Genocidio Culturale

Le ruspe della politica contro gli ulivi secolari della cultura.

E’una triste storia, quella che vi stiamo raccontando. E, nessuno, sinora, ha deciso di raccontarla, perché scomoda, molto scomoda.

Siamo a Foggia, precisamente a Cerignola. C’è un Istituto Agrario, il Pavoncelli, con una fiorente azienda agricola annessa. Ogni anno aumenta il numero degli iscritti dell’Istituto. Ed i ragazzi dell’azienda agricola fanno ricerca e sperimentazione su nuove forme di “cultivar” autoctone, straniere ed ibridi genetici, oggi introvabili. Arrivano a produrre persino un olio certificato d’eccellenza seguendo ed amando, quotidianamente, 1650 piante di ulivo. I terreni su cui coltivano sono un lascito testamentario del 1868. Il patrimonio immobiliare rimanda infatti ad una benefattrice. Anna Maria Raffaella Manfredi, vedova Pignatari, che nel suo testamento lasciò i suoi terreni affinché fosse costituita l’Opera Pia Manfredi–Pignatari. Lungimirante e generosa donna d’altri tempi che volle un Ente morale per realizzare la Scuola pratica di agricoltura, col fine di “accogliere e mantenere dei giovanetti poveri e di educarli avviandoli principalmente nell’agricoltura”.

Dunque, da più di un secolo, generazioni di allievi dell’Istituto agrario Pavoncelli continuano a studiare la teoria, ed applicare la pratica, sui terreni dell’azienda agricola annessa. Terreni che non sono del Comune, ma fondi rustici aziendali di proprietà del Pavoncelli.

Fino a che, un brutto giorno, arrivano le ruspe.

Di chi? Del Comune. Per fare cosa? Distruggere tutto.

Bisogna fare spazio e costruire un Palazzetto dello sport ed un centro commerciale. Con quali soldi? Con quelli ottenuti dalla vendita dei terreni dell’azienda agricola.

Tutto a norma di legge, dice il Comune.

Un po’ meno, per noi, che siamo andati ad informarci.

Il Tribunale di Foggia con Sentenza n.1039 del 19/10/1991, passata in giudicato, nella causa civile tra Istituto Tecnico Agrario Pavoncelli C/ Comune di Cerignola, ha dichiarato il Comune di Cerignola proprietario del fabbricato adibito a scuola e possessore a titolo enfiteutico dei fondi rustici dell’azienda agraria.

Nella richiamata Sentenza è effettuata un’analitica ricostruzione delle vicende.

I fondi rustici, costituenti l’azienda agraria, appartenevano alla Fondazione Opera Pia Manfredi-Pignatari, fondata nel 1872.

Due anni dopo, la Fondazione diventa “Istituto Agricolo” e gestisce la distinta “Scuola pratica di agricoltura”, originariamente istituita dalla stessa testatrice.

Nel 1933, la Scuola pratica di agricoltura si trasforma in “Regia Scuola Tecnica a indirizzo agrario”. Ed infine, la Regia scuola Tecnica è rinominata Istituto Tecnico Agrario Statale “Giuseppe Pavoncelli”.  Si tratta di soggetto giuridico distinto dall’originaria fondazione Opera Pia Manfredi-Pignatari, che era stata sciolta alla fine del 1923, individuando, nell’Ospedale civile di Cerignola, il successore e gestore della cessata Opera Pia.

Fatto molto importante, tra l’Opera Pia e il Comune di Cerignola, ai fini degli scopi della fondazione, è stato stipulato in data 4/07/1889 e 13/07/1889 un ATTO ISTITUTIVO DI ENFITEUSI PERPETUA, avente ad oggetto i fondi costituenti l’attuale azienda.

Cioè il Comune, dal 1889, gode di un diritto reale di godimento su un fondo altrui, però s’impegna a migliorarlo. In tal senso, il Comune di Cerignola si è impegnato a destinare gli stessi fondi agli scopi della Scuola pratica di agricoltura.

Stante gli obblighi derivanti dalla Legge n.889/1931 (che poneva a carico degli enti locali i mezzi necessari per l’espletamento dell’attività didattica delle scuole e degli istituti di istruzione), il Comune ha poi destinato i fondi posseduti sempre a titolo di enfiteusi con vincolo di destinazione all’ITAS Pavoncelli;

Infine, Il Comune di Cerignola nel mese di agosto 1889, ha acquistato dall’Opera Pia il fabbricato destinato a sede dell’Istituto con impegno a mantenere ferma la destinazione scolastica.

Fin qui tutto bene.

Purtroppo, con la Legge n.23 del 1996, gli immobili utilizzati come sede delle istituzioni scolastiche, sono trasferiti, in uso gratuito con vincolo di destinazione ad uso scolastico, alle province.

Le province, si assumono gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché gli oneri dei necessari interventi di ristrutturazione, ampliamento e adeguamento alle norme vigenti. I relativi rapporti sono disciplinati mediante convenzione.

Ebbene, con Atto di Convenzione del 17.09.1999 il Comune di Cerignola ha trasferito alla Provincia di Foggia gli immobili scolastici, fabbricati e fondi rustici, in forza di quanto previsto dall’art. 8, comma 1 della Legge n.23/96.

Praticamente, cosa è successo?

il Comune di Cerignola, enfiteuta, cioè locatario perpetuo dei terreni, si è comportato da proprietario.

  • con D.G.C. n.54 del 27/02/2017 ha inserito nel “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” il suolo, facente parte dell’azienda agraria, una superficie di 10.000 mq. (Peraltro, nella stessa delibera è precisato che il Comune ha il titolo di livellario e non di proprietario!).
  • con D.G.C. n.98 del 12/04/2017 ha approvato il progetto esecutivo per la realizzazione del palazzetto dello sport sull’area individuata al foglio 276, p.lla 579 (parte ex95), facente parte dell’azienda agraria annessa all’Istituto Agrario Pavoncelli.

E come se non bastasse, si legge nella delibera: “…  si procederà ai sensi dell’art.191 del D.Lgs 50/2016, a finanziare l’opera, in toto, con la permuta di un’area di proprietà comunale, prevista nel Piano di alienazione e valorizzazione dei Beni comunali, giusta deliberazione n.54 del 27/02/2017, individuata nel Foglio 276 particella 94 (parte) di circa 10.000 mq. Zona F2 di Prg, per un importo pari a € 1.830.000,00 …”.

Cioè si finanzieranno i lavori di costruzione con l’esproprio dei terreni!!! Infatti, la particella da permutare fa anch’essa parte dell’azienda agraria annessa all’Istituto.

E per non aver problemi, il Comune di Cerignola, con Delibera del Consiglio n.55 del 25/07/2017 ha inserito nel Piano delle Alienazioni e Valorizzazioni dei Beni Comunali il suolo facente parte dell’azienda agraria dell’Istituto, come livellario.

Giusto per intendersi, il “livello” non ha una definizione normativa, tuttavia la giurisprudenza di legittimità lo considera un istituto corrispondente di fatto all’enfiteusi e quindi ad esso applicabili le relative norme del codice civile.

Allora il “livellario” gode di un diritto reale che esercita su fondo appartenente ad altri, detto concedente. Quindi il Comune di Cerignola ha disposto liberamente di un bene, ma, come enfiteuta, non può liberamente disporre e tanto meno alienarlo!!!

Ma, la vergogna nella vergogna, è che il fondo rustico permutato (foglio 276, p.lla 94) era investito a oliveto super intensivo con 1650 piante di varietà nazionali ed estere, impianto sperimentale realizzato con il contributo della Regione Puglia e la partecipazione attiva dell’Università di Bari (vedi relazione tecnica del Direttore del Dipartimento di Scienze agroambientali e territoriali Università di Bari).

L’oliveto sperimentale rientrava tra le strutture messe a disposizione per la realizzazione del Laboratorio di Occupabilità, in rete con altre scuole cittadine e pugliesi, università, enti pubblici e privati, associazioni e aziende, capofila IISS “R. Lotti – Umberto I” di Andria, risultato beneficiario del finanziamento di 500.000,00 euro per il laboratorio denominato “Oligreen tech lab”, previsto nell’ambito del Piano Nazionale Scuola Digitale di cui alla Legge n.107/15, la cd Buona Scuola.

A tutela dell’IISS Pavoncelli è stata presentata interrogazione parlamentare da parte dell’onorevole Umberto D’Ottavio,  e dalla senatrice Angelica Saggese, in ordine all’alienazione dei fondi aziendali.

In risposta alle interrogazioni, l’allora Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli ha assicurato di continuare a seguire la vicenda al fine di salvaguardare l’offerta formativa dell’Istituto “Pavoncelli” di Cerignola. (ci sembra che il risultato sia stato ottimo. NdR)

L’Avvocatura Distrettuale di Bari ha presentato in data 26/07/2016 ricorso al TAR Puglia contro la Determina del Dirigente Settore Patrimonio del Comune di Cerignola n.434/22 del 07/06/2016, in esecuzione della D.G.C. n.29 del 5/02/2016, che concedeva in comodato d’uso gratuito per la durata di anni 9 (nove) all’Associazione “Gli Amici di Balto” la superficie di 10.000 mq – foglio 276, particella 446 (ex 9) – facente parte dei fondi rustici dell’azienda di istituto.

Nella stessa Determina si legge a pagina 2 “il Comune di Cerignola è proprietario del fabbricato adibito a scuola dell’Istituto Tecnico Agrario Statale “G. Pavoncelli” nonché possessore a titolo enfiteutico di appezzamenti di terreni dell’estensione di circa ha 25 e che costituiscono l’azienda agraria di cui il detto Istituto è titolare”.

Con Ordinanza n.434/2016 il TAR Puglia rigettava la domanda cautelare per insussistenza di “periculum in mora” e per l’attualità si è ancora in attesa del giudizio di merito.

L’Avvocatura distrettuale ha presentato anche azione di manutenzione in possesso presso il Tribunale Civile di Bari, che ha rigettato la domanda così motivando: “La declaratoria del difetto di giurisdizione preclude l’esame del merito della vicenda …”.

Praticamente, nulla di fatto a tutela dei diritti del Pavoncelli.

Ora, dopo aver tediato i nostri lettori con questa dovizia di particolari, ci limitiamo a segnalare che le azioni realizzate dal  Comune di Cerignola sono palesemente fuori legge.

E vi spieghiamo come.

  • violazione artt. 957 c.c. e seguenti per effetto dei quali non appartiene all’enfiteuta il diritto di vendere o permutare un fondo;
  • violazione Legge n.23 del 1996, art.8, comma 1 – trasferimento degli immobili utilizzati come sede delle istituzioni scolastiche alle province.
  • violazione D.Lgs 50/2016, l’art.191 prevede la permuta quale corrispettivo qualora il bene da cedere non assolva più, secondo motivata valutazione, funzione di pubblico interesse, funzione che permane visto il vincolo di destinazione scolastica.

Per effetto delle azioni poste in essere è stato operato dal Comune di Cerignola spoglio violento, privando l’IISS Pavoncelli del possesso dei beni, così catastalmente individuati al foglio n.276:

  • lla n.604 (ex 94 parte) di Ha 1.05.62;
  • lla n.446 (ex 9 parte) di Ha 1.00,00;
  • lla n.579 (ex 95 parte) di Ha 1.00,00.

Non abbiamo altro da aggiungere, se non questo.

Cerignola ha bisogno di una moderna struttura sportiva, dove realizzarla?

Sui fondi rustici dell’Istituto Agrario Pavoncelli.

Quale la fonte di finanziamento per la nuova struttura?

L’oliveto sperimentale dell’Istituto Agrario Pavoncelli.

La miopia dei nostri amministratori ha sottratto alle ordinarie esercitazioni agrarie 30.000 mq di superficie aziendale.

“Il nove agosto 2018- è il preside Pio Mirra che parla- abbiamo assistito all’estirpazione di 1650 piante di olivo con le ruspe, trattando le piante come mattoni. Eppure in quel campo sperimentale si faceva ricerca, sperimentando nuove forme di allevamento di cultivar autoctone, straniere e ibridi genetici, oggi introvabili. Le ruspe senza fare alcuna distinzione non hanno avuto alcun riguardo e annullato anni di ricerca. La logica del cemento sta affossando il nostro paese e i toni del dibattito non di rado ci autorizzano a pensare che la cultura, la scuola non siano più la bandiera dei nostri governanti. Nelle nostre terre i genitori contadini si spezzavano la schiena pur di fare studiare i figli e assicurare loro un futuro migliore. Oggi sono diventati “eletti” coloro che magari a scuola occupavano l’ultimo banco e si è convinti che sport e ipermercati siano più importanti della scuola, rovesciata dalla cultura del danaro. Chi, prima di stare in mezzo alla gente, si è fatto un giro in mezzo alle pagine dei libri, dovrebbe saperlo, ma a guidare il paese ci mandiamo quelli dell’ultimo banco”.

Non possiamo che condividere, pienamente ed amaramente, la posizione del dirigente scolastico e di tutto il personale del Pavoncelli.

Siamo convinti che anche altri cittadini, fuori dal mondo della scuola, vedano, in questo scempio, un’assurda manovra politica contro la proprietà, ma soprattutto la libertà di chiunque di noi.

E’ vergognoso che venga violata la volontà di una benefattrice che più di un secolo fa, ha creduto nella cultura come riscatto sociale. E’ inammissibile che, con dei giochetti politici, ci si appropri indebitamente di terreni di proprietà inalienabile di un Istituto scolastico. Ed è anticostituzionale che lo Stato avvalli il sopruso di compromettere il diritto alla cultura, oltre che alla coltura, per assecondare delle logiche consumistiche.

Altro che insegnare che la cultura è libertà! Gli alunni del Pavoncelli, e noi con loro, cosa vediamo?

L’abuso di potere politico, la connivenza delle Istituzioni con degli interessi economici consumistici di parte, e l’asservimento del diritto all’istruzione al connubio politica-marketing.

Il sogno proposto per le future generazioni non è più il riscatto sociale con la cultura, lo studiare per capire e l’imparare per migliorare. Il sogno, anzi l’incubo proposto alle nuove generazioni, è crescere per diventare un popolo ignorante, che consuma prodotti fittizi, secondo bisogni indotti.

E, magari, l’ha già imparato vedendo cos’è successo a scuola, vota per chi è ricco, potente, famoso e pure mafioso.

Un popolo complice, lentamente, ma inesorabilmente complice, di chi gli ha tolto la libertà di ribellarsi, convincendolo pure che è per il suo bene!

 

Antonella Ferrari

 




Il docente invisibile

Leggo sui siti dedicata alla scuola che vi è una proposta del Ministero della Pubblica Istruzione per limitare i passaggi a cattedra dei docenti di sostegno, che sono pochi e tendono, dopo i 5 anni di obbligatorietà, a  ritornare su cattedra e per questo sono disposti a lasciare sedi “comode” e conosciute per sedi magari lontane o in montagna con conseguente disagio.

Il Ministero, come sempre, risponde con divieti e norme volte a penalizzare i docenti, invece di chiedersi come risolvere il problema alla fonte.

Perché i docenti di sostegno decidono di tornare in cattedra?

La risposta è abbastanza semplice: perché non sono considerati docenti, né dai colleghi, che li vedono come degli scansafatiche, privilegiati, perché” non hanno le classi”, “non fanno niente”, “ hanno pochi alunni” , “ non sarebbero in grado di insegnare”, e dai genitori degli alunni della classe come “quelli incapaci di insegnare, perciò puniti  con questo ruolo”.

IL docente di sostegno è in realtà docente pluri specializzato, poiché ha almeno due specializzazioni, talvolta anche più di due; è un docente della classe che deve favorire l’integrazione dell’alunno disabile, ma non è un precettore privato per un solo ragazzino; il docente di sostegno è una risorsa, poiché è chiamato a provare e trovare altre strategie per insegnare contenuti complessi.

Tutto questo è un docente di sostegno, ma molto spesso non si sente così, sente di aver perso qualcosa, di non avere un ruolo definito e si trova a fronteggiare da solo situazioni complesse, che non sono prese in carico dagli altri docenti, ma solo da lui, perché non viene consultato talvolta neppure per quanto riguarda il “suo alunno”, perché sente di non avere un ruolo definito, di non godere della stima degli altri professori, di essere in altre parole invisibile, se non addirittura il capro espiatorio del gruppo docente.

Quale potrebbe dunque essere la soluzione? Poiché no ho fiducia che cambi la percezione sociale del ruolo docente, tanto meno di quello di sostegno, ritengo che sarebbe utile intanto , come alcuni dirigenti illuminati hanno già pensato e fanno, fare in modo che i docenti di sostegno siano chiamati a tenere lezioni su argomenti , ovviamente della propria materia, alla classe nella quale esercitano, in modo che i ragazzi possano percepire il docente di sostegno come un docente effettivo e i colleghi possano confrontarsi nel proprio modo di insegnare con altre strategie  e metodi; ovviamente ciò dovrebbe essere imposto dall’alto, poiché i docenti sono spesso gelosi della propria classe e refrattari a ogni confronto costruttivo ( generalizzando, si intende, poiché esistono molti insegnanti disposti al cambiamento e alla autocritica).

Ne lungo periodo suggerirei al Ministero di operare in modo che ogni docente debba fornire una parte di orario da dedicare al sostegno, in altre parole, che, per ogni insegnante curricolare, almeno una porzione di orario ( 4 /5 ore settimanali) sia dedicata ai ragazzi diversamente abili, in modo che imparino a conoscerli, a comprenderne le difficoltà e a capire quali strategie utilizzare.

Ovviamente ciò non sarà e quindi diaspora sia !!

 

Paola Delibra

 




PROFESSIONE DOCENTE: MISSION IMPOSSIBLE!

La professione del docente non è cosa da tutti, ma è percepita come se lo fosse.

L’altro giorno una mia collega giovanissima mi ha detto che non intendeva partecipare ai consigli di classe perché ha un altro lavoro ed è a scuola per una supplenza, che spera comunque breve, ma intanto qualcosa si guadagna.

Il professore è quindi un mestiere ricettacolo, nel quale ognuno, proveniente da esperienze diversissime, ma in possesso di una laurea in una qualche materia, si sente capace di cimentarsi.

Nessuno però dice che il mestiere dell’insegnante è faticoso, forse perché la vulgata è che i professori non facciano niente, scaldino i banchi, siano insoddisfatti e rancorosi e godano di ferie infinite, insomma che non guadagnino la pagnotta.

Eppure ai colloqui raccogliamo genitori in lacrime, che chiedono consulenze sulla gestione dei figli, perché questi ultimi trovano nella scuola, nei docenti e nei compagni un punto di riferimento, ascoltiamo lamentele, pettegolezzi, reprimende, perché il genitore ha necessità di comunicarti tutto ciò che concerne il figlio, fin nei minimi particolari.

Quindi dobbiamo essere un po’ psicologi? Si anche.

Ma non è finita, perché al varco ci aspetta la burocrazia, con quantità enormi di documenti da compilare, PDP, PEI, Programmazioni per competenze, programmazioni di classe e infine la vera parte didattica che comprende il saper veicolare la materia nel modo più comprensibile possibile, perché in classe abbiamo mediamente due o più stranieri appena arrivati, qualche ragazzo con disturbi dell’apprendimento, qualche ragazzo che non riesce proprio a concentrarsi e allora ci dobbiamo anche improvvisare attori.

Le verifiche? Devono essere oggettive , inattaccabili con punteggio chiaro e definito, scritte e stampate con carattere leggibile, ma soprattutto diverse, per i ragazzi stranieri, per quelli con difficoltà di apprendimento, che sono diverse tra loro, insomma da una verifica ne spuntano magicamente 8 o 9 diverse.

Estenuanti collegi docenti nei quali si deve decidere tutto perché tutto deve essere rintracciabile e sancito dal collegio: progetti, iniziative, attività; poi il lavoro che riguarda l’organizzazione delle uscite didattiche, delle gite scolastiche, le riunioni per materia, la correzione delle verifiche e qui mi fermo per pietà.

Una però è la cosa tra tutte che rende questo mestiere non accessibile a tutti indiscriminatamente: il cuore, perché ci vuole cuore per capire che questi ragazzi hanno bisogno di noi per crescere e imparare, ci vuole cuore per avere pazienza e passione e equilibrio.

 

Paola Delibra

 




Scrivere per crescere

Beppe Severgnini, grazie!

E’ un’eterna lotta, contro il tempo e contro la moda dilagante, quella di convincere gli alunni a scrivere bene e a mano.

Ogni anno, nei primi giorni di scuola (e mi riferisco alle medie in cui insegno da parecchi anni), è tremendamente deprimente impostare la scrittura, ma ancor più la calligrafia, degli alunni.

Arrivano dalle elementari che scrivono poco e male, quasi sempre in stampatello.

Il corsivo è un optional, giusto per le grandi feste, ovvero, la ricerca o il compito in classe.

Ma non me la sento assolutamente di criticare i colleghi insegnanti delle elementari.

Siamo tutti sulla stessa barca, quella dell’addio alla scrittura, e dell’abbandono della calligrafia.

Oggi, leggendo quanto ha scritto Beppe Severgnini, a proposito del valore della scrittura e dell’importanza dello scrivere a mano, ho esultato di gusto.

Questa la sua opinione in proposito:” A scadenze regolari, qualcuno scopre che scrivere a mano è bello. Non si tratta di anziani tecnofobi o giovani eccentrici che rinunciano alla tastiera, ma di persone equilibrate, impegnate in campi diversi”.

Qualche giorno fa, il Corriere è tornato sul tema con Candida Morvillo che, riprendendo un’inchiesta di Medium Magazine, ha raccontato come diverse scuole e università Usa impongano agli studenti di prendere appunti manuali.

Invece, secondo Emanuele Trevi, la calligrafia è uno strumento intimo, quello che più si addice alla sfera personale: «un potente ansiolitico, innocuo e a basso costo».

Sull’effetto tranquillante dello scrivere a mano, non mi esprimo. Anzi, quando impongo ai miei alunni di scrivere sotto dettatura, in corsivo, di solito, si genera tensione in classe.

Ma adesso c’è un perché. E non è solo questione di pigrizia. Non solo per chi è appassionato di grafologia, ma per tutti, è evidente che scrivere a mano significa spogliarsi.

In generale, quando si impugna una penna e ci si accinge a scrivere, si prova la sensazione di mettersi a nudo. Aggredire lo spazio bianco significa aggredire la vita.

Tenere il rigo esprime stabilità ed equilibrio.

Lasciare o meno uno spazio tra lettere, parole, righe indica apertura o chiusura agli altri. Allargare o stringere il margine destro o sinistro manifesta slancio verso il futuro o attaccamento verso il passato… Il tratto rivela la personalità e la pressione sul foglio indica l’energia di un individuo.

E’ evidente, la scrittura è unica ed irripetibile, come ognuno di noi.

E cambia, a seconda delle emozioni che stiamo vivendo.

Fiorisce, si assesta, si trasforma come noi, ogni giorno, giorno dopo giorno.

E proprio perché, molti di noi intuiscono, empiricamente, quanto la grafia è rivelatrice, alcuni di noi hanno paura di quello che potrebbe saltar fuori.

A livello collettivo, poi, un po’ tutti proviamo un timore subliminale, di cui non ci rendiamo conto.  La paura di scoprirci e di renderci vulnerabili. La paura di armare l’altro con la conoscenza delle nostre debolezze o fragilità.

Ma, altrettanto inquietante, è l’uso nevrotico dello smartphone per prendere appunti. Prendere appunti con un telefonino, non è normale; è la spia di un disagio.

E il ricorso allo stampatello, soprattutto tra le nuove generazioni, non è pigrizia o ricerca di omologazione: è ansia.

Beppe Severgnini smaschera in pieno il disagio di chi teme la scrittura ed il disegno quando scrive:”La stessa ansia che ritroviamo quando proponiamo l’Intervista Disegnata, che ogni settimana chiude 7-Corriere.

La prima risposta, quasi sempre, è: «Non so disegnare!».

Allora Stefania Chiale, che cura quello spazio, pazientemente spiega: non cerchiamo virtuosismi, ma originalità e spontaneità; contano le idee e la fantasia, non l’abilità nel tratto.

Molti si lasciano convincere, e confessano d’aver trovato l’esperienza liberatoria. Ma qualcuno si ritira, e ammette: disegnare le mie convinzioni e le mie paure mi spaventa”.

E’ pazzesco!

Nell’epoca in cui, grazie o per colpa dei social, tutti, o quasi tutti, fanno a gara a spogliarsi. Nell’epoca in cui non ci sono più confini tra il pubblico ed il privato. Nell’epoca in cui ci si esibisce in senso fisico, e ci si scopre in senso traslato, non si vuole più scrivere a mano.

Perché si teme di essere scoperti.  E’chiaro! Molti tra noi non hanno paura di denudarsi emotivamente su Facebook, Instagram (o Tinder); ma si sentono vulnerabili se scrivono a mano o disegnano.

Ma, non c’è contraddizione. I social sono uno schermo, la rete è uno scudo: in qualche modo, pensiamo di poter nascondere quello che siamo e sentiamo davvero. Un biglietto scritto a mano o un disegno sono invece una confessione.

Anzi, uno spogliarello. Non tutti sono lì a guardare, ma qualcuno potrebbe intravedere qualcosa.

E forse, allora, non andremmo poi così fieri di quello che realmente siamo, spogliati di tutte le mille illusorie, estemporanee ed immaginifiche pseudo-realtà, virtuali.

Antonella Ferrari




Caro Ministro, ma mi faccia il piacere…

CARO MINISTRO TI SCRIVO…

Caro Ministro ti scrivo, così mi distraggo un po’ (dalle fatiche scolastiche di insegnare nella scuola italiana dei giorni nostri…) e siccome sei molto lontano (dalla realtà che vivono alunni e prof del 2018…) più forte ti scriverò.

Non voglio mancarti di rispetto, caro ex- collega, nel darti del tu. Ma, visto che mi vieni a dire quello che devo fare con i miei alunni, penso che siamo alla pari…

La tua ultima boutade ti ha fatto una gran bella pubblicità.

Finalmente, anche i miei alunni, delle medie, sanno che c’è un Ministro e checomanda lui! Al mio:” Ragazzi prendete il diario, che scriviamo i compiti perle vacanze”, mi sono sentita rispondere:” No, prof, non si può, l’ha detto il Ministro!”.Nella mia testa ho pensato:” Ecco, bravo, bene, ci mancavi pure tu a dirmi quello che devo fare, dopo 45 anni di scuola, di cui gli ultimi 30 come insegnante!”

Vedi, caro ministro, per chi come me, ha attraversato a passi di danza, riforme e controriforme, concorsi e graduatorie, esami di stato e certificati, conoscenze e competenze, la tua boutade, mi fa ridere (per non essere volgare!). Vorrei solo, anch’io, formularti un invito, anzi darti una prescrizione: vieni a fare un giro nelle scuole!

Le classi in cui insegno (in due scuole medie del Nord“benestante”) sono eterogenee (per usare un eufemismo…). Ci sono ragazzi italiani e ragazzi stranieri (maghrebini, africani, indiani, cinesi, pakistani e bengalesi…), ragazzi integrati ed altri isolati, alunni motivati ed altri border line, scolarizzati ed analfabeti, che non capiscono una parola, giuro,una parola, di italiano.

Primo suggerimento: “Ha mai pensato di dotare le scuole di mediatori culturali per alunni stranieri? Oppure di sperimentare delle classi-ponte per la prima alfabetizzazione di chi, per età anagrafica, è alunno delle medie, ma che non legge né scrive, al pari di un bambino di prima elementare?!?”

Poi, ci sono alunni certificati di dislessìa, disgrafìa, discalculìa…Un boom! Tutti adesso! Ed allora, come insegnante, predisponi un bel P.D.P. (ovvero Piano Didattico Personalizzato con strumenti compensativi e dispensativi per aiutarli nella loro fatica scolastica). Anche quelli che scrivono sotto dettatura, fanno un dettato fonetico ortografico meglio dei compagni, copiano dalla lavagna e leggono ad alta voce. E, alla faccia di chi ha li ha certificati, non sbaglino una doppia e non confondono nemmeno una lettera!

Allora, secondo suggerimento.” Ha mai pensato di controllare il bussiness delle certificazioni false? Di controllare cosa succede quando medici compiacenti incontrano famiglie pretenziose? I medici si garantiscono l’utenza di alunni normo dotati, certificando, in modo assurdo, le loro inesistenti disabilità. E le famiglie hanno il nullaosta per la promozione dei loro figli.”

Poi, però, in sede d’esame, questi alunni, abituati a delle corsie preferenziali, devono affrontare le stesse prove dei compagni. Ed allora, tocca a noi insegnanti, fare i salti mortali per promuoverli!!!

Ma ci sono anche gli alunni disabili, e, giustamente, per loro c’è un P.E.I (Piano Educativo Integrato) per assicurare una didattica inclusiva. Ma, purtroppo, questi alunni, non sempre hanno un insegnante di sostegno preparato a gestire la loro disabilità. C’è una bella differenza tra un alunno autistico, paraplegico, psicotico o down… Per non dimenticare chi, comeprof, dopo un eterno precariato, ha finito col fare l’insegnante di sostegnoper ripiego, pur di entrare in ruolo. Oppure, prof perdenti-posto percontrazione delle cattedre, che, dopo aver insegnato per anni la propriamateria, hanno ripiegato sul sostegno pur di non perdere il posto vicino a casa…

Terzo suggerimento” Un rinnovato criterio di formazione degli insegnanti di sostegno, in modo tale che, preparati in modo specifico su diverse disabilità possano essere abbinati agli alunni giusti? E soprattutto,un controllo delle loro competenze in itinere, per farne delle figure doc della scuola e non degli insegnanti jolly!”.

 Ma questo è il meno…

 I veri problemi nelle scuole dei nostri giorni, sono i ragazzi delle comunità, quelli che sono stati allontanati dalla famiglia o che non ne hanno mai avuta una, quelli che viaggiano per la scuola con educatore o assistente sociale al seguito, e che sono in mano a giudici e psicologi a giorni alterni… Quelli che pestano i compagni e minacciano gli insegnanti. Rispondono all’appello con un rutto,girano per la classe con un coltello, fanno casino, pur di essere amati…

Quarto suggerimento” Qualche neuropsichiatra che ci dia una mano a gestirli senza imbottirli di psicofarmaci o senza dover ricorrere ai Carabinieri, esiste ancora sulla faccia della terra?!?

Poi, ci sono gli alunni doc, quelli normali. Quelli da non strapazzare con troppi compiti a casa. Quelli che durante le vacanze, senza l’obbligo dei compiti, faranno sport o visiteranno musei…Scommetto che l’unica attività svolta dalla maggior parte di loro, sarà giocare con il tablet o alla play station nel salotto di casa…

Ma, dimenticavo, anche questa è attività fisica:
oculo-manuale!!!

Quelli che hanno genitori immaturi e latitanti. Genitori che rispondono al cellulare durante il colloquio con l’insegnante, genitori che contestano i voti, che mettono in discussione la preparazione degli insegnanti, e che parcheggiano il suv sul parcheggio dei disabili. Genitori-adolescenti, più esibizionisti dei loro figli, che fanno a gara a postare foto sui social e ad insultare i prof su whatapps. Bene questi genitori, durante le vacanze giocheranno alla play, posteranno ogni scemenza e brinderanno all’ignoranza.

 Allora, giusto perché io non ci sto, io i compiti li do. E sono convinta che molti altri miei colleghi faranno come me…

Invito i miei alunni a spegnere il cellulare per accendere il cervello.

A leggere un libro, uno qualunque, ma almeno uno.

Ad intervistare un nonno, forse più saggio di quel loro idolo rap…

Ad imparare una parola nuova, un suo sinonimo ed il suo contrario, tre volte al giorno, prima dei pasti principali.

A scrivere una lettera a mano e ad imparare una poesia a memoria.

A pensare un regalo creativo. Un disegno, una canzone, un oggetto ideato apposta per chi lo riceverà.

A fare un giro in un ricovero per anziani, per misurare il tempo della vita non sul suono della campanella…

E, per i più coraggiosi, a parlare a gesti con l’ultimo arrivato, quello immigrato. Quello che nessuno vuole, ma che è qui, in Italia con me, in queste vacanze senza compiti…

Sarò una povera illusa, ma penso che la scuola sia ancora una palestra di vita. E che dunque, i compiti sono un’educazione al sacrificio,un allenamento alla fatica, un rispetto delle consegne, un’assunzione di responsabilità, una sana abitudine che fa la differenza. Perché, poi, la vita ci presenta il conto, e, forse i compiti, quelli di scuola, avevano un loro perché!

Antonella Ferrari



Concorso DSGA: note di malcostume italiano

Concorso DSGA: vergogna!

Assistiamo sempre più stupiti ad accadimenti che questo paese affronta senza batter ciglio ma che sono esempio di inciviltà e di mancanza di rispetto da parte di uno Stato che dovrebbe riconoscere almeno chi da sempre lavora con dedizione per Lui.

Avevamo già scritto rispetto al concorso dei Dirigenti Scolastici l’assurda dimenticanza dei vicepresidi nelle fasi di valutazione delle posizioni, e già ci sembrava quella una grave ingiustizia, ma ora con il concorso dei DSGA si è superato il limite!

Non è assolutamente possibile che venga indetto un concorso per una posizione così strategica per la Scuola senza tener conto che ci sono centinaia di persone che già da anni svolgono il ruolo di direttore dei servizi generali ed amministrativi all’interno della scuola ed a queste persone vengono imposte “angherie” inaudibili; infatti in primis l’obbligo di possedere la conoscenza della lingua inglese (e se uno conosceva il francese? perché quello non vale nulla??!!), ma comunque non esiste una legge che obbliga il possesso di una lingua per lavorare nelle segreterie, quindi con quale assurda logica vengono obbligate persone con una importante anzianità di servizio a certificarsi B2 per poter esercitare un diritto che a nostro avviso hanno già?

Poi l’umiliazione di accedere tramite test psicoattitudinali, non, attenzione, sulla loro preparazione, ma tramite generici test che ovviamente non hanno lo spirito di verificare la preparazione di persone che lavorano da oltre vent’anni in un ruolo che secondo chi scrive ormai gli spetta di diritto, ma solo di fare uno sbarramento generico e poco lungimirante.

Inoltre un concorso aperto a laureati in economia e legge, giovani che hanno tempo di prepararsi, contro lavoratori, che proprio perché ora svolgono la funzione di Dsga, non hanno tempo nemmeno per respirare, ma che razza di equità è questa, ma chi caspita ha pensato questa ingiustizia???

Ed i sindacati dove sono o dove erano e comunque dove saranno?

Sarebbe stato giusto fare prima un concorso interno dedicato a queste figure che hanno svolto con dedizione un ruolo significativo e poi eventualmente aprirlo all’esterno!

Ma forse ai sindacati non interessano tanto le tessere di quelli che hanno già tra i loro iscritti (gli attuali facenti funzione di DSGA, ma quelle dei nuovi che dovranno entrare e che di tessere sindacali non ne hanno), bella roba, evviva la giustizia evviva la difesa dei lavoratori.

Ma pensate al caso assurdo di una scuola dove c’è un DSGA facente funzione che da più di dieci anni svolge il ruolo con bravura e passione, non è certificato b2 di inglese perché conosce il francese, non ha tempo di prepararsi perfettamente perché il lavoro di DSGA lo assorbe totalmente, non passa il concorso perché ai test attitudinali oggi tanto usati Lui non è abituato, ed al suo posto arriva un giovane laureato in economia che conosce l’inglese, ha fatto già prove su prove ai concorsi vari a cui ha partecipato quindi conosce i meccanismi, ha tempo di prepararsi perché non ha nulla da fare, vince il concorso e diventa DSGA proprio in quella scuola dove il bravissimo DSGA facente funzioni ritorna invece ad essere un assistente amministrativo… in pratica lo Stato sostituisce un bravo DSGA con un INESPERTO DSGA (sperando che poi diventi bravo con gli anni), creando certamente malcontento e comunque facendo danno a se stesso perché bastava dare il ruolo a chi da tempo lo faceva (e se lo faceva è perché lo Stato stesso lo nominava anno su anno), assumendo personale di segreteria giovane che avrebbe potuto imparare il mestiere con calma.

Non ci voleva molto a fare questo ragionamento, ma chissà, forse gli interessi sono ben altri, come al solito!!!

 

https://betapress.it/index.php/2017/06/16/nuovo-concorso-ds-il-miur-dimentica-precari-vicari-e-ricorrenti-lennesima-ingiustizia/




Agrario Pavoncelli Cerignola: libri alla portata di tutte le famiglie

Cultura d’ avanguardia anche nella scuola a portata di famiglia!

Incredibile, ma vero! In mezzo a tanti problemi della scuola, proprio quando sembra difficile crederci, ci sono figure professionali ed esperienze concrete che lasciano il segno.

E’ quello che sta avvenendo nell’Istituto Tecnico Agrario “G. Pavoncelli” di Cerignola, in provincia di Foggia.

Un team di docenti d’avanguardia, coordinati da un dirigente scolastico “visionario”, ha realizzato un progetto editoriale competitivo ed innovativo.

Precisamente, una collana di nove libri editi dal Gruppo Editoriale C.C. EDITORE, nonché Ente di formazione accreditato Miur, rispondendo ad un duplice intento.

Primo obiettivo, una precisa motivazione didattica: offrire agli alunni del biennio superiore, degli strumenti competitivi e strategici per una preparazione teorica completa, ma soprattutto per una competenza professionale efficace.

Secondo obiettivo: offrire alle famiglie una collana di nove testi scolastici, nella doppia versione cartacea (elemento nuovo e particolarmente accattivante per la famiglia) ed ebook, ad un prezzo decisamente contenuto, 70 euro, dimostrando particolare attenzione economica verso le famiglie, impegnate a sostenere, ogni anno, una “normale” spesa di circa 330 euro per i testi scolastici.

Noi di betapress.it abbiamo raggiunto telefonicamente Pio Mirra, dirigente scolastico dell’Istituto Pavoncelli, per scoprire i retroscena di una tale iniziativa.

Betapress: Perché scegliere di realizzare una collana editoriale ad uso del biennio?, il Dirigente scolastico Pio Mirra, ha sottolineato che: “Nell’era digitale, mentre la comunicazione si orienta verso l’uso delle nuove tecnologie superando la tradizione, nella scuola è sempre più necessario il rinnovamento delle metodologie didattiche”

Betapress. “Esiste una legge in proposito?”

Mirra: “Sì, La legge 107/15, ed in particolare il Piano Nazionale Scuola Digitale, che hanno individuato degli ambiti di intervento su cui operare, invitando ad un’attenta riflessione sul ruolo delle nuove tecnologie e dei nuovi media per progettare una didattica per competenze”

Betapress. ”Dunque una sfida iniziata tre anni fa…”

Mirra: “Precisamente. L’iniziativa è nata nel 2015. La genesi del progetto rimanda alla consapevolezza, da parte dei docenti, che il dilagante fenomeno della dispersione scolastica non è imputabile solo al singolo soggetto, ma deriva da dei difetti nel sistema scuola. Negli ultimi anni, dietro e dentro ogni alunno in crisi, ci sono motivi socio-economici-culturali personali, ma anche, e, soprattutto, la negatività di un sistema scolastico che non regge più il passaggio al mondo del lavoro”.

Betapress “Cioè, la scuola non prepara più al lavoro?”

Mirra: “Sì, e le recenti analisi Censis, lo confermano. Esse denunciano un scarto, tra domanda e offerta di lavoro. Da un lato le imprese non trovano manodopera qualificata, dall’altro lato, una miriade di giovani non trovano lavoro, in quanto in possesso di competenze in uscita dal percorso scolastico non in linea con le richieste del mercato del lavoro”.

Betapress. “Che soluzioni potrebbero esserci?”

Mirra: “Una didattica laboratoriale, l’apprendimento in situazioni, imparare un mestiere, come un tempo avveniva nelle botteghe artigianali. Offrire conoscenze, ma soprattutto competenze. Il sapere pre-elaborato non basta più. Servono apprendimenti espliciti”.

Betapress: “E tutto questo, cosa c’entra con i libri digitali?”

Mirra: “Le case editrici, pur impegnate in un percorso di revisione metodologico-didattica dei libri di testo non hanno ancora recepito completamente il passaggio dell’apprendimento per discipline, all’apprendimento per competenze. E’ necessaria una tempestiva riorganizzazione dei contenuti disciplinari strumentali, per portare gli alunni all’acquisizione delle competenze stesse”.

Betapress: “E allora, cosa avete pensato, Lei ed i suoi docenti?”

Mirra. “ I docenti della mia scuola hanno collaborato attivamente alla stesura di nuovi testi, appunti digitali di quasi tutte le discipline. Praticamente, sulla base di queste premesse il Pavoncelli ha realizzato una propria collana di ebook, casa editrice Currenti Calamo, che è in adozione, per le prime classi, da quest’anno scolastico, 2018/19”

Betapress: “Le famiglie lo sanno?”

Mirra: “Proprio domani, lunedì 22 ottobre, alle ore 16.00, nell’auditorium Marianna Manfredi, si svolgerà la presentazione della collana editoriale, per illustrare alle famiglie la nostra importante iniziativa”.

Betapress: “Chi saranno i relatori?”

Mirra: “Eccellenti ed Illustri: Paola Adami, Dirigente Scolastico del F.lli Agosti di Bagnoregio (VT), capofila della rete I.T.A. SENZA FRONTIERE che parlerà delle buone pratiche: iniziativa editoriale per le scuole della Rete, e Corrado Faletti, Presidente del Gruppo editoriale C.C.Editore che illustrerà la formazione docente ed il Piano Nazionale Scuola Digitale. Interverranno, inoltre, Maria Aida Episcopo, Dirigente Ufficio V Ambito Territoriale di Foggia e Mario Trifiletti, Dirigente vicario dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia”

Betapress: “Cosa vorrebbe aggiungere per i nostri lettori?”

Mirra:” Dire alle famiglie che, le competenze, non si conseguono senza conoscenze. Che la Scuola, con la S maiuscola, deve favorire gli apprendimenti espliciti, cioè la teoria, fornendo allo studente un set di conoscenze specifiche sulle quali costruire gli apprendimenti impliciti, cioè il procedimento. Che il nostro obiettivo è lavorare sul metodo di studio, ma anche sull’autonomia personale e sociale. Che la costruzione di libri digitali permette di fornire ai giovani allievi un set di conoscenze dichiarative di base sulle quali sviluppare le conoscenze procedurali, sì da conseguire competenze specifiche certe e durevoli e rispondere alle sfide del mondo del lavoro”.

Betapress:” E ai suoi alunni?”

Mirra: “Che al passo coi tempi, in qualunque momento, da qualunque telefonino android, potranno consultare la versione digitale del loro libro”.

Betapress: “Niente più scuse per non studiare, allora…”

Mirra: “ Ed un vantaggio per lavorare…”

 

Antonella Ferrari




 CESARE MORENO, il maestro con i sandali

 

CESARE MORENO, il maestro con i sandali

Oggi sono entrata in classe con le ballerine, ma mi facevano male i piedi. Ci vorrebbero i sandali, ho pensato, anzi, dovrei metterli tutto l’anno…

E, all’improvviso, mi è venuto in mente Cesare Moreno, il maestro di strada, che, da quasi 20 anni, mette i sandali, per protesta, 365 giorni all’anno, indipendentemente da che tempo fa…

Cesare Moreno è un insegnante sui generis, che noi di betapress abbiamo avuto il piacere e l’onore d’intervistare.

Maestro dal 1983, “non avevo intenzione d’insegnare, sono stato forzato da mia madre, avevo già 38 anni”, Cesare Moreno, ci parla di una vocazione innata alla denuncia.

betapress: “Quando è arrivata la vocazione?”

“Subito! Già nei primi 10 anni di esperienza nelle scuole di periferia di Napoli, ho iniziato a qualificarmi come oppositore radicale. Hanno iniziato a chiamarmi nelle varie trasmissioni televisive, per il mio ruolo di denuncia dei problemi della scuola. Nel ’94, dopo un macht in televisione, l’allora Ministro D’Onofrio, mi ha chiamato ad occuparmi della dispersione scolastica. Non mi sono più fermato”.

Una continua lotta, un ruolo scomodo, “prestazioni non gradite”, così dice lui.

Nel ’98 è il fondatore, insieme con la moglie Carla Melazzini, anche lei insegnante e scomparsa nel 2009, del “Progetto Chance”.

Un’ iniziativa di capitale importanza sociale, volta alla neutralizzazione della dispersione scolastica nei quartieri più difficili della città di Napoli. Un’opera attiva, nata dalla sfida di salvare gli ultimi della scuola, quelli che ne abbandonano la frequenza. Un’opera realizzata grazie alla preziosa collaborazione di operatori, educatori, insegnanti, dirigenti, “genitori sociali”, psicologi e volontari, in grado di riportate nuovamente a scuola, tra i banchi, centinaia di ragazzi, considerati, a priori, da insegnanti tradizionali, come definitivamente “dispersi”.

Un successo di pubblico e di critica”, così lui ne parla.

Peccato che, nel 2009, siano stati chiusi i finanziamenti pubblici.

Mi hanno detto, se vuoi continua con i finanziamenti privati. Ed io non mollo”.

Ed è così che, da quel giorno, di quasi dieci anni fa, Moreno ha deciso di mettere i sandali, per protesta, contro le autorità.

Contro quelle autorità che mancavano alla parola data.

Cesare Moreno ha deciso che avrebbe camminato coi piedi nudi dentro sandali ordinari, con qualunque tempo.

Non ha mai smesso, perché le autorità sono davvero inadempienti, per definizione, e perché i suoi passi, di dignitoso mendicante, si fanno conoscere meglio di una bandiera, indipendentemente da chi c’è al governo.

Cesare Moreno è dunque diventato “il maestro con i sandali”.

Li ha messi, in segno di protesta, nel 2009, perché Chance aveva ricevuto i vestiti, (i fondi della Legge 285), ma le istituzioni non sempre terminano quello che hanno iniziato troppo spesso per ragioni di opportunismo, e come se dopo aver dato i vestiti non avessero dato le scarpe…

E continua a metterli, anche oggi, nel 2018,” perché lo Stato italiano si sta ritirando sempre più, dall’assistenza e dall’educazione […] Mi sento come un caporale, senza percentuale, che subappalta la manodopera educativa […] Continuo ad elemosinare spazi. Servono soldi, che lo Stato non ci dà. I miei maestri vengono trattati come dei privati, anche se offrono una funzione pubblica”.

E che funzione, diciamo noi!!!

L’associazione MAESTRI DI STRADA, di cui Cesare Moreno è Presidente, conta 40 persone, di età compresa tra i 20 e i 35 anni. Giovani, principalmente laureati in psicologia, ma anche in pedagogia e sociologia. Giovani addestrati dal MAESTRO, che dice di loro “mi sento di aver lasciato un’eredità”.

Giovani che maturano anni di pratica continua, nelle scuole.” Una nuova categoria professionale, a metà strada tra psicologi, sociologi, assistenti sociali e figure di supporto alla genitorialità”, così lui ne parla.

Attualmente, in servizio in 14 scuole, durante l’orario scolastico. Intervengono soprattutto nella fascia più a rischio dispersione, fine medie, inizio superiori.

Betapress: Come?

“In due modi. Primo, andando a lavorare sul gruppo classe, rinforzandolo. Secondo, rimotivando l’apprendimento, offrendo dei laboratori […] Lavoriamo per sviluppare delle buone relazioni, per essere responsabili, per rimotivare i ragazzi. Se un giovane non ha voglia di vivere, non apprende”.

E qui è il punto.

Alla nostra domanda su quali sono i problemi dei giovani del 2018, Cesare Moreno ci ha risposto: “I ragazzi d’oggi sono sempre più sbandati e demotivati. Rispetto al passato, è crescita la sfiducia dei giovani verso il mondo adulto. La dispersione scolastica odierna, non è più legata a fattori sociali o economici. La dispersione scolastica dei nostri giorni, rimanda alla sfiducia nella vita sociale”. Ritiro sociale, mancanza di buone relazioni, manifestazioni aggressive esagerate, emergono in tutto il mondo giovanile, non solo nei ceti più emarginati. “C’è in gioco una crisi di rapporto intergenerazionale. Tutto il mondo adulto si è giocato la sua credibilità”.

A proposito delle varie riforme della scuola, ci dice che “l’unica cosa veramente nuova, è l’alternanza scuola-lavoro, perché mette in discussione il sapere libresco. E non a caso, ha scatenato la ribellione dei maitre à penser… Il vero sapere nasce dallo sperimentarsi di un giovane nel mondo del lavoro, anche fare servizio in un Mac Donald’s può servire…”

Sui primi passi di questo nuovo governo, ci dice che “è uguale a tutti gli altri. Sbagliato nello stile e nello scopo. Non è un governo politico, ma di odio. Dal punto di vista educativo, invito i miei maestri a fare l’esatto contrario. Non slogan idioti, ma impegno sociale.”

Betapress: “Cosa farebbe se fosse Ministro della pubblica Istruzione?”

“Primo, per almeno un anno, sospenderei tutte le riforme, non se ne può più. Poi il mio impegno categorico, sarebbe curare il benessere dei docenti, sempre più sotto burnout. Mi crede che quando vado nelle scuole come formatore, mi sento un rianimatore scolastico ?!?. Investirei sul riconoscimento almeno morale, se non economico, della professione insegnante. Direi, in modo forte e chiaro, che i docenti devono essere consapevoli, che devono riflettere insieme, che devono confrontarsi su ciò che osservano. Gli insegnanti che trasmettono il sapere non servono più. Servono quelli che riflettono. Solo così sono docenti impegnati. La professione degli insegnanti è una professione riflessiva. Senza attività riflessiva sul proprio ruolo, gli insegnanti stanno male.”

A volte, quando i suoi maestri vanno in classe, gli insegnanti curricolari, escono, per tirare il fiato, perché non ce la fanno più, perché le aule sono diventate un campo di battaglia.

“Gli insegnanti hanno bisogno di aiuto, di solidarietà, non di omertà. Di fronte al loro disagio, bisogna intervenire, in modo deciso. Ma non con il BONUS premiale, un crimine pedagogico, incentivo al lavoro privato, ma facendo l’esatto contrario, aiutando e motivando i docenti a lavorare in sinergia, perché solo i docenti, possono aiutare i docenti…”.

Betapress: “Momenti di sconforto?”

“Ogni giorno, quando vedo genitori che azzoppano i loro figli, insegnanti che si scontrano, autorità politiche che predicano odio e praticano violenza…Ma, mantengo fermo il principio della resistenza, credo nell’educazione oltre le miserie […] Ogni mercoledì, io e i miei maestri, ci incontriamo per leccarci le ferite, con però la serenità d’ animo di chi non molla, con il sorriso di chi non ha perso la speranza, perché la vita è testimonianza…”.

Grazie, MAESTRO.

E, a proposito di testimonianza…

Cesare Moreno è maestro elementare dal 1983, ma la sua storia è un’escalation di impegno sociale.

Dal 1994 al 1996, in qualità di consulente del Ministero della Pubblica Istruzione, ha varato a Napoli il Piano Provinciale di lotta alla dispersione “Qualità della scuola e successo formativo”.

È stato tra i fondatori del progetto Chance, recupero dei dispersi della scuola media, e suo coordinatore dal 1998 alla chiusura avvenuta nel 2009.

Dal 1998 al 2001 è stato nel gruppo di lavoro ministeriale Progetto SPORA che ha coordinato la sperimentazione di alcune decine di progetti riguardanti il recupero e la prevenzione della dispersione nelle zone a rischio dell’intero territorio nazionale.
Nel 2001 è stato membro della Commissione Nazionale per il riordino dei cicli scolastici e nel 2002 del Gruppo di Lavoro tecnico Scientifico per la formazione in tema di dispersione scolastica.

Il 2 giugno 2001 gli è stato conferito il titolo di Cavaliere della Repubblica per le sue attività in merito al recupero degli adolescenti in situazioni difficili.

Da giugno 2001 alla fine della legislatura è stato membro della Commissione Nazionale per il riordino dei cicli.

Nel 2002 il Direttore Generale del MIUR per la formazione e l’aggiornamento lo ha nominato membro del Gruppo di Lavoro tecnico Scientifico per la formazione in tema di dispersione scolastica.

A dicembre 2005 diventa responsabile scientifico del Progetto G-BUS, giovani per il benessere e l’utilità sociale, fattoria viaggiante per la promozione delle professionalità giovanili e la cittadinanza.

Ad aprile 2006 diventa Presidente della Associazione Maestri di Strada ONLUS, a settembre dello stesso anno riceve la targa del Ministero Della Pubblica Istruzione per i meriti nel campo del recupero degli adolescenti e della formazione degli operatori.

Il progetto G-BUS promosso da Maestri di Strada riceve nel 2008 il Premio nazionale “La Città dei Cittadini” per la sezione associazioni. Il premio, che ha ricevuto l’Adesione del Presidente della Repubblica, è ideato dal laboratorio “La città dei cittadini” dell’istituzione “Casalecchio delle culture”.

Ha ideato e coordinato le giornate di studio “Saperi di strada e cittadinanza dei giovani – Trame di pensiero e strutture per la promozione di nuove alleanze educative”, con la partecipazione di studiosi di otto università italiane, nel luglio 2010.

Dal 2010 progetta e coordina il progetto E-VAI (Educazione, Volontà, Accoglienza, Integrazione) per la prevenzione della dispersione scolastica nella periferia orientale di Napoli, con un finanziamento della Fondazione San Zeno di Verona.

Ha pubblicato in riviste specializzate e volumi numerosi contributi per la definizione di metodologie educative. Ha curato l’edizione del volume postumo di Carla Melazzini “Insegnare al principe di Danimarca”, premiato poi nel 2011 con il Premio Siani.

Nell’aprile 2008 ha tenuto un Corso all’Università Internazionale dell’Andalusia nell’ambito del master di “Experto universitario Intervención socio educativa en ámbitos desfavorecidos”.
Nel 2009 nell’ambito del Festival dei Saperi promosso da EDA-Forum ha ricevuto, per il progetto Chance, una targa come buona prassi nella formazione continua degli adulti.

Il 3 e 4 luglio 2012 ha coordinato, con la professoressa Santa Parrello, le giornate di studio “La Mappa e il Territorio – Ripensare l’educazione tra strada e scuola” a cui hanno partecipato importanti studiosi dall’Italia e dall’estero.

Proprio l’anno scorso, ha ricevuto un ennesimo premio, quello della Fondazione premio Napoli.

Per la prima volta il riconoscimento, che va ogni anno ad autori di narrativa, saggistica e poesia, è stato assegnato a lui, il “maestro coi sandali” per “la cultura”, che non è una categoria né un genere letterario, ma un modo di stare al mondo insieme agli altri.

Maestri di Strada, l’Associazione che ha fondato, e di cui è Presidente, affronta infatti i fenomeni sociali di emarginazione, nelle loro dimensioni psichiche e personali, oltre che culturali ed economiche.

Lavorando sulla “emarginazione interiore”, dà voce al nucleo delle difficoltà dei giovani ad impiegare le proprie risorse per crescere.

Il fenomeno della dispersione scolastica si inserisce in un più vasto fenomeno di dispersione delle risorse dei giovani.

L’abbandono scolastico è solo la punta di un iceberg, segno e simbolo di un ben più diffuso fenomeno di difficoltà educativa, di crisi di relazione tra giovani generazioni e mondo adulto.

Tra i giovani, il disagio esistenziale acuto, è ormai un fenomeno che oltrepassa i limiti delle classi sociali. Il disagio dei giovani è un anticipo del “normale” disagio della nostra civiltà, sempre più alienata.

I fenomeni di disagio a scuola, sono sintomo di un malessere più generale, che riguarda la crisi dei ruoli adulti.

Gli adulti dovrebbero regolare e contenere i giovani, con le necessarie oscillazioni connesse alla crescita.

Le figure adulte dovrebbero rappresentare i garanti sociali e psichici dell’apprendimento, ma sembrano essersi ritirate da questo ruolo, assumendo a loro volta comportamenti immaturi e di poca responsabilità.

Il mandato sociale della scuola, è diventato un mandato paradossale.

Da un lato, abbiamo una scuola incentrata sulle discipline, dall’altro lato, la richiesta è di una scuola incentrata sulla formazione umana e professionale. Da un lato si vuole alimentare la competizione sociale, d’altro canto non si vorrebbero vittime nella cosiddetta corsa al successo.

Ne consegue per la scuola, per gli educatori e per i docenti un mandato paradossale che richiede formazione umana e professionale seria e regolata, ma alimenta in ogni modo la poca responsabilità, la sostituzione delle merci alle relazioni, la competizione invidiosa piuttosto che la cooperazione.

Il diritto alla scuola non può essere un diritto formale, ma un diritto esigibile, esiste solo se si realizza praticamente: la frequenza scolastica deve essere garantita attraverso opportune strategie che favoriscono la partecipazione anche di quelli poco motivati e che vivono forti disagi.

Contro la dispersione scolastica l’unica strada è andare là dove i giovani stanno con la mente e con il cuore, assumere il loro disagio esistenziale e sociale come l’unica materia prima con cui edificare il proprio progetto di vita.

Maestri di Strada significa questo.

 

Antonella Ferrari




Vicepresidi… e chi sono?

E’ scomparso il Vicepreside, già nella legge 165 del 2001 è stato soppresso, eliminato e sostituito dalla parola collaboratore a volte vicario, a volte primo collaboratore…

Ma Lui, il Vicepreside, alla faccia di tutti quanti è ancora lì, vigile ed attento, silenzioso al servizio della Scuola, si è vero è stato eliminato formalmente, ma le scuole non possono funzionare senza di Lui e Lui lo sa, Lui, paziente in tutti questi anni è rimasto nelle retrovie continuando a combattere per il bene della scuola.

Eppure i Vicepresidi sono Desaparecidos, legalmente non esistono, lo Stato pur di non pagarli e di non riconoscerli li ha fatti sparire!!!

Paura, e se lo stato domani si stufasse dei suoi cittadini potrebbe farli sparire magari modificando un pochino qualche norma primaria, tipo ” L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al collaboratore che potrà essere scelto dal politico di turno fra i vicini di casa, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

Le aberrazioni di questo stato sono quasi comiche, perché pur avendo eliminato una figura manageriale importantissima continua a farla lavorare…

Minchia lavoro nero signor Tenente!!

Noi continuiamo invece a vederli lavorare proprio come Vicepresidi, i Dirigenti li trattano da Vicepresidi, i genitori vanno a parlare con i Vicepresidi, il MIUR scrive ai Vicepresidi (però li chiama vicari, sottile…) e tutti continuano a dormire sogni tranquilli perché il Vicepreside c’è!!

Noi invece continuiamo a dargli la parola perchè per fortuna adesso i Vicepresidi incominciano a parlare ed a far sentire le loro sacrosante ragioni, forza ragazzi, siamo con voi.

 

ANCODIS: Vicari si…..Vicari no…….Vicari ma….
questo è il PROBLEMA della governance del sistema scolastico italiano.
Occorre riconoscere giuridicamente il diritto di esistenza!

In questi giorni di inizio anno scolastico continuiamo ad aspettare che si concretizzi quanto detto dal Ministro Bussetti e richiesto dalle Associazione dei Presidi in merito al tema della governance delle scuole.
In particolare, ci aspettiamo una chiarezza di intenti e di posizioni che ad oggi ci appaiono confuse e cristallizzate ancora in un sistema che riteniamo vecchio e superato.
Ci riferiamo, in particolare, a due interventi che sottoponiamo alle riflessioni di quanti si occupano di scuola e che chiedono urgenti risposte:
a) Esonero del Collaboratore principale (denominazione ANP), Collaboratore Vicario (denominazione MIUR), Vicepreside 1° Collaboratore (denominazione comunemente riconosciuta) nelle scuole con DS reggente o titolare.
Siamo ancora in attesa di un intervento che consenta al DS di poter contare su un Collaboratore a tempo pieno per la gestione e l’organizzazione della scuola in modo adeguato, moderno e pienamente corrispondente alle necessità dell’Istituzione scolastica.
Non è più accettabile procedere nelle attuali condizioni di Collaboratori senza DS titolare o con DS part-time ed impegnati anche in attività di docenza: è un notevole risparmio per lo Stato ma un danno per la scuola e, soprattutto, per gli alunni delle classi assegnate al Collaboratore!
E’ il caso di ricordare che il 9 marzo 2018, durante l’incontro con le OO.SS., il MIUR si era impegnato a sollecitare i Direttori degli Uffici Regionali affinché nell’assegnazione dell’organico di potenziamento per l’A.S. 2018-2019 si tenesse conto della classe di concorso del primo collaboratore, come indicato dal dirigente scolastico.
Se l’impegno dell’Amministrazione fosse stato confermato nelle scuole avremmo avuto una unità di potenziamento corrispondente alla classe di concorso/tipologia di
posto del primo collaboratore, permettendo allo stesso di essere esonerato
dall’insegnamento. Ma l’impegno è stato palesemente disatteso!!
Successivamente sia Disal che ANP hanno ribadito in documenti ufficiali l’urgenza di tale intervento al fine di “assicurare la migliore governabilità delle istituzioni scolastiche……affinché tutti i DS preposti alle suddette scuole abbiano la possibilità di esoneraredall’insegnamento un docente loro collaboratore, individuato ai sensi dell’articolo 25 del d.lgs.165/2001, e di disporre la relativa supplenza fino al termine delle attività didattiche (comunicato ANP del 2/8/2018)”, indipendentemente dalla classe di concorso del Collaboratore.
E’ancora una volta a rischio la qualità e la funzionalità della scuola specialmente in quei territori dove la presenza di un DS reggente o part-time non può dare tempestive risposte alle urgenze ed emergenze che quotidianamente si presentano (spesso senza preavviso!).
Ci saremmo aspettati – vista l’urgenza – che la norma avesse visto la luce già nel decreto milleproroghe di recente approvazione (come anticipato dal Ministro Bussetti il 4/9/2018) ed, invece, stando al dispositivo nessuna risposta è stata data nel merito.
E le scuole – con buona pace dei DS e dei loro Collaboratori – continuano ad arrangiarsi nella quotidiana fatica di garantire un’efficiente gestione ed una efficace organizzazione unitamente al diritto allo studio degli alunni.
ANCODIS ribadisce l’urgenza di ripristinare l’esonero per tutti i Collaboratori vicari (la legge di stabilità 2015 ha cancellato questa possibilità ai danni delle autonome I.S.) indipendentemente dalla condizione di reggenza.

b) Riconoscimento giuridico della figura del VICARIO.
Nell’Avviso pubblico per l’individuazione degli “Snodi formativi territoriali”………. Conferma disponibilità corsi formativi in materia di privacy pubblicato il 22/8/2018 si legge “A tal fine, si chiede ………… di confermare la disponibilità ad organizzare un’attività di formazione in materia di protezione dei dati personali, ………. rivolta ad un massimo di quattro partecipanti per ciascuna istituzione scolastica, tra cui, necessariamente, il Dirigente Scolastico (DS), il vicario e il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA)”.
Una piacevole sorpresa leggere in un documento ufficiale che esiste il Collaboratore VICARIO quale figura da impegnare – necessariamente – in questo corso di formazione!
Ma allora i VICARI formalmente esistono per il MIUR solo quando si devono occupare di formazione o lavorare nelle scuole in assenza del DS o gestire plessi distaccati o organizzare il servizio scolastico o sostituire il DS assente per ferie o malattia?
Ciascun DS (part-time/reggente/titolare) può contare su una squadra di Collaboratori che lo coadiuvano nelle scelte, nella pianificazione, nella gestione, nella condivisione delle criticità, che sono soddisfatti per i risultati positivi conseguiti: questi docenti per lo Stato NON esistono e non ricevono dallo Stato quanto, invece, offrono incondizionatamente alla loro Istituzione scolastica.
Lo abbiamo scritto e continuiamo a farlo: nel sistema scolastico italiano OCCORRONO figure intermedie, con un servizio contrattualmente riconosciuto in una carriera integrata, e tra di essi un Collaboratore che possa supplire temporaneamente all’assenza del DS.
Le forze politiche di maggioranza e di opposizione – se hanno a cuore l’organizzazione e la gestione moderna di una scuola e la conseguente qualità dell’offerta formativa – DEVONO trovare, nel confronto con tutti gli operatori (DS, DSGA, OO.SS) quelle soluzioni moderne ed efficaci che riconoscano ruolo e dignità a quanti si spendono – oltre la didattica – a servizio di alunni e famiglie.
A tal proposito non possiamo non apprezzare quanto si legge nel documento dell’ANDIS del 9 settembre “(I Collaboratori) Sono di sicuro sostegno a un sistema fondato su effettive autonomie…….con il pieno riconoscimento e la stabilizzazione delle figure di staff, in grado di collaborare col dirigente scolastico.
Certamente una posizione lungimirante e consapevole di una visione che guarda alle autonome istituzioni scolastiche come sistemi complessi nei quali una leadership può realizzarsi integrando e riconoscendo i contributi professionali dei Collaboratori del DS.
E’ arrivato il tempo di infrangere questa dicotomia tra la realtà dei Collaboratori ben nota in tutte le scuole e l’assenza di un fondamento normativo, tra l’evidenza di una presenza costante e riconosciuta da docenti, alunni e famiglie e il mancato riconoscimento giuridico da parte dello Stato, tra un ruolo effettivamente ed efficacemente svolto ogni giorno dell’anno e l’indifferenza delle OO.SS. che non spendono parola a loro sostegno!
Questa condizione per i Collaboratori non è più sostenibile e lo dimostreremo a cominciare dal possibile rifiuto a svolgere la cosiddetta “necessaria” formazione così come indicato dal MIUR!
ANCODIS, dunque, ribadisce la necessità– questa sì! – del riconoscimento giuridico e della progressione di carriera di quanti collaborano nella gestione e nella organizzazione delle autonome I.S. a partire dal 1° Collaboratore Vicario.
In caso contrario, verrebbero meno a scuole e DS quelle condizioni favorevoli che i Collaboratori garantiscono con la presenza quotidiana, con le loro specifiche competenze, con lo spirito di servizio e la leale collaborazione sempre profuse.
Chi si occuperebbe di organizzazione del servizio, di gestione supplenze, di controllo sicurezza nei plessi, di progettazione, di alternanza scuola-lavoro, di relazioni con i genitori, di gestione dei conflitti, di PON FESR, di RAV, di PdM?
La professionalità dei Collaboratori NON può essere messa all’angolo dal ricatto “Accetti queste condizioni o rinunci” oppure dalla asserzione qualunquista “Lo hai voluto fare tu”.
Per fortuna c’è di mezzo la forza della dignità e dell’etica in ciascun Collaboratore!

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo




UDIR, Dirigenti Scolastici da tutta Italia a Palermo per dire basta alla mancata tutela del ruolo!!!

Nasce oggi l’UDIR, sindacato dei Dirigenti Scolastici, che come prima mossa rivendica diritti ormai accantonati da anni, sommersi dalle responsabilità addossate sulle spalle dei Presidi.

“io non capisco” esordisce Marcello Pacifico, Presidente del Sindacato Anief, all’apertura del seminario di formazione lanciato dall’UDIR alla sua prima apparizione pubblica “avete dei diritti cari Dirigenti Scolastici e non li andate a difendere??”

La domanda dopo aver spiegato che un Dirigente Scolastico oggi non riceve circa 20.000 euro di compensi pregressi che gli spettano per legge.

Oggi erano presenti al convegno più di 200 dirigenti scolastici provenienti da tutte le parti d’Italia, Lazio, Lombardia, Calabria, Campania, Veneto, Emilia Romagna ed ovviamente Sicilia, un grande successo che lascia presagire spiragli di grande futuro per questa azione nuova e fresca in un panorama sindacale che non è mai stato favorevole ai Dirigenti Scolastici, specie perchè la rappresentanza pesa circa lo 0,1 % rispetto agli iscritti di una normale forza sindacale generalista.

Difficile che in un mondo dove la rappresentanza dei Dirigenti pesa così poco e dove i sindacati generalisti (leggasi CGIL, CISL, UIL, etc. NdR) si trovano nella ridicola situazione di dover difendere un professore dal suo datore di lavoro, che è il Dirigente Scolastico, e ove entrambe le figure sono iscritte allo stesso sindacato, difficile si diceva che il sindacato possa essere obiettivo se il peso del docente vale il 30%sugli iscritti e quello del Dirigente lo 0,1%.

“UDIR” continua Pacifico nel suo incisivo intervento “non nasce per porsi come alternativa politica agli altri sindacati, ma per intervenire nelle reali problematiche legate al ruolo della dirigenza, e soprattutto per sistemare l’annosa questione della differenza di retribuzione tra Dirigenti Scolastici e tutto il resto della Dirigenza Pubblica.”

“Basta, Basta, Basta” riprende Pacifico ” è il momento di capire che la Dirigenza Scolastica ha tenuto per troppo tempo un comportamento da martire pur di far andare avanti le scuole! è ora di dire davvero basta all’iniqua diseguaglianza che si è creata negli anni addirittura tra dirigenti prima 2001 e dirigenti dopo 2001!!!”

Can che abbaia non morde, ma UDIR da subito ha morso il centro del problema, mostrando idee chiarissime ed efficaci, prevedendo tre linee di azione immediata, quella normativa e di accompagnamento alla politica, quella di unità forte dei dirigenti su un primo tema importante quale quello della retribuzione, e quella legale, tipica di Anief che negli anni ha fatto recuperare milioni di euro ai suoi iscritti di mancate erogazioni stipendiali, che vuole essere il primo supporto concreto agli iscritti.

“Nessuno di quelli che abbiamo accompagnato nei ricorsi ha mai dovuto pagare nulla di spese legali!” Tuona ancora Pacifico in risposta ad una mail che proprio in questi giorni è stata fatta girare ed in cui si sosteneva che ricorrenti aiutati da Anief avessero dovuto pagare ingenti spese legali in caso di mancata riuscita del ricorso stesso.

Abbiamo inoltre notato che proprio nell’ultimo mese, quando cioè ormai era nota la nascita di UDIR e la sua battaglia per la retribuzione, tutte le altre sigle sindacali hanno iniziato a parlare di retribuzione dei Dirigenti, ma possibile che per far muovere i sindacati su un diritto occorra fondare un nuovo sindacato??

Se va ha le gambe dicevano i nostri nonni, ed UDIR sembra proprio avere due poderose gambe da corsa.