere iniziano sempre in famiglia

Giovani e meno giovani continuamente immersi in un mondo virtuale parallelo con diversi tipi di dispositivi digitali.

In sala d’attesa, in autobus, in treno non c’è chi legge un libro o un quotidiano, ormai sulla via dell’estinzione.

Tutti a digitare su un onnipresente schermo.

E i più piccoli?

Abbandonati soldatini, bambole e automobiline, occhi puntati rigidamente sul display del cellulare di papà o mamma … almeno è tranquillo!
Tutti per un motivo o per un altro, tra WhatsApp, Instagram e Telegram, rapiti dal cellulare.

Il tempo per una buona lettura non c’è più.

Eppure la cultura, i valori di una società sono trasmessi in gran parte attraverso i libri.

Perché la lettura stimola una forte immaginazione per creare significato alle varie vicende.

Storie di personaggi reali o inventati danno la possibilità al lettore di decifrare un contesto di vita o immedesimarsi in un’esperienza non ancora vissuta.

Tutto questo arricchisce il bagaglio personale ed emozionale di ciascuno e sviluppa empatia ossia la capacità di percepire i vari stati d’animo: leggere, analizzare, capirne il messaggio o significato che l’autore vuole trasmettere, sentirne l’utilità e sopratutto discuterne insieme.

La lettura inoltre favorisce un discorso interiore per arricchire i propri valori.

Perché saper leggere significa soprattutto comprendere lo stato d’animo dei protagonisti del racconto, perché è su questo che si basa la loro capacità di scelta e decisione.

Ciò che avviene mentre si legge è la capacità di rendersi più consapevoli di chi siamo, cosa desideriamo, cosa ci addolora e cosa ci rende felici.

L’esperienza appresa attraverso i vari brani permette di originare un senso critico per le scelte fatte o che si andranno a fare.

E allora, mentre dilagano le persone con lo smartphone perennemente tra le mani, promuoviamo la lettura a casa e a scuola, perché leggere apre la mente a nuovi modi di pensare e agire, permette di staccare i pensieri dai propri problemi per qualche ora e crea uno stato di rilassamento mentale.

Allora prendiamo un libro, e dedichiamo qualche ora a noi stessi.

 

Pio Mirra, Ds IISS Pavoncelli Cerignola (FG)




Lo spione: una commissione a favore dei whistleblower

Una delle traduzioni che internet suggerisce per il termine whistleblower è lo spione, ma anche il fischiatore, il suggeritore, l’informatore.
In America il whistleblower (neologismo introdotto dall’inglese americano) viene anche associato, in certi casi, alla figura di gola profonda (deep throat), ovvero colui che denuncia o riferisce alle autorità, pubblicamente o segretamente, attività illecite o fraudolente nel governo, in un’organizzazione pubblica o in un ente privato.
L’istituto del c.d. whistleblowing è disciplinato dall’art. 54 bis “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” del decreto legislativo n. 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall’art.1, c.1, della legge 30 novembre 2017, n. 179, il quale prevede una tutela rafforzata per il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile delle condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro.
Whistleblower comunque ha una connotazione semantica positiva che in italiano non esiste, anzi molto spesso viene confuso con il termine delatore che ha invece connotazioni negative.
Questo la dice lunga sull’abitudine italiana di rispettare la persona che denuncia attività scorrette nella propria azienda, sia essa pubblica o privata, e di tutelarla.
A partire dal sottoscritto, l’amico Fabio Delibra, ma fino ad arrivare a Carlo Bertini ex dipendente di Bankit che denunciò il famoso caso diamanti, nel nostro paese chi denuncia non viene visto come un eroe o solo un cittadino corretto, ma come un rompicoglioni da allontanare da qualsiasi cosa ed a qualsiasi costo, anche a distanza di decenni.
Peggio ancora nei confronti di queste figure viene avviata una macchina del fango che non ha eguali, se non addirittura una macchina fatta dall’uso fuorviato dei tribunali, che comunque poi si conclude sempre con un nulla di fatto, ma fa guadagnare tempo al “segnalato” e comunque permette di screditare i poveri whistleblowers.
L’uso improprio della giustizia ha anche un altro effetto, quello di costringere il denunciatore ad un significativo dispendio economico, mettendolo comunque in difficoltà.
Cose peraltro già successe e già vissute in prima persona dal sottoscritto, ma anche da tutti quelli che si sono trovati a voler correggere cose sbagliate.
Dobbiamo renderci conto che il nostro sistema italiano ha ormai più sovrastrutture ideologiche e lobbistiche che funzioni oggettive.
Gli apparentamenti politici oggi incatenano il nostro paese, giustizia compresa, e ne minano alla radice il senso etico e di conseguenza l’operatività morale.
Il quadro pertanto legato ai temi del cosiddetto “whistleblower” è abbastanza deludente: denunciare oggi il datore di lavoro sembra essere un’impresa rischiosa, che porta danno solo al lavoratore e ne mina anche salute e finanze.
Vero, è occorre dirlo, che in una piccola percentuale ci sono stati anche casi in cui chi ha denunciato ha avuto il giusto riconoscimento, ma comunque anche nei casi che sono andati a buon fine, meno del due per cento, sono passati anni di sofferenza.
Non abbiamo speranza che in questo paese le persone oneste vengano rispettate.
Comunque faccio una proposta:
Propongo la creazione di una commissione indipendente esterna alla politica ed alla amministrazione, formata da chi ha subito le ritorsioni ed ha perso la sua posizione, giornalisti non legati a movimenti politici e non influenzabili, che sia a disposizione di chi denuncia ancor prima di farlo o ha già denunciato ed è stato stritolato dalla morsa del potere, per tutelarli ed accompagnarli.
Questa commissione dovrebbe avere un budget di spesa per aiutare chi denuncia e per poter svolgere indagini preventive.
Forse questo organismo affiancato ad una norma giusta potrebbe risolvere qualche enorme intoppo oggi presente e favorire chi vuole migliorare il paese.
Fin da ora mi candido a farne parte.
Ma credo che nessuno raccoglierà questa mia proposta, soprattutto nessun politico, perché il BLA BLA BLA elettorale lo sanno fare tutti, ma mettere in atto cose scomode… 



Ricostruzione Ucraina: Angelo Sinisi.

 Oggi, intervistiamo l’Ing. Angelo Sinisi, esperto Economista, Manager di ’’Tales of Angels” (asociatiatalesofangels.com), Confindustria Romania Associative Development  (https://confindustria.ro/), PhD Profesor Asociat Selisun University https://www.uniselinus.education/, da molti anni residente in Romania, anche lì conosciuto e apprezzato per le sue doti professionali e le sue qualità umane, nonché punto di riferimento per molti connazionali della comunità Italiana in Romania.                                  

Abbiamo avuto la possibilità di porgli qualche domanda, maturata nel corso di una gradita chiacchierata, e qui di seguito riportiamo le relative sue considerazioni, con focus su quella che potrà essere il processo di ricostruzione in Ucraina, una volta che le devastazioni della guerra potranno aver termine.                                 

La prospettiva di una ricostruzione in Ucraina è un argomento di grande rilevanza, e il parere di un consulente Ingegnere ed Economista internazionale come il dott. Angelo Sinisi, impegnato in progetti a livello internazionale, è certamente interessante, e utile da considerare oggi come per il futuro.                      

La ricostruzione di un paese devastato com’è oggi l’Ucraina, sostiene con autorevolezza l’Ing. Sinisi,  rappresenterebbe un’opportunità per la sua ripresa economica e potrebbe anche avere impatti significativi a livello europeo.                                                                                          

Iniziamo esaminando gli aspetti economici.

È innegabile che una massiccia ricostruzione in Ucraina richiederebbe una vasta quantità di risorse: dalla costruzione di infrastrutture all’approvvigionamento di materiali da costruzione, all’impiego di manodopera specializzata.

Ciò  certamente porterebbe a livello europeo a un rilevante incremento della domanda di tali risorse, con il potenziale rafforzamento di un rialzo dei prezzi.

L’Europa potrebbe vedere un’esplosione dei prezzi dovuti alla crescente domanda di materiali da costruzione come acciaio e cemento, così come, conseguentemente, potrebbe esserci una pressione al rialzo sui salari dei lavoratori qualificati.

Questo determinerebbe di per sé un riallineamento, con un aumento dei costi per le imprese europee, influendo sull’inflazione.

Inoltre, un prevedibile export aggressivo in Ucraina potrebbe causare carenza di prodotti in Europa, poiché le risorse disponibili, in attesa di essere nuovamente calibrate per soddisfare l’incremento improvviso della domanda, al subentrare dell’auspicata azione di pacificazione, verrebbero dirottate verso il mercato ucraino.

Ciò potrebbe creare un ulteriore impatto sui prezzi e sulla disponibilità di beni.                                                       

Dal punto di vista immobiliare, è possibile che la domanda di materiali da costruzione sia così elevata da far aumentare notevolmente i prezzi, rendendo la costruzione onerosa.   

Tuttavia, è importante notare che questo scenario dipenderebbe dalla dimensione e dalla portata della ricostruzione in Ucraina: con tutta evidenza, variabile oggi non disponibile.  

Riguardo alle distanze, l’Ucraina non è così lontana dall’Italia, ma la logistica e il trasporto dei materiali ed eventualmente della manodopera non dovrebbero comunque costituire un serio problema, tenendo peraltro presente le incertezze del trasporto marittimo che  potrebbe subire ulteriori complicazioni dovute a questioni geopolitiche. 

Per quanto riguarda l’Italia, potrebbe essere esposta a una crescente pressione sui prezzi e ad una carenza di materiali da costruzione: tali da poter influenzare negativamente il settore edilizio e altri settori ad esso collegati. 

In generale, è importante considerare che questa è una prospettiva al momento teorica e molte variabili potrebbero influire sugli sviluppi futuri: così che la ricostruzione in Ucraina potrebbe effettivamente avere un impatto sull’Europa, la cui portata, natura e durata, dipenderanno da molti fattori, tra cui la dimensione della ricostruzione, la disponibilità di risorse e la capacità di gestire l’incremento della domanda, ha sottolineato l’Ing. Angelo Sinisi. 

Il tutto, tenendo in evidenza l’indeterminatezza attuale dei possibili costi prevedibili per tali opere. 

Elementi e commenti molto utili, quelli di cui sopra, e per i quali abbiamo ringraziato l’Ing. Sinisi anche a nome dei Lettori di BETAPRESS, ripromettendoci di tornare con lui sul tema allorché la situazione inizierà a palesare segnali certi e affidabili di miglioramento.

 




ho visto lei che odia lui che odia lei che odia me…

L’odio in rete è un fenomeno complesso e multi-dimensionale, influenzato da una serie di fattori, e questi fattori sono tutti agevolati dalla tecnicità dello strumento che viene utilizzato, ovvero la rete.

In estrema sintesi riportiamo i punti principali:

1. Anonimato: La possibilità di rimanere anonimi online consente a molte persone di esprimere liberamente le proprie opinioni senza il timore delle conseguenze. Questo anonimato può portare a un comportamento più impulsivo e aggressivo, alimentando l’odio.

2. Disinibizione online: La disinibizione online si riferisce alla tendenza delle persone a comportarsi in modo più estremo o aggressivo rispetto a quanto farebbero nella vita reale. Questo fenomeno può essere amplificato dalla separazione fisica e dalla mancanza di contatti diretti con le persone colpite.

3. Filtri a bolle: I social media e gli algoritmi di raccomandazione spesso mostrano alle persone contenuti che confermano le loro convinzioni preesistenti. Questo può portare all’isolamento in “bolla informativa” e rafforzare le convinzioni estremiste, contribuendo all’odio.

4. Effetto da tastiera: La distanza fisica tra mittente e destinatario online può sfumare l’empatia e la comprensione reciproca. Le persone possono dimenticare che ci sono esseri umani dall’altra parte dello schermo, incoraggiando comportamenti più aggressivi.

5. Problemi sociali: L’odio in rete spesso riflette tensioni sociali più ampie, come il razzismo, il sessismo, l’omofobia o le divisioni politiche. Le piattaforme online possono fungere da sfogo per le frustrazioni e le paure delle persone.

6. Effetto d’onda: Quando un utente pubblica contenuti odiosi e riceve una reazione positiva da parte di altri, ciò può rafforzare il comportamento. Questo può creare una spirale di odio e radicalizzazione.

7. Mancanza di regolamentazione efficace: Molte piattaforme online hanno difficoltà a regolamentare i contenuti odiosi a causa delle dimensioni e della complessità del web. La moderazione dei contenuti può essere imperfetta o soggettiva, il che rende difficile combattere l’odio in rete in modo efficace.

8. Frustrazioni personali: Le persone possono riversare le proprie frustrazioni e insoddisfazioni personali online, spesso prendendosela con altri utenti in modo non costruttivo.

9. Tendenze di gruppo: L’appartenenza a gruppi online che promuovono l’odio può portare le persone a conformarsi alle norme del gruppo, anche se queste norme sono odiose.

In sintesi, l’odio in rete è una manifestazione complessa di diversi fattori, tra cui l’anonimato, la disinibizione, le bolle informative e le tensioni sociali.

Per combattere questo fenomeno, è necessaria una combinazione di misure tecnologiche, educative e legislative, che spesso sono ostacolate da una serie di fattori chiave tra cui annoveriamo:

1. Libertà di espressione: Uno dei principi fondamentali delle società democratiche è la libertà di espressione. Regolare il discorso online in modo troppo severo potrebbe sollevare preoccupazioni sulla censura e la limitazione della libertà di espressione. Le sfide emergono quando si cerca di bilanciare la protezione contro l’odio online con la tutela di questa libertà.

2. Ambito globale e confini sfumati: Internet è un ambiente globale e decentralizzato. Le leggi nazionali variano ampiamente, e le piattaforme online spesso superano i confini nazionali. Ciò rende difficile applicare regolamenti uniformi e coerenti contro l’odio in rete.

3. Moderazione soggettiva: La moderazione dei contenuti è spesso una sfida soggettiva. Determinare cosa costituisce “odio” o “discorso offensivo” può essere aperto a interpretazioni diverse. Le piattaforme online devono affrontare la sfida di applicare politiche di moderazione in modo equo ed efficace.

4. Volume e scala: Internet ospita enormi quantità di contenuti ogni giorno. La moderazione manuale di tutto il contenuto sarebbe sovraumana e costosa. Le piattaforme si affidano spesso a algoritmi di moderazione, ma questi possono commettere errori e non essere in grado di valutare il contesto in modo efficace.

5. Evoluzione delle tattiche: Gli autori di contenuti odiosi sono spesso abili nel modificare le loro tattiche per eludere le misure di moderazione. Questo richiede un costante adattamento delle strategie di contrasto.

6. Anonimato e pseudonimi: L’anonimato online consente alle persone di nascondere la loro identità, rendendo difficile l’attribuzione di responsabilità per contenuti odiosi.

7. Bilanciare la privacy: La lotta all’odio in rete può portare a una maggiore sorveglianza online, il che può minacciare la privacy degli utenti. La sfida è trovare un equilibrio tra la sicurezza e la protezione della privacy.

8. Regolamentazione internazionale: Le questioni relative alla regolamentazione dell’odio in rete spesso richiedono una cooperazione internazionale. Gli sforzi per sviluppare standard globali sono complessi e richiedono tempo.

9. Cultura e istruzione: L’odio in rete è spesso radicato in questioni culturali e sociali più ampie. Affrontare l’odio richiede un cambiamento culturale a lungo termine e una maggiore istruzione sulla civiltà digitale.

Appare evidente quindi che gestire l’odio in rete ha delle complessità notevoli, che potrebbero essere superate dalla semplice educazione dei cittadini di ogni parte del mondo, cosa alquanto utopica se si pensa che molte culture fanno dell’odio un collante interno per la loro sopravvivenza.

Cosa fare quindi?

Di certo occorre una “ferma moderazione” che deve essere applicata dai parlamenti sfruttando il percorso di crescita formativa della nazione.

In Italia è stato fatto?

No, ma speriamo che si cominci…