Libertà di stampa: diritto/dovere.

 

La libertà di stampa è il pilastro su cui si regge ogni società democratica.

Questo diritto fondamentale, garantito in molte costituzioni in tutto il mondo, assicura che i media possano operare indipendentemente da interferenze governative, fornendo al pubblico informazioni non filtrate e critiche.

La sua essenza risiede nella convinzione che un’informazione libera e aperta è cruciale per la creazione di un’opinione pubblica informata, essenziale per il funzionamento della democrazia.

La Storia della Libertà di Stampa

La lotta per la libertà di stampa è antica quanto la stampa stessa.

Fin dai primi giorni della stampa a caratteri mobili, i governi hanno tentato di controllare e censurare le informazioni, temendo il potere delle parole di ispirare cambiamenti e sfidare l’autorità.

Tuttavia, con il passare dei secoli, sono emerse figure coraggiose che hanno lottato per il diritto di parlare e scrivere liberamente, spesso a costo della loro libertà o della loro vita.

La Dichiarazione dei diritti del 1791, che include la Prima Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, è uno dei primi esempi di protezione legale della libertà di stampa.

 

L’Importanza della Libertà di Stampa La libertà di stampa non è solo un diritto fondamentale di per sé; è il custode di tutti gli altri diritti umani.

Consentendo un flusso libero e non filtrato di informazioni, essa assicura che i cittadini siano informati su questioni di pubblico interesse, promuovendo una società trasparente e responsabile.

Questa libertà è cruciale per il mantenimento della democrazia, poiché facilita il dibattito aperto, il confronto di opinioni diverse e la critica costruttiva del governo e delle sue politiche.

Inoltre, la libertà di stampa svolge un ruolo vitale nel rivelare ingiustizie, corruzione e abusi di potere, agendo come un vero e proprio “cane da guardia” della società.

Ostacoli alla Libertà di Stampa 

Nonostante la sua importanza, la libertà di stampa affronta numerosi ostacoli in tutto il mondo.

Governi autoritari, organizzazioni criminali e persino pressioni economiche minacciano quotidianamente i giornalisti e i media.

La censura, sia esplicita che sottile, limita la capacità dei media di riferire liberamente.

In molti paesi, leggi draconiane sulla diffamazione, sulla sicurezza nazionale e sul terrorismo sono usate per intimidire e imprigionare i giornalisti.

L’impunità per gli attacchi contro i giornalisti rimane un grave problema, con numerosi reporter uccisi ogni anno.

Questi attacchi non solo mettono a rischio le vite dei giornalisti ma minacciano anche il diritto del pubblico di essere informato.

La Libertà di Stampa nel Mondo Oggi 

Il panorama della libertà di stampa nel mondo oggi presenta un quadro misto.

Secondo Reporters senza frontiere, alcuni paesi mantengono un alto livello di libertà di stampa, promuovendo la trasparenza e proteggendo i giornalisti.

Tuttavia, in molte altre nazioni, i giornalisti affrontano violenze, incarcerazioni e censure severe.

La digitalizzazione ha aperto nuove frontiere per la libertà di stampa ma ha anche introdotto nuove sfide, come la diffusione di notizie false e la sorveglianza online.

Casi di studio, come l’assassinio di Jamal Khashoggi o l’arresto di giornalisti in Bielorussia, evidenziano i pericoli che i giornalisti affrontano nell’esercizio del loro lavoro.

 Come Proteggere e Promuovere la Libertà di Stampa 

Proteggere e promuovere la libertà di stampa richiede un impegno collettivo.

Governi democratici dovrebbero abrogare leggi restrittive e garantire che i crimini contro i giornalisti siano perseguiti.

Le organizzazioni internazionali possono esercitare pressioni diplomatiche e fornire piattaforme per i giornalisti in esilio.

I cittadini possono sostenere i media indipendenti attraverso abbonamenti e difendere la libertà di stampa come valore fondamentale.

L’educazione ai media e alla letteratura mediatica è essenziale per sviluppare una comprensione critica delle notizie e promuovere il discernimento tra le fonti.

Inoltre, l’uso responsabile dei social media e il sostegno alle campagne per la libertà di stampa possono contribuire a creare un ambiente più sicuro per i giornalisti.

La libertà di stampa è un pilastro non negoziabile di una società libera e aperta.

Mentre le sfide persistono, la nostra determinazione a difendere questo diritto fondamentale deve rimanere incrollabile.

È responsabilità di tutti noi, dai governi ai cittadini, assicurare che la voce della stampa non venga soffocata.

Incoraggio ogni lettore a riconoscere il valore della libertà di stampa, a rimanere informato e a sostenere attivamente i media indipendenti.

La nostra libertà, in definitiva, dipende dalla capacità di mantenere aperto il dialogo, di sfidare le narrazioni dominanti e di sostenere la verità.

Proteggere la libertà di stampa è proteggere il cuore stesso della nostra democrazia.

 

Questo articolo rappresenta un appassionato appello a riconoscere, proteggere e promuovere la libertà di stampa in tutto il mondo.

La sua difesa è essenziale per la salvaguardia della nostra democrazia, dei nostri diritti e delle nostre libertà.




MAI PIU’ STERMINI! MAI PIU’ SHOAH!

Il 27 Gennaio di ogni anno è dedicato in ambito internazionale alla solenne celebrazione del “Giorno della Memoria”: eminentemente, in ricordo delle vittime della serie di drammi riconducibili tutti al concetto di quell’Olocausto consumatosi nel corso della WW2.               

Si commemora quindi la Shoah – ossia, il genocidio del popolo ebraico -, la persecuzione dei cittadini ebrei, le leggi che in nome del predominio di una ‘razza’ ne mortificavano un’altra, come pure – genericamente – la feroce persecuzione verso quanti si opposero al progetto e al programma di sterminio elaborato dalle menti malvage e malate dei devastatori nazisti.             

Non può né deve essere taciuto che in Italia, furono moltissimi coloro che aiutarono i perseguitati – tra questi anche non ebrei, pur se appartenenti a ‘categorie’ meticolosamente selezionate dai nazisti – a mettersi in salvo, sfuggendo alle retate, ai rastrellamenti, alla deportazione, alla morte. Ma va anche detto – non dimenticando che all’epoca l’Italia fascista era alleata della Germania nazista – che molti zelanti e squallidi soggetti – e, purtroppo, tra di essi non mancarono degli ebrei – riuscirono a dare il peggio di sé: complici, in un periodo di povertà e fame, i premi in denaro elargiti a chi, tradendo, avrebbe consentito la cattura di quanti tentavano di nascondersi per non cadere nelle mani dei carnefici.                                     

Intere famiglie, centinaia di migliaia, milioni di persone, quasi tutte ebree, scomparvero nel buio dei treni merci e avviati alla deportazione, per finire nei mattatoi organizzati dai nazisti; dapprima affamati, depredati di ogni oggetto di valore, maltrattati e sfruttati, spesso percossi o violentati fisicamente e mentalmente e infine sterminati coi gas e poi cremati.                         

Fu una tragedia immane, orribile! Mai potrà essere dimenticata!                          

Quel lontano giorno del 1945, le truppe dell’Armata Rossa – proprio quei sovietici che ebbero allora ca. 20 milioni di morti, immolatisi per non cedere al nemico – giunsero al campo di concentramento di Auschwitz, liberando i superstiti dalle violenze e dalle atrocità tutte, consumate dalle truppe del Terzo Reich.                                                                           

Tutti gli Uomini Liberi speravano ardentemente che quei momenti inquietanti, quelle persecuzioni infami e quelle tragedie disumane, fungessero da perenne esempio dissuasivo e da monito affinché sciagure simili non dovessero né potessero ripetersi.                                    

Invece, con lo scorrere del tempo, solo a parole – pur solenni – veniva ricordato tale complesso di nefandezze e miserie umane. Nei fatti, la società, quella che ci si affanna ancora a definire consorzio civile, ha conosciuto – specie in questo ultimo lustro, una degenerescenza inimmaginabile e persino incomprensibile: in particolare, il cancro della guerra si è impadronito di intere nazioni entrando con le sue terribili metastasi nella mente e nelle azioni di chi pare non valutare appieno e con discernimento la precarietà di equilibri – spesso raggiunti con forti difficoltà, nel tempo – messi in discussione e che potrebbero saltare definitivamente da un momento all’altro, sotto la spinta di provocazioni e dispetti la cui concatenazione non è affatto casuale.                                       Per rendere sincero e memore omaggio a quanti persero la vita nel corso della Shoah, e per onorare i patimenti e l’immane dolore delle loro famiglie e dei loro parenti, occorre abbandonare tutto ciò che possa essere divisivo, per stringersi l’un l’altro nel segno della Solidarietà, della Tolleranza e della Pace, per dare con l’esempio un energico contributo nell’allontanare senza indugio quelle minacce, quei venti di guerra che soffiano impetuosi.         

Che si rammenti come le guerre segnano la sconfitta di ogni civiltà, di ogni umanità.      Che non si dimentichi che dittature e totalitarismi – specie di marca nazista, comunista o fascista – hanno portato miseria, povertà, guerre e stragi.                                                    

Che si ricordi che è la Storia a insegnarci che nel tempo le possibili ed eventuali ragioni dell’uno o dell’altro, mutano trasformandosi in una unica tempesta, in un dramma comune: folle, terribile, angoscioso.                                                                                                         

Che si amministrino i popoli con saggezza e lungimirante visione prospettica, ricordando che lo schiavismo e il business delle armi non portano progresso, ma sono solo radici e causa di sofferenza, ingiustizia e morte: meglio essere costruttori di Pace che non di armi e, quindi, di violenze.                                                                                                       

Che i padri ricordino che è dal loro esempio che dipende il futuro dei figli, in ogni senso.  Che le madri urlino la propria paura e il proprio terrore nel timore consapevole che i figli da loro generati potrebbero essere immolati da gente senza scrupoli sull’insanguinato altare di questo o quel conflitto.    Che tutti – alfine – abbiano costantemente presente che, a ogni latitudine, il pianto dei bambini, degli innocenti, ha sempre lo stesso suono.  

Rendiamo quindi autentico e solenne omaggio alle Vittime della Shoah, volgendo gli occhi al Cielo e gridando con forza: Pace!  

Mai più guerre! poiché non esistono guerre ‘giuste’!                                              

Mai più Shoah! Mai più genocidi! Mai più stragi di innocenti!     

 

 




Studiare per il lavoro?? chi lo dice è un pazzo.

L’affermazione riecheggia un’antica idea, spesso attribuita a Seneca, filosofo romano, che affermava “Non si studia per la scuola, ma per la vita”.

 Questa visione è profondamente radicata nel concetto di educazione come strumento per il miglioramento personale e lo sviluppo intellettuale, piuttosto che come mero mezzo per raggiungere obiettivi professionali.

È necessario formare i giovani con un’Educazione come Preparazione alla Vita, non solo al Lavoro, questo perché Studiare solo per il lavoro limita il potenziale dell’istruzione.

L’educazione dovrebbe mirare a formare individui completi, dotati non solo di competenze tecniche, ma anche di una comprensione critica del mondo, capacità di pensiero analitico, creatività e sensibilità morale.

 Occorre mirare ad uno sviluppo Personale e Intellettuale: l’istruzione deve fornire gli strumenti per una crescita personale continua.

L’apprendimento di discipline come la storia, la filosofia, le arti, oltre che delle scienze e della tecnologia, contribuisce a sviluppare un pensiero critico, empatia e una comprensione più profonda delle diverse realtà umane.

Impostare l’Educazione finalizzata solo al Lavoro è una follia che solo gli stolti possono percorrere: una visione dell’istruzione puramente orientata al lavoro può portare a un riduzionismo, dove si valutano le discipline in base alla loro “utilità” immediata nel mercato del lavoro, trascurando aree di studio fondamentali per lo sviluppo umano.

Se si trascura l’importanza della cultura generale, dell’etica, della storia e della filosofia, si rischia di formare professionisti tecnicamente competenti ma privi di una solida base culturale e di valori, elementi fondamentali per un agire consapevole nella società.

La scuola intesa come percorso complessivo pedagogico educativo è in realtà la ricerca di un proprio equilibrio tra studio per la Vita e solo di conseguenza per il lavoro: il lavoro infatti nobilita l’ uomo perché gli permettere di esprimere le sue capacità e di inserirsi nella sua società di cui deve essere parte integrante.

L’ideale sarebbe un sistema educativo che integri l’apprendimento professionale con quello umanistico, fornendo una base solida sia per il successo professionale che per un arricchimento personale.

In un mondo in rapida evoluzione, l’apprendimento non si ferma con la formazione scolastica o universitaria; piuttosto, diventa un processo continuo che abbraccia sia lo sviluppo professionale sia quello personale.

L’affermazione che studiare per il lavoro sia un errore discende da una visione dell’istruzione che privilegia lo sviluppo umano integrale, Obiettivo a cui le famiglie dovrebbero mirare per i propri figli.

Sono le famiglie che dovrebbero obbligare le istituzioni ad allontanarsi da quel pericoloso percorso che sta trasformando l’istruzione dei giovani in formazione professionale.

E’ un grave errore che si avvicina al bordo di un fallimento sociale.

La formattazione dei giovani fin dalla più precoce età è un errore madornale che potrebbe limitare sviluppi della nostra società nel prossimo futuro: i genitori dovrebbero allargare la propria visione oltre alla ricerca di lavoro per i propri figli, ma a pensare di dare una vita ai propri figli.

Non credo che i nostri figli debbano essere cresciuti come piante già pronte per la crescita in un terreno domestico, ma come semi, che possano esplorare qualsiasi terreno, anche lontano.

Sono convinto che i figli debbano aver gli strumenti per capire il mondo e per poterlo cambiare, molto meno per studiare per entrare in una catena di montaggio.

Mentre le competenze professionali sono importanti, è essenziale mantenere un approccio all’istruzione che valorizzi la formazione intellettuale, etica e culturale, elementi indispensabili per una vita piena e consapevole.




Quer pasticciaccio brutto de via Trastevere, la nuova filiera formativa 4+2

In Lombardia ad oggi ad iscrizioni aperte le Istituzioni scolastiche e formative hanno appena ricevuto la loro ammissione alla sperimentazione.

C’è una confusione tra elenco delle filiere ammesse che deve essere approvato dalla Regione ai sensi della DGR 1655 del 21 dicembre con scadenza 22 gennaio per la definizione degli enti partecipanti, e filiere ammesse alla sperimentazione di cui avviso con scadenza candidature al MIM al 12 gennaio.

Ieri il MIM ha pubblicato sul sito l’elenco delle candidature ammesse, per ritirarlo dopo alcune ore.

Curiosamente la Regione ha stabilito che l’ammissione al proprio elenco è condizione necessaria per la proposizione della candidatura MIM stabilendo un termine per la presentazione della richiesta di ammissione all’elenco successivo al termine per la presentazione della candidatura al MIM.

Come al solito pasticci alla italiana, che fare inutile, meravigliarsi.

Sta di fatto che le famiglie in Lombardia non hanno avuto tempo per ragionare su questo nuovo percorso, visto che il tutto è arrivato ad iscrizioni aperte, ed ancora è difficile comprendere in quali Istituzioni è possibile iscrivere i propri figli al percorso sperimentale.

 

 




Elezioni americane 2024: “Di vero dicono il venti per cento.”

A dirlo è il giornalista, scrittore ed esperto di comunicazione Alessandro Nardone, assurto a fama mondiale in occasione delle Presidenziali Americane del 2016.

“Il caso Alex Anderson”

Chi seguì le Elezioni Presidenziali americane otto anni fa, ricorderà certamente il giovane e rampante Alex Anderson che, accanto ai “giganti” Hillary Clinton e Donald Trump, correva per la nomination a Presidente degli Stati Uniti.

Caso volle che anche il protagonista del thriller fantapolitico a stelle e strisce “Il predestinato” di Alessandro Nardone si chiamasse così e che l’Autore, spinto dal desiderio di lanciare il suo romanzo sul mercato anglofono e di promuoverlo in modo originale e divertente, avesse avuto la brillante idea di offrire al suo avatar un’entusiasmante avventura nel mondo “reale”: una vera e propria campagna elettorale.

L’operazione, a dir poco geniale, aveva un altro ambizioso obiettivo: dimostrare al mondo intero la “craccabilità” del sistema dell’informazione. Di questo Nardone avrebbe dissertato nel suo libro “Orwell”, nel cui glossario digital dà delle “fake news” la seguente definizione:  “Contenuti falsi o parzialmente veri diffusi al fine di manipolare la pubblica opinione”.

Il sistema di dis-informazione

“Un tempo la notizia si poteva verificare in modo minuzioso.” Confessa Nardone. “Oggi invece, fare il giornalista è diventato difficilissimo: si è quotidianamente bombardati da una mole enorme di notizie, si viene pagati poco o niente, si ha pochissimo tempo per valutare se la notizia è vera o meno e comunque, in nome del numero dei clic, vince chi arriva per primo”.

E infatti ci vollero ben nove mesi prima che le istituzioni americane, i media e il grande pubblico si accorgessero che Alex Anderson – il cui nome è l’anagramma di Alessandro Nardone – era un “fake”. Proprio come le “fake news” nelle quali, se non stiamo attenti, rischiamo di imbatterci ogni giorno nel web e attraverso i canali tradizionali di informazione.

E veniamo alle Elezioni presidenziali USA 2024

Quanto di vero ci stanno raccontando i media riguardo alle presidenziali americane, previste per il 5 novembre prossimo? 

Non più del venti per cento. Quello che arriva alle nostre latitudini dai cosiddetti “mainstream”, è filtrato dalle lenti della partigianeria a senso unico contro Trump. Utilizzano la tecnica del “framing”, quindi o mentono spudoratamente, o utilizzano solo la parte della notizia che è funzionale alla loro narrazione. 

Qual è il tuo punto di vista su Donald Trump e su ciò che rappresenta, rispettivamente, per i “patrioti” conservatori e per i suoi detrattori?

Per i patrioti Trump è il baluardo che può “salvare l’occidente” dalla deriva woke. Per i suoi detrattori rappresenta il maggiore ostacolo. Tieni conto che, con la sua vittoria elettorale nel 2016, di fatto ha sancito la nascita di questo nuovo bipolarismo: a livello mondiale, quanto meno occidentale, non più destra – sinistra ma popolo contro establishment, patrioti contro globalisti. Chiaramente il ruolo di Trump, per chi come il sottoscritto è conservatore, rappresenta una grande speranza.

… Establishment che ingloba tutto: dai media alle multinazionali, alla sanità, al mondo dello showbusiness…

Comunque, tutti noi conservatori continuiamo a essere la maggioranza silenziosa, perché rappresentiamo quello che è la realtà nei fatti. Non il modello di società che questo insieme di interessi e di lobby vorrebbe costruire, ma un tessuto sociale che è fatto di famiglie, papà, mamme, figli, lavoratori che si rimboccano le maniche per far quadrare i conti. Persone che non vogliono sentirsi dire da nessuno se devono o possono pronunciare il termine “famiglia”; persone che non si vogliono sentire in colpa per il fatto di essere normali. Oggi, infatti, se non sei gay, trans o nero vieni accusato di essere l’archetipo dell’uomo bianco occidentale. E poi il patriarcato…  Tutte queste bestialità. Noi non vogliamo essere accusati di essere “razzisti” o “xenofobi” perché siamo per la difesa della sicurezza dei nostri confini. Non vogliamo essere considerati “fascisti” perché non la pensiamo come i radical chic di sinistra. Questo siamo noi e questo sono le persone che votano Trump negli Stati Uniti, Giorgia Meloni in Italia, Milei in Argentina. Difendiamo i nostri valori e il nostro modo di essere, molto semplicemente. 

Alessandro, vorrei un tuo bilancio sull’amministrazione Biden dal punto di vista politico (guerre, Afghanistan, Ucraina, Medio Oriente, Cina), economico (inflazione), sociale (immigrazione clandestina), culturale (educazione, istruzione).

Un disastro totale, per l’Occidente. Guerre: l’abbandono dell’Afghanistan. Quelle immagini parlano da sole. Una vergogna, un’onta che una potenza come gli Stati Uniti non cancellerà mai dai libri di storia. Ucraina: ricordiamoci le implicazioni di Hunter Biden, il figlio di Joe Biden, con Burisma… E come Biden abbia soffiato sul fuoco fino all’ultimo giorno, spingendo Putin ad attaccare, facendo il contrario di quello che avrebbe fatto Trump, che avrebbe invece messo Putin e Zelensky a un tavolo finché non si fossero messi d’accordo. Dal punto di vista economico c’è, a mio parere, una totale mancanza di strategia. Anche dal punto di vista culturale c’è decadenza totale. E qui mi riferisco all’ideologia gender, che dal mio punto di vista è veramente un qualcosa di criminale, perché fuorviano i bambini sin dalle scuole elementari con la pornografia e con l’idea che possano cambiare sesso anche senza il consenso dei genitori. Sono bestialità che faccio anche fatica a pronunciare, da papà. Un decadimento totale. Oggi, dopo soli tre anni e mezzo di Biden – che valgono per quanti disastri ha fatto per trent’anni – gli Stati Uniti sono una nazione in declino. Basta andare a farsi un giro a New York, a San Francisco, a Los Angeles, le grandi città amministrate dai democratici, per rendersi conto di quanto sto dicendo. È una nazione in declino.  

Se il bilancio “dem” è fortemente in rosso, quante probabilità ritieni ci siano, per i democratici delusi da Biden, di rivolgersi a Trump nella speranza che possa fare di meglio?

Molti democratici hanno già dichiarato che si tureranno il naso e voteranno per Trump. Gli Americani sono molto pragmatici: se tu chiedessi loro se stanno meglio adesso o quattro anni fa… Il problema è quello che si trascina da anni: i democratici non sono stati capaci o non hanno voluto creare le condizioni affinché emergesse qualche leader credibile. Oggi, se i candidati fossero Biden e Trump, molti democratici o voterebbero per Trump, o non andrebbero a votare e comunque favorirebbero Trump. 

Hai un’idea di quanti siano questi dem, in percentuale, rispetto al totale? 

La situazione attuale ricalca quella del 2016, con Hillary Clinton che era molto, molto impopolare anche presso il suo elettorato. Alcuni sostenitori di Bernie Sanders – avversario alle primarie a cui la Clinton ha scippato la candidatura – dichiaratamente hanno votato per Trump, e molti altri si sono astenuti. 

Qual è il programma politico di Trump in risposta all’evidente flop democratico e quali sono, a tuo avviso, i suoi punti deboli e i suoi punti di forza?

Sicuramente Trump ha le idee molto chiare perché è già stato alla Casa Bianca. Dal punto di vista economico, sicuramente il punto di forza è quello di rimuovere le follie e i fanatismi woke, che in questo caso si traducono in fanatismo green. Anche dal punto di vista energetico, quindi, il ritorno ai combustibili fossili. E poi, un’economia che punti a riportare le aziende negli Stati Uniti e a scoraggiarle dall’”esternalizzare”, come aveva già fatto nel suo primo mandato. In questo modo si avvantaggia chi investe e produce negli Stati Uniti, creando ricchezza e posti di lavoro. E ancora, la ripresa del discorso dei dazi con la Cina. Biden quando è arrivato lo ha criticato, ma non li ha rimossi: vuol dire che anche su questo Trump aveva ragione. Continuare quindi sull’America First. Il punto debole, paradossalmente, è anche il punto di forza: la tentazione di un eccessivo isolazionismo. Ma Trump è un uomo d’affari e io credo che saprà coniugare l’America First con una dimensione internazionale, che gli Stati Uniti dovranno continuare ad avere da protagonisti. 

Cos’è l’“Ideologia Woke” fiorita nel periodo democratico e perché, a tuo avviso, non sta funzionando?

L’ideologia Woke è un insieme di dettami che partono dall’assunto del pensiero unico, il “politicamente corretto”: una sostanziale dittatura delle minoranze –  lgbt, razziali  – che applicano una sorta di razzismo al contrario, utilizzando anche la “cancel culture”. Come la cancellazione della storia da parte dei regimi totalitari, ad esempio. I fautori dell’ideologia woke, che troviamo anche nelle Università di Harvard e di Yale, ritengono tutto quello che deriva dalla cultura occidentale dal Rinascimento in poi, il Male. Estremizzo per chiarire e sintetizzare il concetto: la storia è fatta solo da bianchi che sottomettevano i neri e le donne e quindi è tutto “male”, tutto da cancellare. Harvard che cancella il corso sul Rinascimento, statue di Cristoforo Colombo abbattute… Insomma: tutta una serie di nefandezze che fanno parte dell’ideologia woke, di cui fa parte anche l’ideologia gender. Dal mio punto di vista è quest’ideologia a rappresentare il male, ciò che oggi sta portando al declino gli Stati Uniti. Ideologia che si traduce in negativo anche dal punto di vista economico: ad esempio i criteri di sostenibilità energetica e ambientale… Il falso mito della sostenibilità che introduce dei criteri assolutamente inattuabili per aziende “normali”, che magari sono costrette a chiudere perché non si possono adeguare. Alla fine a essere favorite sono sempre le multinazionali. È una partita di giro.

Quali scenari prevedi, negli States, nel caso in cui venga eletto presidente un democratico che dovesse rendersi, ancora una volta, portavoce delle summenzionate culture e ideologie?

Negli Stati Uniti si potrebbe arrivare anche alla guerra civile. Sì perché… Ribadisco, io sto facendo delle constatazioni oggettive, basta ascoltare un qualsiasi comizio di Biden, o anche leggere i suoi tweet, o quelli degli altri esponenti democratici. Accusano Trump per i suoi toni, però andiamo a vedere come parlano loro. Loro sono assolutamente divisivi. Dopo il trionfo di Trump in Iowa, Biden non ha parlato degli “elettori” repubblicani, ma degli “estremisti” repubblicani. E lui, attenzione, dovrebbe essere e parlare da Presidente di tutti. Quindi prevedo uno scenario, nel caso in cui dovessero affermarsi loro… Apocalittico. Per non parlare poi di tutto quello che potrebbe succedere nelle scuole, per via dell’ideologia gender…

Quali scenari potrebbero aprirsi, invece, per effetto dell’elezione di un presidente americano di fede repubblicana?

Di fede repubblicana ce ne sono diversi. Se vincesse Trump, rimetterebbe i valori tradizionali al centro del villaggio. Dal punto di vista geopolitico, gestirebbe il conflitto in Ucraina e quello in Medio Oriente aprendo i tavoli delle trattative. Fermo restando che questo sarebbe sicuramente più semplice con Putin e Zelensky, mentre invece Hamas sappiamo che è un’organizzazione terroristica, quindi… Lì sarebbe un po’ più complicato. 

Parliamo un po’ di Robert Kennedy Junior. Aldilà dell’alto consenso trasversale di cui sembra godere, sia fra i globalisti democratici, sia fra i repubblicani conservatori, quali sono i suoi argomenti e fino a che punto possono far breccia nell’elettorato americano sia globalista, sia conservatore di oggi?

Beh, sicuramente la sua totale avversione al concetto di “guerra”. C’è un passaggio molto bello di un suo discorso che è diventato virale online, in cui dice: “Abbiamo imparato a utilizzare la parola ‘guerra’ in tutti i frangenti: la guerra all’immigrazione, la guerra al virus, la guerra all’inquinamento…” Kennedy ha puntato molto su una pacificazione tra i due elettorati: questo è un tema che può fare presa su entrambi i gruppi, soprattutto sulle persone che sono stanche di questo clima da guerra civile permanente, che da qualche anno a questa parte si vive negli Stati Uniti. In questi ultimi anni, infatti, abbiamo acquisito la forma mentis che ci ha indotto il web. La “polarizzazione”, il fenomeno che caratterizza il nostro tempo, ci induce a considerare chi la pensa diversamente da noi non come qualcuno che ha idee differenti dalle nostre, ma un nemico vero e proprio. Così, ci si allontana sempre di più e ci si capisce sempre di meno. I media mainstream, infatti, parlano di un certo argomento utilizzando una determinata linea. Si stabilisce quindi un frame, una cornice, entro la quale discutere di quel dato argomento. Ed ecco che chiunque esca da quel frame viene aggettivato come “anti sistema”, “omofobo”, “fascista”, eccetera.

Quali sarebbero le sfide che oggi dovrebbe affrontare il personaggio digitale “Alex Anderson”, rispetto alla sua corsa elettorale del 2016? Il sistema dell’informazione è ancora altrettanto craccabile, riguardo all’infiltrazione e alla conseguente diffusione di fake news o qualcosa è cambiato da allora?

Hai sollevato una questione grandissima. La sua candidatura sarebbe irripetibile, come nel 2016. La sfida dell’informazione si è fatta ancora più difficile perché in questi anni abbiamo capito – e il resto dell’intervista in parte lo testimonia – che i veri conduttori di fake news alla fine sono i media tradizionali, non gli pseudo “complottisti”. Quelli sono in certi casi gli “utili idioti” che servono ai media mainstream. Quindi, la vera sfida che si gioca è quella dell’informazione e della comunicazione. 

Quindi in Europa ci arriverebbero delle notizie vere al 20%?

Quando va bene! Questo te lo firmo e te lo sottoscrivo.

Che frecce avrebbe al suo arco Alex Anderson e come convincerebbe i sostenitori di Trump a votare per lui, anziché riconfermare la loro fiducia all’Autore del motto: “Make America Great Again”? 

Sicuramente l’età. Una maggiore contemporaneità e consapevolezza di quelle che sono le necessità delle nuove generazioni, e anche una maggiore garanzia di proiettare gli Stati Uniti nel futuro. Questo potrebbe essere il suo valore competitivo. Con tutto il rispetto per Trump e per la sua agenda, Alex si proporrebbe come un’alternativa più nuova e anche scevra da quello che è il carico da novanta che, nel bene o nel male, si porta sulle spalle Trump. 

C’è qualcosa che vorresti aggiungere, a conclusione di questa nostra bella chiacchierata?

Alla fine, secondo me, il trait d’union di tutto è la coerenza. La coerenza e il rispetto per le idee altrui, sono due elementi che mancano sempre di più nel dibattito pubblico. E questo non avviene a caso, ma perché qualcuno lo vuole… Del resto, ce l’hanno insegnato i romani con “Dividi et impera”…  Dal mio punto di vista, invece, sono molte di più le cose che uniscono gli esseri umani. Se facessimo delle domande tipo: “Sei d’accordo sul fatto che tutti dovremmo vivere nel benessere? … Sul fatto che non ci dovrebbero essere guerre? … Sul fatto che le nostre città dovrebbero essere sicure? … Che la sanità dovrebbe funzionare?” Chi ti potrebbe dire di no? Nessuno. Dipende anche da come le poni, le questioni. Poi, alla fine, si torna sempre lì. È per questo che io insisto sul fatto dell’importanza dell’informazione e della comunicazione. Perché sono loro, alla fine, a determinare il corso della storia.”

 




NOI…DSGA, firma assurda di un contratto offensivo.

Il gruppo NOI…DSGA in data 18 gennaio 2024 in concomitanza con la firma definitiva del CCNL Istruzione e Ricerca 2019/21, sospenderà ogni sua attività.

Per tutti i DGSA di ruolo e per tutto il personale ATA, il 18 è una giornata di lutto.

Con la firma di questo vergognoso atto, muore la possibilità di valorizzazione dei DSGA in qualità di unici funzionari dello Stato, muore la possibilità di un riconoscimento economico e giuridico dopo anni di sopportazione, di soprusi e di angherie da parte dell’Amministrazione, di reggenze non retribuire, di compensi non garantiti e di risorse economiche promesse poi sempre negate: Titolo di accesso ridotto, dequalificazione a funzionario facente funzione per poi dover ottenere un incarico triennale per tornare DSGA, dopo aver vinto un concorso pubblico da DSGA con laurea specialistica, reggenze d’ufficio senza retribuzione, nessun aumento dell’indennità ferma da oltre 16 anni, mentre il FUN dei DS ogni anno cresce.

Muore il 18 la possibilità di creare una macchina amministrativa moderna, con un funzionario preparato chiamato a sostituire il DSGA in caso di assenza, sostituito da un “clone” di un collaboratore scolastico, una via di mezzo tra un CS e un AA e che non risolverà alcun problema, anzi! Muore la possibilità di una valorizzazione del Personale ATA di cui si blocca ogni possibilità di sviluppo giuridico ed economico futuro.

L’Amministrazione sceglie la strada di valorizzare solo pochi docenti scelti accuratamente dai dirigenti, assegnandogli titoli accademici altisonanti, mentre si accorpano le scuole, tagliando solo posti da DSGA e di ATA!

Ecco.

Allora il 18 non è il caso di arrovellarsi per risolvere i problemi della propria scuola.

Chiederemo ai Dirigenti e al MIM. Alle OOSS firmatarie di questo CCNL.

Vi chiediamo di pre-aderire al nostro ricorso contro questo CCNL: https://forms.gle/p98WeoZScUQyJeC16




DSGA, ma nemmeno fossero dei pariah…

La questione del trattamento dei direttori dei servizi generali ed amministrativi (DSGA) e del personale ATA da parte dello Stato può essere analizzata da diverse prospettive, considerando vari aspetti come la normativa, le politiche di gestione delle risorse umane, la cultura organizzativa del settore pubblico e le dinamiche socioeconomiche.

Iniziamo subito con l’osservare che lo stipendio sia dei DSGA che del personale ATA non è assolutamente adeguato al carico di lavoro a cui gli stessi sono quotidianamente sottoposti.

Negli ultimi anni sulle segreterie scolastiche è stato scaricato di tutto, dalle pensioni al lavoro che dovrebbero fare i revisori, poi i PON fino al PNRR, per non parlare del fatto che spesso i DSGA sopperiscono alle attività invece in carico ai Dirigenti Scolastici.

Da questo punto di vista il ministero dell’istruzione si è dimostrato particolarmente assente nella difesa di questa categoria, peraltro nemmeno i sindacati si sono mossi benissimo, arrivando anche a ridurre  la loro professionalità firmando un contratto umiliante per questi lavoratori.

Nemmeno vogliamo entrare nel tema della mancanza di personale, del fatto che non ci sono corsi adatti alla preparazione professionale, che il personale ha un turnover talmente alto che le segreterie ormai non formano nemmeno più i nuovi arrivi “tanto tra un anno se ne vanno”, che ci sono un sacco di posti vuoti da DSGA e che molti sono coperti con ATA facenti funzione (alcuni da più di 10 anni) a cui lo stato manco fa la cortesia di stabilizzarli, insomma una vera ingiustizia per non dire porcheria che questa politica non smette di fare.

Infine le segreterie sono sempre sottoposte all’infinto giochetto di “ops abbiamo cambiato tutte le procedure senza dirtelo, però c’è un bel webinar che ti puoi vedere quando vuoi anche da casa il sabato e la domenica…”, ma chi attiva queste cose non si vergogna a morte come un verme nudo ??

Non ci si rende conto che buttare così alla rinfusa procedure ed attività senza aver prima capito i carichi di lavoro esistenti e la saturazione delle segreterie è un danno enorme anche fisico verso i lavoratori che subiscono stress infiniti???

Comunque, caro ministero, se non informi e formi prima di attivare cambiamenti organizzativi porti caos sul caos. 

Va beh, gente sbagliata al posto sbagliato.

Diamo però uno sguardo più profondo a questo mondo e vediamo cosa troviamo.

Vi sono alcuni filoni di riflessione che per brevità tratteremo solo come spunti, vediamoli assieme.

Normativa e Politiche Pubbliche: La posizione e il trattamento dei DSGA nello Stato sono regolati da leggi e regolamenti che stabiliscono il loro status, i loro diritti e i loro doveri.

Spesso, anzi sempre, i cambiamenti legislativi e le politiche di austerità influenzano negativamente le condizioni di lavoro di questi professionisti.

Tagli al bilancio, congelamento degli stipendi e riduzione del personale aumentano il carico di lavoro e ridurre le risorse disponibili, influendo negativamente sul morale e sul benessere dei lavoratori.

Ruolo e Percezione: I DSGA, occupandosi di compiti amministrativi, non sono visti come centrali nelle missioni primarie delle istituzioni pubbliche, a differenza di ruoli più direttamente legati all’erogazione dei servizi.

Questa percezione porta a una valutazione meno positiva del loro contributo e, di conseguenza, a una minore attenzione alle loro esigenze e al loro sviluppo professionale.

Cultura Organizzativa: la cultura organizzativa nel settore pubblico, che non c’è , influenza il modo in cui i DSGA vengono trattati.

Poiché la cultura prevalente è quella della rigidità, della gerarchia e della burocrazia, non esiste spazio per il riconoscimento dell’innovazione e dell’efficienza, qualità che spesso i DSGA portano nel loro lavoro.

Sfide e Stress Lavorativo: i DSGA affrontano molteplici sfide, come la gestione di risorse limitate, la necessità di adempiere a complesse normative e la gestione delle aspettative di diverse parti interessate.

Questi fattori generano un elevato livello di stress lavorativo, che non è adeguatamente riconosciuto o gestito dalle istituzioni pubbliche.

Dinamiche Socio-Economiche: il contesto socioeconomico più ampio, che include la situazione economica del paese, le politiche di spesa pubblica e le priorità politiche, influenza il trattamento dei DSGA.

In periodi di crisi economica o di austerità fiscale, il settore pubblico, inclusi i DSGA, subiscono tagli e restrizioni.

In conclusione, il trattamento dei DSGA da parte dello Stato è il risultato di una complessa interazione  tra fattori normativi, organizzativi, economici e culturali.

È importante che le istituzioni pubbliche riconoscano il valore e il contributo dei DSGA e degli ATA per garantire un ambiente di lavoro equo e sostenibile.

Allo stesso tempo, è cruciale per lo sviluppo di politiche più efficaci e per una migliore gestione delle risorse umane nel settore pubblico, una comprensione più profonda delle sfide affrontate da questi professionisti.

Il riconoscimento del ruolo critico dei DSGA può portare a un miglioramento nelle politiche di gestione delle risorse umane, nell’allocazione delle risorse e nel sostegno al loro sviluppo professionale.

Ciò non solo aumenterà la loro soddisfazione lavorativa e il loro benessere, ma avrà anche un impatto positivo sull’efficienza e l’efficacia delle istituzioni pubbliche che servono.

Tuttavia, è fondamentale riconoscere che le condizioni di lavoro e il trattamento dei DSGA possono variare significativamente a seconda del contesto specifico, delle normative locali e delle politiche di gestione specifiche di ciascuna istituzione.

Pertanto, qualsiasi discussione su questo argomento deve considerare queste variabili e le circostanze particolari in cui i DSGA operano.

Ma noi di Betapress diciamo: DSGA e ATA ribellatevi.

 

IL DSGA NON E’ UN SARCHIAPONE!

Concorso DSGA: note di malcostume italiano

DSGA, lo stato bipolare.




Il Sud in primo piano: la rivincita con il Vertice del G7 in Puglia

I Lettori di BETAPRESS hanno già avuto modo di apprezzare gli interventi dell’Ing.Angelo Sinisi – Presidente dell’Associazione Tales of Angels, Formatore, Docente, Consulente di direzione, Responsabile per lo sviluppo aziendale di Confindustria Romania.                

Oggi, d’intesa con lo stesso – che ringrazio vivamente – pubblichiamo un suo recentissimo intervento in merito al Vertice del G7, che si terrà in Puglia.

Buona Lettura!

Negli ultimi decenni, il Sud Italia ha spesso subito pregiudizi che hanno contribuito a una percezione distorta della regione. Le etichette derogatorie, hanno alimentato un divario culturale e socioeconomico tra il Nord e il Sud, spesso relegando il meridione a un ruolo marginale.                                    

Tuttavia, il 2024 si presenta come un anno di svolta per il Sud, con una straordinaria opportunità di confermare il proprio ruolo nella prospettiva nazionale e internazionale.                                                                                   

La notizia più significativa è l’annuncio del Vertice dei Leader del G7 che si terrà dal 13 al 15 giugno nella pittoresca regione della Puglia.

Questo evento internazionale di grande risonanza non solo mette in risalto il patrimonio culturale e paesaggistico della Puglia, ma anche la sua crescente importanza nel contesto politico ed economico globale.                                                               

La Puglia, con la sua bellezza senza tempo e la sua ricchezza culturale, sarà il palcoscenico di incontri tra i leader delle nazioni più industrializzate del mondo.

La scelta di ospitare il Vertice del G7 in Puglia rappresenta una vera e propria rivincita per il meridione italiano.

Per troppo tempo, la regione è stata soggetta a stereotipi dannosi e ingiustificati, alimentando una percezione distorta che ha contribuito alla marginalizzazione del Sud.       

Ora, con l’attenzione del mondo puntata sulla Puglia, c’è un’opportunità unica per sfidare e superare questi pregiudizi, dimostrando la ricchezza culturale, la bellezza naturale e il potenziale economico del Sud.                                   

Il Vertice del G7 non solo offre un’opportunità di cambiamento culturale, ma anche significativi benefici economici per la regione. La presenza di leader mondiali, diplomatici e giornalisti attirerà l’attenzione su imprese locali, prodotti tipici e attrazioni turistiche, generando un impatto positivo sull’economia locale.

Il Vertice dei Leader del G7 in Puglia è un momento storico, segnando una svolta nella percezione e nell’importanza assegnata a questa regione.                               

La scelta di ospitare un evento così prestigioso dimostra che il Sud non è più destinato a essere considerato solo come una terra di stereotipi, ma come un luogo importante per la crescita economica e la cooperazione internazionale.

 

 




Ecco perché un bravo docente non può essere umiliato con 1500 euro di stipendio.

Vorrei delineare come io vedo un buon docente e perché un buon docente non può essere pagato solo 1500 euro al mese, più o meno.

lo faccio per punti sintetici ma giusto per dare il senso della cosa.

Un modello ideale di docente come guida dei giovani può essere concepito attraverso l’integrazione di diverse qualità, competenze e atteggiamenti, ognuno dei quali contribuisce a formare un’immagine completa di ciò che rappresenta un “buon insegnante”.

Un modello così definito non solo rispecchia le migliori pratiche pedagogiche, ma si adatta anche alle esigenze individuali e collettive degli studenti, promuovendo la loro crescita intellettuale, sociale e personale.

 Conoscenza e Competenza Accademica

Profonda Conoscenza della Materia: Un insegnante dovrebbe avere una solida comprensione della materia che insegna, aggiornandosi costantemente sulle ultime ricerche e sviluppi nel suo campo.

Competenza Didattica: Essere in grado di presentare contenuti complessi in modo chiaro e comprensibile, utilizzando varie metodologie didattiche per adattarsi ai diversi stili di apprendimento degli studenti.

 Capacità Relazionali e Comunicative

Empatia e Sensibilità: Mostrare comprensione e sensibilità verso le diverse esigenze emotive e sociali degli studenti, creando un ambiente di apprendimento inclusivo e accogliente.

Capacità di Comunicazione Efficace: Saper comunicare chiaramente, ascoltare attivamente e incoraggiare il dialogo costruttivo in classe.

 Orientamento al Supporto e alla Crescita Personale

Guida e Mentoring: Fornire non solo istruzione, ma anche orientamento, supportando gli studenti nel loro percorso di crescita personale e professionale.

Modello di Ruolo Positivo: Agire come un modello di integrità, responsabilità e curiosità intellettuale, influenzando positivamente gli studenti attraverso il proprio comportamento e atteggiamento.

 Innovazione e Creatività Didattica

Incorporazione di Metodi Innovativi: Utilizzare tecnologie educative e approcci didattici creativi per rendere l’apprendimento più coinvolgente e efficace.Promozione del Pensiero Critico e Creativo: Stimolare gli studenti a pensare in modo critico e creativo, incoraggiando la risoluzione di problemi e l’esplorazione indipendente.

 Responsabilità Sociale e Cittadinanza Attiva

Educazione ai Valori e alla Cittadinanza: Insegnare il rispetto per la diversità, la giustizia sociale e promuovere la consapevolezza civica tra gli studenti.

Risposta ai Cambiamenti Sociali: Essere consapevoli delle dinamiche sociali e culturali contemporanee, integrando questioni rilevanti nella didattica e preparando gli studenti ad affrontare le sfide del mondo moderno.

 Auto-riflessione e Crescita Professionale Continua

Disponibilità alla Crescita Personale: Essere aperti al feedback, alla critica costruttiva e alla continua formazione professionale per migliorare la propria pratica didattica.

Autoregolamentazione e Riflessione Critica: Avere la capacità di riflettere criticamente sulla propria pratica, identificando aree di forza e di miglioramento.

 Flessibilità e Adattabilità

Adattabilità alle Diverse Situazioni: Essere flessibili e in grado di adattarsi a diverse situazioni di classe, sfide educative e bisogni degli studenti.

Gestione Efficace della Classe: Possedere competenze nella gestione della classe, creando un ambiente di apprendimento ordinato e favorevole, dove tutti gli studenti si sentono valorizzati e coinvolti.

 Collaborazione e Coinvolgimento della Comunità

Collaborazione con Colleghi e Famiglie: Lavorare in modo collaborativo con altri insegnanti, personale scolastico e famiglie per promuovere il successo educativo e il benessere degli studenti.

Impegno nella Comunità Scolastica: Essere attivamente coinvolti nella vita scolastica, contribuendo al miglioramento continuo dell’ambiente educativo.

Un modello ideale di docente come guida dei giovani va oltre il semplice ruolo di trasmettitore di conoscenze.

Esso incorpora una gamma di competenze e qualità che abbracciano  l’empatia, l’innovazione, la responsabilità sociale e la capacità di ispirare e motivare.

Tale modello enfatizza l’importanza di un approccio olistico all’insegnamento, dove il docente non solo impartisce lezioni, ma guida gli studenti nel loro sviluppo integrale come individui e membri attivi della società.

L’essere un buon docente, quindi, significa essere un facilitatore di esperienze, un mentore, un innovatore, un leader compassionevole e un appassionato apprendista per tutta la vita.

In un’epoca di cambiamenti rapidi e sfide globali, la figura dell’insegnante come guida dei giovani assume un ruolo sempre più cruciale nel plasmare non solo il futuro accademico, ma anche quello personale e sociale degli studenti.

Questa visione del docente come guida completa e multidimensionale riflette un impegno profondo verso l’educazione, riconoscendola come uno strumento vitale per il progresso individuale e collettivo.

In tal senso, il modello ideale di docente è quello che riesce a integrare tutte queste diverse sfaccettature in un unico, coeso e dinamico approccio all’insegnamento e all’apprendimento.

Il ruolo del docente, particolarmente in quanto orientatore, può essere esaminato e definito attraverso diverse prospettive, tra cui la pedagogia, la psicologia dell’educazione, la sociologia e la filosofia dell’educazione.

La nozione di “orientatore” si riferisce non solo all’aspetto didattico e conoscitivo, ma anche al ruolo più ampio del docente come guida nello sviluppo personale e sociale degli studenti.

 Prospettiva Pedagogica

Dal punto di vista pedagogico, il ruolo dell’insegnante come orientatore è fondamentale nel guidare gli studenti nel loro percorso di apprendimento.

Questo implica non solo la trasmissione di conoscenze, ma anche la capacità di stimolare la curiosità, il pensiero critico e l’autonomia nell’apprendimento.

Il docente orientatore agisce come facilitatore, aiutando gli studenti a costruire il proprio sapere attraverso metodi didattici che promuovono l’interazione, la riflessione e l’indagine.

 Prospettiva Psicologica

Nella psicologia dell’educazione, l’orientatore è colui che supporta lo sviluppo emotivo e cognitivo degli studenti.

Attraverso un’attenzione alle diverse esigenze individuali, il docente può identificare e intervenire in situazioni di difficoltà o di bisogno, promuovendo un ambiente di apprendimento inclusivo e sensibile alle diverse modalità di apprendimento.

Questo ruolo comporta anche la capacità di gestire le dinamiche di gruppo, favorire la socializzazione e il rispetto reciproco tra gli studenti.

 Prospettiva Sociologica

Da una prospettiva sociologica, il ruolo dell’insegnante come orientatore comprende la preparazione degli studenti per il loro futuro ruolo nella società.

Questo implica fornire loro non solo conoscenze e competenze, ma anche valori, etica e consapevolezza sociale.

L’educazione è vista come uno strumento per promuovere equità e giustizia sociale, e il docente ha il compito di guidare gli studenti verso una cittadinanza attiva e responsabile.

 Prospettiva Filosofica

Dal punto di vista filosofico, l’orientamento può essere inteso come un aiuto nel processo di auto-realizzazione e ricerca di senso.

Il docente non è solo un trasmettitore di sapere, ma anche un mentore che guida gli studenti nella comprensione di se stessi, delle loro passioni e delle loro aspirazioni.

Questo aspetto richiede un approccio olistico all’educazione, dove il sapere non è compartimentalizzato, ma integrato in una visione più ampia dell’esistenza umana.

 

In conclusione, il ruolo del docente è multiforme e complesso.

Non si limita alla sola dimensione didattica, ma si estende a quella sociale, emotiva e filosofica.

La capacità di un insegnante di fungere da orientatore efficace può avere un impatto significativo non solo sul successo accademico degli studenti, ma anche sul loro sviluppo personale e sulla loro futura partecipazione nella società.

Questo ruolo richiede quindi un impegno costante nella formazione professionale, nella riflessione critica e nell’adattamento a un contesto educativo in continua evoluzione.

Secondo voi cari lettori uno così che si prende cura bene dei vostri figli può essere insultato con solo 1500 euro di stipendio?????

Invitiamo questo governo a smettere di umiliare i docenti ed a usare i fondi del PNRR per pagare meglio i docenti e dare loro percorsi di qualificazione professionale seri ed appaganti.

 

 




Segreteria scolastica, motore di progettualità o Cayenna dei dannati?

Ma la domanda che viene da porsi è: ma quando questo ministero, ministro Valditara, si occuperà delle segreterie scolastiche?

La questione del sovraccarico di lavoro per il personale della segreteria scolastica è un argomento che merita un’analisi approfondita, data la sua rilevanza nel contesto educativo e amministrativo.

Le segreterie scolastiche, infatti, svolgono un ruolo cruciale nel funzionamento quotidiano delle istituzioni scolastiche, gestendo una vasta gamma di attività che vanno dalla burocrazia amministrativa alla comunicazione con studenti, genitori e personale docente.

Il lavoro in segreteria scolastica comprende vari compiti come la gestione dei documenti studenteschi (iscrizioni, trasferimenti, diplomi), la pianificazione e organizzazione di eventi scolastici, la tenuta di registri e archivi, e la comunicazione interna ed esterna.

Questi compiti richiedono attenzione ai dettagli, competenze organizzative, e capacità di lavorare in un ambiente a volte frenetico.

Il sovraccarico di lavoro può essere attribuito a diversi fattori, tra cui la carenza di personale, l’aumento delle responsabilità senza un corrispondente aumento delle risorse, e la necessità di adeguarsi a normative e requisiti amministrativi in continuo cambiamento

Inoltre, l’adozione di nuove tecnologie e sistemi informatici, se da un lato può semplificare alcuni processi, dall’altro può richiedere tempo per la formazione e l’adattamento, aumentando temporaneamente il carico di lavoro.

Un sovraccarico di lavoro per il personale della segreteria può avere ripercussioni negative sull’intera comunità scolastica.

Questo può portare a ritardi nella comunicazione, errori amministrativi, e una riduzione nella qualità del servizio offerto agli studenti e alle loro famiglie.

Inoltre, può influenzare negativamente il benessere e la soddisfazione lavorativa del personale.

Per affrontare questo problema, le scuole potrebbero considerare diverse strategie:

Ridistribuzione del Carico di Lavoro: questo potrebbe includere l’assunzione di personale aggiuntivo professionalmente preparato prima di essere assunto, in modo da evitare un ulteriore onere formativo in carico alle segreterie.

Stabilizzare il personale in modo che non ci sia un continuo ricambio dello stesso.

Evitare passaggi di categoria senza l’adeguato momento formativo.

Comprendere i carichi di lavoro delle segreterie, cosa che ad oggi questo ministero non sembra avere ben chiaro.

SMETTERE DI SUBISSARE LE SEGRETERIE CON ATTIVITA’ ONEROSE.

Formazione e Sviluppo Professionale: Investire nella formazione del personale per migliorare l’efficienza e l’efficacia nel gestire le attività quotidiane.

Miglioramento dei Processi: Semplificare e ottimizzare i processi amministrativi attraverso l’automazione e l’uso di tecnologie più avanzate.

Supporto e Welfare del Personale: Implementare strategie di supporto per il benessere dei dipendenti, come la flessibilità del lavoro, il counseling e programmi di assistenza ai dipendenti.

È fondamentale che le istituzioni scolastiche riconoscano il valore e l’importanza del personale della segreteria.

Investire in risorse adeguate, formazione e supporto può non solo migliorare l’efficienza amministrativa, ma anche contribuire a un ambiente di lavoro più positivo e produttivo, che a sua volta influisce positivamente sull’esperienza educativa degli studenti.

In conclusione, il sovraccarico di lavoro nelle segreterie scolastiche è una questione complessa che richiede un approccio olistico e multi-sfaccettato per trovare soluzioni efficaci.

La collaborazione tra il personale amministrativo, i dirigenti scolastici e le autorità educative è cruciale per affrontare efficacemente questa sfida e garantire il buon funzionamento delle scuole.

Ma certamente prima di tutto e prima di affrontare progettualità complesse, vedasi PNRR, ulteriori sarebbe il caso di mettere a posto il motore della macchina, inutile sovraccaricare le segreterie di ulteriori progetti quando non riescono a fare quelli esistenti.

Forza al lavoro signor Ministro.