Il Cammino minerario di Santa Barbara

Il Cammino minerario di Santa Barbara

Prendendo spunto dal celebre Cammino di Santiago, con un percorso di 386 km nasce in Sardegna il Cammino di Santa Barbara, una scommessa per il Sulcis – Iglesiente – Guspinese.

Una passeggiata mozzafiato che si spinge dai boschi dell’interno sino alla costa con una missione che è sì spirituale ma anche orientata alla sostenibilità e allo sviluppo per una delle zone d’Italia tra le meno popolate ma che riuscirà a sorprendere i suoi visitatori per la storia e la cultura testimoniata da importanti siti archeologici, villaggi fantasma, miniere recuperate e mare stupendo.

Il Cammino Minerario di Santa Barbara è percorribile a piedi (in bicicletta o a cavallo) in 24 tappe e interessa 23 comuni, il percorso è ad anello e parte e termina dalla città di Iglesias, la più antica e mineraria del territorio, la via riprende i luoghi di culto dedicati alla Santa – patrona dei minatori –  e si sviluppa lungo i sentieri percorsi da chi lavorò in miniera, da vecchie mulattiere e vie ferroviarie utilizzate in passato per il trasporto dei minerali grezzi.

Una gran bella idea e proposta che viene coadiuvata dalla distribuzione, in tutte le librerie, di una guida dettagliatissima e molto scorrevole con un formato piccolo che ben si addice alla tipologia dei “camminatori” e dove alla storia dei luoghi si aggiungono cartine e indicazioni viarie molto precise.

Per  Giampiero Pinna il coordinatore della consulta delle Associazioni del Parco Geominerario della Sardegna, colui che ha creduto a questo progetto sin dall’inizio, non ci sono dubbi l’iniziativa si pone l’obiettivo di divenire uno tra i più gettonati itinerari italiani, in un’epoca dove i cammini religiosi diventano sempre più un volano di crescita economica per i territori e rappresentano una preziosa occasione per coniugare in maniera virtuosa cultura, sostenibilità e sviluppo.

 

 

 

 

 

 




SUD: incentivi per il lavoro ai giovani.

Sud Italia e lavoro ai giovani

Con un livello altissimo di disoccupazione giovanile l’Italia è ultima tra i paesi OCSE e ogni anno per questo motivo brucia 143 miliardi di euro pari a 8,4 punti percentuale di Pil.

L’avere questo divario con gli altri stati e soprattutto con i nostri vicini europei ha sicuramente fatto dare una svolta al nostro governo a cui occorre dare merito dell’iniziativa che rivalorizza il concetto della “nazione fondata sul lavoro” attraverso iniziative mirate là dove il problema è più sentito: il SUD.

Le imprese che nel corso del 2017 volessero assumere ragazzi tra i 15 e i 29 anni potranno usufruire di sgravi attraverso l’incentivo occupazione Sud e l’incentivo occupazione Giovani – vediamoli nel dettaglio:

> L’incentivo Occupazione Sud, con un tetto di 500 milioni di euro è indirizzato alle regioni meno sviluppate (Puglia, Sicilia, Campania e Calabria) mentre per altri 30 milioni di euro per quelle in transizione (Sardegna, Molise e Abruzzo), riguarda tutti i datori di lavoro privati che assumono persone disoccupate con un contratto a tempo indeterminato.

I requisiti sono l’età compresa tra i 15 e i 24 anni, oppure lavoratori con almeno 25 anni senza lavoro da sei mesi ovvero che negli ultimi sei mesi non hanno avuto un rapporto di lavoro subordinato ne svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione.

Per queste assunzioni le imprese hanno diritto per 12 mesi ad uno sgravio totale dei contributi previdenziali (tetto massimo di 8.060 euro annui).

E’ da evidenziare che sono incentivate le assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, e anche le trasformazioni di contratti da tempo determinato a tempo indeterminato – in tale ipotesi non è richiesto il requisito di disoccupazione. Le domande di agevolazioni devono essere presentate per via telematica ALL’INPS.

> L’incentivo Occupazione Giovani, con un tetto di 200 milioni di euro, è invece destinato ai disoccupati di tutta l’Italia con età tra i 16 ed i 29 anni, non inseriti in percorsi di studio o formazione ed iscritti al programma Garanzia Giovani.

Potranno essere utilizzati i contratti a tempo indeterminato con uno sgravio totale dei contributi previdenziali per 12 mesi con un tetto di 8.060 euro, mentre per il determinato di almeno 6 mesi, soci lavoratori, apprendistato professionalizzante e altri contratti a tempo parziale sempre per una durata minima di 6 mesi sono previste agevolazioni “dimezzate” che permetteranno uno sgravio del 50% della contribuzione previdenziale con un tetto massimo di 4.030 euro per 12 mesi.

Per il rilancio dell’Italia occorre grande impegno sulle politiche del lavoro mirato alla professionalizzazione dei giovani ed a un loro immediato impiego.

 




Rubare l’infanzia, Azione vergognosa. Sempre più preoccupanti i numeri della Pedofilia in Italia.

 

Quando si approccia all’universo pedofilia spesso si corre il rischio di generalizzare, di limitarsi a un’analisi superficiale e scontata di un fenomeno vastissimo e ramificato nelle implicazioni, se poi il tema in discussione è quello della relazione tra pedofilia e internet occorre avvicinarsi con maggior cautela.

 

 

Di tutte le ingiustizie e le violenze perpetrate alla persona, quelle esercitate sui minori sono in assoluto le più odiose perché rivolte a chi non sa e non può difendersi (L’Europa è in testa alla classifica per reati di abusi sessuali su minori, N.d.R.).

Il web è il mezzo che più di ogni altro trasporta i propri utenti in una dimensione di viaggio continuo, in quel processo di assorbimento di notizie definito appunto con il termine “navigazione”.

Occorre prendere atto che gli ultimi dieci anni hanno segnato un enorme salto di qualità nella conoscenza e nelle relazioni tra le persone dove le barriere di tempo, spazio e luogo sono state abbattute lasciando spazio alla diffusione di informazioni condivise.

Oggi la Global Community si è finalmente realizzata ma ha generato al suo interno problematiche riconducibili all’incontrollata velocità dell’evoluzione del cyberspazio e la lentezza dell’adeguamento normativo che ha lasciato ampi spazi di manovra alla criminalità comune ed è in questo panorama che si inseriscono elementi di disagio e devianze più o meno sofisticate. Internet è un mare senza confini dove l’individuo che vi entra ha l’opportunità di rimanere sconosciuto, è l’habitat ideale del pedofilo 2.0.

Sicuramente con l’avvento dei social network e le chat la comunicazione è cambiata, non solo nel lessico formale ma soprattutto nelle esternazione delle emozioni che possono avvenire in modo più esplicito, senza freni inibitori e tabu, dove con il file sharing diventa possibile scambiare esperienze personali, foto, video e altro materiale pedo-pornografico come gli snuff movies.

Il risultato è il continuo alimentarsi di un mercato di diffusione e commercializzazione dei minori con “cataloghi di merce umana”. Grazie alla possibilità della segretezza, i pedofili stabiliscono fitte relazioni tra loro dando vita a ramificate associazioni che al loro interno possono rappresentare l’occasione per un “actingout”, legato allo scambio di informazioni e alla fruizione di pornografia, molto difficoltoso e rischioso nella realtà, soprattutto se tentato in alcuni contesti sociali e culturali.

Ma sulla devianza di queste circostanze è singolare evidenziare che questi individui sono convinti che un minore avverta le stesse pulsioni sessuali di un adulto e che sia dunque legittimo lasciare che tali pulsioni trovino la loro naturale manifestazione: In tal senso, per loro, non si tratterebbe di un reato ma di una libera scelta del bambino.

E’ proprio questa commistione e avvicinamento tra mondo virtuale e mondo reale che crea un mix esplosivo facendo aumentare il rischio di un abuso concreto nella vita reale del minore e a cui noi dobbiamo fare attenzione.

Fortunatamente dal punto di vista legislativo in Italia le leggi permettono di punire non solo chi sfrutta minori ma anche chi consapevolmente cede ad altri, anche a titolo gratuito, materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori, rendendo così punibili anche coloro che creano, pubblicizzano e distribuiscono materiale pedo-pornografico.

La posizione europea chiaramente è analoga, il materiale pedo-pornografico è considerato un delitto e vale il principio della perseguibilità extraterritoriale e lo sfruttamento della prostituzione minorile è un crimine contro l’umanità, un’aberrazione dei diritti umani, e pertanto prevale una tendenza ad armonizzare le politiche di intervento attraverso 3 linee d’indirizzo: forme di contrasto, forme di prevenzione e forme di assistenza.

Le azioni poste in essere dall’Italia secondo queste 3 direttrici vede coinvolte le forze dell’ordine, e diversi gruppi civili e religiosi che anni hanno portato allo smantellamento di numerose reti di pedofili e alla denuncia di insospettabili connivenze. Un esempio alla lotta della cyberpedofilia è sicuramente il lavoro Svolto da Meter la onlus di don Fortunato Di Noto che palesa la propria attività attraverso vari dossier e dati fruibili da tutti nel suo sito web (www.associazionemeter.org), con numeri scioccanti di questo fenomeno: nel 2015 identificati 9.872 siti e oltre 1 milione di foto pedopornografiche.

Questi numeri purtroppo sono in continuo aumento grazie all’anonimato e al deep web che rende molto complicato accertare le identità on line ed è importantissimo evidenziare che in Italia dal 2006 ad oggi i casi di denuncia sono aumentati di oltre l’80% – sono state 333 nel 2006 e 544 nel 2015 (l’81% di essi le vittime sono bambine e ragazze) – ma non è solo Italia, Meter stima che al mondo nel mercato della pedopornografia ci siano oltre dieci milioni di bambini vittime dei cyberpedofili. Seppure in origine il concetto di Internet era incentrato sulla libertà della rete, l’assenza di regole ha finito per agevolare questo crimine allontanando il barlume della sicurezza del cittadino che ci pone una domanda, ossia quali azioni che il nostro paese può mettere in campo contro l’abuso dei minori.

Risposte a questo tipo di quesito necessitano di strumenti adeguati e di supporti immediati per la repressione realizzando un moderno coordinamento di collaborazione e cooperazione tra i vari paesi affinché emergano questi episodi di violenza, prevedendo un impegno culturale tale che gli abusi e i soprusi sui bambini siano sempre denunciati.

E’ indispensabile istituire ambiti di studio e di ricerca sui responsabili di questi reati in modo da attuare un’azione preventiva sicuramente più efficace dell’esclusiva repressione e condanna a posteriori così come oggi avviene.

La nostra società deve non solo rifiutare, ma combattere con determinazione questo fenomeno, rompendo il muro di omertà che oggi lo imprigiona.

 




Sardegna: sempre più bella grazie alle bonifiche minerarie

SARDEGNA, Si parte con le vere bonifiche minerarie in Sardegna e precisamente ad Iglesias nel Sulcis Iglesiente.

Un progetto ambizioso che sarà trainante anche per altri progetti attualmente in fase preliminare su un territorio martoriato nei secoli da estrazione metallifera senza regole.

Durante la conferenza stampa sulla presentazione del progetto, che vedrà in questo bando in primis la costituzione di un equipe di esperti delle bonifiche a cui sarà poi demandato il coordinamento dei lavori, è emerso l’ingente capitale messo a disposizione pari a € 43.685.722,76. 

Un importo che secondo il sindaco di Iglesias Emilio Gariazzo “vedrà il risanamento ambientale come presupposto dello sviluppo lavorativo territoriale ma allo stesso tempo potrà essere l’esempio e la fucina di nuove tecnologie per altre bonifiche minerarie non solo sarde”.  

Le zone interessate dall’intervento sono limitrofe alla città di Iglesias e attraverso l’utilizzo di impianti mobili atti al trattamento delle scorie minerarie si otterrà una minimizzazione dei contaminanti sul terreno e soprattutto nelle falde acquifere.

La discarica utilizzata per la bonifica sarà poi piantumata e resa green rendendo irriconoscibile l’intervento effettuato.

Un territorio ricchissimo di storia e località incantevoli che potrebbe con queste bonifiche vedere rinascere la sua economia attraverso il connubio risanamento ambientale – turismo – archeologia mineraria.

Un modello che cerca di riprendere quello tedesco della Ruhr ed Iglesias crede nella scommessa, dove un tempo c’erano le miniere ora deve esserci cultura, un territorio che riconvertito e bonificato, trasformato potrà sicuramente essere ancor di più uno straordinario punto d’attrazione turistica non solo d’estate ma durante tutto l’anno.

 




Partito Democratico: primarie segno di democrazia interna.

Le primarie sono un fatto di democrazia, tutti i partiti ne parlano ma alla fine solo il PD attua questo meccanismo da quasi un decennio.

Matteo Renzi vince, Orlando ottiene un risultato soddisfacente e diventa leader della minoranza interna ed Emiliano fa flop.

Volendo essere sintetici questo è il quadro delle primarie che domenica hanno visto coinvolte oltre due milioni di persone simpatizzanti e militanti del Partito Democratico, ma le primarie non sono solo questo.

Le primarie PD dimostrano che ogni volta che all’elettorato viene chiesto di esprimersi c’è una risposta, poca o molta non ha importanza ma è questo che rappresenta la vera democrazia del nostro Paese, il poter esprimere una preferenza, il poter decidere il futuro.

Tutti i partiti dovrebbero orientare le loro scelte in quanta direzione perché è l’unico modo per realizzare dei veri percorsi di partecipazione, dove il cittadino è messo nelle condizioni di poter scegliere la nuova classe dirigente politica, una scelta non più lasciata ai “pochi“ né tantomeno al solo popolo del web che già in passato ha fatto scelte azzardate ed estreme con il solo utilizzo dei “like” o dei voti di sondaggio in qualche sito –  con solo 30  pseudo preferenze alcuni sono stati poi eletti  senatori o deputati di questa legislatura.

Per questo motivo, seppure la mia indole e inclinazione politica sia ben chiara, con un ragionamento scevro da qualsiasi ideologia vorrei dire che il PD, la parte più rilevante del centro sinistra italiano,  ha fatto una scelta coraggiosa affidandosi alle primarie, un luogo di scontro e sintesi, dove tutti i partecipanti si mettono in discussione e rischiano di essere “rottamati”, ma un luogo dove il risultato a prescindere dal vincitore è un futuro di nuove idee e democrazia per l’Italia. 

Tutto è perfettibile ma l’innovazione della politica è nei buoni esempi come appunto le primarie, ecco perché mi auspico che questo percorso sia adottato da tutti i partiti del nostro paese.

 

Francesco Melis




ZFU, sarà un successo?

Tanti ritardi ma alla fine si parte.

 

Seguendo il modello francese delle “Zones Franches Urbaines” il MISE stanzia ulteriori 30 milioni di euro a favore di 10 Comuni per un provvedimento nell’ambito della politica di sviluppo e integrazione socio-economica di aree urbane svantaggiate, depresse e caratterizzate da fenomeni di ineguaglianza e esclusione sociale.

Tutto iniziò con la legge finanziaria del 2007 e 2008 in cui si stabilivano i fondi e i criteri per l’individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane e attraverso la quale soprattutto la Regione Sicilia ebbe modo di sperimentare in prima battuta lo strumento non di finanziamento ma di aiuto alle imprese.

Proprio da questa Regione possiamo trarre qualche spunto in previsione futura, infatti da una prima analisi dei dati siciliani notiamo subito che le ZFU dopo aver privilegiato un ruolo di attrattore imprenditoriale piuttosto che di riqualificazione sociale si è subito scontrata con la necessita di creare le infrastrutture utili allo sviluppo dell’impresa come il potenziamento dei trasporti e dei servizi collegati

Oltre al bisogno di ridurre i costi aerei e navali per consentire all’isola di competere alla pari con altre Regioni.

Oggi con il decreto 5 giugno 2017 (G.U. 2017) si compie un ulteriore passo in avanti nella ricerca di crescita del nostro PIL, infatti, seppure i risultati siciliani per ora lascino dei dubbi sui risultati ottenuti, è pur vero che se puntiamo la nostra attenzione sui precedenti risultati francesi, più consolidati vista la quasi ventennale esperienza, potremmo ben sperare.

Nei comuni e “arrondissement” francesi le aziende hanno aumentato i loro fatturati e hanno superato la crescita di ben 5 volte rispetto alla media delle loro concorrenti in ambito nazionale. Non è sicuramente la chiave di volta per la risoluzione dei problemi macroeconomici che attanagliano l’Italia ma è pur sempre un proseguo di una volontà politica che inizia a scommettere maggiormente sui comuni e sulle piccole e medie imprese.

Le agevolazioni consisteranno nell’esenzione dalle imposte sui redditi per 5 anni, nell’esenzione dall’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), nell’esenzione dell’IMU e nell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali.

Nei 10 Comuni interessati c’è anche Iglesias, uno dei comuni piu poveri d’Italia, ebbene se questa ZFU dara i risultati sperati si prospetta un nuovo futuro per il sud Sardegna e soprattutto per il Sulcis Iglesiente.

 

Francesco Melis




Le armi made in Italy ed è subito Boom economico: aumento dell’85,7% dell’esportazioni

Se qualcuno di noi non ci avesse mai pensato, beh è ora che lo faccia! La nostra economia nel 2016 ha avuto uno scossone nella produzione ed esportazione delle armi passando dai 7,9 miliardi del 2015 ai 14,6 miliardi di euro.

Un’incredibile impennata di esportazioni di armi, soprattutto nello Yemen, Kuwait e altri paesi del golfo Persico dove oltre alla vendita dei poderosi Eurofighter della Leonardo ed elicotteri si è ulteriormente incrementata anche la categoria di armamenti (da sempre più venduta dall’Italia) di “bombe e missili”.

Per questo motivo non deve quindi destare stupore se L’Italia è nell’elites mondiale della controversa classifica della produzione, vendita e acquisto di armi e soprattutto non dobbiamo mostrarci stupiti quando leggiamo che L’Italia è prima in Europa per incremento delle spese militari, con un più 11 % nel 2016.

Ora, prendendo spunto dalla categoria di armamenti di “bombe e missili” va sicuramento evidenziato il movimento “no bombe”, formato da varie associazioni ambientaliste, che in Sardegna è stato portato alla ribalta dai media nazionali, e che vede incentrato il proprio operato nella proposta di riconversione di una delle principali fabbriche implicate in questo commercio, si tratta della RWM Italia S.p.A. una società del gruppo Rheinmetall Defence che ha la sua sede nel Comune di Iglesias.

Parlare di riconversione in Sardegna è materia molto tosta dopo il fallimento della riconversione del settore minerario, soprattutto in una delle province più povere d’Italia. Parlo del Sulcis Iglesiente, zona in cui persiste una situazione molto più intricata rispetto ad altri territori italiani dove una semplice riconversione potrebbe rappresentare la perdita di centinaia di posti di lavoro.

Risulta quindi ovvio che una discussione di questa portata stritola più che in qualunque altra regione le posizioni etiche e le difese tout court dei livelli occupazionali, creando una sorta di scontro sociale tra ambientalisti e lavoratori della fabbrica e dell’indotto.

Ma facciamo un po’ di chiarezza, la discussione e le prese di posizione del Comitato per la riconversione della RWM puntano il dito contro esportazioni e vendita degli armamenti nel conflitto che vede coinvolta la coalizione araba a guida saudita contro lo Yemen – un conflitto con numeri da brivido con oltre 10mila morti, 40mila feriti e 2 milioni di sfollati.

Il comitato richiede l’intervento delle forze politiche locali, regionali e nazionali trovando in prima battuta trova appoggio dal Comune di Iglesias che con un ordine del giorno, votato quasi all’unanimità, chiede a “Stato e Regione un impegno concreto affinché vengano ricreate le precondizioni per la possibile riconversione degli stabilimenti della Rwm”, stabilimento da cui partono le bombe impiegate dai sauditi nella guerra dello Yemen.

Naturalmente “nell’assoluta garanzia e implementazione dei livelli di occupazione”. Ma se appare ovvio che una tale riconversione non possa avvenire in un breve lasso di tempo appare altrettanto chiaro il messaggio politico: Iglesias e l’Italia attraverso il proprio operato, sempre improntato alla guida delle missioni di pace, deve mirare alla costruzione di rapporti internazionali di solidarietà.

Dopo questa presa di posizione del Comune di Iglesias è seguita anche quella della Camera dei deputati dove si è gia discusso e si continuerà a discutere di questo tema nei prossimi giorni attraverso due mozioni presentate in cui si chiede l’introduzione di un blocco sulle esportazioni di armi italiane in Arabia Saudita (come già richiesto dal Parlamento europeo in due occasioni) e la riconversione della fabbrica di Iglesias.

Seppure parrebbe che una linea sia stata tracciata non tutti sono dello stesso avviso, parecchi mostrano un netto scetticismo verso la riconversione: Confindustria, Cgil e Cisl si smarcano completamente dalle richieste dei movimenti ambientalisti e politici.

Se una soluzione dovrà essere trovata non sarà quella di spostare la produzione su altri siti regionali, nazionali o europei, piuttosto quella di agire in tutela i diritti umani attraverso soluzioni concrete. L’unica strategia ammissibile sarà quella volta a dirimere pacificamente i conflitti, dando assoluta priorità alle politiche di disarmo e di pace.

 

 

 

Francesco Melis




Le Università a confronto

Al netto delle futili discussioni che prendono piede dai social network e da cui ogni giorno veniamo sommersi, penso che occorra dare voce a tutte le persone, giovani e non, che decidono di intraprendere un percorso universitario nella giungla delle offerte oggi presenti nel panorama italiano.

L’imperativo è migliorarsi professionalmente o trovare un posto di lavoro che dia la possibilità di una vera indipendenza economica.

Sino alla fine degli anni 80 le università statali italiane nel campo della formazione si equiparavano alle università private, ed erano prese a modello dalle altre nazioni. Con l’avvento delle nuove tecnologie e con la globalizzazione tale situazione è per così dire quasi stata completamente stravolta cambiando anche in modo drastico la didattica e tutti i metodi di insegnamento.

Dando uno sguardo ai dati del Miur notiamo che nell’anno accademico 2015-2016 risultavano attivati in Italia 9.985 corsi, a cui erano iscritti 1.641.696 studenti (immatricolati 260.755 di cui 39.469 private\telematiche) suddivisi in 92 sedi universitarie (comprese le 11 telematiche), Ora seppure il dato delle telematiche con i suoi 57.204 iscritti non sia elevatissimo è sicuramente sintomatico di una nuova idea di università che solo per motivi piu che altro economici non esplode con numeri ben piu corposi.

Senza entrare nell’offerta formativa universitaria, la vera differenza che si riscontra parlando con docenti e studenti è che le università telematiche garantiscono due elementi essenziali: organizzazione e network – chi studia nelle università telematiche non solo avrà accesso ad un architettura di servizi piu efficienti come libri, video lezioni, dispense, classi virtuali, chat con il professore, etc., ma usufruirà anche di una docenza più organizzata e motivata in conformità della richiesta formativa 3.0.

Sulla nuova università del futuro la qualità non basta più, occorre aggiungere ulteriori forme di coinvolgimento e studio non piu statiche e ingessate su vecchi schemi, ma piu corrispondenti alla richiesta del mercato del lavoro che esige una pronta formazione: laboratori e classi virtuali durante la formazione e nel post laurea corsi, stage e master.

Ed è proprio su questo che il divario tra pubblico e privato si acuisce, il pubblico è lontano anni luce dall’organizzazione delle private e telematiche, chi fa business sulla formazione tende ad investire prima ed enfatizzare poi i risultati, rispondendo nel migliore dei modi a coloro che hanno scelto quel tipo di università (che vede premiati i propri sforzi mentali ed economici) e proponendo agli altri possibili studenti l’auspicio degli stessi risultati.

Concludo dicendo che la realta delle telematiche oggi necessita di un ulteriore perfezionamento sul numero dei docenti rispetto al numero degli alunni, infatti se nelle università telematiche, nella media, ci sono circa 90 studenti per ogni docente, nelle tradizionali ce ne sono solo 30. E questo, se si calcolano tutti i docenti, sia quelli di ruolo (ricercatori, associati e ordinari) sia quelli straordinari e a tempo determinato.

 

http://www.anvur.org

http://statistica.miur.it/scripts/IU/vIU1.asp

Dati aggiornati al 23/01/2017

 

Francesco Melis