Coronavirus: andrà tutto bene?

Andra tutto bene o andrà tutto a puttane?!?

Scusate l’esordio volgare, ma oltre agli striscioni alle finestre ed agli inni sui balconi, c’è un l’Italia in ginocchio, e non solo negli ospedali.

E ’evidente, nessuno è immune, perché il contagio è arrivato per tutti.

E non parlo del contagio virale, per fortuna, la stragrande maggioranza di noi non sarà contagiato e, comunque, anche se contagiato, potrà farcela.

Parlo dell’impatto economico, della crisi produttiva, del crollo della borsa…

Di tutti noi che non moriremo di coronavirus, ma per la crisi scatenata dal coronavirus.

Apocalittica? No, aderente ai fatti, basta parlare con la gente.

Noi di beta press, abbiamo deciso di scendere in campo, non nella trincea degli ospedali, dove quotidianamente, ci sono eroi che lottano per la salvaguardia della salute di tutti, ricchi e poveri, giovani o vecchi, (e scusate se è poco, altro che immunità di gregge!).

Noi di beta press, abbiamo deciso di stare nelle retrovie, tra la gente, per dare voce a tutta quell’ Italia che si è ammalata, economicamente parlando, prima che l’emergenza coronavirus diventi, oltre che un bollettino medico, la cronaca di una morte annunciata.

Iniziamo dal mondo dei liberi professionisti, dei lavoratori autonomi, per poi arrivare ai negozianti, agli artigiani.

Oggi siamo partiti dal mondo delle società commerciali e dei medici che esercitano la libera professione.

Poche domande dirette, sempre le stesse.

Criticità specifiche del proprio lavoro in generale e, soprattutto adesso.

Impatto economico e problemi fiscali.

Cosa è impellente ora e nei prossimi mesi?

Decreto di marzo, soluzioni possibili o propaganda politica?

Iniziamo con la testimonianza di Donatella Venanzetti, manager commerciale piemontese.

“Ciao. Beh, bisogna stare fermi, è tutto bloccato, credo si commenti da solo.

SE NON LAVORI, NON INCASSI.

Credo che sia indispensabile una MORATORIA, un contributo per gli affitti, anche di casa, perché qui, nel nostro team, tra un po’ saremo in tanti a dormire in auto, sempre che non sia a noleggio e che non ce la portino via, altrimenti dobbiamo stare sotto un ponte veramente!

Credo anche che un CONDONO TOMBALE di tutte le pendenze Equitalia ed agenzia delle entrate sia un segnale forte, sia una possibilità di tirare una riga per tanti.

Un bel RESET farebbe ripartire con un altro spirito.

Inoltre, una valutazione della CRIF, che condoni posizioni, ad esempio di crediti già cartolarizzati, è un modo per dare una possibilità di acquisto, così da poter far ripartire l’economia.

Altrimenti qui sarà un delirio e ci sarà gente che arriverà a suicidarsi!

Dopo una guerra, perché è quello che stiamo vivendo, devono tirare una riga e fare in modo che, almeno mentalmente, le persone siano concentrate sul futuro e non arrancare per il presente, per il passato e per il futuro…Non ce la faremo mai in questo modo!

Betapress- “Per entrare nello specifico, in che tempi prevedete una ripresa della vs attività?

L’accesso al credito e quindi un ulteriore indebitamento potrebbe risolvere?

E nel medio lungo periodo?

Un finanziamento in quota capitale da parte dello stato potrebbe essere utile?”

Donatella Venanzetti “L’accesso al credito è utile al popolo indipendentemente se sono o meno p. iva, ma se sono finanziabili, le persone, hanno capacità di acquisto e quindi possono far girare l’economia.

Se fanno un condono tombale rendono le persone “leggere” mentalmente oltre che economicamente e le mettono in uno stato di gratitudine e di positività per potersi protendere verso progetti futuri…spero di essermi spiegata.

La ripresa dipende dal fermo che daranno.

Una partecipazione da parte dello stato potrebbe essere interessante … ma se io devo far fronte al vecchio… non ce la farò nemmeno con il nuovo”

Passiamo ora alla testimonianza di Vincenzo D’ Amato, dottore in psicologia, ipnologo, ricercatore.

Stesse domande, ma nuovi problemi.

“Premesso che non sono un esperto di economia ma di processi mentali, farò una serie di considerazioni che sono chiaramente un punto di vista.

Nel mio lavoro le criticità che si presentano normalmente, sono legate alla particolare tipologia di intervento.

Da ipnologo, lavoro con le persone innanzitutto creando un rapporto empatico, che prevede quindi che le energie di cui siamo fatti si incontrino, durante un appuntamento che si svolge nella maggior parte dei casi da vicino (attività soggetta a numerose normative, tra l’altro).

In questo particolare momento, più che mai, alle persone serve un AIUTO per uscire dalla morsa creata dalle informazioni che ci arrivano attraverso i media che innescano meccanismi deleteri per il nostro benessere psicofisico, quel CIRCOLO VIZIOSO generato dal TERRORISMO PSICOLOGICO.

Nonostante la richiesta, evidentemente, non ci si può incontrare e le difficoltà sono riuscire ad essere di aiuto tramite mezzo on-line.

L’impatto economico è estremamente grave dato il BLOCCO TOTALE di svariate attività produttive.

Senza produzione NON C’E’ REDDITO e la burocrazia non sempre aiuta a venirne fuori.

Il decreto di marzo può sicuramente essere un aiuto e come sempre arriva quando c’è già il problema, un po’ come sistemare il sistema di smaltimento delle acque reflue dopo che c’è stato lo smottamento.

Per anni sono stati fatti TAGLI ALLA SANITA’ per pagarne le conseguenze quando poi si vive il problema.

Sarebbe utile nell’immediato AZZERARE LE TASSE, ELIMINARE LE CARTELLE ESATTORIALI, SBLOCCARE I FLUSSI delle LIQUIDITA’ portate all’estero per anni, facendole rientrare senza tassazioni, BLOCCARE GLI INTERESSI bancari su mutui, prestiti e fidi, BLOCCARE I PAGAMENTI di utenze.

Ma, soprattutto, MONITORARE l’informazione e, per una volta, evitare l’informazione negativa e puntare ad una informazione che stimoli la produzione di sostanze che vadano a rinforzare il nostro sistema immunitario, parlando di quante persone si stanno salvando e non solo di quante ne muoiono ogni giorno!

Bisogna sottolineare i dati positivi e non diffondere terrore e paura, queste sono i primi passaggi che davvero possano aiutare famiglie ed imprese.

Sicuramente tutte le forze politiche oggi approfittano per fare operazioni che mettano in mostra il loro intervento per giocare quella carta al momento delle elezioni!

Per quanto riguarda i tempi di ripresa delle attività, sarà sicuramente difficile recuperare per buona parte delle attività italiane, anche se, come sempre, in ogni difficoltà, si nasconde un’opportunità.

Dopo ogni momento di crisi ci sono imprese che falliscono ed altre che diventano più forti e prendono il volo.

Se SFRUTTIAMO QUESTO TEMPO, in cui non possiamo muoverci all’esterno, per preparare prodotti, servizi, contenuti ed offerte migliori, allora rientreremo in quella categoria che si riprenderà velocemente e più forte di prima!

Dobbiamo imparare qualcosa da questo evento che ci è arrivato addosso all’improvviso.

L’ACCESSO AL CREDITO come il finanziamento in quota capitale, possono diventare un BOOMERANG che proprio nel medio e lungo termine ci si ritorce contro.

Servono SOLUZIONI DEFINITIVE che permettano a tutti, con un grande impegno di riprendersi e NON PALLIATIVI di cui, poi ci si pentirebbe.

Più importante di tutto servirebbe, ad ognuno di noi, IMPARARE LA LEZIONE, e farne tesoro, ed aprire gli occhi iniziando a pensare con la propria testa oltre ogni manipolazione.

CRESCERE ed EVOLVERSI potrebbero essere le parole chiave”.

Che dire! Ringraziamo chi ci ha dedicato tempo e consigli e domani passiamo al mondo dell’edilizia, a quello degli avvocati, a quello degli artigiani, ai negozianti…

A, proposito, invitiamo chiunque voglia dare la sua testimonianza in ambito lavorativo a scriverci, affinché, almeno, possiamo dar voce al nostro disagio collettivo.

L’intento sarebbe quello di compilare, tutti insieme, il nostro CAHIER DES DOLEANCES, datato 2020, prima che scoppi un’altra rivoluzione…

E, per dirla tutta, qualche giorno fa, la rivolta nelle carceri di tutta Italia, sembrava proprio una nuova presa della Bastiglia!!!

 

 




La scuola ai tempi del coronavirus

In questi giorni di sospensione delle lezioni e, da domani, di chiusura totale delle scuole, emerge sempre più la mancanza di alfabetizzazione emozionale, non digitale dei nostri figli, nonché alunni della scuola italiana.

Che senso ha parlare di conoscenze, di competenze, di abilità, quando i programmi sono saltati, non si sa se e quando si torna a scuola e, soprattutto cosa sta succedendo a tutti noi?!?

Che lo sappiano quelli del MIUR, che, dopo un paio di settimane di pseudo didattica digitale, propongono un sondaggio per censire l’alfabetizzazione digitale della scuola italiana!

Sempre scollati dalla realtà di chi, la scuola la vive, davvero!

Non ha senso fornire un report taroccato come nelle prove invalsi, per far vedere che siamo bravi, che i nostri alunni hanno studiato, che siamo all’avanguardia, che ci destreggiamo tra lezioni on line, piattaforme digitali, classroom…

Mai, come in questi giorni, siamo tutti consapevoli che l’educazione emotiva deve assolutamente entrare nelle scuole: la scuola, in un momento di crisi delle famiglie e di collasso della società, rimane un’istituzione fondamentale, capace di fare la differenza.

Un insegnante emotivamente intelligente può fare la differenza, in una lezione frontale, passando tra i banchi, come in una lezione digitale, sorridendo dietro uno schermo.

E’ evidente, proprio in questi giorni!

Per molti giovani, il contesto familiare non offre più un punto d’appoggio sicuro nella vita.

Ecco perché le scuole restano il solo istituto al quale la comunità può rivolgersi per correggere le carenze di competenza emozionale e sociale dei ragazzi.

La scuola deve accogliere l’ansia dei ragazzi e restituirla loro bonificata.

Oggi più che mai.

Adesso più che mai.

Deve prenderli per mano, facendosi carico della loro fatica di crescere e traghettarli verso l’età adulta.

Un’ età adulta, vaccinata, loro malgrado, da questa sofferenza precoce, di nome covid19.

Siamo sinceri, ci sentiamo smarriti, inqueti, travolti dagli eventi noi adulti, figurarsi loro, che non sono neanche strutturati, emotivamente parlando!

Questo non significa che la scuola sia la panacea di tutti i mali.

Ma, poiché quasi tutti i bambini ed i ragazzi italiani vanno a scuola, anche in questi giorni in cui la frequenza è sospesa, almeno adesso, facciamo sì che la scuola sia un luogo che permette di raggiungere ognuno di essi e di fornirgli lezioni fondamentali per la vita.

Che l’emergenza coronavirus sia un’esperienza di vita, un allenamento emotivo, una palestra di disagio gestito.

L’alfabetizzazione emozionale comporta che il ruolo sociale delle scuole si estenda e vada a compensare le deficienze familiari e collettive nella crescita dei ragazzi.

Due le sfide da vincere: gli insegnanti devono oltrepassare i limiti della propria missione tradizionale e la comunità dev’essere più coinvolta nella vita della scuola.
“Come ti senti? Come stai in questi giorni? Cosa stai provando di fronte alle notizie? Che paure hai? Chi ti manca? Che cosa ti aspetti? Quali sogni coltivi?”

Queste sono le domande che dobbiamo rivolgere quotidianamente ai nostri alunni, prima di chiedere l’esecuzione dei compiti e l’invio dei files.

EDUCAZIONE EMOZIONALE. Non c’è forse materia più importante per valutare la qualità degli insegnanti.

Se c’è una competenza da censire è il modo in cui un insegnante gestisce la classe, perché IL MODO è infatti in sé stesso UN MODELLO, una lezione di fatto, testimonia se l’insegnante è dotato di competenza emozionale o ne è carente o, addirittura, sprovvisto.

Ogni atteggiamento di un insegnante nei confronti di un allievo è una lezione rivolta ad altri venti o trenta studenti, in presenza o on line.

Introdurre nella scuola l’alfabetizzazione emozionale e l’educazione sentimentale significa tornare a concepire l’educazione come formazione integrale della persona: una formazione in cui le conoscenze sono centrali, ma che non può rinunciare all’etica e alla conoscenza di sé.

Dunque, cari esperti del Miur, non prendeteci in giro anche stavolta, abbiate la compiacenza di ammettere che la scuola vera non sono i vostri voli pindarici in una scuola virtuale, in tutti i sensi!

 

 




Meglio soli che male accompagnati…

Era già tutto previsto…

Era già tutto previsto, che il cosmo avesse le sue leggi e che la selezione naturale facesse la sua parte, l’avevamo studiato…

Forse non avevamo previsto che fosse così.

Che la nostra realtà si cristallizzasse nelle parole del Presidente del Consiglio, a reti unificate, una sera di marzo di un anno che finirà sui libri di storia.

Oggi tutti abbiamo ben chiaro quale sia la possibilità di vita nella minor vita possibile.

È solo sperimentando sulla propria pelle che le persone imparano.

In questi giorni di stop forzato, a pensarci bene, ci viene fatto dono di un tempo nuovo: un tempo per pensare.

Un tempo forzatamente rallentato, tra le mura domestiche, in cui potersi fermare a riconsiderare molte cose.

Tra qualche anno, dicevo, ci ritroveremo tra le pagine dei libri di scuola e non so cosa verrà scritto.

Ma so cosa ricorderò.

Ricorderò che gli italiani sono stati definiti untori da Paesi come la Germania da cui proviene il paziente zero.

Ricorderò che i francesi ci hanno deriso, poco prima di “puffare” il virus.

E che gli americani ci vogliono dar lezioni, mentre devastano gli altri Paesi e lasciano morire i loro connazionali che non hanno l’assicurazione per curarsi.

Ricorderò il freddo cinismo degli inglesi.

E pure gli italiani che scappano impauriti, irresponsabili.

Ma, soprattutto, ricorderò gli italiani veri, quelli che non si sono potuti fermare un attimo neanche volendo: medici, infermieri, o.s.s., forze dell’ordine, vigili del fuoco, farmacisti e parafarmacisti.

Commercianti e professionisti che hanno deciso di chiudere solo per coscienza civica, rischiando di non sopravvivere economicamente.

Operai, camionisti, postini, spazzini, volontari e assistenti sociali, che hanno garantito i servizi di prima necessità…

Di tutti noi, insegnanti e genitori che cercano di orientare e orientarsi in questo caos.

Di chi ci ha messo la faccia, ma non solo … Della generosità di chi ha donato degli ospedali.

Mi ricorderò di un Paese come la Cina, che in molti abbiamo sottovalutato, darci un esempio incredibile di efficienza e disciplina e una prova di solidarietà e generosità veramente grande, che in pochi si sarebbero aspettati.

Chissà, però, se i libri di scuola racconteranno della vigliaccheria dell’Europa.

Chissà se sui libri di storia, ci sarà scritto dei tagli che abbiamo fatto alle colonne portanti del nostro Paese, per ingrassare le casse di quei Paesi che ci hanno letteralmente preso a calci nel sedere.

Quando tutto sarà passato, perché passerà, ricordiamocelo tutti quanti che ci siamo rialzati, nonostante gli sgambetti.

Rialziamo la testa e tendiamo la mano solo a chi ce l’ha tesa.

Agli altri che resti solo uno stivale da guardare e lucidare e che sia tricolore, naturalmente!

Se poi torneranno sulle nostre spiagge o nelle nostre città d’arte, che sappiano bene che l’Italia è coraggiosa e dignitosa, ma sola.

 




Bestiario del Coronavirus

Il coronavirus ed il carosello delle amenità nazionali

Inventario (in ordine sparso) di quanto detto, o letto, o fatto, dal nostro variegato popolo italico in questi giorni di delirio collettivo.

E vi assicuro che è tutto vero!

Calma, ragazzi, ‘sta storia del Coronavirus è tutta un’invenzione del Governo per frenare Salvini.

Parliamoci chiaro, lo sappiamo tutti che il coronavirus lo ha messo in giro Di Maio, lo ha portato lui dalla Cina, perché non sa più cosa inventarsi per restare al Governo.

Visto? Era come pensavo, il virus è stato realizzato a tavolino dagli USA, perché la Cina stava diventando una potenza economica troppo grande ed indiscussa.

Ma sì, è chiaro: il coronavirus è un‘invenzione delle case farmaceutiche per vendere i vaccini, non giriamoci intorno.

L’avevano detto i testimoni di Geova: moriremo tutti, è questa la fine del mondo!

Ma è una semplice influenza, il coronavirus non esiste, non prendiamoci in giro, sono gli Italiani che sono dei pecoroni!

Per me, il coronavirus, l’hanno messo in giro la Mafia, la N’drangheta e la Camorra per distruggere il Nord. Altrimenti come ci si spiega che al Sud stanno tutti bene?

Tutto terrorismo mediatico, una storia montata dalla stampa per vendere copie. La sanno lunga quei giornalisti di m….a

A me, la storia che il Coronavirus viene dalla Cina, non convince. In verità, lo hanno portato gli immigrati: la Lega lo ha sempre detto di chiudere i porti ed impedire gli sbarchi…

Nessuno prega più, questa pandemia mondiale è la risposta alla nostra cattiveria! Dio ci sta punendo!

Il vaccino esiste, ma lo tengono nascosto, proprio i cinesi. Del resto, a Prato, dove c’è la più grande comunità di cinesi, nessuno è malato.

Come è possibile che solo in Italia abbiamo milioni di casi e negli altri paesi niente? Per me, esagerano con i numeri!

Ma dai, pensaci bene, è tutta una manovra delle case farmaceutiche: una ha creato il virus, una il vaccino, una le terapie per curare i malati, e poi tutte le altre li appoggiano perché quando ti ammali, comunque vai a fare un giro in farmacia.

Ah proposito, hai sentito che bisogna assumere vitamina C? Appunto, in farmacia non si trova più neanche il CEBION…

E’ tutto un complotto! Stanno provocando il crollo dell’economia mondiale. Altro che andrà tutto bene. Qui sta andando tutto a puttane!

Ma basta con tutti ‘sti cialtroni di virologi esibizionisti! Non vedi che non sono d’accordo neanche loro?

Ma che me ne fotte a me, io prendo un treno e me ne torno al Sud!

Bevi bevande calde, che il calore ammazza il virus.

Ma come possono pretendere che ora ce ne stiamo tutti rinchiusi a casa?!? Questa è proprio un’esagerazione…

Tanto muoiono solo i vecchi!

Non è vero! E’ morto uno di vent’anni! E va beh, quello era giovane, ma si faceva le canne!

Ma ci pensi quanti muoiono ogni anno per il fumo?!?

Tutti a parlare del collasso sanitario, ma qui ci obbligano a stare in casa, a fermare tutto e poi come si fa con il collasso economico? e con quello finanziario?

Non interrompere la catena di questa bella preghiera di guarigione.

Se stai male, chiama un taxi, che fai prima!

Agente, ho l’autocertificazione, non posso stare in quarantena con mia moglie!

Le sigarette sono un bene di prima necessità?

Ragazzi, controllate sul registro elettronico che vi ho dato un lavoro di gruppo da fare in questi giorni che la scuola è chiusa!

Al supermercato mi sono piegato ed ho dato una culata al mio vicino. Per sicurezza ho fatto il bidet con l’amuchina…

Va, beh, ragazzi!

Ce la faremo anche stavolta, tutti insieme appassionatamente, perché il coronavirus potrà pure mietere vittime, ma, i deficienti, quelli veri, quelli forti, sono immuni a qualsiasi contagio.

E l’ITALIA vivrà ancora…




#iorestoacasa

L’Italia che si sbatte e quella che se ne sbatte…

C’è l’Italia che lotta e quella che boicotta, l’Italia della resistenza e quella della demenza, l’Italia dell’impegno e quella del me ne frego.

E poi ci siamo noi, ognuno di noi, obbligati, ora, a darci una mano, senza stringerci la mano, a stare uniti, seppur isolati.

Ora, davvero, siamo sulla stessa barca.

Ora, caso mai volessimo scappare, ci resta un barcone, quello dei profughi.

Ma stavolta, a Lampedusa, bloccano noi che vogliamo uscire, non gli altri che vogliono entrare.

Eh, sì, caro amico virus, ce ne stai facendo di favori!

Altro che lo scioglimento dei ghiacciai, minacciato da Greta Thunberg, tu ci stai dimostrando che il cambiamento climatico non ci tocca fino a che non ci sentiamo come quegli orsi polari alla ricerca del cibo, che la mascherina dobbiamo metterla proprio adesso che l’inquinamento è diminuito!

Altro che cori razzisti o tifoserie violente negli stadi, adesso, niente pubblico, partite a porte chiuse (mai, prima dell’altro ieri, un derby come Juve-Inter si è svolto così, in un clima di rispetto dell’arbitro e di solidarietà tra i giocatori rivali) e, da ieri, tutto fermo, pure le partite truccate ed il calcio scommesse!

Prima, assurdi rigurgiti xenofobi, con svastiche sui muri ed ingiurie ai sopravvissuti all’olocausto, adesso, siamo noi i segregati, quelli privati di una seppur minima libertà, rispetto a chi, davvero, era stato spogliato di tutto, libertà e dignità, nello scempio dei campi di concentramento!

Fino a poche settimane fa, erano i neri, poveri e sporchi che portavano la scabbia, adesso sono i bianchi, ricchi, potenti e famosi che portano il virus!

Quanto abbiamo detto e pensato che erano gli altri che dovevano starsene nel loro paese, adesso siamo noi che non possiamo uscire dal nostro ed imploriamo aiuti umanitari!

Prima tutti fuori, di casa e di testa, a correre come dei matti, perdendo il senso del tempo, in un delirio di onnipotenza e di onnipresenza, secondo l’assurda logica del produco dunque sono, arrivo dappertutto e consumo a più non posso.

Adesso un fermo immagine, IO RESTO A CASA. E sto fermo.

A misurare un tempo eterno, distillato su gesti quotidiani, scandito da consuetudini domestiche.

Questo tempo ritrovato è quello del prendersi cura di noi, ma, soprattutto, nostro malgrado, di chi è uno di noi, magari di quel nonno dimenticato o di quel figlio trascurato.

Infatti, dove prima c’era una famiglia scoppiata, ognun per sé e Dio per tutti, ciascuno indaffarato, intento a vivere la propria vita, dimenticandosi del proprio ruolo, adesso, c’è una famiglia ricomposta, magari problematica, ma dove, obbligatoriamente, ognuno di noi deve accorgersi che l’altro è lì, vicino a lui.

Ti ringrazio caro virus, perché ci stai dimostrando che nelle relazioni umane, la comunicazione non verbale, la socialità sono fondamentali, che non c’è social network che tenga, che la vera comunicazione non è quella virtuale, ma stare vicino, toccare, abbracciare l’altro.

Ti ringrazio caro virus, perché ci stai dando la prova che l’uomo è un animale sociale, ma è anche un essere dotato di intelligenza e volontà.

Che in questo momento l’aggregazione è pericolo di estinzione.

TOCCA A NOI SCEGLIERE!

Perché, mai come adesso, stare insieme, non significa fare branco o stare in gruppo, ma scegliere consapevolmente di stare da soli e lontano, per proteggerci, l’un l’altro.

Che l’unico modo per uscirne è non uscire, riscoprendo la reciprocità del gesto condiviso, il senso di appartenenza ad una comunità da proteggere, il sentirsi parte di un qualcosa di più grande di noi, riconoscendo che la nostra vita dipende dagli altri, da tutti gli altri.

Il coronavirus ci trascende e ci obbliga a riflettere.

IL coronavirus ci sta urlando in faccia che non siamo più noi l’ombelico del mondo, che non esiste più una linea di confine tra me e te, tra noi e voi, ma che ci sono io negli altri, con gli altri e che tutti insieme dobbiamo ruotare intorno allo stesso asse, quello della sopravvivenza.

 

 

 




Coronavirus: l’Italietta, come al solito…

Complimenti all’italiano medio deficiente!

Vorrei non dedicare tempo ed attenzione a chi testimonia ai suoi connazionali ed al mondo intero la sua vergognosa stupidità. Ma, giuro, non ci riesco!

Perché, nonostante la pressante informazione sulle modalità di contagio, sulle misure di sicurezza per la propria e l’altrui salute, ci sono in giro così tanti irresponsabili, demenziali nei gesti ed ignoranti nei post sui social?!?

Prima, l’assalto ai supermercati, ora, l’assalto ai treni.

Due settimane fa, il contagio viaggiava tra i carrelli e gli scaffali, stanotte, tra i binari e sui treni.

Nel frattempo, in questi quindici giorni, tutti insieme ad accalcarci allo ski-pass delle maggiori località sciistiche, (perché, tanto, già che sono chiuse le scuole, andiamo a sciare!).

Tutti insieme a farci un aperitivo sui navigli o in piazza, (ma, sì, dai siamo all’aria aperta!).

Tutti insieme in un centro commerciale, a Montesilvano, ad applaudire Elettra Lamborghini (ma vuoi, mettere? Per una gnocca così, val la pena di rischiare!)

Per non parlare di chi, ha invaso le località marittime della Liguria, facendo registrare un record di presenze tipico del periodo pasquale pur di passare una giornata al mare (mica possiamo murarci vivi!).

E come se non bastasse, mi vergogno per chi, ieri sera, ha veicolato la bozza del decreto.

Mi vergogno per chi, allarmato dall’ imminente firma dello stesso, è scappato dalla Lombardia, accalcandosi sugli ultimi treni della notte, portando con sé il virus verso sud.

Questi sono comportamenti che, se consapevolmente messi in atto pur conoscendo i rischi, dimostrano infantilismo, mancanza di senso civico, disprezzo della società in cui si vive.

Sono espressione di puro menefreghismo che finge di essere certo delle sue azioni e trasuda sicurezza da tutti i pori.

Infatti, per questi italiani deficienti, sono gli altri i paranoici, gli ipocondriaci, i troppo ligi alle regole.

Questi italiani irresponsabili pensano: Evitare in modo assoluto, non vuol dire vietare!”

E se il decreto entra in vigore alle 2 dell’otto marzo, dai che sul filo del tempo, faccio il furbo, prendo l’intercity della notte!

Perché per l’italiano medio, la deroga alla norma e la trasgressione alla legge è un dato di fatto, un marchio di fabbrica.

Chi davvero vuole bene a sé stesso, ai propri cari e al proprio Paese cerca di fare tutto il possibile per proteggersi, proteggere gli altri e proteggere la salute pubblica.

Il senso di responsabilità civica lo dobbiamo mettere in pratica per rispetto di tutti i medici e del personale sanitario che si batte per aiutare tutti coloro che soffrono, per contribuire alla prevenzione e al contenimento del Coronavirus.

In questo frangente il governo sta agendo bene, riconoscendo che la tutela della salute pubblica è prioritaria rispetto alla libertà di movimento.

Sono gli italiani che non seguono le regole.

Gli italiani si vantano di essere un popolo nazionalista…Sostengono di essere a favore della sicurezza e dell’ordine e poi, alla prima regola imposta per una questione di interesse pubblico, se ne fregano di semplicissime misure di contenimento di un’epidemia che rischia di devastare sanitariamente, economicamente e socialmente il Paese intero.

Ma perché non abbiamo da sempre a cuore il bene comune, dal lavoro alla salute?

Perché non pensiamo a tutte le fasce sociali, soprattutto ai deboli della popolazione?!?

Proprio a chi è maggiormente esposto al contagio, per evidenti ragioni di salute, deve essere riservata la nostra attenzione.

Nel riflettere sul ruolo del cittadino nel contesto sociale, va messa al primo posto la tutela di tutti coloro che non sono in grado da soli di provvedere a sé stessi e che rischiano, loro malgrado, di finire nella tela del ragno.

Sono proprio i più emarginati quelli che rischiano di più: chi è già sofferente per qualche patologia grave edoggi avrebbe bisogno anche soltanto di cure ambulatoriali.

Cure che vengono sospese perché viene data la precedenza all’organizzazione dell’emergenza attuale.

Chi si deve sottoporre a chemioterapie cicliche, a dialisi, a cure necessarie per lenire il dolore e ad altri interventi non ritenuti primari e rischia di rimanere indietro, a causa di un indebolimento del sistema sanitario.

Il SISTEMA ITALIA, più volte definito dal presidente Conte, è forte nella risposta medica, ma è debole in quella strutturale, perché per troppo tempo ha trascurato il potenziamento del pubblico, privilegiando le privatizzazioni.

Il sistema Italia ha da tempo boicottato sé stesso, settorializzando ambiti di tutela sociale come la sanità, spezzettandola regionalmente e creando così quella confusione, sia organizzativa sia comunicativa, che è venuta prepotentemente avanti nei giorni di esplosione del contagio da Codogno alla zona del lodigiano, per poi estendersi nel resto del nord.

Un nord da cui precipitosamente si tenta di fuggire dirigendosi verso le stazioni ferroviarie, per poter prendere l’ultimo Intercity della notte e andare verso Sud, dove si hanno forse dei parenti, ma dove l’epidemia sembra, per ora, non essere arrivata massicciamente, solo grazie al contenimento istituito nelle regioni settentrionali e che tanto sta costando in termini di sacrifici e modifiche dello stile di vita a milioni di cittadini del nord!

Complimenti a questi italiani di merda, che convinti di fuggire dal NORD impestato, hanno fatto una corsa ai binari dettata dal “si salvi chi può, beatamente infischiandosene di poter essere quei portatori sani del virus magari proprio nel loro caro SUD che al momento sembra ancora privo di focolai epidemici.

Ci voleva proprio il coranavirus per fare saltare la storia dei confini.

Siamo passati dal nazionalismo sovranista al municipalismo dell’Italia dei Comuni.

Dal “PRIMA GLI ITALIANI” al “FATEMI TORNARE A CASA”.


Uno spettacolo penoso, così tanto lontano dai princìpi costituzionali dell’unità nazionale che si forma invece proprio nel momento in cui deve emergere la solidarietà sociale e civile.

 




LEI, LUI ed il multitasking, parola di Chiara Cecutti.

MULTITASKING? NO, GRAZIE

Interno domestico di una qualsiasi famiglia italiana, in questi giorni di quarantena.

L’emergenza coronavirus sta facendo esplodere la quotidiana convivenza, perché siamo tutti sotto lo stesso tetto e dentro le stesse mura, ma con ruoli e mansioni geneticamente e culturalmente diverse. Non ci credete?!? Ditemi se sbaglio.

LUI, l’uomo, è isolato nel suo studio, inchiodato al monitor del computer, a lavorare a distanza. ”A lavorare come un matto “dice lui, “per sopravvivere in questo paese di m…a”. E guai a chi lo disturba! -diciamo noi! Certo, perché LUI, dalla notte dei tempi, deve lavorare e garantire la sopravvivenza della sua famiglia.

LEI, la donna, invece, deve accudire e nutrire i suoi cari.

Solo che, dalla teoria preistorica alla realtà odierna, c’è una piccola differenza!

La nostra LEI, quella dei giorni nostri, è imprigionata nella sua casa, è ancor più del solito impegnata a gestire un’overdose di incombenze, ordinarie e straordinarie, non a distanza, ma in presenza!

Esempio? Con la chiusura forzata di tutte le scuole, la nostra lei si ritrova a seguire figli piccoli (pappe e pannolini a gogò) o gestire figli intermedi (con compiti assegnati e sottofondo sonoro di chat di classe impazzite). O magari, addomesticare figli adolescenti ribelli e svogliati (“spegni il cellulare e rifatti il letto”, un mantra quotidiano) che ciondolano per casa spargendo calzini e briciole.

Ma ci sono pure, genitori anziani, da ascoltare, col viva voce, mentre, la nostra cara donna, lava, stende e stira, cucina, apparecchia e sparecchia… E intanto, dato che la nostra eroina CREDE, anzi, VUOLE, per principio, o semplicemente DEVE, per necessità, LAVORARE, ecco che, anche la nostra donna, lavora da casa.

Perché, anche lei ha un lavoro, come il suo uomo.

E’ insegnante, impiegata, ingegnere o avvocato, architetto o funzionario. Ha tanto lottato e voluto lavorare, a scuola, in banca, in azienda, che non può mollare proprio adesso. Ecco che, allora, la nostra cara eroina, risponde alle mail, predispone lezioni, partecipa a video conferenze, traduce, pianifica, compila, notifica…

Eh, ma chi è?!? WONDER WOMAN?!? -direte voi? No, CENERENTOLA- diciamo noi, avvallando la tesi della splendida CHIARA CECUTTI che abbiamo avuto il piacere di intervistare in occasione della pubblicazione del suo libro “MULTITASKING? NO, GRAZIE” da perfetta tuttofare a felice imperfetta. Edizioni HOEPLI.

Il presupposto è l’eterna leggenda della donna che sa fare tutto e farlo bene.

La solita storia che la donna ha una marcia in più rispetto agli uomini.

Che la donna ha la capacità innata, tutta femminile, di fare più cose contemporaneamente.

E il percorso dell’autrice è “Premesso e non concesso che sia vero, ma ne vale davvero la pena?!? O il multitasking è una fregatura?!?”

Chiara Cecutti, il cui curriculum incute paura, (Inspirational e Motivational Speaker esperta in Leadership al Femminile, Life Coach e Counsellor per l’Empowerment della donna a 360°, Executive Coach per il Middle e Top Management (uomini e donne) di aziende nazionali e multinazionali) Team Coach, Team Building Expert, Master Advanced in Programmazione Neuro-Linguistica e Master in Gestione Risorse Umane, specializzata in “Coaching & Modeling” presso la NLP University di Santa Cruz, California), mette subito a proprio agio la sottoscritta e le sue lettrici.

Non giudica, né critica l’universo femminile. Anzi, fa ridere e sorridere il lettore. E, nel caso di una lettrice, Chiara, fa l’occhiolino e la prende per mano. Chiara è una di noi donne, solidale e complice con l’universo femminile.

Una DONNA che parla alle donne, ma che insegna agli uomini. Chiara regala alle lettrici un viaggio di sola andata verso una consapevolezza del proprio ruolo e della propria dignità, dimostrando che il multitasking fa male e ci rovina la vita. Che sia un fattore genetico o una pura invenzione sociale. Che rimandi ad un imprinting materno, ad un perfezionismo congenito o ad una competizione innata, il multitasking è una sindrome pericolosa. Ogni volta che noi donne, rinunciamo a delegare, per avere tutto e tutti sotto controllo.

Ogni volta che sentiamo il dovere di essere impeccabili. Ogni volta che viviamo con un’ansia da prestazione i nostri molteplici ruoli, pensando “se so fare, valgo” e dicendo “cosa faresti senza di me?”. Ogni volta che entriamo in competizione con la suocera o rivaleggiamo con le altre, per essere la più brava del reame.

Ogni volta che le nostre giornate sono un’eterna corsa ad ostacoli, con un’infinita lista di cose da fare e di impegni da assolvere. Ogni volta che per bassa autostima imploriamo un riconoscimento esterno o che per senso di colpa ci sembra di non dare mai abbastanza. Bene, anzi no, male! STIAMO SBAGLIANDO.

Perché, alla faccia della parità dei sessi e dei ruoli, noi donne siamo schiave di un sistema di pregiudizi culturali, pressioni sociali, stereotipi pubblicitari e modelli cinematografici che ci rovina la vita e ci compromette la salute.

Chiara Cecutti, con razionalità ed empatia, ci dimostra che il mulititasking è una trappola per topi, una competenza tanto svantaggiosa quanto faticosa.

Che noi donne finiamo per correre tutto il giorno (come un criceto nella sua ruota!) incapaci di fermarci, al ritmo di “BRAVA, BRAVA MARIAROSA, QUANTE COSE SAI FAR TU…” per il bisogno di sentirci amate, incapaci di riconoscere il nostro valore a prescindere.

Con stile ironico, brillante e diretto, Chiara Cecutti ci rende consapevoli degli effetti boomerang a cui si sottopongono le donne che agiscono secondo il delirio di onnipotenza, nonché il mito della perfezione femminile. E, soprattutto ci insegna a fare meno per fare meglio.

A privilegiare l’ESSERE, mogli e madri più che il FARE, la domestica di casa.

A distinguere quello che è davvero importante e non semplicemente urgente. A saper rifiutare senza sensi di colpa, a delegare senza controllare l’esecuzione. Ad allenare il cervello per ri- focalizzarci su noi stesse…

Insomma, care lettrici, per la festa della donna, fatevi un regalo, per essere meno stanche e più felici. Leggete “MULTITASKING? NO, GRAZIE” e poi, applicatene i preziosi consigli. Ne va della qualità della vostra vita e del riconoscimento del vostro valore. E voi, cari lettori, lasciate perdere rose o cioccolatini. Regalate questo libro e meditatene qualche passaggio.

Ne beneficerà anche la vostra relazione di coppia. Provare per credere!

 




Coronavirus, ma la vita è altrove…

 

Il giornalista è un lavoratore nel campo dell’informazione.

Opera nel settore del giornalismo che si occupa di scoprire, analizzare, descrivere e scegliere notizie. Il giornalista redige articoli, inchieste (o reportage) o editoriali per testate giornalistiche periodiche o agenzie di stampa, su un mezzo di comunicazione di massa. Bene, questa è la teoria.

La pratica, in questi giorni, è che il giornalista è un terrorista mediatico.

Mai, come in queste ultime settimane, quelle del coronavirus, la follia comunicativa è esplosa, contagiando tutti, in modo direttamente proporzionale alla ignoranza popolare.

Esiste un problema.

O.K. Informiamo la popolazione.

Il dovere di un giornalista serio è quello di “informare”, dicendo la verità e rappresentando fatti concreti. Invece, stiamo assistendo a un fenomeno di manipolazione di massa di velocità e portata inenarrabili da parte di associazioni a delinquere, politici e giornalisti in prima linea.

Scenari apocalittici per strade ormai semideserte, in cui sono stati diagnosticate alcune centinaia di casi di UN’ INFLUENZA, pericolosa sì, ma non destinata a distruggere il genere umano.

Sguardi inebetiti dietro a mascherine improvvisate, tipo fai da te, o iper tecniche, degne forse di un film di fantascienza.

Abbracci trattenuti, contatti evitati, distanze di sicurezza calcolate e superfici disinfettate.

Dispacci, ordinanze, un bollettino di guerra aggiornato in tempo reale, che terrorizza la cittadinanza e costringe la popolazione, soprattutto quella psicologicamente più fragile, all’adozione di misure surreali.

Tamponi imposti ai ” sospetti untori” provenienti da zone rosse, isolate tipo campi di concentramento.

Bollettini quotidiani sempre più amplificati ed allarmanti che creano una destabilizzazione esponenziale ed irreversibile…

Un’ economia, già gravemente precaria prima, ormai in ginocchio, con chiusure obbligate di attività commerciali, disdette di appuntamenti, annullamenti di prenotazioni, revoca di convegni…

La gente fuma, beve, si droga, si impasticca, fa sesso promiscuo senza profilattici e se ne strafotte altamente, ma l’idea di poter contrarre un’influenza pesante dal vicino la devasta e costringe ad adottare misure grottesche ed esasperate.

Il catastrofismo e il terrorismo psicologico alimentato dai media hanno portato alla luce i livelli di rincoglionimento gravissimo dell’italiano medio che ha ormai perso, evidentemente, qualsivoglia tipo di centratura, equilibrio o punto fermo. I media hanno davvero gravi responsabilità a mio avviso e spero che un giorno potranno pagare nelle sedi opportune i gravissimi danni che stanno facendo e sui quali stanno speculando.

Il mondo, signori, vive e muore. La terra trema e distrugge le case scriteriate che ha costruito l’uomo. Tanto evoluto, quanto demente nel contempo. E dove sta il senso di altruismo, il senso del padre di famiglia che deve mantenere un equilibrio nonostante tutto?

Noi siamo la vita che può morire in ogni minuto secondo. Anch’io, che ora sto scrivendo queste righe, potrei, domani o oggi stesso, morire. E non per coronavirus, ma per il fine vita disposto o dal destino o dal nostro Creatore che ha stabilito un circuito di vita.

Ed ora, che arrivano le prime denunce per “procurato allarme” a carico di un certo tipo di comunicazione che squalifica il giornalismo italiano e non rende certo un servizio al popolo, impariamo a scegliere.

Scegliere chi ascoltare e cosa leggere.

Riconosciamo il peso ed il valore delle parole.

E dunque che “contagiato” non significa, né essere morto, né essere un mostro.

Contagiato significa malato.

E se esistono i reparti di malattie infettive, significa che ve ne sono tante altre!

Quante persone ricoverate in ospedale per controlli o interventi chirurgici si ammalano di altri virus contratti proprio lì? E c’è anche chi muore per questo, per lo più anziani ovviamente.

Che muoiano gli anziani non siamo contenti di certo, sono un patrimonio di saggezza, e non vorremmo perderli mai i nostri nonni e bisnonni.

Ma è la vita, non siamo noi i padroni della nostra vita!

Il piagnisteo, l’arraffo di pasta al supermercato, è il vero problema! Il rimandare tutto, il sospendere il mondo, questo è il vero virus che ci affligge!

Dunque, per resistere al coronavirus, dobbiamo scegliere di vivere, con prudenza sì, come quando andiamo in automobile, perché potremmo morire anche di incidente, da un momento all’altro come è capitato a tanti.

Ma dobbiamo scegliere di vivere, non di rinunciare a vivere per paura di morire.

Si vive e si muore. Questa è l’unica vera notizia.

Si vive e si muore di fame, di guerra, di tortura, di tante malattie in tutto il mondo, anche oggi, anche adesso. Basta terrorismo mediatico! Ascoltiamo canzoni, leggiamo libri, andiamocene anche a mangiare la pizza, specialmente ora (alla faccia della squallida satira francese!). E andiamo a comprare ciò che ci serve o ciò che ci piace.

Anzi, ora più che mai concediamoci qualche sfizio e qualche regalo in più. E facciamola finita di piangerci addosso, spegniamo la tivù, ed accendiamo il cervello!

Esercitiamo il nostro potere di lettori intelligenti: leggiamo solo chi non esagera!

 




Coronavirus, stare dall’altra parte!

Sei così piccolo, ma così potente! Inconsapevole menefreghista di confini politici, limiti geografici o muri mentali, non curante di bellezze artistiche ed ignaro di realtà produttive, te ne vai in giro per il pianeta, in ogni angolo della terra ed abiti il nostro tempo, giorno e notte. Sei un grande e soprattutto fai miracoli!

Complimenti! Finalmente, grazie a te, in men che non si dica, siamo noi italiani, i primi in Europa! Altro che propaganda partitica, ci volevi tu!

Solo che siamo finiti, nostro malgrado, dalla parte sbagliata! Ora che siamo i primi, finalmente i primi, ci accorgiamo che, in nome tuo, vacillano certezze che, fino ad una settimana fa, sembravano incrollabili.

Prima, c’eravamo noi da tutelare e poi gli altri da aiutare.

Adesso, ci sono gli altri da tutelare e poi noi da aiutare.

Dentro e fuori i confini statali, ma anche dentro e fuori le regioni a rischio, dentro e fuori le zone rosse, le chiese, le scuole, gli ospedali…Persino dentro e fuori casa! All’ improvviso, abbiamo capito che ci siamo noi e che ci sono gli altri. L’altro è tutto ciò che non siamo noi. L’altro è chi viene da fuori. Anche da fuori casa, anche se è uno di noi. Prima, l’altro era chi, per qualunque motivo, era diverso da noi, chi pregava un Dio differente.

Chi non la pensava come noi. Chi non aveva il nostro stesso orientamento sessuale. Era davvero forte la convinzione baricentrica del Noi fino a pochi giorni fa! Pensiamo alle dicotomie comunitario/extra-comunitario, residente/migrante, casa nostra/casa loro. Prima c’erano nozioni relative che venivano indebitamente assolutizzate, ora ci sono incertezze e vulnerabilità che vengono giustamente rivendicate.

Ora, ciascuno di noi, si sente e si trova ad essere, extra-comunitario, migrante e lontano da casa a seconda delle persone e dei luoghi con cui si rapporta e in cui si trova a vivere.

O più semplicemente, ognuno di noi si trova ad essere sano o malato, contagiato o a rischio, in incubazione o in reclusione.

Eh sì, caro virus, ci hai dato una bella lezione. Una bella lezione di civiltà! Ci hai insegnato che, dietro a tutte le opposizioni, si annida una xenofobia multiforme, che assume di volta in volta sembianze diverse: etnica, religiosa, culturale, economica, geografica e così via. L’ALTRO, ora, siamo NOI. Siamo noi i migranti che nessuno vuole, siamo noi che veniamo respinti alle frontiere, scansati negli aeroporti, rifiutati nei villaggi turistici.

Un che di nuovo, ma anche di antico: ci erano già passati i nostri nonni e bisnonni che arrivavano, spinti da disperazione e speranza, in America, tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900. Nella sua sfericità, il nostro Pianeta sembra volerci ricordare che ogni punto è equidistante da un immaginario centro di riferimento. E tu, caro piccolo amico virus, sembri ricordarci che l’altro, che TUTTI temiamo, è solo uno, la MORTE.

E che quello che vale per la nostra salute individuale si può traslare alla dimensione della comunità. Grazie alla tua apparizione, abbiamo la grande occasione di prendere coscienza che viviamo in una società malata nel profondo. Una società che ha perso di vista l’essenziale, il valore della vita, nel senso etico del termine.

Chiudiamo la bocca ed apriamo il cervello! In un momento in cui tutti sanno tutto e giocano ad apparire in tivù o a divulgare fake-news, impariamo ad essere autentici, consapevoli e responsabili di quello che diciamo e che facciamo. In questi giorni convulsi, in cui si è scatenato il gioco pirandelliano delle parti e delle colpe, assumiamoci la responsabilità delle nostre scelte, prima di tutto del silenzio e dell’umiltà. In questi momenti in cui c’è un continuo scambio di ruoli, i giornalisti diventano medici, i politici virologi, e gli psicologi biologi, stiamo al nostro posto, per esempio, vicino ai nostri cari, soprattutto anziani e malati.

In questi giorni in cui si evitano i luoghi affollati, salvo poi cadere in idiosincrasie compulsive e dare assalto ai supermercati (come se, contratto il virus, avesse senso morire con la pancia piena), approfittiamo di questa grande occasione non per pensarci eterni, ma per riscoprire la gioia di una pienezza di vita del qui ed ora.

Smettiamola, per paura di morire, di dimenticare la gioia di vivere. Una gioia da condividere costruendo nuove reti di comunità solidali. È illusorio pensare di salvarsi da soli alzando muri in ogni dove. I muri sono più contagiosi del virus, ma noi possiamo abbatterli se avremo il coraggio di capovolgere il mondo, cominciando a capovolgere la nostra vita, ridefinendo le nostre priorità esistenziali in nome di un’etica universale.

Si vive e si muore, tutti, ma la differenza è come si vive.

Anche adesso, in questi giorni di contagio virale, biologico e mediatico.

Per questo, mi sento di ringraziarti, caro amico virus, tu la tua parte la stai facendo bene.

Adesso tocca a noi fare la nostra parte, al meglio delle nostre possibilità.

Antonella Ferrari

 

 

 




La prima volta della governance…

Per la prima volta in Italia la I Edizione della Governance Week, una settimana di incontri ed approfondimenti sul tema della Corporate Governance.

Dal 18 al 22 novembre, allo IULM di Milano, Edificio 6 – Via Carlo Bo 2 avranno luogo una serie di incontri per formare i top manager, addetti ai lavori, ma anche per informare gli azionisti societari, sulla relazione tra GOVERNANCE E MANAGEMENT.

Tradizionalmente si passa dal generale al particolare, dal macro al micro, dall’alto al basso. La relazione tra Governance e Management rispetta questo schema: dalla strategia all’execution. La Governance Week stimola invece la discussione sul paradigma inverso: dal Management alla Governance, interrogandosi su quali siano le principali istanze di business e i trend evolutivi globali che gli organi di governo dovrebbero maggiormente considerare. L’iniziativa è a numero chiuso e la partecipazione è gratuita.

Ma perché la corporate governance è così importante? perché è la linfa vitale di ogni azienda, è la corrente etica che percorre ogni ganglio aziendale, più è preparata, più è corretta e più l’azienda avrà un futuro.

Quante aziende oggi fallite o sommerse da scandali sarebbero ancora sul mercato se avessero avuto una corporate governance preparata ed etica?

Chi governa un’azienda, chi siede nel CDA quindi decide le strategie, dovrebbe essere una persona preparata, etica, orientata al futuro, e chi investe in un’azienda dovrebbe prima di tutto guardare alla composizione del CDA, alla sua preparazione ma anche alla sua indipendenza.

Formare ed informare per il bene di tutti, questo il motto della settimana sulla governance, formare i manager perché possano sedere in cda in modo competente per il bene dell’azienda e dei suoi investitori ed informare la gente che investe i propri soldi su cosa guardare di un cda per poter investire con consapevolezza e coerenza.

 

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