FASE DUE: LA PAROLA AI COMMERCIANTI

 

 

All’approssimarsi della riapertura degli spostamenti fra Regioni, la situazione del commercio, specie nei grandi centri, si presenta come una variegata galassia di realtà fra di loro discordanti

Abbiamo cosi’ deciso di raccogliere alcune interviste a campione, presso esercenti rappresentativi di di vari settori merceologici-chiave, tutti siti in Milano centro, che hanno rivelato notevoli difformità di attività, soprattutto in ragione del settore merceologico.

Pensare di poter fare stime e numeri uniformi per tutti è impossibile: andiamo ad investigare cosa é realmente successo.

Cominciamo dai parrucchieri: Paola, titolare ci conferma che é tutto prenotato fino al 5/6 Giugno, quindi per tagliarsi i capelli bisogna mettersi in lista d’attesa, ma il settore ha ripreso bene.

Come ci spiega invece Elisa, titolare di un bar, le cose cambiano sostanzialmente se si possiede un dehors (tavoli all’aperto) oppure no: per chi non li possiede si va avanti a caffè e cappuccini, con il solito giro di clientela, specie anziani e persone di passaggio, ma fortemente contingentato, mentre chi ha la possibilità di far sedere fuori i clienti è in posizione di netto vantaggio, specie sui navigli.

Buono anche, secondo Jasel, di un take away nel centro, il settore asporto, che ha meno limiti di presenza fisica, grazie ai servizi di recapito a domicilio, che sgravano l’attesa al take away.

Bene anche le gelaterie, come ci conferma Serena, titolare di una grossa gelateria climatizzata e abbastanza spaziosa da ospitare clienti distanziati e tutti con mascherina. Anche nel settore gelati va forte l’asporto.

Stefano ed Antonio, rispettivamente responsabili di due supermarket del centro ci fanno notare che “…quando c’erano le file la gente comprava di più”…. ( forse perché non poteva recarsi altrove), mentre ora vi é stata una flessione del 20/25 % delle presenze, che sono invece andate a sorreggere il comparto dei piccoli negozi di alimentari e commestibili in genere, come ci conferma Salvatore, fruttivendolo, che rivive grazie agli anziani di quartiere, che preferiscono tornare al solito posto invece di dover ricorrere obbligatoriamente alla grande distribuzione. Viva gli anziani, dunque!

Bene le farmacie ( come sempre) ma con problemi di ingresso, come nel settore telefonia, (contratti e abbonamenti) con lunghe code di attesa, mentre il sotto-settore delle riparazioni di telefoni e computer sembra quasi crollato, come ci conferma Lin, titolare di un laboratorio di riparazione cellulari: i negozi coem il suo sono in crisi ed andrebbero aiutati.

Barbara, di una celebre agenzia immobiliare ci conferma un brusco calo delle telefonate in arrivo, mentre in provincia le cose vanno meglio, soprattutto nel comparto affitti, complici i litigi delle coppie durante il lockdown, che hanno portato a convivenze forzate scaturite poi in separazioni quasi liberatorie e conseguente ricerca di alloggi senza spedere molto.

Mauro, titolare di un negozio di abbigliamento e scarpe temeva il peggio ma la ripresa c’é stata e siamo solo ad un -20% rispetto all’anno scorso, segno di una forte richiesta nel settore del vestiario e degli accessori in genere.

Come vediamo tutto cambia a seconda del comparto che si va a toccare, nonostante la generalizzata tendenza alla progressiva crescita, procedendo verso le fasi più “tolleranti” dell’emergenza.

Nel complesso, la città riparte, anche se sui mezzi pubblici gli spazi sono esigui e quindi vi é il 60% di posti in meno, per fortuna con poca gente, visto che la maggior parte di chi può sceglie di muoversi in auto, generando un traffico crescente.

Unica nota dolente…...la pulizia delle strade nella metropoli di Milano: secondo noi é assurdo sollevare nuvole di polvere che forse contengono ancora le spore del Covid-19, specialmente di giorno e durante gli orari di punta: sarebbe meglio farlo di notte, con più sicurezza per tutti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’Immobiliare trema, terremoto covid…




Easter egg

Siamo alle porte della Santa Pasqua e questo ci induce ad una seria riflessione sul significato più profondo di speranza verso la rinascita, la resurrezione, il rinnovamento.

Quest’anno la Pasqua verrà celebrata a porte chiuse,per dare il colpo definitivo al coronavirus, che sta calando sotto la pressione delle imponenti misure di contenimento che sembrano funzionare davvero.

Sorge a questo punto, da tutti noi spontaneo un ringraziamento per tutti coloro che hanno permesso questo notevole calo nei contagi e nelle morti: prima di tutto le forze dell’ordine ed il sistema sanitario, che hanno dato il meglio di sé, sacrificandosi fino allo stremo per mettere in sicurezza il Paese, poi i lavoratori del settore autotrasporti, che hanno rifornito i supermercati, i cassieri, gli impiegati delle poste e delle banche, i tabaccai, gli alimentari rimasti sempre aperti. Infine, alle società dei mezzi di trasporto pubblico ed urbano, che si sono occupate di fare restare in piedi un sistema che sembrava destinato al collasso e che invece sta risorgendo, lentamente, anche se c’è ancora molto,moltissimo da fare, insieme al cordoglio per chi è venuto meno e per le famiglie spezzate.

Un particolare grazie va poi a tutti coloro i quali, da semplici volontari della protezione civile ed altre strutture associative per l’emergenza si sono prodigati a titolo completamente gratuito per il Paese, mossi solo dalla voglia di dare una mano al prossimo, nel vero senso del Vangelo, che a Pasqua ci ricorda di “farci prossimi” ai nostri simili.

E’ una lezione dura quella del coronavirus, una lezione durissima: un intero sistema Paese,anzi l’intero sistema internazionale messo inginocchio da un semplice microbo…

ma al di la di tutto rimane, dentro al cuore di tutti noi, inestinguibile e continua, la forza ed il coraggio della speranza, la speranza che leggiamo negli occhi dei nostri figli, dei nostri cari, la speranza che insieme ce la stiamo facendo e possiamo farcela, perché, si, ne siamo sicuri, come dicono i cartelli appiccicati dietro alle finestre…

ANDRA’ TUTTO BENE.

 




Novara in miglioramento

EMERGENZA CORONAVIRUS IN PROVINCIA DI NOVARA: I DATI DEL CONTAGIO

 

Il Sindaco di Novara Alessandro Canelli ha annunciato i dati odierni del contagio da coronavirus Covid-19 a Novara.

A tutt’oggi, ha comunicato il Sindaco, tramite videoconferenza in diretta facebook, dall’Ospedale Maggiore pervengono i seguenti dati: vi sono stati 99 decessi dall’inizio della pandemia, di cui 35 cittadini novaresi, mentre 11 persone sono state rimesse alle cure domiciliari ed 1 paziente trasferito.

I ricoverati positivi sono 148, di cui 59 di Novara, di cui  9 in terapia intensiva e 10 in terapia sub-intensiva.

I posti di degenza all’Ospedale Maggiore sono in totale 56, di cui 30 di terapia intensiva e 26 sub-intensiva, completamente pieni, mentre in isolamento fiduciario sono state poste  300 persone o positive o venute a contatto con persone positive.

La notizia confortante é che sta avvenendo una diminuzione dei ricoveri e la situazione sta migliorando grazie allo sforzo del personale medico e paramedico, supportato dalla protezione civile e dalle forze dell’ordine, che stanno proseguendo i controlli.

Inoltre il Comune sta allocando le risorse messe a disposizione dal Governo in favore dei Comuni per l’emergenza coronavirus, approntando la distribuzione di generi alimentari di prima necessità ai meno abbienti, come già stava facendo da parecchio tempo, anche attraverso la Caritas e altre strutture di assistenza.

 

 




Coronavirus: epidemia massmediologica

La corrente pandemia di coronavirus fa risaltare alcuni aspetti sociologici e comunicativi molto importanti: primo, la polarizzazione dell’informazione mediatica sulla pandemia, che porta ad avere da un lato una enorme risonanza in termini di informazione quantitativa (dati cifre, numeri) dall’altro un forte impatto sulle emozioni degli utenti (televisivi e della stampa in genere).

Secondo, i servizi video-giornalistici enfatizzano per lo più i lati negativi della pandemia, quali il forte tasso di morbilità (contagio) e la sostanziale difficoltà nel contrastarla.

La combinazione di questi due fattori genera nel largo pubblico un senso di scoraggiamento, di esasperazione, di turbamento profondo e non giovano né alla risoluzione della pandemia né al sistema psico-neuro-immuno-endocrinologico di chi passa da un notiziario all’altro.

Questa polarizzazione, poi, sembra essere orientata solo alla reiterazione del problema in sé e non alla ricerca o alla divulgazione di soluzioni effettive, cioè sostanzialmente dà per scontato quanto di efficace vi sia ancora all’opera per sostenere il sistema nazionale (per esempio l’azione encomiabile del volontariato, senza il quale lo Stato collasserebbe in pochi giorni) e perciò appare evidente una corsa verso l’aggravamento e non verso la soluzione del problema.

Dispiace non avere notizie più trasparenti ed incoraggianti sull’impegno e sulle risorse messe a disposizione di chi rischia la vita per gli altri, dai volontari fino ai medici, alle forze dell’ordine e ai semplici impiegati di banca, tabaccai, edicolanti, farmacisti e cassieri dei supermercati che, ricordiamoci, rischiano la vita ogni giorno nel silenzio, in attesa del consueto “bollettino di guerra” serale, un conteggio freddo, burocratico, quasi asettico, di morti e guariti, ma senza quel calore, quella partecipazione sociale e quell’infusione di coraggio che tutti avrebbero bisogno di sentire.

Preoccupa poi soprattutto il fenomeno della parcellizzazione sociale: le persone separate dai nuclei famigliari perché sole o lontane, chi non può muoversi e soprattutto gli anziani, le vittime silenziose di questa tragedia. Eh si, perché, come si sente dire spesso “le case di riposo sono piene di coronavirus”, quasi che fossero dei lazzaretti dove l’anziano malato può solo tacere … e morire.

L’anziano, colui che ha costruito l’Italia, colui che ha sostenuto la sua famiglia fino ad oggi, anche attraverso la sua pensione, pilastro della famiglia, diventa così la vittima silenziosa di un sistema che non gli appartiene più e dal quale può solo uscire in sordina, in punta di piedi, dalla porta posteriore di una casa di riposo, mezzo vivo o mezzo morto, manipolato della freddezza dei guanti in latice, senza dire una parola e nemmeno vedere i volti dei suoi soccorritori, avvolti delle mascherine protettive.

Condotto in ospedale o direttamente ai luoghi di raccolta dei feretri, che poi vengono trasportati dall’esercito, sotto i riflettori impietosi di una stampa che sa valorizzare e spettacolarizzare l’audience, gli indici di ascolto, la notizia a tutti i costi, quella che “buca lo schermo” ma che purtroppo, spezza anche il cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità

 

La libertà di stampa