Fascismo e Antifascismo nel XXI Secolo: mogli e buoi dei tempi tuoi.

L’evocazione di termini storico-politici quali “fascismo” e “antifascismo” nel discorso contemporaneo solleva questioni di notevole rilevanza.

Sarebbe come trasportare ai tempi moderni altri dualismi storici; infatti il concetto di entità che sono logicamente collegate in un certo periodo storico ma non in altri può essere approfondito attraverso l’analisi di specifici fenomeni o ideologie che emersero e si svilupparono in risposta a circostanze storiche particolari.

Queste entità spesso perdono la loro rilevanza diretta o la loro relazione logica quando le condizioni cambiano drasticamente.

Qui di seguito, descriverò due coppie di entità storiche che illustrano questo principio.

Assolutismo monarchico e mercantilismo (XVII – XVIII secolo)

Assolutismo monarchico: Durante il XVII e XVIII secolo, molte nazioni europee erano governate secondo il principio dell’assolutismo monarchico, che sosteneva che il sovrano avesse poteri illimitati, non soggetti a leggi terrene ma solo alla volontà divina.

Questa forma di governo era particolarmente prevalente in Francia, con sovrani come Luigi XIV.

Mercantilismo: Parallelamente all’assolutismo, si sviluppò il mercantilismo, un sistema economico nazionalista che mirava a massimizzare le riserve di metalli preziosi di una nazione attraverso una bilancia commerciale positiva, spesso sostenuta da politiche protezionistiche e coloniali.

Il mercantilismo era logico in un’epoca di assolutismo perché entrambi promuovevano un forte controllo statale, sia dell’economia che della società, e il sovrano poteva dirigere l’economia in modo che servisse gli interessi dello stato.

Differenze in altri periodi: Nel contesto moderno o post-industriale, né l’assolutismo né il mercantilismo sono praticabili o desiderabili.

L’assolutismo contrasta con le moderne concezioni di diritti umani e democrazia, mentre il mercantilismo è stato soppiantato da teorie economiche che favoriscono il libero scambio e la globalizzazione.

Guerra fredda e corsa agli armamenti nucleari (circa 1947 – 1991)

Guerra fredda: Il periodo della Guerra fredda, caratterizzato dalla rivalità ideologica, politica, economica e militare tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, ha definito l’ordine mondiale per gran parte della seconda metà del XX secolo.

Questo periodo è stato segnato da un costante sospetto e da un confronto indiretto attraverso guerre per procura e influenze politiche in nazioni terze.

Corsa agli armamenti nucleari: In questo clima di tensione e competizione, entrambe le superpotenze investirono enormemente in armamenti nucleari, portando a una corsa agli armamenti senza precedenti.

La logica dietro questo massiccio accumulo di armi nucleari era la deterrenza, con l’idea che un arsenale sufficientemente potente avrebbe scoraggiato l’altro da qualsiasi attacco diretto.

Differenze in altri periodi: Dopo la fine della Guerra fredda nel 1991, con il collasso dell’Unione Sovietica, la logica della corsa agli armamenti nucleari è diventata molto meno centrata.

Anche se le questioni di non proliferazione e disarmo rimangono cruciali, l’acuta bipolarità e la corrispondente corsa agli armamenti non hanno più lo stesso significato strategico nel contesto multipolare odierno, dove le minacce sono più diffuse e meno concentrata tra due sole superpotenze.

In entrambi questi casi, le entità discusse erano strettamente interconnesse e logiche nei loro contesti storici specifici, ma perdono questa connessione logica quando trasportate in altri periodi storici, dimostrando come le circostanze storiche possano profondamente influenzare la pertinenza e la funzionalità delle pratiche politiche ed economiche.

In un’epoca caratterizzata da una complessità socio-politica crescente, l’applicazione di categorie storiche come appunto fascismo ed antifascismo a contesti nuovi può risultare problematica, oltre che stupida.

In queste brevi note, si argomenterà che il riferimento a tali termini è non solo anacronistico, ma potenzialmente nocivo, influenzando negativamente il dibattito pubblico e politico attuale.

Il fascismo, nato nel contesto post-bellico italiano del XX secolo, era caratterizzato da una forte componente nazionalistica, una politica economica corporativa, il totalitarismo e una repressione violenta dell’opposizione. L’antifascismo, d’altra parte, rappresentava un ampio spettro di movimenti e ideologie politiche che si opponevano a questi principi, spesso sostenendo valori democratici, libertari e progressisti.

Esiste a tutti gli effetti una discontinuità storica: le condizioni politiche, economiche e sociali che hanno dato origine al fascismo degli anni ’20 e ’30 non sono replicabili nella società contemporanea globalizzata e tecnologicamente avanzata.

Utilizzare il termine “fascismo” per descrivere fenomeni moderni può portare a una comprensione errata di questi ultimi, ignorando le loro specificità.

Fin troppo facile ammantarsi di mantelli antifascisti sic et simpliciter, semplificazione e riduzionismo distruggono la verità storica contemporanea.

Etichettare indiscriminatamente come “fascisti” gli avversari politici moderni può ridurre la complessità dei problemi attuali a una dicotomia obsoleta, impedendo un’analisi più matrice e differenziata delle questioni politiche.

L’antifascismo, pur nascendo come risposta necessaria e morale al fascismo, oggi rischia di trasformarsi in un etichettamento che non riflette le reali dinamiche politiche.

Il pericolo è duplice:

Da una parte un vero e proprio fenomeno di polarizzazione e alienazione, anche culturale.

L’uso del termine “antifascista” come sinonimo di virtù può creare un ambiente in cui chiunque non si allinei completamente a una certa visione politica viene marginalizzato o etichettato negativamente, alimentando divisioni e incomprensioni.

Senza dubbio dall’altra si crea una distrazione dai veri problemi: concentrarsi sul combattere un “fascismo” che non corrisponde alla realtà contemporanea, può distogliere l’attenzione da minacce più immediate e concrete alla democrazia e ai diritti umani, come il populismo autoritario, il razzismo sistematico, la disuguaglianza economica e la crisi climatica.

Il rischio di chi continua ad ostinarsi in questa dialettica inutile è che passi per incapace di affrontare seriamente altri problemi e quindi si trinceri dietro una inutile ed ormai suberata diatriba storica per non mostrare la propria inadeguatezza a combattere i temi veri del presente. 

Sostenere che parlare di fascismo e antifascismo sia deleterio non equivale a negare l’importanza storica o l’impatto di tali movimenti, né implica l’ignoranza delle loro tragiche conseguenze.

Piuttosto, si propone una riflessione critica sulla pertinenza e l’efficacia di questi termini nel contesto attuale.

Nel formulare politiche e nel dibattito pubblico, è fondamentale promuovere un linguaggio che rifletta la realtà contemporanea, evitando anacronismi che possano semplificare eccessivamente complesse realtà sociali.

Inoltre, è essenziale che il discorso politico rimanga centrato su questioni attuali, promuovendo un dialogo inclusivo e produttivo anziché divisivo.

In questo modo, la società può effettivamente affrontare e risolvere le sfide del presente con strumenti adeguati e un’analisi accurata.

Lo stesso Slavoj Žižek, anche se non nega l’esistenza di correnti neofasciste, ha criticato l’uso del fascismo come categoria onnicomprensiva che impedisce un’analisi più fine delle condizioni politiche attuali.

Žižek, in particolare, ha sottolineato come l’ossessione per il fascismo possa distogliere l’attenzione da altre forme emergenti di dominio e oppressione che non rientrano facilmente nella categoria del fascismo tradizionale.

In effetti, mentre il fascismo e l’antifascismo resteranno concetti significativi nella comprensione degli eventi storici del XX secolo, la loro applicazione indiscriminata ai fenomeni attuali può non solo distorcere la realtà, ma anche impedire un’efficace risposta alle sfide politiche del nostro tempo.

Viene spontaneo chiedersi: ma è forse proprio quello che qualcuno vuole? Trincerarsi dietro l’evocazione di un periodo ormai estinto per non fare vedere la propria pochezza politica?




Stan Laurel e Oliver Hardy amici oltre il tempo.

La “Cultura” concorre alla formazione dell’Individuo sul piano intellettuale e morale, oltre all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società.

E’ infatti l’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio la letteratura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente ed elaborate in modo soggettivo ed autonomo , diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a migliorare le facoltà individuali, specialmente nella capacità di giudizio.

E’ con questo spirito che ci Pregiamo di dare spazio da oggi alla Collega Cristina Ciferri.

Prima del suo interessantissimo pezzo, che leggete a seguire, un suo brevissimo curriculum che la pone al top di quelle discipline che vanno dall’arte, alla moda, dal food al turismo.

Non a caso fondatrice e CEO di Accademie di grande interesse Nazionale ed Internazionale.

 

Cristina Ciferri Giornalista Pubblicista,

Comunicatore d’Impresa e Tecnico Pubblicitario;

Vocational Education Specialist; Instructional Designer; Press Relations &

Event Manager.

Dal 1993 Amministratore Unico ANCI srl – Accademia Nazionale Comunicazione e Immagine.

Dal 2004 CEO & Founder ANPA – Accademia Nazionale Professioni Alberghiere prima Scuola -Albergo d’Italia

specializzata nel campo della formazione professionale e manageriale dei settori Hospitality & Food & Beverage Management.

Dal 2017 CEO & Founder dell’Ateneo del Gelato Italiano, Scuola Internazionale di Gelateria Artigianale Made in Italy e Laboratorio Creativo del Gusto.

 

 

“STANLIO & OLLIO” – Amici fino all’ultima risata

Comicità e commozione per ridere fino a piangere e piangere dal ridere

 

Al Teatro Vittoria di Roma, lo scorso Martedì 23 Aprile in scena un elegante e esilarante cammeo di raffinata e intelligente comicità, un equilibrato esercizio di stile recitativo, un concentrato di toccanti emozioni, un intreccio di sovrapposti e a volte contrastanti sentimenti dipinti con pennellate di vite recitate e vissute, a comporre una tela astratta senza confini dove storie umane e professionali tinte di gloria e sofferente decadenza, creano un arcobaleno di intense e ammalianti suggestioni, riportando in vita il più famoso ed immortale duo comico Hollywoodiano: Stan Laurel e Oliver Hardy.

 

Esperimento pienamente riuscito grazie alla straordinaria capacità recitativa della coppia protagonista dello spettacolo, Claudio Insegno nei panni di Stanlio e Federico Perrotta in quelli di Ollio (Babe) e dell’intera compagnia teatrale, composta da altri 5 attori abilissimi nell’interpretare in sequenza addirittura 24 diversi ruoli, tra i quali in particolare quelli delle tanti mogli e amanti del duo comico (portate in scena da Valentina Olla, Sabrina Pellegrino e Federica De Riggi), dell’attore Jimmy Finlayson, il leggendario burbero ometto dagli enormi baffi e occhi strabuzzati, continuamente in lite con i due protagonisti e di Hal Roach, l’ideatore e primo produttore della coppia Stanlio e Ollio (interpretati entrambi da Franco Mennella). Non di minor valore artistico l’interpretazione di Giacomo Rasetti, impegnato in scena nel ruolo di tecnico, aiuto regista e pazzo maniaco.

 

Vincente il testo inedito scritto dallo stesso Insegno con Sabrina Pellegrino e diretto sempre da Insegno, che ha dato vita ad una commedia musicale dal grande e incalzante ritmo, costruita sullo stile ispirato al genere Slapstick del cinema muto, basato sul linguaggio del corpo e sulla esilarante costruzione di azioni spericolate e esagerate, colpi, risse, incidenti e lancio di oggetti e torte in faccia, che da subito fa decollare lo spettacolo strappando risate e applausi e riuscendo al contempo a trasportare il pubblico all’interno di spazi improbabili, dove tutto si mescola e si separa, si fonde e confonde, creando un feel rouge tra la vita privata e quella artistica dei due grandi comici, complementari quanto assolutamente diversi e caratterialmente opposti nella realtà come in scena e proprio per questo straordinariamente uniti dal sentimento vero dell’Amicizia.

 

Storie di amori sbagliati, persi e ritrovati. Storie di fragilità umane, di errori e rivincite, di glorie e decadenze, di geni artistici e talenti, di maturità e eterna fanciullezza. Storia di una amicizia sincera e autentica, di promesse giurate, di valori mai traditi.

 

“STANLIO & OLLIO” – Amici fino all’ultima risata, in scena al Teatro Vittoria fino al 5 Maggio, toglie la maschera ai due straordinari artisti e attraverso un sapiente apparato scenografico pensato da Alessandro Chiti, ci introduce senza soluzione di continuità, nelle abitazioni dei comici per spiare le rispettive turbolente atmosfere domestiche e le difficili dinamiche relazionali con mogli e amanti, dai litigi coniugali, alle separazioni, ai matrimoni, per poi farci piombare all’interno di un set cinematografico dove la coppia si appresta a girare una stravagante scena di un film e ancora portarci a riviere come se fossimo al cinema, alcune delle più esilaranti e famose gags comiche del duo, fino ad accompagnarli nella storica tournée teatrale britannica, occasione per una intima, pura, reciproca confessione dei personali sentimenti che consacrerà una forte, leale e indissolubile amicizia.

 

Nella vita uomini fragili e complessi, insicuri, ostinati e perseveranti, accomodanti e combattenti. In scena, maschere maldestre e infantili, distratte e fallibili, argute e geniali, sempre nei guai e nei pasticci anche nell’affrontare e risolvere situazioni semplicissime.

 

Braccio e mente, protagonista e spalla… nella vita come in scena, un continuo scambio di ruoli che confondono le personalità dei due colossi della comicità mondiale del cinema muto e sonoro, geni indiscussi della risata sana e contagiosa e di una comicità elegante, studiata e ragionata, fatta di gesti, espressioni mimiche e facciali, di sguardi buoni e ingenui, intelligenti e malinconici sempre puntati dritti in camera verso lo spettatore, di smorfie e sberleffi, di scambi assurdi di bombette e divertenti e pantomimici balletti.

 

Uno spettacolo da vedere e perché no rivedere anche più volte, per godere l’emozione di rivivere i miti artistici della nostra infanzia, far conoscere alle nuovissime generazioni una comicità di assoluto stile, ma anche per guarire con il potere terapeutico della risata la mente e il corpo.

 

Perché come già sosteneva Ippocrate, “Il buonumore equivale a un elisir di lunga vita”!

Cristina Ciferri

www.anpascuola.it

www.ateneodelgelatoitaliano.com