I quaderni della privacy

I Quaderni della Privacy, uscirà nelle prossime settimane un importante lavoro sull’argomento privacy.

i quaderni della privacy

Ogni quaderno rappresenta un argomento topico (dpo, registro, dpia, nomine, particolarità del settore scolastico, etc) in modo da rendere semplicissimo l’approccio ad ogni punto.

Il libro è impostato per argomento e scritto in modo semplice ed efficace, cercando di rendere alla portata di tutti un argomento complesso gli autori Faletti, De Duro e Caristi si occupano di privacy da più di un decennio e sono specializzati anche nel settore scuola.

il libro sarà in vendita i primi di dicembre a 24,00 euro.

i quaderni della privacy
quarta di copertina




Tutto il mio folle amore

Tutto il mio amore folle, l’ultimo film di Gabriele Salvatores è la coraggiosa ed intensa versione cinematografica del libro di Fulvio Ervas. La storia è quella di un padre con un figlio autistico, un ragazzo stupendo nella realtà e nella finzione cinematografica.

Nel libro, padre e figlio attraversano insieme l’America, in un viaggio in moto durato tre mesi.

Nel film, padre e figlio attraversano i Balcani in un viaggio a cavallo, a piedi, in pick-up, ed infine in moto.

Ma il filo conduttore della storia romanzata o cinematografica è la difesa del cuore e dell’istinto. Tutto il film è un “racconto dell’istinto” e naturalmente dell’amore. L’amore, all’inizio, non riesce ad uscire dall’anima dei personaggi, ma poi fluisce libero.

Willi, il padre interpretato da Claudio Santamaria e Vincent, il figlio, magistralmente interpretato dal giovane Giulio Pranno, riescono a comunicare grazie al loro amore primordiale e folle.

Ma anche, Elena, la madre (Valeria Golino) e Mario (Diego Abantatuono) marito di Elena e padre adottivo di Vincent, riescono finalmente a comunicare, oltre la malattia del figlio. Proprio loro, che la malattia di Vincent l’hanno sempre affrontata con timore misto a rassegnazione, lui rifugiandosi nella letteratura e lei nell’acqua di una piscina, quasi alla ricerca di un liquido amniotico in cui sentirsi protetta ed essere ancora figlia e non ancora madre.

Il regista, sin dall’inizio, prende di petto il disturbo mentale, senza buonismi. Gabriele Salvatores, infatti non nega gli aspetti “disturbanti” e imbarazzanti dell’autismo. La prima scena, quella in cui, per dispetto il ragazzo evacua sotto la doccia e ci gioca per dipingere i vetri, è un pugno allo stomaco.

E, noi spettatori, capiamo subito che con un ragazzo autistico non serve tentare di comunicare in modo razionale.

Vincent si calma solo quando arriva Mario che ha imparato a volergli bene e che glielo dimostra raccontandogli delle storie visionarie…

Ma procediamo con calma. La storia è quella di Vincent, un ragazzo autistico che vive a Trieste con la madre Elena e con Mario, il marito che però non è il padre naturale del ragazzo.

Mentre la madre è incapace di reggere la malattia del figlio, Mario ha imparato a voler bene al ragazzo, decifrando il suo strano modo di comunicare.

La loro vita è però in equilibrio precario. E’ la vita di una famiglia straricca, che pur con tutte le possibilità economiche non è riuscita a gestire e digerire la malattia del ragazzo.

Anzi una vita che, nonostante villa, piscina e maneggio, sta implodendo, avviluppandosi sempre più sulla malattia del figlio Vincent.

All’improvviso, una notte, arriva Willy (Claudio Santamaria), e qui la situazione esplode.

Willy è il padre naturale del ragazzo, che ha abbandonato Elena quando era incinta.

Willy è sempre stato un padre latitante, che ha avuto paura del suo ruolo genitoriale ed ha sfogato i suoi sensi di colpa nell’alcool.

Non sa niente del ragazzo, men che meno della sua malattia, ma la canzone che, a suo tempo aveva dedicato ad Elena, lo richiama al suo ruolo.

Allo stesso modo, Elena, ragazza madre abbandonata, che aveva deciso di non abortire ed aveva dato al figlio il nome della canzone (sulle cui note si era innamorata di Willy), si risveglia al suo ruolo di madre, risentendo e poi cantando quella canzone.

E sono proprio le note della canzone di Don McLean che riuniranno questi due genitori naturali, accomunati da un figlio malato, ma anche da una vena di pazzia, come il loro folle amore.

Del resto, sono le note di questa canzone che diventano la colonna sonora del film. Il musicista aveva dedicato il brano “Vincent” al pittore Vincent Van Gogh.

E l’amore e la follia ritornano nel film “Tutto il mio folle amore”.

“Vincent”, il brano musicale di Don Mc Lean, parlava del quadro “Notte stellata” di Van Gogh, e nel dipinto le stelle erano grandi, e più che stelle sembravano luci.

Ma anche il film di Gabriele Salvatores, è giocato sulla rivelazione del personaggio attraverso le luci.

Sono luci quelle dei lumi di carta di una gara di ballo, in cui Vincent s’ innamora per la prima volta di una ragazzina. Sono luci quelle delle lampadine di una festa di matrimonio in cui Vincent subisce una traumatica iniziazione sessuale.

E sono luci blu quelle di un locale di lap dance, dove Vincent scopre il richiamo di una donna.

E qui esplode il valore del film e l’abilità del regista. L’iniziale baratto di un orologio di valore per ottenere la prestazione sessuale, si converte nella scena della delicatezza dell’amore atavico del ragazzo e della ballerina sul pick-up.

Scena di amore sbocciato, di affetto condiviso e di sesso suggerito.

Come detto all’inzio, magistrale è l’interpretazione del giovane attore Giulio Pranno, coadiuvato da un ottimo cast.  Ma notevoli sono anche la fotografia di Italo Petriccione, la scenografia di Rita Rabassini, la sceneggiatura di Umberto Contarello e Sara Mosetti, il montaggio di Massimo Fiocchi, nonché le musiche di Mauro Pagani.

E sempre per continuare nel gioco della sinestesia dei linguaggi musicale, pittorico e cinematografico, in nome di Vincent canzone, il Vincent ragazzo folle ed un po’ visionario, accenderà le luci nella coscienza-consapevolezza di tutti coloro che lo amano.

Sono infatti luci metaforiche quelle che si accendono dentro ai tre protagonisti adulti. Attraverso il folle viaggio nella vita e nella malattia di Vincent, Willy, si assumerà il coraggio di essere padre.

Elena si riconoscerà nella vena di follia del figlio, finalmente amato ed accolto come parte di sé. E Mario, il padre adottivo, amerà in modo sublime entrambi, moglie e figlio adottivo, lasciandoli infine liberi di rivelarsi l’un all’altra senza la sua mediazione contenitiva e di supporto per tutti e due.

Ed infine, mentre il ragazzo biondo sparge pezzetti di carta come fosse Pollicino, lo spettatore trova la strada di casa dopo l’esodo del viaggio, riconoscendo che “La felicità purtroppo non è un diritto, è un colpo di culo”, ed anche una vena di follia, diciamo noi spettatori, sposando la tesi del regista.

 

Antonella Ferrari




Joker, un angelo demoniaco o un demone angelicato?

Joker, Leone d’oro alla scorsa Mostra del cinema di Venezia, è scritto e diretto da Todd Phillips (conosciuto al grande pubblico per Una notte da leoni) e magistralmente interpretato da Joaquin Phoenix, attore quarantacinquenne di origini portoricane, già noto per aver interpretato il ruolo del figlio dell’imperatore nel Gladiatore.

Joker, personaggio del mondo dei fumetti, acerrimo nemico di Batman, è però solo il nome d’arte di Arthur Fleck, un personaggio in carne ed ossa (più ossa che carne considerato che Joaquin Phoenix ha dovuto dimagrire di 23 chili per interpretarlo!).

Il film racconta la storia del protagonista, Arthur, un uomo intriso di disagi fisici e psichici. Un uomo solo e malato, vittima di una società a sua volta malata, ma anche ipocrita e violenta.

Un uomo, Arthur, che purtroppo sfiora, nella finzione cinematografica, l’alienazione contemporanea dell’Uomo di sempre, ma soprattutto dell’uomo dei nostri giorni.

Solitudine, incomprensione e degrado incorniciano la quotidiana storia di un reietto, costretto a fare il clown di giorno, sognando però di diventare attore di cabaret, la notte.

Un tipo strano, un fumatore incallito, dalla risata compulsiva che lo isola ancor più dagli altri. Un uomo senza una donna vera, morbosamente legato alla madre, ma anche impegnato a scavare nel proprio disagio e nella propria fatica di vivere.

Sin dalle prime scene, il protagonista, Arthur/Joker, ci appare vittima delle azioni, violente, degli altri (la gang di bulli che gli ruba il cartello e lo massacra di calci e pugni).

Arthur si presenta come un uomo solo che non riesce a difendersi dalle accuse ingiuste del capo.

Ma anche come un figlio premuroso che subisce il disagio di una madre-bambina sempre bisognosa di cure.

E’ pure un uomo rassegnato, che si spegne giorno dopo giorno, risalendo la stessa scala, metafora della vita degradata che conduce.

Ed è pure spettatore di sé stesso, costretto com’è ad allontanarsi sempre più dai suoi sogni.

Però, Arthur (e qui sta l’abilità dello sceneggiatore Scott Silver), scena dopo scena, si propone allo spettatore come uno di noi, quando, in balìa delle circostanze avverse della vita, ci siamo sentiti soli, avvolti soltanto dal menefreghismo di chi ci sta intorno o dall’abbandono delle istituzioni apparentemente sociali.

Del resto, per lo spettatore è facile identificarsi con il protagonista.

Infatti, alzi la mano chi di noi, almeno una volta nella vita, non è stato incolpato ingiustamente, per qualcosa di cui non era responsabile?

O chi di noi non ha avuto un genitore manchevole, di cui ha dovuto farsi carico, in un’inversione di ruoli esistenziali? Oppure, chi non è stato ridicolizzato da un collega maligno o non si è sfogato nel fumo compulsivo?

Chi di noi, non si è mai sentito strano, incompreso, bisognoso di aiuto, obbligato ad indossare una maschera, recitando un ruolo, quello di uomo normale, a posto, quando invece, dentro sentiva ribollire un’anormalità ed un’estraneità dilaganti? 

La parabola discendente di Arthur Fleck, nodo essenziale di tutta la vicenda, diventa così, quella di un uomo, un reietto che, suo malgrado, si trasforma in killer spietato.

La sua vita diventa segno e simbolo dell’ineluttabilità del male, che spesso accompagna la nostra vita.

Del male subìto che abita dentro di noi, del male agìto come imprinting primordiale e del male vissuto nella quotidianità esistenziale.

Il male abita dentro di noi, ma si alimenta anche fuori ognuno di noi.

Il male è come nella Peste di Camus una città invasa dai topi, il male è la linfa di una società malata, degradata ed alienata che si alimenta di male ed amplifica il male.

Il film, più che drammatico, diventa così la tragedia di una vita dove il male di vivere non gestito diventa disagio psichico. Dove il disagio psichico si trasforma in follia.

Dove la follia diventa violenza, ma dove, paradossalmente, la violenza diventa libertà e riscatto.

Il percorso esistenziale del protagonista si articola come una metamorfosi, un’epifania interiore innescata dal dolore e dal rifiuto.

Il percorso esistenziale di Arthur nasce dalla violenza degli abusi infantili, si alimenta delle menzogne deliranti della madre, si carica dei soprusi perpetrati dagli altri, e diventa discesa all’inferno nella Gotham/ New Jork dei nostri giorni.

Ma il percorso di Arthur diviene anche viaggio alla scoperta della verità, indagine sul suo passato, nonché rivendicazione del diritto di esistere di Joker.

Ed entrambi, Arthur e Joker, riusciranno, nella violenta affermazione di sé, a diventare un tutt’uno.

Arthur e Joker riusciranno a fondersi, a diventare un tutt’uno, sintesi di entrambi, ad esistere, infine.

Ma procediamo con calma.

Arthur, inizialmente è in cura per un disturbo psichico. Nei colloqui iniziali con la psicologa, sembra essere ancora in bilico su quella linea sottile che separa la salute dalla malattia, il disagio dalla follia.

Ma poi, quando più ne ha bisogno, viene abbandonato a sé stesso, dimenticato dalle istituzioni che non si preoccupano più di tutelare lui, ma in generale i più fragili.

Arthur finisce così in balìa della sua malattia mentale e diventa la versione diabolica di sé. Solo che, nel frattempo Arthur è diventato uno di noi.

O, meglio, noi spettatori, siamo diventati Arthur. Perché, noi con lui e per lui, abbiamo finito col provare una rabbia atavica contro tutti.

In un rovesciamento prospettico dei valori etici, il film Joker, diventa una sorta di programma: il ribaltamento radicale, nel nostro immaginario, di quelli che sono gli archetipi del buono e del cattivo rappresentati dai personaggi.

I buoni del fumetto originale (Mr. Waine) sono malvagi dentro e i cattivi (Joker) non sono altro che buoni-vittime di un sistema corrotto su tutti i livelli.

Il giudizio dello spettatore-osservatore sui buoni (di cui fa parte, non solo Mr, Waine, ma anche il personaggio interpretato da De Niro) diventa così la condanna morale dei buoni in quanto essi si sono macchiati di ottusità, rigidità mentale, mancanza di comprensione degli altri, dove gli altri sono il resto del mondo, ma anche l’altro, l’altra parte di sé.

Così, il candidato politico così come il personaggio di successo mediatico, che si crogiolano tanto nei loro immotivati privilegi e sono eccessivamente inclini al giudizio selvaggio, sembrano quasi meritarsi la fine che li aspetta.

Infatti, questo film, dopo la fortissima identificazione (o quantomeno compassione) iniziale, dopo la rabbia e l’angoscia attraverso cui ci accompagna scena dopo scena, ci scaraventa all’improvviso nel desiderio di rivalsa.

E se la rivalsa necessita di violenza per realizzarsi, ecco che la violenza non è più tale, o quasi…

Inoltre, la voglia di vendicarsi coincide, nel protagonista, con il bisogno di rivelarsi.

E se Arthur, per conoscersi deve agire comportamenti criminali, devianti e pericolosamente scevri di sensi di colpa, anche noi, spettatori, siamo spinti a giustificare tutto questo.

Arriviamo a chiederci perché ci dovremmo sentire in colpa se stiamo rivendicando un diritto che ci è stato negato con violenza? Perché dovremmo evitare, impauriti, una vendetta che sa di giustizia, di meritata rivalsa?

Ecco perché, considerando questo aspetto possiamo capire alcune critiche fatte a questo film. Critiche che sostengono che la narrazione giustifichi atti criminali folli e violenti.

Fortunatamente, però, l’omicidio è solo un’espediente narrativo, commesso alla leggera, quasi poco credibile allo spettatore per come è chiamato in causa.

Per questo, non mi sento di condividere le critiche che vedono questo film come un giustificativo di atti criminali.

L’errore di fondo di queste critiche è stato quello di accostare la follia alla violenza, arrivando a confonderle.

Gli autori ci offrono solo uno spaccato di vita ipotetica, in una storia costruita in uno scenario parallelo alla realtà che gode di vita propria.

E’ narrazione pura. Forse la sensazione dominante che ci dà questo film è quello di entrare in un mondo a parte, un’entità a sé, che prende vita, si stacca dalla realtà, segue le sue regole, con la sua logica semi-oscura che dilaga e ti trascina con sé in un turbine di emozioni quasi tutte negative a cui non si riesce a dare un ordine.

Probabilmente era proprio questo che volevano ottenere gli autori: dare la sensazione di caos, far capire che esso esiste e non si controlla.

Però suggerire che il Caos è prevedibile, il Caos esiste come conseguenza di eventi traumatici precedenti. Il Caos è Joker, da sempre, dalla nascita del personaggio nel 1940. Ma il Caos è anche l’UOMO dalla sua nascita.

Quindi sono perfettamente riusciti sia il personaggio rinnovato che la sua storia universale, rivisitata e pericolosamente attraente.

Questo film non lascia scampo: attiva lo spettatore nel bene e nel male (più nel male), lo turba, gli fa provare qualcosa che non è buono e che non si aspetta.

Ma obbliga lo spettatore ad assumersi la responsabilità del male.

Con tali premesse, non poteva che essere così, ammettiamo infine.

Di certo questo film fa tutto eccetto che divertire.

Anzi, ci fa stare male per capire. Ma, alla fine capiamo.

Capiamo che se non invertiamo la rotta, possiamo finire male anche noi.

Anzi, la scena finale ci dà, visivamente, l’impressione che non esista possibilità di redenzione.

Ormai, siamo tutti Joker, impazziti, criminali, una folla scatenata che si ribella con violenza alle istituzioni. 

Ma ciò che fa il branco sembra assai poca cosa rispetto a ciò che ha fatto Joker.

Lui ha indicato la via, tutti gli altri l’hanno seguita volontariamente ma senza critica, come se non aspettassero altro. 

Un altro Dio forse? Che sia tutta una metafora della nascita di una nuova religione e di un profeta imperfetto, umano, peccatore?

La scena in cui Joker (o solo Arthur?) sembra morire in una posa che richiama la crocefissione cristiana per poi rialzarsi quasi come se resuscitasse, tirato su dai suoi seguaci, sembra profetizzare la vittoria di un angelo demoniaco o la resurrezione di un demone angelicato.

Tocca a noi scegliere da che parte stare…

 

Antonella Ferrari

 




Infiltrazioni Mafiose nel comune di Cerignola, sciolta la giunta comunale!

Lo avevamo detto in tempi non sospetti ed unici fra i giornali italiani ad avere il coraggio di affiancare la scuola nel denunciare un abuso gravissimo e lo abbiamo fatto con un articolo durissimo, Il genocidio culturale e l’associazione a delinquere…

 E’ di questi giorni la notizia che il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno Luciana Lamorgese, a seguito di accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali, ha deliberato lo scioglimento per diciotto mesi del Consiglio comunale di Cerignola (Foggia) e il contestuale affidamento dell’amministrazione dell’ente a una commissione di gestione straordinaria.

Cerignola…Ve ne avevamo parlato anche noi, il gennaio scorso, nell’ articolo sul genocidio culturale perpetrato ai danni dell’I.T.I.S. Agrario Pavoncelli.

Giusto per rispolverare la memoria ai lettori.

La storia.

A Foggia, precisamente a Cerignola, c’è un Istituto Agrario, il Pavoncelli, con una fiorente azienda agricola annessa.

Ogni anno aumenta il numero degli iscritti dell’Istituto.

Ed i ragazzi dell’azienda agricola fanno ricerca e sperimentazione su nuove forme di “cultivar” autoctone, straniere ed ibridi genetici, oggi introvabili. Arrivano a produrre persino un olio certificato d’eccellenza seguendo ed amando, quotidianamente, 1650 piante di ulivo.

I terreni su cui coltivano sono un lascito testamentario del 1868. Il patrimonio immobiliare rimanda infatti ad una benefattrice. Anna Maria Raffaella Manfredi, vedova Pignatari, che nel suo testamento aveva lasciato i suoi terreni affinché fosse costituita l’Opera Pia Manfredi–Pignatari.

Dunque, da più di un secolo, generazioni di allievi dell’Istituto agrario Pavoncelli hanno continuato a studiare la teoria, ed applicare la pratica, sui terreni dell’azienda agricola annessa.

Terreni che non erano del Comune, ma fondi rustici aziendali di proprietà del Pavoncelli.

Fino a che, un brutto giorno, sono arrivate le ruspe.

Di chi? Del Comune. Per fare cosa? Distruggere tutto.

L’imperativo categorico, a norma di legge, secondo l’amministrazione comunale vigente, è stato quello di fare spazio e costruire un Palazzetto dello sport ed un centro commerciale. Con quali soldi? Con quelli ottenuti dalla vendita dei terreni dell’azienda agricola.

Tutto a norma di legge, per il Comune.

Un po’ meno per noi che, più che perplessi, avevamo intervistato il Dirigente Scolastico dell’Agrario in questione, il Prof. Pio Mirra.

Ed è stato così che avevamo scoperto le violazioni di legge perpetrate dal Comune ai danni dell’Istituto.

Dalla testimonianza del Dirigente, avevamo verificato che il Comune di Cerignola, enfiteuta, cioè locatario perpetuo dei terreni, si era comportato da proprietario.

con D.G.C. n.54 del 27/02/2017 aveva inserito nel “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” il suolo, facente parte dell’azienda agraria, una superficie di 10.000 mq. (Peraltro, nella stessa delibera era precisato che il Comune ha il titolo di livellario e non di proprietario!).

con D.G.C. n.98 del 12/04/2017 aveva approvato il progetto esecutivo per la realizzazione del palazzetto dello sport sull’area individuata al foglio 276, p.lla 579 (parte ex95), facente parte dell’azienda agraria annessa all’Istituto Agrario Pavoncelli.

E come se non bastasse, si leggeva nella delibera: “…  si procederà ai sensi dell’art.191 del D.Lgs 50/2016, a finanziare l’opera, in toto, con la permuta di un’area di proprietà comunale, prevista nel Piano di alienazione e valorizzazione dei Beni comunali, giusta deliberazione n.54 del 27/02/2017, individuata nel Foglio 276 particella 94 (parte) di circa 10.000 mq. Zona F2 di Prg, per un importo pari a € 1.830.000,00 …”.

Cioè aveva finanziato i lavori di costruzione con l’esproprio dei terreni!!!

Infatti, la particella da permutare faceva anch’essa parte dell’azienda agraria annessa all’Istituto.

E per non aver problemi, il Comune di Cerignola, con Delibera del Consiglio n.55 del 25/07/2017 aveva inserito nel Piano delle Alienazioni e Valorizzazioni dei Beni Comunali il suolo facente parte dell’azienda agraria dell’Istituto, come livellario.

Bel giochetto!

Giusto per intendersi, il “livello” non ha una definizione normativa, tuttavia la giurisprudenza di legittimità lo considera un istituto corrispondente di fatto all’enfiteusi e quindi ad esso applicabili le relative norme del codice civile.

Allora il “livellario” gode di un diritto reale che esercita su fondo appartenente ad altri, detto concedente. Quindi il Comune di Cerignola aveva disposto liberamente di un bene, peccato che, come enfiteuta, non potesse farlo e tanto meno alienarlo!!!

Ma, la vergogna nella vergogna, è stata che il fondo rustico permutato (foglio 276, p.lla 94) era investito a oliveto super intensivo con 1650 piante di varietà nazionali ed estere, impianto sperimentale realizzato con il contributo della Regione Puglia e la partecipazione attiva dell’Università di Bari (vedi relazione tecnica del Direttore del Dipartimento di Scienze agroambientali e territoriali Università di Bari).

Il nove agosto 2018- era sempre il preside Pio Mirra che ci parlava- abbiamo assistito all’estirpazione di 1650 piante di olivo con le ruspe, trattando le piante come mattoni. 

Eppure in quel campo sperimentale si faceva ricerca, sperimentando nuove forme di allevamento di cultivar autoctone, straniere e ibridi genetici, oggi introvabili.

Le ruspe senza fare alcuna distinzione non hanno avuto alcun riguardo e annullato anni di ricerca. La logica del cemento sta affossando il nostro paese e i toni del dibattito non di rado ci autorizzano a pensare che la cultura, la scuola non siano più la bandiera dei nostri governanti. 

Nelle nostre terre i genitori contadini si spezzavano la schiena pur di fare studiare i figli e assicurare loro un futuro migliore. 

Oggi sono diventati “eletti” coloro che magari a scuola occupavano l’ultimo banco e si è convinti che sport e ipermercati siano più importanti della scuola, rovesciata dalla cultura del danaro. 

Chi, prima di stare in mezzo alla gente, si è fatto un giro in mezzo alle pagine dei libri, dovrebbe saperlo, ma a guidare il paese ci mandiamo quelli dell’ultimo banco”.

Non avevamo potuto che condividere, pienamente ed amaramente, la posizione del dirigente scolastico e di tutto il personale del Pavoncelli.

Ed ora la notizia. Il consiglio comunale di Cerignola è stato sciolto per infiltrazioni mafiose.

Dopo 6 mesi di accertamenti da parte della commissione d’accesso, la relazione prefettizia giunta al ministero dell’Interno e portata in Consiglio dei ministri da Luciana Lamorgese ha stabilito che sono stati “accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali”. Per questo il comune foggiano, quasi 60mila abitanti, è stato commissariato per 18 mesi.

Cerignola diventa così il terzo Comune della provincia pugliese, il secondo nell’ultimo anno dopo Mattinata, ad essere sciolto per i condizionamenti della criminalità organizzata. E resta aperta la procedura per il comune di Manfredonia, che a breve verrà portata in Consiglio dei ministri.

Ma allora aveva ragione il Dirigente scolastico del Pavoncelli, e noi non avevamo dubbi.

 A questo punto le sue parole sono state davvero profetiche!

E siamo sempre stati convinti, anche noi di Betapress, che anche altri cittadini, fuori dal mondo della scuola, abbiano visto, nello scempio perpetrato contro questo istituto Agrario, un’assurda manovra politica contro la proprietà, ma soprattutto la libertà di chiunque di noi.

E’ vergognoso che sia stata violata la volontà di una benefattrice che più di un secolo fa, ha creduto nella cultura come riscatto sociale. E’ inammissibile che, con dei giochetti politici, ci si sia appropriati indebitamente di terreni di proprietà inalienabile di un Istituto scolastico. Ed è anticostituzionale che lo Stato abbia avvallato il sopruso di compromettere il diritto alla cultura, oltre che alla coltura, per assecondare delle logiche consumistiche.

Altro che insegnare che la cultura è libertà! Gli alunni del Pavoncelli, e noi con loro, cosa abbiamo visto?

L’abuso di potere politico, la connivenza delle Istituzioni con degli interessi economici consumistici di parte, e l’asservimento del diritto all’istruzione al connubio politica-marketing.

Il sogno proposto per le future generazioni non è più il riscatto sociale con la cultura, lo studiare per capire e l’imparare per migliorare. Il sogno, anzi l’incubo proposto alle nuove generazioni, è crescere per diventare un popolo ignorante, che consuma prodotti fittizi, secondo bisogni indotti.

E, magari, l’ha già imparato vedendo cos’è successo a scuola, vota per chi è ricco, potente, famoso e pure mafioso.

Un popolo complice, lentamente, ma inesorabilmente complice, di chi gli ha tolto la libertà di ribellarsi, convincendolo pure che è per il suo bene!

Perché, non dimentichiamoci che il Consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, ma il palazzetto dello sport ed il centro commerciale sono lì, sotto gli occhi di tutti, alunni, professori, dirigente del Pavoncelli, e pure sotto gli occhi di tutti i nostri lettori, costruiti nella più assoluta illegalità ed oggi si spiega anche il perché.

Ma non si poteva intervenire prima per bloccare i lavori e la distruzione di 2000 ulivi di altissima produzione, visto che tutti sapevano grazie alle denunce del Dirigente Scolastico???

Cosa fare adesso che la Scuola ha perso un bene preziosissimo per essere mutilata da cemento peraltro di scarsa utilità.

Certo si potrebbe procedere abbattendo l’ingiusta costruzione, ma sicuramente non accadrà.

Sarebbe un sogno, anzi un’utopia!

Non dimentichiamoci che siamo in Italia, dove la Legge esiste. E si applica… mafia permettendo, però! …

 

Genocidio Culturale

 

https://tg24.sky.it/cronaca/2019/10/11/comune-cerignola-sciolto-mafia.html

 

 

Antonella Ferrari

 

 




Neuroscienze ed ipnosi: contro ogni dubbio.

Neuroscienze ed ipnosi

“Porta il tuo sguardo oltre i confini della tua mente” è l’affascinante provocazione del congresso di Neuroscienze ed Ipnosi che ha avuto luogo a Milano, il 28 ed il 29 settembre, organizzato da Universalmente e dall’ Associazione Italiana Ipnosi.

Un evento straordinario che ha riunito 15 relatori internazionali.

I migliori esperti nel campo dell’Ipnosi, Neuroscienze, Comunicazione, Emozioni, Apprendimento, Morfofisiognomica, Memoria, Benessere si sono alternati in un week end di informazione, dibattiti, conferenze e workshop.

“Tutti meritano di poter accedere alla conoscenza” è stato il filo conduttore di questo Mental Forum, pensato ed organizzato da PAOLA GRASSI, Ricercatrice, Coach professionista, Counselor ad Indirizzo Olistico, Filosofa e Scrittrice, Ipnotista, ma soprattutto Presidente e fondatrice, insieme a Ester Patricia Ceresa e Vincenzo D’Amato, dell’Associazione Italiana Ipnosi.

I lavori si sono aperti sabato 28 mattina presso il Novotel Milano Nord Ca’ Granda.

Ipnosi e verifica scientifica” è stato il tema dell’intervento di ANDREA FARINA che, con oltre 20 anni di esperienza attiva nel mondo della formazione e del coaching personale, è studioso ed innovatore in numerosi campi di applicazione delle neuroscienze. Un ricercatore in scienze olistiche, esoteriche e spirituali che ha sperimentato su sé stesso l’efficacia e la potenza degli strumenti di queste discipline per risolvere i nodi dell’anima, per esplorare i propri lati d’ombra e per raggiungere la pace interiore e la crescita di sé.

 “REICARNAZIONE, UN’IPOTESI DI SOPRAVVIVENZA” è stato invece l’affascinante intervento di MANUELA POMPAS, giornalista, scrittrice, ipnologa, che si occupa da molti anni di sviluppo del potenziale umano, ipotesi di sopravvivenza (ultimo libro “Oltre la vita, oltre la morte”) e regressione nelle vite passate, tematiche di cui è stata una pioniera e su cui ha scritto molti libri, ultimi dei quali “Reincarnazione, una vita, un destino” e “Storie di reincarnazione”.

FLAVIO BURGARELLA ha parlato invece del “TELETRASPORTO DELL’INFORMAZIONE ATTRAVERSO L’IPERCOMUNICAZIONE”.

Questo medico specialista in Cardiologia, Responsabile del Centro di Riabilitazione Cardiologica di San Pellegrino Terme (BG), nonché Iscritto all’ordine nazionale dei giornalisti, è anche Founder and Chairman di Burgarella Quantum Healing (BQH) (www.burgarellaqantumhealing.org) il cui scopo è quello di promuovere la relazione di aiuto tra scienza e coscienza.

SHAFIGULLIN MARAT RIFKATOVICH, psicoterapeuta professionista con oltre undici anni di esperienza nel campo della diagnosi e terapia dei disturbi mentali e psicosomatici, ha viceversa trattato dell’IPNOSI IN ONCOLOGIA.

FIAMMETTA TONELLI, artista, motivational speaker e counselor professionista, con “UNA PICCOLA FIAMMA CREA CONSAPEVOLEZZA”, ci ha fornito strategie utili per la gestione dello stress, dell’ansia, dei sensi di colpa e delle difficoltà relazionali.

La Dottoressa KATERINA KRATKA che si occupa di Medicina Tradizionale Cinese, Naturopatia applicata in Psico-neuro-endocrino-immunologia, Psicologia, Ipnosi regressiva e Psicoterapia Profonda, ci ha spiegato il METODO OTTOPROFILI che riunisce l’antica filosofia cinese e la moderna psicologia, come strumento concreto e pratico per ogni terapeuta.

“IPNOSI RAPIDA, MAGNETISMO E MORFOFISIOGNOMICA” sono stati invece proposti al pubblico da ESTER PATRICIA CERESA, esperta in Morfofisiognomica e da VINCENZO D’AMATO esperto in

Ipnosi Rapida e Fascinazione.

CERESA è ricercatrice, counselor hypnoterapist, life coach e master trainer in PNL e PNL, Comunicazione Non Verbale, Ipnosi Avanzata, Magnetismo e si è specializzata in materia di Psicologia Quantistica e Enneagramma, arrivando all’elaborazione della nuova Morfofisiognomica, una metodologia all’avanguardia nel campo delle discipline sul Linguaggio del Corpo.

VINCENZO D’AMATO, è invece Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche – Counselor Hypnoterapist- presso UNIVERSITE EUROPEENNE LLP di PNL ed autore del libro “Le chiavi della comunicazione” (Albatros 2017) in cui illustra alcune regole da applicare nella comunicazione in famiglia così come in una trattativa professionale. I due hanno coinvolto alcuni dei presenti nell’esperienza dell’ipnosi, fornendo la prova che questo stato alterato di coscienza offre degli immediati benefici in termini di equilibrio psico-fisico. I partecipanti, hanno convinto anche i più scettici, compreso la sottoscritta, che l’ipnosi, non è spettacolo, ma terapia.

I lavori sono continuati fino a tarda sera con un laboratorio sulle vite passate con Manuela POMPAS, per poi proseguire, l’indomani, domenica 29 settembre, con l’intervento del Dottore NICOLA RUOTOLO dell’équipe del Dott. SALVATORE IANNUZI. RUOTOLO, in qualità di neuroscienziato, ci ha parlato di IPNOSI E DI NEUROFEEDBACK per migliorare la performance cognitiva degli sportivi e dare testa all’atleta, superando l’ansia da prestazione.

JENNIE KITCHING, invece, ha trattato il tema di IPNOSI RAPIDA E DISTORSIONE TEMPORALE con un divertente workshop in cui dei volontari hanno sperimentato diversi stati ipnotici. La KITCHING è autrice di una raccolta di libri nel campo della comunicazione e della formazione inconscia, nonché ADPR (Advanced Practitioner with GHSC); AdvDipH (Diploma Avanzato in Ipnoterapia); SQHP (Senior Qualification in Hypnotherapy Practitioner); Scuola validata GHSC; Professional Trainer (D32 / 33) dal 1994; Ipnotizzatore Master certificato; Insegnante Louise Hay certificato; PNL Practitioner; Terapista certificato EMDR (Eyes Movement Desensitisation Reprocessing).

BRUNO RENZI ha continuato con KARMA ED IPNOSI REGRESSIVA

Questo medico chirurgo con specializzazione in Psichiatria e Master in PNL, Psicoterapeuta ad orientamento analitico transazionale, ha svolto otto anni di training evolutivo e didattico. Già docente AMIA (Associazione medici Italiani Antiaging) dal 2007, ha effettuato diverse Docenze in Strutture regionali e Parauniversitarie. Renzi ha pubblicato parecchi lavori scientifici, è stato relatore e coordinatore in più congressi Nazionali ed Internazionali, e qui ci ha parlato di Ipnosi Regressiva presentando un’ipotesi interpretativa. Una lettura integrata di natura filosofico-scientifica al fine di comprendere il substrato coscienziale nel quale si verificano quelle dinamiche che determinano il flusso esistenziale dell’individuo o della coscienza collettiva.

GIANLUCA RUGGERI con IL FASCINO IPNOTICO DELLA PSICOASTROLOGIA ci ha condotti in un magico viaggio nella psicologia dei 12 segni zodiacali, non per prevedere il futuro, ma per comprendere noi stessi nel presente. Gianluca Ruggeri è dottore magistrale. Laurea in Filosofia (indirizzo psicologico) all’Università di Bologna con tesi sull’interpretazione dei sogni. Mediatore Familiare (Master in psicologia di coppia Università di Verona), ha ricevuto il Diploma Honoris Causa in comunicazione ericksoniana dall’Ordine dei Medici del Friuli (sotto l’Alto Patrocinio dell’Unesco).

 E’stata poi la volta di IPPOLITO LAMEDICA che ha sviluppato il tema REGRESSIONI E REMOTE VIEWING

 

Già docente universitario, formatore e autore di numerose pubblicazioni sull’apprendimento esperienziale, è referente scientifico per i progetti con l’infanzia per l’Unicef nazionale e Internazionale; è stato inserito nel 2003 nella lista ONU dei migliori esperti europei nel settore dell’infanzia e delle tecniche partecipative. Ha conseguito numerosi attestati specialistici nelle tecniche mnemoniche, di public speaking, quantistiche, ipnotiche e di formazione. È fondatore di Mentalsuperpower e ha creato LUCEM, la Libera Università di Crescita ed Evoluzione della Mente, un’estensione di Mentalsuperpower in cui vengono divulgati i primi corsi di apprendimento rapido e di evoluzione delle proprie capacità attraverso l’Ipnosi, la PNL3 e le innovative Tecniche Quantistiche.

 Successivamente, ALEXANDRE MEZZORANA ha coinvolto il pubblico con IPNOMAGNETISMO-L’IPOTESI ENERGETICA

Il Dott. Alexandre Mezzorana è Naturopata, Osteopata e Ipnoterapista certificato NGH. L’ipnoMagnetismo praticato da Alexandre è sempre stato una base fondamentale di comprensione e azione terapeutica. Utilizza principi dell’ipnosi tradizionale, del magnetismo e della fascinazione che si completano a vicenda in modo sinergico formando un approccio terapeutico coerente ed efficace. Con questi metodi la guarigione di disturbi psichici, psicosomatici e funzionali è possibile, spesso con risultati inaspettati. Un approccio terapeutico completo e potente, che ruota attorno a diverse tecniche corporee, energetiche e psicologiche.

GENNARO PEPE ha infine chiuso il convegno con IPNOSI, UNA PORTA VERSO LA SUPERCOSCIENZA

 

Gennaro Pepe è un medico, ha conseguito la laurea in medicina e chirurgia nel 1985 presso l’Università Federico II di Napoli. Nel 1989 ha completato il suo percorso di formazione medica presso la S.M.I.P.I, Società Medica Italiana di Psicoterapia ed Ipnosi. Da trent’anni utilizza l’ipnosi come tecnica terapeutica, e nel corso di questo suo lavoro ha avuto modo di entrare in contatto con il fenomeno delle abductions, il rapimento di terrestri da parte di entità aliene. Questo lo ha portato nel corso degli anni ad incontrare persone “speciali” che lo hanno iniziato alla conoscenza e coscienza del fenomeno e della finalità di esso. Ha approntato il suo lavoro sulla ricerca della verità individuale e collettiva, sulla capacità di ognuno di essere “conoscenza” attraverso l’utilizzo dell’ipnosi per fa emergere la consapevolezza interiore al fine di raggiungere il proprio scopo di vita e arrivare al concetto di super coscienza.

Insomma, Neuroscienze ed Ipnosi, è stato un Mental Forum a 360° in cui il pubblico ha interagito con esperti di fama internazionale. Un avvincente viaggio nell’apprendimento, nella memoria, nel magnetismo e nell’ipnosi passando attraverso le emozioni pregresse, il benessere attuale e le comunicazioni verbali e non, per credere nel potere del cervello e per vincere la sfida di potenziare al massimo le sue prestazioni.

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Antonella Ferrari

 




Burnout? occorre guarire giorno per giorno

Burnout? occorre guarire giorno per giorno

 

 

Figlia di insegnanti e madre di studenti, sono stata per 17 anni sui banchi di scuola e poi sono passata “dall’altra parte della barricata” in cattedra…

Da 28 anni, infatti, insegno nella scuola secondaria. A chi mi chiede cosa faccio nella vita, preferisco dire con chi vivo: a scuola, con i miei alunni, e qui sta il problema…

E sottolineo vivo, non insegno.

Perché nella scuola, o vivi ed evolvi, o muori. Sì, di BURNOUT.

La prima volta che ho sentito questo strano termine, così cacofonico, ho pensato: “ Ma perché non lo dicono in italiano che forse si capisce ?!?”. Poi, ho capito…in inglese rende meglio l’idea dell’essere senza energie, fuso, fuori di cranio, con il cervello spappolato “senza neanche farti le canne” come dicono i miei alunni…

La letteratura scientifica definisce il burnout un particolare affaticamento fisico ed emotivo, un atteggiamento distaccato ed apatico nei rapporti interpersonali con un profondo sentimento di frustrazione per mancata realizzazione delle proprie aspettative; ecco che, già, si profila il candidato ideale del burnout

E’ di sicuro un insegnante che ha investito davvero tanto nella sua professione, che ci ha creduto fino in fondo.

Un individuo che vive per la scuola e non riesce ad accettare che la scuola sia finita così in basso.

La scuola ha per lui assunto un’importanza smisurata nell’ambito della sua vita di relazione, perché il soggetto in questione non riesce a staccare mentalmente, si porta i problemi a casa, non ne parla con nessuno e, talvolta, si lascia andare a reazioni emotive, impulsive e violente.

Per chi non è addetto ai lavori è difficile da capire, lo so. Ma, di disagio, tra gli insegnanti, ce n’è parecchio.

Per esperienza diretta, ho conosciuto colleghi “fusi “ perché, dopo una vita da insegnante, hanno avuto una bella sorpresa dai loro alunni: un filmato sparato in rete in cui il loro volto era incollato ad un corpo che balla con indosso solo un perizoma leopardato.

Ho incontrato prof scoppiati perché, nel fare l’appello, hanno avuto come risposta un rutto.

Prof bruciati perché, ad un passo dalla pensione, hanno ricevuto in faccia una sonora bestemmia e, già che ci siamo, un bel commento sulla rispettabilità della madre. Ed allora, è proprio l’aver nominato la madre, morta e sepolta da anni, che ha scatenato il raptus…e solo il pronto intervento dei colleghi ha scongiurato il rischio di una bella denuncia per violenza a minori…

Questi cari colleghi, perché in fondo il loro disagio svegliava empaticamente il mio, erano sempre più stanchi, senza più voglia di andare in classe.

Già di primo mattino erano poco concentrati, di fronte alle novità reagivano con disinteresse e, pian piano, finivano nel tunnel della depressione.

I giorni si succedevano uguali, dopo un’altra giornata di Vietnam, avevano solo voglia di dormire, sperando che, almeno domani, quell’ alunno, così tremendo, fosse assente…

Ed invece, domani, lui c’era, ed era lì ad aspettarli e non vedeva l’ora di vantarsi con i compagni di averli fatti sclerare fino a  “ fargli uscire le vene dal collo”…

Questi stessi colleghi hanno cominciato a chiedere qualche giorno di malattia, “per tirare un po’ il fiato”, poi hanno iniziato ad addormentarsi con un sedativo ed a caricarsi con un antidepressivo.

Ed intanto, all’ultimo corso di aggiornamento, diranno che sono 20.000 i docenti in Italia colpiti dal burnout… ed allora, uno si interroga su come prevenire e gestire tanta sofferenza.

Il primo passo è mettersi in gioco, ma non in discussione.

 Ogni anno scolastico, con classi sempre più numerose, considerato il caleidoscopio di disabili, bisogni educativi speciali, dislessici, disgrafici, discalculici…conviene accettare la sfida: più teste, più idee.

 Mancano le attrezzature?

Ok, lavoro sulle menti e non sugli strumenti.

L’organizzazione scolastica è assurda, sempre più burocrazia e demagogia?

Ok, non pago la tessera del sindacato e chiedo aiuto alla mia segretaria così competente e disponibile.

I corsi di aggiornamento sono carenti e poco significativi?

Ok, allora io so come impiegare i miei famosi 500 euro, vado all’estero a rispolverare la lingua che insegno.

 Non posso far carriera? Ed allora? Voglio stare proprio lì, in trincea…

Anzi, mi piace la lotta, il tener testa ai miei alunni più difficili, quelli che nella provocazione cercano visibilità, quelli che hanno alle spalle dei genitori latitanti o consenzienti, quelli che implorano qualcuno che restituisca loro l’infanzia rubata tra videogiochi, allenamenti di calcio ed ore di musica a tutti i costi, quelli pieni di ansia per l’ abbandono dei loro genitori in carriera.

Genitori che ai colloqui ti diranno: “ Mi dica lei prof cosa devo fare con mio figlio?“.

Allora, capirai che hanno delegato a te, insegnante, il loro ruolo genitoriale, che implorano come i loro figli, di trovare qualcuno che restituisca loro l’ansia bonificata.

I miei alunni migliori sono stati quelli che mi hanno supplicato con il loro disagio di essere contenuti e purificati dal male di vivere, quelli che mi hanno ascoltato, stregati, mentre spiegavo, con l’anima in mano, i poeti maledetti.

Così, quando certi miei colleghi mi dicono che ci pagano troppo poco, rispondo: dipende…

Se lavoro solo le 18 ore a scuola e riciclo ogni anno gli stessi programmi e sonnecchio ai Collegi Docenti e scarabocchio ai Consigli di classe, basta e avanza…

Se invece, passo i pomeriggi a correggere le verifiche, predispongo prove differenziate, preparo le lezioni in modo creativo, mi invento ogni giorno qualcosa di nuovo per appassionare i miei alunni… allora sì, il mio stipendio è giusto, migliorabile, ma di sicuro non ho scelto di fare l’insegnante per  i soldi, ho voluto essere insegnante perché i miei alunni mi pagano con la loro stessa presenza.

Quando arrivo sulla porta, il loro “Salve prof “ mi riempie di gioia, se sono stanchi ed annoiati, è lì che viene il bello: il mio silenzio ed il mio sguardo catturerà la loro attenzione, sarà una lezione migliore delle altre, perché costruita su di loro e con loro.

Ho capito che la comunicazione è per il 70% non verbale, che la postura del corpo, il timbro della voce, i colori che indossi e l’acconciatura che scegli la dicono lunga su di te…

Ed allora,  ho scelto, razionalmente, di stare al gioco, di conoscere l’ultimo idolo rap, di fare la mossa del campione di calcio, di mangiare qualche schifezza e di ridere per quella barzelletta un po’ sporca…

Se penso a quanto ero rigida ed autoritaria ad inizio carriera, mi faccio schifo da sola…

Più invecchio, più divento autorevole, guadagno sul campo la stima dei colleghi ed il rispetto degli alunni, perché non ho paura di dimostrare quello che sono con qualità e difetti.

Ho capito che l’antidoto al burnout risiede nella qualità delle relazioni interpersonali, nell’ autentico confronto quotidiano con i colleghi ed il dirigente, condividendo problemi e soluzioni.

Ho compreso che è meglio coltivare interessi personali per stemperare lo stress, che negarne l’evidenza.

Ho la certezza oggi che ogni volta che entro in classe, mi ritrovo di fronte al nostro futuro.

Gli alunni di oggi, sono gli adulti di domani.

In mezzo a tutte le provocazioni, mi chiedono solo di incontrare ogni giorno qualcuno che dia loro la voglia di crescere, il desiderio di imparare, la passione nel fare, l’entusiasmo di vivere.

Ed allora grazie, miei cari alunni, perché, anche se a volte fate di tutto per mettermi alla prova, anche se spesso cercate la provocazione invece che il dialogo, anche se ogni giorno mi guardate disillusi,  io vedo in Voi un futuro che Voi spesso non vedete ancora, io vedo in Voi famiglie che Voi ancora non immaginate, io vedo in Voi padri e madri amorevoli, io vedo in Voi futuri cittadini eccellenti, e nel preciso istante in cui io ogni giorno capisco tutto questo, ogni giorno mi curo, guarisco, mi ritrovo nella mia passione di insegnante, mi creo degli anticorpi mentali, in pratica mi vaccino dall’apatia del vivere, in effetti guarisco ogni giorno dal mio burnout quotidiano…

 

 

 




A.A.A. CLEAN MASTER cercasi per ripulire la scuola da simili prof. inutili, per non dire spazzatura…

A.A.A. CLEAN MASTER cercasi per ripulire la scuola da simili prof. inutili, per non dire spazzatura…

 

Storia emblematica della buona scuola quella di un docente, titolare della cattedra di Diritto presso l’Istituto Tecnico Industriale “F. Severi” di Padova.

Dal 12 settembre 2016 (primo giorno di scuola) è stato continuativamente assente.

La scuola si è subito attivata per nominare un supplente.

Ma per chi è addetto ai lavori, mai come quest’anno, è stato a dir poco rocambolesco reperire in tempi brevi personale idoneo alle supplenze.

Infatti, i dirigenti scolastici, nonché il loro personale di segreteria, hanno dovuto letteralmente andare a caccia di supplenti tra graduatorie esaurite, nomine dirette e gioco di ricorsi tra potenziali candidati…

Come ha dichiarato la stessa preside dell’istituto in questione, Nadia Vidale, solo il 2 dicembre si riesce a “ scovare una supplente giovane ed entusiasta”.

Finalmente, con un ritardo di quasi quattro mesi, questi poveri studenti hanno il diritto di imparare le prime basi di diritto.

Ma, ironia della sorte, il titolare rientra in servizio il 23 dicembre, rivendicando il diritto ad occupare la cattedra in questione.

Agli alunni di prima dirà di essere stato assente per motivi familiari.

 Buon per lui che si sono risolti.

Peggio è andata per la giovane supplente, coinvolgente con gli alunni ed apprezzata dalle famiglie.

Nella buona scuola non c’è spazio per il merito: il 22 dicembre è stata licenziata.

L’insegnante volonterosa e capace ha dovuto cedere il posto al titolare decisamente anziano che era riuscito ad ottenere un posto di ruolo quando neanche più se lo aspettava.

Docente di diritto talmente motivato e responsabile che, dopo essere andato in classe per la prima volta il 23 dicembre scorso, passerà poi in segreteria a richiedere una nuova richiesta di congedo, stavolta dal 9 gennaio 2017.

Ma devono essere proprio più unici che rari i motivi personali che obbligano tale prof ad astenersi quando c’è scuola ed a riprendere servizio quando ci sono le vacanze !!!.

Così la scuola si è dovuta riattivare a cercare un’altra supplente, perché in barba alla continuità scolastica nonché al diritto degli alunni ad avere dei professori degni di chiamarsi così, in tali casi si ricomincia tutto da capo.

Infatti non si può richiamare il supplente precedente, per bravo che sia, se il periodo di assenza è stato interrotto dal rientro del titolare, anche solo per un giorno !!!

 La preside, immagino disgustata da tale comportamento, ma nella reale impossibilità di sanzionare il responsabile, ha scritto una lettera a questo docente di diritto, maestro di opportunismo:

“ Egregio professore, lei ha avuto la sorte fortunata, nella difficile contingenza economica attuale, di aver ottenuto recentemente un posto di lavoro statale: insegnante di Diritto in una bella e grande scuola di una città importante. Data la sua età, forse non se l’aspettava, questa sorpresa. […] Un motivo familiare le aveva impedito di assumere servizio. […] Lei forse non sa, non avendo, nonostante l’età, alcuna esperienza di scuola, che trovare un supplente è difficilissimo. […] I ragazzi avevano trovato un’insegnante volonterosa e capace. Lei, professore, è stato qui un solo giorno, per sparire subito. Gli studenti e i loro genitori vorrebbero ora dare almeno un senso al danno ingiusto che hanno subito: nessun insegnante per settimane, poi finalmente un docente bravo, poi il titolare, poi di nuovo chissà…Ma purtroppo io non trovo parole per spiegare. Vuole dirlo lei, per favore? COSA CI E’ VENUTO A FARE, NELLA NOSTRA SCUOLA, IL 23 DICEMBRE? “.

Possiamo immaginare la risposta: “ Un bel regalo di Natale alla supplente, agli studenti ed alle loro famiglie…”

 

 

 

antonella




Io, professoressa perdente posto

Precaria per 17 anni, titolare di cattedra per 10 anni, perdente posto da un anno, oggi la scuola non è più in chiaro, è al Buio.

Mica da ridere…”. Così mi ha detto un mio alunno a proposito di quello che sta succedendo, in questi ultimi mesi, nella nostra scuola, un Istituto Comprensivo di una tranquilla provincia del nord… ma, che c’entra, è così in quasi tutte le scuole d’Italia, perché LA BUONA SCUOLA è un obiettivo nazionale che fa acqua da tutte le parti!!!

Beh, procediamo con ordine: i miei alunni, alla fine dell’anno scolastico precedente avevano un gruppo di insegnanti (o corpo docenti che dir si voglia) coeso e preparato, con una certa anzianità di ruolo e di servizio.

Grazie alla buona scuola viene rimescolato tutto, ma senza considerare l’esperienza e la professionalità.

Magicamente, a fine maggio, spariscono 38 cattedre dall’organico di diritto della sola provincia in questione, perché, secondo l’U.S.R. c’è un calo di iscrizione degli alunni…

Una grande bugia, perché dati alla mano è vero il contrario: per esperienza diretta, io stessa perdente posto, sono stata recuperata come utilizzo nelle mie scuole in cui ero perdente posto, in cui invece c’è stato un incremento reale delle iscrizioni ed ho accettato delle ore eccedenti all’orario di cattedra pur di avere ancora i miei alunni, e non venir spedita a “tokyo“.

Così, i docenti titolari, perdenti posto, sono obbligati a fare domanda di mobilità forzata e vengono assegnati d’ufficio il più lontano possibile, nella provincia di appartenenza, per coprire posti al confine con la Svizzera

Nel frattempo, nelle scuole di partenza vengono neo-immessi in ruolo docenti del sud che hanno sfruttato l’opportunità di entrare in ruolo con la strategia del potenziamento.

Capite??? Sembra il gioco delle tre carte…Il titolare lo sposto qui, il neo-immesso in ruolo lo metto lì, al suo posto, e alla televisione potranno dire “30.000 insegnanti immessi in ruolo”

Intanto, durante gli esami di fine ciclo scolastico, per gli addetti ai lavori periodo clou dell’anno, scatta la guerra tra gli ultimi: T.F.A. contro P.A.S., praticamente gli insegnanti che hanno fatto la S.I.S e quelli che sono arrivati dopo, ma sono nelle stesse condizioni di Agnese…o SANTA AGNESE da RENZI…

I dirigenti scolastici passano una bella estate da incubo, perché rivendicano la continuità didattica, ma non possono mantenerla, perché i posti sono gestiti dagli U.S.R., su incarico del M.I.U.R.

Ma, evidentemente, bisogna sistemare figure che non servono nella scuola e comprare voti per mantenere questa pagliacciata.

Sì, perché, nel frattempo, i presidi devono esaminare le attestazioni di pagamento relative all’acquisto di beni e di servizi (come disposto dal D.P.C.M. 23 settembre 2015).

I famosi 500 euro per la formazione e l’aggiornamento dei docenti, e vedere se il professore, ormai nonno, non li ha impiegati per comprare il tablet al nipote!!!

E arriviamo a settembre…

Via! Si parte! Ciascuno nel posto sbagliato, proprio lì, dove ha la titolarità più assurda possibile, in attesa che vengano sistemate le immissioni in ruolo in pieno tsunami di ricorsi, i trasferimenti migratori annuali, gli utilizzi per i perdenti posto, le assegnazioni provvisorie per ricongiungimento familiare…

Così, nell’arco di un mese e mezzo, gli alunni vivono un carosello di insegnanti, quando ci sono visto che in alcune scuole sono passati due mesi di lezione prima che le cattedre fossero tutte coperte: docenti interni obbligati a supplire colleghi fantasma, docenti supplenti nominati fino all’avente diritto, docenti di sostegno a gogò e chiamate dirette virtuali, nonché alunni che non hanno fatto lezione, in barba al diritto allo studio…

Importante è firmare la presa di servizio ed il registro, magari quello fittizio, quello cartaceo, perché quello obbligatorio, quello on-line, è fuori servizio, non c’è connessione…ma quando mai…abbiamo finito anche la carta igienica!!!

Buon anno, carissimi miei alunni.

Per fortuna che ci siete, ancora così ignari di quello che vi aspetta.

Perché di Voi non è interessato molto a chi ha pensato alla Buona Scuola, mentre se foste stati dei diciottenni qualcuno che pensava a Voi, o almeno che crede di comprare il primo, sacro voto, con 500 euro recuperate poi con le tasse sulla benzina della vostra prima auto, oggi c’è…
scuola-al-buio

 

 

 

antonella




Quinta ristampa per il libro di Max Gentile

LIBERO DI RINASCERE di Max Gentile, edito dalla Currenti Calamo Editore, è arrivato alla quinta ristampa in poco più di un anno. Ci aveva piacevolmente sorpresi, un anno fa, Max Gentile quando lo abbiamo intervistato.

La sua storia, quella di un poliziotto diventato coach, aveva dell’incredibile, ma era talmente vera nel suo essere paradossale che ci abbiamo creduto.

Ci abbiamo visto giusto, noi di betapress quando lo abbiamo seguito nel tour di serate di presentazione del libro nelle maggiori città italiane, lo scorso autunno.

La prima serata, il 9 ottobre di un anno fa, nella sua Genova, aveva subito registrato il tutto esaurito, ed era stata caratterizzata da una particolare presenza di imprenditori e di liberi professionisti, sempre più attratti dalla P.N.L, ma non solo.

Perché, Max Gentile è un coach “sui generis”, che si qualifica come formatore personale, prima che professionale. Questa è la sua specificità, che fa la differenza!

LIBERO DI RINASCERE, che l’autore ha continuato a promuovere con le serate di incontro con il pubblico, (costituito da seguaci fedelissimi, primi testimoni del suo talento, ma anche da nuovi adepti, incuriositi dalla sua proposta), ha confermato le doti umane e professionali di Max, e si è rivelato un vero successo editoriale.

Perché, non è quello che dice, ma quello che fa Max, che crea la differenza!

Prima di tutto perché non insegna quello che sa, ma trasmette quello che vive. Chi lo segue da parecchi anni, sa bene che, con un’enorme coerenza di vita umana e di credibilità professionale, Max applica su sé stesso la regola del RADICARSI ED AMARSI.

Lui per primo, ha scavato dentro di sé, per trovare la propria identità, per difendere la propria integrità, per creare e prendere la propria direzione esistenziale.

Poi perché, da poliziotto o da allenatore, Max crede che il vero successo è amare sé stessi e mettersi al servizio degli altri.

Così, nel suo libro e nelle sue lezioni, ci insegna a smetterla di dare la colpa agli altri, a liberarci dalle paure, ad eliminare dalla vita i vampiri d’energia, a scollarci di dosso la “rimandite”.

Ci invita a riflettere sul rischio più grande, che non è quello di morire, ma quello di non vivere, o meglio di vivere al di sotto delle proprie possibilità.

Quattro grandi paure, la paura della libertà, dell’abbandono, del giudizio, dell’approvazione ci bloccano e rappresentano una gabbia, da cui Max c’insegna ad uscire, per poi affrontare la paura più grande che non è il fallimento, ma il SUCCESSO.

Sì, Max Gentile, ci porta sull’orlo della sfida più coraggiosa, quella di riuscire a dare il meglio di sé, di esprimere tutto quel potenziale che abbiamo dentro e che, paradossalmente, all’inizio temiamo.

Ed allora, sempre secondo il nostro intuito sulle novità del mondo del coaching, vi anticipiamo un evento straordinario che avrà luogo a Milano il 28 ed il 29 settembre presso il Novotel Milano Nord Ca’Granda: il MENTAL FORUM di NEUROSCIENZE ED IPNOSI.

Questo primo ed affascinante congresso italiano con la partecipazione di quindici relatori internazionali, provenienti da sei paesi esteri propone l’incredibile sinergia e complementarietà tra le neuroscienze e l’ipnosi.

I migliori esperti nel campo dell’Ipnosi, Neuroscienze, Comunicazione, Emozioni, Apprendimento, Morfofisiognomica, Memoria, Benessere si alterneranno in un week end di informazione, dibattiti, conferenze e workshop dall’avvincente titolo

TUTTI MERITANO DI POTER ACCEDERE ALLA CONOSCENZA. Noi ci crediamo!

Ideatrice ed organizzatrice dell’evento è PAOLA GRASSI.

Ricercatrice, Coach professionista, Counselor ad Indirizzo Olistico, Filosofa e Scrittrice, Ipnotista, ha creato l’Associazione Italiana Ipnosi, di cui è Presidente e fondatrice insieme a Ester Patricia Ceresa e Vincenzo D’Amato.

E’ l’ideatrice e l’organizzatrice anche di Accademia Summit Festival (evento annuale no profit), a cui l’anno scorso era stato invitato anche Max Gentile, nonché Owner & Founder di Accademia Italiana di Coaching Integrato, community per la quale è Academy Master Trainer nei corsi di coaching e crescita personale.
La sua mente creativa produce in continuazione nuove idee che poi trasforma con successo in realtà.

Pensiamoci, se vogliamo continuare il viaggio alla scoperta della nostra rinascita e alla massima espressione del nostro potenziale mentale.

Noi di betapress ci saremo, ci metteremo in gioco per primi! …

Antonella Ferrari

 




Sacro o profano?

Esiste un mondo sacro dell’arte ed un mondo profano della moda?

O, viceversa, arte e moda sono entrambe segno e simbolo di un tempo, sacro e profano al contempo?

E quando, paradossalmente la moda diventa sacra e l’arte diventa profana, nel senso di accessibile al pubblico?

La sfida sinestetica di fusione tra arte e moda e di sublimazione dei loro linguaggi iconografici, è stata accolta, e noi di betapress, vi anticipiamo, sarà vinta, in un evento artistico di avanguardia, ideato da Sara Mano ed organizzato in collaborazione con Silvia Mascheretti, presso la pinacoteca Carrara di Bergamo, inaugurato venerdì prossimo, 13 settembre, alle ore 18.30.

ARTE di MODA “GIARDINI di SETA” VITTORIO ACCONERO per GUCCI è il titolo della mostra dei prestigiosi foulards esposti nei locali della Carrara dal 14 settembre al 21 ottobre p.v.

La mostra è il primo evento di BE-STILE, un nuovo format dedicato allo “STILE” che avrà come luogo prediletto la storica ACCADEMIA CARRARA di Bergamo e vedrà la sua prima edizione nell’autunno 2019.

 

Il logo BE-STILE acronimo di “BERGAMO STILE”, ma anche di “ESSERE STILE”, vuole essere un laboratorio di riferimento per proposte e progetti che possano favorire il dialogo fra la città e il mondo della Moda, dell’Arte e del Design.

 Il tema centrale dell’edizione 2019, è la mostra “Giardini di seta” Vittorio Acconero per Gucci che, presenta una collezione di foulard originali di un ventennio di storia italiana, fra i quali il celebre Flora, uno dei trade-marks della Maison Gucci.

 Si tratta di una mostra di grande freschezza e godibilità, rappresentativa di un periodo storico fra i più rilevanti per il design e la moda italiani, che, nell’immaginario collettivo, promuovono un’idea vincente di STILE italiano.

L’esposizione accosta in un dialogo artistico 10 foulard con 10 opere della collezione permanente, attraverso visite guidate tematiche che legano il mondo della Moda dei Foulard di Gucci a quello dell’Arte della collezione permanente della Accademia Carrara creando un sodalizio fra Arte e Moda e fra i differenti modi di “essere STILE”. 

 In tutto sono 35 i foulards originali disegnati per la maison fiorentina da Vittorio Accornero, uno dei protagonisti dell’illustrazione italiana del Novecento.

Ma, in Arte di Moda, grazie alla consulenza storico-artistica di Martina Colombi e Sara Mano, 10 preziosi foulards, alcuni dei quali mai esposti, vengono accostati ad altrettanti capolavori dell’Accademia Carrara.

Nasce così, e questa è la novità, un dialogo iconografico che lega Arte e Moda. Il mondo sottomarino dei Coralli (1968) affianca i gioielli di Ritratto di bambina di casa Redetti (1579 circa) di Giovan Battista Moroni.

L’intreccio di foglie, bacche e rampicanti e gelsomino di Fiori invernali (anni ̓70) si ritrova nella Sacra Famiglia con Santa Caterina d’Alessandria (1533) di Lorenzo Lotto. Il paesaggio collinare, popolato da alberi e arbusti e dominato sullo sfondo da architetture turrite, accomuna Padiglione (1960-1965) e Orfeo ed Euridice (1510 circa) di Tiziano.

Un percorso esclusivo tra Arte e Moda, tra design e pittura a confronto.

Sete disegnate ed opere artistiche incantano il visitatore in un gioco seduttivo in cui i linguaggi si fondono. L’iconico Flora, creato nel 1966 per Grace Kelly e caratterizzato da 9 bouquet di fiori tra cui campeggiano farfalle e libellule è accostato alla fragilità della bellezza di Vaso di fiori con anello e pietre preziose (1612) di Jan Brueghel il vecchio.

Epoche e scenari accompagnano il pubblico in un viaggio attraverso l’arte presente nella moda, ma anche attraverso la moda presente nell’arte.

L’evoluzione artistica di Accornero continua e conferma gli omaggi dello stilista alla storia dell’arte, ed ora i suoi foulards equivalgono a degli oggetti d’arte, esposti in un tempio sacro della pittura come la pinacoteca Carrara.

Il tempo riconosce il talento…

E la città di Bergamo riconosce il valore del progetto.

Il progetto è infatti realizzato grazie al patrocinio di Comune di Bergamo, con il contributo di Regione Lombardia, il sostegno di Visit Bergamo e ATB e la sponsorizzazione di Blue Meta, Clay Paky con Art Centric Lighting, CreaConcreteDesign, Credipass, Grifal con 4 Portoni, Pedrali, Bracca e Valcalepio, aziende di prestigio del territorio bergamasco.

 

Antonella Ferrari