Mors tua, vita mea.

Mors tua, vita mea.

Dall’America all’Europa all’Italia sembra uscire allo scoperto, fomentato da politici irresponsabili e, amplificato dai pareri espressi sui social media, un clima aperto di razzismo e xenofobia.

Sembra quasi che l’espressione di odio razziale nei confronti dei migranti o delle minoranze, anche con linguaggi e gesti violenti, non sia più un tabù, ma una legittima opinione.

Quante volte, discutendo, abbiamo detto: “Premesso che non sono razzista…”. Cosa ci sta succedendo? Cosa sta succedendo alle nostre società occidentali?

Sono stati consumati, se non distrutti, alcuni principi, che erano alla base della nostra civiltà, che nasce in Grecia, a cui si aggiunge il cristianesimo.

Non c’è più rispetto per l’altro, la morte è diventata banale, tanto che uccidere è una modalità per risolvere un problema.

Non c’è più il senso del mistero e del limite dell’uomo.

Non esiste più l’applicazione dei principi morali della società e c’è un affastellarsi di leggi, come se le leggi possano sostituire i principi. Oggi domina la cultura del nemico: la superficialità porta l’identità a fondarsi sul nemico.

Se uno non ha un nemico, non riesce a caratterizzare sé stesso.

Secondo il noto psichiatra Vittorio Andreoli, stiamo vivendo un periodo di regressione antropologica, un’epoca in cui si agisce in base alle pulsioni. Tutto questo è favorito da partiti che sostengono l’odio, lo stesso agire sociale è fatto di nemici.

Perfino nelle istituzioni religiose qualche volta si affaccia il nemico. In questo quadro tornano le questioni razziali.

E’ considerare l’altro inferiore, perché ha quelle caratteristiche, per cui bisogna combatterlo.

Se uno è diverso da te, è un nemico, e va combattuto. Si torna a fare la guerra, perché il diverso è un nemico. Il nemico che porta via soldi, posti di lavoro, eccetera.

E, così come c’è una gerarchia dei potenti, così c’è anche una gerarchia delle razze.

Perché sono presi di mira solo alcuni. Anche se, paradossalmente, il razzismo unisce.

Il razzismo non esclude nessuno. Il razzismo e i pregiudizi sono universalmente presenti nel cuore dell’uomo, a prescindere dalle nazioni.

E’ sicuramente un istinto presente nella nostra biologia, nella nostra natura, ossia la lotta per la sopravvivenza di cui parlava Darwin, la lotta per la difesa del territorio.

Ma tipico dell’uomo non è solo la biologia, ma la cultura. E la cultura dovrebbe essere quella condizione in cui rispettiamo gli altri e riusciamo a frenare un istinto.

Il problema è: come mai la cultura che caratterizza l’uomo e consiste nel controllo delle pulsioni non c’è più?

Tutta una cultura che si era costruita fino a epigoni che erano quelli dell’amore, della fratellanza, è completamente recitata, ma non vissuta. L’Italia è un Paese che, come tutto l’Occidente, sta regredendo alla irrazionalità, all’uomo pulsionale.

” Ciò che mi spaventa e mi addolora è che per raggiungere una cultura ci vuole tanto tempo e la si può perdere in una generazione.”, così si esprime Vittorio Andreoli. “Gli episodi che osserviamo sono silenziosamente sostenuti da tante persone. Non dicono niente ma li approvano. Bisogna impedire che ci sia chi soffia sul fuoco. Nessuno parla del valore della conoscenza utile nell’avvicinare altre storie, altre culture. Tutto viene mostrato come negativo: gli immigrati fanno perdere posti di lavoro, c’è violenza e criminalità. Il problema è che, all’origine, c’è sempre una esclusione. E’terribile, stiamo diventando un popolo incivile”, così continua il noto psichiatra.

Secondo lui, nei dibattiti pubblici, soprattutto sui social, c’è sempre un “noi” contro “loro”: i migranti, più deboli, diventano il capro espiatorio di tutti i mali. “Certo, questo è il principio darwiniano. L’evoluzione si lega alla lotta per l’esistenza: “mors tua, vita mea”.

Bisogna eliminare il nemico, deve vincere la mia tribù che deve prendere il tuo territorio. E’ una regressione spaventosa. Poi c’è la crisi che ha sottolineato la paura, le incertezze. E la paura genera sempre violenza”.

Di fronte a questa disamina, tanto negativa quanto realista, della nostra società, un unico consiglio, da parte di Vittorio Andreoli.

“Bisogna prendere una posizione molto decisa: non è più possibile fare finta. Questa è una società falsa, che recita. Andiamo incontro a situazioni che saranno di nuovo drammatiche. Bisogna cominciare a dire che questa nazione deve cercare di far emergere uomini e donne saggi, intelligenti. Stiamo scegliendo i peggiori. C’è una ignoranza spaventosa.  Bisogna poter parlare, spiegare, capirsi. Occorrono persone credibili per parlare ai giovani, ma la via è sempre quella della cultura. Fare promozione, educazione, dimostrare quanta positività c’è in chi viene odiato, per stimolare al rispetto nei loro confronti”.

Infine, riguardo al formarsi del pregiudizio nella mente delle persone, lo psichiatra ci avverte: “L’espressione esplicita dei pregiudizi nasce dal sentirsi sostenuti”. Secondo lui,” quando gli individui nascondono ancora il loro pensiero sono recuperabili. Il problema emerge quando ci si sente in tanti a pensarlo”.

Purtroppo, oggi, sui social, non si nasconde più il proprio pensiero. lo schermo del computer protegge dal confronto diretto, le affermazioni diventano sempre più violente e l’espressione dei pregiudizi, magari formulati anche in modo razionale, serve solo a rafforzare l’ego di chi parla.

Tristemente vero.

Ed ancora più grave. Perché, un tempo, se un individuo pieno di false credenze e di pregiudizi razziali stava zitto in pubblico, e si esprimeva solo a casa, agiva male in famiglia, o con un gruppo ristretto di interlocutori.

Adesso, diventa un’azione diffusa, per gli individui al tempo dei social, parlare a vanvera. Anche da casa, incollati allo schermo e alla tastiera di un computer. E’ normale, tribalmente normale, sfogare le proprie pulsioni, trasformarle in vera e propria propaganda politica, e concorrere al degrado sociale. Per tornare tutti insieme, appassionatamente, al “mors tua, vita mea”…

 

Antonella Ferrari



Scrivere per crescere

Beppe Severgnini, grazie!

E’ un’eterna lotta, contro il tempo e contro la moda dilagante, quella di convincere gli alunni a scrivere bene e a mano.

Ogni anno, nei primi giorni di scuola (e mi riferisco alle medie in cui insegno da parecchi anni), è tremendamente deprimente impostare la scrittura, ma ancor più la calligrafia, degli alunni.

Arrivano dalle elementari che scrivono poco e male, quasi sempre in stampatello.

Il corsivo è un optional, giusto per le grandi feste, ovvero, la ricerca o il compito in classe.

Ma non me la sento assolutamente di criticare i colleghi insegnanti delle elementari.

Siamo tutti sulla stessa barca, quella dell’addio alla scrittura, e dell’abbandono della calligrafia.

Oggi, leggendo quanto ha scritto Beppe Severgnini, a proposito del valore della scrittura e dell’importanza dello scrivere a mano, ho esultato di gusto.

Questa la sua opinione in proposito:” A scadenze regolari, qualcuno scopre che scrivere a mano è bello. Non si tratta di anziani tecnofobi o giovani eccentrici che rinunciano alla tastiera, ma di persone equilibrate, impegnate in campi diversi”.

Qualche giorno fa, il Corriere è tornato sul tema con Candida Morvillo che, riprendendo un’inchiesta di Medium Magazine, ha raccontato come diverse scuole e università Usa impongano agli studenti di prendere appunti manuali.

Invece, secondo Emanuele Trevi, la calligrafia è uno strumento intimo, quello che più si addice alla sfera personale: «un potente ansiolitico, innocuo e a basso costo».

Sull’effetto tranquillante dello scrivere a mano, non mi esprimo. Anzi, quando impongo ai miei alunni di scrivere sotto dettatura, in corsivo, di solito, si genera tensione in classe.

Ma adesso c’è un perché. E non è solo questione di pigrizia. Non solo per chi è appassionato di grafologia, ma per tutti, è evidente che scrivere a mano significa spogliarsi.

In generale, quando si impugna una penna e ci si accinge a scrivere, si prova la sensazione di mettersi a nudo. Aggredire lo spazio bianco significa aggredire la vita.

Tenere il rigo esprime stabilità ed equilibrio.

Lasciare o meno uno spazio tra lettere, parole, righe indica apertura o chiusura agli altri. Allargare o stringere il margine destro o sinistro manifesta slancio verso il futuro o attaccamento verso il passato… Il tratto rivela la personalità e la pressione sul foglio indica l’energia di un individuo.

E’ evidente, la scrittura è unica ed irripetibile, come ognuno di noi.

E cambia, a seconda delle emozioni che stiamo vivendo.

Fiorisce, si assesta, si trasforma come noi, ogni giorno, giorno dopo giorno.

E proprio perché, molti di noi intuiscono, empiricamente, quanto la grafia è rivelatrice, alcuni di noi hanno paura di quello che potrebbe saltar fuori.

A livello collettivo, poi, un po’ tutti proviamo un timore subliminale, di cui non ci rendiamo conto.  La paura di scoprirci e di renderci vulnerabili. La paura di armare l’altro con la conoscenza delle nostre debolezze o fragilità.

Ma, altrettanto inquietante, è l’uso nevrotico dello smartphone per prendere appunti. Prendere appunti con un telefonino, non è normale; è la spia di un disagio.

E il ricorso allo stampatello, soprattutto tra le nuove generazioni, non è pigrizia o ricerca di omologazione: è ansia.

Beppe Severgnini smaschera in pieno il disagio di chi teme la scrittura ed il disegno quando scrive:”La stessa ansia che ritroviamo quando proponiamo l’Intervista Disegnata, che ogni settimana chiude 7-Corriere.

La prima risposta, quasi sempre, è: «Non so disegnare!».

Allora Stefania Chiale, che cura quello spazio, pazientemente spiega: non cerchiamo virtuosismi, ma originalità e spontaneità; contano le idee e la fantasia, non l’abilità nel tratto.

Molti si lasciano convincere, e confessano d’aver trovato l’esperienza liberatoria. Ma qualcuno si ritira, e ammette: disegnare le mie convinzioni e le mie paure mi spaventa”.

E’ pazzesco!

Nell’epoca in cui, grazie o per colpa dei social, tutti, o quasi tutti, fanno a gara a spogliarsi. Nell’epoca in cui non ci sono più confini tra il pubblico ed il privato. Nell’epoca in cui ci si esibisce in senso fisico, e ci si scopre in senso traslato, non si vuole più scrivere a mano.

Perché si teme di essere scoperti.  E’chiaro! Molti tra noi non hanno paura di denudarsi emotivamente su Facebook, Instagram (o Tinder); ma si sentono vulnerabili se scrivono a mano o disegnano.

Ma, non c’è contraddizione. I social sono uno schermo, la rete è uno scudo: in qualche modo, pensiamo di poter nascondere quello che siamo e sentiamo davvero. Un biglietto scritto a mano o un disegno sono invece una confessione.

Anzi, uno spogliarello. Non tutti sono lì a guardare, ma qualcuno potrebbe intravedere qualcosa.

E forse, allora, non andremmo poi così fieri di quello che realmente siamo, spogliati di tutte le mille illusorie, estemporanee ed immaginifiche pseudo-realtà, virtuali.

Antonella Ferrari




Italia paese maschilista…

Ancora mi viene da ridere (amaramente però!) quando ripenso ad uno storico sketch di Zelig.

Una brava ragazza, assetata di conoscenza e motivata nello studio, rivendicava il suo diritto a farsi spazio nella vita, studiando prima, e lavorando dopo, perché “una donna intelligente, arriva dove vuole “.

Immancabilmente, il padre, maschilista e fallocrate, la zittiva, deprimendola ed umiliandola.

La figlia, soggetto intellettivo, affamato di cultura e di libertà, era sempre più criticata, ridicolizzata, e tutta la sua persona si riduceva ad un mero oggetto sessuale.

Ogni sogno di affermazione meritocratica culturale si convertiva in “Le chiappe devi mostrare!”.

Parole profetiche, tristemente profetiche!

In Italia, le donne sono le più istruite e le meno occupate. Sempre, intendendo quelle che non mostrano il loro lato B in televisione o sui social!

Secondo i dati del World Economic Forum, siamo primi al mondo per iscrizioni di donne all’università, ultimi in Occidente per partecipazione femminile al mercato del lavoro. In altre parole: stiamo buttando via la componente più istruita della popolazione. E poi ci chiediamo perché non si cresce.

Word Economic Forum, nel suo annuale rapporto sul Global Gender Gap, ci segnala infatti che siamo il primo paese al mondo per numero di donne che si iscrivono a percorsi di formazione terziaria, dall’università in su.

Ma siamo 118esimi su 140 – peggiori in Europa, peggiori in Occidente – per partecipazione femminile alla vita economica del Paese.

E, come se non bastasse, siamo 126esimi per parità di trattamento economico.

Per chi non l’avesse capito, in Italia, le donne, quelle che “le chiappe non le mostrano…” fanno una brutta fine. O non lavorano, o sono sotto pagate. Nel dettaglio: per ogni cento maschi iscritti all’università, ci sono 136 donne.

Il percorso di studi è completato dal 17,4% delle donne, contro il 12,7% dei maschi. E sono ancora donne il 60% circa dei laureati con lode.

Le donne si laureano di più e meglio, insomma.

E non è una novità.

Ma quando inizia la ricerca di un posto di lavoro, viene il bello.

Non solo in Italia si assiste sempre più ad un’inflazione del titolo di studio, ma non c’è proprio lavoro.

E, ironia della sorte, su 10 persone che, scoraggiate, smettono di cercare lavoro, sei sono donne!

La disoccupazione femminile è di tre punti percentuali più alta di quella maschile ed il part time, molto spesso imposto, riguarda il 40% delle lavoratrici contro il 16% dei lavoratori!

Ed una donna che non lavora, o lavora poco e male, rinuncia al suo sacrosanto diritto alla maternità. Una donna che ha studiato, sognando cultura e libertà, non accetta di stare a casa, a fare figli, mantenuta dal marito!

E’così facile da capire! L’Italia è il paese occidentale con il più basso indice demografico.

Allora, un consiglio, ai nostri cervelloni politici. Nel Paese che cresce meno di tutto l’Occidente mettete come primo punto all’ordine del giorno di un consiglio dei ministri o di tutte le tavole rotonde la questione lavorativa femminile.

Forse, per far ripartire l’Italia, bisogna far lavorare le donne. Iniziamo a mettere al lavoro la parte più istruita della popolazione. Sono i numeri che parlano: secondo l’agenzia europea Eurofound il costo complessivo per l’Italia della sottoutilizzazione del capitale umano femminile è pari a 88 miliardi di euro, cioè al 5,7% del Pil, il 23% di tutta la ricchezza persa in Europa a causa della discriminazione di genere.

Mettiamo al lavoro le donne, garantiamo loro paghe e percorsi di carriera all’altezza di quelli dei loro colleghi maschi e, forse, possiamo combattere il calo demografico italiano. Anche in questo caso, sono i dati a dirlo.

In tutta Europa, è il secondo stipendio che permette alle famiglie di pensare di fare quel secondo figlio che garantirebbe la sostenibilità del nostro sistema sociale. Viceversa, un mondo del lavoro in cui se rimani incinta sei licenziata, o se ti va bene congelata a mansioni di basso livello, è il miglior incentivo alle culle vuote.

In Italia siamo indietro culturalmente, cioè, convinti del contrario!

C’è ancora chi pensa che i figli arrivino con l’angelo del focolare, non con l’emancipazione femminile.

Infatti, siamo proprio noi, il Paese che fa meno figli al mondo, quelli che discriminano le donne sul lavoro, quelli che ancora oggi pensano che la cura dei figli sia affare esclusivo delle donne, quelli del maschio che procaccia il cibo e della femmina che accudisce la prole.

Basta guardare la tutela politica della genitorialità per averne la conferma.

La Francia, il Paese più prolifico d’Europa, garantisce sei mesi di congedo parentale per entrambi i genitori e il 40% dei bimbi sotto i 2 anni ha posto in un servizio per l’infanzia.

In Spagna i padri possono beneficiare già oggi di 35 giorni di congedo parentale alla nascita del figlio, e presto si arriverà alla parità totale: 16 settimane a testa, tra padre e madre.

In Italia, invece, hanno pure provato a dimezzare di nuovo il congedo di paternità da 5 a 2 giorni.

Perché, tanto, i nostri guai sono tutti colpa dell’Europa.

E di chi, in Italia, si ostina a non mostrare le chiappe…

 

Antonella Ferrari

 

 




Caro Ministro, ma mi faccia il piacere…

CARO MINISTRO TI SCRIVO…

Caro Ministro ti scrivo, così mi distraggo un po’ (dalle fatiche scolastiche di insegnare nella scuola italiana dei giorni nostri…) e siccome sei molto lontano (dalla realtà che vivono alunni e prof del 2018…) più forte ti scriverò.

Non voglio mancarti di rispetto, caro ex- collega, nel darti del tu. Ma, visto che mi vieni a dire quello che devo fare con i miei alunni, penso che siamo alla pari…

La tua ultima boutade ti ha fatto una gran bella pubblicità.

Finalmente, anche i miei alunni, delle medie, sanno che c’è un Ministro e checomanda lui! Al mio:” Ragazzi prendete il diario, che scriviamo i compiti perle vacanze”, mi sono sentita rispondere:” No, prof, non si può, l’ha detto il Ministro!”.Nella mia testa ho pensato:” Ecco, bravo, bene, ci mancavi pure tu a dirmi quello che devo fare, dopo 45 anni di scuola, di cui gli ultimi 30 come insegnante!”

Vedi, caro ministro, per chi come me, ha attraversato a passi di danza, riforme e controriforme, concorsi e graduatorie, esami di stato e certificati, conoscenze e competenze, la tua boutade, mi fa ridere (per non essere volgare!). Vorrei solo, anch’io, formularti un invito, anzi darti una prescrizione: vieni a fare un giro nelle scuole!

Le classi in cui insegno (in due scuole medie del Nord“benestante”) sono eterogenee (per usare un eufemismo…). Ci sono ragazzi italiani e ragazzi stranieri (maghrebini, africani, indiani, cinesi, pakistani e bengalesi…), ragazzi integrati ed altri isolati, alunni motivati ed altri border line, scolarizzati ed analfabeti, che non capiscono una parola, giuro,una parola, di italiano.

Primo suggerimento: “Ha mai pensato di dotare le scuole di mediatori culturali per alunni stranieri? Oppure di sperimentare delle classi-ponte per la prima alfabetizzazione di chi, per età anagrafica, è alunno delle medie, ma che non legge né scrive, al pari di un bambino di prima elementare?!?”

Poi, ci sono alunni certificati di dislessìa, disgrafìa, discalculìa…Un boom! Tutti adesso! Ed allora, come insegnante, predisponi un bel P.D.P. (ovvero Piano Didattico Personalizzato con strumenti compensativi e dispensativi per aiutarli nella loro fatica scolastica). Anche quelli che scrivono sotto dettatura, fanno un dettato fonetico ortografico meglio dei compagni, copiano dalla lavagna e leggono ad alta voce. E, alla faccia di chi ha li ha certificati, non sbaglino una doppia e non confondono nemmeno una lettera!

Allora, secondo suggerimento.” Ha mai pensato di controllare il bussiness delle certificazioni false? Di controllare cosa succede quando medici compiacenti incontrano famiglie pretenziose? I medici si garantiscono l’utenza di alunni normo dotati, certificando, in modo assurdo, le loro inesistenti disabilità. E le famiglie hanno il nullaosta per la promozione dei loro figli.”

Poi, però, in sede d’esame, questi alunni, abituati a delle corsie preferenziali, devono affrontare le stesse prove dei compagni. Ed allora, tocca a noi insegnanti, fare i salti mortali per promuoverli!!!

Ma ci sono anche gli alunni disabili, e, giustamente, per loro c’è un P.E.I (Piano Educativo Integrato) per assicurare una didattica inclusiva. Ma, purtroppo, questi alunni, non sempre hanno un insegnante di sostegno preparato a gestire la loro disabilità. C’è una bella differenza tra un alunno autistico, paraplegico, psicotico o down… Per non dimenticare chi, comeprof, dopo un eterno precariato, ha finito col fare l’insegnante di sostegnoper ripiego, pur di entrare in ruolo. Oppure, prof perdenti-posto percontrazione delle cattedre, che, dopo aver insegnato per anni la propriamateria, hanno ripiegato sul sostegno pur di non perdere il posto vicino a casa…

Terzo suggerimento” Un rinnovato criterio di formazione degli insegnanti di sostegno, in modo tale che, preparati in modo specifico su diverse disabilità possano essere abbinati agli alunni giusti? E soprattutto,un controllo delle loro competenze in itinere, per farne delle figure doc della scuola e non degli insegnanti jolly!”.

 Ma questo è il meno…

 I veri problemi nelle scuole dei nostri giorni, sono i ragazzi delle comunità, quelli che sono stati allontanati dalla famiglia o che non ne hanno mai avuta una, quelli che viaggiano per la scuola con educatore o assistente sociale al seguito, e che sono in mano a giudici e psicologi a giorni alterni… Quelli che pestano i compagni e minacciano gli insegnanti. Rispondono all’appello con un rutto,girano per la classe con un coltello, fanno casino, pur di essere amati…

Quarto suggerimento” Qualche neuropsichiatra che ci dia una mano a gestirli senza imbottirli di psicofarmaci o senza dover ricorrere ai Carabinieri, esiste ancora sulla faccia della terra?!?

Poi, ci sono gli alunni doc, quelli normali. Quelli da non strapazzare con troppi compiti a casa. Quelli che durante le vacanze, senza l’obbligo dei compiti, faranno sport o visiteranno musei…Scommetto che l’unica attività svolta dalla maggior parte di loro, sarà giocare con il tablet o alla play station nel salotto di casa…

Ma, dimenticavo, anche questa è attività fisica:
oculo-manuale!!!

Quelli che hanno genitori immaturi e latitanti. Genitori che rispondono al cellulare durante il colloquio con l’insegnante, genitori che contestano i voti, che mettono in discussione la preparazione degli insegnanti, e che parcheggiano il suv sul parcheggio dei disabili. Genitori-adolescenti, più esibizionisti dei loro figli, che fanno a gara a postare foto sui social e ad insultare i prof su whatapps. Bene questi genitori, durante le vacanze giocheranno alla play, posteranno ogni scemenza e brinderanno all’ignoranza.

 Allora, giusto perché io non ci sto, io i compiti li do. E sono convinta che molti altri miei colleghi faranno come me…

Invito i miei alunni a spegnere il cellulare per accendere il cervello.

A leggere un libro, uno qualunque, ma almeno uno.

Ad intervistare un nonno, forse più saggio di quel loro idolo rap…

Ad imparare una parola nuova, un suo sinonimo ed il suo contrario, tre volte al giorno, prima dei pasti principali.

A scrivere una lettera a mano e ad imparare una poesia a memoria.

A pensare un regalo creativo. Un disegno, una canzone, un oggetto ideato apposta per chi lo riceverà.

A fare un giro in un ricovero per anziani, per misurare il tempo della vita non sul suono della campanella…

E, per i più coraggiosi, a parlare a gesti con l’ultimo arrivato, quello immigrato. Quello che nessuno vuole, ma che è qui, in Italia con me, in queste vacanze senza compiti…

Sarò una povera illusa, ma penso che la scuola sia ancora una palestra di vita. E che dunque, i compiti sono un’educazione al sacrificio,un allenamento alla fatica, un rispetto delle consegne, un’assunzione di responsabilità, una sana abitudine che fa la differenza. Perché, poi, la vita ci presenta il conto, e, forse i compiti, quelli di scuola, avevano un loro perché!

Antonella Ferrari



Agrario Pavoncelli Cerignola: libri alla portata di tutte le famiglie

Cultura d’ avanguardia anche nella scuola a portata di famiglia!

Incredibile, ma vero! In mezzo a tanti problemi della scuola, proprio quando sembra difficile crederci, ci sono figure professionali ed esperienze concrete che lasciano il segno.

E’ quello che sta avvenendo nell’Istituto Tecnico Agrario “G. Pavoncelli” di Cerignola, in provincia di Foggia.

Un team di docenti d’avanguardia, coordinati da un dirigente scolastico “visionario”, ha realizzato un progetto editoriale competitivo ed innovativo.

Precisamente, una collana di nove libri editi dal Gruppo Editoriale C.C. EDITORE, nonché Ente di formazione accreditato Miur, rispondendo ad un duplice intento.

Primo obiettivo, una precisa motivazione didattica: offrire agli alunni del biennio superiore, degli strumenti competitivi e strategici per una preparazione teorica completa, ma soprattutto per una competenza professionale efficace.

Secondo obiettivo: offrire alle famiglie una collana di nove testi scolastici, nella doppia versione cartacea (elemento nuovo e particolarmente accattivante per la famiglia) ed ebook, ad un prezzo decisamente contenuto, 70 euro, dimostrando particolare attenzione economica verso le famiglie, impegnate a sostenere, ogni anno, una “normale” spesa di circa 330 euro per i testi scolastici.

Noi di betapress.it abbiamo raggiunto telefonicamente Pio Mirra, dirigente scolastico dell’Istituto Pavoncelli, per scoprire i retroscena di una tale iniziativa.

Betapress: Perché scegliere di realizzare una collana editoriale ad uso del biennio?, il Dirigente scolastico Pio Mirra, ha sottolineato che: “Nell’era digitale, mentre la comunicazione si orienta verso l’uso delle nuove tecnologie superando la tradizione, nella scuola è sempre più necessario il rinnovamento delle metodologie didattiche”

Betapress. “Esiste una legge in proposito?”

Mirra: “Sì, La legge 107/15, ed in particolare il Piano Nazionale Scuola Digitale, che hanno individuato degli ambiti di intervento su cui operare, invitando ad un’attenta riflessione sul ruolo delle nuove tecnologie e dei nuovi media per progettare una didattica per competenze”

Betapress. ”Dunque una sfida iniziata tre anni fa…”

Mirra: “Precisamente. L’iniziativa è nata nel 2015. La genesi del progetto rimanda alla consapevolezza, da parte dei docenti, che il dilagante fenomeno della dispersione scolastica non è imputabile solo al singolo soggetto, ma deriva da dei difetti nel sistema scuola. Negli ultimi anni, dietro e dentro ogni alunno in crisi, ci sono motivi socio-economici-culturali personali, ma anche, e, soprattutto, la negatività di un sistema scolastico che non regge più il passaggio al mondo del lavoro”.

Betapress “Cioè, la scuola non prepara più al lavoro?”

Mirra: “Sì, e le recenti analisi Censis, lo confermano. Esse denunciano un scarto, tra domanda e offerta di lavoro. Da un lato le imprese non trovano manodopera qualificata, dall’altro lato, una miriade di giovani non trovano lavoro, in quanto in possesso di competenze in uscita dal percorso scolastico non in linea con le richieste del mercato del lavoro”.

Betapress. “Che soluzioni potrebbero esserci?”

Mirra: “Una didattica laboratoriale, l’apprendimento in situazioni, imparare un mestiere, come un tempo avveniva nelle botteghe artigianali. Offrire conoscenze, ma soprattutto competenze. Il sapere pre-elaborato non basta più. Servono apprendimenti espliciti”.

Betapress: “E tutto questo, cosa c’entra con i libri digitali?”

Mirra: “Le case editrici, pur impegnate in un percorso di revisione metodologico-didattica dei libri di testo non hanno ancora recepito completamente il passaggio dell’apprendimento per discipline, all’apprendimento per competenze. E’ necessaria una tempestiva riorganizzazione dei contenuti disciplinari strumentali, per portare gli alunni all’acquisizione delle competenze stesse”.

Betapress: “E allora, cosa avete pensato, Lei ed i suoi docenti?”

Mirra. “ I docenti della mia scuola hanno collaborato attivamente alla stesura di nuovi testi, appunti digitali di quasi tutte le discipline. Praticamente, sulla base di queste premesse il Pavoncelli ha realizzato una propria collana di ebook, casa editrice Currenti Calamo, che è in adozione, per le prime classi, da quest’anno scolastico, 2018/19”

Betapress: “Le famiglie lo sanno?”

Mirra: “Proprio domani, lunedì 22 ottobre, alle ore 16.00, nell’auditorium Marianna Manfredi, si svolgerà la presentazione della collana editoriale, per illustrare alle famiglie la nostra importante iniziativa”.

Betapress: “Chi saranno i relatori?”

Mirra: “Eccellenti ed Illustri: Paola Adami, Dirigente Scolastico del F.lli Agosti di Bagnoregio (VT), capofila della rete I.T.A. SENZA FRONTIERE che parlerà delle buone pratiche: iniziativa editoriale per le scuole della Rete, e Corrado Faletti, Presidente del Gruppo editoriale C.C.Editore che illustrerà la formazione docente ed il Piano Nazionale Scuola Digitale. Interverranno, inoltre, Maria Aida Episcopo, Dirigente Ufficio V Ambito Territoriale di Foggia e Mario Trifiletti, Dirigente vicario dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia”

Betapress: “Cosa vorrebbe aggiungere per i nostri lettori?”

Mirra:” Dire alle famiglie che, le competenze, non si conseguono senza conoscenze. Che la Scuola, con la S maiuscola, deve favorire gli apprendimenti espliciti, cioè la teoria, fornendo allo studente un set di conoscenze specifiche sulle quali costruire gli apprendimenti impliciti, cioè il procedimento. Che il nostro obiettivo è lavorare sul metodo di studio, ma anche sull’autonomia personale e sociale. Che la costruzione di libri digitali permette di fornire ai giovani allievi un set di conoscenze dichiarative di base sulle quali sviluppare le conoscenze procedurali, sì da conseguire competenze specifiche certe e durevoli e rispondere alle sfide del mondo del lavoro”.

Betapress:” E ai suoi alunni?”

Mirra: “Che al passo coi tempi, in qualunque momento, da qualunque telefonino android, potranno consultare la versione digitale del loro libro”.

Betapress: “Niente più scuse per non studiare, allora…”

Mirra: “ Ed un vantaggio per lavorare…”

 

Antonella Ferrari




 CESARE MORENO, il maestro con i sandali

 

CESARE MORENO, il maestro con i sandali

Oggi sono entrata in classe con le ballerine, ma mi facevano male i piedi. Ci vorrebbero i sandali, ho pensato, anzi, dovrei metterli tutto l’anno…

E, all’improvviso, mi è venuto in mente Cesare Moreno, il maestro di strada, che, da quasi 20 anni, mette i sandali, per protesta, 365 giorni all’anno, indipendentemente da che tempo fa…

Cesare Moreno è un insegnante sui generis, che noi di betapress abbiamo avuto il piacere e l’onore d’intervistare.

Maestro dal 1983, “non avevo intenzione d’insegnare, sono stato forzato da mia madre, avevo già 38 anni”, Cesare Moreno, ci parla di una vocazione innata alla denuncia.

betapress: “Quando è arrivata la vocazione?”

“Subito! Già nei primi 10 anni di esperienza nelle scuole di periferia di Napoli, ho iniziato a qualificarmi come oppositore radicale. Hanno iniziato a chiamarmi nelle varie trasmissioni televisive, per il mio ruolo di denuncia dei problemi della scuola. Nel ’94, dopo un macht in televisione, l’allora Ministro D’Onofrio, mi ha chiamato ad occuparmi della dispersione scolastica. Non mi sono più fermato”.

Una continua lotta, un ruolo scomodo, “prestazioni non gradite”, così dice lui.

Nel ’98 è il fondatore, insieme con la moglie Carla Melazzini, anche lei insegnante e scomparsa nel 2009, del “Progetto Chance”.

Un’ iniziativa di capitale importanza sociale, volta alla neutralizzazione della dispersione scolastica nei quartieri più difficili della città di Napoli. Un’opera attiva, nata dalla sfida di salvare gli ultimi della scuola, quelli che ne abbandonano la frequenza. Un’opera realizzata grazie alla preziosa collaborazione di operatori, educatori, insegnanti, dirigenti, “genitori sociali”, psicologi e volontari, in grado di riportate nuovamente a scuola, tra i banchi, centinaia di ragazzi, considerati, a priori, da insegnanti tradizionali, come definitivamente “dispersi”.

Un successo di pubblico e di critica”, così lui ne parla.

Peccato che, nel 2009, siano stati chiusi i finanziamenti pubblici.

Mi hanno detto, se vuoi continua con i finanziamenti privati. Ed io non mollo”.

Ed è così che, da quel giorno, di quasi dieci anni fa, Moreno ha deciso di mettere i sandali, per protesta, contro le autorità.

Contro quelle autorità che mancavano alla parola data.

Cesare Moreno ha deciso che avrebbe camminato coi piedi nudi dentro sandali ordinari, con qualunque tempo.

Non ha mai smesso, perché le autorità sono davvero inadempienti, per definizione, e perché i suoi passi, di dignitoso mendicante, si fanno conoscere meglio di una bandiera, indipendentemente da chi c’è al governo.

Cesare Moreno è dunque diventato “il maestro con i sandali”.

Li ha messi, in segno di protesta, nel 2009, perché Chance aveva ricevuto i vestiti, (i fondi della Legge 285), ma le istituzioni non sempre terminano quello che hanno iniziato troppo spesso per ragioni di opportunismo, e come se dopo aver dato i vestiti non avessero dato le scarpe…

E continua a metterli, anche oggi, nel 2018,” perché lo Stato italiano si sta ritirando sempre più, dall’assistenza e dall’educazione […] Mi sento come un caporale, senza percentuale, che subappalta la manodopera educativa […] Continuo ad elemosinare spazi. Servono soldi, che lo Stato non ci dà. I miei maestri vengono trattati come dei privati, anche se offrono una funzione pubblica”.

E che funzione, diciamo noi!!!

L’associazione MAESTRI DI STRADA, di cui Cesare Moreno è Presidente, conta 40 persone, di età compresa tra i 20 e i 35 anni. Giovani, principalmente laureati in psicologia, ma anche in pedagogia e sociologia. Giovani addestrati dal MAESTRO, che dice di loro “mi sento di aver lasciato un’eredità”.

Giovani che maturano anni di pratica continua, nelle scuole.” Una nuova categoria professionale, a metà strada tra psicologi, sociologi, assistenti sociali e figure di supporto alla genitorialità”, così lui ne parla.

Attualmente, in servizio in 14 scuole, durante l’orario scolastico. Intervengono soprattutto nella fascia più a rischio dispersione, fine medie, inizio superiori.

Betapress: Come?

“In due modi. Primo, andando a lavorare sul gruppo classe, rinforzandolo. Secondo, rimotivando l’apprendimento, offrendo dei laboratori […] Lavoriamo per sviluppare delle buone relazioni, per essere responsabili, per rimotivare i ragazzi. Se un giovane non ha voglia di vivere, non apprende”.

E qui è il punto.

Alla nostra domanda su quali sono i problemi dei giovani del 2018, Cesare Moreno ci ha risposto: “I ragazzi d’oggi sono sempre più sbandati e demotivati. Rispetto al passato, è crescita la sfiducia dei giovani verso il mondo adulto. La dispersione scolastica odierna, non è più legata a fattori sociali o economici. La dispersione scolastica dei nostri giorni, rimanda alla sfiducia nella vita sociale”. Ritiro sociale, mancanza di buone relazioni, manifestazioni aggressive esagerate, emergono in tutto il mondo giovanile, non solo nei ceti più emarginati. “C’è in gioco una crisi di rapporto intergenerazionale. Tutto il mondo adulto si è giocato la sua credibilità”.

A proposito delle varie riforme della scuola, ci dice che “l’unica cosa veramente nuova, è l’alternanza scuola-lavoro, perché mette in discussione il sapere libresco. E non a caso, ha scatenato la ribellione dei maitre à penser… Il vero sapere nasce dallo sperimentarsi di un giovane nel mondo del lavoro, anche fare servizio in un Mac Donald’s può servire…”

Sui primi passi di questo nuovo governo, ci dice che “è uguale a tutti gli altri. Sbagliato nello stile e nello scopo. Non è un governo politico, ma di odio. Dal punto di vista educativo, invito i miei maestri a fare l’esatto contrario. Non slogan idioti, ma impegno sociale.”

Betapress: “Cosa farebbe se fosse Ministro della pubblica Istruzione?”

“Primo, per almeno un anno, sospenderei tutte le riforme, non se ne può più. Poi il mio impegno categorico, sarebbe curare il benessere dei docenti, sempre più sotto burnout. Mi crede che quando vado nelle scuole come formatore, mi sento un rianimatore scolastico ?!?. Investirei sul riconoscimento almeno morale, se non economico, della professione insegnante. Direi, in modo forte e chiaro, che i docenti devono essere consapevoli, che devono riflettere insieme, che devono confrontarsi su ciò che osservano. Gli insegnanti che trasmettono il sapere non servono più. Servono quelli che riflettono. Solo così sono docenti impegnati. La professione degli insegnanti è una professione riflessiva. Senza attività riflessiva sul proprio ruolo, gli insegnanti stanno male.”

A volte, quando i suoi maestri vanno in classe, gli insegnanti curricolari, escono, per tirare il fiato, perché non ce la fanno più, perché le aule sono diventate un campo di battaglia.

“Gli insegnanti hanno bisogno di aiuto, di solidarietà, non di omertà. Di fronte al loro disagio, bisogna intervenire, in modo deciso. Ma non con il BONUS premiale, un crimine pedagogico, incentivo al lavoro privato, ma facendo l’esatto contrario, aiutando e motivando i docenti a lavorare in sinergia, perché solo i docenti, possono aiutare i docenti…”.

Betapress: “Momenti di sconforto?”

“Ogni giorno, quando vedo genitori che azzoppano i loro figli, insegnanti che si scontrano, autorità politiche che predicano odio e praticano violenza…Ma, mantengo fermo il principio della resistenza, credo nell’educazione oltre le miserie […] Ogni mercoledì, io e i miei maestri, ci incontriamo per leccarci le ferite, con però la serenità d’ animo di chi non molla, con il sorriso di chi non ha perso la speranza, perché la vita è testimonianza…”.

Grazie, MAESTRO.

E, a proposito di testimonianza…

Cesare Moreno è maestro elementare dal 1983, ma la sua storia è un’escalation di impegno sociale.

Dal 1994 al 1996, in qualità di consulente del Ministero della Pubblica Istruzione, ha varato a Napoli il Piano Provinciale di lotta alla dispersione “Qualità della scuola e successo formativo”.

È stato tra i fondatori del progetto Chance, recupero dei dispersi della scuola media, e suo coordinatore dal 1998 alla chiusura avvenuta nel 2009.

Dal 1998 al 2001 è stato nel gruppo di lavoro ministeriale Progetto SPORA che ha coordinato la sperimentazione di alcune decine di progetti riguardanti il recupero e la prevenzione della dispersione nelle zone a rischio dell’intero territorio nazionale.
Nel 2001 è stato membro della Commissione Nazionale per il riordino dei cicli scolastici e nel 2002 del Gruppo di Lavoro tecnico Scientifico per la formazione in tema di dispersione scolastica.

Il 2 giugno 2001 gli è stato conferito il titolo di Cavaliere della Repubblica per le sue attività in merito al recupero degli adolescenti in situazioni difficili.

Da giugno 2001 alla fine della legislatura è stato membro della Commissione Nazionale per il riordino dei cicli.

Nel 2002 il Direttore Generale del MIUR per la formazione e l’aggiornamento lo ha nominato membro del Gruppo di Lavoro tecnico Scientifico per la formazione in tema di dispersione scolastica.

A dicembre 2005 diventa responsabile scientifico del Progetto G-BUS, giovani per il benessere e l’utilità sociale, fattoria viaggiante per la promozione delle professionalità giovanili e la cittadinanza.

Ad aprile 2006 diventa Presidente della Associazione Maestri di Strada ONLUS, a settembre dello stesso anno riceve la targa del Ministero Della Pubblica Istruzione per i meriti nel campo del recupero degli adolescenti e della formazione degli operatori.

Il progetto G-BUS promosso da Maestri di Strada riceve nel 2008 il Premio nazionale “La Città dei Cittadini” per la sezione associazioni. Il premio, che ha ricevuto l’Adesione del Presidente della Repubblica, è ideato dal laboratorio “La città dei cittadini” dell’istituzione “Casalecchio delle culture”.

Ha ideato e coordinato le giornate di studio “Saperi di strada e cittadinanza dei giovani – Trame di pensiero e strutture per la promozione di nuove alleanze educative”, con la partecipazione di studiosi di otto università italiane, nel luglio 2010.

Dal 2010 progetta e coordina il progetto E-VAI (Educazione, Volontà, Accoglienza, Integrazione) per la prevenzione della dispersione scolastica nella periferia orientale di Napoli, con un finanziamento della Fondazione San Zeno di Verona.

Ha pubblicato in riviste specializzate e volumi numerosi contributi per la definizione di metodologie educative. Ha curato l’edizione del volume postumo di Carla Melazzini “Insegnare al principe di Danimarca”, premiato poi nel 2011 con il Premio Siani.

Nell’aprile 2008 ha tenuto un Corso all’Università Internazionale dell’Andalusia nell’ambito del master di “Experto universitario Intervención socio educativa en ámbitos desfavorecidos”.
Nel 2009 nell’ambito del Festival dei Saperi promosso da EDA-Forum ha ricevuto, per il progetto Chance, una targa come buona prassi nella formazione continua degli adulti.

Il 3 e 4 luglio 2012 ha coordinato, con la professoressa Santa Parrello, le giornate di studio “La Mappa e il Territorio – Ripensare l’educazione tra strada e scuola” a cui hanno partecipato importanti studiosi dall’Italia e dall’estero.

Proprio l’anno scorso, ha ricevuto un ennesimo premio, quello della Fondazione premio Napoli.

Per la prima volta il riconoscimento, che va ogni anno ad autori di narrativa, saggistica e poesia, è stato assegnato a lui, il “maestro coi sandali” per “la cultura”, che non è una categoria né un genere letterario, ma un modo di stare al mondo insieme agli altri.

Maestri di Strada, l’Associazione che ha fondato, e di cui è Presidente, affronta infatti i fenomeni sociali di emarginazione, nelle loro dimensioni psichiche e personali, oltre che culturali ed economiche.

Lavorando sulla “emarginazione interiore”, dà voce al nucleo delle difficoltà dei giovani ad impiegare le proprie risorse per crescere.

Il fenomeno della dispersione scolastica si inserisce in un più vasto fenomeno di dispersione delle risorse dei giovani.

L’abbandono scolastico è solo la punta di un iceberg, segno e simbolo di un ben più diffuso fenomeno di difficoltà educativa, di crisi di relazione tra giovani generazioni e mondo adulto.

Tra i giovani, il disagio esistenziale acuto, è ormai un fenomeno che oltrepassa i limiti delle classi sociali. Il disagio dei giovani è un anticipo del “normale” disagio della nostra civiltà, sempre più alienata.

I fenomeni di disagio a scuola, sono sintomo di un malessere più generale, che riguarda la crisi dei ruoli adulti.

Gli adulti dovrebbero regolare e contenere i giovani, con le necessarie oscillazioni connesse alla crescita.

Le figure adulte dovrebbero rappresentare i garanti sociali e psichici dell’apprendimento, ma sembrano essersi ritirate da questo ruolo, assumendo a loro volta comportamenti immaturi e di poca responsabilità.

Il mandato sociale della scuola, è diventato un mandato paradossale.

Da un lato, abbiamo una scuola incentrata sulle discipline, dall’altro lato, la richiesta è di una scuola incentrata sulla formazione umana e professionale. Da un lato si vuole alimentare la competizione sociale, d’altro canto non si vorrebbero vittime nella cosiddetta corsa al successo.

Ne consegue per la scuola, per gli educatori e per i docenti un mandato paradossale che richiede formazione umana e professionale seria e regolata, ma alimenta in ogni modo la poca responsabilità, la sostituzione delle merci alle relazioni, la competizione invidiosa piuttosto che la cooperazione.

Il diritto alla scuola non può essere un diritto formale, ma un diritto esigibile, esiste solo se si realizza praticamente: la frequenza scolastica deve essere garantita attraverso opportune strategie che favoriscono la partecipazione anche di quelli poco motivati e che vivono forti disagi.

Contro la dispersione scolastica l’unica strada è andare là dove i giovani stanno con la mente e con il cuore, assumere il loro disagio esistenziale e sociale come l’unica materia prima con cui edificare il proprio progetto di vita.

Maestri di Strada significa questo.

 

Antonella Ferrari




A me la mano, please…

Se lo Stato fosse un mago, magari, mi farei leggere, nel palmo della mano, il mio futuro da insegnante. Pensione sì? Pensione no? Ma ne avrei di cose da chiedergli, oltre la storia della pensione… Per ora mi sa, che, a breve, la mia mano servirà, allo Stato, per prendermi le impronte digitali.

Ebbene sì, proprio in questi giorni di inizio scuola, è stato approvato il disegno di legge soprannominato “concretezza” del ministro Bongiorno in cui è previsto lo sblocco del turnover, ma anche la sorveglianza ed i controlli biometrici sul rispetto dell’orario di lavoro.  A Roma, il 12 settembre scorso, al termine del Consiglio dei ministri, che ha dato via libera al provvedimento, il ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, ha presentato il disegno di legge “per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”. E nell’ambito della lotta ai furbi del cartellino, tanto abili a timbrare quello del collega assenteista, tanto una mano lava l’altra, si sa, oggi tu lo timbri a me, domani lo timbro io a te…Dicevo, nell’ambito della lotta all’assenteismo, è scesa, come una spada di Damocle, la storia delle impronte digitali.

Non scherza mica la Bongiorno!

Lotta dura ai “furbetti” della Pubblica Amministrazione, un “Nucleo della concretezza” per individuarli, ma anche un piano di ricambio generazionale per rinnovarla. Come? Con assunzioni che «puntano sulla professionalità», attraverso lo sblocco del turnover (per ogni dipendente che esce un altro ne entra).

Ecco infatti il disegno di legge contro l’assenteismo e per la semplificazione del ministero della Pubblica amministrazione voluto dalla leghista, Giulia Bongiorno.

Un provvedimento che nasce dall’esigenza di semplificare le procedure della P.A. nell’epoca del digitale.

Un provvedimento chiamato appunto concretezza per non restare l’ennesima riforma epocale, ma che vuole rimettere in moto, in tempi brevi, la P.A.

La Bongiorno stessa ha ammesso che, di semplificazione si parla da anni, vedi storia della carta d’identità elettronica, ma stavolta, sembra che si faccia sul serio.

Mercoledì scorso, in Consiglio dei ministri, è stato approvato il disegno di legge che prevede anche la misura dell’utilizzo delle impronte digitali per riconoscere un dipendente ed evitare che attesti la presenza di colleghi virtuali. «Non si tratta di un provvedimento punitivo», ha assicurato il ministro in conferenza stampa.

Ma la reazione dei sindacati non si è fatta attendere. La Flc e la Cgil hanno subito parlato di controlli polizieschi,  di violazione della privacy e di difficile attuazione per i costi. Ma tanto si sa già, sono i primi, i sindacati, che necessitano di un controllo a tappeto…

La novità del provvedimento sta nel fatto che saranno perseguiti anche i «capi». Starà al «Nucleo della concretezza», composto da 53 esperti, che agirà con l’Ispettorato, scovare e segnalare inefficienze e disfunzioni. Spiega il ministro: «È difficile obbligare all’efficienza in astratto. Ma ci sono una serie di norme disapplicate.

Un esempio? L’autocertificazione non viene sempre accettata. Il “Nucleo della concretezza” segnalerà queste norme, i dirigenti avranno un tempo per applicarle. Se non lo faranno scatteranno per loro responsabilità precise e l’iscrizione dell’amministrazione in una “black list”».

L’altro pilastro del disegno di legge è l’accelerata sulle assunzioni. «Non un’infornata», ma «un bel ricambio generazionale di qualità con giovani che abbiano le professionalità mancanti. Da quelle a sostegno della digitalizzazione, al personale della giustizia (cancellieri e assistenti giudiziari). Dagli specialisti nell’utilizzo dei fondi europei agli ingegneri esperti in controllo di gestione, al personale tecnico», sottolinea. «L’anno scorso — rimarca — c’è stato il blocco del 25% del turn-over. Noi lo togliamo e prevediamo procedure semplificate.

Una sorta di liberalizzazione delle assunzioni». Da subito verrà dato il via libera all’80% delle assunzioni previste, considerando i pensionamenti. Mutuando il sistema della Scia, che in edilizia consente di iniziare i lavori e fare controlli successivi, ci saranno assunzioni «tramite apposite procedure concorsuali indette in deroga alla normativa vigente in materia di mobilità e senza la necessità della preventiva autorizzazione».

L’idea di abbreviare i tempi per sostituire le risorse, di non aspettare la conclusione dei complicati meccanismi previsti per le assunzioni, anticipandole rispetto ai controlli, è di sicuro vincente. Anche se, il fatto che “le verifiche verranno fatte a valle”, come dice il ministro, mi spaventa un po’.

Resta da capire come la norma verrà attuata, se ci saranno degli appositi concorsi, o se i precari storici in possesso delle competenze richieste avranno una corsia preferenziale. Più che altro se, come spesso succede in Italia, anche stavolta “fatta la legge, trovato l’inganno”.

Se, stavolta i furbetti non saranno degli altri, magari gli amanti della raccomandazione o dell’autocertificazione…

 

Antonella Ferrari




Pittoni Mario, l’esperienza al servizio dello Stato.

Mario Pittoni, conta più la forma o la sostanza?

 

Sembra il gioco delle tre carte…Prendi la carta, togli la carta…
Togli un ministro, mettine un altro…Buona scuola sì, buona scuola no…
Betapress è contro l’uso strumentale delle notizie, ed in questo caso è ancora più vile considerando la qualità dell’uomo.
La Fedeli senza il diploma e senza la laurea (quindi anche lei con poco più della terza media), il senatore con la terza media (e dove sarebbe il problema?)…
Ma basta!
Nel gioco al massacro mediatico, c’è spazio per tutti. Avanti il prossimo, basta scavare!
Qualcosa per infangare una persona e rovinare la sua immagine pubblica, lo si trova sempre!!!
Anche perché basta scrivere una parte di una avvenimento e non tutto quanto ed il gioco è fatto!!!
è abitudine infatti che quando non si riesce a distruggere professionalmente una persona la si attacca sul lato personale!
Il Senatore Pittoni ha la terza media, ma la giornalista aggiunge “si difende il senatore”, implicitamente addebitandogli una colpa che non ha!!
Anzi, Lui con la terza media ha fatto molto di più di gente con master e dottorati, occorrerebbe guardare i fatti!
Io ne ho le palle piene, e penso di essere in buona compagnia di quei milioni di Italiani che non si riconoscono più in questa parziale informazione da osteria.
Altro che libertà di stampa, qui siamo all’anarchia mediatica!!!
Comunque, torniamo a noi. Anzi, alla scuola.
Chi scrive non ha la tessera di un partito e non versa una quota sindacale, perché ha perso sul campo la fiducia nelle istituzioni e nella rappresentanza sindacale.
Però, chi scrive è figlia d’insegnanti, madre di studenti e professoressa da trentanni.
Bene, la famosa terza media del Senatore Pittoni, mi avanza e mi rimbalza.
Non mi serve sapere se nel 1965, quando sono nata io, ha ottenuto solo la licenza di terza media.
Primo, perché sfido chiunque è addetto ai lavori a confrontare i contenuti ed i programmi di quegli anni con quelli odierni, erano molto più profondi, seri e completi.
Secondo, perché gli anni della contestazione studentesca, Pittoni, li ha vissuti in prima persona.
E sa bene quanto assurdo dogmatismo accademico ci fosse da eliminare, nella prospettiva di una scuola pubblica, per tutti, nel vero senso della parola.
Terzo, perché, come figlio d’insegnanti e fratello di professore, Pittoni è nato, cresciuto, svezzato alla vita in un HUMUS culturale di tutto rispetto.
Quarto, perché anche per chi, come me, ha 15 anni in meno, il curriculum vitae si compilava a penna e non era ancora prevista l’analisi grafologica della scrittura del candidato!!!
Quinto, e qui viene il bello, MARIO PITTONI, con la sua terza media, grazie alla sua terza media, nonostante non abbia un diploma (per fortuna, dico io ), dice e propone delle cose estremamente valide per il mondo della scuola.
Gli mancano le conoscenze del percorso liceo/università? E chi se ne frega, ha quelle dell’esperienza e del lavoro svolto in questi anni (cosa che il precedente ministro non aveva per nulla, in particolare sulla scuola)!
Di competenze ne ha fino a mai!
E questo lo dicono i fatti, cioè quello che lui ha realizzato e quello che oggi propone.
Stop alla chiamata diretta dei presidi? Giusto e bene.
E’ ora di finirla con il carosello delle chiamate dirette dei presidi, supplenti che vanno e vengono per la scuola come se fossero in un hotel!! Per garantire serietà nell’attribuzione di una nomina ed un briciolo di meritocrazia, sono molto più sicure le care vecchie graduatorie degli Uffici scolastici regionali o provinciali.
Unificazione del ciclo di studi della scuola primaria e secondaria di primo grado? Praticamente, elementari e medie riunite insieme?
Si può fare, e non è tanto lontano dalla continuità didattica praticata già tra maestre e professori nella scuola dei nostri giorni.
Tanto sappiamo benissimo quanto sia importante passarsi le informazioni e lavorare con una didattica personalizzata che trascende gli ordini di scuola.
Figura di un professore prevalente? Che sia la volta buona!
E’ ora di finirla con il cancan degli insegnanti curricolari, di sostegno, di potenziamento, quando servono specialisti come mediatori culturali, psicologi ed assistenti sociali. Nella scuola di adesso, ci sono un sacco di professori che devono fare di tutto e di più, tranne che insegnare.
Concorsi regionali e docenti allineati con il territorio?
EWWIWA!!! Forse, qualcuno l’ha capita!
E’ ora di piantarla con il carosello dei prof che, in cerca di lavoro, s’iscrivono nelle graduatorie di altre regioni, vengono nominati, prendono servizio, si mettono in malattia, spariscono, non si mettono in malattia, soffrono di burnout perché fanno una vita d’inferno, lontano da casa e da famiglia…
E’ questa la continuità didattica?
E’ questa l’attenzione alla persona, docente o studente che esso sia, che uno stato sociale riserva ai suoi cittadini?!?
Ripristino del valore sociale delle bocciature? Sìììììì!
Ma almeno, finalmente, si potesse ragionare sul valore della bocciatura! Nella scuola dei nostri giorni è fatto DIVIETO BOCCIARE.
Pena la persecuzione genitoriale e l’ostracismo collegiale. Se un prof propone la bocciatura, viene tacciato come lo sfigato di turno che non sa tenere la classe, e fuori scuola, lo aspettano i genitori per dargli una bella lezione!
Se poi sopravvivi alle botte, ti trasferiscono d’ufficio per il tuo bene, mentre l’alunno violento e la famiglia compiacente restano al loro posto!
Abolizione delle classi pollaio? Pienamente d’accordo.
Lasciamo stare le norme di sicurezza, provate voi a stare in una classe di quasi 30 alunni con oltretutto due o tre o quattro galli, o meglio, capi branco!
Intensificare le ore di ginnastica? Benissimo, così finalmente applichiamo la regola di MENS SANA IN CORPORE SANO, tanta cara agli antichi.

 

A proposito, Seneca, Eraclito, Sofocle, Platone erano laureati?

Antonella Ferrari

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

e giusto per dimostrare che un pezzo di carta non fa un uomo:

 

Bill Gates, Enrico Mentana, Piero Angela, Coco Chanel, Henry Ford, Simon Cowell, Mary Kay Ash, Richard Branson, Barry Diller, Debbie Fields, Steve Jobs, Milton Hershey, Rachel Ray, Ty Warner, Frank LLoyd Wright, Ralph Lauren, Jim Carrey, Philip Green, James Cameron, Ingvar Kamprad, Roberto Begnini, Dario Fo, Eugenio Montale, Michael Dell, Mark Zuckerberg, David Karp, Walt Disney, Richard Grasso, Johnny Depp, Drew Barrimore, Hilary Swank, Leonardo di Caprio, Nicole Kidman, Michelle Hunziker, Alan Sugar, John Caldwell,  Albert Frere…

 

Chiedetevi questi personaggi che pezzo di carta hanno e fate le vostre riflessioni!

 

 

 

CI PREGIAMO PUBBLICARE UNA NOTA DEL SENATORE MARIO PITTONI CHE RIPORTIAMO INTEGRALMENTE E CHE CONDIVIDIAMO IN PIENO (N.d.R.)

Non ho mai smesso di studiare. E’ una passione. I “polverosi libri” sono un’invenzione della giornalista. Non a caso, dopo quasi undici anni che praticamente vivo al ministero dell’Istruzione, mi viene riconosciuto di conoscere la macchina ministeriale come pochi. La mia attività risulta essere più che apprezzata dagli addetti ai lavori. Non ultimo il disegno di legge per l’abolizione della chiamata diretta, che la settimana scorsa ha raccolto giudizi decisamente lusinghieri della stampa specializzata. Forse è questo che rode al Pd! Con mamma e fratello insegnanti, sono praticamente cresciuto a pane e scuola, e i miei cinque anni di medie superiori li ho fatti, anche se in due scuole diverse. La sfida sul diploma è legata al periodo, che era di contestazione globale. Ridicolo da parte de “L’Espresso” presentare come curriculum una noticina buttata lì in 3 minuti su richiesta dell’impiegata comunale.

Sen. Mario Pittoni

 

Scheda Sen. MARIO PITTONI, presidente Commissione Cultura del Senato

In Senato già nella XVI legislatura, Mario Pittoni si è distinto per il 99,66% di presenze ai lavori (primo assoluto tra i parlamentari del Carroccio di Camera e Senato) e per i risultati. Portano principalmente la sua firma l’avvio della conversione della cosiddetta spesa “storica” per l’Università in “virtuosa” (a regime, il fondo sarà assegnato con criteri per il 70% oggettivi – costi standard – e per il 30% premiali) e, per la scuola, il progetto di riforma dei meccanismi di reclutamento dei docenti su base regionale salvaguardando la libertà di scelta. Pittoni in Parlamento è stato capogruppo in commissione Cultura occupandosi di istruzione, ricerca e beni culturali, coprendo lo stesso incarico anche per le Politiche dell’Unione Europea e nella commissione straordinaria Controllo dei prezzi e della trasparenza dei mercati.

E’ stato pure membro della Commissione di Vigilanza Rai e del Gruppo di collaborazione Senato-Unesco. Attualmente, oltre che presidente della commissione Cultura del Senato, è responsabile federale Istruzione del Carroccio e presidente della Lega FVG.

 

https://betapress.it/index.php/2018/06/21/mario-pittoni-presidente-della-commissione-istruzione-al-senato/




Insieme per Aiutare, una sessione di coaching per aiutare chi è vittima della violenza.

Accademia Summit Festival è il titolo dell’incredibile evento svoltosi a Milano, lo scorso weekend, presso l’hotel Michelangelo.
Undici speakers di prestigio nazionale ed internazionale, si sono alternati sul palco, interagendo con il pubblico, per uno stimolante ed appassionato confronto dialogico sulla formazione professionale e sulla motivazione personale.
Hanno lavorato completamente GRATIS.
Sì, avete capito bene! COMPLETAMENTE GRATIS.
Contagiati dall’impegno sociale della madrina dell’evento, PAOLA GRASSI, i migliori specialisti dell’Accademia Italiana di Coaching integrato, hanno concretamente dedicato il loro tempo, e condiviso la loro professionalità, per migliorare la qualità della vita delle persone.
Soprattutto, degli anelli deboli di una società malata, dove una donna su tre, ha subito o subirà violenza.
Accademia Summit Festival è stata un’esperienza unica!
Noi di betapress, c’eravamo, ed abbiamo verificato, di persona, quanta calorosa umanità, competente professionalità e generosa umiltà hanno creato una sinergia tra i fortunati partecipanti.
Pensato come evento annuale di crescita e ben-essere, con temi diversi ogni anno, il summit si è qualificato come EVENTO NO-PROFIT, per aiutare, concretamente, il miglioramento della vita degli altri.
Il ricavato è stato infatti, interamente devoluto, per finanziare progetti e associazioni in linea con il tema scelto quest’anno, INSIEME PER DIRE STOP ALLA VIOLENZA.
Le due associazioni finanziate sono state Me.dea, un’associazione di promozione sociale di contrasto alla violenza sulle donne, ( Lo scopo principale di Me.dea è la rimozione di ogni forma di violenza psicologica, fisica, sessuale, economica e stalking alle donne, all’interno e fuori dalla famiglia), e l’Associazione White Dove Progetto Educazione che si occupa invece dei temi della paternità e del recupero del soggetto violento maschile.
Perché, vincere la violenza sulla donna, significa anche prevenire, riconoscere e gestire il disagio di quell’uomo su tre che, la violenza, la agisce.
PAOLA GRASSI, organizzatrice dell’evento, ha aperto i lavori, sabato 8 mattina, ringraziando tutti i partecipanti, numerosi e provenienti da tutta Italia, per il loro essere sostenitori diretti ed indiretti del benessere personale e collettivo.
La parola è subito passata a WALTER J. KLINKON che con il suo “Impara a stupire”, ha svelato il segreto della magia come stile di vita.
Il credere in sé stessi effettua infatti uno stupore gravitazionale sulle persone che ci circondano, una sorta di alone magico che attira adesione e partecipazione.
“Basta crederci, ma fate qualcosa entro stasera”, dunque sogno agito, subito.
CHIARA CECUTTI ha invece parlato dell’intelligenza emotiva e del potere femminile.
Per potenziare la nostra autostima, per elaborare le convinzioni limitanti che abbiamo ereditato, per superare gli stereotipi di genere presenti nella nostra cultura, ma anche per uscire dalla nostra zona confort, per agire senza più rimandare, abbiamo a disposizione l’intelligenza emotiva.
Una capacità fondamentale su cui puntare per favorire l’auto realizzazione, il benessere personale e professionale, una strategia di forza al femminile Inizio modulo, da conoscere ed incrementare ogni giorno della nostra vita.” Lanciarsi con un paracadute nella vita che da sempre vorresti, inseguire i sogni, ma con la testa”, il suo invito.
BARBARA SUIGO ha viceversa trattato il tema autobiografico del potere terapeutico delle parole per guarire: “Avevo venticinque anni quando ho fatto un lungo viaggio di malattia, quando i libri di auto- aiuto erano una chimera o, forse, nemmeno esistevano. Ho scoperto, grazie a questa incredibile esperienza, che esiste una “scatola degli attrezzi” che sta dentro ognuno di noi […] E può fare cose che nemmeno si immagina.”
Le sfide ti rendono una persona meravigliosa. Risvegliatasi dal coma, in preda a dolori devastanti, ha accettato quanto successo, visto l’opportunità anziché il problema, applicato il perdono verso il suo investitore…
Noi siamo ciò che pensiamo. E fissare una data di scadenza alla sofferenza, aiuta a guarire. Lei ne è una prova tangibile.
SIMONA MURATORI ha spostato invece l’attenzione del pubblico sulle tre fasi della vita della donna: la fanciulla, la madre, la saggia.
Ogni età è caratterizzata da cambiamenti fisici, ormonali e psicologici, ma anche ogni età ha le sue risorse.
Occorre dunque trovare il proprio equilibrio interiore per risvegliare le potenzialità di ogni fase evolutiva, liberandoci da condizionamenti esterni ed interni limitanti.” Il nostro successo non toglie niente a nessuno” e, da madre arcobaleno, insegna la felicità a suo figlio, vivendola in prima persona.
ESTER PATICIA CERESA con il suo “Magnetismo femminile e principio bipolare universale” ha poi trascinato il pubblico alle origini della dualità. Il suo intervento è stato un’esplorazione tra tradizioni e discipline sia antiche che moderne alla ricerca della simbologia del femminino.
La nostra personalità è un tentativo di organizzare il caos che sentiamo dentro e fuori di noi. E la vita è “un tour de FORSE”, perché tutto quello che pensiamo di essere, non siamo.
C’è molto di più!
ELISA SCAGNETTI con il suo “Indossa il tuo obiettivo” ha infine spostato l’attenzione dei presenti sul Feng Shui Fashion Styling che si occupa di comprendere e analizzare il rapporto tra l’uomo e ciò che indossa e intervenire su di esso allo scopo di accrescere il benessere psicofisico dell’individuo.
L’uomo è influenzato e influenzabile da ciò che lo circonda, quindi anche dai suoi abiti. L’influenza che ne deriva non dipende dal gusto personale o dal giudizio estetico, bensì dalla reazione istintiva che ha il nostro inconscio.
Quello che si indossa va a lavorare in modo “sottile” e impercettibile sul nostro inconscio influenzando il nostro stato d’animo.
E’ quindi importante vestire capi che risuonino con chi siamo e con ciò che desideriamo realizzare.
Dulcis in fundo, al termine del primo giorno, 20 presenti hanno partecipato a dei laboratori gratuiti di approfondimento, in cui hanno subito messo in pratica le nuove capacità acquisite, sperimentando il vantaggio delle nuove competenze attivate.
Domenica 9, invece, l’evento si è aperto con l’intervento di VINCENZO D’AMATO con il suo “Leve che muovono il mondo, la motivazione”.
Le leve motivazionali sono come un iceberg. I risultati sono il 10% visibile, ma il 90% è nascosto.
Quello che non si vede, ma agisce come vera motivazione sempre più profonda, è rappresentato da comportamenti, stati d’animo, mappe mentali, credenze e valori.
Per chiunque di noi, se il valore viene modificato, con scelte personali o professionali non in linea con esso, il risultato è devastante. In tal senso, la scelta del partner può essere un disturbo o un biturbo, secondo lo scontro o l’incontro dei valori.
Freud e la teoria pulsionale sono stati necessari per spiegare al pubblico che esiste una stessa pulsione, ma con diverse emozioni, nei due sessi.
Molto interessante è stata poi l’analisi del sistema sesso/desiderio, e la differenza tra l’empatia e la compassione come motivazione alla base del nostro agire verso gli altri.
MAX GENTILE ha invece affrontato il tema della “Comunicazione consapevole”.
Parafrasando il titolo del suo libro, ha invitato i presenti ad essere LIBERI DI RINASCERE FELICEMENTE.” Se non sei Libero Emozionalmente è perché non sai Realmente Chi sei e qual è la Direzione della Tua Vita.”.
Partendo da queste parole, durante l’intervento, Max Gentile ha aiutato il pubblico a capire quali forze interiori ci permettono di raggiungere i desideri nella vita, che cosa blocca i nostri talenti, che cosa non ci permette di liberarci dallo stress.
Ogni cambiamento può essere affrontato in tre modi. Subito, cavalcato, anticipato.
Sta a noi scegliere, sapendo che” non è il passato che genera il futuro, ma è l’idea che ho del mio futuro che genera il presente.” Perché non riesci a smettere di dare da mangiare alle tue paure?” è forse la frase più provocatoria che mi è rimasta in mente. Seguendo il suo intervento, si arriva anche alla chiara consapevolezza dei condizionamenti che ci hanno bloccato fino ad ora, rubandoci energia senza che ce ne accorgessimo.
Pian piano, ascoltando Max Gentile, si esce dalla gabbia, scoprendo parte delle menzogne che la maggior parte delle persone ci hanno raccontato su come funzioniamo. “Conoscerai e potrai utilizzare anche tu l‘ingrediente magico che bambini ed imprenditori di successo usano per ottenere ciò che vogliono”, da promessa iniziale è diventata così consapevolezza finale.
NATASCIA PANE, ha poi proseguito con il suo intervento su come gestire al meglio ogni conflitto.
Nella vita privata come nella professione, il conflitto nasce da un bisogno insoddisfatto di una o di entrambe le parti. Conoscere le strategie di comunicazione non violenta, può avere ricadute positive, non solo sull’ambiente di lavoro, sulla gestione delle performance e conseguentemente sul raggiungimento dei risultati, ma, soprattutto, sulla qualità della vita.
Natascia ha portato la sua esperienza di Ambasciatrice di Pace, ed ha regalato al pubblico dei “protocolli” o azioni virtuose per vincere i conflitti. “ Nella relazione con l’altro, identifica il tuo bisogno, assicurati che la tua richiesta non venga interpretata come una pretesa, ama i tuoi errori perché sono dolori che portano alla saggezza e dai empatia a chi non è d’accordo con te, così che si senta al sicuro”.
Questi sono i suoi preziosi consigli per la gestione e la cura dei rapporti lavorativi e personali. Il suo intervento ha contagiato il pubblico, trascinandolo in una dimensione quanto mai sfidante, quella della trasformazione della violenza in un atto di pace, una dimensione sempre pronta al dono e all’accoglienza.
Al pomeriggio, MARCO VALERIO RICCI con “Oltre la PNL ed il COACHING” ha sottolineato il ruolo della Motivazione Scientifica come strumento per cambiare noi stessi e gli altri.
“La più importante innovazione nel campo della comprensione della nostra personalità, ci offre, oggi, l’opportunità di comprendere noi stessi e le nostre spinte motivazionali.
Lo scopo è accettarci nel profondo, conoscere gli altri con facilità e precisione, non per dominarli, ma per poterli successivamente aiutare, semplicemente, ad essere il meglio di loro stessi”.
La Motivazione Scientifica può dunque aiutare gli operatori del cambiamento e noi stessi nel vivere una vita più felice e di successo.” Conoscere le radici per spiccare il volo”, ma anche non creare il mito del maestro, cioè “superare i maestri, non adorarli”, è quello che più mi ha colpito del suo intervento.
E’ stata poi la volta di ANGELA SANTI con “Come realizzarti nella vita godendoti il viaggio”.
Partendo dalla metafora del viaggio della vita, la nota coach ha affermato che” tutti noi abbiamo il potere di decidere SE realizzarci professionalmente e nella vita privata e di compiere i passi necessari per farlo.
Non esserne consapevoli, o non avvalercene, significa delegare ad altri (o al fato!) il nostro potere e le scelte che hanno conseguenze sulla nostra vita e la nostra felicità. Parlando dell’autorealizzazione come viaggio esistenziale, ha ribadito che la visione è la direzione.” Focalizza la vita che veramente vuoi vivere, esprimiti in forma assertiva, gestisci il tuo tempo, aggiorna le tue competenze, crea nuove abitudini ed espandi la rete dei contatti, lavora sull’approccio mentale vincente”, i suoi consigli.
L’ingrediente segreto è la scelta.
“Dovrai decidere di partire. Il mezzo con cui effettuare il viaggio – e possibilmente godertelo – è la leadership personale, che è composta da quattro dimensioni.
Ogni dimensione è una ruota.
Se tutte le ruote sono gonfie, il tuo viaggio sarà confortevole e potrai raggiungere la tua meta con facilità.
Se invece anche solo una delle ruote è sgonfia, arrivare alla meta, sarà molto difficile e faticoso o forse non ci arriverai mai, o ci arriverai a caro prezzo…
”Dunque, un’azione costante, coerente con i propri valori , focalizzata ( gli ostacoli sono cose spaventose che vedi quando togli gli occhi dalla meta) sono le armi per il successo. E la sua quinta vita lo conferma!…
Infine, SIMONA MURATORI e MAX GENTILE, hanno duettato in un affascinante confronto- scontro tra il modo di ragionare femminile e quello maschile, comprovando al pubblico, stregato e divertito, il conflitto tra il cervello di una donna e quello di un uomo. L’uomo ha una visione focalizzata, la donna panoramica.
Nel cervello maschile i neuroni si distribuiscono in filiere, processano le informazioni in modo analitico. Nel cervello femminile, i neuroni creano un ammasso, le connessioni collegano i due emisferi e più aree contemporaneamente.
L’uomo o parla, o vive emozioni.
La donna, più parla, più vive emozioni.
La decisione è maschile, il perdono è femminile, la rigidità è dell’uomo, la flessibilità è della donna. Un partecipante ha partorito una verità” la vita di coppia è come una scacchiera, il Re si muove di una sola casella, la regina, va dove c…o gli pare”.
Ma oltre le risate, terapia di gruppo collettiva, i due relatori, ci hanno insegnato cosa davvero vogliono gli uomini e le donne. I primi, sentirsi necessari, accettati, valorizzati, non criticati.
Le seconde, sentirsi comprese, accolte, ascoltate, assistite con sollecitudine, non consigliate. Per gestire lo stress, l’uomo ha bisogno di silenzio, la donna di parole.
In un litigio l’uomo sbotta, ma poi gli passa. La donna piange e poi rimugina. L’ uomo non vuole essere cambiato. La donna si aspetta di essere capita.
Per usare una metafora l’uomo segue il movimento di un elastico.
La donna di un’onda…. Ma che alchimia quando ciascuno di noi riconosce che il suo cervello non è solo maschile o femminile! Che meraviglia quando la valorizzazione reciproca semplifica la vita di coppia, quando si agisce concretamente per andare incontro all’altro…
Che dire? Sono rimasta piacevolmente sorpresa, sinceramente coinvolta ed infine entusiasta, oltre ogni previsione.
Perché, nei fatti, i buoni propositi di STOP ALLA VIOLENZA, si sono convertiti in un AMORE AGITO, in un reale CONDIVISIONE UMANA, senza più stereotipi culturali o conflitti di genere.
Perché, “se dal dire al fare, c’è di mezzo il mare…”, non è sempre così.
Quando la motivazione ti viene dall’interno, la tua vita fa la differenza, ed il futuro che vorresti è già qui.
Nell’energia di una calorosa umanità impegnata, quella che ciascuno dei partecipanti ha portato a casa, con le mani sul cuore, (Angela Santi docet), e con il sorriso di Paola Grassi, stampato sul viso…
AD MAIORA.

 

Antonella Ferrari

 

 




Da poliziotto a Coach, il bisogno di difendere l’anima.

Per un curioso caso del destino, mi “tocca” fare un comunicato stampa su Max Gentile, autore del libro “LIBERO DI RINASCERE “ edito dalla C.C. Editore.

Inizio a navigare sul web, m’imbatto nella sua biografia, nato a Genova l’8 giugno 1971. Esordio lavorativo nella Polizia, figlio e nipote d’arte, mi dirà poi in un’intervista.

Dopo 13 anni d’impegno sociale e lavorativo nella polizia, prima virata esistenziale: Max lascia la divisa ed entra nel mercato della telefonia e del network. Ma, soprattutto, Max inizia a ricercare in modo consapevole la sua strada, incomincia a leggere ed a studiare in modo appassionato, mette le basi di quello che poi diventerà il suo destino.

Anni di travaglio personale e lavorativo, in cui Max, senza saperlo, si ritiene, lui, per primo, libero di rinascere. Cambia lavoro, cambia residenza ed inaugura un nuovo corso di vita.

Nel 2003 inizia la collaborazione con H.D.R., la società di formazione di Roberto Re, dove Max riveste il Ruolo di Personal Coach, Trainer e Direttore a Verona, Venezia e Genova. Un’ esperienza maturata sul campo, che si converte in una sfolgorante carriera, con un record, non ancora battuto, di risultati ottenuti nel duplice ruolo di venditore e di formatore.

”Ho formato numerose risorse di diverse realtà aziendali tra le quali Tecnocasa, Remax, Fondocasa, Banca Mediolanum, Banca Fineco, Amway, Herbalife, Wind, Vodafone, Eni, Tam Tam Comunicazione, Crystal Nails, Le Grandi Firme della Bellezza, Epilzero, Ansaldo, Jean Louis David, Evos, Class, lavorando non solo con i commerciali e manager, ma in alcuni casi direttamente con il numero uno o con chi ha un ruolo dirigenziale; Inoltre ho allenato la mente e la comunicazione di liberi professionisti, agenti e sportivi sia in campo professionale che personale.”

Ma tutto questo, a Max, non basta… Anche se la gratitudine nei confronti di Roberto, suo maestro nel campo della formazione, resta grandissima, (Max riconosce infatti che nei 9 anni di collaborazione con Roberto Re ha ricevuto una fonte incredibile d’ ispirazione per l’Orientamento al Risultato e la Leadership), nel 2012, altro colpo di scena: l’allievo esce dal cono d’ombra del maestro ed inizia a brillare di luce propria.

Max si mette in proprio e definisce la sua storia di formatore contro corrente.

Da vero autodidatta, con un curriculum di competenze, più che di conoscenze. “Se ti interessano i titoli o i numeri, tra i vari, il “Pezzo di Carta” più altisonante è il Master in PNL, così come le 4.000 ore di “docenza” fatte o le oltre 6.000 ore di Personal Coaching effettuate. Penso tuttavia che un titolo o un numero non crea la persona.”, così si presenta sul suo blog, Max inizia a condividere riflessioni, esperienze, risultati e soluzioni con un pubblico eterogeneo, fedele ed appassionato che lo segue dovunque, non solo in giro per tutta l’Italia, ma sia in presenza che on-line.

La sua originaria missione sociale di mettersi al servizio degli altri, riemerge con una forza propulsiva nei suoi corsi, convegni e seminari.

L’antico poliziotto, diventato ora un coach d’alto livello, usa l’arma più potente, la forza della mente. Attenzione! Non la forza della sua mente, per manipolare le coscienze o plagiare i suoi seguaci. Ma la forza della nostra mente per intraprendere un percorso di consapevolezza, affinché ognuno di noi possa riconoscere il proprio valore unico ed irripetibile.

” Mi è sempre piaciuto sin da piccolo evolvere ed aiutare gli altri a fare altrettanto in 3 campi in particolare:

  • Realizzazione Personale
  • Realizzazione Emozionale
  • Realizzazione Spirituale”

Questo dice di sé nel suo blog.

Ma non è quello che dice, ma quello che fa, che crea la differenza.

Prima di tutto perché non insegna quello che sa, ma trasmette quello che vive. Chi lo segue da parecchi anni, sa bene che, con un’enorme coerenza di vita umana e di credibilità professionale, Max applica su sé stesso la regola del RADICARSI ED AMARSI. Lui per primo, ha scavato dentro di sé, per trovare la propria identità, per difendere la propria integrità, per creare e prendere la propria direzione esistenziale.

Poliziotto o allenatore, Max crede che il vero successo è amare sé stessi e mettersi al servizio degli altri.

Così, nel suo libro e nelle sue lezioni, ci insegna a smetterla di dare la colpa agli altri, a liberarci dalle paure, ad eliminare dalla vita i vampiri d’energia, a scollarci di dosso la “rimandite”. Ci invita a riflettere sul rischio più grande, che non é quello di morire, ma quello di non vivere, o meglio di vivere al di sotto delle proprie possibilità.

Quattro grandi paure, la paura della libertà, dell’abbandono, del giudizio, dell’approvazione ci bloccano e rappresentano una gabbia, da cui Max c’insegna ad uscire, per poi affrontare la paura più grande che non è il fallimento, ma il SUCCESSO. Sì, Max Gentile, ci porta sull’orlo della sfida più coraggiosa, quella di riuscire a dare il meglio di sé, di esprimere tutto quel potenziale che abbiamo dentro e che, paradossalmente, all’inizio temiamo.

Ci invita a riflettere su che cosa di negativo potrebbe succederci se finalmente realizzassimo i nostri sogni, su che significati ha per ognuno di noi il successo, non quello degli altri, ma il nostro successo.  Perché la paura più grande, per ognuno di noi, è quella di cambiare la nostra identità di basso livello con una più viva, vera, piena, vincente.

In un rovesciamento prospettico della formazione tradizionale, Max si oppone alla filosofia del raggiungimento degli obiettivi, liberandoci dall’ansia della prestazione. Anziché focalizzarci sul raggiungimento del risultato, “se raggiungo questo obiettivo, valgo, se non lo raggiungo non valgo”, Max ci provoca dicendo l’esatto contrario “se valgo, raggiungo l’obiettivo, se non valgo, non lo raggiungo”.

A questo punto è evidente che il feed back dei risultati ottenuti da Max Gentile, ci propone un caleidoscopio umano incredibile, ma veritiero ed esaustivo.

Ho selezionato qualche esperienza particolarmente significativa, ma ogni testimonianza è contagiosa.

Paola Fraschini, sette volte campionessa del mondo di pattinaggio a rotelle, dl 2009 al 2016, dice di lui: “Max è una persona unica perché sa guardarti dentro. Sa farti tirare fuori la tua vera potenzialità. Grazie Max per avermi creato quella “confusione” necessaria per poter cambiare, per prendere coscienza dei miei limiti, dei miei talenti, e vedere con altri occhi la mia vita.
Raccomando a tutti di poter fare questo percorso di crescita personale con un coach d’eccellenza come Max!!! GRAZIE di cuore!”

E per chi fosse interessato a sapere com’è andata a finire, Paola ha iniziato una seconda vita in Canada come artista del Cirque du soleil, superando la paura di smettere di gareggiare…

Katia Guiotto é invece un’imprenditrice immobiliare, che testimonia il suo successo lavorativo, ma soprattutto la sua sfida esistenziale vinta, aver sconfitto un tumore. “Raggiunto il mio obiettivo lavorativo mi ero resa conto che ero triste e stavo realizzando il sogno di qualcun’ altro. […] Fin dall’inizio del percorso con Max ho iniziato ad avere i primi risultati e li vedevano anche le persone intorno a me: sorridevo, iniziavo ad uscire di casa. Tutto bello sino a quando una notizia mi ha fatto crollare. Mi avevano diagnosticato un tumore dello stesso tipo del quale era morta mia madre. Mi sono affidata ad uno specialista che mi ha seguito dal punto di vista alimentare, mentre Max mi ha seguito dal punto di vista emozionale. I medici tutt’oggi non spiegano come sia guarita”. E, come se non bastasse, “Oggi dopo 2 anni dal primo contatto con Max ho lasciato il posto fisso e con il progetto immobiliare creato con il mio compagno e socio Mark guadagno in un mese quanto prima guadagnavo in un anno”.

Micaela Gregorini, titolare dell’omonima immobiliare, ci racconta a sua volta: “Prima ero una persona negativa che attraeva persone negative: chiedevo all’esterno le mie necessità. Oggi, in ogni gesto che faccio vedo che sono un’altra persona ed il mondo esterno se ne é accorto positivamente, facendomelo notare. Sento di emanare energia positiva, mi sento completa e gli esercizi di coaching che faccio sono un nutrimento per la mia anima. Max non so cosa abbia fatto, ma è come se avessi girato una pagina della mia vita. Oggi ho raggiunto una grandissima serenità, ho acquisito l’amore per la natura, ho imparato a dire di no, ho delle forme di altruismo che non possedevo e ho riscoperto l’amore per me stessa che mi ha permesso di comprendere dove sto andando. […] Tutto questo mi sta dando dei grandi risultati a livello lavorativo. Basti pensare che nell’ultimo mese e mezzo ho venduto 7 immobili in contesto locale di alto livello. Max è un uomo e non un extraterrestre: è nato per dare amore agli altri ed è una persona di grande sensibilità. Vorrebbe che tutti stessero bene e con chi vuole ci riesce molto bene”.

Claudio Zuin, titolare Airchip, dice di lui “Ogni volta che torno a casa dopo un suo corso mi porto qualcosa di prezioso. Max con poche parole ti mette a tuo agio, ti fa rilassare ed entri in sintonia con lui.

Rispetto ad altri formatori non ti dà solo nozioni o motivazione della quale ti dimentichi dopo pochi giorni che sei tornato a casa, ma ti permette di entrare in sintonia con te stesso. Ho imparato tante cose, ma quella che mi ha colpito di più è l’Essenza, la cosa più bella che abbiamo dentro di noi. Ho un intuito, ho delle potenzialità che sfruttavo solo per gioco, ma grazie a questo percorso ho imparato a sfruttarle anche in altri campi.

Quando scopri risorse che non sapevi di avere è difficile tornare nel limbo precedente. Cominci ad usarle tutti i giorni e la vita migliora.”

Sinceramente, potrei continuare con altre testimonianze di persone che hanno trovato pace e libertà, direzione di vita ed armonia interiore, ma per questo basta accedere al suo blog, alla sezione “cosa dicono di me”.

Voglio invece condividere con voi un aneddoto, che lo stesso Max Gentile mi ha raccontato. Maria Rita Parsi, famosissima psicologa era seduta tra il pubblico in un corso di 700 persone. Max Gentile stava presentando il suo libro e sperava tanto in un autografo della nota psicologa. Più parlava e più la psicologa prendeva appunti.

“Dentro di me ho pensato, chissà quante castronerie sto sparando…”, alla fine del corso, Maria Rita Parsi è venuta verso di me e mi ha chiesto: ”Che cosa posso fare io per lei?”. Mi si è gelato il sangue. ”Qui c’è qualcosa che non torna!…” , mi sono detto, ma ho avuto la prontezza di riflessi di chiederle “ Mi potrebbe scrivere la prefazione del libro?”.

Beh, andate a leggere cosa scrive di lui la Parsi, e, già che ci siete, concedetevi la libertà di rinascere…

Antonella Ferrari