Dalle stelle alle stalle

G7: Dalle stelle dell’Elite’, autoreferenziale, alle stalle delle Forze dell’Ordine

 

Non è nato proprio sotto i migliori auspici questo G7. Tra premier azzoppati per non dire quasi bocciati, nelle varie elezioni che si sono svolte, a quelli in attesa di prossime elezioni, ma con concreta possibilità di essere bocciati e non rieletti.

L’illusione poi, di chi ritiene di essere forte, ma deve fare i conti con un elettorato che pur ricevendo un apparente consenso, grazie ad interpretazioni falsate da una non chiara informazione, rappresenta una sparuta parte del totale degli elettori Nazionali.

Elettori che, forse a causa di discutibili proposte formulate dai molti “so tutto io”, hanno ritenuto dare un segnale, quantomai inappropriato, non recandosi a votare.

Attori “impropri”, quindi questi “Grandi della Terra” riunitisi in Italia, ma pronti a decidere della vita di milioni di cittadini, italiani ed europei, ma anche del mondo.

Attori che pur se in minoranza, ritengono di avere il potere in terra tanto da autodefinirsi i “Grandi della Terra” ma dimenticando che rappresentano solo una parte di essa, e per di più non della maggioranza, e come assai traspare, nemmeno della maggioranza dei popoli cui appartengono.

Se l’inizio di questa “conferenza” ha evidenziato una impreparazione logistica di notevoli dimensioni e ripetuta anche con gli accorgimenti che avrebbero dovuto porre rimedio, tanto da aumentare le forti e giustificate proteste da parte di chi avrebbe dovuto essere trattato nel migliore dei modi, occupandosi della sicurezza, ma si è visto trattare senza nessun rispetto e in barba ad ogni forma di dignità, lo svolgimento e la conclusione, non hanno portato a nulla di costruttivo.

Si è evidenziato solo lo status quo già in essere che non solo non parla di pace, cosa di cui non si può che auspicare, ma addirittura sembra si sia voluto alzare ulteriormente l’asticella verso la guerra, non cercando il dialogo, come si dovrebbe, ma sobillando con l’imposizione, la prevaricazione.

Così questi attori hanno deciso di stanziare tanti altri ulteriori miliardi, da reperire a spese dei contribuenti europei, per alimentare la guerra, sempre in nome di quella pace tanto citata ma che sembra proprio nessuno di essi desidera fattivamente volerla.

Danno e beffa, oltre al gravissimo pericolo di coinvolgimento mortale?

Chissà quindi a quale successo si riferiscono coloro i quali ne parlano con tanta enfasi.

Per l’appunto, nessun tavolo, per giungere ad una pace, si è aperto, ne ci si è dato, come prossimo obiettivo, trovare qualche possibilità di trattativa.

Chiedersi come si possa asserire che il successo possa derivare dal fatto che è stata tolta la parola “aborto” dalle discussioni, come riportano alcune agenzie Nazionali, è l’ennesima domanda cui non riusciamo a trovare una risposta concreta.

Discussione che tanto preoccupa la “facciata” di chi in contrasto con chi pretende di inserire l’aborto in costituzione, generando una incredibile soverchieria in contrasto proprio con i tanti decantati “diritti Umani”.

Così, qualcuno ha liquidato l’argomento asserendo che è una sterile polemica e che non saranno fatti passi indietro sui diritti?

Giusto per ricordarne il significato, riportiamo le definizioni tratte da uno dei più autorevoli dizionari.

Diritto, Secondo ”Treccani”, è un complesso di norme giuridiche che comandano o vietano determinati comportamenti ai soggetti che ne sono destinatari.

I diritti dell’Uomo, sempre secondo “Treccani”, spettano alla persona in quanto essere umano, non dipendenti da una concessione dello Stato. Tali diritti possono essere riportati alla tutela della vita umana sotto ogni forma…

Tralasciamo in questa fase la discussione sul “falso problema” dei diritti su LGTBQ+ che sembra essere diventata la prevaricazione strumentale di un mondo contro un altro, e dove una parte non fa mancare l’occasione per creare uno scontro ideologico.

Ritornando quindi al G7, dove per la prima volta si deve registrare lo storico intervento di un Papa, oggi rappresentato dal massimo Esponente del Vaticano “Bergoglio”, le conclusioni sono state tutte splendidamente riportate da Agenzie di stampa, quotidiani e Media tv con tante autorevoli e splendide parole, secondo la posizione, pro o contro, di chi scrive o del proprio editore.

Parole, Parole, Parole, ma fatti?

Un G7 di successo, leggiamo da diverse parti, al punto che lo stesso menù raffinato offerto ad i “Grandi della Terra” è stato esaltato dai media, che ne hanno descritto minuziosamente ogni singolo ingrediente per ogni pasto, iniziando dalle colazioni.

Ci poniamo solo il dubbio, se forse il Menù, tanto decantato, anche quello della cena di Gala, offerta dal Padrone di Casa Mattarella, non era di gradimento del Presidente USA Biden, dal momento che non ha partecipato.

Sembra secondo alcune fonti, perché non in forma, anche se, secondo altre fonti, era impegnato quasi in contemporaneamente in una conferenza con Zelensky.

A detta poi dei Sommelier, secondo alcune fonti, sembra che i vini Italiani siano stati molto apprezzati.

Sarà per questo il gelo, che è stato notato da tanti osservatori, tra la Meloni e Macron, con baciamano e sorrisi forzati, come scrive repubblica?

Però, è stato un G7 di successo…

Chissà quanti soldi saranno stati spesi, solo per offrire cotante prelibatezze ad i “Grandi della Terra”, oltre che per ospitarli in stanze da mille ed una notte e dal costo…

Spese che ricadono inesorabilmente sulle spalle dei cittadini Italiani, comuni mortali, che difficilmente potranno permettersi tali sfarzi, e che sempre più faticano a mettere insieme il pranzo con la cena.

I dati economici e di occupazione, lanciati in questi giorni, danno precise e non confortevoli indicazioni, certamente un dettaglio scomodo, quando si parla di codesti eventi.

Per soddisfare una curiosità più alla portata di tutti, trattandosi certamente di persone più vicine a Noi, ci piacerebbe sapere che menù è stato offerto alle Forze dell’Ordine, inviati li per proteggere questi “grandi” sempre più lontani dalle realtà comuni delle popolazioni…

Risulta strano infatti che nessuno possa aver parlato dei pasti di coloro i quali, a forte rischio della loro vita, sono preposti alla sicurezza collettiva, e si sono sobbarcati all’allontanamento dalle proprie famiglie con trasferte impegnative ed ospitati in alloggi di cui abbiamo abbondantemente parlato.

Forse perché piatti da strada, non potendo avere il tempo di stare comodamente seduti al ristorante, per via dei turni stressanti, o…

Sono in tanti a chiederselo.

Riflettendo su ciò che è accaduto ed in precedenza abbiamo evidenziato, da ciò che registriamo, ipotizziamo che forse i Loro diritti potrebbero essere stati disattesi e la Loro dignità calpestata?

Alla luce di quanto accaduto con le due navi alloggio dalle condizioni disumane, profumatamente pagate dai contribuenti, e vergognosamente date alle Forze dell’Ordine senza un accurato e preventivo controllo della qualità, preoccuparsi del cibo che hanno ricevuto, se lo hanno ricevuto, risulta doveroso per rispetto nei loro confronti.

Tante volte, ne veniamo a conoscenza, sembrano essere stati somministrati cibi alla “meno peggio”, forse a causa dei loro estenuanti turni operativi, e qualche volta addirittura a loro spese.

Per questo motivo ci chiediamo, almeno a carattere generale, fatto salve le dovute eccezioni, perché nessuno parla del cibo, mentre si parla solo del cibo dei “grandi”.

Saranno state tutelate e garantite le ore di riposo, doveroso dopo le lunghe giornate di lavoro cui sono sottoposti a causa di questi eventi eccezionali?

Saremmo lieti di sapere quanto uno Stato abbia rispetto dei propri Tutori dell’Ordine, specialmente in un evento di evidenza mondiale, come gli Attori lo definiscono.

Risulta molto strano constatare che chi proclama il rispetto diritti umani a destra ed a manca, si dimentichi puntualmente o taccia del rispetto di lavora duramente e viene offeso nella dignità e nel proprio essere, come uomo e come lavoratore.

Ancor più strano che a tacere siano proprio quelle “fazioni” politiche che si autoproclamano come tutori indiscussi dei lavoratori ma che sembrano sempre più essere “faziosi” nello scegliere chi tutelare.

E’ casuale che siano le stessa aree politiche, forse “faziose” che promuovono coloro che sono poi eletti al Parlamento Europeo pur avendo la fedina penale non ONOREVOLE in quanto contenente sentenze riguardanti condanne per diversi reati, mentre per partecipare ai Concorsi Pubblici, in particolare per accedere alle Forze dell’Ordine è necessario che la stessa Fedina Penale riporti la dicitura NULLA?

Per non parlare della diversità di trattamento economico…

Ettore Lembo




Un cielo pieno di stelle

Dal G7 in Puglia all’Ucraina ed al Medioriente

È iniziato il G7 a presidenza italiana in Puglia.

Incantevole la location, l’esclusivo resort di Borgo Egnazia a Fasano in Puglia.

Tra i partecipanti vi è  la prima volta di un Papa ed ovviamente l’immancabile Zelensky, uomo che lo si può sempre più trovare ovunque, il 6 giugno in Normandia, dalla Puglia andrà in Svizzera, meno, forse, a Kiev.

Ovviamente vi sono i Capi di Stato e di Governo dei sette Stati membri (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America), oltre al Presidente del Consiglio Europeo e alla Presidente della Commissione Europea.

Fra i tantissimi invitati il presidente turco Erdogan, quello brasiliano Lula e quello argentino Milei, II Re di Giordania, il primo ministro indiano Modi, il segretario generale dell’Onu Guterres e quello dell’Ocse Mathias Cormann oltre a vari Emiri e Presidenti africani.

Del mondo finanziario il direttore operativo del Fondo Monetario Internazionale ed il Presidente della Banca Mondiale

Un G7 che cade a pochi giorni dalle elezioni europee, con tutte le sue risposte, ed a pochi mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi.

Un G7 che potrebbe essere denominato mediando da un simbolismo americano “il G7 dell’anatra zoppa”.

Unica “vincitrice” delle ultime elezioni la Presidente Meloni, certamente persona volitiva ma altrettanto certamente non un “peso massimo” per il reale, non quello “voluto e narrato”, peso dell’Italia nel mondo.

Abbastanza poco interessato ai risultati di questo “summit”, cosi lo definiscono i media, essendo tristemente convinto che esso, non solo in questa tornata che va in scena in Puglia, non rappresenti molto di più che un “circo” e che non sarà in grado di portare novità di reale spessore, preferisco soffermarmi su uno dei più importanti dossier sul tavolo del mondo.

Mondo comandato da Stati Uniti d’America, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese per essere chiari.

Quotidiano il parlare di quanto drammaticamente accade nella Striscia di Gaza, proprio nel giorno di apertura del G7 sull’Ansa si è potuto leggere che “Hamas vuole garanzie scritte da parte degli Stati Uniti per un cessate il fuoco permanente” mentre il quotidiano Il Foglio riporta quanto rivelato dal Wall Street Journal in ordine ai messaggi tra Sinwar, il capo di Hamas dentro la Striscia di Gaza, ed i capi della stessa organizzazione terroristica all’estero ove si può leggere questa “vomitevole” frase “Abbiamo bisogno del sangue di donne, bambini e anziani palestinesi, per la nostra lotta”.

La domanda che più mi sovviene nel leggere la relazione della commissione delle Nazioni Unite, che non si ricorda cosa sia Hamas e parla di “genocidio da parte di Israele”, e le affermazioni sopra riportate è cosa sia in realtà la Striscia di Gaza e se la medesima Commissione si ricorda delle origini e degli scopi del Alto Ente di cui è strumento.

La mia risposta è che la Striscia di Gaza – con tutto il suo decennale portato di morte, povertà, carenza di alfabetizzazione e odio – sia un lembo di terra a cui i cosiddetti “grandi del mondo” non riescono a dare dignità e pace, forse non vogliono dare fino in fondo dignità e pace.

Troppo utile usare i palestinesi, che non sono etnicamente arabi ma sono mussulmani, per “rallentare” Israele.

L’identità palestinese, intesa come il fatto che gli abitanti della Palestina sentono di appartenere allo stesso popolo e si considerano quindi “palestinesi”, si è formata, secondo molti studiosi, nel 900 d.C. in contrapposizione agli ebrei che avevano deciso di rientrare nell’area.

Troppo utile usare i palestinesi per far soldi vendendo armi, costruendo tunnel, facendo girare una vorticosa quantità non resocontata in modo certo di denaro attraverso le organizzazioni delle Nazioni Unite per esempio o alcune più “sbarazzine” ONG.

Questa area del mondo che comprende lo Stato di Israele e la Striscia di Gaza viene denominata in molti modi: Terra Santa, Terrà Promessa, Palestina.

Su questo lembo di terra vi è la città simbolo delle tre fedi monoteistiche, su questa terra c’è Gerusalemme.

Nel ragionare sul dramma mediorientale la prima forte affermazione che dovremmo sentire dai grandi e meno grandi della terra presenti in Puglia in queste ore, sia che essi siano di fede cristiana sia che siano seguaci del Profeta Maometto, è che ogni estremismo è portatore di guerre e di morte.

Estremismo armato o politico che sia, ovunque, sempre.

Noi “piccoli della Terra”, annoiati da questi anni di “parole al vento” sui vari fronti di guerra, Ucraina inclusa, non possiamo che ribadire la distanza che separa i cultori della libertà democratica da chi ritiene di poter imporre la propria idea su quella degli altri attraverso la violenza o la sopraffazione finanziaria ed economica.

La tragedia che stiamo tutti vivendo nel seguire quanto accade nel martoriato medioriente, esattamente come in Ucraina, richiede un cambio di passo da parte di tutti gli attori mondiali nello scenario.

Richiede rispetto della verità e distanza dalle ideologie, richiede la dignità di superare i cinici interessi che necessitano che fra quei i popoli cresca la “rabbia” e “l’odio” reciproco.

Perché questo accada è indispensabile che coloro che si auto definiscono “i migliori”, i “più buoni”, rimettano al centro i concetti chiave e da essi tutti ripartano per, finalmente, costruire pace e benessere, sia che si stia affrontando la necessità di pace in “Terra Santa”, così la denominano chi, come chi scrive, si professa credente in Cristo, sia che si parli di quella nefasta e tanto inutile guerra in terra di Ucraina.

Nel focalizzarsi su quanto è accaduto dal 7 ottobre in medioriente, non si può passare sopra ad alcuni concetti spesso manipolati da politici e media.

Un essere umano rapito è colui che viene “sottratto, portato via con la violenza o con l’inganno”, questa la definizione del mai troppo poco compulsato Treccani, questa la definizione erga omnes ritenuta valida nel mondo.

La nostra amata Italia di rapiti ne ha dovuti vedere, e subire, molti.

Da quelli i cui rapimenti avevano il mero fine di richiedere una dazione economica, a quelli cosiddetti “di mafia” i cui fini sono stati, per esempio, la vendetta nei confronti di un “collaboratore di giustizia”.

Vi sono, infine, i rapiti per “terrorismo”. Uno su tutti il Presidente Aldo Moro che segnò indelebilmente la storia repubblicana italiana compiuto dai terroristi delle Brigate Rosse.

Il Presidente Moro fu “rapito”, non “preso in ostaggio” e, pur se con immane dolore e dopo continui ripensamenti, fu un grandissimo Santo Padre, San Paolo VI, a leggere dalla finestra di San Pietro una lettera alle Brigate Rosse che iniziava con “Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro” e passò alla storia per queste parole “in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni”, era il 21 aprile 1978.

Era un “rapito” il Presidente Aldo Moro, non un “ostaggio”, appunto.

Sono “rapiti”, non “ostaggi” gli israeliani, non gli “ebrei”, portati via quel ignobile e maledetto 7 ottobre, forse sarebbe utile che in quel di Fasano in Puglia i presenti lo ribadissero.

La posizione del “ostaggio” è, infatti, diversa.

L’ostaggio, di nuovo è il Treccani a venirci incontro, è una “persona che il “nemico” tiene in proprio potere per garantirsi da eventuali violazioni di un proprio diritto o, nel caso di occupazione di un paese, per garantire le proprie forze armate e la loro attività contro ogni possibile atto di ostilità da parte della popolazione”.

Perché vi sia un “ostaggio”, si evince dalla definizione, è necessario che colui che lo tiene prigioniero venga identificato come “nemico” e che lo stesso, proprio in quanto “nemico”, possa reclamare un “diritto”.

I terroristi possono compiere “rapimenti”, non detenere “ostaggi”.

Questo ci porta alla drammatica situazione mediorientale.

Hamas, nella sua organizzazione complessa e non solo nella propria ala militare denominata Brigate Ezzedin al-Qassam, è considerata un’organizzazione terroristica da Unione europea, Stati Uniti, Israele, Canada, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Giappone.

Per precisione al “movimento di Hamas” l’Unione Europea attribuì la definizione di “terrorista” e lo incluse nell’elenco delle organizzazioni terroristiche.

Hamas, immediata la deduzione, non è lo Stato di Palestina, a questa nefanda organizzazione si dovrebbe chiedere di liberare i rapiti esattamente come San Paolo VI fece nei confronti delle Brigate Rosse.

Da quanto sopra ragionato seguono delle conseguenze logiche e politiche sin dalla presa d’atto che Hamas, oggi, è una “organizzazione terroristica” che ha rapito in modo scellerato esseri umani.

Fatto fondante per determinare le conseguenze politiche che prendono origine dalla strage del 7 ottobre.

Il popolo palestinese ha diritto ad avere il suo Stato ed il suo territorio come fu definito con la Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in data 29 novembre 1947.

Essa definiva due costituendi Stati, uno israeliano e l’altro palestinese, di cui definiva la partizione del territorio lasciando la città di Gerusalemme sotto il controllo internazionale.

Furono i Paesi arabi a rifiutare l’attuazione di quella Risoluzione fino a dare inizio alla guerra arabo israeliana del 1948 con tutte le conseguenze legate a quel errore di prospettiva politica.

Lo Stato di Palestina non è Hamas.

Riconoscere lo Stato di Palestina, allorquando questi prenderà le distanze dal terrorismo palestinese e riconoscerà il diritto di esistere dello Stato di Israele in una reciprocità garantita dalle Nazioni Unite, è un atto dovuto, riconoscere Hamas come interlocutore istituzionale è, a mio avviso, un grave errore, un “non senso”.

Probabilmente servirà una conferenza finalizzata a ridefinire aspetti oggi non più coerenti alla Risoluzione del 1947, certamente la città di Gerusalemme deve essere rispettata nel suo, unico al mondo, “ruolo terzo” a tutte e tre le fedi monoteistiche in essa presenti.

Hamas, se realmente vuole divenire parte politica di un processo di stabilizzazione dell’area, deve liberare i “rapiti” ancora in vita senza condizioni e superare il terrorismo identificando una nuova classe dirigente che possa essere accettata da tutti, Stato di Israele in primis, come affidabile ed entrare nel gioco democratico fra le varie diverse “fazioni politiche” palestinesi.

In caso contrario, questa è la mia opinione, non potrà essere parte nel indispensabile percorso che porterà ad una definitiva pace fra i due popoli.

Allo stesso tempo Israele non può pensare che lo Stato di Palestina non debba prendere forma e ha il dovere di fermare chi reputi di poter occupare ogni spazio in quella terra, compresa la Striscia di Gaza e Gerusalemme.

La pace nasce sul rispetto reciproco.

Reciproco, appunto.

Anche dei fedeli delle tre fedi monoteistiche presenti in quella terra.

Per concludere, ritornando ai “Grandi e meno grandi della terra” in quel del G7 in Puglia, come si può pensare di giocare un ruolo di “pacificatori” dell’altrettanto drammatico scenario ucraino se si invita esclusivamente uno degli attori nel conflitto?

Probabilmente, questo si teme nel leggere i quotidiani in queste ore, ai presenti interessa maggiormente finanziare la “ricostruzione dell’Ucraina” e dividersi gli “appalti”.

Ragionamenti “senza l’oste” li definivano gli “anziani.

“Commissione trasparenza” alcuni nella Prima Repubblica italiana definivano quel tipo di “mercato”, fini male in quel 1993.

Ignoto Uno




L’arte di conquistare la pace

Si è svolto Venerdì 7 giugno il convegno Arte e Pace fortemente voluto, pensato, ideato e realizzato dalla Dottoressa Anna Maria Brazzò, nota per i suoi eventi presentati nei prestigiosi palazzi romani delle Istituzioni o in quelli di alto significato storico, messi a disposizione dai loro rispettivi proprietari privati.

L’evento Arte e Pace vuole suggerire un percorso per la pace, assai carente in questi tempi dove le guerre sembrano imperversare e volersi espandere.

Per realizzare ciò, l’ideatrice non poteva trovare migliore luogo se non all’interno di quello che risulta essere il palazzo più rappresentativo delle Istituzioni della Repubblica Italiana, Palazzo Montecitorio, sede del Governo Italiano, e precisamente nella Sala Regina.

Questa risulta essere la più grande sala di rappresentanza dell’ala novecentesca del palazzo, posta in corrispondenza del Transatlantico ed attigua alle tribune dell’aula che affacciano sul banco della Presidenza.

Sala che in un unico ambiente offre ornamenti caratteristici dell’architettura d’interni di Ernesto Basile, Architetto Palermitano esponente del modernismo internazionale e del Liberty, impreziosita da splendidi arazzi di scuola fiorentina.

Il messaggio che la eccentrica personalità della Brazzò ha inteso dare con il Suo convegno “Arte e Pace” lo si evince proprio nella comunione delle due parole.

L’Arte, è la capacità di agire e di produrre, basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive e tecniche, quindi anche l’insieme delle regole e dei procedimenti per svolgere una attività umana. (fonte Treccani)

La Pace, è la condizione di normalità di rapporti, di assenza di guerre e conflitti, sia all’interno di un popolo, di uno stato, di gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi ecc. sia all’esterno con altri popoli, altri stati, altri gruppi. (fonte Treccani)

E’ un’Arte, cui bisogna riconoscerne il merito alla Dottoressa Brazzò, quello di essere riuscita a portare in una sala così prestigiosa e dal peso Istituzionale così elevato, personaggi di quei mondi divisi tra loro da fattori politici, religiosi, ideologici, ma accomunati dal desiderio di pace, che non sia il soverchiare da una parte o dall’altra ma la sintesi di accordi condivisi, unico vero trattato per garantire la pace.

Così diventa un momento di elevata sacralità, la stretta di mano tra Monsignor Jean-Marie Gervais, Presidente della associazione “Tota Pulchra”, ed il Monaco Buddista, esponente della comunità buddista Italiana.

Entrambi, il Monsignore ed il Monaco Buddista, hanno ricevuto l’Oscar della Pace, creato dal Maestro scultore ed artista Amedeo Ferrari.

Maestro che nel 1987 ha consegnato personalmente al Presidente degli USA Ronald Reagan “La Gioconda in bronzo a tutto tondo”, durante la in Italia a Roma insieme alla sua seconda moglie Nancy Davis.

Scultura creata nel 1986 ed oggi custodita al Museo della Casabianca, consegnata con la motivazione del buon auspicio all’abbattimento del numero degli euromissili.

Un’altra copia della scultura è esposta al Museo Leonardo da Vinci a Roma.

Molte altre le personalità che hanno ricevuto “l’Oscar della Pace” tra cui Amedeo Jaafar Abdulwahid, funzionario affari ambasciata Irakena.

La presenza in sala di qualche esponente della comunità ebraica, riconoscibile perché indossava il Kippah, non può che indurci a riflettere sul significato altamente costruttivo di questo prestigioso evento volto al raggiungimento della pace, attraverso l’operosità dell’arte.

Un percorso che è stato accompagnato da vari intermezzi musicali, col l’esecuzione di arie d’Opera eseguite dalle Soprano Internazionali, Ana Lushi ed Ombretta Santoro, che hanno allietato i numerosi intervenuti in sala.

Segnali tangibili che vengono esplicati, nel pomeriggio di un venerdì che precede una importantissima tornata elettorale dove è coinvolto l’intero popolo Italiano ed Europeo.

Segnali in cui, pur se assenti per la chiusura della campagna elettorale, gli abituali frequentatori di questo importante Palazzo Montecitorio e legittimamente eletti dal popolo Italiano, potrebbero e dovrebbero tener conto per una fattiva costruzione di quella pace che tutti indistintamente agognano.

Segnali di pace per costruire la pace.

Ettore Lembo




Caro Direttore,

 

Le scrivo per spiegare per punti le ragioni profonde che mi hanno portato a non esercitare il mio diritto di voto alle recenti elezioni.

Come intellettuale di destra, questa scelta può apparire controintuitiva o addirittura incoerente, ma credo fermamente che sia necessaria una riflessione critica su ciò che sta accadendo nel nostro panorama politico.

Disillusione e Tradimento degli Ideali

Negli ultimi anni, ho osservato con crescente preoccupazione il tradimento degli ideali fondanti della destra italiana.

Il conservatorismo, che dovrebbe essere radicato nei valori di tradizione, ordine e responsabilità, è stato progressivamente svuotato e trasformato in un mero strumento di potere.

I partiti che si professano di destra hanno spesso abbandonato la difesa dei principi morali e culturali in favore di strategie populiste e demagogiche che cercano solo il consenso immediato.

Mancanza di Visione e Leadership

Un’altra ragione che mi ha portato a non votare è la palese mancanza di una visione chiara e di una leadership forte.

I leader attuali sembrano più interessati a mantenere il loro status che a promuovere un progetto politico coerente e lungimirante.

L’incapacità di proporre soluzioni concrete ai problemi reali del Paese – come la sicurezza, l’immigrazione, l’economia stagnante e il declino culturale – ha fatto sì che molti elettori, me compreso, si sentano abbandonati e privi di rappresentanza.

Populismo e Semplificazioni Pericolose

La deriva populista è un altro elemento che mi ha fortemente scoraggiato.

La politica ridotta a slogan e la continua ricerca di capri espiatori non solo sono inefficaci, ma minano anche la coesione sociale e la fiducia nelle istituzioni.

La destra, per essere credibile, dovrebbe invece promuovere un dibattito serio e approfondito, basato su dati e analisi, e non alimentare divisioni e paure irrazionali.

Corruzione e Interesse Personale

Gli scandali di corruzione e l’uso disinvolto del potere a fini personali hanno ulteriormente eroso la mia fiducia nei confronti della classe politica.

La mancanza di etica e di responsabilità, elementi che dovrebbero essere al centro dell’agire politico, sono diventati ormai la norma. Questo comportamento non solo tradisce gli elettori, ma danneggia anche l’immagine della destra e della politica in generale.

Un Richiamo alla Rifondazione

La mia scelta di non votare è un segnale di protesta e un richiamo alla rifondazione.

Credo fermamente che sia necessaria una profonda riforma interna dei movimenti di destra, che recuperi i valori autentici e li traduca in un progetto politico serio e sostenibile.

Solo attraverso un rinnovamento radicale sarà possibile riconquistare la fiducia dei cittadini e costruire una destra forte e credibile, capace di affrontare le sfide del nostro tempo.

In conclusione, non si tratta di apatia o indifferenza, ma di una scelta consapevole e dolorosa.

Mi auguro che questo gesto possa contribuire a un dibattito costruttivo e a una presa di coscienza all’interno della nostra area politica.

Solo così potremo sperare in un futuro migliore per il nostro Paese.

Con stima,

B.M.




EUROPEE: Ultimo giorno di campagna elettorale, prima del silenzio….

 

Ma gli Italiani? Più dubbiosi di prima, più perplessi e disorientati.

 

Di campagne elettorali definite “insignificanti”, secondo tanti lettori che ci contattano e dalle informazioni rilevate sui social, da tenere in considerazione pur se con le dovute cautele, sembra ne siano trascorse tante, specialmente negli ultimi anni.

Quest’ultima tornata elettorale, che terminerà alle 23 del 9 Giugno, non solo sembra non sottrarsi all’idea che gli Italiani si sono fatti nel tempo, ma addirittura sembra abbia aumentato il senso di diffidenza, non appartenenza e sfiducia che mai è stato toccato.

La dimostrazione più tangibile la si potrà probabilmente registrare con la crescente diminuzione di partecipazione al voto, astensionismo, fenomeno fortemente in crescita nelle precedenti tornate e che sembra essere sempre più inarrestabile.

Fenomeno che tuttavia appare essere assai gradito a tutti i partiti, sia che abbiano governato, sia che sono in essere, sia che siano in opposizione, ma che probabilmente sembrano avere tutti gli interessi a mantenere lo status quo o a ridistribuirsi, ma solo al loro interno, le varie posizioni.

Quasi a dimostrare che una bassa affluenza di votanti, a qualunque titolo, garantisca loro la tranquillità di mantenere le posizioni dominanti, potendo contare anche su quelle che vengono definite, chissà fino a che punto impropriamente, “le truppe cammellate” che assicurano loro il voto di continuità, e che è impossibile fermare.

Chiedersi tuttavia, anche alla vigilia del voto, perché si vota e chi votare, diventa quantomeno legittimo, se desidera realmente avere una consapevolezza ed una responsabilità civica

Così, per queste elezioni europee, tutti i partiti decantano volontà di: più Europa, dell’Europa che vogliamo, che cambieranno l’Europa, che l’Italia cambierà l’Europa, l’Italia che conta in Europa, e chi più ne ha più ne metta.

A supporto, alleghiamo il video che ne riassume tanti, e prodotto da AskaNews, nota agenzia di stampa Italiana.

Gli slogan dei partiti per le elezioni europee

Ma per fare cosa?

Ci induce ancora a riflettere la non comune apertura dei seggi elettorali, che vede spostare dal “tradizionale” lunedì, al sabato la mezza giornata di apertura dei seggi.

Infatti i seggi elettorali apriranno al pubblico, per accogliere gli elettori alle 15 di sabato 8 giugno con chiusura alle 23, per poi riaprire la domenica 9 giugno alle 7 e chiudere, per dare avvio allo spoglio delle schede, alle 23.

Rispettato il giorno e mezzo, ma, come mai la mezza giornata di sabato e non l’usuale mezza giornata del lunedì?

Ritornando tuttavia al perché votare e chi, riteniamo interessante riproporre l’articolo pubblicato alcuni giorni or sono da BETAPRESS, dal titolo interessante:

“Il vero partito deve essere l’Italia”.

Il vero partito deve essere l’Italia

Tra le tante considerazioni ricevute, evidenziamo quella che ci ha inviato un lettore e che riportiamo così come pervenuta.

Considerazioni che esprimono il sentimento dei milioni di elettori che in questo tempo, pur desiderando informazioni nutrono dubbi e… non solo.

Considerazioni che evidenziano anche il grande impegno economico finanziario che tutti gli Italiani e gli europei devono sobbarcarsi.

“ In questa campagna elettorale per le europee non appare chiara la posizione dei partiti italiani (e non solo). Soprattutto andrebbero chiarite alcune posizioni: prima di tutto si vuole una Europa delle Nazioni con il rafforzamento dei ruoli politici delle singole nazioni o una Europa più unita sulla base di cessioni di sovranità? Ed ancora come si coniuga l’idea di un’Europa che entra a gamba tesa su questioni spesso vitali per i cittadini ed un’Europa in cui singoli Stati indeboliscono le posizioni europee rispetto a Russa Cina e USA?

L’Europa sembra frutto di un parto distocico e confuso ed ancora di più, con l’allargamento ad est che è parso più causato dal desiderio di indebolire la Russia che dall’effettiva volontà di creare un’Europa forte basata su culture, religioni, etnie comuni e condivise.

Finora i governi europei sono apparsi pallidi nelle posizioni in tema di politiche estere, di immigrazione, di sostegno alle economie, nel fronteggiare minacce pandemiche. È ora di cambiare, ma sul come vedo tanta confusione in questo voto europeo forse il più importante da quando è nata la UE.

Tra tante considerazioni, certamente soggettive, io credo che, se le richieste di essere votati fossero fatte da persone leali e responsabili, coloro che si presentano per confermare e quindi rinnovare il precedente mandato dovrebbero farlo presentando ai possibili elettori una dettagliata relazione sul lavoro da loro svolto nei precedenti 5 anni e sui risultati concretizzati…

… considerando quanto il loro incarico costi agli Italiani dovrebbe essere non solo un “dovere” ma piuttosto una “regola”.

Appare evidente che tutta questa “nebulosità”, “inconsistenza” di obiettivi, “poca chiarezza, ha reso il voto, che oltre ad essere un diritto è un dovere, privo di significato e di mordente, favorendo così l’astensionismo.

Astensionismo che fa gioco ad i piccoli partiti, che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di ottenere qualche seggio, essendo presente la soglia di sbarramento.

Infatti, meno sono i votanti, meno sono i voti che servono per avere diritto di accesso.

Quanto mai bizzarra la propaganda di chi, forse non essendo riuscito a presentare la propria lista, anche a causa della complicata burocrazia e per l’elevato numero di firme da raccogliere, cerca di convincere gli elettori a non recarsi al voto per protesta.

Protesta di cosa? Dal momento che bastano solo i voti delle su citate “truppe cammellate” per eleggere dei rappresentanti.

In ogni caso è doveroso rispettare anche chi non vota.

Forse uno stimolo potrebbero darlo i candidati, ma anche lì, non sembra esserci molta chiarezza, se non per il fatto che molti capolista, sono messi li per far confluire voti, ben consapevoli che difficilmente lasceranno gli attuali incarichi che già hanno in Italia.

Aumentando così l’indifferenza, la sfiducia e, come logica conseguenza, l’astensione.

Sembrerebbe esserci solo un caso di candidato capolista, Vannacci Roberto, dichiaratosi indipendente e non iscritto al partito, che ha tracciato gli obiettivi precisi da raggiungere in Europa, e che sono comuni alla maggioranza degli Italiani.

Obiettivi condivisi dagli Italiani, perché desiderosi di quella normalità, sicurezza, giustizia, lavoro e quant’altro che l’Europa sembra avere messo in forte discussione.

E’ forse l’unico che ha messo anche al centro come obiettivo la pace, con grande competenza, visto il ruolo che fino ad oggi a svolto, in un momento dove la pace ha lasciato il passo alla guerra, e che potrebbe coinvolgerci tutti.

Interessante diventa così la presa di posizione del Noto Prof. Giovanni Frajese, che nella Sua piattaforma, con grande senso di responsabilità, rivede la sua posizione di astensionista, ponendo in Vannacci Roberto, la speranza di quel cambiamento, iniziando proprio dalla speranza di pace, proclamato da tanti senza tracciarne i contorni.

http://www.ettorelembonews.it/grazie-prof.-giovanni-frajese.html

Ettore Lembo




Dal D-Day alla insignificante Europa di oggi

 

Ottanta anni fa, era il 6 giugno 1944, 156mila uomini iniziarono la battaglia che portò alla liberazione dell’Europa.

 

Erano agli ordini del generale americano Dwight David Eisenhower, noto con il soprannome di “Ike” e futuro 34º Presidente degli Stati Uniti.

 

Quel giorno, che entrò nella storia con il nome D – Day, ebbe inizio “Operazione Overlord”, il più ampio sbarco militare mai avvenuto.

 

Lo sbarco in Normandia fu il primo passo verso la liberazione, da occidente, del territorio europeo.

 

Ad est l’allora Unione Sovietica, con l’Armata Rossa, da tre anni sosteneva un aspro conflitto contro le truppe della Germania nazista.

 

Furono 11.643 i sodati alleati che in quel D – Day persero la vita o rimasero feriti per portare la libertà al popolo francese e a tutta l’Europa.

 

Imponenti le forze utilizzate direttamente nello sbarco dagli alleati.

 

Furono 88.600 i soldati americani e 61 715 i britannici impegnati quel giorno. Utilizzarono 7.000 mezzi navali e 7.500 aerei.

 

I francesi che sbarcarono su quelle cinque spiagge – passate alla storia con i nomi in codice di Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword – furono circa 400.

 

La Seconda Guerra Mondiale finì in Europa il 7 maggio 1945, poco meno di un anno dopo, con la firma del documento di resa da parte del generale nazista Alfred Jodi.

 

In tutto furono 290mila i militari statunitensi morti e 670mila quelli rimasti feriti durante il conflitto, 8milioni le vittime militari dell’allora Unione Sovietica, senza dimenticare i britannici e i soldati delle altre nazioni alleate.

 

I partigiani, italiani e francesi, fecero certamente la loro parte per estirpare il nazifascismo in Europa, ma i numeri parlano chiaro allorquando riportiamo alla nostra memoria che quelli italiani, a noi più cari, furono in tutto circa mezzo milione di cui caduti in azione o nelle mani del nemico 44.700 durante tutto il conflitto.

 

In Italia il 3 settembre 1943 era stato firmato l’Armistizio di Cassibile, definito anche “armistizio corto”, siglato segretamente dal generale Giuseppe Castellano su ordine di Badoglio e della Casa Reale.

 

Armistizio che divenne pubblico l’8 settembre del 1943.

 

A causa della totale mancanza di informazione preventiva alle truppe italiane la firma di questa “resa” dette origine ad una dura reazione tedesca a cui le truppe italiane non poterono contrapporsi perché prese alla sprovvista con la conseguente occupazione nazista della nostra Patria.

 

Occupazione che portò ancor più dolore e terrore nella nostra Patria, occupazione che vide una asservita Repubblica di Salò affiancarsi a quelli che non possiamo definire in altro modo se non “macellai nazisti”.

 

Come non ricordare i 775 morti che quei tedeschi vollero uccidere nell’eccidio di Marzabotto, piuttosto che le 650 di Sant’Anna di Stazzema o, fra le innumerevoli meno note, le 59 assassinate nella Strage del Turchino!

 

C’è da chiedersi se questa tanto insignificante Europa abbia veramente lavorato in questi ottanta anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale per sanare profondamente le ferite fra i popoli che la compongono oppure se tuttora, oltre la perbenissima e finta facciata formale, vi siano ancora presenti Stati, e popoli, membri di questa Unione Europea che, uniti fra loro da legami indichiarabili, usando le “armi” della burocrazia e della finanza lavorino per opprimere gli altri popoli europei.

 

Già dal 1941, a Ventotene, gli antifascisti Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, in quell’isola confinati, avevano ragionato su una Europa unita ed avevano formalizzato il loro pensiero in un testo passato alla storia con il nome di Manifesto di Ventotene.

 

La stesura finale, del 1944, si formava in tre capitoli: La crisi della civiltà moderna, i Compiti del dopoguerra e la riforma della società, L’Unità Europea.

 

Una Europa quella da loro sognata che nulla ha a che vedere con questa.

 

Oggi, ad ottanta anni appunto, la tristezza sovrasta chi lègge insieme queste tre fondanti date e le contrappone alla drammatica pochezza dell’Europa che pretende di dettarci le regole non solo di vita ma, anche, della morale.

 

Impossibile, infatti, non constatare quanto i risultati di questa Europa burocratica ed assai spesso follemente ideologica abbiano impoverito i popoli che la compongono sotto ogni punto di vista.

 

Una Europa impalpabile e succube sia della Cina che degli Stati Uniti a conduzione Biden che, sfido a negarlo, non ha avuto nessuna crescita economica negli ultimi decenni al contrario di ogni altra parte del mondo.

 

Chi crede, io certamente fra questi, nel valore della libertà espresso in ogni sua forma, chi crede, io certamente fra questi, nella forza delle radici tradizionali, in primis nelle origini giudaico cristiane, vive con mestizia questa Europa che non sa nemmeno rispettare se stessa.

 

Vive con dolore il ricordo di chi ha tanto combattuto per dare a noi tutti la democrazia, combattuto fino anche all’estremo sacrificio.

 

Vive con senso di disagio la campagna elettorale che ci ha accompagnati tutti al voto dei prossimi giorni.

 

Molti degli aventi diritto al voto, proprio per questo, è assai probabile che non si presenteranno ai seggi, pressoché tutti o quasi coloro che andranno alle urne per esprimere il proprio pensiero lo faranno con altri intenti completamente legati a fatti inerenti il proprio Stato e non alla definizione di una linea politica comune in Europa.

 

L’Europa dal prossimo lunedì sarà ad un bivio: da un lato iniziare a passo assai rapido una fase costituente che, proprio nell’alveo del Manifesto di Ventotene, porti presto i cittadini a vivere in un vero Stato Federale ed a votare direttamente per il loro Presidente, dall’altro il prendere atto di un fallimento e sciogliere un matrimonio senza più, per molti, senso.

 

Un matrimonio che appare sempre più innaturale.

 

Il cuore e la razionalità porta a sognare un vero Stato Federale, quello pensato a Ventotene appunto.

 

Nel guardarsi intorno, però, impossibile identificare dei novelli Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, altrettanto introvabili figure quali furono Alcide De Gasperi, Helmut Kohl e François Mitterrand, solo per citarne alcuni.

 

Poche le facce nuove che diano il senso, e la speranza, di un cambio di passo, fra queste non posso non menzionare quel Vannacci assai attaccato dagli innamorati di questa Europa burocratica ed a trazione franco – tedesca.

 

Il Generale Vannacci verrà eletto, a lui ed a tutti i futuri parlamentari europei un monito.

 

In assenza di un immediato cambio di passo difficile non temere, forse addirittura sperare, che questa esperienza di Europa unita lasci il passo a qualcosa di più amato dai singoli popoli che la compongono.

 

Forse il vuoto che ne conseguirà potrà essere colmato con qualcosa di migliore, direi di assai più credibile.

 

 

Ignoto Uno




Vannacci: Voto chiaro per chi parla chiaro.

Grazie Prof. Giovanni Frajese

 

Gli Uomini dimostrano di essere tali quando sono capaci di elaborare quelle convinzioni stimolate da emozioni, positive e negative, e che anche all’ultimo momento, ci fanno tornare indietro su scelte già fatte.

Uomini che non guardano l’egoismo dell’IO, ma guardano il Noi ed il Futuro di tutti.

La speranza è la nostra, infatti.

Le parole che ha scritto il Prof. Giovanni Frajese, nel Suo Canale Telegram, sono importantissime ed esaustive.

Per questo le diffondo senza aggiungere altro, se non un personale ringraziamento.

Ettore Lembo

 

Dal Canale Telegram

https://t.me/vannifrajeseofficial/485

 

La tentazione di non votare è forte quando non si ha piena fiducia in un candidato.

Gli ultimi anni hanno lasciato una storia di pesanti tradimenti politici che hanno tolto la fiducia negli elettori italiani di poter vedere un cambiamento reale: il Movimento 5 Stelle, nato dal “popolo”, è stato la goccia finale.

L’apertura della “scatoletta di tonno” si è rivelata l’ennesima delusione.

Il potere difende se stesso, è ormai chiaro.

L’astensionismo è il primo partito d’Italia da anni, che però ha un risvolto oscuro: permette a realtà indegne che hanno già ampiamente devastato il paese di superare le soglie di sbarramento e condizionare con un pugno di voti l’andamento delle scelte politiche.

Di questo, personaggi come Renzi, Bonino e Calenda hanno ampiamente approfittato per fare da ago della bilancia.

 

Ci troviamo con le prossime elezioni ancora di fronte allo stesso scenario.

Se l’astensionismo si manifesterà di nuovo, partiti come “Stati Uniti d’Europa” si troveranno a rappresentare il pensiero politico italiano.

Questo non deve accadere.

È chiaro a chi non va a votare quali siano i veri nemici del popolo: sono coloro che portano avanti l’Europa così come è stata fino ad ora, quelli che disprezzano il concetto di sovranità ed esaltano il mostro tecnocratico che negli ultimi anni ha tolto rilevanza e libertà di scelta alla politica dei singoli paesi.

Sono quelli che si riuniscono al Bilderberg e al World Economic Forum, da dove le scelte del nostro futuro vengono indicate e portate avanti.

Anche se non si ha un candidato perfetto per cui votare, anche se la possibilità di futuri tradimenti esiste chiaramente, vale la pena di esprimere una preferenza che vada contro chi ha usato sistematicamente il proprio potere per interessi etero guidati, contro l’interesse del proprio popolo.

Per questo credo sia importante dare un segnale ideologico alle prossime elezioni, non possiamo permettere il superamento della soglia a squallide realtà e dobbiamo far capire alla politica cosa il popolo vuole.

 

La candidatura di Vannacci è quella di un uomo che ha messo nero su bianco quello che molti pensano.

Forse non cambierà le cose, forse il potere si prenderà ancora gioco di noi, ma se non si dà forza a chi esprime un’idea di antica normalità, quella portata avanti dalle élite diverrà sempre di più “il nuovo normale”.

Se non si vota chi almeno a parole porta avanti idee condivise e condivisibili, a cosa serve poi riempire le piazze quando la libertà ci viene tolta come è già successo?

 

Pensavo di non andare a votare, come ho fatto già negli ultimi anni, ad eccezione per le ultime elezioni politiche italiane.

Ho cambiato idea.

Andrò a votare chi almeno mi fa sentire a parole quello che aspettavo di sentire: non so se poi ci saranno voltafaccia ma il messaggio alla politica deve arrivare, oggi più che mai.

 

No alla guerra ora e sempre, no agli Stati Uniti d’Europa e agli europeisti convinti, dal Presidente della Repubblica in giù, no a chi ha usato la politica per giochi di potere sulla nostra pelle. Non nel mio nome.

 

Liberi di credere ciò che volete, io voterò sperando di non vedermi rappresentato da quelli che hanno reso l’Europa la nostra prigione.




IO STO CON MORI

Non Capita tutti i giorni di ricevere uno scritto da un Generale dell’Arma dei Carabinieri.

Essendosi per di più firmato abbiamo deciso di pubblicarne il contenuto, avendo ricevuta la sua autorizzazione.

 

IO STO CON MORI

Molte persone che leggono quanto scrivo sui social e altri mezzi di comunicazione a volte mi chiedono la ragione per la quale da sempre ho sostenuto a spada tratta il Generale Mario Mori.

I processi riguardanti la trattativa Stato-Mafia si sa come sono andati a finire ‘’TOTALE ASSOLUZIONE’’ ma ciò non è bastato a certa magistratura, che cerca vendetta l’accanimento contro Il Generale continua con ignobili accuse.

Accuse contro un Galantuomo che ha dedicato la vita al Paese alla Patria e che oggi all’età di 85 anni deve ancora difendersi.

Leggo sulla stampa che persone senza nulla conoscere della storia del Generale, si stupiscono che questa volta ed era ora, l’Arma dei Carabinieri sia scesa in campo a sostegno del Generale a costoro dico che;

Dobbiamo sempre ricordare che questa dimensione della fraternità d’armi è parte integrante del nostro mestiere; condiziona il nostro modo di essere e deve essere presente in ogni atto di comando che compiamo.

È così che sapremo evitare le insidie che a volte ci tendono la routine e la facilità: ingiustizie, vessazioni, errori di comando, mancanza di considerazione e tutte le altre forme di quell’atteggiamento inaccettabile che consiste nel non rispettare la dignità dell’uomo.

Ed è anche in questo modo che potremo preservare ciò che fa la grandezza e la forza della nostra istituzione il suo formidabile spirito di corpo e la sua efficacia nell’azione.

Corrado G.M. Pasetti




Johnson sollecita la Corte Suprema a ribaltare il verdetto

Il presidente Johnson sollecita la Corte Suprema a ribaltare il verdetto di colpevolezza “pericoloso” di Trump

 

-Mentre in Italia si fa “propaganda” anti Trump, dove gli epiteti e le opinioni poco opportune e distorte vengono spacciate per “verità”, registriamo intere ore di programmazione televisiva da parte di alcune emittenti dichiaratamente schierate ed ideologizzate, a denigrare il Candidato alle Presidenza degli USA, Il Presidente della Camera degli Stati Uniti Mike Johnson, sollecita la Corte Suprema, a ribaltare il verdetto di colpevolezza.

Lo apprendiamo da un articolo di The Epoch Times di cui ne riportiamo la traduzione integrale del testo, indicandovi anche il Link, per chi volesse leggere il testo in originale

https://www.theepochtimes.com/us/speaker-johnson-urges-supreme-court-to-overturn-dangerous-trump-guilty-verdict-5660528

Ettore Lembo-

 

Il presidente Johnson sollecita la Corte Suprema a ribaltare il verdetto di colpevolezza “pericoloso” di Trump

 

“Penso che metteranno le cose in chiaro, ma ci vorrà un po’ di tempo”, ha detto Johnson riferendosi alle sue aspettative per l’annullamento del verdetto.

Il presidente della Camera Mike Johnson (R-La.) ha affermato che la Corte Suprema degli Stati Uniti dovrebbe essere coinvolta e ribaltare il verdetto di colpevolezza dell’ex presidente Donald Trump nel suo processo per falsificazione di documenti aziendali a New York, con l’oratore che sostiene che le circostanze del caso hanno portato a un’erosione della fiducia pubblica nel sistema giudiziario americano.

 

“Ci sono ancora molti sviluppi da venire, ma credo che la Corte Suprema dovrebbe intervenire, ovviamente, questo è totalmente senza precedenti – ed è pericoloso per il nostro sistema”, ha detto Johnson in un’apparizione del 31 maggio su Fox and Friends.

 

Una giuria ha dichiarato colpevole l’ex presidente il 30 maggio in un caso in cui era accusato di 34 capi d’imputazione di falsificazione di documenti aziendali al fine di nascondere pagamenti non divulgativi all’attrice di film per adulti Stormy Daniels come parte di un tentativo di influenzare le elezioni presidenziali del 2016. in cui era candidato.

Il verdetto di colpevolezza ha reso il presidente Trump il primo ex presidente nella storia degli Stati Uniti a essere condannato per un crimine, con l’ex presidente che ha promesso di presentare appello contro il verdetto e ha definito il processo “molto ingiusto”.

“Questa è una truffa. Questo è un processo truccato… questo è un giudice truccato”, ha detto il presidente Trump in una conferenza stampa il 31 maggio, aggiungendo che a uno specifico esperto elettorale non è stato permesso di testimoniare su alcune questioni relative al processo.

 

Alcuni esperti legali si sono chiesti se le istruzioni del giudice Juan Merchan alla giuria fossero ingiustamente orientate verso una condanna.

Sebbene le osservazioni di Johnson suggeriscano che stia chiedendo alla Corte Suprema di intervenire prima che la corte d’appello di New York abbia avuto la possibilità di valutare la questione, sembra essere uno scenario improbabile.

 

Hans von Spakovsky, ricercatore legale presso il Centro per gli studi legali e giudiziari Edwin Meese III della Heritage Foundation, ha detto a Epoch Times di comprendere e condividere la frustrazione di Johnson per quello che ha descritto come un evidente “errore giudiziario” avvenuto in il tribunale di Manhattan.

 

Tuttavia, von Spakovsky ha affermato che la prospettiva del coinvolgimento della Corte Suprema prima che il processo di appello si svolga nei tribunali dello stato di New York non è realistica.

“Ci sono certamente questioni che conferiscono alla Corte Suprema giurisdizione sulla condanna del tribunale statale, data la violazione fondamentale dei diritti sostanziali di Donald Trump a un giusto processo previsti dalla Costituzione degli Stati Uniti nel modo in cui il giudice del processo e l’accusa hanno gestito male il caso”, ha affermato “Ma non credo che la Corte Suprema prenderà in considerazione il caso finché il processo di appello statale non sarà esaurito.”

 

Jonathan Emord, un esperto di diritto costituzionale e contenzioso, ha dichiarato a The Epoch Times di ritenere che il processo abbia violato i diritti del giusto processo del presidente Trump e sia stato “pieno di pregiudizi”, ma che anche lui vede poche speranze per l’intervento della Corte Suprema fino a quando la corte di i ricorsi hanno avuto il loro peso.

Appello in primo piano

Il team legale del presidente Trump ha parlato di piani di appello, che normalmente dovrebbero prima passare attraverso una corte d’appello a New York prima di rivolgersi potenzialmente alla Corte Suprema.

Il signor Johnson ha detto nella sua apparizione su Fox and Friends che il percorso per un appello per arrivare all’Alta Corte richiederà del tempo, ma ha espresso fiducia che il verdetto alla fine verrà annullato.

 

“Penso che metteranno le cose a posto, ma ci vorrà un po’ di tempo”, ha detto Johnson. “Il processo richiede un po’ di tempo per essere portato a termine. I democratici lo sanno, ovviamente, e stanno tirando per le lunghe. Questo era l’obiettivo. Vogliono provare a mandare in bancarotta Donald Trump”.

 

Mentre l’ex presidente ha affermato che dietro l’accusa c’era il presidente Joe Biden, il presidente ha negato qualsiasi coinvolgimento e ha insistito sul fatto che il processo era libero da qualsiasi interferenza politica e che il verdetto afferma che lo stato di diritto è vivo e vegeto in America.

 

“Donald Trump ha sempre erroneamente creduto che non avrebbe mai dovuto affrontare conseguenze per aver infranto la legge per il suo tornaconto personale”, ha detto il direttore delle comunicazioni Biden-Harris 2024 Michael Tyler in una dichiarazione dopo il verdetto.

Il portavoce della Casa Bianca, Ian Sams, ha dichiarato in un post su X : “Rispettiamo lo stato di diritto e non abbiamo ulteriori commenti”.

Il signor Johnson, che è stato avvocato per 20 anni, ha affermato che ciò che ha visto nel processo Trump è stato “oltraggioso”.

 

“Il popolo americano lo vede”, ha detto nell’intervista di venerdì. “Si tratta di un esercizio puramente politico, non legale. E lo sanno tutti. Sanno intuitivamente che è sbagliato. E la gente è indignata”.

 

Johnson ha sostenuto che il modo in cui è stato condotto il processo e lo stesso verdetto di colpevolezza stanno “diminuendo la fede del popolo americano e il nostro stesso sistema di giustizia”.

“E per mantenere una repubblica… la gente deve credere che la giustizia sia giusta e che esista parità di giustizia secondo la legge. Non lo vedono in questo momento”, ha aggiunto.

 

Nonostante l’appello di Johnson all’urgenza nel processo di appello, von Spakovsky ha detto a The Epoch Times che una richiesta di intervento alla Corte Suprema “senza dubbio” sarebbe accolta con una risposta secondo cui il processo di appello della corte statale ha bisogno di svolgersi da solo. prima che l’Alta Corte esamini il caso.

 

Il giudice Merchan, che ha scatenato polemiche dando istruzioni alla giuria di non dover concordare su tutti gli elementi di un crimine sottostante che era la chiave per elevare a crimine quella che normalmente sarebbe un’accusa di reato minore, ha incastrato l’ex comandante in capo… La data della sentenza del capo è l’11 luglio.

In assenza di un appello accolto, il presidente Trump potrebbe ora dover affrontare sanzioni come il carcere, la libertà vigilata o multe.

Il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg, che ha presentato le accuse contro l’ex presidente, non ha incriminato se i pubblici ministeri chiederanno il carcere.

 

La sentenza arriva quattro giorni prima della Convention nazionale repubblicana, dove il presidente Trump sarà formalmente designato come candidato presidenziale repubblicano.

 

Anche se non esistono leggi che impediscono al presidente Trump di candidarsi alla Casa Bianca come criminale condannato, un verdetto ribaltato prima del giorno delle elezioni probabilmente aumenterebbe le sue possibilità di vittoria.




Il vero partito deve essere l’Italia

Negli ultimi cinquant’anni, la politica italiana ha visto un susseguirsi di promesse non mantenute e aspettative deluse, un ciclo che ha portato molti intellettuali di destra a una profonda disillusione.

Questa disillusione non è semplicemente una questione di insoddisfazione politica, ma un riflesso della percepita decadenza culturale e sociale del Paese.

Con l’avvicinarsi delle elezioni europee, queste frustrazioni raggiungono un nuovo apice, poiché si ripropone la speranza, ormai flebile, di un cambiamento significativo.

Le Promesse Tradite: Una Retrospettiva

Le promesse politiche in Italia sono state una costante, un rituale quasi sacro che si ripete ad ogni ciclo elettorale.

Tuttavia, queste promesse sono spesso rimaste tali, senza tradursi in realtà concrete. Analizzando i programmi dei principali partiti dagli anni ’70 ad oggi, emerge un pattern di ambiziose proposte economiche, sociali e culturali che raramente hanno trovato una realizzazione.

Negli anni ’80, ad esempio, il boom economico post-bellico iniziava a mostrare segni di cedimento.

Le promesse di una riforma strutturale del sistema produttivo, di una modernizzazione delle infrastrutture e di una maggiore equità sociale venivano ripetutamente fatte e disattese. Gli anni ’90, con Tangentopoli e la crisi della Prima Repubblica, videro emergere nuove formazioni politiche che promettevano una rottura col passato.

Ma la Seconda Repubblica non fu in grado di mantenere molte delle sue promesse di cambiamento e rinnovamento.

La Decadenza Culturale

Uno degli aspetti più preoccupanti del fallimento politico è stato il declino culturale.

L’Italia, culla del Rinascimento e patria di artisti, filosofi e scienziati, ha visto un progressivo impoverimento del suo patrimonio culturale e intellettuale.

Gli investimenti in cultura e istruzione sono diminuiti drasticamente nel corso degli anni. Secondo i dati dell’OCSE, la spesa pubblica per l’istruzione in Italia è tra le più basse d’Europa, rappresentando solo il 3.9% del PIL nel 2019, rispetto alla media europea del 4.9%.

Le università italiane, un tempo prestigiose, lottano oggi con carenze di fondi e infrastrutture obsolete. Il numero di giovani laureati che emigrano per cercare migliori opportunità all’estero è in costante aumento, con un fenomeno di “fuga dei cervelli” che depaupera ulteriormente il capitale umano del Paese.

I Dati della Decadenza

I numeri parlano chiaro.

Secondo un rapporto di Eurostat del 2022, l’Italia ha uno dei tassi di crescita economica più bassi dell’Unione Europea.

Il tasso di disoccupazione giovanile, sebbene in lieve diminuzione negli ultimi anni, rimane tra i più alti, attestandosi al 29.7% nel 2021.

La produttività del lavoro è stagnante, e il debito pubblico continua a crescere, superando il 155% del PIL nel 2021, un dato preoccupante che limita fortemente le capacità di investimento dello Stato.

La Crisi della Destra Italiana

Per un intellettuale di destra, la delusione è particolarmente acuta.

La destra italiana, storicamente legata a valori di tradizione, ordine e identità nazionale, ha faticato a trovare una coerenza interna e una leadership capace di tradurre i propri principi in politiche efficaci.

Le speranze riposte in figure come Silvio Berlusconi, che prometteva una “rivoluzione liberale”, sono state frustrate da scandali e inefficienze.

I movimenti più recenti, come la Lega, pur avendo catalizzato un notevole consenso, sono spesso accusati di populismo e mancanza di una visione strategica a lungo termine.

Le Elezioni Europee: Un Nuovo Banco di Prova

Le imminenti elezioni europee rappresentano un nuovo banco di prova.

In un contesto di crescente euroscetticismo e frammentazione politica, l’Italia si trova a dover scegliere non solo i propri rappresentanti a Bruxelles, ma anche a definire il proprio ruolo futuro all’interno dell’Unione Europea.

La speranza di molti intellettuali di destra è che queste elezioni possano finalmente segnare l’inizio di un reale cambiamento, ma la storia recente invita alla cautela.

In conclusione, la disillusione degli intellettuali di destra rispetto alla politica italiana è il risultato di decenni di promesse non mantenute e di un declino culturale che sembra inarrestabile.

Le elezioni europee offrono una nuova opportunità, ma senza un serio e profondo rinnovamento della classe politica e delle istituzioni, il rischio è che anche questa sia un’ennesima occasione persa.

Siamo quindi votati al populismo per forza?

l’uomo di destra è incompatibile con il populismo!

La crescente disillusione nei confronti della politica italiana ha spinto molti intellettuali di destra a interrogarsi su quale sia il loro ruolo e la loro posizione nel contesto attuale.

Mentre il populismo ha guadagnato terreno, offrendo risposte semplici e immediate a problemi complessi, gli intellettuali di destra trovano difficile abbracciare questa corrente per una serie di ragioni profonde e articolate.

L’Essenza del Pensiero Conservatore

Per comprendere perché un intellettuale di destra non può votarsi al populismo, è essenziale riflettere sull’essenza del pensiero conservatore.

La destra tradizionale si basa su valori di stabilità, ordine, tradizione e responsabilità.

Promuove una visione del mondo che valorizza le istituzioni consolidate, la continuità storica e il rispetto per la cultura e le tradizioni nazionali. Questo approccio contrasta nettamente con la natura spesso volatile e anti-istituzionale del populismo.

La Complessità delle Soluzioni

Gli intellettuali di destra sono consapevoli della complessità dei problemi socio-economici e culturali che affliggono l’Italia e il mondo contemporaneo.

Sanno che le soluzioni semplicistiche e immediate proposte dai populisti sono raramente efficaci e spesso dannose nel lungo periodo.

Il populismo tende a sfruttare le paure e le frustrazioni della popolazione, offrendo capri espiatori e promesse irrealizzabili.

Gli intellettuali, invece, riconoscono che i problemi complessi richiedono soluzioni ponderate, basate su analisi approfondite e politiche a lungo termine.

Il Rischio della Demagogia

Il populismo è intrinsecamente legato alla demagogia, l’arte di guadagnare consenso attraverso appelli emotivi piuttosto che razionali.

Questo approccio è in netto contrasto con l’etica dell’intellettuale, che cerca di elevare il dibattito pubblico attraverso argomentazioni basate su fatti e ragionamenti logici.

Per un intellettuale di destra, il populismo rappresenta una pericolosa deviazione dalla ricerca della verità e dell’eccellenza intellettuale, preferendo invece il successo immediato e la manipolazione delle masse.

La Difesa delle Istituzioni

Un altro aspetto fondamentale che separa gli intellettuali di destra dal populismo è il loro rispetto per le istituzioni.

La destra tradizionale vede nelle istituzioni un baluardo di stabilità e continuità, essenziali per il mantenimento dell’ordine sociale e della giustizia.

Il populismo, al contrario, spesso si posiziona in opposizione alle istituzioni, dipingendole come corrotte e inefficaci.

Questo atteggiamento distruttivo mina la fiducia nel sistema democratico e può portare a un’erosione delle fondamenta stesse dello Stato.

La Cultura e l’Identità

Per un intellettuale di destra, la cultura e l’identità nazionale sono valori inestimabili che devono essere preservati e promossi.

Il populismo, sebbene possa fare appello a sentimenti nazionalisti, lo fa in modo superficiale e strumentale.

Manca la profondità di comprensione e l’apprezzamento per la ricchezza culturale e storica che caratterizzano la destra tradizionale.

Gli intellettuali vedono il pericolo di una retorica populista che, pur invocando l’orgoglio nazionale, rischia di ridurre la cultura a slogan vuoti e a una visione distorta della realtà.

Un Chiamata all’Integrità Intellettuale

Per un intellettuale di destra, votarsi al populismo significa tradire i propri principi fondamentali.

Significa abbandonare la ricerca della verità, la complessità delle soluzioni, il rispetto per le istituzioni e la profondità culturale.

Significa, in ultima analisi, abbandonare l’integrità intellettuale in favore di un successo politico immediato ma vuoto di sostanza.

La sfida per gli intellettuali di destra è dunque quella di trovare un percorso che, pur riconoscendo le legittime frustrazioni del popolo, sappia offrire soluzioni reali e sostenibili.

Un percorso che non ceda alla tentazione della demagogia ma che, al contrario, riaffermi i valori di stabilità, responsabilità e cultura che sono al cuore del pensiero conservatore.

In un’epoca di crescente populismo, è più che mai necessario che gli intellettuali di destra riaffermino la loro voce, non come eco delle masse, ma come guida illuminata verso un futuro migliore.

Il Generale Vannacci: Un Visionario Tra Realismo e Comprensione delle Necessità del Popolo?

Nel panorama politico e sociale italiano, dominato spesso da figure populiste e discorsi semplicistici, emerge una figura che si distingue per il suo approccio ponderato e realistico: il Generale Roberto Vannacci.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, Vannacci non è un populista che cerca consensi facili attraverso slogan vuoti.

Invece, egli si presenta come un leader che ha profondamente compreso le esigenze del popolo italiano, offrendo soluzioni pratiche e concrete ai problemi che affliggono la nazione.

La carriera militare del Generale Vannacci è testimone della sua dedizione e competenza.

La sua lunga esperienza nelle forze armate gli ha fornito una comprensione unica delle dinamiche sociali e delle sfide che il Paese deve affrontare.

La sua capacità di affrontare gli avversarsi sempre con calma, senza attaccarli e senza atteggiamenti ostili gli sta facendo acquisire gran consenso nel paese.

Vannacci ha servito in diverse missioni internazionali, acquisendo una visione globale e una capacità di analisi che trascende il provincialismo e il populismo tipici di molti politici contemporanei.

Le proposte di Vannacci non sono frutto di demagogia, ma di un’analisi attenta e approfondita delle reali necessità del popolo italiano.

Egli riconosce che le soluzioni ai problemi complessi richiedono un approccio pragmatico e realistico.

Ad esempio, nel campo della sicurezza, Vannacci sostiene la necessità di rafforzare le forze dell’ordine non solo in termini numerici, ma anche attraverso una migliore formazione e l’adozione di tecnologie avanzate.

Questo approccio bilancia la sicurezza nazionale con il rispetto dei diritti civili, evitando le scorciatoie autoritarie tipiche dei discorsi populisti.

Uno degli aspetti più distintivi di Vannacci è la sua empatia verso il cittadino comune.

Contrariamente ai populisti, che spesso sfruttano le paure e le frustrazioni del popolo per guadagnare consensi, Vannacci si sforza di capire le radici di queste emozioni.

La sua comunicazione è sempre rispettosa e mirata a trovare soluzioni condivise.

Vannacci vede nella cultura un elemento essenziale per il rilancio del Paese, sostenendo politiche che incentivino l’istruzione e la diffusione del patrimonio culturale italiano, sia a livello nazionale che internazionale.

In definitiva, il Generale Vannacci rappresenta una figura che, pur rasentando i toni e i metodi del populismo, ha saputo cogliere le necessità del popolo.

Non mi ritengo ne un sostenitore ne un detrattore del Generale, ma gli riconosco l’acume politico di aver saputo identificare una figura che ha colmato un vuoto comunicativo nel paese.

Ha profondamente capito che il politicamente corretto è la più grande bufala storica, come peraltro da noi più volte sostenuto non da ultimo qui https://betapress.it/politicallllllly-corrrrrect-che-freno-al-confronto/ , e che il paese ed i suoi cittadini hanno bisogno di sentire chi parla come loro, per loro e con loro.

Pochi altri hanno in precedenza azzeccato questo stile, e bravo Generale, e stolti tutti quelli che lo accusano superficialmente e senza affrontarlo in profondità: le accuse di razzismo e di fascismo, nonché di omofobia, gli fanno solo guadagnare altri punti.

Attaccare oggi il generale Vannacci che parla il linguaggio del popolo solo perché usa un linguaggio vicino al popolo è un poco come accusare il popolo stesso, ed il popolo su queste cose non perdona.

Il mio Dissenso: Un Grido Contro l’Impoverimento Generale del Paese

Nel contesto politico italiano attuale, mi trovo, specie come giornalista, in una posizione di profonda disillusione e frustrazione.

La delusione non deriva solo dalle promesse non mantenute e dalle aspettative disattese, ma anche dalla sensazione di essere perseguitato e isolato dagli stessi alleati politici.

Questo sentimento di alienazione mi spinge quindi ad esprimere un dissenso sempre più marcato contro l’impoverimento generale del Paese, un impoverimento che si manifesta non solo a livello economico, ma anche culturale e sociale.

La Disillusione con il Partito

Per me, ma come per ogni intellettuale di destra, la lealtà al proprio partito è stata tradizionalmente una questione di principio e di coerenza con i valori e le idee che quel partito rappresenta.

Tuttavia, negli ultimi anni, molti hanno assistito con sgomento a un declino della qualità e della serietà delle politiche adottate.

Le speranze riposte in un cambiamento positivo sono state spesso disattese, con promesse elettorali che si sono rivelate vuote e progetti di riforma che sono rimasti lettera morta.

Questa disillusione è aggravata dalla percezione di essere traditi dagli stessi alleati.

Invece di trovare supporto e solidarietà, molti, me compreso, si sentono perseguitati e marginalizzati da coloro che dovrebbero essere i loro naturali compagni di battaglia.

Questo isolamento non è solo politico, ma, soprattutto per me in questo momento, spesso anche personale e professionale, rendendo ancora più acuto il senso di frustrazione.

Il Grido di Dissenso

Di fronte a questa situazione, non posso far altro che esprimere un profondo dissenso.

Questo dissenso non è un semplice sfogo di rabbia, ma un grido di allarme contro l’impoverimento generale del Paese.

L’Italia, una volta faro di cultura e innovazione, sta vivendo un declino che sembra inarrestabile.

L’Impoverimento Economico

L’economia italiana, stagnante da decenni, è uno dei principali fattori di preoccupazione.

La disoccupazione, soprattutto giovanile, rimane elevata, e le opportunità di lavoro qualificato sono sempre più rare.

Le politiche economiche adottate negli ultimi anni non sono riuscite a stimolare una crescita sostenibile e a lungo termine, e il debito pubblico continua a crescere, limitando le capacità di investimento del Paese.

Vedo con preoccupazione l’assenza di strategie economiche solide e lungimiranti, l’eccessivo utilizzo dei fondi PNRR senza una doverosa ossatura che ne ripaghi i costi.

La mancanza di investimenti in settori chiave come l’innovazione, la ricerca e le infrastrutture sta contribuendo a un impoverimento strutturale che mette a rischio il futuro del Paese.

L’Impoverimento Culturale

L’impoverimento non è solo economico.

La cultura italiana, un tempo orgoglio nazionale, sta vivendo una crisi profonda.

I tagli ai finanziamenti per l’istruzione e la cultura hanno portato a un degrado delle istituzioni culturali e a un impoverimento dell’offerta educativa.

Le università e le scuole, che dovrebbero essere il fulcro della formazione delle nuove generazioni, soffrono di carenze strutturali e finanziarie che compromettono la qualità dell’insegnamento e della ricerca.

Questo declino culturale è aggravato dalla mancanza di visione e di politiche efficaci da parte del governo.

Vedo con allarme la diffusione di una cultura di mediocrità e di conformismo, che soffoca il talento e l’innovazione.

La fuga dei cervelli, con molti giovani laureati che emigrano per cercare migliori opportunità all’estero, è un sintomo drammatico di questo impoverimento.

L’Impoverimento Sociale

Infine, l’impoverimento sociale è forse l’aspetto più doloroso per me.

L’Italia è sempre stata un paese con forti legami comunitari e una ricca vita sociale.

Tuttavia, le politiche divisive e la crescente polarizzazione stanno erodendo il tessuto sociale del Paese.

La coesione sociale, un tempo punto di forza, è minata da crescenti disuguaglianze e da un senso di insicurezza e di incertezza per il futuro.

Un Appello alla Rinascita

In questo contesto, mi sento il dovere di alzare la voce e denunciare la situazione.

Il mio dissenso è un atto di amore verso il Paese ed un appello alla rinascita.

È un richiamo a ritrovare i valori fondamentali che hanno reso grande l’Italia e a lavorare insieme per costruire un futuro migliore.

Non voglio assolutamente arrendermi alla disillusione, ma cerco di trasformarla in un’energia creativa e costruttiva.

Cerco di promuovere un dibattito pubblico serio e informato, basato su fatti e argomentazioni, e di coinvolgere tutti i cittadini in un progetto comune di rinascita.

Solo attraverso un impegno collettivo e una visione condivisa sarà possibile invertire la rotta e risollevare il Paese dall’impoverimento economico, culturale e sociale che lo affligge.

A queste elezioni speriamo, anche se sono europee, di iniziare a votare per l’Italia.