START … SI (RI)PARTE … VROOOOOM

Con nota prot. 1324 del 17 luglio il Ministero dell’Istruzione ha disposto la rilevazione dei fabbisogni degli arredi scolastici per far (ri)partire la scuola in sicurezza, garantendo il distanziamento.

La rilevazione, scadenza 20 luglio poi prorogata al 21, ha permesso ad ogni scuola di indicare le quantità di banchi monoposto con relative sedie e delle ormai famose “sedie innovative”.

Il Pavoncelli, nella rilevazione dei fabbisogni in arredi scolastici, ha indicato solo banchi monoposto, soluzione unica che potrà con tutte le difficoltà del caso assicurare il distanziamento statico.

Meglio il tradizionale banco in legno, perché più utile alle attività di classe, per poggiare quaderni e libri, per utilizzare l’ingombrante album da disegno.

Inoltre la scelta farà risparmiare sensibilmente le casse pubbliche passando da 40 euro per un banco monoposto a circa 300 euro per una sedia innovativa. Da altre scuole ci scrivono: “… abbiamo acquistato questo tipo di sedie con il PON Ambienti digitali. In molte le ruote si sono rotte, non sono comode per i ragazzi e i più indisciplinati le usano tipo autoscontro”.

Per garantire il distanziamento fisico meglio i “vecchi” banchi che saranno posizionati nelle aule nel rispetto di “… 1 metro dalle rime buccali” e segnata sul pavimento la loro corretta posizione, in modo che possa essere facilmente ripristinata dopo le quotidiane operazioni di pulizia e sanificazione.

Con le sedie provviste di ruote sicuramente aumenterà la capienza delle aule scolastiche, ma come si farà a far rispettare il distanziamento? Occorrerebbe un freno a mano e docenti/ausiliari del traffico per vigilare sul rispetto del distanziamento.

Eppure molti sembrano entusiasti dell’iniziativa, come se in una qualsiasi classe di una qualsiasi scuola, al nord come al sud non ci fossero mai entrati.

Si sente dal Ministero che le sedute con rotelle sono “la soluzione che garantisce il maggior distanziamento” e “in futuro permetteranno invece l’avvicinamento per avere un’innovazione didattica che permette agli studenti di lavorare in gruppo”.

La scuola innovativa non si fa con nuove sedie, ma attraverso la personalizzazione dell’insegnamento/apprendimento, possibile solo con MENO alunni per classe e PIÙ personale docente e ata.

 

D.S. Pio Mirra




E siamo ancora qua…

Non è tempo di consuntivi, purtroppo, perché il Covid 19 circola ancora tra la gente ed i dispositivi individuali di protezione fanno parte ormai del nostro vivere quotidiano.

Siamo alla Fase II o forse alla Fase III ma il timore di nuovi focolai e dei contagi innescati dagli asintomatici rende possibile il ritorno ad una fase di confino e di isolamento sociale.

Se guardiamo indietro, alla esplosione dei primi casi in Italia alla fine del gennaio scorso ci rendiamo conto che negli ultimi mesi il virus ha cambiato radicalmente le nostre vite e le certezze sulle quali riposavano.

Non sono in discussione le modalità relazionali imposte dalle logiche di prevenzione che hanno accelerato processi già in atto come la digitalizzazione e la progressiva innovazione tecnologica a disposizione dei modelli di consumo.

Gli archetipi dell’immaginario collettivo stravolti dal Covid sono stati i cardini portanti della società del benessere conosciuta dalle economie avanzate dal dopoguerra ad oggi.

Pensiamo al sistema delle certezze, a quello dell’informazione ed infine alla Politica ed al senso di Stato.

Le prime sono state spazzate via dall’emergenza virale e per molto tempo la precarietà potrebbe essere l’humus culturale di ogni scelta individuale e collettiva.

Un mondo senza certezze tuttavia è facile preda della caduta valoriale e materiale.

Una vita senza futuro si consuma nell’attesa e nell’inazione.

In realtà l’incertezza ha fatto il suo ingresso nel linguaggio dell’economia già da un paio di decenni e la società contemporanea è stata già sapientemente descritta come “liquida” dal filosofo Zigmunt Bauman.

Purtroppo il Covid19 ha portato a compimento un processo già in atto con la conseguenza di  rendere tutto più incerto e instabile.

L’informazione non è stata risparmiata dagli effetti del Covid19.

La pandemia, infatti, ne ha condizionato la natura e la comunicazione è diventato lo strumento principale per orientare scelte e veicolare decisioni.

Purtroppo ai più attenti non sarà sfuggita la difficoltà di decifrare i contenuti dell’informazione proprio riguardo ai nuclei centrali dell’interesse pubblico degli ultimi mesi: l’andamento dell’epidemia, i protocolli di terapia, i progressi nella ricerca di un vaccino per non citare le questioni economiche sull’agenda della politica nazionale e comunitaria.

Comprendere in modo esaustivo le cifre della comunicazione è stato molto difficile e ciò non a causa dei giornalisti o delle testate editoriali.

Le stesse fonti della informazione sono divenute fluide, instabili, a volte approssimative aprendo la strada ad una comunicazione fatta più di suoni e slogan che di contenuti cognitivi.

Il senso di precarietà e la parzialità delle conoscenze veicolate non sono stati i soli terreni di scontro collaterali della pandemia.

La Politica ed il significato di Stato hanno forse subito contraccolpi ontologici di cui non abbiamo ancora una idea precisa.

La prova è sotto gli occhi di tutti: lo scollamento tra classe politica e paese reale ha raggiunto livelli di estrema gravità.

Nei palazzi del governo si discutono temi urgenti e necessari ma le decisioni non arrivano e la comunità civile ed economica cercano di tirare avanti come possono.

La politica in atto è inadeguata e non serve né ai cittadini né alle proprie prerogative.

In questo contesto lo Stato perde giorno dopo giorno autorevolezza e mostra le proprie debolezze.

Il dibattito politico degli ultimi mesi in ambito nazionale ed europeo fornisce, purtroppo, soltanto conferme.

Per molti mesi abbiamo ascoltato dal Governo e dall’Unione europea promesse di aiuti per il rilancio dell’economia del paese.

Interventi di miliardi di euro mai erogati  e per i quali si dovrà attendere ancora a lungo.

È evidente che il modello di Stato liberale e democratico arrivato fino ad oggi si stia mostrando lento e poco reattivo al cambiamento imposto dalla recessione globale e dalla pandemia.

Senza una riforma dello Stato e delle Istituzioni sarà difficile immaginare un rilancio del “sistema paese” sostenibile.

Dietro l’angolo infatti si annidano insidie evidenti nella crisi dei partiti politici e nella deriva verso forme di democrazia diretta e populista.

Sarebbe un errore in questo contesto assistere in silenzio al degrado dei mondi paralleli: lo Stato, le Istituzioni, la Politica e la Società civile.

È ancora possibile fare qualche cosa?

Certo gli scenari descritti incutono timore e disegnano le trame di una tempesta perfetta.

Eppure la pandemia accanto a tanta sofferenza ha cambiato il corso della storia riportando in superficie valori sepolti.

Il senso della Vita, la Felicità, la centralità della famiglia ed il senso di comunità hanno trovato un nuovo collante emotivo nelle vite di ognuno di noi.

Per questo occorre ripartire da un nuovo Patto Sociale nel quale attribuire allo Stato la responsabilità di regolare il progresso umano, civile ed economico, intorno ai nuovi paradigmi della crescita.

Un patto che metta al primo posto la felicità individuale e collettiva nelle sue declinazioni più ampie.

La pandemia ci ha reso più fragili e spaventati ma ha messo dinnanzi ai nostri occhi i limiti di un modello di crescita economico fondato su parametri di natura quantitativa.

Dobbiamo ripartire da quello che abbiamo e non aver timore di sognare un futuro di benessere anche se il cammino sarà ancora lungo e dovremo superare ancora molti ostacoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Lo scollamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Concorso DS 2017 – il TAR concede l’accesso ai codici sorgente

Il TAR ha sentenziato: Il CINECA dovrà fornire i codici tarcineca

sorgente

Continua la crociata delle migliaia di partecipanti al concorso per Dirigenti Scolastici bandito nel 2017 da noi già osservato in un altro articolo.

Lunedì 22 giugno 2020, dopo una serie di rinvii dovuti all’emergenza covid, il TAR si è espresso in merito ad una fondamentale richiesta delle vittime del concorso permettendo un passo importantissimo in direzione della verità.

Cosa è successo 

Nell’anno 2017, è stato indetto un concorso per 3.400 (circa) posti da dirigenti scolastici, al concorso si sono iscritti 34.000 (circa) candidati.

Ciò che ha reso particolarmente famoso questo concorso è stata la partecipazione dell’attuale ministro dell’istruzione Lucia Azzolina che ne uscì vincitrice superando le prove scritte e dimostrando all’esame orale buona conoscenza dell’apparato legislativo, mediocre conoscenze di inglese e scarsissima preparazione informatica.

Ma la partecipazione al concorso del ministro, con conseguenti taciuti conflitti d’interesse che ne sono scaturiti e del muro di gomma costruito attorno alle nebulose fasi del concorso, è solo una delle numerosissime segnalazioni che hanno sporcato questo concorso pubblico.

Le pressioni

Quando a un concorso per 3.400 posti, si presentano 34.000 persone, i commissari del concorso non si preparano ad affrontare un periodo facile per via delle pesanti ingerenze a cui vengono esposti.

Ad alcuni è venuto da dire che questo eccesso di pressioni è normale e ragionevole visto lo scarto tra domanda e offerta; a noi viene da dire che normale non è e che soprattutto quando il ruolo è così ricco di responsabilità e le candidature così numerose, il dovere dello stato è quello di garantire la scelta dei migliori a prescindere dal numero di posti e delle persone da “soddisfare”.

E il fatto che “da sempre” la segnalazione ha ceduto il passo alla meritocrazia, non è un buon motivo per non cambiare strada, soprattutto in un momento così delicato e in cui la cultura e l’istruzione possono essere le uniche risorse a poter davvero permettere un cambiamento.

Il superamento di ogni limite

In occasione del concorso per Dirigente Scolastico del 2017 però pare che sia stato superato ogni limite.

Abbiamo intervistato più partecipanti al concorso e ognuno di loro (a prescindere dall’esito finale) ha avuto modo notare o riconoscere delle dinamiche inusuali.

Per parte sua poi, il campione di commissari intervistato, ha riconosciuto fuori dai denti di aver ricevuto a vari livelli di spudoratezza messaggi più o meno velati.

Insomma, che il concorso per D.S. del 2017 non era del tutto trasparente si è saputo fin da subito, la cosa triste però è che anche davanti a una serie di circostanze plateali, per dimostrare l’illegittimità di alcune assegnazioni, chi è stato ingiustamente (o giustamente) escluso o comunque, chi ha dovuto confrontarsi ad armi impari (raccomandato vs non raccomandato piuttosto che preparato vs impreparato) debba combattere per anni per veder trionfare la verità.

Sì perché di certo non tutti quelli che hanno fatto ricorso sarebbero stati meritevoli di vincere ma la battaglia che si combatte è quella per la giustizia e la trasparenza, ed è per quella che stanno investendo tempo ed energie: per un ideale… e questo a noi piace.

Il CINECA e le sue meraviglie

Nell’articolo precedentemente pubblicato abbiamo raccontato tutte le storture del concorso e le legittime richieste (negate finora) dei candidati esclusi.

Una di esse era l’accesso al codice sorgente del programma CINECA (Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro, cui aderiscono 69 università italiane, otto enti nazionali di ricerca, due policlinici, l’ANVUR e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca).

Il CINECA è un Centro di Calcolo “cuore tecnologico del sistema di comunicazione tra Università e Ministero dell’Università e della Ricerca”, come riportato sul loro sito, che si occupa di fornire i software per gli esami.

Ad un certo punto di questa vicenda, è sorto un dubbio molto grave che assolutamente merita di essere affrontato: il non anonimato delle prove di esami.

Parrebbe che il sistema (perfetto per le università ma non creato ad hoc per i concorsi pubblici) potrebbe avere una falla che svelerebbe l’identità del candidato attraverso il codice sorgente.

Questo vuol dire che ci potrebbe essere il rischio che un commissario (generico) avvisato di questo bug di sistema o un po’ più scafato del mondo informatico, avrebbe potuto risalire al nome del candidato che invece in tutta la parte scritta doveva per legge rimanere anonima.

Noi non sappiamo se questo sia corretto o meno, sappiamo che c’è la possibilità e che quando c’è un dubbio di questo tipo va immediatamente sciolto per la credibilità di tutti.

Le motivazioni di CINECA

Quando i candidati hanno chiesto nell’accesso agli atti l’accesso anche ai codici sorgente, così da poterli  sottoporre a un esperto, il CINECA anziché collaborare dimostrando buona fede, ha negato l’accesso adducendo una serie di motivazioni:

1) CINECA non può rivelare i codici sorgenti per proteggere i dettagli tecnici del programma che se no potrebbe essere copiabile da qualunque concorrente ma, anche se fosse, il principio di trasparenza di un concorso pubblico viene prima degli interessi aziendali (come richiamato nella sentenza n. 7333/2019) 

2) trattandosi di dati sensibili o sensibilissimi, non è possibile rivelarli ma in questi contesti si giudicano i “dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.

3) fornire i codici sorgente potrebbe rendere vulnerabile il sistema e compromettere tutti i dati modificando tutte le prove, ma comunque sono dati che appartengono allo stato committente.

Insomma, ce l’hanno messa proprio tutta ma la verità è che Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), si è pronunciato definitivamente ingiungendo a CINECA di fornire i codici sorgente.

 

Nota bene:

Non sappiamo ancora se questi codici siano trasparenti o meno, ovvero possano tradire l’anonimato del candidato, questo lo vedremo successivamente, però la reticenza a fornire quanto richiesto, non dispone bene chi legge.

Recte facendo, neminem timeas

Male non fare, paura non avere.

 

Chiunque volesse segnalare ulteriori informazioni coerenti o meno con quanto scritto, scriva pure a info@betapress.it

 

Post Scriptum: 

Stiamo osservando anche il concorso per DSGA, per cui auspichiamo la retta condotta professionale di commissioni e candidati.

Purtroppo sembra che anche per il concorso DSGA le acque non siano così chiare… (NdD)

Riferimenti

Il ministro Azzolina e il concorso del 2017

Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

Sito CINECA 

Leggi di riferimento: articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016

Concorso DSGA: note di malcostume italiano

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!




“Le Parole Del BenEssere”

Imprenditore molla tutto e torna a fare l’infermiere.

Pierluca Narraccio è un Eroe silenzioso.

Un Eroe come lui non fa notizia sui giornali eppure, con l’uso sapiente delle sue parole, ha fatto e continua a fare la Differenza nella vita delle persone che incontra.

Con lui si completa la trilogia di “Soul 2 Soul Talk” dedicata agli Eroi che, durante l’emergenza sanitaria e il lockdown, si sono contraddistinti per aver fatto delle Parole ciò che effettivamente sono: semi da spargere in cuori fertili, Vascelli pronti a traghettare chi le pensa, dice e agisce, alla Terra Promessa che esse descrivono.

“Infermiere per amore”

Nei fine settimana Pierluca presta servizio come assistente d’aula per una nota Scuola Italiana di Formazione in P.N.L., ed è lì che lo incontro la prima volta.

Fuori dall’aula, nella vita di tutti i giorni, fa l’infermiere.

In ospedale, il vivere a stretto contatto con persone sofferenti lo ispira a ideare un nuovo approccio comunicativo con i pazienti.

Il suo sogno è offrire agli Operatori Sanitari, a tutti i livelli, virtuali esempi di interazione basati sull’uso responsabile delle parole.

“Da Paziente a Partecipante”

Sogno che si concretizza con “Le Parole Del BenEssere”, libro che inaugura un codice linguistico atto a instaurare tra Medici, Infermieri e pazienti, relazioni basate sulla fiducia e l’empatia.

“Le parole sono semi che germogliano in noi e nelle persone a cui li doniamo”, dice Pierluca riassumendo in un pensiero la sua prima opera letteraria.

Il compito dei Medici e degli Infermieri, in qualità di Ambasciatori di BenEssere, è quello di usare le parole per abbreviare il periodo di convalescenza del malato, invitandolo a partecipare attivamente al suo processo di guarigione.

Il paziente viene aggiornato in tempo reale sul suo stato di salute, sulle terapie scelte dal medico curante e sulla reazione alle stesse da parte del suo organismo.

Le parole, selezionate con cura, servono a raccontargli la sfida da affrontare in modo positivo, chiaro e consapevole.

Da “paziente” passivo ad attivo “partecipante”, la persona curata diviene così consapevole del percorso terapeutico intrapreso e corresponsabile del suo processo di guarigione.

“Il Viaggio dell’Eroe”

Ogni Viaggio dell’Eroe che si rispetti inizia con la “Chiamata”.

Chiamata rappresentata dall’improvvisa quanto inattesa “Emergenza Covid-19”.

Pierluca, nel frattempo, si è costruito una realtà imprenditoriale, ma il momento storico è importante e lui non ci pensa due volte a mollare tutto, per tornare a indossare i panni dell’infermiere.

“Io in questo momento ci devo essere, devo poter fare qualcosa per questo”, racconta nel corso dell’intervista.

Decide così di raggiungere il personale medico e infermieristico già impegnato, giorno e notte, al Pronto Soccorso Covid-19 dell’Ospedale di Lodi.

Al termine del periodo più “caldo”, Pierluca condivide con noi la sua esperienza e ciò che di più prezioso gli ha insegnato:

il valore di uno sguardo quando tutto il resto del volto è coperto, per indagare lo stato d’animo del malato e rassicurarlo;

il potere delle parole “alte” di generare terapeutiche emozioni;

l’effetto placebo di gesti consapevoli ed empatici – un sorriso, una carezza, un disegno, un tocco – per accelerare il processo di guarigione o quantomeno aumentare le probabilità di un positivo esito del percorso di cura;

infine, riuscire a fare della solitudine – condizione non cercata né voluta, ma in quel momento necessaria – l’opportunità per conoscere meglio noi stessi e apprezzare il Valore della Vita … “da vivere senza rimpianti e senza rimorsi … pienamente!”

Buon Ascolto!

Ondina Wavelet




Concorso DSGA: diritti negati!!

Abbiamo già parlato del concorso dei DSGA e ne abbiamo già evidenziato le assurdità ed ogni giorno ne escono, specialmente ora con gli accessi agli atti dove i candidati bocciati si vedono mandare come risultato degli accessi agli atti compiti di altri…

AHAHAHAH da non credere…

Ma oggi abbiamo voluto vedere lo svolgimento degli orali (iniziati oggi presso l’I.C.S. Piazza Leonardo da Vinci,  Piazza Leonardo da Vinci, 2 – 20133 Milano, di persona quindi come Betapress ci siamo recati sul luogo per presenziare a qualche colloquio.

i Candidati erano presenti dalle 8,30 più qualche accompagnatore.

Prima delle 9 non si è mosso nulla, poi i collaboratori scolastici hanno iniziato a far entrare i candidati.

Ovviamente abbiamo fatto notare sin da subito che eravamo presenti in qualità di uditori e che avremmo voluto vedere i lavori della commissione, ma i candidati sono stati interrogati senza la presenza di pubblico, mentre gli uditori sono stati fatti entrare con mezz’ora di ritardo, ma, sorpresa delle sorprese quando dovevamo entrare noi, che ovviamente ci eravamo qualificati come giornalisti, la presidente di commissione è venuta a farci presente che potevamo entrare solo uno per volta rispetto ad ogni candidato, e per i protocolli covid presenti sul sito ad ogni candidato era permesso far entrare un solo accompagnatore.

Abbiamo fatto presente alla presidente di commissione che noi non accompagnavamo nessuno,  ma la stessa si è appellata al protocollo covid dicendo che saremmo potuti entrare solo se si liberava uno dei due posti degli accompagnatori dei candidati.

Quando abbiamo tentato di far notare alla presiedente di commissione che non era corretta questa modalità di azione se ne è andata spazientita senza nemmeno ascoltarci dicendo che non aveva tempo da perdere.

Anche noi non avevamo tempo da perdere e sopratutto l’evidenza del grave illecito perpetrato dalla commissione ci sbigottiva.

In ogni caso abbiamo aspettato pazientemente assieme ad altri uditori che avrebbero voluto, secondo il loro diritto di vedere i colloqui dei candidati, che si liberasse un posto.

Dopo circa venti minuti di attesa siamo riusciti ad entrare.

Nell’aula era presente il nostro giornalista ed un altro uditore che non era parente o accompagnatore di nessun candidato, mentre fuori dall’aula c’erano altre tre o quattro persone che avrebbero voluto sentire i colloqui ma che non venivano fatti entrare per questo supposto protocollo.

La presidente di commissione dopo cinque minuti di nostra presenza nell’aula in modo stizzito e molto scortese ci intima di mettere via il cellulare che il nostro giornalista usava per prendere appunti.

Nonostante la nostra segnalazione che non eravamo i candidati che facevano l’esame, la presidente in modo quasi offensivo e comunque al massimo della scortesia ci intima di mettere via il telefono e che lei non ama ripetere le cose.

Eppure tutta la commissione usava il telefono per mandare messaggini e guardare mail…

Dopo altri 5 minuti al nostro giornalista si avvicina la verbalizzante chiedendo il tesserino da giornalista.

Lo consegniamo senza polemica e quando ci viene restituito chiediamo il motivo di questa azione ai limiti della violazione di almeno tre leggi, anche perché eravamo già stati riconosciuti e registrati all’ingresso della scuola, la verbalizzante alza le spalle e ci dice: “ordini del presidente della commissione che vuole verbalizzare”.

Eppure all’altro uditore presente non è stato chiesto il documento e non è stata verbalizzata la sua presenza.

QUINDI IL PROBLEMA ERA CHE NOI ERAVAMO DEI GIORNALISTI????

Alla faccia della libertà e della trasparenza.

Questo lascia pensare che c’è del marcio in Danimarca!!!

In pratica in questa prima sessione di orali l’accesso agli uditori era praticamente precluso e sono state fatte tutte le azioni volte a intimidire ed a intralciare il libero accesso nonché la libera attività giornalistica.

Infatti nel famoso protocollo covid tanto caro alla presidente c’era scritto:

“I candidati, convocati secondo il calendario pubblicato sul sito dell’USR Lombardia, accederanno all’edificio dall’ingresso posto in Piazza Leonardo Da Vinci , 2 A e potranno farsi accompagnare da una persona da loro scelta”

Ma da nessuna parte era previsto l’accesso di eventuali uditori come invece dovrebbe esserci per legge.

L’art. 6, comma 4, del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, secondo il quale “le prove orali devono svolgersi in un’aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione”, nonché gli artt. 7 comma 5 e 16 comma 2, del d.P.R. 27 marzo 2001 n. 220 secondo i quali la prova orale deve svolgersi in un’aula o sala aperta al pubblico.

E perché un’aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e quindi non soltanto a terzi estranei, ma anche e “soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti “(Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1722).

Or vogliamo pure dire che il covid ha imposto alcune restrizioni?

Va bene, ma il presidente di commissione deve garantire il massimo accesso al pubblico, quindi bastava sceglier un’aula più grande, ad esempio l’aula magna, e permettere l’accesso al pubblico in maniera corretta.

Poi occorre considerare che se noi fossimo restati nell’aula per tutto il tempo delle prove nessun altro sarebbe potuto entrare per vedere i colloqui!!!!

Alla faccia della trasparenza.

Ma d’altronde questo concorso ha più ombre che luci!!!

Altra cosa divertente è che la prova di informatica veniva fatta ad un pc che proiettava sul muro le attività del candidato, peccato che per i primi quattro candidati il proiettore è rimasto spento, quindi, anche qui, alla faccia della trasparenza.

Poi abbiamo sentito le risposte di alcuni candidati, paradossale, qualcuno non sapeva cosa è l’avanzo di amministrazione (in un concorso per direttore dei servizi generali ed amministrativi è abbastanza assurdo), ma prima di fare commenti aspettiamo che la commissione ci dica se sono stati promossi o bocciati.

Infine ad una domanda: “ma se avanzano dei soldi della gite scolastiche, ovvero quelli anticipati dai genitori, la scuola come deve considerare quell’avanzo?” premesso che il candidato non ha saputo rispondere, ma i commissari hanno detto che la scuola poteva riutilizzarli l’anno successivo!!!!

A noi risultava che la scuola era obbligata a ridarli ai genitori, ma come io pago per una gita la scuola non la realizza e si tiene i soldi per la gita dell’anno successivo che poi magari mio figlio manco c’è più???

 

Tutto questo concorso appare improvvisato e poco chiaro.

Per 400 posti sono stati ammessi solo 200 candidati all’orale, già solo questo lascia pensare.

Noi ce ne siamo usciti abbastanza straniti, poi, una volta fuori abbiamo pensato a quanta gente era stata bocciata agli scritti che probabilmente era molto più preparata di quella sentita oggi.

E è rimasto il dubbio sulla paura della presidente di commissione di avere in aula un giornalista…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!

 

 

 

 

 




il buio oltre la siepe

Nel suo famoso romanzo Harper Lee collega il problema del razzismo all’ignoranza, alla paura generata dall’ignoto, dal buio, dall’ignoranza appunto (nel senso di non conoscenza).

Si teme quello che non si conosce:

“Quasi tutte le persone sono simpatiche quando si riescono a capire.” è un adagio del libro per darci un messaggio di chiarezza, la conoscenza toglie le paure, la conoscenza unisce, la conoscenza illumina il cammino di qualsiasi uomo.

Nella traduzione italiana del titolo si è proprio forzato il concetto, evidenziando come i due bambini protagonisti del volume temessero tutto ciò che c’era oltre la siepe di confine della loro casa, perché appunto non sapevano cosa c’era, oltre la siepe.

Il titolo originale invece to Kill a Mockingbird , che letteralmente significa uccidere un uccellino (tordo americano), voleva indicare l’inutile violenza sugli indifesi, ma a nostro avviso il titolo italiano rispecchia meglio la pesante eredità che il libro ci lascia.

La conoscenza è la chiave di volta per unire i popoli e le generazioni.

La conoscenza è il patrimonio vero di un popolo, la sua unica arma di difesa in un mondo ormai saturo di non verità, di apparenza ma sopratutto di urlatori.

Come costruire e preservare questo patrimonio?

Come renderlo immortale?

Come farne un centro di convivenza civile?

Molto semplice, con una scuola efficace.

Proprio quello che il nostro paese continua a non fare!!

E persevera, gravemente colpevole, verso un baratro che è sempre più vicino.

Inutile affondare il coltello nella piaga dicendo che siamo all’ultimo posto o quasi in tutte le classifiche mondiali, della scuola, della digitalizzazione, della banda larga, dei laureati…

Inutile perché lo sappiamo benissimo.

E così succede che una scuola che non genera conoscenza, e quindi non aiuta il paese ad essere paese, non serve.

Si trasforma tristemente in un grosso centro di babysitteraggio altamente qualificato perché tutte le TATE sono laureate.

Anche le ultime indicazioni sulla ripartenza di settembre dimostrano chiaramente la paura della non conoscenza, infatti sono talmente ed incredibilmente aliene che non si capisce come siano state scritte.

Gli alunni che stanno fermi immobili nei banchi mantenendo le distanze come i soldatini di piombo, edifici che dovrebbero avere aule di 100 metri quadri, il mondo del distopico.

Il Paese però continua perdere nella battaglia di crescita mondiale, rimane indietro arranca sempre di più.

Cosa fare?

Di sicuro sarebbe il caso di smetterla di usare la burocrazia parlando di scuola; sarebbe anche utile mandare tutte e persone che parlano di scuola a lavorare nelle scuole, forse potrebbero parlare con causae cognitio, e quindi smetterla di fare robe inutili quando non dannose.

Sarebbe anche utile rivedere la rete di servizio del MIUR (oggi MI) per evitare che questa sovrastruttura sia come oggi è, dannosa ed inutile.

Sarebbe anche utile alzare lo stipendio al personale scuola tutto, chiedendogli in cambio la massima professionalità possibile,

sarebbe anche utile rivedere gli organi collegiali delle scuole ad oggi veramente inutili ed inutilizzati,

sarebbe anche utile rafforzare le competenze delle segreterie per non lasciare le scuole in mano a fornitori disonesti o quantomeno troppo orientati esclusivamente al loro guadagno,

sarebbe anche utile dare un obiettivo ai nostri ragazzi, sarebbe anche utile riempire di valore i titoli che diamo ai ragazzi, dalla maturità alla laurea, che oggi servono poco o a nulla,

sarebbe utile parlare della scuola del futuro che non può essere meetchatroomteams o dad on line, ma deve contenere un percorso pedagogico, deve essere modulare nei contenuti, deve approcciare certamente le nuove tecnologie ma non essere guidata da esse,

sarebbe anche utile che il mondo scuola smettesse di votare degli incompetenti ogni volta.

Come il buio oltre la siepe ci ha aiutato a capire che l’ignoto ci divide e crea forme di razzismo da quello classico a quello mentale, così oggi dobbiamo capire che la nostra società ed il nostro paese potranno salvarsi solo conoscendo, imparando, educando.

Smettiamo di distruggere la scuola, ci facciamo solo del male, cerchiamo di tarare meglio il nostro futuro, cerchiamo di affidare il futuro della scuola a chi veramente è in grado di sapere di cosa parla.

Vent’anni di incapaci sono troppi da reggere per un paese come il nostro, siamo al limite, cerchiamo di mirare meglio i nostri interventi e ricordiamoci che il Ciclope non chiudeva mai gli occhi quando prendeva la mira.

 

 

 

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CORRADO FALETTI

DIRETTORE RESPONSABILE

 

sdidatticamente parlando e non solo

Lo scollamento




“Il Violinista sul Balcone”

L’imprevedibilità della vita 

Il 24 febbraio 2020, una decina di giorni prima dell’inizio del “lockdown” in tutta Italia, al Teatro alla Scala di Milano viene scoperto un caso di coronavirus.

Aldo Sebastian Cicchini, violinista dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, proprio in quei giorni – in via del tutto eccezionale – si trova lì.

Ironia della sorte, il suo periodo di quarantena inizia proprio a “ChinaTown”, il quartiere cinese a Milano dove abita con la moglie Ana e le loro splendide bambine, Sol e Victoria.

Ma facciamo un passo indietro …

Nato nel 1988 a Montevideo – Uruguay in una famiglia che, riconoscendo il suo precocissimo talento – a due anni  chiedeva di poter ascoltare ogni giorno “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi – lo affida alle cure della Maestra di musica Ludmila Cavallaro, Aldo impara a suonare il violino “giocando”.

Intraprende quindi il suo percorso di Studi, contrassegnato da diplomi a pieni voti e importanti riconoscimenti, in varie parti del mondo.

La domanda più importante

La domanda più importante di tutte è racchiusa in una parola: “Perché”?

“Perché faccio quel che faccio?”

Per Aldo, più che suonare il violino, la cosa più importante è suscitare emozioni nei suoi ascoltatori e vederle riflesse sui loro volti.

Come gli mancava questo aspetto del suo lavoro, durante il lockdown! Come gli mancava il suo adorato pubblico!

“La cosa che più mi appaga non è il violino in sé – mi confida nel corso dell’intervista – ma è poter vedere gli sguardi della gente, vedere le emozioni nei loro volti mentre sentono la musica che produco o che faccio anche coi miei colleghi … Allora ho pensato: ok, la situazione è questa. Cosa posso fare per reinventarmi?”

Alla nostalgia si è presto aggiunto un senso di impotenza, stemperato subito in fiducia: “Non sono un medico e non posso salvare vite umane … Ma una cosa la posso fare: suonare il violino e, attraverso la musica, porgere un Messaggio di Incoraggiamento e di Speranza.”

Sincronicità

Venerdì 13 marzo 2020: Aldo decide di realizzare un concerto da casa alle 19:30, in diretta su Facebook e Instagram. Ha già preparato un tappeto sonoro di chitarra, che userà come sottofondo per suonare il violino.

Il giorno stesso, Aldo riceve l’invito a partecipare a un gigantesco flashmob da tenersi alle 18:00: dalle finestre e dai balconi di tutta Italia ogni musicista, alla stessa ora, suonerà per allietare i propri vicini di casa.

Aldo mette insieme le due idee: mentre partecipa al flash mob dal suo balcone, trasmette il suo concerto live sui social.    Così, può raggiungere i vicini di casa e i follower in rete, contemporaneamente.

La meraviglia dei vicini non si fa attendere: neppure sapevano che lui fosse un musicista!

In un batter d’occhio si sporgono dalle finestre e dai balconi, sorpresi da inattesa meraviglia.

Il successo strepitoso dell’evento, convince Aldo a ripetere l’esperienza. Quello che doveva essere un episodio speciale e isolato, sarà per lui il primo di ventitré concerti, uno ogni sera, fino alla fine del periodo di lockdown previsto per il tre di aprile.

La sua è un’avventura umana e mediatica che verrà ricordata a lungo. Tra notizie di cronaca non proprio felici, si narrerà la storia del violinista che, dal balcone di casa, ha consolato gli inquilini del suo condominio e quelli del palazzo dirimpetto: due stabili a forma di semicerchio, posti l’uno di fronte all’altro, a far cassa di risonanza in un teatro all’aperto.

Aldo realizza che il suo Dono, oltre a far bene agli ascoltatori, fa bene anche a lui: “Era il nostro appuntamento – ricorda – il nostro momento per dimenticare le brutte notizie, la morte … volare insieme in un mondo perfetto, senza sofferenza, senza paure … Si è formata una specie di squadra: c’erano i compleanni dei bambini e cantavamo tutti insieme “Tanti auguri”. Abbiamo cantato l’Inno insieme, abbiamo cantato “Nel blu dipinto di blu” … Tutti i vicini a squarciagola mentre io suonavo … Era bellissimo … Non potendo starci vicini, comunque ci abbracciavamo in questo modo ed era bellissimo.”

Anche la condivisione delle sue performance sui social viene presto premiata.

La vicina cinese di pianerottolo riprende un suo concerto col telefonino e gli chiede di poterlo postare su Weibo – l’equivalente di Facebook in Cina.

Il video diventa “virale” – mai metafora fu più azzeccata! – totalizzando in brevissimo tempo un incredibile numero di visualizzazioni.

Ironia della sorte: grazie ai social, le note di Aldo raggiungono gli estremi confini della terra. Specialmente la Cina, da cui tutto ha avuto inizio.

E, guarda caso, proprio da “China Town”: il quartiere cinese di Milano dove Aldo Sebastian Cicchini, violinista di fama internazionale, ha scelto di abitare con la sua bellissima famiglia.

Morale della storia

Com’è vero che il virus non conosce confini è altrettanto vero che la Musica, sorvolando le barriere del pregiudizio e delle differenze culturali, offre a ciascuno di noi il Pretesto per riconoscerci uguali, di fronte alla morte e alla Vita.

“La Musica è il Linguaggio Universale che ci unisce tutti” dice Aldo.

“Se la Musica è portatrice di un messaggio, il tuo è sicuramente un Messaggio d’Amore – aggiungo io – che tu ne sia consapevole o meno …

“Sì sì, lo sono, lo sono” … e si accende in un sorriso.

Se di questo importante periodo storico possiamo far tesoro di qualcosa, forse è proprio di questo: aldilà di fatti di cronaca e attribuzioni di responsabilità, al di sopra di opinioni, giudizi e pregiudizi, oltre la paura della morte c’è la Vita, con il suo irresistibile Richiamo a viverla per ciò che essa è, nella sua vera Essenza: Esperienza, Miracolo d’Amore, Opportunità per riscoprirci, dietro un velo di illusorie differenze, UNO.

Ondina Wavelet

Per guardare la video intervista clicca qui.

P.S.: grazie di cuore a Christian Gaston Illan e Maria Giulia Linfante, fondatori del fantastico Gruppo Smart Villag(g)e Cloud, per avermi dato la fantastica opportunità di conoscere Aldo e di apprezzare il suo bellissimo cuore.

Per conoscere questa splendida iniziativa, clicca qui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




“Tutto Andrà Bene”

“Tutto andrà bene”

“Metti in conto che ci sarà della solitudine sulla strada della libertà. Metti in conto che prima o poi, su quella strada, ci troverai tutta la gente con il tuo stesso coraggio, metti in conto che, trovando te stesso, non avrai più bisogno d’altro. Metti in conto di sentire tutta la ricchezza del mondo, vissuto da vivo. Metti in conto di accorgerti di… respirare. Metti in conto la disapprovazione degli obbedienti, l’incomprensione dei saccenti, il sospetto dei disamanti, il sorriso dei poeti. E la simpatia dei santi. Metti in conto l’amore. E tutto andrà bene.”

Luciana Landolfi – Brescia, 21 ottobre 2003

 

… anche oggi.

È ora di pranzo e suona il campanello. È il postino che suona una volta, con piglio deciso. Sembra voler dire: “Tanto lo so che sei in casa”. Anche se non ci sei. Così, se in un millisecondo non ti affacci alla finestra per urlare: “Eccomi! Arrivo!” lascia l’avviso nella cassetta delle lettere. Ed ecco che trovo, al mio ritorno, l’avviso di una raccomandata.

La descrizione dice “lettera”. Viene dall’Italia. Corro all’Ufficio Postale. È una busta gialla, di quelle rivestite di bollicine d’aria che se le premi schioccano. Adoro le buste gialle misteriose: contengono sempre bellissime sorprese. Mentre appongo la mia firma “digitale” esulto come quando, da bambina, pregustavo l’arrivo degli zii Inglesi che, ogni anno nel periodo di Natale, tornavano a casa.

Il mittente è la mia cara amica Luciana Landolfi. Mi aspetto di trovare il suo ultimo libro “Tutto andrà bene”, uno di quelli che metti in borsetta per tenerlo, ovunque tu vada, vicino al cuore. A casa penso a come sorprenderla a mia volta. Realizzo, emozionata, una diretta su Instagram. Inattesa come un treno in ritardo di un minuto alla stazione di Lugano, raggiungo tre spettatori. Ma va bene così: la diretta è terapeutica per me. Non dò il tempo alla mente di “prepararsi” le cose da dire. Così, è il mio cuore a parlare.

 

Le interviste

Ho incontrato Luciana di persona tre volte. Per parlare di “Respira come se fossi felice”, libro-intervista scritto con Paolo Borzacchiello (Autore del best seller “La Parola Magica”); in occasione della pubblicazione di “Dimmi Che Ti Amo”, raccolta di aforismi, pensieri, poesie, condivisi da Luciana sui social e raccolti per la prima volta in un libro da assumere a piccole dosi quotidiane, tanto è profondo e taumaturgico (anche aprendolo in una pagina a caso!); in pieno periodo “emergenza sanitaria” invece, in concomitanza con l’uscita del suo ultimo “Tutto Andrà bene”, ci siamo video-chiamate su Skype.

(Guarda il video corredato all’articolo)

 

Nonna Olivia

“Tutto Andrà Bene” – per chi si fosse imbattuto nello striscione arcobaleno a rallegrare il balcone di un simpatico dirimpettaio, nei post-it multiformi e coloratissimi appiccicati un po’ ovunque in città, in foto bene auguranti sui social o nelle catene di messaggi su whatsapp (l’elenco potrebbe continuare all’infinito) … è lo slogan del periodo di emergenza sanitaria, il “mantra” amuleto, la formula magica che, cacciata via la paura, ravviva la luce della Fede.

In realtà “Tutto Andrà Bene”, oltre a essere il titolo di svariate poesie di Luciana – la prima di esse, in apertura di articolo, è datata 2003 – riassume la filosofia di vita di nonna Olivia, “Essere Soprannaturale” stupendamente tratteggiato nel primo capitolo.

Donna-Medicina, Donna-Preghiera, Donna-Amore, nonna Olivia è Fonte di Ispirazione per la piccola Luciana, gloriosa incarnazione delle tre parole che, due generazioni più avanti, diverranno Atto Poetico personale e collettivo, Atto di insensata Bellezza, Modo di Vivere e di guardare gli Altri, ritenendoli in grado di affrontare gli eventi della vita. Anche e soprattutto quelli imprevisti, quelli che da un momento all’altro non è più lo stesso.

 

E il Verbo si fece carne

In principio era il Verbo. Come dire: in principio era il Suono. Il Suono prodotto da una Vibrazione. Musica creatrice.

A quanto pare due elementi preesistevano alla Creazione, così come ci viene descritta nel libro della Genesi: il Verbo ha assistito alla sua Creazione. (Anche l’acqua, a quanto pare, non è stata creata. Semplicemente, “c’era”)

Il Verbo si fa “carne” in chi Lo accoglie e ripone la sua fiducia in Esso. Risuona in chi si lascia attraversare dal suo atto Creativo,  vibrando alla stessa frequenza.

La Parola sostiene ciò che crea. È Promessa mantenuta, nell’eterno Presente.

Così, “Tutto Andrà Bene” è Atto Profetico che si fa Dono per l’Umanità. Varcando i confini di nazioni e continenti, culture e linguaggi, religioni e filosofie di vita, ci rende Uno.

 

Il Futuro ci salverà

Soprattutto, in un periodo storico importante come questo, “Tutto Andrà Bene” è il Messaggio che viene da un Futuro salvifico.

Se sapremo guardare tutti insieme verso di Esso – Porto di Quiete al riparo dai marosi della Vita, Rifugio sicuro nei momenti di incertezza, Giardino Sacro di Pace interiore – non temeremo più il Cambiamento: ritroveremo Noi Stessi e lo Scopo per cui siamo vivi, in questo splendido Universo.

Ondina Wavelet (JL)

 

http://https://youtu.be/qnyIpDtWbzs

 

 

 

 

 

 

 

 




Vicepresidi forse una tutela in più…

Riconoscimento sindacale per Ancodis Palermo

ANCODIS: il futuro dei Collaboratori dei DS e delle figure di sistema

verso l’orizzonte sindacale.

Durante il lockdown, nella scuola, c’è chi ha lavorato, non solo di più, ma anche meglio.

Per esempio, i vicepresidi, o meglio i Collaboratori dei Dirigenti Scolastici.

Mai come in questi ultimi tempi, i vicepresidi hanno dato prova del loro ruolo fondante di ogni istituto scolastico, chiamati ad assumere incarichi pressanti, sul piano dell’organizzazione dei servizi, del funzionamento didattico, della sicurezza e della prevenzione in tutti gli ambienti scolastici.

Da tre anni, esiste ANCODIS, l’Associazione Nazionale dei Collaboratori dei Ds.

Nei mesi scorsi, l’ANCODIS ha svolto un importante questionario tra i suoi iscritti.

La raccolta dati serve per definire una nuova identità degli iscritti, ma anche per focalizzarsi sugli obiettivi e sulle proposte che l’Associazione si troverà a definire a tre anni dalla sua costituzione.

A tale proposito, come redazione di betapress, abbiamo intervistato il prof. ROSOLINO CICERO, Presidente dell’ANCODIS Palermo.

BETAPRESS– Buongiorno, prof. Rosolino, cominciamo dal definire che cos’è l’Ancodis…

CICERO– L’Ancodis è la realtà rappresentativa dei Collaboratori dei DS che assumono incarichi sul piano dell’organizzazione dei servizi, del funzionamento didattico, della sicurezza e della prevenzione in tutti gli ambienti scolastici.

BETAPRESS– Chi sono gli iscritti?

CICERO– Oggi Ancodis, tra i suoi iscritti, rappresenta per oltre il 50% i Collaboratori noti come “Vicepresidi”, e con percentuali variabili i cosiddetti Secondi Collaboratori, i Responsabili di plesso ed i Collaboratori dei DS in genere.

BETAPRESS– Sono docenti con una certa esperienza alle spalle, immagino…

CICEROL’83% ha un’anzianità di servizio di oltre 15 anni, circa il 10% compresa tra i 10 ed i 15 anni e poco meno del 7% una anzianità minore di 10 anni.

BETAPRESS– C’è spazio anche per nuove figure professionali dell’universo scolastico?

CICEROAncodis ha chiesto agli iscritti di pronunciarsi sull’apertura alle FF.SS, agli Animatori digitali, ai RSPP se docenti, ai Coordinatori per l’inclusione, ai Coordinatori di dipartimento riscontrando un significativo assenso: dal prossimo anno scolastico, dunque, l’adesione sarà possibile anche a queste figure.

BETAPRESS– Quali sono gli obiettivi dell’Ancodis?

CICERO– Per quanto riguarda gli obiettivi, dopo i primi tre anni dedicati alla costituzione della comunità dei Collaboratori, la priorità sarà data alla costruzione di una governance scolastica nella quale chi vuol farne parte deve avere una specifica formazione in gestione, direzione, coordinamento didattico, prevenzione e sicurezza di sistemi complessi come una scuola.

BETAPRESS– Ma questa governance scolastica avrà anche un’identità normativa?

CICERO– Certamente!

Ancodis propone l’istituzione di un nuovo documento associato al PTOF – il Piano Organizzativo e Gestionale (POG) – nel quale il DS determina per un triennio gli obiettivi per il funzionamento dell’Istituzione ed individua anche le figure di sistema secondo i principi di efficienza ed efficacia in un clima collaborativo ed aggregante.

BETAPRESS– Perché è così importante il ruolo del vicepreside?

CICERO– Nel moderno organigramma scolastico è ineludibile – anche per colmare un ventennale vulnus giuridico – l’istituzione di una figura denominata “Collaboratore principale” che in caso di assenza o impedimento del DS lo sostituisca a tutti gli effetti ad esclusione degli atti di natura contrattuale, negoziale, nelle relazioni sindacali.

BETAPRESS– Ma come è possibile conciliare l’attività d’insegnamento con l’incarico di vicepreside?

CICERO– Per tale figura occorre prevedere il distacco dall’attività di docenza con la razionalizzazione dei posti per il potenziamento dell’offerta formativa ai sensi dell’art. 1 comma 14 punto 2 lett. b della Legge 107/2015. 

BETAPRESS– Prof. Cicero, ci parli di questa nuova proposta avanzata dall’Ancodis…

CICERO– In merito alle proposte, è arrivato il tempo di determinare nel prossimo CCNL il riconoscimento contrattuale dei Collaboratori e delle figure di sistema in una nuova area (i QUADRI ai sensi del comma 1 art. 2 Legge 190/1985) con specifico profilo professionale, attività lavorativa ed orario di servizio, trattamento economico, carriera; tra essi si individui il Collaboratore principale con formale riconoscimento per la sostituzione del DS assente (ai sensi del vigente contratto Area Dirigenza scolastica) o per la collaborazione al DS reggente e – se delegato – per la presidenza nella Commissione di esami.

BETAPRESS– Quali sono i requisiti per questa figura professionale?

CICEROPer l’accesso all’area si propone di prevedere un’anzianità di servizio di almeno tre anni e l’obbligo di frequenza ad un percorso annuale di formazione e di specializzazione, anche universitaria, su temi relativi ai modelli organizzativi e gestionali nella PA, al diritto del lavoro, alla gestione delle risorse umane, seguito da un tirocinio conclusivo di un anno.

BETAPRESS– L’ Ancodis si propone anche di diventare un’organizzazione sindacale

CICERO– Esattamente!

Oltre l’80% degli iscritti ha deciso di far evolvere l’Associazione in una O.S. che rappresenti e tuteli la professionalità dei Collaboratori dei DS e delle figure di sistema con la possibilità di confederarsi con altre OO.SS. ma restandone autonoma.

BETAPRESS– Quanti sono indicativamente i docenti che svolgono il ruolo di vicepreside?

CICERO– Nel sistema scolastico italiano sono almeno 80000 i docenti coinvolti nel ruolo di collaboratori dei D.S.

Essi rappresentano una componente essenziale per l’organizzazione ed il funzionamento didattico di una autonoma Istituzione scolastica.

Ecco dunque le proposte concrete che Ancodis sottopone ai suoi interlocutori e le scelte che aprono nuove strade, a partire da quella sindacale.

Noi, come redazione di betapress non possiamo che divulgare questa importante novità del sistema scolastico italiano, sottolineando che, ancora una volta, la città protagonista è PALERMO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANCODIS: alla ricerca del vicepreside perduto…

Presidi e Vicepresidi: Tutti in “ferie” per protesta!!

Dirigenti Scolastici, Vicepresidi, DSGA, ATA, Collaboratori scolastici, eroi incompresi




Lo scollamento

Si parla con la gente, noi giornalisti, e si ascoltano molte cose, e magari le si capiscono, certo se si ascolta.

Ma noi giornalisti siamo una razza particolare, ormai siamo diventati preda dei click e dei clack, dei social e delle visualizzazioni.

Tanti anni fa quando collaboravo con le redazioni di giornali, quelli di una volta, quelli che gli articoli li dovevi scrivere entro le ventuno perché poi si andava in stampa, quelli che un articolo lo valutavi se per strada la gente si fermava e lo commentava, o se ti arrivavano le lettere pro o contro, oggi un articolo vale per le sue visualizzazioni, ovvero se te lo leggono.

E va bene ce ne faremo una ragione, ma questo ha cambiato la faccia del giornalismo, quantomeno lo ha trasformato in una orrenda meretrice che volge la sua attenzione a ben altri valori che quelli della verità, della coerenza o, utopia delle utopie, della giustizia.

Se fa notizia, se arrivano click, bene è da pubblicare, altrimenti chissene…

Proprio per questo motivo, il dio soldo, i giornali non sono più tali da tempo.

Correndo dietro alla velocità richiesta dai nuovi strumenti di oggi abbiamo perso il valore che un giornalista vero può dare alla notizia, la credibilità.

Siamo infatti nel mondo delle fake news, dove solo facendo il giornalista vero puoi combatterle.

Ma dovresti perdere tempo su una notizia, verificarla, aspettare i risultati di certe indagini, sentire più fonti… impossibile, se perdi il momento perdi la notizia e quindi i click clack.

Quindi oggi anche le notizie più importanti vengono buttate in pasto alla folla senza nulla, così, alla spera in dio.

Questo ha generato lo scollamento, una nuova forma sociale di dissociazione del cittadino che qualsiasi cosa legge o sente scuote la testa e dice “tutte cazzate, tutte fake news, ma questi qui dove vivono”.

Visto che i giornali, le tv ed internet sono diventati gli strilloni dei politici, il fenomeno dello scollamento è diventato seriale.

Il paese è da una parte, chi lo deve raccontare da un’altra, chi lo deve governare è in viaggio per chissà dove.

Scollamento triplo con avvitamento seriale inarrestabile.

Lo scollamento crea un grave elemento, nasconde la verità, nasconde quello che succede.

In realtà lo scollamento ha anche una grande componente involontaria legata ad un altro fenomeno dei giorni nostri, ovvero al fenomeno del commentatore laureato.

Eh già, ormai chiunque si sente opinionista, editorialista, tutti scrivono i quartini di prima pagina, basta scrivere tre fesserie sul Facebook di turno ed ecco nato il commentatore laureato, unico detentore della verità, certo di questo fatto perché ha pubblicato un qualcosa su un qualcosa.

Se non fosse tragico ci sarebbe da morir dal ridere.

Eppure la gente vera, quella che deve pagare le bollette e le tasse, quella che deve dar da mangiare ai propri figli, quella gente lì lo sa dove sta il paese reale, quella gente lì è ben consapevole di cosa sta succedendo.

E sono proprio loro che quando leggono scuotono la testa si incazzano e poi corrono a lavorare per non essere lasciati a casa, sempre più con delle scuse stupide, sempre più stringendo i denti ed accettando quattro lire, ops, euro pur di far mangiare i propri figli.

Eppure una volta i giornalisti ascoltavano la gente e riportavano quello che diceva, ma non dei trafiletti per far passare una linea o l’altra, ma il pensiero della gente, quello vero.

Lo scollamento usato ad hoc, per far pensare che le cose stiano in un certo modo, furbi!

Ho visto di recente una serie di filmati dove alcuni imprenditori si alzavano all’inno di Mameli, ahahahah nessuna delle loro aziende aveva più la sede legale in Italia.

“Ma che cxxxo ti alzi ci prendi per il cxlo” questo avranno detto tutti gli italiani che hanno visto il filmato, questo avranno riportato tutti i giornali, però io non ho visto nulla di tutto questo.

Scollamento.

Ma forse anche questo mio articolo è inutile, perché forse a quegli italiani che non basta lo stipendio è venuta la rassegnazione del cristiano al colosseo, forse speriamo troppo in un miracolo.

Io no, io sono per difendere il paese anche dallo scollamento; come posso fare? forse anche scrivendo questi articoli, facendo in modo che almeno su queste pagine venga detto cosa pensa le gente, sperando che ai politici interessi ancora qualcosa, visto che ormai hanno trovato il modo di fregarsene anche del nostro voto, dato che in modo sempre più colluso tra le funzioni del potere si eleggono quasi da soli.

Ma io mi ricordo di quando ero piccolo ed annusavo la colla, mi piaceva, perché mi piaceva pensare che tutto si può sistemare, magari anche solo con un poco di coccoina .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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