Mani Pulite bis? Forse Sì

 

Era un lunedì, esattamente il 17 febbraio 1992, il GIP Italo Ghitti autorizzò l’arresto richiesto dal pubblico Ministero Antonio Di Pietro del Presidente del Pio Alberto Trivulzio a Milano.

 

L’ingegner Mario Chiesa, per molti “Mariotto”, era stato colto in flagranza di reato mentre intascava una tangente a lui portata in ufficio dall’imprenditore Luca Magni.

 

Era stato proprio questo ad informare l’Arma dei Carabinieri di dover “pagare” l’ennesima “tangente”.

 

Furono le forze dell’ordine a fornire sette milioni di lire “segnate”, così si dice in gergo, che l’imprenditore consegnò a Chiesa.

 

Quei sette milioni furono l’inizio della fine della cosiddetta Prima Repubblica.

 

Immediatamente iniziò quello che fu denominato “Circo Mediatico”, altrettanto immediatamente venne riesumato il tema della “questione morale” che il Segretario Politico del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, prima, e il Segretario Politico del Partito Repubblicano Italiano Giovanni Spadolini, poi, avevano cercato di posizionare al centro dell’agenda della politica della nostra Nazione, purtroppo senza successo.

 

Berlinguer pose sul tavolo il tema per la prima volta il 28 luglio 1981 in una intervista con uno dei più famosi giornalisti italiani e cofondatore del quotidiano La Repubblica, Eugenio Scalfari.

 

In quel lontano 1993 – 94, ben dodici anni dopo quell’intervista, la questione della morale nella gestione della cosa pubblica esplose attraverso un impressionante numero di arresti.

 

Arresti di politici, quasi esclusivamente dell’allora pentapartito, cioè di partiti governativi, e di industriali e manager pubblici e privati.

 

Gli italiani non potettero vedere arresti altrettanto di massa di amministratori, di qualsivoglia partito fossero, al comando di Regioni e Comuni.

 

Tantomeno videro arresti di sindacalisti, giornalisti e magistrati.

 

Infine, gli italiani non se ne accorsero al tempo, ma il malaffare ed il cortocircuito fra politica ed affari in Italia si fermava al nord, massimo centro nord. Eboli era lontana, la Sicilia o la Calabria e la Puglia ancor di più.

 

Allora, però, l’opinione pubblica aveva raggiunto un tale livello di insofferenza per coloro che rappresentavano il potere costituito da non farsi alcuna domanda, nemmeno allorquando avvennero suicidi, alcuni a dire il vero assai “strani”.

 

Solo recentemente alcune intercettazioni telefoniche fra l’imprenditore della chimica Raul Gardini e “qualcuno” in Sicilia sono riemerse portando a chi ha potuto ascoltarle ampi stimoli di riflessione.

 

Fra questi stimoli il principale è il ragionare su chi avesse “dimenticato in un cassetto” le registrazioni di quelle conversazioni telefoniche.

 

Una suggestione che gira fra i soliti salotti dei bene informati a riguardo è che a “perderle” fossero i “nemici” all’interno delle Istituzioni di altri alti funzionari delle istituzioni italiane che solo recentemente sono tornati ad una vita normale dopo essere stati assolti da reati che vedevano strani intrecci fra lo Stato e chi conta nel sud del nostro Paese.

 

Sempre “questione morale”.

 

Certe volte “questione morale” ove la linea della “morale” veniva, viene, probabilmente, dettata da quelli che nei film di Sergio Leone sarebbero stati additati come “i cattivi”.

 

I “cattivi” che vengono rappresentati come “buoni”, i “buoni” che vengono rappresentati come “cattivi”.

 

Chi si sentirebbe di negare che il popolo italiano stia sentendo nell’aria una strana atmosfera di “Mani Pulite Bis”?

 

Alcuni, forse molti, forse moltissimi, addirittura la anela.

 

Altri, avendo chiara la situazione socio politico economica della nostra Patria, pur temendo di dover ammettere che oggi l’Italia stia vivendo un momento di corruzione morale ancor più grave di quella di quegli anni, ha paura che la nazione non riesca a reggere un nuovo momento entropico legato ad una massiva ondata di sti nel nostro Paese.

 

Questione morale, sono passati quarantatré anni da quella intuizione politica di Enrico Berlinguer, ma la nostra amata Patria sembra non riuscire a superare certi comportamenti, cortocircuiti.

 

Anzi sembra andare sempre più in basso, avvitarsi su se stessa, perdere sempre più dignità.

 

I cosiddetti “Comitati di affari” sono sempre più facili da percepire.

 

Chi prova ad intraprendere e tocca i suddetti “comitati” viene, praticamente sempre, disintegrato.

 

La gogna mediatica abbinata a certe “attenzioni giudiziarie” impediscono la nascita di una economia sana e libera nel nostro amato Paese.

 

Mafie, politici, media ed ambienti istituzionali, drammaticamente, spesso, si vedono intraluce.

 

Oggi il popolo italiano vede arresti a tappeto di politici “affaristi” e pronti ad accettare di essere eletti attraverso “patti” che prevedono uno “scambio”, ultimo “caso” quello che vede fra gli arrestati il Presidente della Regione Liguria Toti.

 

Le azioni giudiziarie di quei lontani anni ‘90 distrussero un sistema ma non portarono una soluzione.

 

In molti casi gli arrestati vennero dopo molti anni assolti.

 

Eppure quel mondo era marcio, tutto marcio, non solo una parte.

 

Oggi parrebbe che una Mani Pulite Bis stia prendendo forma.

 

Fosse così speriamo che quella parte onesta della magistratura, certamente numericamente più numerosa di quella disonesta, abbia la forza di pulire fino in fondo.

 

L’Italia ha urgente necessità di ritrovare “dignità”, anche rispetto ad assai complessi e maleodoranti intrecci internazionali.

 

La grave crisi socio economica della nazione, ritrovata la dignità, potrà trovare nel ceto dirigente, anche politico, che sarà chiamato a costruire il “nuovo sogno italiano” coloro che sapranno riallacciare i legami internazionali che seppero creare i presupposti che portarono al mai dimenticato boom economico.

 

Questa è certamente la speranza di quella parte di popolo italiano sano ed onesto che di vivere in questa ambiguità della propria Patria non ce la fa proprio più.

 

Ignoto Uno




nazioni unite e crescita

Che le Nazioni Unite tornino a parlare di “crescita felice”

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aperto i lavori dedicati all’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite dal titolo “Pace, Giustizia e Istituzioni per lo Sviluppo Sostenibile”.

Non posso nascondere che, per chi come me pone al centro gli interessi della propria Patria e dei suoi concittadini, l’elemento socio economico che ritengo debba essere massimizzato dall’agenda politica di chi è chiamato, sempre pro tempore, a rappresentare e governare il proprio popolo è lo “sviluppo” dello stesso.

“Sviluppo” che deve essere in armonia ed in equilibrio con quello delle altre “nazioni”.

Non uno “sviluppo” subalterno a quello di “altri”.

L’equilibrio e la stabilità socio economica di una nazione creerà sempre un “noi” che si contrapporrà ad un “loro”.

Questa contrapposizione necessita di “tavoli di dialogo” finalizzati a definire “equilibri condivisi e stabili” ove ogni “popolo” possa crescere sognando una possibilità di vita migliore di generazione in generazione.

Non una “decrescita felice” per permettere una “sostenibilità” ove “altri” possano vedere, grazie a detta “sostenibilità”, una propria “crescita felice”.

In questo mio pensiero non posso che riportare alla memoria quel magnifico intervento del fondatore di Apple.

Steve Jobs all’Università di Stanford in California, il 12 giugno 2005, In occasione della consegna dei diplomi di laurea emozionò i giovani, ed i meno giovani, con parole che possono essere riassunte in quella magnifica suggestione di “siate affamati, siate folli”.

Sognare in grande, essere affamati appunti, e sforzarsi al massimo per raggiungere interamente i risultati che si sono sognati, questo noi adulti dobbiamo insegnare ai “nostri giovani”, non dobbiamo insegnare loro la “decrescita felice”, dobbiamo insegnare loro la “crescita radiosa”.

Una “crescita” etica, onesta, basata sul lavoro, sull’impegno, sulla “fatica” .

Una “crescita” basata sul rispetto in primo luogo di se stessi perché solo rispettandosi si può rispettare “l’altro”.

Una “crescita” in pace con gli “altri” perché li si rispetta nelle loro peculiarità, non li si “circonda”, li si “affronta in tavoli di confronto”per costruire “accordi”, “patti”.

Questo sia nella vita privata, sia nella vita professionale, sia fra Stati.

Una “crescita” sana ma orgogliosa.

Una “crescita” intelligente, non sostenibile.

Il Presidente Mattarella ha parlato di “Pace, inclusione, giustizia” come i “capisaldi irrinunciabili per lo sviluppo sostenibile di ogni Paese e di ogni società”.

Indubbiamente la “Pace” è l’elemento cardine per lo “sviluppo”, proprio questa considerazione mi porta a chiedere a me stesso cosa serva oggi avere, ed investire tanto denaro, nelle Nazioni Unite.

Quando il 24 ottobre del 1945, a San Francisco in Stati Uniti, entrava in vigore la Carta delle Nazioni Unite firmata il precedente 26 giugno, documento cardine dell’ONU, prendeva forma una organizzazione intergovernativa a carattere mondiale i cui principali obiettivi erano il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni, il perseguimento di una cooperazione internazionale e il favorire l’armonizzazione delle varie azioni compiute a questi scopi dai suoi membri.

Mi pare facile dichiarare che le Nazioni Unite stiano fallendo su tutta la linea.

Una delle molteplici cause potrebbe essere la eccessiva “polarizzazione” delle azioni di questo organo che, così a me sembra, è sempre meno “terzo” rispetto ai diversi punti di vista ed interessi degli Stati membri?

Allorquando si parla di “sviluppo sostenibile” non si rischia di posizionarsi su una linea?

Non si rischia di favorire eccessivamente alcune economie a discapito di altre? Fra queste la nostra. L’italiana.

I fatti dicono di sì.

Questa linea, lo dicono i fatti, sta favorendo una parte del mondo rispetto ad altre e fra le “altre” non è difficile annoverare la nostra Italia.

Questo raccontano i numeri macroeconomici e finanziari di lungo periodo e la scomparsa di un sistema industriale che è stato a lungo fiore all’occhiello della nostra amata Patria.

Il Presidente della Repubblica a New York ha dichiarato che “Pace e Sviluppo hanno destini incrociati”.

“Non può esservi l’uno, senza l’altra” ha aggiunto.

Il Presidente degli italiani ha ricordato a tutti che tutti i cittadini del mondo stanno vivendo “in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della seconda guerra mondiale”.

Quanto sono vere queste parole!

È tempo di cambiare passo, è tempo di tornare a vedere le Nazioni Unite essere terze agli interessi dei singoli Stati che la compongono.

È tempo di tornare a parlare di crescita felice e di chiedere a tutti gli Stati di rispettare il “benessere” e la “crescita” degli altri Stati, degli altri popoli.

Se l’ONU non saprà essere centrale nella costruzione della “pace” e del “benessere” di tutti i popoli non potremmo che iniziare a ragionare su un nuovo modello di Nazioni Unite, magari assai più snello, magari assai meno costoso.

Una nota per finire, sempre sull’ONU e sulle sue Agenzie.

Qualche giorno fa il Guardian ha dichiarato in una sua inchiesta che nel 2023 in Europa sono scomparsi nel nulla cinquantamila minori arrivati come migranti, diecimila solo in Italia.

Possiamo chiedere all’Unicef se intende fare pressioni sui governi per costringerli ad indagare a fondo su cosa sia successo a questi minori?

Possiamo chiedere all’Unicef se intende fare pressioni sui media per costringerli a dare la giusta visibilità e la giusta consapevolezza dell’opinione pubblica su questa onta?

Sarebbe, infine, così bello se il Presidente Mattarella volesse fare un intervento diretto sul nostro Parlamento per stimolare le Camere ad indagare su quei diecimila minori migranti spariti mentre erano sotto la tutela della nostra Patria.

In fondo noi italiani non possiamo dimenticare le magnifiche parole che Ludwig Van Beethoven musicò nel celeberrimo “Inno alla Gioia”.

Inno che, in prima istanza, dedicò alla “libertà”.

In fondo non può esistere gioia senza libertà ne libertà senza gioia.

Parole che recitano “Gioia, figlia della Luce. Dea dei carmi, Dea dei fior. Il tuo genio ne conduce
per sentieri di splendor.
Il tuo raggio asciuga il pianto,
sperde l’ira, fuga il duol. Vieni, sorridi a noi d’accanto, primogenita del sol”.

Libertà di vivere in libertà in primo luogo, magari nella propria Patria nativa e non migranti in balia di trafficanti e di persone senza scrupoli.

Ignoto Uno




I conti non tornano … ormai sono scappati!

 

Per comprendere lo stato di salute della nostra nazione uno dei principali “termometri” è il “Conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria”, usualmente indicato come “conto disponibilità”.

 

Esso è detenuto presso la Banca d’Italia ed assicura l’esecuzione degli incassi e dei pagamenti dello Stato.

 

La normativa comunitaria obbliga che non presenti mai un saldo negativo.

 

Vieta, infatti, alle banche centrali di concedere finanziamenti al Tesoro.

La legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 31 dicembre 2009, con le successive più stringenti modifiche, disciplina la programmazione finanziaria garantendo un costante monitoraggio del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato dei flussi di cassa di detto conto e la conseguente capacità operativa sia nel breve che nel medio – lungo periodo.

 

Il ministero dell’Economia è tenuto a dare mensilmente evidenza pubblica dell’andamento di questo strategico “conto”, purtroppo i media e gli italiani tutti trascurano assai spesso questa lettura.

 

Ebbene l’ultimo comunicato informa che, ad aprile, lo Stato aveva a disposizione 13.842 miliardi di euro, circa la metà di quello che esponeva a saldo dodici mesi prima.

 

Indispensabile sottolineare che il comunicato del Ministero di aprile 2022 esponeva a saldo 83.445 miliardi, esattamente 69.603 miliardi in più.

 

La guerra in Ucraina con la conseguente, ed assai ideologica, gestione della crisi fra Stati Uniti, Nato, Unione Europea e Federazione Russa era iniziata da due mesi.

 

Oggi la Comunità Europea tutta sta vivendo la campagna elettorale per eleggere il nuovo parlamento europeo.

 

In Italia, non è la prima volta, questa corsa elettorale viene usata dai partiti, e vissuta dai cittadini, molto più come una verifica dei pesi politici interni.

 

D’altronde il Parlamento Europeo non viene percepito come strategico, la Commissione Europea ed il suo Presidente viene decisa dal Consiglio dei Presidenti dei 27 Stati membri e non dal Parlamento, e il ruolo delle direzioni generali di Bruxelles incide assai di più che quello dei futuri eletti.

 

Soprattutto per questo sono impercettibili i programmi dei singoli gruppi parlamentari del parlamento europeo nella campagna elettorale mentre sono assai visibili gli scontri fra i partiti ed i loro leader.

 

Oggi in Italia è molto più sentita la corsa fra Forza Italia e Lega oppure fra PD e Movimento Cinque Stelle, addirittura fra il Generale Vannacci e Salvini contro i “colonnelli” nella Lega o fra la Schlein ed i cosiddetti “cacicchi”, che la necessità di costruire una Europa diversa.

 

Questo, banalmente, perché una Europa diversa non nascerà attraverso queste elezioni ma esclusivamente attraverso una implosione definitiva del ceto elitario che governa la UE27 oggi qualsiasi sia l’esito di queste elezioni.

 

A causa di questo assai poco edificante quadro i partiti che compongono la coalizione di governo, al fine di rafforzarsi in Italia, riempiono di promesse l’opinione pubblica.

 

Dai bonus in busta paga, agli aiuti al mondo agricolo, dagli sgravi a chi assume a sanatorie di diversa fatta.

 

La dura realtà dei numeri, di quel “conto disponibilità” appunto, rappresenta la “Caporetto” in cui vive lo Stato italiano.

 

Una “Caporetto” che richiede da parte dei politici tutti, dei governanti ancor di più, saggezza ed umiltà.

 

Doti, entrambe, assai rare nell’Italia di oggi.

 

Per il momento le agenzie di rating rimangono in attesa.

Fitch ha mantenuto costante, infatti, la sua pagella sull’Italia in questi giorni.

 

Il 31 maggio toccherà a Moody’s, che molto probabilmente farà la stessa scelta.

 

Il momento dei segnali forti, sarà in autunno allorquando il governo italiano, questo o il prossimo, dovrà approntare la legge sulle future politiche economiche.

 

Quelle politiche che dovranno parlare con la nuova Commissione Europea e, forse ancora di più, con i mercati finanziari mondiali in costanza di un nuovo Presidente in Stati Uniti.

 

Ignoto Uno




la maglietta non fa il monaco

Da Giovanni Gentile ad oggi

Il filosofo fascista Giovanni Gentile fu l’ideologo che fece imporre per legge ai docenti universitari nel 1931 “l’obbligo di giuramento di fedeltà al partito fascista”.

Su milleduecento furono solo venti i docenti che si rifiutarono.

In queste ore, a mia memoria prima volta nella storia repubblicana, basiti, noi cittadini italiani abbiamo dovuto assistere a manager pubblici di prima fascia schierarsi su un palco di partito, quello di cui è presidente la Premier Giorgia Meloni, con in mano una maglietta con lo slogan elettorale del partito stesso.

Sembrerebbe che solo l’amministratore delegato del ENI si sia rifiutato, al contrario vi sono iconiche immagini con il presidente di Leonardo Spa, Stefano Pontecorvo, e il presidente dell’Agenzia per la Cybersecurity, Bruno Frattasi, hanno accettato di farsi fotografare sul palco della convention di Fratelli d’Italia, a Pescara, con la maglietta del partito con lo slogan della campagna elettorale “L’Italia cambia l’Europa”.

Qualcosa che cammina in mezzo a due suggestioni.

Da un lato la “maglia del cuore” indossata dai tifosi allo stadio, dall’altro quella triste “tessera” che ti permetteva di “lavorare”.

Importanti esponenti di Fratelli d’Italia hanno commentato le tante dichiarazioni che hanno espresso perplessità su queste immagini come “strumentali”, certamente vero ma come non notare che i manager di Stato dovrebbero almeno apparire terzi agli schieramenti partitici?

Certamente ad oggi è sempre stato così.

I manager pubblici hanno sempre avuto una appartenenza partitica, mai una sovraesposizione della stessa.

In fondo ci fu chi usava dire che “la forma è sostanza”, si chiamava Aristotele.

Uno interessante da leggere.

Questo è accaduto, venerdì 26 aprile, al termine di un panel sulla “politica estera comune e la difesa della libertà europea” alla presenza del ministro della difesa Guido Crosetto.

Una domanda sorge spontanea in costanza di, assai divisive, elezioni presidenziali in Stati Uniti: come la commenterà questa immagine quel mondo americano vicino al candidato Donald Trump?

Quel mondo, utile ricordarlo, che ritiene che le elezioni presidenziali del 2020 abbiano visto gravi brogli elettorali telematici per essere chiari.

I dirigenti politici, questo il mio sommesso avviso, dovrebbero ricordarsi che la globalità di informazione che il mondo del web ha fornito ai cittadini del mondo vale sempre, non solo quando ci è utile.

Vi è una seconda ipotesi, è quella di pensare di usare questo sistema per lanciare messaggi nella bottiglia, in questo caso il web.

In comunicazione, però, la colpa della reazione al messaggio è sempre di chi comunica.

Questo insegnano i docenti di scienza delle comunicazione, ancor più oggi che non si usa prendere la “tessera per poter lavorare”.

Ignoto Uno




Stan Laurel e Oliver Hardy amici oltre il tempo.

La “Cultura” concorre alla formazione dell’Individuo sul piano intellettuale e morale, oltre all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società.

E’ infatti l’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio la letteratura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente ed elaborate in modo soggettivo ed autonomo , diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a migliorare le facoltà individuali, specialmente nella capacità di giudizio.

E’ con questo spirito che ci Pregiamo di dare spazio da oggi alla Collega Cristina Ciferri.

Prima del suo interessantissimo pezzo, che leggete a seguire, un suo brevissimo curriculum che la pone al top di quelle discipline che vanno dall’arte, alla moda, dal food al turismo.

Non a caso fondatrice e CEO di Accademie di grande interesse Nazionale ed Internazionale.

 

Cristina Ciferri Giornalista Pubblicista,

Comunicatore d’Impresa e Tecnico Pubblicitario;

Vocational Education Specialist; Instructional Designer; Press Relations &

Event Manager.

Dal 1993 Amministratore Unico ANCI srl – Accademia Nazionale Comunicazione e Immagine.

Dal 2004 CEO & Founder ANPA – Accademia Nazionale Professioni Alberghiere prima Scuola -Albergo d’Italia

specializzata nel campo della formazione professionale e manageriale dei settori Hospitality & Food & Beverage Management.

Dal 2017 CEO & Founder dell’Ateneo del Gelato Italiano, Scuola Internazionale di Gelateria Artigianale Made in Italy e Laboratorio Creativo del Gusto.

 

 

“STANLIO & OLLIO” – Amici fino all’ultima risata

Comicità e commozione per ridere fino a piangere e piangere dal ridere

 

Al Teatro Vittoria di Roma, lo scorso Martedì 23 Aprile in scena un elegante e esilarante cammeo di raffinata e intelligente comicità, un equilibrato esercizio di stile recitativo, un concentrato di toccanti emozioni, un intreccio di sovrapposti e a volte contrastanti sentimenti dipinti con pennellate di vite recitate e vissute, a comporre una tela astratta senza confini dove storie umane e professionali tinte di gloria e sofferente decadenza, creano un arcobaleno di intense e ammalianti suggestioni, riportando in vita il più famoso ed immortale duo comico Hollywoodiano: Stan Laurel e Oliver Hardy.

 

Esperimento pienamente riuscito grazie alla straordinaria capacità recitativa della coppia protagonista dello spettacolo, Claudio Insegno nei panni di Stanlio e Federico Perrotta in quelli di Ollio (Babe) e dell’intera compagnia teatrale, composta da altri 5 attori abilissimi nell’interpretare in sequenza addirittura 24 diversi ruoli, tra i quali in particolare quelli delle tanti mogli e amanti del duo comico (portate in scena da Valentina Olla, Sabrina Pellegrino e Federica De Riggi), dell’attore Jimmy Finlayson, il leggendario burbero ometto dagli enormi baffi e occhi strabuzzati, continuamente in lite con i due protagonisti e di Hal Roach, l’ideatore e primo produttore della coppia Stanlio e Ollio (interpretati entrambi da Franco Mennella). Non di minor valore artistico l’interpretazione di Giacomo Rasetti, impegnato in scena nel ruolo di tecnico, aiuto regista e pazzo maniaco.

 

Vincente il testo inedito scritto dallo stesso Insegno con Sabrina Pellegrino e diretto sempre da Insegno, che ha dato vita ad una commedia musicale dal grande e incalzante ritmo, costruita sullo stile ispirato al genere Slapstick del cinema muto, basato sul linguaggio del corpo e sulla esilarante costruzione di azioni spericolate e esagerate, colpi, risse, incidenti e lancio di oggetti e torte in faccia, che da subito fa decollare lo spettacolo strappando risate e applausi e riuscendo al contempo a trasportare il pubblico all’interno di spazi improbabili, dove tutto si mescola e si separa, si fonde e confonde, creando un feel rouge tra la vita privata e quella artistica dei due grandi comici, complementari quanto assolutamente diversi e caratterialmente opposti nella realtà come in scena e proprio per questo straordinariamente uniti dal sentimento vero dell’Amicizia.

 

Storie di amori sbagliati, persi e ritrovati. Storie di fragilità umane, di errori e rivincite, di glorie e decadenze, di geni artistici e talenti, di maturità e eterna fanciullezza. Storia di una amicizia sincera e autentica, di promesse giurate, di valori mai traditi.

 

“STANLIO & OLLIO” – Amici fino all’ultima risata, in scena al Teatro Vittoria fino al 5 Maggio, toglie la maschera ai due straordinari artisti e attraverso un sapiente apparato scenografico pensato da Alessandro Chiti, ci introduce senza soluzione di continuità, nelle abitazioni dei comici per spiare le rispettive turbolente atmosfere domestiche e le difficili dinamiche relazionali con mogli e amanti, dai litigi coniugali, alle separazioni, ai matrimoni, per poi farci piombare all’interno di un set cinematografico dove la coppia si appresta a girare una stravagante scena di un film e ancora portarci a riviere come se fossimo al cinema, alcune delle più esilaranti e famose gags comiche del duo, fino ad accompagnarli nella storica tournée teatrale britannica, occasione per una intima, pura, reciproca confessione dei personali sentimenti che consacrerà una forte, leale e indissolubile amicizia.

 

Nella vita uomini fragili e complessi, insicuri, ostinati e perseveranti, accomodanti e combattenti. In scena, maschere maldestre e infantili, distratte e fallibili, argute e geniali, sempre nei guai e nei pasticci anche nell’affrontare e risolvere situazioni semplicissime.

 

Braccio e mente, protagonista e spalla… nella vita come in scena, un continuo scambio di ruoli che confondono le personalità dei due colossi della comicità mondiale del cinema muto e sonoro, geni indiscussi della risata sana e contagiosa e di una comicità elegante, studiata e ragionata, fatta di gesti, espressioni mimiche e facciali, di sguardi buoni e ingenui, intelligenti e malinconici sempre puntati dritti in camera verso lo spettatore, di smorfie e sberleffi, di scambi assurdi di bombette e divertenti e pantomimici balletti.

 

Uno spettacolo da vedere e perché no rivedere anche più volte, per godere l’emozione di rivivere i miti artistici della nostra infanzia, far conoscere alle nuovissime generazioni una comicità di assoluto stile, ma anche per guarire con il potere terapeutico della risata la mente e il corpo.

 

Perché come già sosteneva Ippocrate, “Il buonumore equivale a un elisir di lunga vita”!

Cristina Ciferri

www.anpascuola.it

www.ateneodelgelatoitaliano.com




Lontani da quegli anni…

Dalla Liberazione a Scurati

 

A Milano il 25 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, CLNAI, presieduto da Alfredo Pizzoni, diede inizio alla fase di governo che la portò alla costituzione della Repubblica.

 

In quel giorno, infatti, i membri del CLNAI Luigi Longo, Emilio Sereni, il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, Leo Valiani, Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marrazzo emanarono i decreti che davano la prima forma di governo allo Stato italiano che si stava formando e proclamarono l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti con il fine di obbligare questi alla resa incondizionata.

 

Fu Sandro Pertini a proclamare lo sciopero generale con le seguenti storiche parole “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”.

 

In queste ore, da giorni, giorni di tensioni che evocano la guerra mondiale e che vedono una Italia piegata da una assai pesante situazione economico finanziaria, si parla pressoché a reti unificate del testo sul 25 aprile del professor Antonio Scurati a cui non è stato concesso di andare in onda sulla televisione pubblica.

 

Ebbene andiamo a vedere cosa il professore avrebbe detto per celebrare il 25 aprile.

 

L’incipit sarebbe stato “lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini”

 

Il professore di letterature comparate e scritture creative all’università IULM di Milano Antonio Scurati non avrebbe aperto il suo intervento per riportare alla memoria degli italiani il giorno in cui i rappresentanti delle formazioni partigiane riunitisi nel CLNAI avevano dato l’ultima spallato al fascismo ed alla tragica occupazione nazista bensì parlando dall’onorevole Matteotti leader del Partito Socialista Unitario.

 

Certamente, come ricorda il professore nel suo intervento censurato, “ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista” ma, questo il mio pensiero, di certo non unico simbolo di quei 250mila combattenti partigiani che combatterono armati contro il nazifascismo.

 

Per chiarezza è lo storico comunista della guerra partigiana Gianni Oliva a dichiarare che in tutto furono 250mila i combattenti partigiani divisi in diverse componenti, non tutte socialiste e vicine a Matteotti.

 

Citiamole tutte per onorarne i loro caduti nella guerra di liberazione partigiana.

– Brigate Garibaldi, GAP e SAP, organizzati dal Partito Comunista Italiano.

– formazioni di Giustizia e Libertà, coordinate dal Partito d’Azione.

– formazioni Giacomo Matteotti, del Partito Socialista di Unità Proletaria

– Brigate Fiamme Verdi, che nascono come formazioni autonome per iniziativa di alcuni ufficiali degli alpini, e si legano poi alla Democrazia cristiana, come le Brigate del popolo

– Brigate Osoppo, autonome e legate alla DC e al PdA

– formazioni azzurre, autonome ma politicamente monarchiche e badogliane

– piccole formazioni legate ai liberali e ai monarchici, come la Franchi di Edgardo Sogno, o quelle trotskiste, come Bandiera Rossa, e anarchiche, come le Bruzzi-Malatesta.

 

Come si può notare non tutti di sinistra e, successivamente, contrari al Patto Atlantico o filo sovietici.

 

Come, soprattutto in queste ore di guerra in terra di Ucraina, non ricordare l’avversità di Pertini all’adesione alla NATO della nostra Italia?

 

Come non chiedersi se, in era di guerra fredda e di Patto di Varsavia, quella scelta sarebbe stata corretta per la giovane democrazia italiana?

 

Socialista Matteotti, socialista Pertini.

 

Il Professor Scurati, sempre nel suo intervento in memoria della liberazione, continua con “In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944”.

 

In realtà il 25 aprile commemora la democrazia italiana raggiunta con il sacrificio delle politicamente variegate brigate partigiane da un lato e dal numericamente assai più rilevante sacrificio dei militi delle truppe alleate che hanno letteralmente portato la democrazia in Italia.

 

Come non condividere, almeno io sono fra quelli che lo condividono, quanto il professore dichiara allorquando dice “il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica, non soltanto alla fine o occasionalmente, un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista”.

 

Fino a questo punto, pur se si notano delle omissioni nei confronti dei combattenti partigiani vicino alle culture non di sinistra e nei confronti del’ imprescindibile ruolo delle truppe alleate, furono 465mila i fanti statunitensi sbarcati solo in Sicilia, quanto il professor Scurati riporta al centro della memoria è importante ed utile per dare un senso alle origini della nostra repubblica.

 

Dimenticanze, buchi di memoria, quelle del professore. Docente che ha indubbiamente dedicato quattro romanzi a Mussolini ma che, in questa occasione, avrebbe potuto e dovuto, probabilmente in questo caso non sarebbe stato censurato, parlare dei partigiani e dei loro alleati piuttosto che occupare uno spazio pubblico per strumentalizzare ai fini di mera polemica politica, un momento alto della nostra storia, patria.

 

Strumentalizzazione della televisione pubblica, infatti, la conclusione dell’intervento del professor Scurati allorquando dice: “lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023)”.

 

Egregio professore, da nipote e figlio di combattenti antifascisti, da cristiano liberale membro di una famiglia di origini ebraiche, la prego di provare ad essere realmente democratico e di non permettersi mai più di sporcare la festa della liberazione con la sua propaganda di parte.

 

Egregio professore impari a scindere gli alti momenti della repubblica con la demagogia di una parte.

 

Egregio professore mi permetta di dirle che l’ultima parte del suo intervento, nell’alzare il dito dalla televisione pubblica contro la Premier Meloni, ha infangato, buttandola in politica di parte, la memoria di chi ha combattuto, in alcuni casi perdendo la vita, per permettere anche a Lei di essere libero avversario della Premier italiana pro tempore Giorgia Meloni.

 

Egregio Professore mi permetta, infine, di farle notare che l’Italia, oggi ancor più che a quel tempo, ha enorme necessità di pensiero alto e realmente, pragmaticamente, democratico e non di “momenti da bar” come, a mio personale e sommesso avviso, avrebbe fornito lei con un attacco alla Premier in un momento che sarebbe dovuto essere “istituzionale” e non “partitico”.

 

In memoria di chi è morto per dare a noi la libertà.

 

Uomini veri.

 

Uomini che combattevano rischiando la vita, non demagoghi.

 

Ignoto Uno




Trump: Siamo al fianco della Polonia

Rileviamo e pubblichiamo tradotto, per Vostra migliore fruizione, una “notizia” che difficilmente si potrà leggere in Italia, ma che certamente deve fare riflettere.
Le fonti… Sono indiscutibili, il contenuto… Fa sorgere la domanda che lasciamo alla Vostra …

Trump dice ‘Siamo al fianco della Polonia’ durante l’incontro con il Presidente Duda.

Pubblicato il18 aprile 2024 alle 10:34
Market Screener

Il Presidente polacco Andrzej Duda ha discusso dell’Ucraina e del Medio Oriente con il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump durante un incontro a New York mercoledì, durante il quale l’ex Presidente degli Stati Uniti ha detto di essere “al fianco della Polonia fino in fondo”.

Duda, il cui mandato scade nel 2025, è stato uno dei partner internazionali preferiti di Trump durante la sua presidenza 2017-2021 e i due si sono descritti come amici.

Al contrario, molti altri leader europei sono da tempo nervosi per il fatto che una seconda presidenza Trump significherebbe una diminuzione del sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina, vicino orientale della Polonia, e all’alleanza militare della NATO.

“Il popolo polacco lo ama (Duda)… e non è una cosa facile da realizzare, ma ha fatto un lavoro fantastico ed è mio amico”, ha detto Trump ai giornalisti mentre Duda arrivava alla Trump Tower.

“Siamo al fianco della Polonia fino in fondo”, ha aggiunto.

La campagna di Trump ha dichiarato in un resoconto dell’incontro che hanno discusso la proposta di Duda che i membri della NATO spendano almeno il 3% del loro prodotto interno lordo (PIL) per la difesa.

L’obiettivo minimo attuale è del 2%.

“Hanno anche discusso della guerra tra Russia e Ucraina, del conflitto con Israele in Medio Oriente e di molti altri argomenti che hanno a che fare con il raggiungimento della pace nel mondo”, ha detto la campagna.

Dopo la cena, Duda ha detto che è stato “un incontro amichevole in un’atmosfera molto piacevole”.

Trump, che è sotto processo a New York per le accuse di aver coperto un pagamento di ‘denaro segreto’ all’attrice pornografica Stormy Daniels, probabilmente affronterà una gara serrata contro il Presidente Joe Biden, un democratico, nelle elezioni presidenziali di novembre.

Duda si trova a New York per partecipare alle Nazioni Unite e venerdì si recherà in Canada.

 

https://it.marketscreener.com/notizie/ultimo/Trump-dice-Siamo-al-fianco-della-Polonia-durante-l-incontro-con-il-Presidente-Duda-46465920/




Europa ed aborto, diritti contro diritti.

L’Europa si suicida se metterà l’aborto nella sua Carta fondamentale!

 

Il diritto all’aborto va inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: è quanto ha deciso nei giorni scorsi il Parlamento europeo con un voto nel quale ha prevalso la maggioranza “progressista” con 336 “sì”, 163 “no” e 39 astenuti.

Il fatto curioso e drammatico di questa decisione è che – se lo notate – non si trattava da parte dei parlamentari europei di ribadire il diritto all’aborto, il quale praticamente è presente in tutte le legislazioni nazionali con modalità molto libere, salvo in Polonia e a Malta dove permangono delle restrizioni.

No, la vera novità è che tale diritto a interrompere una gravidanza diviene – nei desideri delle sinistre e dei “liberal” europei (Macron e simili) – non più soltanto una possibilità ma addirittura un valore fondamentale e “fondante” della identità europea.

Capite in quale abisso di abiezione morale siamo caduti?

Nel giro di pochi decenni siamo passati dall’aborto come crimine da vietare e punire (perché si riconosceva che con esso, fatto clandestinamente, si sopprimeva una vita), all’aborto ammesso legalmente con l’argomentazione di tutelare la vita delle donne, non più costrette ad affidarsi alle “mammane” o a medici compiacenti che agivano di nascosto contro la legge e a pagamento; fino a questo ultimo “traguardo” assolutamente folle e delirante in cui una maggioranza parlamentare di sinistra pretende di affermare che l’aborto divenga un diritto fondamentale, un “baluardo” della civiltà moderna e al quale nessuno possa più opporsi in alcun modo.

Infatti, nella risoluzione votata a Bruxelles si prevede di limitare l’obiezione di coscienza di medici e sanitari, di prevedere procedure obbligatorie nei percorsi formativi di medici e ostetrici perché l’aborto divenga una competenza e una prassi diffusa a tutti i livelli sanitari, e infine di vietare il finanziamento da parte della UE alle associazioni e realtà che diffondano valori anti-abortisti e anti-gender.

Se ci pensate, siamo tornati – almeno per ora soltanto con una dichiarazione di principio che per diventare legge dovrà essere approvata dal Consiglio europeo e poi assunta dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione – a una specie di eugenetica nazista: a quell’epoca i seguaci di Hitler teorizzarono l’inferiorità delle razze ebraica, rom, degli omosessuali e di persone con handicap vari.

Oggi si teorizza la “superiorità” di donne e uomini europei adulti che si arrogano il diritto di decidere se il nascituro (che loro stessi hanno suscitato in vita unendosi sessualmente) sia degno oppure no di maturare nel grembo materno.

E’ un “mondo al contrario” – come direbbe il generale Vannacci – dove la soppressione di una vita non viene più timidamente definita “interruzione della gravidanza”.

Qui, secondo i macroniani e socialisti vari, si ritiene invece che finalmente ci sia la conquista di civiltà piena: le donne sarebbero a questo punto libere di disporre in maniera assoluta del proprio corpo e della propria libertà sessuale, senza più quel vincolo morale di dover un po’ di nascosto porre termine a una vita nascente la cui unica “colpa” è quella di essere nata dentro il corpo di una donna che non intende (insieme al proprio partner) assumersi la responsabilità connessa a ogni rapporto sessuale: quella che possa nascere un bambino!

Di fatto dietro a questa dichiarazione europea si nasconde il sottile e indicibile intento delle sinistre di rendere l’aborto obbligatorio spazzando via le residue resistenze di medici obiettori, dei difensori della vita vari (tipo l’associazione Pro Vita & Famiglia di Jacopo Coghe che ha fatto girare a Bruxelles un camion vela con le parole: “To kill a baby is not a fundamental right”).

Se la direttiva si tramutasse in legge costituzionale europea, Pro Vita non potrebbe più fare tale pubblicità ma anzi verrebbe messa fuori legge e il suo presidente Coghe forse verrebbe incarcerato!

Vediamo come hanno votato i parlamentari italiani eletti a Bruxelles: a favore dell’aborto come “diritto fondamentale” si sono espressi Pd, Verdi, Cinque Stelle, + Europa, Azione, Italia Viva, con i voti aggiuntivi di Alessandra Mussolini e Lucia Vuolo di Forza Italia e di Gianna Gancia della Lega.

Contro si sono espressi Forza Italia (escluse le due “dissidenti” qui sopra), la Lega (esclusa la Gancia) e Fratelli d’Italia. Insomma, a destra si vota per la vita e contro l’assassinio dei bambini; a sinistra invece allegramente si brinda alla fine della civiltà europea fondata e costruita attorno ai valori giudaico-cristiani e alla democrazia sostanziale secondo la quale ogni “cittadino” ha gli stessi diritti e quindi nessuno può pensare di sopprimerlo.

L’Europa di oggi esprime questo folle delirio autodistruttivo, le femministe sono contente, i maschi ancora di più perché potranno fare all’amore con donne che avranno sempre meno remore e sensi di colpa nel “far sparire” le prove di questo atto d’amore, con la benedizione delle costituzioni europee.

Siamo alla pazzia politica e culturale di un continente – il nostro – del quale andavamo fieri e che invece oggi si è messo alla testa della schiera dei lestofanti della politica che ritengono di poter decidere della vita e della morte dei propri figli, con la stessa superficiale barbarie di Hitler, Stalin e Pol Pot.

Complimenti Europa: se non correggerai la tua rotta sei destinata a scomparire o a essere invasa … come del resto sta già avvenendo!

Il Credente




La legge è uguale per tutti ! Ma per qualcuno è più uguale che per gli altri.

Siamo sicuri che “La Legge è uguale per tutti” ? Quanto influisce la propaganda mediatica, la politica ideologizzata e l’interpretazione di uomini al “servizio” delle Istituzioni?

Che la legge non è uguale per tutti, è il pensiero che aleggia sempre più in maniera consistente nella mente dei cittadini Italiani.

Forse un tempo si poteva considerare come “illazione popolare”, oggi i fatti inducono a pensare possa essere diventata una realtà, certamente drammatica e discriminatoria in presenza di fatti controversi.

Basta spesso scorrere le prime pagine dei principali quotidiani o dei vari TG, forse senza nemmeno entrare negli approfondimenti dei singoli articoli, per pensare che quella, da sempre ritenuta “illazione”, possa trasformarsi in concretezza.

Sono tantissimi infatti gli spunti che lasciano intravedere questa situazione che sembra essere diventata sempre più anomala, tanto da indurre al successo un libro che descrive realisticamente come il mondo, nel nostro caso l’Italia, stia andando al contrario, rafforzando così quella che potrebbe trasformare una popolare illazione in una regola assunta.

Tralasciando ogni considerazione sia sul libro che sull’autore, non è la loro recensione l’oggetto di nostro interesse, desideriamo evidenziare uno degli ultimi fatti rilevati dai quotidiani nazionali e dai vari dibattiti televisivi, che inducono a pensare che il quesito enunciato nel titolo, abbia fondamento.

E’ di Giovedì 4 Aprile la notizia che l’ultimo procedimento su L’ex ministro Speranza, aperto a seguito di alcune denunce relative alla campagna di vaccinazione Covid, è stato archiviato. (Fonte ANSA)

“La Verita” di Mercoledì 10 Aprile titola in prima pagina, una esclusiva inchiesta di Francesco Borgonovo e Alessandro Rico: l’Ex ministro della salute, Speranza, sapeva che il 20% degli effetti avversi, tra coloro che si sono fatti oculare il fatidico “farmaco”, era gravissimo.

Non entrando nel merito scientifico, inerente la validità o meno del “farmaco”, oramai la letteratura e la casistica possono fornire significative indicazioni, evidenziamo invece come nonostante la confessione resa ai giudici, riguardante gli eventi avversi e forse anche gli innumerevoli decessi, questi piuttosto che indagare ed approfondire le responsabilità del ministro e non solo, abbiano preferito archiviare.

Nell’articolo di Francesco Borgonovo ed Alessandro Rico si evidenzia che il ministro in questione ha candidamente affermato che anche l’ex presidente dell’AIFA e l’allora primo ministro Mario Draghi, gestivano le politiche anti Covid ed erano al corrente dei gravissimi effetti avversi.

Così, tutti gli eventuali reati, anche di gravità estrema, che hanno causato invalidità gravissime e probabilmente un numero elevato di decessi, al punto che, secondo alcuni, si può ipotizzare il reato di strage, sono stati cancellati da una semplice “archiviazione”.

Alla luce di ciò, chiedersi quale sia il senso della motivazione del Tribunale dei Ministri che ha riconosciuta la correttezza condotta, volta esclusivamente alla difesa dell’interesse pubblico e del diritto alla salute dei cittadini, diventa naturale.

Quale è l’interesse pubblico e quale è il diritto alla salute?

Secondo l’inchiesta esclusiva, condotta dal Vicedirettore Borgonovo e dal Giornalista Rico, Speranza ha ammesso di essere a conoscenza dell’elevata percentuale di reazioni avverse, molte delle quali mortali, quindi dove stà la correttezza volta alla difesa dell’interesse pubblico e del diritto alla salute?

Addirittura, chi non ricorda le frasi proferite per far si che la popolazione si inoculasse il farmaco e tutte le successive dosi, dal ministro, ma anche dal Presidente Draghi e non solo, che lasciavano intendere che il “farmaco”, come noi preferiamo definirlo, fosse sicuro ed efficace?

Questo, nonostante che, già dopo le prime settimane di vaccinazione, al ministro sono giunti segnali allarmanti di pericolose controindicazioni.

Fatto che ignorò, preferendo continuare la campagna di immunizzazione.

Che ancora qualche cosa non quadra nella questione, forse lo si evince anche dal fatto che tutte le presentazioni del libro “perché guariremo” scritto da Speranza, inerente la pandemia, prima ritirato nel 2020, e poi secondo alcune fonti, riveduto e corretto in alcuni punti, rimesso in commercio, si parla di “rare segnalazioni di effetti avversi, suscitando reazioni e richieste di spiegazione da parte di chi ha subito in maniera grave e fortemente invalidante quegli effetti dovuti al “farmaco”, addirittura “imposto”, a mezzo DPCM del Presidente del Consiglio.

Perché Speranza si sottrae al pubblico confronto con i cittadini che hanno forse la colpa di aver creduto a persone dell’Istituzione e dello Stato?

Perché utilizzare le Forze dell’Ordine per impedire l’accesso a chi, fortemente invalidato, chiede un lecito confronto?

Perché i media Nazionali sembra vogliano glissare o tacere sulle continue fughe dell’esimio ex ministro dai vari luoghi ove invitato a presentare il suo libro, così come hanno sempre occultato le morti improvvise che potrebbero essere riconducibile all’utilizzo del farmaco?

Perché in Lombardia fu bloccato l’Ares 118 per le informazioni ad i giornalisti accreditati, in un momento in cui le morti improvvise ed i malori ebbero uno strano incremento, suscitando così le reazioni di chi non aveva più la possibilità di avere le informazioni, violando di fatto quel diritto che perfino la costituzione garantisce?

E’ di pochi giorni l’ultima “fuga” di Speranza, in ordine di tempo, avvenuta ad Ostia, municipio della Capitale, dove sembrerebbe addirittura che per allontanarsi nel più breve tempo possibile, pur essendo protetto dai tutori delle forze dell’ordine, la vettura che lo accompagnava sia stata costretta percorrere una contromano.

Sembra proprio che, una “propaganda” mediatica, una politica ideologizzata e l’interpretazione di uomini, al “servizio” delle Istituzioni, inducono a pensare che forse in Italia, la legge NON è uguale per tutti.

Sono in tanti a chiedersi quali responsabilità possano avere l’ex ministro Speranza, l’ex Primo Ministro Mario Draghi e tutti coloro che, pur essendo a conoscenza della gravissima pericolosità del farmaco hanno continuato a promuoverlo, addirittura imponendolo fino al ricatto, attraverso una multa amministrativa e la sospensione, in alcuni casi trasformato in licenziamento, dal posto di lavoro, con relativo blocco dello stipendio.

Domande che tanti Italiani, specialmente chi ha subito effetti avversi gravi e permanenti, oltre ai familiari delle vittime decedute, si pongono.

Come non augurarsi che la frase, “la legge è uguale per tutti”, non si trasformi in :

La legge NON è uguale per tutti.

Ettore Lembo

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/04/04/covid-archiviato-ultimo-procedimento-su-speranza_c9d1064e-b570-4b47-ae06-986c98954baa.html




Papà Francesco: deriva di destra?

Ma cosa sta succedendo a Papa Francesco?

Svolta a destra?

Torna ai “valori non negoziabili” che aveva quasi disprezzato?

Diventa di colpo “ratzingeriano”?

Si è reso conto che dopo “Fiducia Supplicans”, sulle benedizioni alle coppie irregolari e coppie gay, sta rischiando di perdere la stima e il seguito di milioni di fedeli?

Sono le domande legittime che in molti si sono posti dopo l’uscita, qualche giorno fa, del nuovo documento “Dignitas Infinita” che affronta diversi temi etici e sociali attorno ai quali si sviluppa la contesa politica in ogni parte del mondo: parliamo di aborto, maternità surrogata, teoria del “gender”, suicidio assistito, eutanasia, transessualismo, insieme a temi più “sociali” quali guerra, povertà, migranti, violenza alle donne, tratta di esseri umani, discriminazioni etniche, religiose ecc.

Conoscendo Papa Francesco come lui stesso si è fatto conoscere da undici anni a questa parte, suscita una certa curiosità questa uscita magisteriale a firma del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Victor Manuel Fernandez, nella quale sembra di essere tornati “quasi” all’epoca di Papa Ratzinger che insisteva nell’annuncio di quei valori della dignità umana che venivano e vengono ancora oggi (anzi oggi più che mai) contrastati dal pensiero “progressista”: la vita che si pretende di interrompere e manipolare a piacimento, il sesso che non è più considerato un dato biologico nativo immodificabile, ma si ritiene che possa essere considerato una variabile sostituibile col “desiderio” di essere nel sesso opposto (vedi leggi che puniscono chi rifiuta di chiamare al femminile un maschio che “si sente donna”, o viceversa, tipo la recente legislazione scozzese).

Insomma, siamo entrati nel regno della totale ambiguità e dell’oscuramento delle sicurezze che per millenni avevano garantito la stabilità del genere umano: i maschi sono maschi, le femmine sono femmine, si nasce da un uomo e una donna, la morte è un fenomeno (purtroppo) iscritto nella natura e nessuno può e deve provocarla, favorirla, ispirarla perché – lo dicono la quasi generalità delle culture religiose – la vita appartiene in ultima analisi a Dio che ce la ha donata e solo Lui può decidere quando togliercela.

Questo nuovo documento “Dignitas infinita” può essere facilmente ritrovato nel sito internet del Vaticano (vatican.va) e ognuno potrà leggere quanto il Papa pensa sull’aborto, sul gender, sul suicidio assistito e via discorrendo.

Verrebbe da dire che – finalmente! – il Papa torna a fare il Papa, dice “cose cattoliche” invece che inseguire – come ha fatto sin dalla sua elezione con le prime intervista a Scalfari su “Repubblica” (le ricordate?) – la cosiddetta “agenda progressista” pompata dagli ambienti di sinistra di mezzo mondo, Italia compresa.

Occorre però stare attenti: il Papa argentino non è un personaggio che tanto facilmente cambia idea.

Possibile che voglia rinunciare alle sue posizioni espresse sin da subito, tipo “chi sono io per giudicare?” alla domanda se il comportamento gay sia da condannare?

Che non intenda arretrare, lo dimostrano le dichiarazioni del card. Fernandez proprio riguardo al catechismo e alla definizione dell’atto omosessuale come “intrinsecamente disordinato” e quindi gravemente peccaminoso.

Fernandez ha glissato, di fatto confermando che sulla omosessualità non si torna indietro e si va verso una progressiva “normalizzazione” (cioè che sia un fenomeno naturale da accettare, e non più un grave peccato da condannare).

Francesco, del resto, con questo nuovo documento non ha rinnegato la dichiarazione “Fiducia supplicans” sulla benedizione delle coppie gay, ma più semplicemente ha “corretto il tiro” per ingraziarsi quella ampia fetta di dignitari vaticani (cardinali, vescovi, teologi) che avevano rumoreggiato all’uscita del primo documento che pareva distruggere duemila anni di insegnamenti morali della Chiesa.

Il Papa sa bene che non può tirare troppo la corda, ha capito che lo aveva fatto e che la sollevazione popolare dei fedeli, guidati da preti e vescovi che hanno deciso di uscire allo scoperto, poteva diventare per lui troppo pericolosa.

Il suo pontificato, proseguendo su quella via così “disruptive” (direbbero gli americani) avrebbe potuto passare alla storia come una sorta di grande eresia da dimenticare o addirittura poteva spaccare in due la Chiesa con uno scisma (vedi protesta di tutti gli episcopati africani) lasciando di lui un ricordo triste e deplorevole, quasi una specie di novello “Papa Borgia” dei nostri tempi, proclive a benedire tutti i peccati, specie i più gravi perché condannati dai Dieci Comandamenti.

Insomma, il consiglio è di leggere questo documento, meditarlo e vedere se i “valori non negoziabili” di sempre vi sono davvero contenuti.

Quello che tutti i fedeli sinceri esigono da Papa e Vescovi è che non siano ambigui: se dicono “sì” sia “sì”; se dicono “no” sia “no” … perché il Vangelo prosegue: “… tutto il resto viene dal demonio”.

E allora avanti con la chiarezza delle posizioni, se questo è lo spirito del documento, senza piegarsi alle attese e alle pressioni del mondo!

Il Credente


Per consultare il documento vedere:

vatican.va

oppure Ecco “Dignitas infinita” – Aldo Maria Valli