La penna e la spada, chi vince oggi?

Il detto “la penna è più potente della spada” esprime un concetto profondamente radicato nella consapevolezza collettiva, sottolineando come le parole e le idee abbiano un impatto più duraturo e profondo rispetto alla forza bruta.

Questa metafora risale al drammaturgo inglese Edward Bulwer-Lytton nel 1839, nel suo dramma “Richelieu; Or the Conspiracy”.

La frase sottolinea il potere della comunicazione e della persuasione rispetto alla violenza fisica.

Tuttavia, questo concetto affronta una sfida cruciale nel contesto moderno, dove l’alfabetizzazione e le abilità di lettura stanno subendo trasformazioni significative, in particolare tra i giovani.

L’importanza della lettura è insostituibile per lo sviluppo intellettuale, la maturazione personale e la partecipazione attiva alla vita democratica di una società.

Attraverso la lettura, si acquisiscono non solo conoscenze ma anche strumenti critici per interpretare il mondo e agire su di esso.

In un’epoca dominata dall’immagine e dalla rapidità dell’informazione digitale, il calo delle competenze di lettura approfondita può rappresentare un rischio serio per il mantenimento di una cittadinanza informata e critica.

Il fenomeno del declino della lettura tra i giovani, spesso descritto in termini di “crisi dell’alfabetizzazione”, va visto in un contesto più ampio di cambiamenti socio-culturali e tecnologici.

Le nuove generazioni si trovano immerse in un flusso costante di informazioni brevi e visivamente accattivanti, come i post sui social media, che richiedono un impegno cognitivo diverso rispetto alla lettura prolungata di testi complessi.

Questa evoluzione può portare a una preferenza per le forme di comunicazione che richiedono minor sforzo interpretativo e critico.

Di fronte a questa sfida, è fondamentale riconoscere il valore della formazione all’alfabetizzazione critica come parte essenziale dell’educazione moderna.

Istruire i giovani non solo a leggere in modo funzionale ma anche critico è una necessità impellente.

Questo include la capacità di analizzare e valutare le fonti, comprendere contesti più ampi, riconoscere bias e presupposti, e formulare argomentazioni coerenti.

Inoltre, le scuole e le altre istituzioni educative hanno il dovere di adattare le metodologie didattiche per renderle più attinenti al mondo digitale in cui i giovani crescono.

Ciò potrebbe includere l’uso didattico dei media digitali per insegnare competenze di lettura critica, non solo attraverso libri di testo ma anche tramite piattaforme online, videogiochi educativi, e altre risorse digitali che possano stimolare l’interesse e l’engagement dei giovani.

In sintesi, mentre la penna può ancora essere più potente della spada in un mondo ideale dove le parole informano, educano e ispirano, la realtà attuale pone sfide significative a questo ideale.

Se i giovani perdono l’abilità o l’interesse nella lettura profonda, la società potrebbe trovarsi di fronte a problemi seri, come il deterioramento del dialogo pubblico e una minore capacità di affrontare questioni complesse in modo riflessivo e informato.

Per mantenere viva l’efficacia della penna, è cruciale investire nell’alfabetizzazione avanzata e critica delle nuove generazioni.

Ma chi deve fare questo sforzo di recupero sui giovani, solo la   scuola? 

la Famiglia?

Credo fermamente che questa sia una importante sfida per tutta la platea intellettuale italiana, dagli accademici ai politici, è necessario ripensare l’educazione dei giovani ma anche rivedere come stiamo proponendo ai giovani le strade per il loro futuro.

Come dico sempre non è che lavoro faremo che ci darà una buona vita, ma come lo faremo e chi saremo nel farlo.

 

 




25 aprile

Ammettiamolo, nonostante il rituale della convocazione istituzionale, non è facile pensare un 25 aprile difficile come questo.

Il calendario si conferma il solito luna-park.

Che siano week libresche, o apericene sensoriali, sul piano culturale e politico sembra di essere sul set di plastica di una fiction sul mondo nuovo.

Piuttosto mal riuscita.

Se questo è il quadro, dove opposizione e dissenso possono esistere solo ritagliandosi momenti di solitudine, lo spazio pubblico e anche le cene tra amici ormai sono divenuti luoghi della rimozione, parliamo forse di guerra?

come è possibile che giovedì prenda forma la prima grande manifestazione popolare contro tutti i massacri in corso e futuri?

Sarà certamente un corteo disunito, forse litigioso e rancoroso, speriamo senza censure o auto censure, che è anche peggio.

E del resto la crisi della rappresentanza da anni è palpabile proprio in questa occasione.

Ecco perché c’è uno strano silenzio attorno a questo settantanovesimo anniversario della Liberazione.

Ne riparleremo dopo il 25, le elezioni europee sono alle porte.

La sensazione che il corso degli eventi segua una logica inesorabile è forte e prevalgono sentimenti di impotenza e rassegnazione.

E un sentimento diffuso di sgomento e paura.

Paura per la guerra, per la postura guerrafondaia delle élite europee che genererà nuovi conflitti e per tragedie che non riusciamo nemmeno a nominare.

Ma in questa occasione, che ogni anno celebra la liberazione, nessuno può dare lezioni su come bisogna starci e con quali «parole d’ordine», perché la democrazia è anche conflitto e dissenso.

La Storia con tutti i suoi orrori non si cancella ma se c’è il sole, e non farà tanto freddo, noi che possiamo permettercelo, saremo anche un po’ felici.

 

#realtaaumentata di Barbara de Munari

 




Trump: Siamo al fianco della Polonia

Rileviamo e pubblichiamo tradotto, per Vostra migliore fruizione, una “notizia” che difficilmente si potrà leggere in Italia, ma che certamente deve fare riflettere.
Le fonti… Sono indiscutibili, il contenuto… Fa sorgere la domanda che lasciamo alla Vostra …

Trump dice ‘Siamo al fianco della Polonia’ durante l’incontro con il Presidente Duda.

Pubblicato il18 aprile 2024 alle 10:34
Market Screener

Il Presidente polacco Andrzej Duda ha discusso dell’Ucraina e del Medio Oriente con il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump durante un incontro a New York mercoledì, durante il quale l’ex Presidente degli Stati Uniti ha detto di essere “al fianco della Polonia fino in fondo”.

Duda, il cui mandato scade nel 2025, è stato uno dei partner internazionali preferiti di Trump durante la sua presidenza 2017-2021 e i due si sono descritti come amici.

Al contrario, molti altri leader europei sono da tempo nervosi per il fatto che una seconda presidenza Trump significherebbe una diminuzione del sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina, vicino orientale della Polonia, e all’alleanza militare della NATO.

“Il popolo polacco lo ama (Duda)… e non è una cosa facile da realizzare, ma ha fatto un lavoro fantastico ed è mio amico”, ha detto Trump ai giornalisti mentre Duda arrivava alla Trump Tower.

“Siamo al fianco della Polonia fino in fondo”, ha aggiunto.

La campagna di Trump ha dichiarato in un resoconto dell’incontro che hanno discusso la proposta di Duda che i membri della NATO spendano almeno il 3% del loro prodotto interno lordo (PIL) per la difesa.

L’obiettivo minimo attuale è del 2%.

“Hanno anche discusso della guerra tra Russia e Ucraina, del conflitto con Israele in Medio Oriente e di molti altri argomenti che hanno a che fare con il raggiungimento della pace nel mondo”, ha detto la campagna.

Dopo la cena, Duda ha detto che è stato “un incontro amichevole in un’atmosfera molto piacevole”.

Trump, che è sotto processo a New York per le accuse di aver coperto un pagamento di ‘denaro segreto’ all’attrice pornografica Stormy Daniels, probabilmente affronterà una gara serrata contro il Presidente Joe Biden, un democratico, nelle elezioni presidenziali di novembre.

Duda si trova a New York per partecipare alle Nazioni Unite e venerdì si recherà in Canada.

 

https://it.marketscreener.com/notizie/ultimo/Trump-dice-Siamo-al-fianco-della-Polonia-durante-l-incontro-con-il-Presidente-Duda-46465920/




Salvini: ma ci sei o ci fai?

Matteo Salvini ritorna sulla sua endemica crociata dei tre mesi estivi, che inizialmente era contro gli insegnanti, che in pratica avevano TRE mesi addirittura di vacanza (che poi non è nemmeno vero), oggi, invece, ha girato il suo attacco andando anche a raccogliere un desiderata dei genitori, che d’estate non sanno dove piazzare i figli, ed ecco qua la soluzione, scuole aperte d’estate.

Addirittura sono stati trovati 400 milioni (dove erano nascosti? non è che forse erano i soldi per garantire alle segreterie la continuazione del personale ATA chiamato personale covid? e perché allora non abbiamo trovato 27 milioni per salvare il personale ATA cha abbiamo dovuto mandare a casa ma che alle scuole serviva come il pane? Beh è vero che il ministro dice di aver trovato 14 milioni per quello, 14 non 27, troppo tardi comunque, ormai le persone sono state mandate a casa quindi quelle persone ormai formate difficilmente saranno recuperabili ora), ben 400 milioni trovati, dicevamo,  erano sotto in uno scantinato?

Beh, se è così facile trovare dei milioni di euro suggerisco a tutte le famiglie che stanno morendo per arrivare a fine mese di fare una caccia al tesoro nei vari ministeri partendo da quello dell’istruzione, magari negli scantinati da qualche parte anche loro riusciranno a “trovare” qualche milionata.

Qui mi pare che si parli senza la necessaria comprensione sia della storia che della vera necessità dietro a determinate situazioni.

La decisione di concentrare le vacanze estive in un periodo di tre mesi anziché diluirle durante l’anno scolastico è il risultato di un’organizzazione ponderata e riflessiva del calendario scolastico, supportata da diverse ragioni valide. 

Per cercare di farci capire useremo punti specifici e chiari, non si sa mai:

Continuità e coerenza del calendario: Concentrare le vacanze estive in un periodo di tre mesi consente di mantenere una certa coerenza nel calendario scolastico. Questo approccio facilita la pianificazione delle attività educative e permette agli studenti, agli insegnanti e alle famiglie di organizzare le proprie attività con maggiore chiarezza.

Minimizzazione delle interruzioni: Distribuire le vacanze estive durante l’anno scolastico potrebbe comportare frequenti interruzioni nel processo di apprendimento, compromettendo la continuità e l’efficacia dell’insegnamento. Concentrare la maggioranza delle vacanze in un unico periodo permette di limitare queste interruzioni e di mantenere un flusso costante di lavoro e apprendimento.

Difficoltà nel mantenere la concentrazione: Il caldo intenso può rendere difficile per gli studenti e il personale mantenere la concentrazione e l’attenzione durante le lezioni e le attività didattiche. Questo può compromettere la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, riducendo l’efficacia dell’ambiente educativo.

Efficienza nell’utilizzo delle risorse: Concentrare le vacanze estive in un periodo di tre mesi consente alle istituzioni scolastiche di ottimizzare l’utilizzo delle risorse. Durante il periodo estivo, molte scuole possono programmare lavori di manutenzione, ristrutturazione o pulizia, senza interferire con le attività didattiche.

Opportunità per attività estive specializzate: Il lungo periodo di vacanza estiva offre ai ragazzi l’opportunità di partecipare a programmi estivi specializzati, come campi sportivi, corsi di arte o di lingua, che potrebbero non essere disponibili durante l’anno scolastico. Queste esperienze arricchiscono il loro bagaglio di conoscenze e competenze in modo significativo.

Promozione del turismo e dell’economia locale: Le vacanze estive di tre mesi favoriscono il turismo e l’economia locale, consentendo alle famiglie di pianificare viaggi e vacanze più lunghe. Questo periodo prolungato di pausa estiva beneficia anche delle industrie turistiche, ricreative e commerciali, contribuendo così alla crescita economica delle comunità locali.

Tempo sufficiente per il recupero e il relax: Tre mesi di vacanze estive offrono ai ragazzi il tempo necessario per riposarsi, rigenerarsi e dedicarsi a interessi personali senza la pressione degli impegni scolastici. Questo periodo di pausa prolungato è essenziale per il benessere fisico, mentale ed emotivo degli studenti, consentendo loro di ricaricare le energie e affrontare il nuovo anno scolastico con rinnovato entusiasmo.

Ma poi, le scuole hanno l’aria condizionata???

Se le scuole non dispongono di aria condizionata e devono funzionare durante l’estate, possono incontrare diversi problemi che compromettono il benessere degli studenti, del personale e l’efficacia dell’ambiente educativo.

Sempre per punti così magari è più facile capire:

Calore e disagio fisico: Le temperature estive possono diventare estremamente elevate, soprattutto all’interno degli edifici scolastici, che possono essere progettati senza adeguata ventilazione o isolamento termico. Senza aria condizionata, gli studenti e il personale possono sperimentare disagio fisico, affaticamento e difficoltà di concentrazione, compromettendo il processo di apprendimento.

Sicurezza e salute degli studenti: Il caldo eccessivo può rappresentare un rischio per la salute degli studenti, specialmente per quelli più giovani o con condizioni mediche preesistenti. L’esposizione prolungata a temperature elevate può causare colpi di calore, disidratazione e altri problemi di salute, aumentando il rischio di incidenti o malori durante le attività scolastiche.

Anche qin questo caso subentra la difficoltà nel mantenere la concentrazione: Il caldo intenso può rendere difficile per gli studenti e il personale mantenere la concentrazione e l’attenzione durante le lezioni e le attività didattiche. Questo può compromettere la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, riducendo l’efficacia dell’ambiente educativo.

Assenteismo degli studenti e del personale: Le temperature elevate possono causare assenteismo degli studenti e del personale, con conseguente interruzione delle attività scolastiche e riduzione della produttività. Gli studenti potrebbero essere meno propensi a partecipare alle lezioni o alle attività extracurriculari, mentre il personale potrebbe essere più incline a prendere giorni di malattia a causa del caldo e del disagio.

Malfunzionamenti tecnici: Il calore eccessivo può causare malfunzionamenti tecnici negli edifici scolastici, come surriscaldamento degli apparecchi elettronici, interruzioni dell’elettricità o danni alle strutture. Questi problemi possono compromettere la sicurezza e l’efficienza delle attività scolastiche, richiedendo interventi di manutenzione e riparazione che possono essere costosi e dispendiosi.

Impossibilità di svolgere attività all’aperto in spazi non qualificati: Le alte temperature possono limitare la possibilità di svolgere attività all’aperto, come ricreazione, educazione fisica o lezioni all’aria aperta. Questo può ridurre le opportunità di movimento e di socializzazione degli studenti, influenzando negativamente il loro benessere fisico, mentale ed emotivo.

La mancanza di aria condizionata può rappresentare una sfida significativa per le scuole che devono funzionare durante l’estate, compromettendo il comfort, la sicurezza e l’efficacia dell’ambiente educativo.

È importante considerare soluzioni alternative o prendere misure preventive per mitigare gli effetti del caldo e garantire un ambiente sicuro e confortevole per tutti gli attori della comunità scolastica.

In conclusione, la decisione di concentrare le vacanze estive in un periodo di tre mesi anziché diluirle durante l’anno scolastico è supportata da una serie di motivazioni valide che favoriscono l’efficienza, la coerenza e il benessere degli studenti, degli insegnanti e delle comunità locali.

Quindi viene spontaneo chiedersi, ma questa fissa dei tre mesi di vacanza d’estate è paragonabile ad una malattia psichiatrica? 

O è perché da fastidio che gli insegnanti stiano a casa tre mesi? Ma anche ammesso che sia sbagliato, e così non è, siamo convinti che la soluzione migliore sia usare le scuole per fare da  babysitteraggio ai giovani in modo tale che i genitori possono lavorare senza avere il cruccio dei figli? 

MA SIETE SERI?

Non sarebbe allora meglio potenziare i servizi alla famiglia dei vari comuni in modo tale che si possano organizzare, anche in collaborazione con il percorso educativo scolastico, attività più consone al riposo delle giovani generazioni durante la stagione estiva?

E non sarebbe forse meglio fare in modo che le famiglie possano stare insieme di più durante l’estate per consolidare i rapporti famigliari, invece che lasciare i figli sparsi per il paese? e non sarebbe forse meglio ritornare ad un concetto di nucleo famigliare importante magari agevolando le mamme/papà lavoratrici/ori in modo che nel periodo estivo abbiano più tempo per i loro cari?

Non sarebbe meglio investire i soldi dello stato in ben altro modo che buttare 400 milioni di euro per far stare i ragazzi a scuola d’estate?

Non è che questa è solo una captatio benevolenzia elettorale?

E comunque, giusto per  osservazione, quando si dice che gli altri paesi fanno in modo differente, ricordo che le posizioni geografiche degli altri paesi sono differenti dalla nostra, i servizi messi a disposizione dagli altri paesi per la famiglia sono differenti dai nostri, la scuola degli altri paesi è differente dalla nostra, e anche, a rischio di essere tacciato di razzismo, gli abitanti degli altri paesi sono differenti da noi, anche a livello di problematiche demografiche!

Quindi prima di dire che gli altri paesi fanno le cose in altro modo e quindi dovremmo farle anche noi così, vediamo però di farle tutte anche noi in altro modo, non solo quello che fa comodo alla nostra classe politica.

Demagogia invece che soluzioni, soldi buttati invece che investiti, come se fosse la prima volta che succede.

Ma la colpa è anche nostra che pur di avere il sollievo momentaneo ai nostri malesseri, non ci accorgiamo di chi lavora invece non per il nostro bene, ma solo per il suo.

Ahi serva Italia…




Europa ed aborto, diritti contro diritti.

L’Europa si suicida se metterà l’aborto nella sua Carta fondamentale!

 

Il diritto all’aborto va inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: è quanto ha deciso nei giorni scorsi il Parlamento europeo con un voto nel quale ha prevalso la maggioranza “progressista” con 336 “sì”, 163 “no” e 39 astenuti.

Il fatto curioso e drammatico di questa decisione è che – se lo notate – non si trattava da parte dei parlamentari europei di ribadire il diritto all’aborto, il quale praticamente è presente in tutte le legislazioni nazionali con modalità molto libere, salvo in Polonia e a Malta dove permangono delle restrizioni.

No, la vera novità è che tale diritto a interrompere una gravidanza diviene – nei desideri delle sinistre e dei “liberal” europei (Macron e simili) – non più soltanto una possibilità ma addirittura un valore fondamentale e “fondante” della identità europea.

Capite in quale abisso di abiezione morale siamo caduti?

Nel giro di pochi decenni siamo passati dall’aborto come crimine da vietare e punire (perché si riconosceva che con esso, fatto clandestinamente, si sopprimeva una vita), all’aborto ammesso legalmente con l’argomentazione di tutelare la vita delle donne, non più costrette ad affidarsi alle “mammane” o a medici compiacenti che agivano di nascosto contro la legge e a pagamento; fino a questo ultimo “traguardo” assolutamente folle e delirante in cui una maggioranza parlamentare di sinistra pretende di affermare che l’aborto divenga un diritto fondamentale, un “baluardo” della civiltà moderna e al quale nessuno possa più opporsi in alcun modo.

Infatti, nella risoluzione votata a Bruxelles si prevede di limitare l’obiezione di coscienza di medici e sanitari, di prevedere procedure obbligatorie nei percorsi formativi di medici e ostetrici perché l’aborto divenga una competenza e una prassi diffusa a tutti i livelli sanitari, e infine di vietare il finanziamento da parte della UE alle associazioni e realtà che diffondano valori anti-abortisti e anti-gender.

Se ci pensate, siamo tornati – almeno per ora soltanto con una dichiarazione di principio che per diventare legge dovrà essere approvata dal Consiglio europeo e poi assunta dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione – a una specie di eugenetica nazista: a quell’epoca i seguaci di Hitler teorizzarono l’inferiorità delle razze ebraica, rom, degli omosessuali e di persone con handicap vari.

Oggi si teorizza la “superiorità” di donne e uomini europei adulti che si arrogano il diritto di decidere se il nascituro (che loro stessi hanno suscitato in vita unendosi sessualmente) sia degno oppure no di maturare nel grembo materno.

E’ un “mondo al contrario” – come direbbe il generale Vannacci – dove la soppressione di una vita non viene più timidamente definita “interruzione della gravidanza”.

Qui, secondo i macroniani e socialisti vari, si ritiene invece che finalmente ci sia la conquista di civiltà piena: le donne sarebbero a questo punto libere di disporre in maniera assoluta del proprio corpo e della propria libertà sessuale, senza più quel vincolo morale di dover un po’ di nascosto porre termine a una vita nascente la cui unica “colpa” è quella di essere nata dentro il corpo di una donna che non intende (insieme al proprio partner) assumersi la responsabilità connessa a ogni rapporto sessuale: quella che possa nascere un bambino!

Di fatto dietro a questa dichiarazione europea si nasconde il sottile e indicibile intento delle sinistre di rendere l’aborto obbligatorio spazzando via le residue resistenze di medici obiettori, dei difensori della vita vari (tipo l’associazione Pro Vita & Famiglia di Jacopo Coghe che ha fatto girare a Bruxelles un camion vela con le parole: “To kill a baby is not a fundamental right”).

Se la direttiva si tramutasse in legge costituzionale europea, Pro Vita non potrebbe più fare tale pubblicità ma anzi verrebbe messa fuori legge e il suo presidente Coghe forse verrebbe incarcerato!

Vediamo come hanno votato i parlamentari italiani eletti a Bruxelles: a favore dell’aborto come “diritto fondamentale” si sono espressi Pd, Verdi, Cinque Stelle, + Europa, Azione, Italia Viva, con i voti aggiuntivi di Alessandra Mussolini e Lucia Vuolo di Forza Italia e di Gianna Gancia della Lega.

Contro si sono espressi Forza Italia (escluse le due “dissidenti” qui sopra), la Lega (esclusa la Gancia) e Fratelli d’Italia. Insomma, a destra si vota per la vita e contro l’assassinio dei bambini; a sinistra invece allegramente si brinda alla fine della civiltà europea fondata e costruita attorno ai valori giudaico-cristiani e alla democrazia sostanziale secondo la quale ogni “cittadino” ha gli stessi diritti e quindi nessuno può pensare di sopprimerlo.

L’Europa di oggi esprime questo folle delirio autodistruttivo, le femministe sono contente, i maschi ancora di più perché potranno fare all’amore con donne che avranno sempre meno remore e sensi di colpa nel “far sparire” le prove di questo atto d’amore, con la benedizione delle costituzioni europee.

Siamo alla pazzia politica e culturale di un continente – il nostro – del quale andavamo fieri e che invece oggi si è messo alla testa della schiera dei lestofanti della politica che ritengono di poter decidere della vita e della morte dei propri figli, con la stessa superficiale barbarie di Hitler, Stalin e Pol Pot.

Complimenti Europa: se non correggerai la tua rotta sei destinata a scomparire o a essere invasa … come del resto sta già avvenendo!

Il Credente




La legge è uguale per tutti ! Ma per qualcuno è più uguale che per gli altri.

Siamo sicuri che “La Legge è uguale per tutti” ? Quanto influisce la propaganda mediatica, la politica ideologizzata e l’interpretazione di uomini al “servizio” delle Istituzioni?

Che la legge non è uguale per tutti, è il pensiero che aleggia sempre più in maniera consistente nella mente dei cittadini Italiani.

Forse un tempo si poteva considerare come “illazione popolare”, oggi i fatti inducono a pensare possa essere diventata una realtà, certamente drammatica e discriminatoria in presenza di fatti controversi.

Basta spesso scorrere le prime pagine dei principali quotidiani o dei vari TG, forse senza nemmeno entrare negli approfondimenti dei singoli articoli, per pensare che quella, da sempre ritenuta “illazione”, possa trasformarsi in concretezza.

Sono tantissimi infatti gli spunti che lasciano intravedere questa situazione che sembra essere diventata sempre più anomala, tanto da indurre al successo un libro che descrive realisticamente come il mondo, nel nostro caso l’Italia, stia andando al contrario, rafforzando così quella che potrebbe trasformare una popolare illazione in una regola assunta.

Tralasciando ogni considerazione sia sul libro che sull’autore, non è la loro recensione l’oggetto di nostro interesse, desideriamo evidenziare uno degli ultimi fatti rilevati dai quotidiani nazionali e dai vari dibattiti televisivi, che inducono a pensare che il quesito enunciato nel titolo, abbia fondamento.

E’ di Giovedì 4 Aprile la notizia che l’ultimo procedimento su L’ex ministro Speranza, aperto a seguito di alcune denunce relative alla campagna di vaccinazione Covid, è stato archiviato. (Fonte ANSA)

“La Verita” di Mercoledì 10 Aprile titola in prima pagina, una esclusiva inchiesta di Francesco Borgonovo e Alessandro Rico: l’Ex ministro della salute, Speranza, sapeva che il 20% degli effetti avversi, tra coloro che si sono fatti oculare il fatidico “farmaco”, era gravissimo.

Non entrando nel merito scientifico, inerente la validità o meno del “farmaco”, oramai la letteratura e la casistica possono fornire significative indicazioni, evidenziamo invece come nonostante la confessione resa ai giudici, riguardante gli eventi avversi e forse anche gli innumerevoli decessi, questi piuttosto che indagare ed approfondire le responsabilità del ministro e non solo, abbiano preferito archiviare.

Nell’articolo di Francesco Borgonovo ed Alessandro Rico si evidenzia che il ministro in questione ha candidamente affermato che anche l’ex presidente dell’AIFA e l’allora primo ministro Mario Draghi, gestivano le politiche anti Covid ed erano al corrente dei gravissimi effetti avversi.

Così, tutti gli eventuali reati, anche di gravità estrema, che hanno causato invalidità gravissime e probabilmente un numero elevato di decessi, al punto che, secondo alcuni, si può ipotizzare il reato di strage, sono stati cancellati da una semplice “archiviazione”.

Alla luce di ciò, chiedersi quale sia il senso della motivazione del Tribunale dei Ministri che ha riconosciuta la correttezza condotta, volta esclusivamente alla difesa dell’interesse pubblico e del diritto alla salute dei cittadini, diventa naturale.

Quale è l’interesse pubblico e quale è il diritto alla salute?

Secondo l’inchiesta esclusiva, condotta dal Vicedirettore Borgonovo e dal Giornalista Rico, Speranza ha ammesso di essere a conoscenza dell’elevata percentuale di reazioni avverse, molte delle quali mortali, quindi dove stà la correttezza volta alla difesa dell’interesse pubblico e del diritto alla salute?

Addirittura, chi non ricorda le frasi proferite per far si che la popolazione si inoculasse il farmaco e tutte le successive dosi, dal ministro, ma anche dal Presidente Draghi e non solo, che lasciavano intendere che il “farmaco”, come noi preferiamo definirlo, fosse sicuro ed efficace?

Questo, nonostante che, già dopo le prime settimane di vaccinazione, al ministro sono giunti segnali allarmanti di pericolose controindicazioni.

Fatto che ignorò, preferendo continuare la campagna di immunizzazione.

Che ancora qualche cosa non quadra nella questione, forse lo si evince anche dal fatto che tutte le presentazioni del libro “perché guariremo” scritto da Speranza, inerente la pandemia, prima ritirato nel 2020, e poi secondo alcune fonti, riveduto e corretto in alcuni punti, rimesso in commercio, si parla di “rare segnalazioni di effetti avversi, suscitando reazioni e richieste di spiegazione da parte di chi ha subito in maniera grave e fortemente invalidante quegli effetti dovuti al “farmaco”, addirittura “imposto”, a mezzo DPCM del Presidente del Consiglio.

Perché Speranza si sottrae al pubblico confronto con i cittadini che hanno forse la colpa di aver creduto a persone dell’Istituzione e dello Stato?

Perché utilizzare le Forze dell’Ordine per impedire l’accesso a chi, fortemente invalidato, chiede un lecito confronto?

Perché i media Nazionali sembra vogliano glissare o tacere sulle continue fughe dell’esimio ex ministro dai vari luoghi ove invitato a presentare il suo libro, così come hanno sempre occultato le morti improvvise che potrebbero essere riconducibile all’utilizzo del farmaco?

Perché in Lombardia fu bloccato l’Ares 118 per le informazioni ad i giornalisti accreditati, in un momento in cui le morti improvvise ed i malori ebbero uno strano incremento, suscitando così le reazioni di chi non aveva più la possibilità di avere le informazioni, violando di fatto quel diritto che perfino la costituzione garantisce?

E’ di pochi giorni l’ultima “fuga” di Speranza, in ordine di tempo, avvenuta ad Ostia, municipio della Capitale, dove sembrerebbe addirittura che per allontanarsi nel più breve tempo possibile, pur essendo protetto dai tutori delle forze dell’ordine, la vettura che lo accompagnava sia stata costretta percorrere una contromano.

Sembra proprio che, una “propaganda” mediatica, una politica ideologizzata e l’interpretazione di uomini, al “servizio” delle Istituzioni, inducono a pensare che forse in Italia, la legge NON è uguale per tutti.

Sono in tanti a chiedersi quali responsabilità possano avere l’ex ministro Speranza, l’ex Primo Ministro Mario Draghi e tutti coloro che, pur essendo a conoscenza della gravissima pericolosità del farmaco hanno continuato a promuoverlo, addirittura imponendolo fino al ricatto, attraverso una multa amministrativa e la sospensione, in alcuni casi trasformato in licenziamento, dal posto di lavoro, con relativo blocco dello stipendio.

Domande che tanti Italiani, specialmente chi ha subito effetti avversi gravi e permanenti, oltre ai familiari delle vittime decedute, si pongono.

Come non augurarsi che la frase, “la legge è uguale per tutti”, non si trasformi in :

La legge NON è uguale per tutti.

Ettore Lembo

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/04/04/covid-archiviato-ultimo-procedimento-su-speranza_c9d1064e-b570-4b47-ae06-986c98954baa.html




Papà Francesco: deriva di destra?

Ma cosa sta succedendo a Papa Francesco?

Svolta a destra?

Torna ai “valori non negoziabili” che aveva quasi disprezzato?

Diventa di colpo “ratzingeriano”?

Si è reso conto che dopo “Fiducia Supplicans”, sulle benedizioni alle coppie irregolari e coppie gay, sta rischiando di perdere la stima e il seguito di milioni di fedeli?

Sono le domande legittime che in molti si sono posti dopo l’uscita, qualche giorno fa, del nuovo documento “Dignitas Infinita” che affronta diversi temi etici e sociali attorno ai quali si sviluppa la contesa politica in ogni parte del mondo: parliamo di aborto, maternità surrogata, teoria del “gender”, suicidio assistito, eutanasia, transessualismo, insieme a temi più “sociali” quali guerra, povertà, migranti, violenza alle donne, tratta di esseri umani, discriminazioni etniche, religiose ecc.

Conoscendo Papa Francesco come lui stesso si è fatto conoscere da undici anni a questa parte, suscita una certa curiosità questa uscita magisteriale a firma del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Victor Manuel Fernandez, nella quale sembra di essere tornati “quasi” all’epoca di Papa Ratzinger che insisteva nell’annuncio di quei valori della dignità umana che venivano e vengono ancora oggi (anzi oggi più che mai) contrastati dal pensiero “progressista”: la vita che si pretende di interrompere e manipolare a piacimento, il sesso che non è più considerato un dato biologico nativo immodificabile, ma si ritiene che possa essere considerato una variabile sostituibile col “desiderio” di essere nel sesso opposto (vedi leggi che puniscono chi rifiuta di chiamare al femminile un maschio che “si sente donna”, o viceversa, tipo la recente legislazione scozzese).

Insomma, siamo entrati nel regno della totale ambiguità e dell’oscuramento delle sicurezze che per millenni avevano garantito la stabilità del genere umano: i maschi sono maschi, le femmine sono femmine, si nasce da un uomo e una donna, la morte è un fenomeno (purtroppo) iscritto nella natura e nessuno può e deve provocarla, favorirla, ispirarla perché – lo dicono la quasi generalità delle culture religiose – la vita appartiene in ultima analisi a Dio che ce la ha donata e solo Lui può decidere quando togliercela.

Questo nuovo documento “Dignitas infinita” può essere facilmente ritrovato nel sito internet del Vaticano (vatican.va) e ognuno potrà leggere quanto il Papa pensa sull’aborto, sul gender, sul suicidio assistito e via discorrendo.

Verrebbe da dire che – finalmente! – il Papa torna a fare il Papa, dice “cose cattoliche” invece che inseguire – come ha fatto sin dalla sua elezione con le prime intervista a Scalfari su “Repubblica” (le ricordate?) – la cosiddetta “agenda progressista” pompata dagli ambienti di sinistra di mezzo mondo, Italia compresa.

Occorre però stare attenti: il Papa argentino non è un personaggio che tanto facilmente cambia idea.

Possibile che voglia rinunciare alle sue posizioni espresse sin da subito, tipo “chi sono io per giudicare?” alla domanda se il comportamento gay sia da condannare?

Che non intenda arretrare, lo dimostrano le dichiarazioni del card. Fernandez proprio riguardo al catechismo e alla definizione dell’atto omosessuale come “intrinsecamente disordinato” e quindi gravemente peccaminoso.

Fernandez ha glissato, di fatto confermando che sulla omosessualità non si torna indietro e si va verso una progressiva “normalizzazione” (cioè che sia un fenomeno naturale da accettare, e non più un grave peccato da condannare).

Francesco, del resto, con questo nuovo documento non ha rinnegato la dichiarazione “Fiducia supplicans” sulla benedizione delle coppie gay, ma più semplicemente ha “corretto il tiro” per ingraziarsi quella ampia fetta di dignitari vaticani (cardinali, vescovi, teologi) che avevano rumoreggiato all’uscita del primo documento che pareva distruggere duemila anni di insegnamenti morali della Chiesa.

Il Papa sa bene che non può tirare troppo la corda, ha capito che lo aveva fatto e che la sollevazione popolare dei fedeli, guidati da preti e vescovi che hanno deciso di uscire allo scoperto, poteva diventare per lui troppo pericolosa.

Il suo pontificato, proseguendo su quella via così “disruptive” (direbbero gli americani) avrebbe potuto passare alla storia come una sorta di grande eresia da dimenticare o addirittura poteva spaccare in due la Chiesa con uno scisma (vedi protesta di tutti gli episcopati africani) lasciando di lui un ricordo triste e deplorevole, quasi una specie di novello “Papa Borgia” dei nostri tempi, proclive a benedire tutti i peccati, specie i più gravi perché condannati dai Dieci Comandamenti.

Insomma, il consiglio è di leggere questo documento, meditarlo e vedere se i “valori non negoziabili” di sempre vi sono davvero contenuti.

Quello che tutti i fedeli sinceri esigono da Papa e Vescovi è che non siano ambigui: se dicono “sì” sia “sì”; se dicono “no” sia “no” … perché il Vangelo prosegue: “… tutto il resto viene dal demonio”.

E allora avanti con la chiarezza delle posizioni, se questo è lo spirito del documento, senza piegarsi alle attese e alle pressioni del mondo!

Il Credente


Per consultare il documento vedere:

vatican.va

oppure Ecco “Dignitas infinita” – Aldo Maria Valli