“Nato con la valigia”

Intervista all’Autore del libro “La conquista della lontananza – Viaggi, incontri, scoperte”

 

Ho avuto il piacere di conoscere il Prof. Brevini alla Radio Svizzera, in occasione della registrazione di “Laser”, la rubrica di “cultura e società” da lui condotta e curata.

Gli argomenti trattati, sempre di vibrante attualità, vengono esplorati dal prof. Brevini con l’entusiasmo e l’expertise del colto viaggiatore che, attingendo al suo nutrito archivio di ricordi e conoscenze, riconosce il fil rouge a unire fra loro esperienze dirette, scoperte, opere d’arte, capolavori letterari e dotte conversazioni, in una caleidoscopica multidisciplinarietà.  

“Professore, vorrei intervistarla.” Gli ho confessato un giorno. Ha annuito e sorriso, proponendomi di recensire il suo ultimo libro “La Conquista della Lontananza – Viaggi, incontri, scoperte” pubblicato con “il Mulino”.

Non gli ho detto che sono stata rimandata in geografia a settembre con un quattro secco, alle superiori. Ho accettato la sfida.

Note sull’Autore

Franco Brevini è professore associato di Letteratura italiana all’Università degli Studi di Bergamo. Collabora come scrittore ed editorialista con il Corriere della Sera. È critico letterario di altissimo livello, saggista, commentatore, ricercatore.

Ha partecipato alla realizzazione delle maggiori storie della letteratura degli ultimi anni, fra le quali la “Letteratura italiana” curata da Alberto Asor Rosa, pubblicata da Einaudi (1982-2000). Inoltre è considerato il maggior esperto italiano di poesia dialettale contemporanea. Sua è la collana in tre volumi La poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento (Mondadori 1999), ad oggi il contributo più sistematico dedicato alla produzione poetica nei dialetti italiani.  

Nell’ultimo decennio, pur mantenendo un vivo interesse per la letteratura come risorsa interpretativa dei fenomeni sociali e culturali osservati, il prof. Brevini ha privilegiato le scienze umane. 

Una piccola enciclopedia del Viaggio

“La conquista della lontananza” è il frutto maturo di un lavoro di minuziosa analisi del “viaggio” in tutte le sue possibili accezioni, sfumature e implicazioni.

Pagina dopo pagina, Brevini accompagna per mano il suo lettore a scoprire, dei viaggi, i motivi che li hanno ispirati, dagli albori della storia umana al giorno d’oggi, in ogni parte del mondo.

Certo, lasciare il noto per l’ignoto richiede un valido motivo e una visione: così è più facile affrontare l’impervietà dei sentieri montani, la pericolosità degli oceani, il senso di incertezza dovuto alla fragilità e all’inadeguatezza dei mezzi di trasporto… E poi i disagi del pernottamento in luoghi ostili, i climi avversi, gli animali selvatici, i briganti, gli osti truffatori, le popolazioni inospitali… 

Comunque, quale sia l’interesse, l’obiettivo o la fede che li muove, ad accomunare i viaggiatori è il fardello delle proprie origini, il dolore più o meno intenso delle proprie radici. Nei loro cuori, c’è sempre la speranza che ne sia valsa la pena, di lasciare i loro cari e il loro piccolo mondo.

A tutto questo si aggiunge lo struggimento di chi parte e avverte il pericolo più grande, tanto maggiore quanto più è lungo il periodo trascorso lontano da casa: quello di perdere la propria identità. La feroce nostalgia delle persone amate e non raggiungibili, come oggi, con un semplice tocco sullo schermo del device.

I Protagonisti del Viaggio sono gli esploratori, i naturalisti, i meteorologi, i cartografi, gli scienziati, i letterati, i diplomatici, i pellegrini, gli studenti, i rampolli di famiglie aristocratiche, i regnanti, gli artisti, i soldati, i turisti, gli esuli, i politici, i nomadi, i coloni, i mercanti, gli emigranti, gli studiosi, i profughi, i pittori, i religiosi, i geografi…  e i rispettivi domini disciplinari fra i quali la letteratura, la geografia, la storia, l’antropologia, le scienze, la filosofia, la psicologia e la politica.

In ambito specificamente letterario, Brevini giunge alla conclusione che il Viaggio è il fil rouge culturale che attraversa, senza soluzione di continuità, tutte le narrazioni del mondo: ed ecco passare in rassegna i racconti mitici, i poemi eroici e cavallereschi, le descrizioni di viaggi immaginari, i resoconti, i diari, i “travel books”, le cronache, i romanzi avventurosi e fantascientifici, i reportages giornalistici.

In questa piccola enciclopedia del Viaggio non possono mancare i viaggi simbolici, metaforici e spirituali: i viaggi introspettivi dell’Uomo alla scoperta di Se Stesso e della propria vocazione, i viaggi interiori alla ricerca delle Risposte alle grandi domande della vita, i viaggi evolutivi alla conquista dell’età adulta.

Ciliegina sulla torta: al termine di ciascun capitolo, Brevini ci racconta di sé e dei suoi viaggi in giro per il mondo. Sono proprio questi a suscitare in me il desiderio di saperne di più su chi, come lui, è nato con la valigia.

L’intervista

J.L.: Nel prologo Lei accenna al “viaggio” come a qualcosa che il nonno, il papà e gli zii hanno infuso nel suo DNA. Agli illustri precedenti in famiglia si aggiunge un curioso particolare: l’essere stato concepito dai suoi genitori durante un viaggio. A quanto pare lei è nato viaggiatore. Ma… lo si può anche diventare? Se sì, quali sono i fattori che ispirano l’uomo del nostro tempo a voler viaggiare?

F.B.: Credo che la molla sia la stessa di sempre: il desiderio della lontananza. Io l’ho chiamata così, ma si potrebbe dire in molti altri modi: il fascino dell’esotico, la spinta verso la scoperta, l’interesse per tutto ciò che è diverso. Oggi il turismo solo in parte vi corrisponde, perché ci propone ai tropici copie delle confortevoli realtà in cui viviamo a casa. Anche l’incontro con l’altro è molto edulcorato nelle forme del tipico, del caratteristico, del folclorico.

J.L.: Qual è, di tutte le esperienze che ha vissuto, quella che l’ha fatta innamorare del viaggio al punto da farne il leitmotiv della sua vita?

F.B.: Sono i racconti sull’India dello zio salesiano. Mi parlava della tigre che lo aveva inseguito mentre fuggiva in bicicletta nella giungla o dell’apparizione degli ottomila himalayani dai primi contrafforti del subcontinente. Fu lui a deporre un seme, che poi mio padre ha cresciuto con gli infiniti viaggi in cui mi ha coinvolto fino dai primi giorni di vita. Il nomadismo era inscritto fino da subito nella mia vita.

J.L.: Quali sono i momenti più belli trascorsi in viaggio coi suoi genitori?

F.B.: Sono numerosissimi i momenti belli trascorsi con loro in giro per il mondo. Ne posso ricordare uno che menziono anche nella piccola introduzione autobiografica del mio libro. Durante un viaggio con mio padre nel Triangolo d’Oro, su all’estremo confine settentrionale della Thailandia, tra Birmania e Laos, lo vidi trascinare per giorni due scatoloni di cartone. Neppure a me volle rivelare cosa contenessero. Il giorno di Pasqua navigavamo su delle piroghe lungo uno di quei fiumi nella giungla, di cui avevo letto nei romanzi malesi di Salgari. A mezzogiorno la piccola flottiglia approdò a una radura fra altissimi alberi. Mio padre aprì i due scatoloni e ciascuno dei partecipanti ricevette un piccolo uovo di Pasqua.

J.L.: Professore, ho saputo che è padre di tre figli ormai adulti, e marito felice di Tiziana con cui ha avuto altri cinque bellissimi bambini: Elia, Giacomo, Vittorio, Tommaso e l’ultima arrivata, Beatrice, in omaggio alla nonna materna. Quali sono i viaggi che i suoi figli le chiedono più spesso di raccontare?

F.B.: Loro mi chiedono sempre di raccontare i miei incontri con gli animali selvaggi. Sono incantati dall’orso polare giunto fino a pochi metri della motoslitta, che avevo prudentemente tenuto accesa.  O dalla fulminea caccia del ghepardo, che per una trentina di secondi aveva lasciato incustoditi i suoi tre cuccioli. Strabuzzano gli occhi quando mi vedono in una foto sfiorare con la mano una balena in Baja California. Ma nulla vale l’emozione dei video girati durante le interminabili giornate con i cani da slitta su nel nord del Canada. E vorrebbero essere accanto a mia moglie quando nuota nelle acque del Borneo insieme alle grandi tartarughe marine.

J.L.: Di tutti i viaggi che ha intrapreso, quali rifarebbe e perché?

F.B.: Rifarei quelli in cui ho avvertito intorno a me lo sgomento primordiale dell’uomo perduto nel mezzo della natura selvaggia. È una sensazione che per me è associata alla banchisa polare o alla traversata sull’Inlandsis, il ghiacciaio continentale della Groenlandia. Ma ricordo anche la potenza del mare a Capo Horn, sulla punta estrema del Sud America, davanti all’Antartide. O le giornate nella giungla, grondante di sudore, ridotto a uno straccio, tormentato dalle sanguisughe, ma alla fine gratificato dall’apparizione di un branco di elefanti pigmei che avevamo inseguito per ore. E come esprimere l’emozione delle stellate nel cuore del Sahara, mentre il tuareg che mi accompagnava recitava il Corano e il pane stava cuocendo sotto la sabbia?

J.L.: C’è invece un viaggio che non rifarebbe mai più? E perché?

F.B.: Quelli, fortunatamente pochi, che ho fatto con le persone sbagliate, a conferma che il viaggio deve essere condivisione.

J.L.: Di tutte le popolazioni che ha incontrato, qual è la più chiusa e diffidente? E la più ospitale?

F.B.: Dovunque ci sia una vita popolare, c’è gioia di vivere, anche tra infinite durezze. Tornavo dall’India. Avevo lasciato da poche ore i quartieri affollati di quelle città, dove la gente ti guardava quasi sempre con un sorriso. Ero sbarcato per il transito a Francoforte. In quell’aeroporto tutti erano vestiti e nutriti, presumibilmente benestanti, mangiavano cose buonissime e portavano ingombranti sacchetti del duty free. Ma mi colpì un particolare: nessuno rideva.

J.L.: Cos’è la “lontananza” per Franco Brevini Uomo?

F.B.: È quando tutti i tuoi riferimenti sono saltati, quando fai fatica a orientarti, quando sei vigile, preoccupato, incuriosito, quando capisci che potrebbe succederti qualcosa. Per me la frase rivelatrice è: ma sai che non me lo immaginavo così grande? 

J.L.: Quali sono le risorse che potrebbero esserci di aiuto e di conforto, in questi momenti?

F.B.: Umiltà e pazienza, prima di tutto. E poi un po’ di capacità di tenere duro. «To strive, to seek, to find and not to yeld» («Lottare, cercare, trovare e non arrendersi») sono i versi dell’Ulysses di Tennyson scolpiti sulla croce di legno piantata davanti al Mare di Ross, a Capo Evans, nel punto da cui il capitano Scott era partito per la sua disastrosa spedizione verso il Polo Sud. 

J.L.: Nel suo ultimo libro traspare l’idea della Nostalgia della Lontananza che spinge a ritornare nei luoghi già visitati, come ricetta per la felicità. Ha mai sofferto di nostalgia? Se sì, in quale dei numerosissimi luoghi da lei visitati vorrebbe ritornare?

F.B.: Per me la vista dei grandi spazi si è sempre accompagnata a un sentimento di malinconia. È la frustrazione per ciò che ogni giorno perdiamo nelle nostre quotidianità arrese ai loro prudenti orizzonti. C’è quello splendore che rifulge là fuori e noi ci accontentavamo dei nostri torpidi esîli. Talvolta a casa mi sveglio che è ancora notte e penso a quante volte a quell’ora sono partito dai bivacchi con la frontale sul casco. Richiusa la portina, eccoci proiettati in un altro mondo. Sopra la testa ruotano lentamente tutte quelle stelle e il cielo è fosforescente. Davanti si stagliano le masse acquattate delle montagne, che fra poco sfolgoreranno al primo sole. La neve scricchiola, il ghiacciaio è blu come l’acciaio temprato. Un bagliore a oriente annuncia che sta iniziando il più sconvolgente e insieme il più prevedibile degli spettacoli. Si replica da milioni di anni, ma quasi sempre senza testimoni, come il fiore del deserto di Manzoni, che spande la sua corolla per l’imperscrutabile Dio delle solitudini.

J.L.: Di tutti i viaggi che ha fatto, quale ha lasciato in lei il segno più profondo, la lezione più importante?

F.B.: Ogni viaggio mi ha consegnato un insegnamento, ma, se c’è un comune denominatore che li abbraccia tutti, è il senso del limite. Ho capito fin dove potevo arrivare, ho sperimentato dove correva la linea che non avrei dovuto superare. Mi sono fermato in tempo e non mi sono mai pentito. Espressioni come «lanciare il cuore oltre l’ostacolo» o «i limiti sono fatti per essere superati» lasciamole dire a chi sta in poltrona. 

J.L.: Qual è il souvenir più evocativo da lei acquistato?

F.B.: Lo cito nella Conquista della lontananza. È una statua in bronzo della divinità indiana Shiva, che tengo nel mio studio. L’ho acquistata in un negozio di oggetti artistici di una cittadina del Tamil Nadu. Questa rappresentazione della divinità indiana è denominata Shiva Nataraja, che significa «Signore della danza». Il gesto del danzatore cosmico è contemporaneamente di creazione e di distruzione. È quello che i viaggi hanno fatto nel corso della loro storia millenaria: hanno aumentato le nostre conoscenze, ma hanno lasciato una scia di violenza e hanno devastato il Pianeta. La danza cosmica di Shiva Nataraja è anche una delle metafore più felici del best–seller Il Tao della Fisica dello scienziato austriaco Fritjof Capra. E dal 2004 una statua di due metri di altezza di Shiva Nataraja donata dal governo indiano è stata collocata al Cern di Ginevra.

J.L.: Qual è l’incontro più interessante che ha avuto? È ancora in contatto con queste persone?

F.B.: Direi quello con Robert Peroni, un italiano che da alcuni decenni vive nella Groenlandia orientale, promuovendo iniziative a favore delle comunità inuit. È nata una grande amicizia, sono tornato più volte in Groenlandia, siamo andati insieme in villaggi remoti, su ghiacciai e su montagne, abbiamo vagabondato fra gli iceberg, abbiamo incontrato cacciatori e sciamani. Robert mi ha rivelato una dimensione della vita, che senza di lui mi sarebbe stata preclusa.

J.L.: Ha mai intrapreso un viaggio interiore e se sì, quale dei suoi viaggi le ha offerto questa particolare prospettiva?

F.B.: Ogni viaggio inizia dentro di noi. Faccio un solo esempio: la mia passione per il Grande Nord. C’è un nome che fa la guardia all’ingresso: Jack London. Le ore dell’adolescenza passate su Zanna bianca e sul Richiamo della foresta hanno seminato nel mio animo il fascino per gli spazi sconfinati. È stato il mio «sogno di una cosa».

J.L.: Ha mai fatto un pellegrinaggio? Se sì, in che modo ne è stato arricchito?

F.B.: Sono stato ad Allahabad, nello stato indiano dell’Uttar Pradesh, a metà strada fra Calcutta e Delhi. La città sacra sorge alla confluenza di tre fiumi mitologici, il Gange, lo Yamuna e il misterioso Saraswati, citato negli antichi testi in sanscrito del Rigveda. Ogni dodici anni trenta milioni di persone accorrono a Allahabad per celebrare il più grande pellegrinaggio religioso del mondo: il Kumbh Mela. 

Ricordo una coppia di anziani che veniva calata nelle acque limacciose. Sorretti dalle braccia dei barcaioli, vi affondavano per alcuni secondi fino a sparire completamente. Riemersi, riempirono due taniche di plastica di quella torbida acqua color caffelatte, capace di risanare ogni malattia. Evidentemente la fede poteva più della chimica.

J.L.: Ha in programma la pubblicazione di un libro interamente dedicato ai suoi viaggi?

F.B.: L’ho fatto con La conquista della lontananza, in cui il viaggiatore offre le sue esperienze allo studioso, che le ordina nella prospettiva della cultura, cercando di rintracciare un senso nella millenaria avventura del viaggio. Ora sto scrivendo un libro sulla paternità. Anche in questo campo, mi sono detto, qualche esperienza l’ho fatta.

 

 




Nota del Comitato di Redazione

Suite à ton message d’hier. Merci. Aujourd’hui cet article sur le site hiram.be
C’est le grand bazar partout… 🤔😞

Nota del Comitato di Redazione

Gent.mi Lettori.
Nei giorni scorsi BETAPRESS ha pubblicato interventi, di AA diversi, incentrati sulle elezioni tenutesi in Italia in seno al GOI Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani.
Le notizie si sono accavallate con una intensità e un ritmo persino frenetici e contenuti involontariamente contraddittori.
Per offrire un contributo in linea con la correttezza complessiva dell’informazione, così emendando causato fin qui pubblicato, abbiamo il piacere di porgere alla Vs. cortese attenzione l’odierno articolo apparso oggi sull’apprezzato e ben conosciuto periodico “Hiram.be”. Articolo che fa il punto definitivo sulla vicenda.
Buona lettura!

L’élection du nouveau GM du Grand Orient d’Italie contestée
Publié par Géplu
Dans Dans la presse

Ainsi que le relate le site Italy24.press, le Grand Orient d’Italie connait quelques tensions après l’élection du successeur de Stefano Bissi, qui s’est déroulée le dimanche 3 mars. Alors que les premières estimations donnaient le challenger Leo Taroni vainqueur, la Commission électorale a finalement déclaré élu – avec seulement 26 voix d’avance sur près de 14 000 votants – le Frère Antonio Séminario, Grand Maître Adjoint de Bissi, qui le soutenait. Des recours devant la justice interne et la justice profane ont été annoncés par Taroni. Ce dernier avait axé sa campagne sur la lutte contre les infiltrations mafieuses dans les loges.

La proclamation officielle des résultats doit avoir lieu lors de la Grande Loge de Rimini prévue les 5 et 6 avril. Rappelons qu’à la différence de la France et de la Belgique, en Italie le Grand Orient est l’obédience dite « régulière », reconnue par la Grande Loge Unie d’Angleterre, et que l’obédience libérale est la Grande Loge d’Italie.

Au terme d’une vive polémique et d’une nuit de recomptages par la Commission électorale nationale, Antonio Séminario a été élu Grand Maître du Grand Orient d’Italie, la principale organisation maçonnique italienne. C’est la première fois qu’un Calabrais est élu à la tête du Goi. La victoire a été obtenue par seulement 26 voix et le verdict a annulé un précédent décompte – officieux – résultant de la somme des voix dans les différentes régions, qui attribuait la victoire par seulement 15 points à Leo Taroni, un entrepreneur de Ravenne, qui, à la tête de la liste “Nous ensemble”, il avait axé sa campagne électorale sur la lutte contre les infiltrations mafieuses dans les loges. Aujourd’hui, à 5 heures du matin, après une nuit de travail, la Commission électorale centrale a attribué 6.369 voix à Seminario, soit 46,09 pour cent du total. 6.343 voix ont été validées en faveur de Taroni, soit 45,90 pour cent ; et dans la région de Bari Pasquale La Pesa 688 voix, soit 4,98 pour cent.

Soutenu par le Grand Maître sortant, le Toscan Stefano Bissi, Seminario occupait déjà le poste de Grand Maître Adjoint du Goi. Né à Crosia, dans la province de Cosenza, le 5 février 1958, il réside à Rossano, où est basée sa loge, le “Francesco Galasso”. Il convient de noter qu’environ la moitié des voix qu’il a obtenues ont été recueillies précisément en Calabre et en Sicile, tandis que Taroni a été le plus voté en Sardaigne et dans tout le centre-nord, à l’exception de l’Ombrie. La proclamation de la victoire du Seminario a cependant provoqué de vives réactions de la part des partisans de Taroni, au point que l’ouverture de longues procédures de recours internes semble désormais évidente, alors que de nombreuses voix réclament une scission du Goi. La liste “Nous ensemble” annonce en effet un recours immédiat à la justice interne de l’association, mais aussi un recours à la justice ordinaire, sur la base de l’article 700 du Code de procédure civile, pour tenter d’obtenir d’urgence la suspension de la proclamation et l’annulation de l’élection. Certains partisans de Taroni n’excluent même pas de recourir à la justice pénale.




La Pace deve essere una scelta di tutti.

Pace… parola che non genera ricchezza ad alcuni, ma a tutti.

“È più forte chi vede la situazione, pensa al suo popolo ed ha il coraggio di negoziare” questo ha dichiarato il Santo Padre parlando della guerra in terra di Ucraina.

A chi stava parlando Papa Francesco?

Difficilmente si può credere che stesse parlando esclusivamente a Zelensky.

Molto più probabilmente il Santo Padre ha ritenuto di rivolgersi a tutti i “grandi della terra”, ai leaders occidentali in primis.

Inconfutabile il fatto che Zelensky non esisterebbe nemmeno senza l’appoggio diretto, non solo attraverso la NATO, dell’amministrazione statunitense a guida Biden e dei suoi alleati nelle cancellerie europee.

Sono questi ad inviare in Ucraina armi e denaro.

Sembrerebbe non uomini in armi, fatto che, comunque, dobbiamo sperare con tutta la nostra forza visto il pericolo altissimo che questa eventualità causerebbe alla pace in tutta Europa, nel mondo intero.

Alta preoccupazione ha causato in chi crede che la pace sia l’unica opzione da perseguire il recente articolo, in prima pagina, del quotidiano La Verità che lasciava intravvedere anche azioni italiane in terra di Ucraina opache.

Zelensky è totalmente nelle mani di Biden e dei leaders europei a questi politicamente legati.

Corretta, almeno dal mio punto di vista, la posizione della Federazione Russa che dichiara come l’intervento del Santo Padre sia assai più diretto all’occidente che al presidente ucraino.

In fondo non è così assurdo l’assunto che la guerra in terra di Ucraina è stata voluta, ed è tuttora alimentata, da chi ha finanziato e facilitato la vittoria nelle presidenziali americane del 2020 di Biden, mai dimenticare che l’allora Presidente Trump non ha mai ammesso la sconfitta.

Il ragionamento alla televisione svizzera del Santo Padre non va interpretato, banalmente va ascoltato.

Parole chiare, parole forti, parole che i cattolici dovrebbero prendere per il loro portato.

I cattolici tutti, Biden e leader europei che si professano tali in tempo di Quaresima in primis.

Queste le Sue parole “E’più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare.

Oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è coraggiosa.

Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare.

Hai vergogna, ma con quante morti finirà? Negoziare in tempo, cercare qualche paese che faccia da mediatore.

Nella guerra in Ucraina, ce ne sono tanti.

La Turchia, si è offerta. E altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore”.

Quante le suggestioni ai “potenti” in queste parole!

Parole valide per la guerra in terra di Ucraina, parole importanti per ogni conflitto oggi, e ieri, presente sulla terra.

“E’più forte chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare”, è più forte perché ha il coraggio di mettere il suo popolo davanti al suo ego dopo aver letto lo scenario in cui è chiamato a decidere sulle sorti della propria nazione.

Questo ha voluto consegnare ai grandi della terra, o presunti tali, il Santo Padre.

“Negoziare” è la parola chiave del ragionamento del Papa. Parola che definisce “coraggiosa”.

“Oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali”, questo spera il Santo Padre, questo è quanto lo stesso chiede, auspica, che i leaders delle nazioni più potenti abbiano al centro della loro agenda.

“Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore”, andare oltre per costruire “pace”, questa la profonda suggestione del Santo Padre.

“Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore”, mi chiedo chi, se vero statista ed in buona fede, può provare “vergogna” perché cerca di costruire “pace”.

Io provo vergogna per chi non prova vergogna a fomentare la guerra, magari per arricchirsi.

“Solo la forza della nostra protezione della vita, la nostra capacità di raggiungere i nostri obiettivi possono riportare la Russia a uno stato di sobrietà almeno parziale.

La follia russa deve perdere questa guerra.

Faremo di tutto per questo”, questa la risposta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a cui deve essere sommata la dichiarazione dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede che recita “Qualcuno parlò di negoziare con Hitler?”.

Evidentemente, forse, pensano ancora di poter “vincere il dragone”.

L’alternativa, sarebbe una drammatica alternativa dovesse essere presa in considerazione, è che qualcuno in Ucraina e nel gruppo degli alleati di Zelensky voglia ancora arricchirsi attraverso i soldi provenienti dall’occidente e, per questo, necessiti che una guerra persa da tempo continui.

Intanto a morire sono i figli del loro popolo, non i loro figli.

Drammatico in tal senso se qualcuno, mi sovviene alla mente nel seguire la domanda su Hitler dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, potesse avere l’idea di copiare i fatti di Danzica che fecero iniziare la Seconda Guerra Mondiale.

Al tempo il dittatore nazista vesti dei tedeschi da soldati polacchi per far uccidere dei soldati tedeschi, impensabile che qualcuno, con il solo fine di allargare il conflitto, possa essere così cinico da vestire da soldati russi chi russo non è per far uccidere, sto inventando per copiare la storia del ‘900, soldati polacchi.

Per fortuna questo non può che essere solamente un “incubo” ad alta voce.

Ignoto Uno




Massoneria, gli auguri di Paolo Battaglia La Terra Borgese

Massoneria, gli auguri di Paolo Battaglia La Terra Borgese a Leo Taroni, nuovo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani

Paolo Battaglia La Terra Borgese: “Da Sovrano Gran Commendatore del R.S.A.A. Leo Taroni ha ampiamente dimostrato la consapevolezza che le cariche sono un servizio e non un privilegio”.

Sono certissimo – spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese – che Leo Taroni, da nuovo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani, recupererà, per affermarla, la normale dinamica del confronto -leale – tra Fratelli.

Perché a sentire i rumors – continua Paolo Battaglia La Terra Borgese – il dogma, che sarebbe stato imposto in seno alla maggiore obbedienza massonica italiana (il GOI), quello dello “stai zitto e obbedisci” denunciato dal Cavaliere Nero (altro che Fratelli Liberi e di Buoni Costumi!), avrebbe stressato troppo i Fratelli, li avrebbe mortificati, sviliti, snaturati; e alla fine, i Fratelli del Grande Oriente d’Italia, nel segreto dell’urna, al riparo dalle epurazioni di cui si è ampiamente occupata la stampa nazionale di questi giorni, hanno scelto il cambiamento: Leo Taroni e la sua Giunta di Governo: Gran Maestro Aggiunto Andrea Zucconi, Gran Maestro Aggiunto Giuseppe Paino, Primo Gran Sorvegliante Danilo Mourglia, Secondo Gran Sorvegliante Luigi Carlucci, Grande Oratore Silverio Magno, Gran Tesoriere Luca Templari.

Attesissima dunque la giornata di domani sabato 9 marzo per la ratifica del CEN, Commissione Elettorale Nazionale del GOI.

Intanto – precisa Paolo Battaglia La Terra Borgese – auguro a Leo Taroni e alla sua Squadra – capaci come sono – il mordente dell’acquaforte e l’acquatinta di Francisco Goya, per Risvegliare il Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani, sì… perché Il sonno della ragione genera mostri.

La mente di Taroni è prolifica e coraggiosa – chiude Paolo Battaglia La Terra Borgese – ed è anche ricca di fantasie in sinapsi, proliferative di perspicacia, di sagacia, del fare, del Giusto e Perfetto. Non mancherà a lui e alla sua Giunta, la Forza, la Bellezza e la Sapienza.

 




Donna, luce della famiglia.

L’Inestimabile Ruolo della Donna

La vita di un uomo è intrecciata con la presenza e l’influenza delle donne in modi profondi e significativi, dalla nascita alla morte, le donne sono sempre presenti,  nelle nostre esperienze, sostenendoci nei momenti difficili e condividendo le gioie della vita, in occasione della Festa della Donna, è importante riconoscere e celebrare il ruolo fondamentale che le donne svolgono nelle nostre vite e nella società nel suo complesso.

Sin dalla nascita, siamo accolti tra le braccia amorevoli di una donna, la nostra madre.

È lei che ci dona la vita, che ci protegge e ci nutre nei nostri primi momenti di vulnerabilità. Attraverso il suo amore e la sua dedizione, ci insegna il significato del legame familiare e ci dà le fondamenta per crescere e prosperare.

Nella nostra infanzia, spesso siamo affidati alle cure amorevoli di una donna, che può essere una nonna, una tata o una sorella maggiore.

Queste figure femminili giocano un ruolo cruciale nel plasmare il nostro carattere, insegnandoci valori importanti come l’amore, la gentilezza e l’empatia.

Sono loro che ci confortano nei momenti di tristezza, ci incoraggiano nei momenti di sfida e ci ispirano a sognare in grande.

Con il passare degli anni, ci innamoriamo di una donna e scopriamo il potere trasformante dell’amore romantico.

È lei che illumina le nostre giornate con il suo sorriso, che riempie il nostro cuore di gioia e che ci accompagna lungo il cammino della vita.

Insieme, condividiamo speranze, sogni e progetti per il futuro, costruendo una relazione fondata sulla fiducia, sulla comprensione reciproca e sull’amore incondizionato.

Quando è il momento di costruire una famiglia, è ancora una volta una donna che ci accompagna in questo viaggio straordinario.

È lei che porta avanti il miracolo della vita, che dona al mondo nuove generazioni piene di speranza e di promesse.

Attraverso il suo impegno e il suo sacrificio, crea un ambiente sicuro e amorevole in cui i nostri figli possono crescere e svilupparsi pienamente.

Infine, quando giunge il momento di affrontare la morte, spesso siamo circondati dall’amore e dalla presenza confortante di una donna.

È lei che ci accompagna nei momenti finali, che ci tiene la mano e ci consola con le sue parole gentili.

Attraverso il suo sostegno e la sua presenza costante, ci dà il coraggio di affrontare l’ignoto e ci permette di lasciare questo mondo con dignità e serenità.

La Festa della Donna è un’occasione per onorare e celebrare il ruolo inestimabile che le donne svolgono nelle nostre vite. Sono loro che ci danno la vita, che ci sostengono nei momenti difficili e che ci accompagnano lungo il percorso della vita, che si tratti della nostra madre, della nostra compagna, delle nostre figlie o delle nostre amiche, è importante riconoscere il loro valore e il loro contributo alla nostra felicità e al nostro benessere.

Buona Festa della Donna a tutte le donne straordinarie che rendono il mondo un posto migliore con la loro presenza.

 

 

Prof. Angelo SINISI




Super Tuesday …. game over

 

Il 1 marzo 2024 la Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni ha incontrato alla Casa Bianca il Presidente statunitense Joe Biden ricevendo da questi un endorsement chiaro “Giorgia è mia amica”.

Un confronto dichiarato da entrambi “intenso” ed “utile” durante il quale la Premier Meloni ha inteso dichiarare il “Pieno sostegno agli USA” in particolare sulle strategie da attuare a riguardo delle guerre in Medio Oriente ed Ucraina.

Il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, al termine del summit, ha sottolineato la “forte posizione assunta dal presidente Joe Biden e dalla premier italiana Giorgia Meloni riguardo agli aiuti all’Ucraina”.

“C’è una incredibile unità e tutti condividiamo le stesse preoccupazioni riguardo al fatto che Putin conquisti l’Ucraina e ciò che questo significa per la sicurezza della Nato“ ha continuato Kirby negando che vi siano “fratture” tra Washington e Palazzo Chigi.

Sarà per queste dichiarazioni, oltre per un assai irrituale bacio sulla fronte di Biden alla Meloni, che Fox News ha dichiarato “cocca di Biden” la Premier italiana.

Nella settimana precedente a questo incontro in Virginia vi era stato il CPAC, congresso dei conservatori repubblicani americani, ed i beni informati riportano che i cinque deputati della delegazione di Fratelli d’Italia presenti si siano sentiti chiedere dai delegati presenti innumerevoli volte dove fosse la loro leader.

Oltretutto il Presidente dell’Ungheria Orban incontrerà Trump nella sua residenza di Mar a Lago in Florida il prossimo 8 marzo.

Un recente articolo del quotidiano Il Foglio riportava che la Premier italiana avrebbe “autorizzato” il deputato di Fratelli d’Italia eletto nella circoscrizione estera che comprende la Florida, onorevole Andrea di Giuseppe, ad incontrare Trump.

Sempre i bene informati, però, sottolineano che l’invito “all’autorizzato” non sarebbe mai stato inviato da Mar a Lago.

Chi frequenta da dentro il cerchio magico trumpiano sa bene come la Premier Meloni sia ritenuta una che ha “cambiato casacca”, frase assai eufemistica rispetto a quelle che si sentono nei circoli del conservatorismo statunitense.

Martedì 5 marzo c’è stato il Super Tuesday ed è finito 11 Stati ad 1, ove “l’uno” era il Vermont.

Stato, a dire il vero, realmente insignificante dal punto di vista dei pesi per la nomination nel Partito Repubblicano.

Stato in cui vivono 645.570 cittadini americani su 331,9 milioni degli Stati Uniti tutti (dati omogenei del 2021).

Sarà per questo che la CNN, testata da sempre assai ostile al Presidente Trump, poche ore dopo la chiusura delle primarie del Super Tuesday ha annunciato che l’avversaria del “cattivone”, Niki Halley, si stia apprestando a ritirarsi.

Assai difficile poter pensare che i rapporti fra il conservatorismo americano a guida Trump e la Premier italiana possano portare nei prossimi tempi Fox News a titolare “Meloni cocca di Trump”.

Questo richiederebbe un ulteriore e di segno opposto “voltafaccia” della attuale leader della destra italiana.

Cambio di posizione che potrebbe non essere sufficiente.

Necessario è, infatti, che Trump e il conservatorismo americano tutto decidessero di dare alla leader italiana una “nuova possibilità”, in politica tutto è “possibile” ma nulla è “gratuito”.

Il politico Otto Eduard Leopold von Bismarck, nato in Germania nel 1815, è assai famoso per aver teorizzato il fatto che “con un “gentiluomo” si debba essere sempre più di un “gentiluomo”, ma con un “mascalzone” si possa essere più di un “mascalzone”.

Lo stesso politico tedesco, ed i tedeschi in Italia vanno assai di moda, usava anche teorizzare che la politica è “l’arte del possibile, la scienza del relativo” ed, ancora, che la politica “non è una scienza, come molti fra i signori professori immaginano, ma un’arte”.

Infine, Bismarck usava ripetere che la politica “non è una scienza esatta”.

Questi elementi di riflessione sarebbe assai utile che il centro destra, o destra centro come amano oggi dire gli opinionisti italici, li riportino nel loro ragionare per il bene ed il futuro della nostra nazione.

Partendo, appunto, proprio dalla politica estera ove, sommessamente mi sento di temere, il rischio di un avventuroso schiacciamento su un lato della politica statunitense potrebbe arrecare più danni che vantaggi dal gennaio 2025.

Ragionamenti ad alta voce, forse, ragionamenti di chi ha la fortuna di ascoltare le “gole profonde” del “deep Mar a Lago”.

Ignoto Uno




Tempi di guerra …

 

Due anni di guerra guerreggiata in Ucraina parte di un conflitto carsico, forse neanche tanto, fra Stati Uniti e Federazione Russa in terra di Ucraina iniziato almeno dal 2008, ma, molto più probabilmente, sin dai tempi di Bill Clinton presidente alla Casa Bianca.

Unico momento di “tregua” il quadriennato di Donald Trump.

 

Il 3 marzo la Nave Duilio, prima azione di guerra di una nave della Marina Militare Italiana dalla fine della Seconda Guerra mondiale, nello stretto di Bab el-Mandeb ha abbattuto un drone lanciato dagli Houti dallo Yemen.

 

La nuova, e drammatica, escalation in Medio Oriente che ha avuto inizio il 7 ottobre scorso con il massacro causato da Hamas nei territori israeliani e la necessaria ma violentissima reazione dell’esercito nella Striscia di Gaza.

 

I tantissimi focolai di guerra in Africa e in molti luoghi di confine come fra Pakistan ed India.

 

Questo, per brevi e non esaustivi cenni, lo scenario in cui noi tutti siamo chiamati a vivere ed educare i nostri figli.

 

Anni sempre più bui quelli che ci costringono a vivere attraverso le loro scelte i nostri governanti occidentali. Stati Uniti, Europa ed Italia inclusi.

 

Errori, io li reputo tali, già visti nel passato.

 

Errori che causarono, e causano, impoverimento e morte nel nostro occidente.

 

Per ora non si vede una grande reazione a livello del ceto medio, eppure la paura cresce.

 

Probabilmente è solo una questione di tempo, troppa la distanza fra le politiche, soprattutto in Europa, ed il pensiero di ampi strati sociali in ordine a tanti temi.

 

Guerre, politiche gender e green in primis. Politiche eccessivamente lontane dalle tradizioni e dalle necessità del nostro occidente.

 

I media, molti dei quali assai schierati con quello che oggi chiamano “globalismo”, si affannano a spostare il posizionamento culturale delle persone che li seguono ma, poi, basta un generale che scrive un libro e che parla alla loro pancia, perché le “origini” tornino a governare le loro opinioni.

 

La cosa assai interessante, direi anche divertente, è che più gli stessi media, e non solo, cercano di massacrarne l’immagine pubblica, più la figura dello stesso generale diviene “simbolo” per chi vuole vedere salvaguardate le proprie radici.

 

Origini, appunto.

 

Pensando a questa strana corsa alla guerra non può che venire alla memoria come il 15 novembre 1969, in occasione della Moratorium march on Washington scesero in piazza 500.000 persone.

 

Quel giorno nacque il Movimento Pacifista, il suo motto era “Give peace a chance”, date alla pace una possibilità.

 

Il governo degli Stati Uniti dovette prenderne atto.

 

Guerra che era iniziata il 1º novembre 1955 e terminò il 30 aprile 1975 con la caduta di Saigon, durò diciannove anni e sei mesi.

 

Cercare la “pace” non significa “subire il nemico”, significa “costruire un equilibrio con l’avversario attraverso la trattativa”.

 

Cercare la pace è un atteggiamento lungimirante, da statisti.

 

Furono statisti Franklin Delano Roosvelt e Iosif Stalin allorquando firmarono insieme l’Accordo di Yalta nel febbraio del 1945.

 

Qualcuno vuole vedere in quella scelta un accordo firmato fra due capi di Stato che avevano gli stessi valori?

 

Credo sia inconfutabile che in quella scelta di firmare quell’accordo non si possa che vedere la volontà di due avversari di trovare una forma di convivenza che potesse garantire a tutto l’occidente pace.

 

Cercare la pace significa non sentirsi al centro del mondo e unici portatori della “verità”.

 

È cercare la pace favorire movimenti rivoluzionari in nazioni confinanti con il “nemico”?

 

Certamente no! Sarebbe assai necessario esplicitarlo e, al fine di riportare stabilità ed armonia nel nostro occidente e nel mondo tutto, partire dal concetto che le cosiddette “zone di influenza” vadano facilitate.

 

Il cercare di fomentare forme rivoluzionarie, più o meno “non violente”, come accadde con i movimenti rivoluzionari in Ucraina dal 2008, oppure con le tristemente famose Primavere Arabe, per volere dell’allora presidente degli Stati Uniti Obama, già premio Nobel per la Pace, è parte fondante del caos in cui il mondo vive oggi.

 

Innegabile che durante la Guerra Fredda l’allora Unione Sovietica fece altrettanto.

 

In Italia dovemmo scoprire le liste Mitrokhin, gruppo che doveva facilitare l’avvicinamento al Patto di Varsavia del nostro Paese, gruppo ben noto al Partito Comunista Italiano del tempo, gruppo illegale, gruppo a cui si contrappose l’operazione della NATO nota come Stay Behind, in Italia divenuta famosa come Gladio.

 

Fu il Presidente democristiano Andreotti nel 1990 a renderla nota, fu il Presidente Emerito Francesco Cossiga a rendere esplicito che Stay Behind era una operazione coperta della NATO.

 

Di Gladio se ne sente parlare sempre tanto ancora oggi, sommessamente reputo in alcuni casi a sproposito, di Mitrokhin mai, mi chiedo il perché. Eppure i due dossiers andrebbero letti insieme.

 

Ancor più mi domando se oggi in Italia, ed in Europa, vi sia la presenza di una organizzazione antagonista all’atlantismo che abbia saputo pervadere la nostra società occidentale in tutti i suoi ambiti, anche, speriamo di no, istituzionali e partitici, una organizzazione che magari trovi stimoli ed alleanze più in estremo oriente che a Mosca.

 

Se dal 1964 iniziò a formarsi un movimento pacifista che seppe fermare la guerra del Vietnam e formare una cultura del rispetto delle diverse tradizioni e dei diversi popoli, se questa tradizione ha ancora seguaci nel mondo occidentale, se vi sono ancora persone che credono che la pace si costruisce con i tavoli di trattativa basati sul rispetto dell’avversario, se vi sono ancora persone che si rendono conto che la pace si basa su equilibri di forza, se vi sono ancora persone e leaders che la pensano così sarebbe stato assai saggio evitare sia la crisi ucraina che quella medio orientale.

 

Forse, però, magari agli stessi che in questi anni 2000 hanno tanto amato “esportare la democrazia” conveniva facilitare nuovi conflitti.

 

Come non comprendere che, in presenza di questi, qualcuno ci guadagna sempre.

 

Si chiama economia di guerra.

 

Si chiama, anche, arricchirsi sulla morte degli altri.

 

Ignoto Uno




IL BANDECCHISMO III

Negli articoli Bandecchismo I e II parte ci siamo occupati del fenomeno politico legato al Manager e Sindaco di Terni e messo a terra all’indomani delle elezioni amministrative del Maggio 2023 con la conquista dello scranno più alto del Palazzo del Governo cittadino ma iniziato anni prima con la decisione di acquistare la Società Ternana Calcio arrivata poi in Serie B nel campionato 2020/2021.

Nella seconda parte dell’articolo ci siamo interrogati sulla contaminazione del bandecchismo nella comunità civile e politica ma anche all’interno delle Istituzioni democratiche che non hanno finora reagito alle procedure di tutela previste dalle leggi sugli enti locali. 

In questo ultimo articolo della serie indagheremo sull’ultimo tassello del mosaico: quello della cittadinanza o meglio della transizione da un Modello di cittadinanza ad un Modello di sudditanza in atto nella circoscrizione amministrativa di Terni.

La differenza, senza scendere nella teoria, è semplice e di facile intuizione: i cittadini scelgono e condividono attraverso la sovranità popolare assicurata dal suffragio universale le scelte pubbliche; i sudditi subiscono, al contrario, ogni decisione imposta dall’alto da poteri assoluti siano essi in capo ad una Monarchia o ad uno Stato assoluto.

La legge prevede i reati di occupazione di Potere Pubblico e di Funzione Pubblica negli articoli rispettivamente 287 e 347 del codice penale. È tuttavia una sentenza della cassazione penale, la 48745/2011, che rende evidente le asimmetrie nella gestione del potere a Terni.

Infatti, la sentenza recita: ” Per la configurabilità della usurpazione di Funzioni Pubbliche occorre il dolo generico che consiste nella volontà di assumere ed esercitare la funzione pubblica sapendo di non esserne autorizzato…”.

La sentenza richiamata mette in luce gli elementi costitutivi della usurpazione di Funzione Pubblica iniziata a Terni con il Lodo Incompatibilità del Manager Bandecchi con la carica di Sindaco denunciata da un “parere” del Ministero dell’interno e oggetto di iniziative popolari indirizzate al Prefetto ed al Ministro ma rimaste prive di riscontro.

Una questione di legittimità non indifferente perché, vale la pena ricordarlo, il Sindaco di Terni è alla guida della Città di Terni ma anche del Gruppo Universitario Unicusano e delle sue diramazioni italiane ed estere. 

È proprio questo legame, mai reciso, contenitore e contenuto della progressiva sottrazione di cittadinanza attiva alla comunità locale.

I provvedimenti del Sindaco, del resto, non hanno mai nascosto questo conflitto d’interessi evidente nella ingerenza finanziaria del Gruppo industriale del Bandecchi imprenditore nella gestione della città del Bandecchi Sindaco.

Potremmo ricordare, a tale riguardo, gli interventi sull’arredo urbano finanziati privatamente dal manager, come l’appalto di polizia privata in giro per la città, per non dimenticare i regali di Natale ai dipendenti pubblici in aperta violazione dell’art 4 del Tuel che regola il contratto dei lavoratori nel settore pubblico, fino alle installazioni di Pasqua, delle monumentali uova alte fino a 6 metri finanziate e messe in posa dalle società private del Sindaco e probabilmente senza le necessarie procedure in ordine ai rischi degli ingombri e degli ancoraggi.

L’operazione tuttavia più emblematica resta il Progetto relativo alla ristrutturazione dello Stadio di Calcio locale che dovrebbe prevedere la realizzazione di una clinica privata da convenzionare con il Servizio Sanitario Nazionale. Due interventi per circa 80 milioni di euro che già la giunta precedente aveva definito di interesse pubblico nel 2021 e che oggi, con Bandecchi Sindaco, celebrerebbero il mega conflitto di interessi che potrebbe vedere (nel caso non vengano chiarite le Governance reali delle società coinvolte) il Sindaco di Terni nel duplice ruolo di committente pubblico e di commissionario privato.

Una questione che non scandalizza, però, né è oggetto di interrogazioni o approfondimenti.

La città, la comunità politica e le Istituzioni subiscono ormai il bandecchismo e c’è da chiedersi se diventare sudditi non sia una scelta vincente in Italia.

 

 




A PROPOSITO DI ETICA

 

 

Se la morale considera le norme e i valori come dati di fatto, condivisi da tutti, l’etica cerca di dare una spiegazione razionale e logica di essi.

Considerazioni generali

L’etica studia i fondamenti che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico e normativo, cercando di distinguerli in buoni, giusti, leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti ingiusti, illeciti, sconvenienti o cattivi secondo un ideale modello comportamentale (ad esempio, una data morale). Come disciplina affronta questioni inerenti alla moralità umana, definendo concetti come il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, la virtù e il vizio, la giustizia e il crimine. L’etica è, quindi, sia un insieme di norme e di valori che regola il comportamento dell’uomo in relazione agli altri, sia un criterio che permette all’uomo di giudicare i comportamenti, propri e altrui, rispetto al bene e al male.

Sovente etica e morale sono usati come sinonimi e in molti casi è un uso lecito, ma è bene precisare che una differenza esiste: la morale corrisponde all’insieme di norme e valori di un individuo o di un gruppo, mentre l’etica, oltre a condividere questo insieme, contiene anche la riflessione speculativa su norme e valori. 

Per comprendere meglio la natura ambivalente, intima e collettiva, dell’etica, possiamo confrontarla con un’altra istituzione normativa, il diritto. Entrambe le istituzioni regolano i rapporti tra individui, ma si affidano a mezzi diversi.

Infatti, mentre il diritto si basa sulla legge territoriale, valida solo sul territorio statale, che va promulgata affinché si conosca, e che, se non rispettata, sarà seguita da una pena, l’etica si basa sulla legge morale, valida universalmente, già nota a tutti in modo non formale; il primo si occupa della convivenza fra gli individui, la seconda della condotta umana più in generale.

È opportuno anche rilevare come il rapporto tra etica e diritto, nel corso della storia umana, sia stato ambiguo. Mentre, infatti, il diritto è la scienza della coesistenza, regolata da norme giuridiche che dovrebbero basarsi su princìpi etici, l’etica invece è la capacità di discernere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto, e non sempre

essi coincidono o mirano allo stesso obiettivo.

Riflessioni sull’etica

La riflessione sull’etica nasce con SocratePlatone e Aristotele e poi è approfondita dalla Scolastica, affermandosi in modo deciso soprattutto con l’Illuminismo e, in particolare, con Immanuel Kant, che tenta di definire i presupposti razionali dell’agire morale dell’uomo, richiamandosi alla necessità di un’etica del tutto svincolata da ogni finalità esteriore e impostata su un rigoroso senso del dovere e del rispetto della libertà altrui (l’etica, dunque, come “imperativo categorico“).

Per quanto riguarda le culture extraeuropee, grande rilevanza ha il pensiero filosofico cinese. I filosofi cinesi hanno sempre dato una grande importanza all’etica, trattando di essa con maggior interesse e profondità rispetto ad altri argomenti filosofici. I maggiori filosofi cinesi che si sono interessati di etica sono Confucio, sicuramente il più importante, MencioLao-TseMozi. Poiché nelle culture orientali la distinzione tra filosofia e religione spesso non è chiara e netta, molto importanti per il pensiero etico sono stati anche il Taoismo e il Buddhismo.

L’etica ebraica indica un’intersecazione dell’ebraismo con la tradizione etica del mondo occidentale. Come per altri tipi di etica religiosa, la numerosa letteratura sull’etica ebraica intende rispondere a una vasta gamma di questioni morali e, quindi, può esser classificata come “etica normativa“. Per millenni il pensiero ebraico ha affrontato il problema complesso del rapporto legge-etica. La tradizione della Legge religiosa rabbinica (nota come Halakhah) esamina numerosi problemi spesso associati con l’etica, compresa la relazione dinamica con i doveri che non sono usualmente puniti dalla legge.

La storia dell’etica è costituita dalla successione delle riflessioni sull’uomo e sul suo agire e i filosofi hanno da sempre riservato un notevole spazio ai problemi etici. E non vi è dubbio che quando leggiamo in ogni codice penale che l’omicidio è uno dei più gravi delitti, punito con le sanzioni più severe, non possiamo non sentire l’eco del comandamento: Non uccidere.

D’altra parte sappiamo bene che, di là da un indispensabile nucleo essenziale di valori condivisi, nelle società multietniche e multiculturali imporre con la legge un precetto religioso o morale può significare una grave pressione sulla libertà delle persone e dei gruppi. Alla base, infatti, di ciascuna concezione dell’etica, sta la nozione del bene e del male, della virtù e una determinata visione dell’uomo e dei rapporti umani. E tali idee sono spesso correlate a una particolare religione, o comunque a un’ideologia.

 

Peraltro i punti di contatto tra etica e diritto sono svariati, anche se nella storia dell’uomo vi sono stati molti casi in cui il diritto non ha seguito la morale, come ad esempio nel caso delle leggi di Norimberga del 1935, in Germania, o delle leggi razziali italiane del 1938. Dall’altra parte, vi sono molti casi in cui l’uomo ha rifiutato il diritto, con il fine di seguire la propria etica. È il caso, ad esempio, dell’obiezione di coscienza, che è un comportamento con origini molto antiche nella storia dell’uomo. E Sofocle, nella sua tragedia Antigone, aveva già, all’epoca, posto l’accento sull’eterno conflitto presente tra legge umana (atto giuridico) e divina (riflesso della coscienza) e di come una delle due leggi potesse sovrastare l’altra.

 

I valori etici del diritto si basano innanzitutto sui Diritti umani, in altre parole quei valori dati da quello che noi consideriamo giusto. Di Diritti umani si è cominciato a parlare ampiamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. In Europa, in particolare, vige un insieme di regole che riconoscono tali princìpi come fondamentali. La Dichiarazione è, infatti, la base comune che informa tutto il sistema giuridico europeo.

Ancora, non si può non osservare che diritto, religione e morale sono sempre in necessaria relazione fra loro, ma allo stesso tempo irriducibili l’uno alle altre. L’esperienza politica del continente europeo nell’ultimo secolo ha assistito alle gravi conseguenze che si generano quando la legge, volendo imporre un assetto di valori, è divenuta forza tirannica e totalitaria, nella forma di uno stato etico che è stato inevitabilmente assoluto. Ma lo stesso è accaduto quando, all’opposto, si è tentato di separare totalmente il piano del diritto dal piano della morale, sotto l’influsso del positivismo giuridico: allora la legge ha finito per divenire un puro atto di volontà, indifferente al contenuto del comando che essa poneva.

E così, per altra strada, la storia d’Europa è di nuovo stata attraversata dall’esperienza di un nuovo stato assoluto di diverso segno. Dopo la tragica epoca dell’ingiustizia della legge, con le leggi razziali italiane e tedesche degli anni ’30 del Novecento, si è compreso che il diritto e la giustizia dovevano tornare a dialogare, e che il diritto e la morale dovevano gravitare su orbite distinte, ma non del tutto distanti e separate.

Piero Calamandrei diceva: “Non bisogna scoraggiarsi. Non bisogna − solo perché nei periodi di generale turbamento sociale anche i giudici soffrono di queste incoerenze − cessare di avere fiducia nella giustizia“. Siamo negli anni ’50 del secolo scorso, quando questi pensieri erano annotati sotto il titolo «Crisi della motivazione». Ma oggi non hanno perso di attualità: sia pure con le evidenti differenze, anche oggi siamo in presenza di un “trapasso storico” e di un “generale turbamento sociale“, con un conseguente dissidio tra legge e giustizia, che si scarica essenzialmente su quest’ultima, nonché sulla motivazione dei suoi provvedimenti, principale veicolo di legittimazione della giustizia stessa. La motivazione sarà, infatti, il luogo, lo strumento, il momento della trasparenza, del rendere conto, e della coerenza della decisione adottata (per lo più prima della motivazione).

Mentre la “crisi della motivazione“, riflesso del dissidio tra legge e giustizia, condurrà, in alcuni casi, a motivazioni in aperto contrasto con il dispositivo.

Barbara de Munari

 




ETICA SUI RAPPORTI SOCIALI SECONDA PARTE

 

Con attenzione ancora maggiore va condotto, oggi, il confronto della ideologia e dei programmi politici marxisti con la dottrina evangelica e cristiana. Questo è infatti un problema di viva attualità. Esso abbraccia anche la questione del comunismo e dei partiti in cui esso prende corpo, e dei regimi “socialisti” che si ispirano e sono coerenti col marxismo.

 

 

ESSENZA DEL MARXISMO

 

Come scriveva Pio XI, “assai pochi hanno potuto penetrare la vera natura del comunismo”.

“Il comunismo è la pura dottrina, è il puro movimento marxista”: era la definizione data dalla Piccola Enciclopedia del Socialismo e del Comunismo. Non è mai stata cambiata questa definizione, nonostante i ripetuti tentativi dei dirigenti comunisti dei paesi occidentali (non ancora al potere), di distinguere tra la milizia degli iscritti al partito e la loro fede religiosa o filosofica.

E il marxismo non era una astratta teoria filosofica, nè un semplice metodo storiografico, e neppure un limitato corpo di dottrine economiche e politiche ma una completa concezione del mondo poggiate sul materialismo dialettico e storico in cui questi elementi sono presenti e organicamente fusi.

Si hanno dunque nel comunismo: un fondamento, il materialismo dialettico e storico; le parti integranti, la teoria filosofica, il metodo storiografico, le dottrine economiche e politiche; il risultato della fusione organica, una completa visione del mondo. Il marxismo infatti pretende di spiegare il mondo (compreso l’uomo): la sua origine, le sue leggi, la sua intima natura, il suo ultimo fine.

Anche a prescindere dalle teorie filosofiche più astratte e si può dire astruse che ne sono il fondamento, basti osservare che il comunismo aveva la sua anima nel materialismo storico, il quale interpretava la storia per mezzo del materialismo dialettico. L’evoluzione della materia, dei viventi, dell’uomo, è la conclusione per tappe della lotta interna della materia in continua progressione da un piano inferiore a uno superiore; evoluzione a “spirale ascendente”. Marx insisteva, soprattutto, nel sostenere che il meccanismo della dialettica aveva ugualmente luogo nello sviluppo delle società umane. Dall’uomo primitivo che vide accendersi in lui la prima scintilla dell’intelligenza, agli uomini civilizzati di oggi, la razza umana è stata costruita a poco a poco dalla dialettica che pervade il cosmo. La comparsa dell’intelletto ha avuto come risultato una accelerazione del processo di cambiamento, perché ha introdotto una nuova spinta e un nuovo potenziale (azione riflessa e, dopo Marx, coscientemente diretta) nelle forze in conflitto nella lotta che è l’essenza dell’universo umano, come di quello materiale. Di fase in fase, l’uomo ha creato strumenti di produzione, ha esteso le sue relazioni sociali. Così è giunto, attraverso il “comunismo primitivo” l’orda, l’antica società schiavista, il feudalesimo, la borghesia, fino al capitalismo e al periodo moderno. E’ ora all’ultima soglia, prima della finale conquista sociale delle forze produttive, ultimo passo per la totale liberazione dell’uomo (risultato finale della dialettica della materia) da tutte le contingenze e da ogni forma di servitù. In breve, secondo i teorici marxisti, il significato del divenire dialettico, e quindi il significato e lo scopo della storia, è il dominio della storia, è il dominio delle forze della natura, da parte dell’uomo, che è un intelletto prodotto dalla materia. Tutta l’azione storica del partito comunista è generata da questa concezione fondamentale.

 

 

OPPOSIZIONE AL CRISTIANESIMO

 

Notiamo subito che anche il Cristianesimo è una completa concezione del mondo e dell’uomo, di cui spiega l’origine, la natura e l’ultimo fine. Ora il comunismo si basa sul materialismo dialettico e storico: una concezione del mondo limitata alla terra ed alle leggi intrinseche della materia. Il Cristianesimo si basa su due verità fondamentali, che la ragione e il consenso dei popoli hanno sostenuto: cioè che Dio esiste (e tutto procede da lui), e che egli è il rimuneratore dei buoni, cioè l’origine della legge morale ed il fine ultimo del mondo e dell’uomo; e su una verità storica incontrovertibile: la rivelazione, completata e culminata nella venuta del Figlio di Dio sulla terra, dove è vissuto, ci ha redenti con la sua morte, è risorto ed ha fondato la Chiesa per continuare la sua opera.

Tra le due concezioni non c’è un solo punto di contatto. Sono due mondi diversi, antitetici. E’ chiaro che per il cristiano non vi può essere alcuna alleanza col credo comunista, alcuna accettazione nemmeno parziale né della sua filosofia né delle linee di azione dei suoi aderenti. Dati i suoi punti di riferimento, la sua fede nella connessione e interpretazione di tutti i processi, la interdipendenza di tutti i fenomeni, e la sua insistenza nel sostenere che le attività spirituali dell’uomo non sono che il riflesso di fenomeni sociali ed economici, il cristiano non può accettare né agire secondo uno solo di questi aspetti, per esempio le tesi socioeconomiche, senza contribuire a promuovere il tutto. In breve, senza aiutare la causa ateistica.

 

Di più – questo ha importanza in modo speciale per il cristiano -, si tratta di una causa “messianica”. Giacchè il messianismo penetra in profondità nella coscienza del marxista, ed è parte essenziale della dottrina stessa del materialismo storico. Perciò i suoi seguaci sono indotti a credere di stare “dalla parte della storia”, di essere “gli strumenti consci del processo storico dialettico”, e di identificarsi con le stesse leggi che governano l’intero universo materiale. Essi dunque, più di ogni altro, hanno il diritto di modellare le menti e di offrire una risposta ad ogni problema.

Applicata alla religione, la dottrina del materialismo storico porta alla seguente situazione: è necessario nello stesso tempo attaccare le organizzazioni religiose, cercando di impadronirsi del loro controllo e svuotare la religione come frutto di ignoranza, attraverso l’educazione scientifica, sociale e politica dei suoi seguaci. In questo modo si spezzano le “sovrastrutture religiose”, accelerando il processo di cambiamento di moto.

 

 

ELEMENTO POSITIVO DEL SISTEMA IDEOLOGICO-POLITICO MARXISTA

 

Indubbiamente in questo farraginoso sistema una parte di verità c’è, riconosciuta anche dalla Chiesa, e consiste nell’intento di migliorare la sorte delle classi lavoratrici, togliere gli abusi reali prodotti dall’economia liberale, ottenere una più equa distribuzione dei beni della terra e, possiamo aggiungere, aspirare a una maggiore intesa e fusione internazionale. C’è, nel programma politico del marxismo, l’assicurazione dei beni materiali per tutti. C’è un sogno di perfetta giustizia sociale, capace di attrarre molti uomini che non cercano il loro personale interesse, bensì un ordine migliore, E’ per questo che il programma politico marxista esercitò un suo particolare fascino su molte intelligenze e sulle masse, non ancora piegate dalla forza bruta. Ma, come diceva il capo comunista ungherese Laszlo Rajk, impiccato dai suoi compagni nel 1949, si tratta di “un fondo di verità affogato in un diluvio di menzogne”. La tanto decantata “dialettica” non era che un nuovo termine per denotare cose molto antiche.

In realtà il sistema marxista si presenta come un blocco monolitico, sicché non si può dissociare, come pensano alcuni ingenui il programma economico-sociale, d’altra parte tanto discutibile, dalla dottrina filosofica. Un Accurato studioso del marxismo, il Ducatillon, ha scritto “E’ impossibile essere comunisti socialmente senza essere tali filosoficamente, proprio come non si può essere cattolici facendo astrazione dal dogma, per ritenere soltanto l’insegnamento sociale della

 

 

LATI NEGATIVI

 

Dal punto di vista filosofico, il marxismo è un cumolo raccogliticcio di filosofie, ormai da tempo superate, del sette-ottocento, come l’economia e la sociologia di Marx, sono nate nell’ambiente, che oggi è soltanto un ricordo, della Germania, della Francia e dell’Inghilterra -le tre nazioni in cui visse l’agitatore di Treviri-, così la sua filosofia risente dei pensatori del tempo, Hegel, Feuerbach, e Darwin. Anche un dilettante di storia della filosofia sa bene che il distacco da questi maestri avvenne per opera degli stessi discepoli e oggi non esiste filosofo serio che si riallacci direttamente.ad essi.

Del resto sana ragione rifugge dalla riduzione della realtà alla sola materia. E’ possibile che esista lo spirito senza materia. Ma l’esistenza della materia senza lo spirito è un assurdo, per il semplice motivo che la materia non può avere il suo principio in se stessa, anche si tratta di materia dotata, come affermano gratuitamente i marxisti, di “autodinamismo”. Proprio perchè dialettica, il continuo ed inarrestabile cambiamento, la materia ha bisogno di una causa non materiale, che noi chiamiamo spirito. Il monismo rigoroso e inflessibile di Marx è contro la realtà. Affermare la esistenza della sola materia significa, filosoficamente declassarla.

Del resto la poca dimestichezza del marxismo con la filosofia, quindi con la sana ragione, si rileva dal fatto che esso è intrinsecamente incoerente. Mentre attraverso il processo dialettico afferma che tutto cambia, che niente è fisso, esso vuole arrivare al comunismo come allo stadio finale.

Logicamente anche il comunismo, se venisse realizzato, si porrebbe come tesi, e verrebbe, quindi superato da una antitesi per comporre una ulteriore sintesi. Ma su questo punto i marxisti sfuggono alla discussione, o cercano delle soluzioni in una nuova dialettica nell’ambito della società comunista (Stalin, Mao-tse-tung).

Il colmo, che dimostra meglio la mostruosità filosofica del marxismo, si ha nella negazione del principio di non contraddizione per cui ogni sistema che si afferma come vero nega la verità del contrario (altrimenti quella stessa affermazione non avrebbe senso). Il principio di identità quale supremo principio del reale (che l’essere sia identico a se stesso), coincide col principio di non-contraddizione (che non si possa contemporaneamente affermare e negare la stessa cosa sotto il medesimo aspetto). Ora la dialettica marxista pretende innestare la contraddizione nella costituzione stessa dell’essere.

Ma più che a livello filosofico (o anche teologico), la critica al marxismo e ai sistemi sociopolitici che ne derivano va fatta dal punto di vista economico e sociale, perché questo è il territorio su cui il socialismo “scientifico” ha preteso impiantarsi.

 

Dal punto di vista economico, notiziamo anzitutto che la critica che Carlo Marx fa del regime capitalista non è scientifica. Accanto a intuizioni, parzialmente giuste, vi si rilevano troppe approssimazioni, identificazioni semplificatrici apriorismi filosofici. Economisti di gran nome contestano la teoria del valore-lavoro e l’applicazione di essa alla merce-lavoro. Ci sono altre sorgenti di plusvalore in un sistema che non è mai in equilibrio, come i progressi e le innovazioni tecniche.

Inoltre Marx, partendo dal principio dell’impossibilità di eliminare le due barriere costituite dal “tempo” e dallo “spazio”, per raggiungere l’equilibrio fra la domanda e l’offerta, costruisce la sua teoria socialista, secondo la quale il solo mezzo per giungere al regolamento dell’economia è il controllo esercitato dagli organi governativi. Ora i mezzi tecnici odierni, sfruttati pienamente, sono in condizioni di vincere le barriere del tempo e dello spazio, dotando il mondo di una rete amplissima di vie di comunicazione e di trasporto. Gli schemi di Marx “sono oggi null’altro che delle dottrine sorpassate, che potevano essere di moda nel secolo XIX.

Infine la insufficienza della dottrina economica marxista si può rilevare sia dalla tendenza del socialismo moderno, verso il capitalismo, sia dalle conseguenze del suo sistema economico.

La tendenza verso il capitalismo si può rilevare dai seguenti fatti: distribuzione dei salari secondo la natura e la portata dei servizi, senza tener conto del valore del tempo di lavoro del contributo dei singoli alla produzione; concorrenza fra gli enti incaricati delle vendite; iniziativa individuale e profitti nelle aziende agricole collettive; accumulo di capitali e loro uso da parte dei privati; diritto di eredità della proprietà personale concesso dalla costituzione; aumento sempre crescente della diversità di reddito fra i vari gruppi; creazione di nuove classi sociali; affari internazionali trattati sulla base capitalista ,ecc.

Le conseguenze del sistema economico marxista ci dicono che, nonostante parziali successi in alcuni settori, nonostante l’impulso di industrializzazione, il livello di vita, dove si applica questa teoria, è ancora ben lontano da quello medio delle nazioni occidentali più progredite.

 

Dal punto di vista sociale, non si può ignorare che il marxismo, tradotto nel comunismo, disgrega i fondamenti del retto ordine sociale, quali la proprietà privata, la famiglia, il bene comune.

Della proprietà privata, almeno per quanto riguarda i mezzi di produzione, nega il diritto: diritto naturale, cioè voluto dal concetto stesso di uomo per la conservazione e lo sviluppo di una vera personalità umana. Se il comunismo, in linea di fatto, ha dovuto scendere, in proposito, a qualche parziale ed insignificante concessione, ciò dimostra quanto esso sia contro natura.

Le medesime osservazioni si possono fare riguardo alla famiglia. Marx respinge il matrimonio tradizionale, considerandolo una forma di proprietà privata, e, come tale, una degradazione, perchè disumanizzante. L’ istituzione familiare, come il diritto sul quale è obiettivamente fondata, fa parte della sovrastruttura della società e dipende dalle strutture economiche.

Il bene comune, infine, è annullato dal marxismo, che finisce non solo nel disordine, ma anche nel dispotismo e nell’oppressione. “Non più sfruttatori nè sfruttati” è il grido della guerra immediata e il miraggio della pace futura.

Ma il comunismo una volta arrivato al potere, al posto della classe dei capitalisti crea le categorie dei capi, dei funzionari statali, dei poliziotti, e al posto della classe proletaria la categoria di coloro che devono solo obbedire.

Dal punto di vista che potremmo dire umanistico, visto che si è parlato tanto di “umanesimo marxista”, come proposta di realizzare “l’uomo totale”, possiamo riconoscere l’attrazione ma non senza far notare l’ambiguità di questo progetto di fare dell’ uomo il soggetto, e nel medesimo tempo l’ oggetto ultimo dell’ azione, il suo stesso prodotto anche quando essa sembra produrre degli oggetti esteriori: “l’uomo totale” è il soggetto vivente, dapprima dilaniato, dissociato e incatenato alla necessità e all’astrazione. Attraverso questo spazio egli va verso la libertà: diviene natura, ma è libero.

Diviene totalità come la natura, ma dominandola.

Qui non dobbiamo discutere l’insieme delle tesi soggiacenti a queste affermazioni. Notiamo tuttavia con Hyppolite che la produzione marxista dell’uomo mira ad essere, malgrado certe espressioni troppo oggettiviste di Marx, l’Assoluto che è Soggetto, cioè l’uomo divenuto universale, il Dio che si fa lui stesso, invece che un Dio contemplato in un cielo lontano. “L’ uomo si appropria del suo essere universale in maniera universale, dunque lo fa in modo totale” (Marx). Ma in conclusione si arriva a questo, che l’uomo comunista diviene “quel capitale più prezioso”, di cui parlava Stalin; una realtà umana subordinata ai valori dell’economia e al dominio del potere, spesso persino al terrore. La storia marxista conduce fatalmente non al rispetto della persona umana, ma al suo disprezzo.

L’uomo totale vero consiste nella persona umana considerata in tutti i suoi aspetti, di corpo (materia), di spirito (non materia), e per i cristiani, di figliolanza divina (soprannaturale). Il marxismo teoricamente considera l’uomo solo sotto l’aspetto di materia (l’uomo economico), e in pratica non fa che devastare la sua vita spirituale e fisica.

Le uccisioni in grande stile, le deportazioni, gli internamenti operati dai regimi comunisti in tutti i paesi da essi dominati, e che costituiscono la più colossale offesa all’ uomo della storia derivano da quella falsa concezione materialistica dell’uomo mutilato dei suoi valori più alti e anzi svuotato del suo significato personale.

Ma si badi: lo spettacolo orrendo delle soppressioni e delle oppressioni fisiche impallidisce davanti allo spettacolo, davvero mostruoso delle stragi di ordine spirituale, delle devastazioni delle coscienze, delle costrizioni, torture, umiliazioni di ordine spirituale, della massificazione intellettuale e morale dell’immenso gulag dello spirito a cui si cercò di ridurre intere nazioni. Il marxismo rappresenta il tentativo più colossale e più riuscito di quella uccisione di anime, di cui Gesù diceva “Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima” /Mt. 10,28).

 

Dal punto di vista dell’etica umana e cristiana, bisogna affermare senza esitazioni che il marxismo è profondamente, essenzialmente immorale.

Nell’intento di rimediare a molte innegabili ingiustizie commesse verso le classi più povere, è pur sempre immorale calpestare diritti non meno reali di quelli dei poveri e operare il sovvertimento ingiusto di tutte le posizioni acquisite.

E’ immorale l’essenziale totalitarismo, che sopprime ogni voce, non consente la discussione con nessun altro punto di vista, elimina qualsiasi opposizione, costringe le persone all’abdicazione dei loro fondamentali diritti in mano allo Stato. Nè finora si hanno prove di un cambiamento reale di questo sistema di governo, nonostante qualche segnale degli ultimi tempi su di una “ristrutturazione” e una “trasparenza” che però attendono conferme istituzionali per poter essere ritenute fatti di rilievo storico e morale.

Del resto è essenzialmente immorale lo stesso principio-base del marxismo che giudica ogni violazione delle leggi morali: la relatività della verità e, quindi della morale.

Il concetto di bene e di male è legato al bene dello Stato o del partito: è bene ciò che giova al partito, anche la soppressione di vite e l’oppressione dei popoli; è male ciò che al partito, considerato norma suprema di moralità, non giova. Di qui l’assoluta mancanza di controllo, di freno, in qualsiasi periodo del processo dialettico della società. Perciò Pio XI, nell’ enciclica Divini Redemptoris, definiva il comunismo ateo come “intrinsecamente perverso”.

 

Dal punto di vista religioso, infine, si deve osservare che il comunismo sostanziato dall’ateismo marxista, finchè non se ne libera totalmente, e non solo a parole, ma nella realtà delle sue posizioni ideologiche e delle sue scelte politiche, da una parte assomma tutti gli errori antireligiosi delle filosofie precedenti: materialismo, laicismo, idealismo, agnosticismo, razionalismo, dall’ altra si presenta esso stesso come sostituto della religione. Anzi si deve dire di più: fa dell’ateismo militante una religione. Basta leggere l’opuscolo di Lenin sulla religione, dove si vede che cosa pensa il marxismo su tale materia e quale metodo insegna per la lotta antireligiosa.

L’ attacco più violento il comunismo lo riserva alla religione cattolica. Qualunque siano le professioni o promesse di rispetto di alcuni uomini, forse sinceri, nei confronti della Chiesa, per il sistema vale tuttora ciò che aveva scritto Pio XI nella enciclica Divini Redemptoris: “insistendo sull’aspetto dialettico del loro materialismo, i comunisti pretendono che il conflitto che porta il mondo verso la sintesi finale, può essere accelerato dagli uomini. Quindi si sforzano di rendere più acuti gli antagonismi che sorgono tra le diverse classi della società, e la lotta di classe, con i suoi odi e le sue distruzioni, prende l’aspetto di una crociata per il progresso dell’umanità. Invece tutte le forze, quali che esse siano, che resistano a quelle violenze sistematiche, debbano essere annientate come nemiche del genere umano”. Tra queste forze nemiche è al primo posto la Chiesa cattolica, per la chiarezza e coerenza delle sue posizioni, per la sua diffusione in tutto il mondo, per la sua libertà dai condizionamenti nazionali e razziali, per la sua organizzazione unitaria, per la sua esperienza dei secoli. Inoltre la dottrina comunista è in antitesi con quella cristiana, insegnata fedelmente dalla Chiesa, a livello sia teologico-filosofico sia etico-sociale.

Perciò ci spiega la lotta dura e crudele per l’esistenza imposta alla Chiesa dal comunismo; lotta che, si può dire, non ha avuto precedenti dalle origini fino ai giorni nostri.

Come scrive Pio XI nella enciclica Divini Redemptoris, “per la prima volta nella storia stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta ed accuratamente preparata dall’ uomo contro “tutto ciò che è divino”. Il comunismo è per sua natura antireligioso, e considera la religione come l’oppio del popolo” perchè i principi religiosi che parlano della vita d’ oltre tomba distolgono il proletariato dal mirare al conseguimento del paradiso di questa terra.

Il “paradiso è di là da venire anche per il comunismo. La Chiesa ha ben ragione di non fidarsi delle parole dei comunisti, e di continuare a proporre agli uomini, con Pio XI, la suprema realtà, che è Dio a riaffermare i diritti imprescrittibili della persona umana, i diritti e i doveri della società, a mostrare la saggezza e la attualità della propria dottrina sociale, e a rivolgere il suo appello a quanti credono in Dio, per premunirsi contro le insidie del comunismo, comunque mascherato, e salvare la società umana.

L’ enciclica di Pio XI scritta nel 1937, quando il comunismo non dilagava ancora nell’ Europa, dimostra come quel pontefice vide chiaro nella essenza dell’ideologia e del sistema politico marxista e presagì i suoi futuri sviluppi, fatali per l’umanità.

 

A chiusura di questa esposizione, necessariamente sintetica, sul marxismo e il comunismo, una conclusione, già più volte accennata s’ impone.

 

Il marxismo-lieninismo (e il comunismo) appare come un fenomeno totale. Questo elemento di totalità lo caratterizza in modo che, se è possibile isolare questo o quello dei suoi elementi, questa o quella delle sue analisi, tuttavia, solo situati in questa totalità essi assumono il loro significato. Di conseguenza, non è “battezzato” questa o quella parte del sistema marxista e rettificandolo in questo o quel punto, che sarà possibile cristianizzarlo. Il marxismo sarebbe cristallizzabile solo se lo fosse nella sua totalità. E questo non è possibile. D’ altronde Engels, sin dal 1843 aveva avvertito che non si poteva prospettare un comunismo cristiano che fosse comunismo nel senso inteso da Carlo Marx e da lui stesso.

Tutto ciò vale per il marxismo e per il comunismo impastato di marxismo, oggi come ieri. Non è escluso che essendo gli uomini correggibili e perfettibili più dei loro sistemi, si possono avere anche nel mondo comunista cambiamenti, e persino svuotamenti dall’interno, sia pure con processi lunghi e faticosi.

Don Walter Trovato