TRE LIBRI PER UN’IDEA

Non c’è più Religione…

 

E’ in uscita il terzo libro di Corrado Faletti, “Non c’è più Religione! O forse c’è né troppa! Game Over”.

L’autore, scrittore, sociologo, pedagogista, anche in questo caso mi ha chiesto di scriverne la prefazione che potete leggere nei rispettivi libri.

I tre libri, “Italia Paese Interruptus”, “Ho 5.000 Amici” e “Non c’è più Religione! O forse c’è né troppa! Game Over”, trattano temi assai diversi, Storico, Sociale e Religioso.

Tuttavia, nonostante le loro diversità tematiche, i tre libri, costruiscono un percorso che evidenzia come le principali problematiche, cui il mondo di oggi si trova a dover affrontare, abbiano forti influenze, storiche, sociali e religiose.

Così, è sempre importante affrontare i problemi nella loro interezza, ponendosi sempre degli obiettivi, cosa assai diversa dai programmi, che certamente sono importanti, ma vengono dopo

Questo lo rileviamo nel primo libro, nel secondo rileviamo l’impatto sociale che certi “strumenti” possono avere, con conseguenze assai “particolari” che possono modificare drasticamente le relazioni sociali.

Il terzo, dimostra l’importanza della religione, nonostante un sempre più diffuso falso ateismo, che lascia le porte aperte al pericoloso sviluppo di sette e superstizioni, evidenziando l’esigenza dell’essere Umano nella ricerca, non solo di se stessi, ma della vita.

Libri che non cercano lo scontro, ma il dialogo, non cercano la verità assoluta, ma il “Buon Senso”.

Libri che sono propedeutici ad aprire serie discussioni, per trovare le soluzioni, fissandone gli obiettivi.

Invito quindi a leggere a seguire, l’intervista a Corrado Faletti rilevato da Noi sulla pagina di Betapress.

NON C’E’ PIU’ RELIGIONE

Ettore Lembo

 

ho 5000 amici il nuovo libro di Faletti su Betapress

 

Italia paese interruptus

 




La storia si ripete?? eheheh …

Lungi da me puntare il dito contro il ministro Sangiuliano, chiunque può avere debolezze o lati personali oscuri, ci mancherebbe, ma indipendentemente da questo è invece il caso di fare alcune riflessioni sui ruoli e su chi li assegna.

Anche la sua apparsa in TV sputtanandosi davanti al paese è encomiabile, pochi lo avrebbero fatto.

Certamente è stata una richiesta del leader che ora può dimostrare il suo potere sui suoi ministri, ma quale risultato è stato ottenuto?

Certamente quello di deviare il colpo, mettendo sul ministro un’ombra di macchietta comica già messa da lui stesso con le sue innumerevoli Gaffes agite in precedenza.

Eppure ieri sera mentre sentivo questa vicenda in televisione ed ascoltavo la patetica confessione del ministro davanti ad un giornalista che evidentemente non voleva fare quell’intervista, mi è rimasto un tarlo in fondo al cervello.

Sono andato a dormire, per così dire visto che negli ultimi mesi dormo due ore per notte, e di colpo ho avuto una specie di visione mistica, un boato che ha interrotto la mia pur breve notte.

Sangiuliano Boccia, Mussolini Petacci.

No, no, cari lettori, non sono uguali, non mi permetto di paragonarli ne come caratura ne come spessore, però, però …

Il confronto tra il caso del ministro Gennaro Sangiuliano e quello di Alessandra Boccia con la relazione tra Benito Mussolini e Claretta Petacci offre un interessante parallelo, anche se i due episodi si inseriscono in contesti storici e politici molto diversi.

Benito Mussolini, dittatore fascista italiano, instaurò una relazione con Claretta Petacci durante gli anni ’30 e ’40, un periodo in cui Mussolini deteneva un potere quasi assoluto in Italia. Petacci era una figura privata, senza alcun ruolo politico ufficiale, ma la sua vicinanza al Duce la rendeva una presenza significativa nella vita di Mussolini.

Questa relazione si svolse in un clima di repressione, censura e segretezza, tipico dei regimi autoritari.

Claretta Petacci non aveva un ruolo ufficiale nel governo fascista, ma la sua relazione con Mussolini le permetteva di esercitare un’influenza personale sul dittatore, anche se questa è difficile da quantificare. La sua vicinanza a Mussolini sollevava sospetti e critiche, ma il contesto autoritario limitava la diffusione di tali sentimenti. Petacci, pur essendo un’amante privata, era simbolicamente legata al regime e alla sua decadenza.

La relazione tra Mussolini e Petacci terminò in modo tragico: entrambi furono catturati e giustiziati dai partigiani nel 1945, e i loro corpi furono esposti pubblicamente. Questo episodio segnò non solo la fine della loro relazione ma anche la caduta del regime fascista. La relazione è stata simbolicamente legata alla caduta di Mussolini, rappresentando la sua vulnerabilità e la fine del suo potere.

Claretta Petacci, pur non avendo un ruolo ufficiale nel governo fascista, esercitò un’influenza su Benito Mussolini che, in alcuni casi, si tradusse in effetti politici. La natura di questa influenza è stata oggetto di dibattito tra gli storici, ma ci sono diversi episodi e circostanze che suggeriscono come la vicinanza della Petacci al Duce potesse essere sfruttata per influenzare decisioni politiche o per favorire interessi personali e di terzi.

Claretta Petacci aveva un accesso quasi costante a Mussolini, anche in momenti di grande importanza politica. Questo accesso le consentiva di discutere con lui di questioni personali, ma anche di affari di stato. L’influenza che esercitava non era tanto diretta quanto sottile e personale, basata sul legame emotivo che aveva con il Duce.

Mussolini, noto per il suo carattere autoritario e spesso distante dagli altri, trovava in Claretta una confidente con cui condivideva le sue ansie e insicurezze. Questo legame intimo poteva tradursi in una sorta di influenza sottile sulle sue decisioni.

Uno degli aspetti in cui l’influenza della Petacci si manifestò maggiormente fu il favoritismo. Era risaputo che Claretta utilizzasse la sua posizione per intercedere a favore di amici e parenti. Attraverso le sue pressioni su Mussolini, riuscì a ottenere favori per persone a lei vicine, come incarichi o concessioni.

Un esempio emblematico fu la sua insistenza affinché Mussolini concedesse protezione e privilegi alla sua famiglia, come l’assegnazione di posizioni di rilievo o l’intercessione in questioni legali.

Esistono testimonianze secondo le quali Claretta Petacci interveniva anche su questioni più ampie. Uno degli episodi più noti è quello relativo al suo tentativo di influenzare Mussolini riguardo ai rapporti con la Germania nazista.

Claretta, come molti italiani dell’epoca, era affascinata dal carisma di Hitler e dal successo del Terzo Reich, e non nascose mai a Mussolini la sua ammirazione per il Führer.

Alcuni storici sostengono che, pur non essendo determinante, l’insistenza di Petacci sulla forza della Germania potrebbe aver contribuito a rafforzare in Mussolini la convinzione che l’alleanza con Hitler fosse strategicamente vantaggiosa per l’Italia, specialmente nel periodo iniziale della guerra.

Un altro tema controverso è quello dell’influenza di Petacci sulle politiche razziali del regime fascista.

Sebbene Mussolini fosse il principale artefice delle leggi razziali del 1938, vi sono documenti che suggeriscono come Petacci, proveniente da una famiglia borghese benestante, avesse opinioni fortemente antisemite e potesse aver contribuito, almeno in parte, a rafforzare l’orientamento razzista del regime.

Tuttavia, è importante sottolineare che la decisione di adottare politiche razziali fu principalmente il risultato di pressioni internazionali e della volontà di Mussolini di allinearsi con la Germania nazista, piuttosto che un’influenza diretta di Claretta Petacci.

L’influenza di Claretta Petacci su Mussolini rappresenta un esempio di come, in un regime autoritario, le dinamiche personali possano intersecarsi con le decisioni politiche. Sebbene Claretta non avesse un ruolo ufficiale, il suo rapporto stretto con il Duce le permise di esercitare una certa influenza, soprattutto in termini di favoritismi e pressioni personali.

Tuttavia, la sua influenza su decisioni politiche di ampio respiro, come l’alleanza con la Germania o le politiche razziali, rimane un tema controverso e non privo di ambiguità, dove la sua azione si inserisce in un contesto più ampio di dinamiche politiche e internazionali.

Gennaro Sangiuliano è un ministro della Repubblica Italiana, mentre Alessandra Boccia è una figura privata legata a Sangiuliano. La loro relazione si svolge in un contesto di trasparenza e pluralismo politico, dove la vita privata delle figure pubbliche è spesso oggetto di attenzione mediatica (vedasi le varie foto pubblicate insieme sui social), ma in un ambiente che garantisce diritti e libertà civili, molto diverso dal clima autoritario dell’epoca fascista.

Non ci sono fotografie che rappresentano il duce insieme a Claretta eccetto quella in cui sono appesi insieme a piazzale Loreto, questo la dice lunga su come questo tipo di relazioni vanno intelligentemente gestite soprattutto da parte di chi ha incarichi di rappresentanza del paese.

In un contesto democratico, l’influenza di Alessandra Boccia su Gennaro Sangiuliano sarebbe, se esistente, molto più limitata. La trasparenza e la vigilanza mediatica nelle democrazie moderne riducono la possibilità di influenze occulte, sebbene la vicinanza personale possa ancora suscitare speculazioni.

Ed inoltre, me ne scusi il ministro Sangiuliano, poco conta la sua figura rispetto a quella di Mussolini di allora in termini di potere politico.

Tuttavia, in assenza di un contesto dittatoriale, il loro legame è meno significativo dal punto di vista politico e più personale.

Le conseguenze pubbliche della relazione tra Sangiuliano e Boccia sono molto meno drammatiche. In un contesto moderno, una relazione tra un politico e una persona privata può generare attenzione mediatica, ma difficilmente avrà ripercussioni così gravi come nel caso di Mussolini e Petacci.

Tuttavia, la percezione pubblica di tali relazioni può influenzare la reputazione del politico coinvolto, soprattutto se emergono questioni di conflitto di interesse o altre controversie.

Ma la problematica più grave è quella che nel paese suddetti accadimenti minano la fiducia nell’esecutivo e nel suo leader, e questo esecutivo ne ha di problematiche del genere.

Meraviglia che questo esecutivo sottovaluti come il suo comportamento possa generare danni.

Cerchiamo qui brevemente di spiegarglielo.

L’attenzione spasmodica al chiacchiericcio e al gossip in Italia può essere spiegata attraverso una combinazione di fattori culturali, sociali e mediatici che hanno radici profonde nella storia e nella società italiana.

L’Italia ha una lunga tradizione di vita comunitaria, dove le interazioni sociali giocano un ruolo centrale nella vita quotidiana. Nei piccoli paesi e nei quartieri delle città, il chiacchiericcio e il gossip sono stati per secoli strumenti di coesione sociale, attraverso cui le persone condividevano informazioni, rafforzavano i legami comunitari e mantenevano una certa forma di controllo sociale.

Questo tipo di interazione sociale si è mantenuto vivo anche nelle grandi città e nell’epoca moderna, dove il gossip continua a fungere da collante sociale, permettendo alle persone di sentirsi parte di una comunità più ampia.

I media italiani hanno contribuito notevolmente alla diffusione del gossip, trasformandolo in un vero e proprio settore dell’informazione. Programmi televisivi, riviste e giornali dedicati interamente al gossip e alla cronaca rosa hanno avuto un successo enorme in Italia.

Questa attenzione è alimentata da un sistema mediatico che spesso favorisce notizie leggere e sensazionalistiche rispetto a quelle più serie o approfondite, perché queste tendono a catturare l’attenzione di un pubblico ampio e variegato. La spettacolarizzazione della vita privata di personaggi pubblici ha reso il gossip un elemento centrale dell’intrattenimento.

L’influenza della cultura popolare italiana, con una lunga tradizione di commedia, teatro e letteratura che si concentrano spesso sui vizi e le virtù della società, ha contribuito a rafforzare l’interesse per le storie personali e il gossip.

Dalle opere di autori come Boccaccio, con il suo “Decameron”, fino alla commedia dell’arte e ai film italiani del dopoguerra, c’è sempre stato un interesse per le storie intime, per le relazioni personali e per i pettegolezzi. Questo interesse è stato ulteriormente amplificato dai media moderni.

La società italiana è caratterizzata da una forte attenzione all’immagine e alla reputazione.

In questo contesto, il gossip funge da strumento attraverso il quale le persone monitorano la reputazione altrui e proteggono la propria.

L’importanza attribuita all’apparenza e al “bel vivere” rende il gossip una forma di vigilanza sociale, dove la reputazione è costantemente sotto esame. Inoltre, la dimensione familiare e la rete di relazioni personali sono particolarmente importanti in Italia, e il gossip può influire su queste dinamiche, rafforzandole o, in alcuni casi, minandole.

In un paese come l’Italia, che ha vissuto e continua a vivere momenti di crisi politica, economica e sociale, il gossip offre un’evasione dalla realtà quotidiana.

Le storie di celebrità, scandali e pettegolezzi offrono una forma di intrattenimento che permette di distrarsi dai problemi più gravi.

Questo meccanismo di evasione non è unico dell’Italia, ma nel contesto italiano assume una particolare rilevanza a causa dell’intensità e della pervasività con cui il gossip è consumato e discusso.

Con l’avvento dei social media e della globalizzazione delle informazioni, il gossip è diventato ancora più accessibile e diffuso. Le piattaforme digitali hanno amplificato la portata del gossip, permettendo una diffusione immediata e su vasta scala di notizie, vere o presunte, riguardanti personaggi pubblici e non solo.

In Italia, l’uso estensivo dei social media ha ulteriormente alimentato questa tendenza, rendendo il gossip una parte ancora più integrante della vita quotidiana.

L’attenzione spasmodica al gossip in Italia è il risultato di una combinazione di tradizioni culturali, strutture sociali e dinamiche mediatiche. Il gossip, in questo contesto, non è solo un passatempo leggero, ma una componente radicata nella cultura e nella società italiana, che riflette e rafforza i valori della comunità, l’importanza della reputazione e la necessità di evasione.

Anche se spesso criticato per la sua superficialità, il gossip continua a svolgere un ruolo significativo nel tessuto sociale italiano.

Forse questo esecutivo ha bisogno di consulenti migliori!!

Come ultima cosa, che poi mi ha permesso stanotte di tornare a dormire la mia oretta, è questa considerazione:

Claretta con il suo Ben è andata dritta alla fucilazione, Maria Rosaria con il suo Gennaro dritta in tv!

O tempora, o mores

 

noi lo avevamo già detto!!!

Brava Giorgia, adesso occhio allo spoils system!

per chi volesse approfondire il tema ventennio ricordiamo:

Fascismo: Nessuno è Perfetto




Pola, città oggi non Italiana, vuole Dante Alighieri. Ma Dante pose lì il confine dell’Italia.

 

 

Si parla sempre di difendere i confini degli altri, mentre qualcuno vorrebbe cancellare i nostri, o quelli che rimangono ancora.

Non si parla mai di ciò che avviene o è avvenuto ieri dei Nostri confini, spesso ceduti per qualche spicciolo o… Svenduti ceduti, regalati in maniera tacita e silenziosa, spesso all’oscuro degli stessi Italiani, per evitare …

Così come, scusate il raffronto, sembra avvenire oggi con le Aziende Italiane, oggi scomparse o in mano a stati esteri.

E’ in questa ottica che rileviamo ciò che scrive la Pregiatissima “Accademia di Alta Cultura” a firma del Suo Presidente Giuseppe Bellantonio, che riproponiamo a seguire, per evidenziare una “strana” richiesta del Vicesindaco di Pola.

La richiesta del busto di Dante Alighieri, portato da Pola a Venezia, dove oggi è esposto all’Arsenale, da chi fu costretto a fuggire dalla città Italiana.

Pola, citta brutalmente strappata, insieme ad altre città e territori, all’Italia ed agli Italiani, tra Foibe, persecuzioni criminali ad opera dei comunisti Titini, attentato nella spiaggia di Vergarolla dove si è compiuto un ed r massacro con il più alto numero di morti mai avvenuto nella storia della Repubblica Italiana, e dove tantissimi i bambini furono polverizzati per te t cui si è persa ogni traccia.

Noi lo abbiamo ricordato recentemente, anche se le istituzioni, troppo spesso, dimenticano, con la complicità di tanti Media che tacciono o… negano.

Non vogliamo entrare nel merito della questione, ma solo ricordare, in questa tg fase, che riportare a Pola il busto originale di Dante Alighieri, sarebbe un vergognoso affronto verso tutti quegli italiani cacciati brutalmente da quella città e che con grande rischio hanno voluto togliere il Busto di chi nel tempo indicava il limite dei confini Italiani già nel Suor tempo, quando scrisse la Divina Commedia.

Affronto contro chi ha difeso l’Italia ed i suoi confini, sentendosi appartenente all’Italia, quindi Italiano, Nazario Sauro, che ben spiega la Sua appartenenza all’Italia nella lettera al Figlio scritta in punto di morte, o Cesare Battisti….

Affronto di tutti gli Italiani che sono stati vilmente, brutalmente infoibati.

Affronto di tutte le donne che sono state brutalizzate, violentate, ed uccise o buttate nelle foibe…

Affronto di tutta quella popolazione costretta ad esulare e disperdersi nel mondo, dopo una vera e propria “Pulizia Etnica” perpetrata nel silenzio delle blateranti Organizzazioni Internazionali e di una ignobile complicità dei Governi Nazionali ancora ad oggi.

Affronto a quegli Italiani cacciati dagli stessi Italiani a Bologna 18 febbraio 1947. “L’orologio segnava le 12 e l’altoparlante annunciava l’entrata in stazione di un treno pieno di profughi istriani, giuliani e dalmati… Molti di loro sono donne e vecchi, ma ci sono anche tanti bambini…. “

Tratto da :“Il treno della VERGOGNA” di cui pochi sanno…

E, potremmo continuare.

Ci chiediamo quindi perché dovremmo concedere ciò che è Italiano?

Facciano pure un calco del busto, ma che non sia l’originale.

Il popolo Italiano ha già dato tanto, derubato o svenduto che sia.

Ieri la Corsica, poi Nizza ecc. ceduti, attraverso trattati, per pochi spiccioli a causa di debiti…. poi, dopo la seconda guerra mondiale, L’Istria, la Dalmazia, e Fiume.

Oggi la Francia pretenderebbe il Monte Bianco, e la Svizzera Campione d’Italia?

Ricordiamo, tornando alla storia dell’area di Pola:

L’accordo di Osimo (in francese Traité d’Osimo; in inglese Treaty of Osimo; in serbo-croato Osimski ugovor) è un accordo, siglato a Osimo il 10 novembre 1975 tra i ministri degli affari esteri di Jugoslavia e Italia.

Il trattato di Osimo fu il primo accordo internazionale i cui negoziati per l’Italia non vennero curati dal Ministero degli affari esteri. Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata.

Fu ratificato dall’Italia il 14 marzo 1977 (legge n. 73/77) ed entrò in vigore l’11 ottobre 1977

Una vicenda di sangue Italiano, con migliaia di morti, feriti e deportati, ad oggi non si conoscono le cifre ufficiali, contrattati estorti, imposti, e… dove ancora, pur ratificati, non trovano riscontro ed applicazione per gli Italiani, dovrebbe finire a “Tarallucci e Vino” con l’ennesima remissione dell’Italia, e degli Italiani?

Ettore Lembo

 

 

“Perché usare l’Italianissimo simbolo di Dante Alighieri per “strane” rivendicazioni?”

 

“Una notizia apparsa sui mezzi di informazione alla vigilia di Ferragosto, riportava – cito testualmente dallo ‘strillo’ – “L’accorato appello di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, di riavere il busto di Dante apposto sulla facciata dell’Arsenale…” di Venezia

 

Lo dico con franchezza, la notizia – ufficiale e riconducibile a una ‘accorata’ esternazione di un vicesindaco la cui origine è certamente italiana, e che in loco rappresenta proprio le sensibilità e le possibili istanze della minoranza Italiana di Pola – ha suscitato in me una certa curiosità ma anche sorpresa e meraviglia.

 

Ammetto che – per rinfrescare la memoria – sono riandato indietro all’immediatezza di un dopoguerra più che sfortunato per le popolazioni Italiane di Nord-Est, e in particolar modo quelle di Istriani, Fiumani e Dalmati, ricche di amor patrio e di un forte radicamento alle tradizioni, ai ricordi, alle fatiche, spese per generazioni nel segno di una schietta italianità. Eh sì! Perché è impossibile non ricordare che proprio quelle terre – e come non ricordare anche le questioni e le tensioni legate alle nostre amate e italianissime città di Trento e Trieste – costituirono momento di vero e proprio cruento baratto tra gli Alleati vincitori della II° Guerra Mondiale e il tetro regime che in Jugoslavia era sottoposto a Josip Tito e ai suoi esecutori, qual era Milovan Dilas. Come non ricordare la vera e propria persecuzione etnica che subirono pesantemente e drammaticamente gli Italiani che risiedevano in quelle terre, e i cui uomini avevano versato il loro sangue per l’Italia: come non ricordare il cruento, canagliesco, sterminio – il numero degli Italiani allora uccisi pecca tuttora per difetto – degli Italiani di tutte le età infoibati per mano di bande e militari Jugoslavi, uccisi sì per feroce odio etnico ma anche per derubare quella povera gente di terre, case e beni personali, costringendola all’esilio. Bande cui si unirono, con pari efferatezza, anche miserabili, infami, Italiani: altrettanto violenti, ladri e sanguinari, che forti della forza delle armi e vantando spesso la loro dichiarata appartenenza a bande pseudo-partigiane, saccheggiavano, stupravano ferocemente, uccidevano senza pietà, anche consumando vendette per antiche invidie o rancori prescindendo così da altre motivazioni di tipo etnico e/o politico.

 

Nel rispolverare vecchi testi, ho ritrovato il Trattato Dini-Granic – “Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti delle Minoranze; Zagabria, 5 novembre 1996” – che all’Art. 3 recita “Tenendo conto dei documenti internazionali rilevanti accennati nel preambolo, la Repubblica di Croazia, nell’ambito del suo territorio, si impegna ad accordare alla minoranza italiana l’uniformità di trattamento nel proprio ordinamento giuridico al più alto livello acquisito; questa unitarietà può essere acquisita attraverso l’estensione graduale del trattamento accordato alla minoranza italiana nella ex zona ‘b’ sul territorio della repubblica di Croazia tradizionalmente abitato dalla minoranza italiana e dai suoi membri”.

 

Leggendone, mi è sorta una domanda: l’esternazione con toni ‘accorati’ di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, intesa a ottenere in restituzione’ del busto di Dante, allora portato in Italia dai profughi e oggi collocato in una nicchia sulla facciata dell’Arsenale a Venezia, al pari di ogni azione della vita quotidiana, ha delle motivazioni: ma di quale tipo? Credo poco a una boutade personale: quindi, l’antico quesito cui prodest si pone, proprio per voler risalire alle pulsioni che possano aver mosso il vicesindaco Cergnul a formulare la particolare richiesta, fors’anche potenziale causa del possibile rinfocolarsi di polemiche e idonea a riaccendendo dolori mai sopiti.

 

Lo ha fatto per motivazioni squisitamente di tipo ‘culturale’? Come “stava qui” e “qui“ deve tornare? Voglia cortesemente chiarirlo.

 

Lo ha fatto per motivazioni ideologiche, fors’anche di segno politico, personali e/o collettive? Anche in questo caso, voglia cortesemente chiarirlo.

 

Lo ha fatto per una motivazione di tipo sociale, o per captare la possibile benevolenza di una qualche ‘parte’? Sia cortese nel chiarirlo.

 

In ogni caso, di norma, per aderire a una qualsiasi richiesta, è buona norma verificarne lo spessore e le reali motivazioni che possano rendere il richiedente credibile e meritevole di attenzione, piuttosto che i contenuti della richiesta stessa; nel particolare, una tematica fatta di pesi e contrappesi: impossibili da ignorare.

 

Proprio riandando all’Art.3 sopra menzionato è notorio – e il vicesindaco, proprio perché rappresentante in loco della minoranza italiana, non può non sapere – che proprio alcune parti essenziali dello stesso siano tuttora disattese, e non certo da parte Italiana.

 

Ad esempio sono cadute nel vuoto le richieste di parte Italiana di dar luogo a una doppia toponomastica tanto negli atti istituzionali che nelle cartine; l’utilizzo anche della lingua Italiana nelle indicazioni descrittive dei luoghi di interesse turistico e naturalistico; l’applicazione della legge croata che stabilisce ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica di Croazia’, come pure per quanto riguarda l’applicazione concreta delle ‘modello C’, ovverosia ‘l’insegnamento viene svolto in Lingua croata, ma un monte ore che può variare da due a cinque ore settimanali viene dedicato all’insegnamento della Lingua e della cultura della minoranza nazionale nello specifico Lingua e letteratura, geografia, storia, arte musicale, arte figurativa’, che – è di tutta evidenza – includa l’utilizzo e il rispetto della lingua italiana (cfr. Fiume 6-1-2017, comunicaz. della Unione Italiana dal titolo ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica Croazia’; cfr. intervento 7-12-2016 del Presidente della ‘Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati’, dr. Antonio Ballarin, nel corso delle cerimonie per la ‘Celebrazione dei 25 anni dell’Unione Italiana ed i 20 anni del Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti minoritari’).

 

Quindi, parlando un linguaggio piano e rispettoso verso il vicesindaco, chiederei se sia per lui ‘normale’ o meno formulare richieste pretendendone attenzione e soddisfazione, mentre da controparte Croata molte e più serie inadempienze di Atti ufficiali, formali e istituzionali, restano irrisolte: nonostante il trascorrere del tempo.

 

E ancora: se i profughi Italiani nell’abbandonare le loro case e le loro cose, ritennero di portare con sé ‘quel’ busto di Dante fu perché esso era testimonianza di cultura, patria e di libertà, Italiane: in esso fu anche riposto simbolicamente lo stesso affetto che si rivolge a un familiare, a un parente, trasmettendolo di mano in mano mettendolo così in salvo da mani diversamente degne. Proprio la raffigurazione di Dante Alighieri, tra i massimi rappresentanti della Cultura e della Storia Italiane, che non si poteva lasciare nelle mani di chi tale Storia, tale Cultura, tale respiro antico, non rispettava e anzi offendeva e combatteva aspramente. E ritengo che queste considerazioni – proprio alla luce delle motivazioni relative alla perdurante e tenace in applicazione di parte delle intese istituzionali tra Italia e Croazia – abbiano mantenuto la propria attualità.

 

La stessa impossibilità si riverbera sul rilascio di una eventuale copia proprio di ‘quel’ busto di Dante. Dall’originale dovrebbe ricavarsi un calco da poter lavorare: ma il calco, a contatto con l’originale, ne trarrebbe un quid di immateriale ma esistente: un pezzo dello spirito di quella scultura, se vogliamo. Uno spirito meno peregrino di ciò che possa sembrare. La scultura in questione, così come ogni opera d’Arte, ha in sé la scintilla creativa dell’Artista che la concepì, e tale scintilla permea la scultura stessa. L’Artista in questione fu lo scultore – ma anche pittore, deputato, Direttore e Professore presso il Regio Istituto di Belle Arti di Roma – Ettore Ferrari: lo stesso dalle cui mani capaci ebbe vita anche la Statua di Giordano Bruno, collocata tuttora a Campo de’ Fiori, a Roma. Ferrari – i cui valori erano e sono ben noti, essendo stati improntati nel segno degli Ideali di Tolleranza, Libertà e Fraternità – realizzò per la Città di Pola, un busto dedicato a Dante Alighieri, dando così testimonianza e corpo ancorché simbolico ad alcuni celebri versi danteschi “Sì come a Pola presso del Quarnaro / Che Italia chiude e i suoi termini bagna.”. (cfr. Inferno, Canto IX, versi 113, 114).

 

Certamente, anche l’Artista non avrebbe accettato né gradito – né lo farebbe ora – che la sua opera, con tutto ciò che in essa fosse ed è tuttora riposto e rappresentato, non fosse più nelle mani di coloro cui essa era stata solennemente destinata e quindi consegnata: autentici Italiani, dignitosi e di forte personalità, e non certo gente da ‘poco’. Opera Italiana, di uno scultore Italiano, fatta per la comunità di Italiani residenti allora a Pola, rappresentante anche un Autore e una Cultura unicamente Italiani.

 

Egregio vicesindaco, se permette un sommesso e rispettoso suggerimento; se proprio dovesse accontentarsi di un calco, ma non di ‘quel’ calco, non è meglio comprare un oggetto similare da qualche parte in uno dei negozi lì presenti? Potrà così dire ‘è mio’, è ‘nostro’, anche con enfasi: lo avrà acquistato con i suoi mezzi, e sarebbe veramente e totalmente ‘suo’. E se lo volesse potrà ancor più adoperarsi, con l’usuale vigore che le gocce di sangue Italiano che scorrono nelle sue vene certamente le danno, a far sì che proprio la minoranza italiana presente a Pola, possa lì godere appieno dei propri diritti.

 

E ciò con buona pace di Dante Alighieri, di Ettore Ferrari e delle sensibilità, affatto irrilevanti, di quanti allora subirono offese e violenze inenarrabili, e che dovettero abbandonare terre, case e oggetti di famiglia, ma che non vollero abbandonare il loro simbolo di cultura e italianità, in territorio e in mani non italiane, fors’anche insanguinate.”

Roma, 30 Agosto 2024

 

Accademia di Alta Cultura

Il Presidente

Giuseppe Bellantonio

 

ripreso da https://accademiadialtacultura.blogspot.com/2024/08/perche-usare-litalianissimo-simbolo-di.html

 

Rilevato da BETAPRESS: https://betapress.it/dante-tutti-lo-vogliono-qualcuno-lo-rivuole/




“Carneade, chi era costui?!?!?” Quando l’abito non fa il monaco…

Non sempre gli uomini di fede sono persone rispettabili, ma spesso sono anche dei codardi e certamente lontani dai loro giuramenti. (NdD)

 

Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole” (San Francesco D’Assisi)

Se non fosse per la serietà dei fattori contingenti in cui, giocoforza, mi sono venuta a trovare, l’avventura che sto per raccontarti avrebbe, anzi ha, del divertente. 

I PERSONAGGI DELLA STORIA

I protagonisti sono due: la sottoscritta e uno sconosciuto, incontrato durante una tappa forzata del mio percorso abituale, dal Sentiero di Gandria alle pendici del monte Brè.

I FATTI

Ruvigliana, Ticino, 27 agosto 2024, ore 19:15. Temperatura: 29 gradi. Umidità: 76% circa. Esco per la mia consueta camminata, contando sulla fresca brezza che precede il tramonto e un cielo che non sembra presagire importanti cambiamenti. 

La discesa verso il Sentiero di Gandria è piacevole: sono un’esperta, ormai, conosco molti sentieri alternativi, ma scelgo il più rapido e così, raggiungo Via Cortivo. Da lì, imbocco il Sentiero che porta a Gandria.

Al ritorno, più o meno all’altezza dell’Hotel Elvezia al Lago, il cielo si fa sempre più scuro, fino a coprirsi del tutto.

E qui, la giornalista che abita in me fa spazio alla follower di uno degli influencer più controversi mai apparsi nella storia dell’umanità: un tale chiamato Gesù Cristo.

Alzo gli occhi al cielo e Gli chiedo, come è mia abitudine, di trattenere la pioggia fino al mio rientro. 

Raggiungo a grandi passi l’ex Municipio di Castagnola e da lì, prendo una rampa di scale che giunge alla Strada di Gandria, dove imbocco un’altra scalinata.

Mi affretto perché la mia preghiera, ahimè, non sta sortendo l’effetto desiderato e infatti, cadono gocce sempre più grosse e frequenti. Mentre salgo un gradino alla volta rapidamente, le cateratte del cielo si spalancano, riversando su di me abbondanza d’acqua e di… ghiaccio!

Oltrepasso il civico 25 sulla destra, e sono alla rampa successiva. Sono una grondaia semovente. La mia maglietta, ormai, è una seconda pelle. I pantaloni sono sempre più pesanti. Le scarpe, alla pressione del piede sul terreno, a ogni passo, spruzzano zampilli che è una meraviglia. 

Un pensiero mi conforta: sono giunta alla salita che conduce alla Parrocchia di San Giorgio, una chicca storica del Cinquecento, la chiesetta di pietra con il campanile che rintocca la mezz’ora e l’ora intera.

Un ultimo sforzo, e troverò riparo sotto un piccolo portico. 

… E DILUVIO FU!

Chicchi di grandine continuano a colpirmi su dorso, collo, nuca, testa e braccia.

Coraggio. Una scalinata ancora e sono al sicuro.

Ed eccomi, finalmente, sotto il portico affrescato che si affaccia sul sagrato che non vedo, offuscato com’è dalla pioggia torrenziale d’acqua e ghiaccio.

È vero: sono al coperto finalmente, ma fradicia, come se mi fossi tuffata in piscina tutta vestita! La temperatura è scesa di colpo a undici gradi (l’ho verificato a casa, controllando il meteo ora per ora). In più, si è levato un forte vento che raffredda i miei indumenti intrisi d’acqua e incollati su di me.

Il cellulare è a mollo nella tasca destra e sono uscita senza un soldo. Di chiamare un taxi, quindi, non se ne parla. Devo trovare una soluzione alternativa. Mi affaccio sul sagrato della chiesa. C’è un’auto scura, parcheggiata. Di chi potrà mai essere? Chi sarà mai il visitatore di un luogo ameno, sì, ma in un tale momento di tregenda?

Esco dal portico e, rasentando il muro verso destra, passo davanti a una finestra dove un uomo, in penombra, si è affacciato. 

UNO STRANO INCONTRO

“Buonasera…” Saluto. “Mi scusi… Mi sono trovata sotto il temporale.”

Dico, con le braccia incrociate sul petto per proteggermi dal freddo e dal suo sguardo. L’uomo mugugna qualcosa. Non comprendo ciò che dice. 

“È sua la macchina parcheggiata qui?” Gli chiedo, con tutto il coraggio che trovo. Mi gioco l’ultima carta che il Destino sembra volermi offrire per tornare a casa. Abito a 1200 metri di distanza.

Tre minuti in macchina, tredici a piedi. Date le circostanze, sarebbe poco saggio da parte mia non chiedergli: “Potrebbe, per favore, accompagnarmi a casa?”

Un attimo di esitazione e, con lo sguardo rivolto al cielo, risponde: “Con questo tempo? No.” Quindi sorride, richiudendo la finestra. 

“Che simpatico!” Penso. “Starà andando a prendere un asciugamani… Tra poco mi aprirà la porta, offrendomi riparo giusto il tempo che sballi…” 

Intanto, arriva il mio buon senso a suggerirmi che quell’auto era già esposta al finimondo e quindi, non si sarebbe rovinata di più, dandomi un passaggio… A meno che i sedili non fossero di stoffa, ma in un’ora di sole, il giorno dopo, si sarebbero asciugati e… Voilà! Tutto sarebbe tornato come prima.

Per un momento, immagino di vivere la stessa situazione al contrario e concludo che certo, avrei fatto un favore a chiunque me l’avesse chiesto. Ora che ci penso mi è successo a Milano e a Lugano.

L’ultima volta, davanti al supermercato, c’era una signora anziana che, carica di borse della spesa, aspettava il figlio per tornare a casa in auto.

La pioggia l’aveva colta di sorpresa e, priva di ombrello, si riparava nell’ingresso coperto. Beh… Il figlio non arrivò e così, le offrii un passaggio. Niente di eccezionale, sia ben chiaro: per un atto di cortesia, non mi aspetto di certo una medaglia al valore civile. Credo sia qualcosa che ti viene naturale…

Un giorno potrebbe capitare a te e allora, visto che è dando che si riceve…

Decido di rimanere ferma dove sono. Sotto la soglia di questa casa antica, a differenza che sotto il porticato, l’acqua e le raffiche di vento non arrivano. E poi, che fastidio posso dare qui? Appena smette, me ne vado…

IL BUON SAMARITANO

Dopo qualche minuto, si apre la porta alle mie spalle. Sussulto. È lui. Accenno un sorriso di gratitudine. “Ero sicura che sarebbe tornato!” Penso. Immersa nelle mie serene considerazioni, la sua frase arriva come un fulmine a ciel sereno: “Ancora qui!? Non può spostarsi davanti alla chiesa?” 

“Davanti alla chiesa dove!?” Penso, guardando verso il portico da cui si accede al luogo sacro, dietro le inferriate di un cancello chiuso. Non comprendo il senso di una tale richiesta e non ho voglia di spiegare perché mi trovi proprio lì, e non altrove.

Mi basta aspettare che smetta di piovere. Nelle mie condizioni, poi, non sarà facile affrontare un quarto d’ora di cammino, in salita.

“Calma”, mi dico. “Una cosa alla volta.”

Ancora basita, ricevo un’intuizione. 

“Lei è un uomo di Dio?” Gli chiedo. Annuisce.

“Io sono figlia di Dio!” Un tuono arriva, tempestivo, a mo’ di conferma.

“Siamo tutti figli di Dio”. Decreta, contraddicendo l’evangelista Giovanni al capitolo 1, versetti 12 e 13 del mio libro d’amore preferito.

Segue una reiterata serie di: “Si vergogni…” da parte mia, in risposta al tormentone di lui: “Lei è qui solo per portare confusione!”

E richiude la porta, definitivamente.

EPILOGO

“Tu hai visto e sentito!” Esclamo, rivolgendomi all’Inquilino di Attico Paradiso. “Del resto, non ci sono altri testimoni, ad aver assistito alla nostra brillante conversazione. Sai che c’è? Me ne torno a casa lo stesso. Tanto, più di così non posso bagnarmi e se mi prenderò un raffreddore, pazienza.” Brontolo, ad alta voce.

Ciò che succede poi, ha dell’incredibile: mentre muovo i primi passi sul sagrato della chiesa, la pioggia comincia a scemare. Il tempo di arrivare a casa, girare un video mentre strizzo i miei indumenti sul piatto della doccia, e il cielo si riapre. Come se nulla fosse accaduto. Una notte serena mi attende, dal punto di vista meteorologico. Non riesco a dormire, però. Un pensiero mi arrovella, anzi, un paio di domande: “Se è vero che il caso non esiste, che senso ha l’avventura che ho appena vissuto? Qual è l’insegnamento che posso trarne?” 

Nel buio e nel silenzio, la risposta arriva in un sussurro: “Luca 10:25-37”.

FORZA ADAM!

Adam, è il nome del “mio” Parroco. L’ho trovato su Facebook, nel profilo della Parrocchia di San Giorgio di Castagnola.

Mi dispiace che non abbia superato il test del Buon Samaritano. Spero tanto che la prossima volta si faccia trovare pronto. Basterebbe prendesse ispirazione dal tau che indossa: il simbolo di San Francesco D’Assisi, che esortava i suoi discepoli a predicare il Vangelo con le proprie azioni e, se fosse necessario, anche con le parole.

Detto tra noi, Don Adam ricorda tanto Don Abbondio ne “I Promessi Sposi”.




BufalTrump

Elezioni USA: perché tante bufale su Trump in l’Italia?

L’ultima di una lunga serie che rileviamo, è quella che vuol far passare Trump morbido contro l’aborto.

Che ad alcuni, forse troppi, media Italiani possa infastidire la possibile vittoria di Donald Trump alla Presidenza della Casabianca in USA, è sotto gli occhi di tutti.

Diverse volte abbiamo rilevato informazioni assai discutibili, spesso oltre il limite delle Fake, addirittura così assurde che probabilmente nemmeno i più abili comici, specialisti in burle, o i migliori interpetri di satire, quelle più sarcastiche e pungenti, avrebbero potuto creare, pur di screditare l’ex Presidente Trump, candidato alla Presidenza degli USA.

Guai, poi, a chi, avendone la possibilità perché avente diritto al voto ed essendo stato in corsa per la Presidenza, decide di ritirarsi ed appoggiarlo, magari indirizzando i propri elettori verso il candidato Trump, come ultimamente ha fatto Robert Kennedy jr, che viene epitetato con i più disparati termini.

Chissà perché e come mai nessuno si chieda il motivo di questa scelta di Kennedy, certamente forte ed impegnativa.

Ma, oramai sembra essere accertato che tutto ciò che proviene da un certo “ambiente” è giusto, ciò che invece è contrario…. Dal politicamente scorretto così viene definito dal politicamente corretto, al mondo al contrario, oramai classificato e marchiato, deve essere criticato, offeso denigrato, distrutto, ad ogni costo.

In pratica, il verbo, la verità, la giustizia, la libertà, e così via, sembra stare da una sola parte, in ogni caso contro Trump, definito da chi si ritiene di essere il bene, “il male assoluto” insieme a tutti coloro che con consapevolezza lo appoggiano e lo sostengono, media compresi.

Quindi, Trump sembra essere il contrario, il politicamente scorretto, il guerrafondaio, nonostante sia stato l’unico presidente a non innescare guerre, e nonostante interpetri al meglio il pensiero, la volontà del Suo popolo, la maggioranza degli USA, ma anche della maggioranza delle popolazioni nel mondo, compreso la maggioranza degli Italiani.

Sarà quindi la paura che Trump possa risultare vincitore, il motivo che attanaglia chi si autocelebra come colui o colei che è?

Chiediamo scusa per l’utilizzo del genere maschile e femminile, ulteriore forzatura di chi si ritiene “inclusivo…

Sono quindi numerosi i media italiani che seguono l’autocelebrazione di essere dalla parte del giusto contro Trump e lo intuiamo quando leggiamo quelle notizie che stravolgono la normale e neutra interpretazione, quale dovrebbe essere, modificando spesso il senso anche delle numerose interviste rilasciate da Trump, indicato, sotto voce e per definizione, “il Cattivo”.

Così, ci lascia perplessi la “notizia”, riportata da un autorevole e noto quotidiano che asserisce: “ben 238 repubblicani invitano a boicottare il Trumpismo e votare senza indugi la Kamala…”

Non vogliamo entrare nel merito della qualità della candidata, che, come risulta, non è nemmeno stata eletta, ma candidata da una ristretta cerchia di persone, mentre Trump, risulta largamente vincente in un democratico confronto elettorale.

L’articolo del noto ed autorevole quotidiano parla di 238 repubblicani di spessore, che hanno indirizzato una lettera ad i repubblicani moderati.

Certo, non sappiamo chi possano essere questi 238 sottoscrittori, quindi non conosciamo il peso e lo spessore di costoro, tuttavia, ribadiamo il concetto che Trump è stato eletto, e non nominato…

In più, rileviamo che di lettere che affermano o smentiscono ciò che era stata data come verità assoluta, ne annoveriamo diverse, lo testimoniano le cronache degli ultimi giorni, riferendosi a fatti accaduti in questi ultimi quattro anni, dove l’ex Presidente Trump, non era in carica, motivo per cui non gli si può attribuire nulla.

E’ di questi giorni la lettera del “patron di Facebook”, che rivela come la Casabianca abbia nel 2021, sotto la Presidenza Biden, indirizzato l’orientamento dei Social circa le informazioni su ciò che stava accadendo, censurando quella che sempre più oggi sembra essere una concreta possibile verità, allora volutamente nascosta.

Lo stesso Trump, “il Cattivo” fu escluso, censurato e bloccato dal noto social, tanto che decise di crearne uno proprio…

Però il “Cattivo” è Trump.

Addirittura, come abbiamo scritto sopra, chi appartiene al corretto, può trasformare il diritto alla vita, in diritto alla morte.

E’ il caso dell’aborto, tema assai centrale in queste ultime fasi, dove pur di conquistarsi i voti delle numerose schiere di anti abortisti, si mette tutto in discussione.

Strano, ma dobbiamo rilevare che anche il Vaticano ha preso posizioni, che definire “permissive” sembra essere un eufemismo. Sembra quasi che abbiano smarrito qualche via della ragione terrena, dimostrandosi per di più, contrari a Trump. Forse anche per loro hanno deciso di considerarlo “cattivone”?

Sono i Cristiani Statunitensi, anche quelli cattolici, forse lontani dalle posizioni Vaticane di ultima generazione, così come le varie associazioni Pro Vita, assai numerose, e portatrici di voti, che riversano la speranza affichè quelle leggi sull’aborto possano essere fermate da Trump, ricordiamo, considerato “il Cattivo”, e non implementate, così vorrebbero coloro che si definiscono “progressisti”, i buoni che sanno tutto loro.

Ed ecco quindi che, pur di far nascere il sospetto di un “tradimento” o di un voltafaccia con il fine di screditare il “cattivo” Trump, con il preciso obiettivo di sottrarre voti, creare confusione, divisione o altro, come oramai siamo abituati ad assistere, si pubblicano notizie, che asciano intendere tutto ed il contrario di tutto e che inducono il lettore a dubbie e false interpretazioni.

Fenomeno propagandistico assai noto e ben utilizzato…

Un noto quotidiano Italiano il 30 Agosto titola: “il flip flop di Trump sull’aborto: rivedere le posizioni pro life (pure sull’Obamacare).

Altro quotidiano Italiano il 26 Agosto titola: La retromarcia tattica di Trump sull’aborto può danneggiarlo.

Precedentemente un altro quotidiano, sempre Italiano il 17 luglio 2024 titola: Aborto, quella “falsa” resa del nuovo Trump moderato.

Un controsenso clamoroso ciò che riportano i quotidiani Italiani, se confrontati con la frase pronunciata in una intervista dal candidato alla Presidenza USA nelle ultime ore.

Trump: “Vogliamo più bambini”, dice Trump intervistato sul piano di pagamento della fecondazione in vitro”.

Ovvio che il tema sull’aborto non può, ne deve essere liquidato con qualche frase così buttata, vista la sua complessità, ma il clima del dibattito, imposto dai media, la dice lunga.

Riteniamo lecito chiederci il perché di questi atteggiamenti così marcatamente ostili, poco costruttivi e senza confronto ma con posizioni preconfezionate…

Non volendo entrare in questa spirale tra i buoni ed il cattivo, che lascia il tempo che trova, oltre a non portare alcun vantaggio specialmente a gli Italiani, anzi potrebbe procurare parecchi svantaggi alla nostra Nazione, per dare la possibilità ad i lettori di formarsi una loro personale idea, riportiamo tre articoli, tradotti per Vostra facilità, di tre giornali/agenzie Usa.

Per correttezza, linkiamo i siti dove troverete gli articoli originali nella loro madrelingua.

Basta inutile propaganda…

Ettore Lembo

1- Articolo di NBC News

Trump afferma che, se eletto, vuole che i trattamenti di fecondazione in vitro siano pagati dal governo o dalle compagnie assicurative

In un’intervista con la NBC News, l’ex presidente si è difeso sui diritti all’aborto e ha affermato che, se venisse eletto, la fecondazione in vitro sarebbe stata finanziata dal governo o dalle compagnie assicurative.

Di Dasha Burns , Abigail Brooks e Alexandra Marquez

POTTERVILLE, Michigan — L’ex presidente Donald Trump ha dichiarato in un’intervista rilasciata alla NBC News giovedì che, se venisse eletto, la sua amministrazione non solo proteggerebbe l’accesso alla fecondazione in vitro, ma farebbe anche in modo che il governo o le compagnie assicurative coprissero i costi di questo costoso servizio per le donne americane che ne hanno bisogno.

“Sotto l’amministrazione Trump, saremo noi a pagare per quel trattamento”, ha affermato Trump prima di aggiungere: “Imporremo che sia la compagnia assicurativa a pagare”.

Alla richiesta di chiarire se il governo avrebbe pagato i servizi di fecondazione in vitro o se lo avrebbero fatto le compagnie assicurative, Trump ha ribadito che un’opzione sarebbe stata quella di far pagare le compagnie assicurative “in base a un mandato, sì”.

L’aborto e la fecondazione in vitro sono stati passivi politici per il GOP quest’anno. I democratici hanno attaccato i repubblicani per la fecondazione in vitro negli ultimi mesi, affermando che le restrizioni all’aborto guidate dal GOP potrebbero portare a restrizioni anche sulla fecondazione in vitro.

In una dichiarazione, Sarafina Chitika, portavoce della campagna della vicepresidente Kamala Harris, ha affermato che “la piattaforma di Donald Trump potrebbe effettivamente vietare la fecondazione in vitro e l’aborto in tutto il paese” e che “poiché Trump ha annullato la sentenza Roe v. Wade, la fecondazione in vitro è già sotto attacco e le libertà delle donne sono state strappate via negli stati di tutto il paese. C’è solo un candidato in questa corsa che si fida delle donne e proteggerà la nostra libertà di prendere le nostre decisioni in materia di assistenza sanitaria: la vicepresidente Kamala Harris”.

La dichiarazione fa riferimento al linguaggio della piattaforma del GOP sul 14° emendamento nella sua sezione sulla politica sull’aborto: “Crediamo che il 14° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti garantisca che a nessuna persona possa essere negata la vita o la libertà senza un giusto processo e che gli Stati siano, pertanto, liberi di approvare leggi che proteggano tali diritti”. La piattaforma afferma in seguito specificamente che il partito sosterrà “madri e politiche che promuovono … la fecondazione in vitro”. La Corte Suprema dello stato dell’Alabama ha stabilito quest’anno che gli embrioni creati tramite fecondazione in vitro dovevano essere considerati persone, una mossa che ha portato le più grandi cliniche per la fertilità nello stato a sospendere le loro cure di fecondazione in vitro.

La posizione di Trump potrebbe metterlo in contrasto con i sostenitori del diritto all’aborto, che si oppongono ad alcune parti del processo di fecondazione in vitro che comportano lo scarto di embrioni inutilizzati.

Attualmente, poche persone hanno piani assicurativi che coprono trattamenti per la fertilità come la fecondazione in vitro, lasciando molte coppie a pagare di tasca propria gli alti costi del trattamento. Il Department of Health and Human Services stima il costo per paziente per un ciclo di fecondazione in vitro a $ 20.000.

La Society for Assisted Reproductive Technology afferma che le cliniche affiliate hanno eseguito 389.993 cicli di fecondazione in vitro nel 2022. A un costo di circa $ 20.000 a testa, ciò ammonterebbe a $ 7,8 miliardi per quell’anno.

Tuttavia, un numero crescente di datori di lavoro ha iniziato a offrire benefit per la fertilità nell’ultimo decennio. Alcuni pagano importi fissi dei costi dei pazienti, mentre altri hanno massimali a vita di determinati numeri di cicli.

Il senatore JD Vance dell’Ohio, compagno di corsa di Trump, ha parlato in una recente intervista separata alla NBC News della sua “frustrazione per il fatto che i diritti riproduttivi siano un insieme di cose pro-famiglia in cui i repubblicani sono molto più bravi dei democratici. E i media si concentrano sempre sull’aborto. Ma, sapete, abbiamo fatto molte cose per cercare di promuovere i trattamenti per la fertilità alle persone che hanno difficoltà con questo problema”.

La posizione di Trump sulla fecondazione in vitro è l’ultimo esempio in cui affronta le critiche alla sua amministrazione presidenziale attraverso le proposte politiche della campagna del 2024. Dopo che i democratici si sono lamentati del fatto che il suo piano fiscale del 2017 favorisse i ricchi, ha annunciato che se fosse stato eletto di nuovo, avrebbe eliminato le tasse sulle mance per i lavoratori dei servizi.

Ora, mentre lui e altri repubblicani vengono criticati per aver sostenuto i giudici della Corte Suprema che hanno condannato Roe, Trump propone di proteggere la fecondazione in vitro e di affrontarne i costi.

Trump non ha detto esplicitamente nell’intervista come avremmo votato su una misura elettorale nel suo stato d’origine, la Florida, che garantirebbe il diritto all’aborto fino alla vitalità del feto, che è di circa 24 settimane di gravidanza. Ha ripetuto la sua critica sul fatto che l’attuale limite di sei settimane per l’aborto in Florida, firmato dal governatore Ron DeSantis, è “troppo breve”. Trump ha aggiunto: “Deve essere più tempo”.

Incalzato su come voterà a novembre, ha detto: “Voterò che abbiamo bisogno di più di sei settimane”.

In risposta alle domande della NBC News che chiarivano il significato di questa affermazione in merito al voto di Trump sulla proposta di legge della Florida, il consigliere senior Jason Miller ha affermato che Trump non ha ancora rivelato se sosterrà l’emendamento.

Trump ha a lungo oscillato sull’aborto prima di arrivare alla sua posizione attuale, secondo cui la questione dovrebbe essere di competenza degli stati. Come presidente, prima che la sentenza Roe contro Wade venisse annullata, una volta esortò il Senato ad approvare un divieto di aborto di 20 settimane. Dopo aver lasciato l’incarico, celebrò la decisione della Corte Suprema di annullare la sentenza Roe e il diritto nazionale all’aborto, arrivando a un certo punto a dire “Sono stato in grado di uccidere la sentenza Roe contro Wade”, in un post sui social media .

Ma quest’anno, man mano che la corsa alla presidenza prendeva forma, si è allontanato sempre di più dagli altri repubblicani sulla questione, soprattutto perché l’aborto è emerso come una questione chiave per Harris e i suoi alleati.

In un discorso tenuto alla convention democratica la scorsa settimana, Harris ha affermato che Trump e Vance erano “fuori di testa” e li ha accusati di voler “vietare l’aborto farmacologico e promulgare un aborto a livello nazionale”.

Nell’intervista, Trump ha affermato a proposito della politica sull’aborto che “le eccezioni sono molto importanti per me”, aggiungendo in seguito: “Credo nelle eccezioni per la vita della madre… incesto, stupro”.

Giovedì Trump ha anche respinto le critiche alla sua visita al Cimitero nazionale di Arlington di lunedì, dicendo che una famiglia “mi ha chiesto se mi sarei alzato o meno per una foto sulla tomba del loro caro che non sarebbe dovuto morire”.

Ha detto che non è stato lui a scattare la foto, aggiungendo: “Mentre ero lì, non ho chiesto una foto. Mentre ero lì, mi hanno chiesto, ‘Signore, potremmo fare una foto alla tomba?'”

La campagna di Trump è stata criticata questa settimana dopo che sono emerse delle segnalazioni secondo cui un membro dello staff di Trump ha “bruscamente spinto da parte” un membro dello staff del cimitero che aveva cercato di impedire a Trump e ad altri di scattare foto e girare video nella Sezione 60 del cimitero nella periferia di Washington, in Virginia, dove sono sepolti i militari uccisi in Iraq e Afghanistan e dove le riprese sono solitamente proibite.

Trump ha anche attaccato duramente Harris in materia di immigrazione e sicurezza delle frontiere, riprendendo il suo solito linguaggio in merito al crescente numero di migranti entrati nel Paese negli ultimi anni.

“Il nostro Paese sta andando all’inferno. Non ci siamo mai trovati in una situazione come questa”, ha detto, aggiungendo: “Non c’è mai stato un Paese che sia stato invaso come lo siamo stati noi. E penso che questo da solo faccia loro perdere le elezioni”

Link originale

https://www.nbcnews.com/politics/donald-trump/trump-says-wants-make-ivf-treatments-paid-government-insurance-compani-rcna168804

2- Articolo della BBC

Trump afferma che l’assicurazione o il governo dovrebbero pagare la fecondazione in vitro

Massimo Matza

Notizie della BBC

“Vogliamo più bambini”, dice Trump sul piano di pagamento della fecondazione in vitro”

Il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump ha dichiarato che, se tornerà alla Casa Bianca, i trattamenti di fecondazione in vitro (FIV) saranno pagati dalle compagnie assicurative o dal governo.

“Sono sempre stato a favore della fecondazione in vitro. Fin dall’inizio, non appena ne abbiamo sentito parlare”, ha detto giovedì alla NBC News.

La nuova promessa della campagna elettorale arriva dopo che la sua rivale democratica, la vicepresidente Kamala Harris, e altri membri del suo partito hanno affermato che le restrizioni all’aborto promosse dai repubblicani in alcuni stati potrebbero minacciare ulteriormente l’accesso ai trattamenti per la fertilità.

L’annuncio di Trump potrebbe metterlo in contrasto con alcuni attivisti conservatori anti-aborto che vogliono vietare la fecondazione in vitro perché comporta lo scarto di embrioni umani inutilizzati.

Ma ha confermato il suo impegno per il nuovo incarico giovedì, in un’intervista alla NBC.

“Sotto l’amministrazione Trump, saremo noi a pagare per quel trattamento”, ha detto Trump al notiziario. “O imporremo che sia la compagnia assicurativa a pagare”.

I trattamenti di fecondazione in vitro possono essere molto costosi, spesso intorno ai 20.000 $ (15.000 £) a ciclo, e raramente sono coperti dall’assicurazione negli Stati Uniti. Trump non ha spiegato come funzionerebbe questa nuova politica o come verrebbe messa in atto.

La campagna di Harris-Walz ha prontamente reagito alla nuova posizione politica dell’ex presidente, accusandolo della decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di annullare lo storico caso sull’aborto del 1973, Roe contro Wade, che ha eliminato il diritto nazionale all’aborto.

I governi statali possono ora decidere l’accesso degli americani all’aborto e almeno 14 di essi hanno vietato o imposto severe restrizioni alla procedura.

“Poiché Trump ha annullato la sentenza Roe contro Wade, la fecondazione in vitro è già sotto attacco e le libertà delle donne sono state violate in tutti gli stati del Paese”, ha affermato la portavoce della campagna di Harris, Sarafina Chitika, in risposta ai commenti di Trump di giovedì.

Trump si è già vantato di aver nominato tre dei sei conservatori della Corte Suprema che hanno sostenuto l’annullamento della legge sull’accesso all’aborto.

“Sono riuscito a far fallire la sentenza Roe v Wade”, ha scritto online l’ex presidente nel maggio 2023.

Ma Trump ha tentato di prendere le distanze dal suo comportamento in materia di aborto, mentre Harris sfrutta le preoccupazioni degli elettori su come i repubblicani potrebbero influenzare i diritti riproduttivi.

Nella sua intervista, Trump, residente in Florida, ha anche affermato che intende votare contro una proposta di legge dello Stato della Florida che proibirebbe l’aborto dopo sei settimane, con alcune eccezioni.

“Penso che il [divieto] di sei settimane sia troppo breve. Ci deve essere più tempo”, ha detto. “Voterò che abbiamo bisogno di più di sei settimane”.

A febbraio la fecondazione in vitro è diventata il nuovo fulcro politico del dibattito americano sull’accesso all’aborto.

Fu allora che la Corte Suprema dell’Alabama, controllata dai repubblicani, stabilì che gli embrioni congelati creati tramite fecondazione in vitro sono considerati bambini secondo la legge statale.

All’epoca, Trump aveva invitato i legislatori dell’Alabama a “trovare rapidamente una soluzione immediata per preservare la disponibilità della fecondazione in vitro in Alabama”. A marzo avevano approvato una legge a tutela della fecondazione in vitro.

La sentenza ha rappresentato un vero grattacapo politico per i repubblicani, costringendo diversi leader a rilasciare dichiarazioni di opposizione alla sentenza dell’Alabama, che avrebbero potuto danneggiare le loro prospettive in un anno elettorale.

Il quarantadue percento degli americani ha utilizzato trattamenti di fecondazione in vitro o ha conosciuto qualcuno che lo ha fatto, secondo un sondaggio Pew dell’anno scorso. Questa percentuale aumenta con l’aumento dei guadagni: il 45% tra gli americani con redditi medi e il 59% per quelli con redditi elevati.

È più probabile che si tratti di americani bianchi che votano repubblicano e molti di loro sono coloro che Trump spera di riportare in politica dopo aver perso il loro sostegno nel 2020.

Giovedì Trump ha informato i suoi sostenitori del suo nuovo incarico durante un comizio nel Michigan.

“Il vostro governo pagherà, o la vostra compagnia assicurativa sarà obbligata a pagare, tutti i costi associati al trattamento di fecondazione in vitro”, ha affermato.

Ma giovedì sera i democratici hanno continuato a respingere l’idea che l’amministrazione Trump possa adottare una politica del genere.

“Gli americani hanno visto con i propri occhi come Donald Trump ha annullato la sentenza Roe v Wade e ha spianato la strada agli estremisti repubblicani Maga per limitare la fecondazione in vitro e approvare crudeli divieti di aborto in tutto il Paese, danneggiando donne e famiglie”, ha affermato in una nota la portavoce del Comitato nazionale democratico Aida Ross.

“Quando gli elettori si recheranno alle urne questo novembre, voteranno per la coppia Harris-Walz per proteggere le nostre libertà, non per l’assalto totale ai nostri diritti fondamentali da parte di Trump e Vance”.

Link per Fonte originale

https://www.bbc.com/news/articles/clyg1rlnywyo

3- Articolo APNews

Trump chiede la copertura universale del trattamento di fecondazione in vitro senza fornire dettagli su come funzionerebbe il suo piano

Di JOEY CAPPELLETTI , THOMAS BEAUMONT e JILL COLVIN

POTTERVILLE, Michigan (AP) — L’ex presidente Donald Trump ha affermato che, se dovesse vincere un secondo mandato, vorrebbe rendere la fecondazione in vitro gratuita per le donne, ma non ha specificato come finanzierebbe il suo piano o come funzionerebbe esattamente.

“Oggi, in una dichiarazione importante, annuncio che sotto l’amministrazione Trump, il vostro governo pagherà — o la vostra compagnia assicurativa sarà obbligata a pagare — tutti i costi associati al trattamento di fecondazione in vitro”, ha detto durante un evento in Michigan. “Perché vogliamo più bambini, per dirla in modo carino”.

I trattamenti di fecondazione in vitro sono notoriamente costosi e possono arrivare a costare decine di migliaia di dollari per un singolo ciclo. Molte donne necessitano di più cicli e non c’è garanzia di successo.

L’annuncio arriva mentre Trump è stato duramente criticato dai democratici per il suo ruolo nella nomina dei giudici della Corte Suprema che hanno ribaltato la sentenza Roe contro Wade, ponendo fine al diritto costituzionale all’aborto nel paese. La decisione ha portato a un’ondata di restrizioni negli stati guidati dai repubblicani, tra cui proposte che hanno minacciato l’accesso alla fecondazione in vitro cercando di definire la vita come un inizio al concepimento. La fecondazione in vitro si basa sulla creazione di più embrioni, alcuni dei quali potrebbero essere distrutti.

Si prevede che l’aborto sarà una delle principali motivazioni per i democratici e le donne questo novembre, ed è stato uno dei temi dominanti della convention nazionale del partito la scorsa settimana, incluso il discorso della vicepresidente Kamala Harris in occasione dell’accettazione della candidatura del suo partito.

In risposta, Trump ha cercato di presentarsi come più moderato sulla questione, arrivando addirittura a dichiararsi “molto forte sui diritti riproduttivi delle donne”.

In un’intervista rilasciata alla NBC prima dell’evento , Trump ha anche lasciato intendere che avrebbe votato a favore dell’abrogazione del divieto di aborto dopo sei settimane in Florida, che limita la procedura prima ancora che molte donne sappiano di essere incinte.

Trump, nell’intervista, non ha detto esplicitamente come intende votare sulla misura elettorale questo autunno. Ma ha ripetuto le sue critiche passate secondo cui la misura, firmata in legge dal governatore repubblicano Ron DeSantis l’anno scorso, è troppo restrittiva.

“Penso che sei settimane siano troppo poche. Ci vuole più tempo”, ha detto. “Voterò che abbiamo bisogno di più di sei settimane”.

In precedenza, Trump aveva definito la decisione di DeSantis di firmare il disegno di legge un “terribile errore”.

La portavoce della campagna di Trump, Karoline Leavitt, ha dichiarato in una dichiarazione dopo il raduno di giovedì che Trump “non ha ancora detto come voterà sull’iniziativa referendaria in Florida” nota come Emendamento 4 e che “ha semplicemente ribadito che ritiene che sei settimane siano troppo poche”.

Ciononostante, i suoi commenti hanno suscitato la reazione immediata di coloro che si oppongono al diritto all’aborto, tra cui Marjorie Dannenfelser, presidente di Susan B. Anthony Pro-Life America, che ha affermato di aver parlato con Trump dopo il suo discorso.

“Non si è impegnato su come voterà sull’emendamento 4. Il presidente Trump si è sempre opposto agli aborti dopo cinque mesi di gravidanza. L’emendamento 4 consentirebbe l’aborto oltre questo punto. Votare per l’emendamento 4 mina completamente la sua posizione”, ha detto, aggiungendo che “chiunque creda nel tracciare una linea diversa” deve comunque “votare contro l’emendamento 4, a meno che non voglia affatto una linea”.

Nel suo discorso, Trump ha anche affermato che, se vincesse, le famiglie potranno dedurre dalle tasse le spese per la cura dei neonati.

“Siamo a favore della famiglia”, ha affermato.

Trump ha sostenuto molteplici posizioni contrastanti sull’aborto nel corso degli anni. Dopo aver brevemente considerato di sostenere un potenziale divieto di 15 settimane sulla procedura a livello nazionale, ha annunciato ad aprile che la regolamentazione dell’aborto dovrebbe essere lasciata agli stati.

Nei mesi successivi, ha ripetutamente rivendicato il merito del suo ruolo nell’annullamento della sentenza Roe e l’ha definita “una cosa meravigliosa da vedere” mentre gli stati stabilivano le proprie restrizioni.

Trump, tuttavia, ha anche affermato di non sostenere un divieto nazionale sull’aborto e, nel fine settimana, il suo compagno di corsa, il senatore dell’Ohio JD Vance, ha affermato che avrebbe posto il veto a tale legislazione se fosse finita sulla sua scrivania.

“Il punto di vista di Donald Trump è che vogliamo che siano i singoli stati, le loro culture individuali e le loro sensibilità politiche uniche a prendere queste decisioni perché non vogliamo avere un conflitto federale senza sosta su questa questione”, ha detto Vance al programma “Meet the Press” della NBC.

Trump si è espresso per la prima volta a favore della fecondazione in vitro a febbraio, dopo che la Corte Suprema dello Stato dell’Alabama ha stabilito che gli embrioni congelati possono essere considerati bambini secondo la legge statale, sospendendo brevemente il trattamento e scatenando una reazione nazionale.

Da allora Trump ha affermato che il partito repubblicano è un “leader” sulla questione, anche se almeno 23 progetti di legge volti a stabilire la personalità fetale sono stati presentati in 13 stati finora in questa sessione legislativa, secondo il Guttmacher Institute, un gruppo di ricerca che supporta i diritti all’aborto. Quel tipo di legislazione, che afferma che la vita inizia al concepimento, potrebbe mettere a repentaglio i trattamenti per la fertilità che comportano la conservazione, il trasporto e la distruzione degli embrioni.

A giugno i repubblicani del Senato hanno bloccato una legge che avrebbe reso un diritto in tutto il paese per le donne accedere alla fecondazione in vitro e ad altre tecnologie riproduttive e che avrebbe inoltre reso i trattamenti più accessibili, obbligando i piani assicurativi sponsorizzati dai datori di lavoro e altri piani assicurativi pubblici a coprire i trattamenti per la fertilità.

La fecondazione in vitro può costare decine di migliaia di dollari tra visite mediche, farmaci e interventi chirurgici e non è coperta da molte assicurazioni sanitarie.

Trump in generale si è opposto a vari tipi di mandati federali e inizialmente si è candidato contro l’Affordable Care Act, noto anche come Obamacare, che includeva disposizioni popolari come la protezione per le persone con problemi di salute preesistenti.

In una dichiarazione, la campagna di Harris ha affermato che non si può credere a Trump.

“Trump mente tanto quanto respira, se non di più, ma gli elettori non sono stupidi”, ha affermato Sarafina Chitika, portavoce di Harris-Walz 2024. “Poiché Trump ha ribaltato la sentenza Roe contro Wade, la fecondazione in vitro è già sotto attacco e le libertà delle donne sono state strappate via negli stati di tutto il paese. C’è solo un candidato in questa corsa che si fida delle donne e proteggerà la nostra libertà di prendere le nostre decisioni in materia di assistenza sanitaria: la vicepresidente Kamala Harris”.

Jessica Mackler, presidente di EMILYs List, che si impegna per eleggere donne che sostengono il diritto all’aborto, ha definito la proposta di Trump “insincera e poco seria”.

“Lui sa quanto siano impopolari gli attacchi del GOP ai trattamenti per la fertilità, e i suoi commenti sono un disperato stratagemma per distrarre dal fatto che lui e il suo partito hanno distrutto la libertà riproduttiva”, ha aggiunto il presidente e CEO di Reproductive Freedom for All, Mini Timmaraju.

Trump ha fatto l’annuncio della fecondazione in vitro durante una svolta della sua campagna elettorale in Michigan e Wisconsin, affermando di essere fortemente concentrato sulla riconquista dopo averli vinti nel 2016, ma di aver perso di misura entrambi gli stati nel 2020.

La prima tappa di Trump è stata la Alro Steel di Potterville, nel Michigan, vicino alla capitale dello stato Lansing, dove si è scagliato contro l’amministrazione Biden in merito all’inflazione.

“Kamala ha reso la vita della classe media inaccessibile e invivibile e io renderò di nuovo accessibile l’America”, ha affermato.

In seguito, Trump si è recato a La Crosse, nel Wisconsin, per un’assemblea cittadina moderata dall’ex deputata Tulsi Gabbard, ex democratica che all’inizio di questa settimana ha appoggiato il candidato del GOP.

Gabbard ha aperto il town hall parlando del suo percorso di fecondazione in vitro, delle iniezioni che si è fatta nei bagni degli aeroporti e del dolore per i trasferimenti di embrioni falliti. Sebbene i trattamenti alla fine non abbiano funzionato per lei, ha applaudito la proposta di Trump.

“Non posso dirvi quanto cambierebbe la vita di così tante famiglie”, ha affermato.

Si trattava della sua prima visita nello Stato dopo la Convention nazionale repubblicana di Milwaukee, conclusasi pochi giorni prima del ritiro di Biden dalla corsa e iniziata dopo che Trump era sopravvissuto a un tentativo di assassinio durante un comizio in Pennsylvania.

Il Michigan, il Wisconsin e la Pennsylvania, che Trump visiterà di nuovo venerdì, fanno parte del cosiddetto blocco del “muro blu” degli stati industriali del nord, che i democratici hanno conquistato per due decenni prima che Trump li vincesse nel 2016.

Link per articolo in originale

https://apnews.com/article/trump-michigan-wisconsin-harris-battleground-campaign-0583faabae5e36000baa18c7b2bea752#



Dante tutti lo vogliono, qualcuno lo rivuole…

 

Una notizia apparsa sui mezzi di informazione alla vigilia di Ferragosto, riportava – cito testualmente dallo ‘strillo’ – “L’accorato appello di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, di riavere il busto di Dante apposto sulla facciata dell’Arsenale…” di Venezia

Lo dico con franchezza, la notizia – ufficiale e riconducibile a una ‘accorata’ esternazione di un vicesindaco la cui origine è certamente italiana, e che in loco rappresenta proprio le sensibilità e le possibili istanze della minoranza Italiana di Pola – ha suscitato in me una certa curiosità ma anche sorpresa e meraviglia.      

Ammetto che – per rinfrescare la memoria – sono riandato indietro all’immediatezza di un dopoguerra più che sfortunato per le popolazioni Italiane di Nord-Est, e in particolar modo quelle di Istriani, Fiumani e Dalmati, ricche di amor patrio e di un forte radicamento alle tradizioni, ai ricordi, alle fatiche, spese per generazioni nel segno di una schietta italianità. Eh sì! Perché è impossibile non ricordare che proprio quelle terre – e come non ricordare anche le questioni e le tensioni legate alle nostre amate e italianissime città di Trento e Trieste – costituirono momento di vero e proprio cruento baratto tra gli Alleati vincitori della II° Guerra Mondiale e il tetro regime che in Jugoslavia era sottoposto a Josip Tito e ai suoi esecutori, qual era Milovan Dilas.   Come non ricordare la vera e propria persecuzione etnica che subirono pesantemente e drammaticamente gli Italiani che risiedevano in quelle terre, e i cui uomini avevano versato il loro sangue per l’Italia: come non ricordare il cruento, canagliesco, sterminio – il numero degli Italiani allora uccisi pecca tuttora per difetto – degli Italiani di tutte le età infoibati per mano di bande e militari Jugoslavi, uccisi sì per feroce odio etnico ma anche per derubare quella povera gente di terre, case e beni personali, costringendola all’esilio.  Bande cui si unirono, con pari efferatezza, anche miserabili, infami, Italiani: altrettanto violenti, ladri e sanguinari, che forti della forza delle armi e vantando spesso la loro dichiarata appartenenza a bande pseudo-partigiane, saccheggiavano, stupravano ferocemente, uccidevano senza pietà, anche consumando vendette per antiche invidie o rancori prescindendo così da altre motivazioni di tipo etnico e/o politico.                                                           

Nel rispolverare vecchi testi, ho ritrovato il Trattato Dini-Granic – “Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti delle Minoranze;  Zagabria, 5 novembre 1996” – che all’Art. 3 recita “Tenendo conto dei documenti internazionali rilevanti accennati nel preambolo, la Repubblica di Croazia, nell’ambito del suo territorio, si impegna ad accordare alla minoranza italiana l’uniformità di trattamento nel proprio ordinamento giuridico al più alto livello acquisito; questa unitarietà può essere acquisita attraverso l’estensione graduale del trattamento accordato alla minoranza italiana nella ex zona ‘b’ sul territorio della repubblica di Croazia tradizionalmente abitato dalla minoranza italiana e dai suoi membri”.         

Leggendone, mi è sorta una domanda: l’esternazione con toni ‘accorati’ di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, intesa a ottenere in restituzione’ del busto di Dante, allora portato in Italia dai profughi e oggi collocato in una nicchia sulla facciata dell’Arsenale a Venezia, al pari di ogni azione della vita quotidiana, ha delle motivazioni: ma di quale tipo? Credo poco a una boutade personale: quindi, l’antico quesito cui prodest si pone, proprio per voler risalire alle pulsioni che possano aver mosso il vicesindaco Cergnul a formulare la particolare richiesta, fors’anche potenziale causa del possibile rinfocolarsi di polemiche e idonea a riaccendendo dolori mai sopiti.   

Lo ha fatto per motivazioni squisitamente di tipo ‘culturale’? Come “stava qui” e “qui“ deve tornare? Voglia cortesemente chiarirlo.                                  

Lo ha fatto per motivazioni ideologiche, fors’anche di segno politico, personali e/o collettive? Anche in questo caso, voglia cortesemente chiarirlo.                                

Lo ha fatto per una motivazione di tipo sociale, o per captare la possibile benevolenza di una qualche ‘parte’? Sia cortese nel chiarirlo.

In ogni caso, di norma, per aderire a una qualsiasi richiesta, è buona norma verificarne lo spessore e le reali motivazioni che possano rendere il richiedente credibile e meritevole di attenzione, piuttosto che i contenuti della richiesta stessa; nel particolare, una tematica fatta di pesi e contrappesi: impossibili da ignorare.           

Proprio riandando all’Art.3 sopra menzionato è notorio – e il vicesindaco, proprio perché rappresentante in loco della minoranza italiana, non può non sapere – che proprio alcune parti essenziali dello stesso siano tuttora disattese, e non certo da parte Italiana.                                                                          

Ad esempio sono cadute nel vuoto le richieste di parte Italiana di dar luogo a una doppia toponomastica tanto negli atti istituzionali che nelle cartine; l’utilizzo anche della lingua Italiana nelle indicazioni descrittive dei luoghi di interesse turistico e naturalistico; l’applicazione della legge croata che stabilisce ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica di Croazia’, come pure per quanto riguarda l’applicazione concreta delle ‘modello C’, ovverosia ‘l’insegnamento viene svolto in Lingua croata, ma un monte ore che può variare da due a cinque ore settimanali viene dedicato all’insegnamento della Lingua e della cultura della minoranza nazionale nello specifico Lingua e letteratura, geografia, storia, arte musicale, arte figurativa’, che – è di tutta evidenza – includa l’utilizzo e il rispetto della lingua italiana (cfr. Fiume 6-1-2017, comunicaz. della Unione Italiana dal titolo ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica Croazia’; cfr. intervento 7-12-2016 del Presidente della ‘Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati’, dr. Antonio Ballarin, nel corso delle cerimonie per la ‘Celebrazione dei 25 anni dell’Unione Italiana ed i 20 anni del Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti minoritari’).                                      

Quindi, parlando un linguaggio piano e rispettoso verso il vicesindaco, chiederei se sia per lui ‘normale’ o meno formulare richieste pretendendone attenzione e soddisfazione, mentre da controparte Croata molte e più serie inadempienze di Atti ufficiali, formali e istituzionali, restano irrisolte: nonostante il trascorrere del tempo.      

E ancora: se i profughi Italiani nell’abbandonare le loro case e le loro cose, ritennero di portare con sé ‘quel’ busto di Dante fu perché esso era testimonianza di cultura, patria e di libertà, Italiane: in esso fu anche riposto simbolicamente lo stesso affetto che si rivolge a un familiare, a un parente, trasmettendolo di mano in mano mettendolo così in salvo da mani diversamente degne. Proprio la raffigurazione di Dante Alighieri, tra i massimi rappresentanti della Cultura e della Storia Italiane, che non si poteva lasciare nelle mani di chi tale Storia, tale Cultura, tale respiro antico, non rispettava e anzi offendeva e combatteva aspramente.  E ritengo che queste considerazioni – proprio alla luce delle motivazioni relative alla perdurante e tenace inappliccazione di parte delle intese istituzionali tra Italia e Croazia – abbiano mantenuto la propria attualità.           

La stessa impossibilità si riverbera sul rilascio di una eventuale copia proprio di ‘quel’ busto di Dante. Dall’originale dovrebbe ricavarsi un calco da poter lavorare: ma il calco, a contatto con l’originale, ne trarrebbe un quid di immateriale ma esistente: un pezzo dello spirito di quella scultura, se vogliamo. Uno spirito meno peregrino di ciò che possa sembrare. La scultura in questione, così come ogni opera d’Arte, ha in sé la scintilla creativa dell’Artista che la concepì, e tale scintilla permea la scultura stessa.  L’Artista in questione fu lo scultore – ma anche pittore, deputato, Direttore e Professore presso il Regio Istituto di Belle Arti di Roma – Ettore Ferrari: lo stesso dalle cui mani capaci ebbe vita anche la Statua di Giordano Bruno, collocata tuttora a Campo de’ Fiori, a Roma.   Ferrari – i cui valori erano e sono ben noti, essendo stati improntati nel segno degli Ideali di Tolleranza, Libertà e Fraternità – realizzò per la Città di Pola, un busto dedicato a Dante Alighieri, dando così testimonianza e corpo ancorché simbolico ad alcuni celebri versi danteschi “Sì come a Pola presso del Quarnaro / Che Italia chiude e i suoi termini bagna.”. (cfr. Inferno, Canto IX, versi 113, 114).              

Certamente, anche l’Artista non avrebbe accettato né gradito – né lo farebbe ora – che la sua opera, con tutto ciò che in essa fosse ed è tuttora riposto e rappresentato, non fosse più nelle mani di coloro cui essa era stata solennemente destinata e quindi consegnata: autentici Italiani, dignitosi e di forte personalità, e non certo gente da ‘poco’.  Opera Italiana, di uno scultore Italiano, fatta per la comunità di Italiani residenti allora a Pola, rappresentante anche un Autore e una Cultura unicamente Italiani.    

Egregio vicesindaco, se permette un sommesso e rispettoso suggerimento; se proprio dovesse accontentarsi di un calco, ma non di ‘quel’ calco, non è meglio comprare un oggetto similare da qualche parte in uno dei negozi lì presenti? Potrà così dire ‘è mio’, è ‘nostro’, anche con enfasi: lo avrà acquistato con i suoi mezzi, e sarebbe veramente e totalmente ‘suo’. E se lo volesse potrà ancor più adoperarsi, con l’usuale vigore che le gocce di sangue Italiano che scorrono nelle sue vene certamente le danno, a far sì che proprio la minoranza italiana presente a Pola, possa lì godere appieno dei propri diritti.                                           

E ciò con buona pace di Dante Alighieri, di Ettore Ferrari e delle sensibilità, affatto irrilevanti, di quanti allora subirono offese e violenze inenarrabili, e che dovettero abbandonare terre, case e oggetti di famiglia, ma che non vollero abbandonare il loro simbolo di cultura e italianità, in territorio e in mani non italiane, fors’anche insanguinate.

Roma, 30 Agosto 2024

Accademia di Alta Cultura                                                                                 Il Presidente        

Giuseppe Bellantonio

 

ripreso da https://accademiadialtacultura.blogspot.com/2024/08/perche-usare-litalianissimo-simbolo-di.html




Agosto moglie mia non ti conosco…

Riceviamo, da un nostro attento lettore, questo simpatico articolo che ci riporta a tempi che furono e che oggi volentieri ricordiamo, o forse vorremmo che i nostri figli e nipoti potessero vivere.
Un mondo più spensierato, con tanti problemi? Si, ma a dimensione d’uomo e dove L’essere umano era al centro…
Grazie Daniele Lettina.
Ettore Lembo

Buongiorno ed un weekend rilassante a te e famiglia. ⛱️☀️

C’era una volta la vacanza estiva che durava dai due ai tre mesi. Aveva un nome obsoleto ed in disuso, “la villeggiatura”. Tanti partivano addirittura ad inizio giugno od ai primi di luglio e tornavano a metà settembre. L’ autostrada era una fila di Fiat 850, 600, 1100, 127, 500 e 128, Maggiolini e Prinz. Non era guardato affatto chi aveva la Bmw la Mercedes o l’Audi, perché gli status symbol allora non esistevano. Era tutto piu’ semplice e piu’ vero. La vacanza durava talmente tanto che avevi la nostalgia di tornare a scuola e di rivedere gli amici del tuo quartiere, ed al ritorno non ricordavi quasi più dove abitavi. La mattina in spiaggia la 100 lire per sentire le canzoni dell’estate nel juke box o per comprare pizza rossa e gazzosa Albanesi. Il venerdì chiudevano gli uffici e tutti i papà partivano e venivano per stare nel fine settimana con le famiglie. Si mandavano le cartoline che arrivavano ad ottobre ma era un modo per augurare “buone vacanze da…” ad amici e parenti. Malgrado i 90 giorni ed oltre di ferie, l’Italia era la terza potenza mondiale, le persone erano piene di valori e il mare era pulito. Dalla riva stelle e cavallucci marini. Si era felici, si giocava tutti insieme, eravamo tutti uguali e dove mangiavano in quattro mangiavano anche in sei. Il cocomero veniva tenuto al fresco su una tinozza di plastica che si usava per lavare i panni. Nessuno aveva da studiare per l’estate e l’unico problema di noi ragazzi era quello di come trascorrere il tempo. Il 15 agosto arrivavano i gavettoni ed il 16 arrivava il primo temporale e la sera ci voleva il maglioncino perche’ era piu’ fresco. Vendevo i giornali in spiaggia da quando avevo 7 anni ed era un gioco parlare con mio fratello al walkie tolkie per ordinare i giornali richiesti dai villeggianti e consegnati velocemente con il nostro Ciao della Piaggio. A volte nell’attesa del cliente, leggevo Zagor, Tex, Capitan Miky, Intrepido, Monello e le ristampe di Diabolik. Le ragazze acquistavano fotoromanzi con Franco Gasparri. A Settembre, tornava la normalità ed ad Ottobre si tornava a scuola, la vita riprendeva, l’Italia cresceva e il primo tema in classe era
sempre “Descrivi la tua vacanza”
Come passa il tempo. Fortunati che abbiam vissuto così!

📻https://youtu.be/F1dUvfNvlnE🎶

Daniele Lettina




FEUDALITA’ DIGITALE

Viviamo in un’epoca in cui il potere è sempre più concentrato nelle mani di poche grandi compagnie tecnologiche, e questo fenomeno rappresenta una minaccia reale e tangibile per la democrazia e la libertà individuale. I social media, nati come strumenti per connettere le persone e democratizzare l’informazione, si sono evoluti in piattaforme che detengono un controllo senza precedenti sulla comunicazione globale. Questo controllo, se non adeguatamente regolamentato, rischia di alienare i cittadini dalla realtà e di manipolare profondamente le loro percezioni, i loro comportamenti e persino i loro valori.

La Concentrazione del Potere: Un Ritorno alla Feudalità … Digitale

Nel corso della storia, ogni volta che il potere si è concentrato nelle mani di pochi, le conseguenze per la società sono state disastrose. Monarchie assolute, oligarchie e dittature hanno tutte dimostrato che quando il potere non è distribuito equamente, la libertà e i diritti dei cittadini sono i primi a essere sacrificati. Oggi, la concentrazione del potere non avviene più attraverso la forza militare o il controllo diretto del territorio, ma attraverso il controllo delle informazioni e dei dati.

Le grandi compagnie tecnologiche come Google, Facebook e Amazon non solo dominano il mercato economico, ma esercitano anche un’influenza sproporzionata sulla società. Controllano le piattaforme su cui comunichiamo, i motori di ricerca che utilizziamo per ottenere informazioni e persino i mercati in cui acquistiamo beni e servizi. Questo nuovo tipo di “feudalità digitale” mette a repentaglio la nostra capacità di agire come cittadini liberi e informati.

L’Alienazione dei Cittadini: Una Nuova Forma di Controllo Sociale

Karl Marx parlava di alienazione per descrivere la condizione dei lavoratori nel sistema capitalistico, dove essi erano distaccati dal prodotto del loro lavoro e dalla loro stessa umanità. Oggi, questa alienazione si manifesta su scala ancora più ampia attraverso i social media. Le piattaforme digitali, progettate per massimizzare l’engagement e i profitti, manipolano costantemente le nostre emozioni e decisioni, allontanandoci dalla realtà e immergendoci in un mondo costruito su misura per i nostri pregiudizi e desideri più superficiali.

L’algoritmo che decide cosa vediamo sui nostri feed è invisibile, ma incredibilmente potente. Non siamo noi a scegliere cosa leggere, guardare o ascoltare: sono le piattaforme a farlo per noi, basandosi su ciò che cattura maggiormente la nostra attenzione, spesso a scapito della verità e della qualità dell’informazione. Questo porta a una polarizzazione delle opinioni, in cui le persone sono sempre più chiuse nelle loro “bolle di filtraggio”, incapaci di confrontarsi con idee diverse dalle proprie.

L’Effetto Psicologico: Isolamento e Ansia

L’alienazione causata dai social media non è solo intellettuale, ma anche emotiva. Studi hanno dimostrato che l’uso intensivo dei social media è correlato a un aumento dei livelli di ansia, depressione e solitudine, soprattutto tra i giovani. L’ossessione per i “like”, i follower e l’approvazione virtuale crea una dipendenza psicologica che può erodere l’autostima e il senso di sé. Le persone finiscono per misurare il loro valore personale in base a metriche superficiali, perdendo di vista ciò che realmente conta: le relazioni autentiche, la crescita personale e il contributo positivo alla società.

La Manipolazione della Percezione della Realtà

Un altro aspetto preoccupante è la capacità dei social media di manipolare la percezione della realtà. Le fake news, la disinformazione e i contenuti sensazionalistici si diffondono rapidamente, creando una versione distorta del mondo. Questa manipolazione non è sempre intenzionale, ma è il risultato di un sistema che premia l’engagement e il tempo di visualizzazione, piuttosto che la veridicità e l’integrità dell’informazione. Quando milioni di persone vengono esposte ripetutamente a versioni false o esagerate della realtà, queste narrazioni iniziano a influenzare il loro pensiero e comportamento, con conseguenze potenzialmente disastrose per la coesione sociale e la democrazia.

Un Richiamo all’Azione

Il pericolo del concentramento del potere nelle mani di poche grandi compagnie tecnologiche e l’alienazione dei cittadini attraverso i social media non possono essere ignorati. È urgente che i governi e la società civile intervengano per regolamentare queste piattaforme, proteggendo i diritti dei cittadini e garantendo che l’informazione rimanga uno strumento per la verità e non per la manipolazione.

Le soluzioni potrebbero includere la regolamentazione degli algoritmi, l’imposizione di maggiore trasparenza e responsabilità alle piattaforme, e l’educazione digitale per aiutare le persone a sviluppare un pensiero critico e a resistere alle manipolazioni. Inoltre, è essenziale promuovere alternative che permettano ai cittadini di riconquistare il controllo delle loro vite digitali, costruendo comunità online basate su valori condivisi e su una comunicazione autentica.

In conclusione, il concentramento del potere nelle mani di poche grandi compagnie tecnologiche e l’alienazione dei cittadini attraverso i social media rappresentano una minaccia esistenziale per la nostra società.

Se non agiamo ora, rischiamo di perdere la nostra libertà, la nostra capacità di pensare criticamente e, in ultima analisi, la nostra umanità.

È tempo di riprendere il controllo, di riformare il nostro rapporto con la tecnologia e di costruire un futuro in cui il potere sia distribuito equamente e l’informazione sia utilizzata per illuminare, non per oscurare.




È tempo di chiarezza

 

Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha partecipato al 50° raduno di AGESCI.

 

Con i ventimila capi scout erano, anche, presenti il cardinale Matteo Zuppi accompagnato da diciotto vescovi, il sindaco di Verona Damiano Tommasi e dalle ex ministre Pinotti, Bonetti e Garavaglia, oltre che dall’ europarlamentare Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire, tutti del Partito Democratico.

 

Nessun altro leader dei partiti di governo era presente.

 

Una evidente frattura fra una certa cultura della chiesa Cattolica, una cultura assai globalista, una cultura negli ultimi giorni rappresentata dal metropolita di Chicago Cardinal Cupich e, altrettanto certamente, dal Presidente della CEI Cardinal Zuppi.

 

Un raduno di guide e giovani che, attraverso le loro attività, imparano a convivere nel rispetto e nella armonia seguendo i dettati del Libro che dei Cristiani tutti è guida.

 

Un raduno ove i giovani hanno alzato manifesti con la scritta “Felici di accogliere, Ius scholae”, fatto politico che non dovrebbe essere parte di momenti come questo.

 

Da chiedersi quale il motivo di strumentalizzare la gloriosa storia dell’Agesci con queste storie di bassa politica.

 

Un vero peccato vedere un ambiente, la AGESCI, che per molte madri e padri è da sempre elemento di certezza per la formazione dei propri figli divenire strumento della politica.

 

La “accoglienza”, il “rispetto” non sono la “Ius Scholae”, sono conoscere se stessi e avere la serenità di convivere con chi ha tradizioni e culture diverse a causa della propria origine.

 

“Accogliere” non è una “cittadinanza”, è qualcosa di molto di più che un “passaporto”, è saper convivere con l’altro senza deflettere dalle proprie origini.

 

Cari “maestri” di questi giovani dell’Agesci, accogliere non è, per esempio, togliere il crocifisso dalle aule pubbliche, partendo da quelle scolastiche, o eliminare il presepe per “non offendere”.

 

La chiesa Cattolica, che piaccia o no, ha duemila anni di storia ed un Libro che ne è unica guida.

 

Guida assai più capace di insegnare la cultura dell’accoglienza di certi maestri cattolici.

 

“Quando Gesù se ne accorse, si arrabbiò e disse ai discepoli: lasciate che i bambini vengano da me; non impediteglielo, perché Dio dà il Suo Regno a quelli che sono come loro. Io vi assicuro: chi non lo accoglie come farebbe un bambino non vi entrerà”, parole del Libro che esplicano il concetto dell’accoglienza dando ad essa un valore, un percorso, assai più profondo di un “passaporto”.

 

I vertici dell’Agesci, quando ero giovane, erano capaci di non farsi manipolare dalla politica e di insegnare ai “lupetti” il profondo valore del “rispetto degli altri”.

 

San Paolo VI vi era al tempo. Altri tempi.

 

Oggi la “parola” è, per alcuni, più “leggera”, manipolabile, strumentalizzabile, addirittura “vuota”.

 

Addirittura politicizzabile rendendola divisiva.

 

Anche per questo mi sovvengono alla memoria le parole di un grande poeta, Giorgio Gaber, che rappresentava la “sinistra” e la “destra”.

 

“Tutti noi ce la prendiamo con la storia, ma io dico che la colpa è nostra. È evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra” queste le parole che ci proponeva nel 1994 quell’immenso poeta che fu Giorgio Gaber.

 

Sono passati trenta anni e quel “la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra” sono, purtroppo oggi certamente più di ieri, totalmente attuali.

 

La domanda di Gaber “Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra” rimane il “dilemma”.

 

Un dilemma da risolvere in ordine ai grandi temi che dilaniano la nostra umanità oggi.

 

In primo luogo quello, intrinsecamente divisivo, del concetto di “umanesimo” che si contrappone a quello di “Transumanesimo”, ma non solo.

 

Altro tema è quello del’ essere “inclusivo” con quello del’ essere “esclusivo”.

 

Che cosa è la “inclusività”?

 

Coloro che si autodefiniscono “globalisti” la propongono come “l’accettazione dell’altro”.

 

Niente di più falso e demagogico.

 

Come si può “accettare l’altro” se non si “conosce se stessi”?

 

“Conoscere se stessi” è “esclusivo” ma non definisce in alcun modo la volontà di non rispettare l’altro, non contiene assolutamente una contrapposizione negativa, distruttiva dell’altro, violenta, feroce.

 

Contiene esclusivamente il “rispetto di se stessi”.

 

L’esclusività contiene intrinsecamente il rispetto di chi rispetta te.

 

Contiene l’amore per se stessi perché solo chi sa amare se stesso, conoscendosi, è in grado di “donarsi all’altro”.

 

Ecco, questo, dal mio punto di vista, è la distanza fra la nuova idea di sinistra, facilmente identificabile con il “globalismo”, e quella che deve essere una destra moderna, altrettanto facilmente identificabile nel “sovranismo”.

 

Una cultura della politica che si basa su un “bipolarismo”, quello sì divisivo.

 

Oggi non è tempo di “grigi”, è tempo di idee forti e certe.

 

Questo ovunque, molto più in Europa e nella nostra amata Italia.

 

La politica non può perseguire “bizantinismi”, “furbizie levantine”.

 

La “globalità” rende tutto immediatamente “nudo”.

 

Gaber narrava che “fare il bagno nella vasca è di destra, far la doccia invece è di sinistra” e tanti altri esempi divisivi.

 

Oggi, parafrasando il poeta, mi verrebbe da dire “tutelare le proprie tradizioni è sovranista, creare un annullamento delle stesse è globalista”.

 

Ancora “difendere la propria cultura è sovranista, voler costruire una cultura unica e astratta è globalista”.

 

Continuando nell’esercizio “tutelare le proprie tradizioni religiose è sovranista, cedere il passo a casa propria alle tradizioni religiose di altre nazioni è globalista”.

 

Permettetemi un ulteriore esempio “difendere il concetto della famiglia tradizionale è sovranista, voler superare i concetti di uomo e donna per creare la cultura gender è globalista”.

 

Gaber, sempre in quella magnifica poesia, diceva che “Il pensiero liberale è di destra”, ebbene sarebbe veramente il caso che chi si professa “politico di destra”, più che usare lo slogan, vada ad approfondirne i contenuti.

 

Oggi, troppo spesso, le parole vengono abusate, stuprate, instupidite, manipolate.

 

Per questo è assolutamente necessario essere rigorosi.

 

Essere “sovranista” è cristiano liberale e non prevede la cultura simboleggiata da quello che sempre Gaber definiva “saluto n po’ degli anni ’20, un po’ romano”.

 

Quello che ha previsto lo sterminio degli italiani di religione ebraica tanto per riportare alla memoria qualcosa che molti vorrebbero tornasse di moda anche oggi.

 

Gaber quel saluto lo definiva “da stronzi oltre che di destra” ma al verso successivo riproponeva la sua domanda “ma cos’è la destra, cos’è la sinistra”.

 

Infatti, oggi, certe “pulsioni” sono pariteticamente a destra ed a sinistra.

 

Cultura assai “indistinta” quella proposta da buona parte dei politici di destra e di sinistra oggi.

 

La definirei cultura del “o Franza o Spagna, purché se magna”, celeberrima affermazione che fu attribuita all’ambasciatore fiorentino Francesco Guicciardini.

 

In fondo la politica di oggi ci venne spiegata proprio da Gaber con queste parole “è il continuare ad affermare un pensiero e il suo perché con la scusa di un contrasto che non c’è e, se c’è, chissà dov’è”.

 

Questa la motivazione profonda che determina la frattura fra il pensiero politico espresso da molti, sia di destra che di sinistra, ed il “sovranismo”.

 

Quest’ultimo si forma su basi antiche e non negoziabili.

 

Patria, famiglia, religione.

 

Queste le sue colonne.

 

Fatto che garantisce a chiunque di vivere in pace, serenità e stabilità con chi, ospite in una Patria altrui, comprese e rispettate le fondamenta culturali e tradizionali del paese che lo ospita, può essere se stesso nel rispetto delle leggi di dove vive.

 

Questo vale per un migrante in Europa, in Italia, e vale per un Europeo o un italiano allorquando decide di vivere fuori da questi confini.

 

Inoltre, ed infine, la cultura del “globalismo”, assai spesso, non trova spazio fuori da detti confini.

 

È tempo di “chiarezza” nel nostro occidente, sia nel sistema sociale che nella Chiesa.

 

Chiesa Cattolica che non è mai stata strumento di un pensiero terreno, ma guida del “pensare alto”.

 

Ignoto Uno




ho 5000 amici il nuovo libro di Faletti su Betapress

Betapress: Buongiorno e benvenuto. È un piacere avere l’opportunità di parlare con lei oggi riguardo al suo nuovo libro, di prossima uscita, “Ho 5000 Amici”. Una delle tematiche principali del suo libro è la necessità di un maggiore controllo sui social media. Può spiegarci cosa l’ha spinta a concentrarsi su questo aspetto?

Faletti: Grazie per l’invito. Si il libro sarà disponibile tra qualche settimana, ma la questione del controllo sui social media è qualcosa che mi sta particolarmente a cuore, soprattutto osservando l’impatto che queste piattaforme hanno avuto sulle nuove generazioni. I social media sono diventati parte integrante della nostra vita quotidiana, ma il loro funzionamento è largamente non regolamentato. Questo ha permesso la diffusione di contenuti dannosi, la manipolazione delle informazioni e una crescente perdita di valori. Nel libro, esploro come la mancanza di controllo abbia portato a una sorta di “anarchia digitale”, dove le regole sono dettate dagli algoritmi piuttosto che dai principi etici. Credo sia fondamentale discutere seriamente di come regolare queste piattaforme per proteggere gli utenti, in particolare i più giovani. A tal proposito, ho inserito nel libro una proposta di legge che mira proprio a colmare questo vuoto normativo, proponendo una regolamentazione più rigorosa dei social media.

Betapress: È molto interessante che abbia incluso una proposta di legge nel suo libro. Può spiegarci in cosa consiste questa proposta e come crede che potrebbe essere implementata?

Faletti: Certamente. La proposta di legge che ho elaborato si basa sull’idea di trattare i social media in modo simile a una testata giornalistica. Questo significherebbe che le piattaforme sarebbero responsabili per i contenuti che diffondono, proprio come lo sono i giornali e le emittenti televisive. La proposta include l’obbligo per le piattaforme di verificare l’accuratezza delle informazioni prima della loro diffusione, di garantire la trasparenza degli algoritmi che determinano la visibilità dei contenuti e di introdurre sanzioni per la diffusione di disinformazione o incitamento all’odio. Inoltre, la legge prevede la creazione di un organo di supervisione indipendente che monitori il rispetto di queste norme e che possa intervenire in caso di violazioni. Questo tipo di regolamentazione aiuterebbe a proteggere gli utenti, specialmente i più giovani, dalle insidie di un ambiente digitale non regolamentato.

Betapress: Una domanda che sorge spontanea riguarda il delicato equilibrio tra la comunicazione personale, che è intrinsecamente più libera e meno soggetta a regolamentazione, e la comunicazione informativa, che richiede un certo grado di responsabilità e controllo. Come crede sia possibile mediare tra questi due aspetti nel processo di regolamentazione dei social media?

Faletti: Questa è una domanda cruciale e tocca uno dei punti più sensibili del dibattito sulla regolamentazione dei social media. La comunicazione personale è, per sua natura, una forma di espressione più intima e libera, dove gli individui condividono pensieri, opinioni ed esperienze personali. Questa forma di comunicazione è un elemento essenziale della libertà di espressione, e qualsiasi tentativo di regolamentarla deve essere fatto con estrema cautela per evitare di limitare i diritti fondamentali.

D’altro canto, la comunicazione informativa, soprattutto quando ha un impatto su un vasto pubblico, porta con sé una maggiore responsabilità. Qui, la precisione, la veridicità e l’etica diventano fattori fondamentali. Piattaforme come i social media, che spesso confondono questi due tipi di comunicazione, devono affrontare questa distinzione con serietà.

Per gestire questi due aspetti, credo che la chiave sia la trasparenza e l’introduzione di livelli di regolamentazione differenziati. Ad esempio, la comunicazione personale tra amici o familiari dovrebbe rimanere largamente non regolamentata, rispettando la privacy e la libertà individuale. Tuttavia, quando un individuo o un’entità inizia a utilizzare i social media per diffondere informazioni che possono influenzare l’opinione pubblica o che hanno un impatto su un numero significativo di persone, entrano in gioco regole diverse.

Una possibile soluzione potrebbe essere l’implementazione di sistemi di etichettatura o di verifica che identifichino chiaramente la natura del contenuto. Un post di un utente privato che condivide un’opinione personale potrebbe essere trattato in modo diverso rispetto a un post che pretende di essere informativo o che tratta argomenti di interesse pubblico. Le piattaforme potrebbero anche adottare sistemi che rendano più trasparenti le fonti delle informazioni, aiutando gli utenti a distinguere tra contenuti verificati e opinioni personali.

Inoltre, la formazione e l’educazione digitale possono giocare un ruolo essenziale. Se gli utenti comprendono meglio la differenza tra comunicazione personale e informativa e sono consapevoli delle implicazioni di ciò che condividono, sarà più facile per loro navigare questi spazi in modo responsabile. Le piattaforme stesse potrebbero fornire strumenti educativi o avvisi che incoraggiano una riflessione critica prima della condivisione di contenuti che potrebbero essere fuorvianti o dannosi.

Betapress: Quindi, secondo lei, la soluzione sarebbe una regolamentazione flessibile che rispetti la natura della comunicazione personale, ma che imponga standard più rigidi per i contenuti informativi?

Faletti: Esattamente. La flessibilità è essenziale in questo contesto. Dobbiamo essere in grado di proteggere la libertà di espressione e la privacy delle persone, mentre allo stesso tempo assicuriamo che le informazioni che hanno un impatto sulla società siano gestite con la responsabilità necessaria. Non è una sfida facile, ma credo che con un approccio ben ponderato, che includa trasparenza, educazione e l’uso di tecnologie avanzate per la verifica delle informazioni, possiamo trovare un equilibrio che tuteli sia la libertà individuale che il bene comune.

Betapress: Lei parla anche della “non pedagogia dei social” nel suo libro. Cosa intende con questo termine e quale impatto crede che abbia sui giovani?

Faletti: Con “non pedagogia dei social” mi riferisco all’assenza di valori educativi nei social media e alla loro influenza negativa sulla formazione dei giovani. I social media, pur essendo piattaforme potenti per la comunicazione e la condivisione di informazioni, non sono stati progettati con finalità educative o formative in mente. Al contrario, molte delle loro dinamiche promuovono superficialità, competizione e conformismo, piuttosto che incoraggiare il pensiero critico, la creatività o l’empatia. Questa mancanza di pedagogia è particolarmente dannosa per i giovani, che sono ancora in fase di sviluppo e sono molto influenzabili. Senza una guida adeguata, i giovani possono sviluppare valori distorti e una visione del mondo influenzata più dalle tendenze digitali che da principi etici solidi. È per questo che insisto sulla necessità di un maggiore controllo e regolamentazione dei social media, per garantire che queste piattaforme non continuino a propagare una “non pedagogia” che può essere dannosa per lo sviluppo delle nuove generazioni.

Betapress: Equiparare i social media a una testata giornalistica è una proposta forte. Può approfondire come crede che ciò potrebbe influire sulla libertà di espressione?

Faletti: È una preoccupazione legittima, e il bilanciamento tra controllo e libertà di espressione è un tema delicato. Tuttavia, non si tratta di limitare la libertà di espressione, ma di garantire che questa libertà sia esercitata in modo responsabile. Non possiamo ignorare il fatto che i social media sono stati usati per diffondere odio, incitare alla violenza e manipolare le persone. Regolare i social media come una testata non significa censurare le opinioni, ma assicurarsi che ci siano delle conseguenze quando queste opinioni causano danni reali. Inoltre, questa regolamentazione dovrebbe includere meccanismi di revisione indipendenti per garantire che le misure di controllo non siano abusate per reprimere la libertà di espressione. È anche importante riconoscere che, attualmente, è fin troppo facile per organismi come i governi o le multinazionali influenzare il comportamento di massa attraverso i social media. Senza una regolamentazione adeguata, queste entità possono manipolare le informazioni e le percezioni, orientando l’opinione pubblica in modo invisibile e spesso incontrollato. Questo rappresenta un pericolo enorme per la democrazia e per la libertà individuale.

Betapress: il suo libro ha la bella prefazione di Ettore Lembo, ma non è il solo libro che vede la sua firma, cosa ci può dire della vostra collaborazione?

Faletti: Con Ettore più che una collaborazione è un sodalizio artistico e di pensiero. Un grande professionista che affronta i moderni temi della comunicazione con grande capacità espressiva. In effetti ha realizzato tre prefazioni per me, Italia paese interruptus ove si evidenzia la mancanza di un progetto a lungo termine per il paese, questo libro ed uno di prossima uscita che parla di fede, non c’è più religione.

Betapress: Nel suo libro, affronta anche la questione della crisi dei valori nelle nuove generazioni. In che modo crede che il controllo e la regolamentazione dei social possano contribuire a risolvere questa crisi?

Faletti: La crisi dei valori che vediamo oggi è in parte alimentata dall’ambiente caotico e spesso tossico dei social media. Quando le piattaforme premiano la superficialità, l’aggressività e la disinformazione, questi comportamenti vengono normalizzati e adottati da molti giovani come modelli di riferimento. Regolamentare i social media potrebbe significare ridurre la visibilità di questi comportamenti dannosi, promuovendo invece contenuti che incoraggiano il pensiero critico, l’empatia e il rispetto reciproco. Inoltre, un controllo più stretto potrebbe limitare la diffusione di modelli negativi e aiutare a ricostruire un senso di comunità basato su valori positivi. In altre parole, se i social media diventassero uno spazio più sicuro e rispettoso, potrebbero avere un ruolo più costruttivo nella formazione delle nuove generazioni.

Betapress: Alla luce di quanto detto, quali misure specifiche suggerirebbe per attuare questa regolamentazione dei social media?

Faletti: Ci sono diverse misure che potrebbero essere implementate. In primo luogo, i social media dovrebbero essere obbligati a verificare le informazioni che diffondono, esattamente come fanno le testate giornalistiche. Questo potrebbe significare un aumento delle risorse dedicate al fact-checking e all’eliminazione dei contenuti falsi o dannosi. In secondo luogo, dovrebbe esserci una maggiore trasparenza sugli algoritmi che determinano quali contenuti vengono promossi o nascosti. Gli utenti hanno il diritto di sapere come vengono influenzate le loro esperienze online. Infine, è necessaria una maggiore responsabilità legale per i danni causati dalla disinformazione o dall’incitamento all’odio diffusi tramite queste piattaforme. Questo potrebbe includere sanzioni finanziarie o altre forme di penalizzazione per le piattaforme che non rispettano le norme.

Betapress: Sembra una proposta molto articolata e impegnativa. Crede che sia realizzabile a breve termine?

Faletti: È una sfida, senza dubbio, ma credo che sia assolutamente necessaria. La regolamentazione dei social media è già al centro di molti dibattiti politici e legali in tutto il mondo. Alcuni passi sono stati fatti, come le normative sulla protezione dei dati in Europa, ma c’è ancora molta strada da fare. Il cambiamento richiederà tempo, ma con un impegno collettivo da parte di governi, società civile e, naturalmente, delle stesse piattaforme, è possibile. L’importante è mantenere alta l’attenzione su questi temi e continuare a spingere per un futuro in cui i social media siano spazi più sicuri e responsabili.

Betapress: Grazie per questa illuminante conversazione. Il suo libro, “Ho 5000 Amici”, sicuramente offrirà un contributo importante a questo dibattito. C’è qualcos’altro che vorrebbe aggiungere?

Faletti: Solo un ultimo pensiero: dobbiamo ricordare che i social media, come ogni tecnologia, sono strumenti. È il modo in cui li usiamo e le regole che scegliamo di imporre che determineranno se avranno un impatto positivo o negativo sulle nostre vite. Spero che “Ho 5000 Amici” possa ispirare una riflessione critica su come possiamo tutti contribuire a creare un ambiente digitale migliore, per noi stessi e per le generazioni future. 

Betapress: Grazie ancora. Auguri per il successo del suo libro e per il proseguimento del suo lavoro.