Presidi e Vicepresidi: Tutti in “ferie” per protesta!!

Se non fosse tragico ci sarebbe da morir dal ridere, Presidi e Vicepresidi in ferie per protesta il 17 aprile.

Una volta, tanti anni fa, la modalità di protesta dei lavoratori contro le angherie del padrone era lo sciopero; si fermavano le fabbriche, si bloccava la produzione o i servizi, i datori di lavoro perdevano soldi (anche i lavoratori non avevano pagata la giornata), finché non si trovava una soluzione che potesse mediare le posizioni.

I sindacati nel passato hanno usato lo sciopero in modo incontrollato e spesso senza logica, i lavoratori hanno perso solo soldi per ottenere dei risultati che alla fine erano peggiorativi, risultato finale lo sciopero oggi ha ben poco valore.

La situazione è ancor più ridicola quando lo sciopero è dei lavoratori statali: infatti unico obiettivo è quello di creare disagio ai servizi offerti per il cittadino in modo da sensibilizzare l’opinione pubblica verso le richieste dei dipendenti pubblici.

Il problema dei dipendenti statali è che oggi più che mai siamo diventati una società di qualunquisti e nichilisti, non frega più niente a nessuno di quello che succede se non come argomento per innalzare lamentele colossali e poi rintanarsi nella propria “tana” sbuffando e dicendo che questo stato schifoso è destinato a schiantarsi.

Amaro e noia. La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo … e l’infinita vanità del tutto.

Povero Leopardi, nichilista per condizione, poveri noi, nichilisti per cittadinanza.

Ma in questo Stato di cittadini inermi e ormai alienati da promesse rutilanti e dichiarazioni altisonanti, ci sono ancora categorie di persone che, seppur nella loro fragile italianità, cercano di resistere al nichilismo dilagante. E PER FORTUNA.

Ormai noto che Betapress sia affezionato al mondo della scuola, così tanto bistrattato, ma così importante per una speranza di futuro, resta sempre il pensiero di come fare per gridare nelle menti sonnecchiose dei politici italiani che così non va, non funziona, il sistema non regge.

I Presidi ed i Vicepresidi delle scuole negli ultimi anni, visto il pericolo di deriva e di cervelli all’ammasso che si profila all’orizzonte, stanno cercando in tutti i modi di urlare il disagio della Scuola Italiana, la sofferenza di chi ancora crede nei giovani e nelle loro potenzialità per far smuovere le coscienze e per ritrovare un cammino che prenda la genialità italica dei giovani e la trasformi in valore per il paese.

A questo punto scatta la genialità: non scioperiamo, si dicono presidi e vicepresidi, ma prendiamo ferie, che comunque non riusciremmo a fare visto che siamo sempre a scuola, e cerchiamo di rimanere uniti perché il grido di uno solo è flebile lamento ma il grido di mille è tuono potente.

Nella sempiterna speranza che il giusto vinca ed il disonesto perda, vi lasciamo ora alle parole del comunicato di ANCODIS che ben raccontano uno stato di disagio che la politica dovrebbe osservare e che i cittadini dovrebbero capire, uscite tutti dalle vostre TANE e cercate di capire cosa succede…


Presidi in ferie il 17 aprile per protestare:

anche ANCODIS evidenzia il forte disagio dei Collaboratori dei DS.

 

L’Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici (ANCODIS) prende atto della decisione dell’Associazione SOLO DIRIGENTI (https://www.tecnicadellascuola.it/dirigenti-scolastici-necessario-uscire-dal-silenzio).

e del sindacato UDIR (https://www.orizzontescuola.it/17-aprile-saro-ferie-udir-aderiamo-alla-protesta-le-condizioni-lavorative-dei-dirigenti-scolastici) di protestare con un giorno di ferie per martedi 17 aprile 2018.

Con questa iniziativa i DS intendono far rilevare all’opinione pubblica “il malcontento di una categoria negli ultimi anni vessata, incompresa e con carichi di responsabilità eccessivi rispetto a stipendi decisamente non in linea, per essere eufemistici, con il carico di lavoro e con il resto della Pubblica Amministrazione”.

I promotori ritengono, inoltre, di realizzare una “forma di protesta civile, significativa e rumorosa, che sarà occasione per riflettere collettivamente e per mettere in risalto la situazione dei dirigenti scolastici dimenticati”.

Ricordiamo che già il 25 maggio 2017, una protesta dalle forme variegate (sciopero per alcuni/assemblee e ferie per altri) fece emergere questo malcontento della categoria che ANCODIS sostenne ritenendo pienamente fondate le ragioni che avevano portato a tale decisione.

I Collaboratori dei DS, non potendo non riconoscere le ragioni della protesta, dichiararono la solidarietà ed il sostegno ai presidi.

Oggi – nel confermare coerentemente quelle posizioni – ANCODIS non può esimersi dal fare rilevare la condizione di disagio dei Collaboratori che non hanno alcun riconoscimento giuridico né economico nonostante in ogni I.S. si caratterizzino per l’alto senso del servizio (senza limiti di tempo e di carichi di lavoro), per l’impegno quotidiano nella gestione e nell’organizzazione della scuola, per il ruolo di primi interlocutori per docenti, genitori ed alunni, per la funzione di mediazione nella ricerca di prime soluzioni nelle conflittualità tra alunni, docenti e famiglie (non dimenticando le aggressioni anche a loro danno).

Ribadiamo con assoluta fermezza e determinazione che il nostro lavoro è in gran parte LAVORO DI QUALITA’ e di SERVIZIO ma senza alcun riconoscimento giuridico.

ANCODIS, dunque, evidenzia con forza all’opinione pubblica che le scuole vengono gestite anche con il lavoro dei Collaboratori (si pensi alle numerose scuole in reggenza, ai plessi distaccati, alle attività extradidattiche, ai progetti, alle quotidiane emergenze, alla gestione delle procedure degli esami nei diversi ordini, alle sostituzioni dei DS impegnati in Esame di Stato).

Ed i nostri DS – impegnati nel riconoscimento delle loro legittime rivendicazioni – conoscono bene la fatica e l’impegno di chi li collabora lealmente, professionalmente e con competenza rendendo più efficiente l’organizzazione e la gestione delle Istituzioni Scolastiche loro affidate.

Noi Collaboratori dei DS vogliamo, quindi, ribadire due proposte che riteniamo necessarie nella scuola moderna: il distaccamento dalle attività didattiche per un Collaboratore in tutte le scuole con il ripristino delle funzioni vicarie in caso di assenza del DS (ex vicepreside); il riconoscimento giuridico nel quadro di una moderna progressione di carriera che tenga conto dei ruoli che ciascun collaboratore – nelle specifiche funzioni – assolve.

Vogliamo ricordare quanto scritto nel nostro documento costitutivo: “Pensiamo di essere sulla strada giusta, consapevoli delle difficoltà, ma forti della certezza che siamo parte integrante a pieno titolo della comunità educante nelle nostre I.S. e protagonisti del buon funzionamento delle stesse. Desideriamo rivendicare il diritto all’esistenza riconosciuta per norma di legge, regolamentata nel prossimo CCNL, definita in una carriera di quadro intermedio – middle management – dichiarata necessaria da più parti ma nei fatti ancora oggi non incanalata in una discussione seria che guarda alla scuola del 2020”.

Chiediamo di aprire il dibattito ed il confronto su questi temi con i rappresentanti delle OO.SS., delle associazioni, delle Istituzioni, per affermare che nella scuola moderna è necessario un riconoscimento giuridico dei Collaboratori del DS che renda merito al servizio, alle esperienze ed alle competenze.

Pertanto, il 17 aprile i Collaboratori dei DS iscritti ad ANCODIS non saranno in servizio.

E’ il momento di dire che abbiamo il diritto di ESISTERE. Con buona pace di tutti!   

 

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma

 

 




ANCODIS: firmato il contratto docenti, inadeguato!

Pubblichiamo sempre con grande piacere un comunicato stampa di ANCODIS che ci permette di fare qualche considerazione.

In Primis: ma perché la scuola continua ad essere così sindacalizzata considerando che gli iscritti ai sindacati vengono puntualmente presi in giro dagli stessi sindacati che si fanno beatamente i fatti loro e non certo gli interessi dei loro iscritti?

Crediamo che sarebbe giusto intanto considerare quale sarebbe lo stipendio corretto di un docente: facciamo due conti calcolando le 18 ore di contratto, più le altre 20 ore la settimana che un docente serio dovrebbe dedicare al suo lavoro per farlo bene, poi mettiamo altre 10 ore la settimana per stare aggiornati sia sulla propria materia che sulle metodologie di insegnamento, vengono fuori circa 48 ore la settimana che una semplice proporzione ci porterebbero ad uno stipendio netto di 4.000 euro circa.

Quindi un sindacato giusto dovrebbe battersi per uno stipendio adeguato e rifiutare le elemosine elettorali.

Certo qualcuno osserverà che ci sono docenti incapaci, che se ne fregano, e chi più ne ha più ne metta, ma queste categorie ci sono ovunque (la cosa divertente è che sono le più difese dai sindacati), quindi per questo risaliamo ad un concetto etico educativo a monte che per ora accantoniamo.

In realtà i docenti di ogni scuola sono l’estensione della famiglia, quindi il momento educativo più importante per i figli di questo paese, pertanto uno Stato dovrebbe pagare il massimo per avere il massimo, invece questo stato paga il minimo ha il massimo e prende pure per i fondelli…

Eppure i docenti, le maestre, gli educatori, ma anche il personale di segreteria compresi i collaboratori, danno il massimo per i ragazzi che vengono loro affidati, ed i presidi con i vicepresidi si prendono responsabilità che nessuno sano di mente si prenderebbe, eppure stato e sindacati continuano imperterriti a prendere per i cosiddetti i docenti, maestre, alunni, genitori, presidi e vicepresidi…

Ma in un paese che diventa sempre più povero occorre considerare che anche chi oggi da il massimo prendendo il minimo non lo potrà fare per sempre … “Verrà un giorno?” diceva qualcuno di nostra conoscenza, vuoi vedere che ci siamo arrivati … alla frutta?

ANCODIS: CCNL 2016-2018, un passo avanti e tre indietro.

Venerdi 9 febbraio 2018 le principali OO.SS. (CISL, CGIL, UIL) hanno sottoscritto il testo per il rinnovo del CCNL relativo ai comparti Scuola, Università, Ricerca ed AFAM.

Dopo 10 anni di blocco e di paziente attesa, il contratto viene firmato nel pieno svolgimento della campagna elettorale per le elezioni politiche e per il rinnovo delle RSU.

Una coincidenza a dir poco sospetta……

Governo e OO.SS. propongono come un successo il riconoscimento di una “mancetta” in un contratto che mantiene in gran parte la struttura precedente con elementi “conservatori ma spacciati per innovativi” che ci riportano al periodo antecedente la 107.

Si inneggia con soddisfazione al un risultato che di fatto NON rende giustizia ai nostri stipendi (che restano tra i più bassi in Europa) sacrificando – per interessi elettorali – una visione moderna della scuola fondata anche sulla valorizzazione del merito di ogni docente che vuol essere protagonista nella didattica, nella formazione e, in ultimo, nella collaborazione ai sensi del comma 83 della Legge 107/2015.

Si è voluto fare non uno ma tre passi indietro sulla base del principio “i docenti sono tutti uguali” oppure “lavorano tutti allo stesso modo” per cui il principio della valorizzazione del merito individuale ed il suo conseguente riconoscimento economico è stato di fatto sacrificato al “principio della pioggerellina per tutti”, vista la media di 12 € mensili lordi quale “grande risultato” conseguente alla tanto declamata riduzione (60%) del fondo destinato al merito.

Il Governo cede alla forza elettoralistica delle OO.SS. che così avranno modo di propagandare un modestissimo risultato economico quale grande vittoria (che ricorda quella di Pirro!)

In questa partita contrattuale non ci sono vincitori ma una sola sconfitta: la visione di una scuola moderna fondata sul merito per alunni e docenti.

Quella visione che ci porta ogni giorno a parlare ai nostri alunni di merito e di valore; quella scuola che è aperta alle pari opportunità per tutti i suoi operatori ma non dovrebbe porre freni a chi vuole impegnarsi in termini di tempo e di ruolo; quella scuola che va avanti quotidianamente grazie al lavoro di tanti docenti che – oltre l’attività di docenza – si impegnano intensamente per garantire il migliore servizio possibile per alunni e famiglie.

In questo “vecchio” rinnovo contrattuale, Governo e OO.SS. non hanno voluto dare la meritata attenzione contrattuale ai tanti docenti (almeno 60000 unità) che si occupano delle attività di cui al comma 4 dell’Art. 28 del neonato contratto!

Un contratto arcaico e conservatore che dà un chiaro messaggio: lavorate e faticate pure, dedicate anche tanto tempo alla formazione, il vostro impegno NON merita alcun riconoscimento oltre lo stipendio!

Questa logica egualitaria non ci convince: oltre l’intervento a pioggia, avremmo voluto leggere un comma che illuminasse con un raggio di sole il lavoro di questi docenti!

In questo specifico aspetto, il contratto presenta l’imprimatur di una scelta politica e sindacale che – a partire dal comma 83 della Legge 107 – non ha avuto il coraggio di andare avanti con determinazione sulla strada del riconoscimento giuridico, della apertura ad una carriera integrata, del riconoscimento economico, della valorizzazione del merito di questi docenti.

Vogliamo dirlo senza indugi: questo contratto guarda ai docenti soltanto come tali e non tiene per nulla conto di ruoli ed incarichi che in ciascuna istituzione integrano questa funzione.

Ruoli e incarichi che verranno ulteriormente mortificati dalla nuova pesante riduzione del Fondo per il miglioramento dell’Offerta Formativa prevista dal comma 3 dell’art. 39-bis (Al fine di finanziare quota parte degli incrementi della retribuzione professionale docente di cui all’art. 38, il Fondo di cui ai commi 1 e 2 è ridotto stabilmente, per l’anno 2018 di 80,00 milioni di Euro e a decorrere dal 2019 di 100 milioni di Euro, anche ( ma non solo n.d.r.) a valere sulle disponibilità dell’art. 1, comma 126 della legge n. 107/2015, in misura pari a 70 milioni per il 2018, 50 milioni per il 2019 e 40 milioni a regime).

Il che significa far pagare a quei docenti che liberamente e volontariamente si rendono disponibili a svolgere attività aggiuntive per compensi già assai modesti (Collaboratori del DS, Responsabile di Plesso, Referenti commissioni di lavoro, Referenti di dipartimento, Tutor dei docenti neo-assunti, Tutor dell’alternanza scuola-lavoro, animatori digitali, lavoro straordinario per accompagnamento alunni in gita…… ) il raggiungimento della strabiliante cifra di 12€ mensili di incremento della RPD!

ANCODIS manifesta la sua insoddisfazione per questa visione degli anni 90 sostenendo la necessità che si riconosca in sede giuridica e contrattuale l’impegno, il servizio ed il merito di quanti – oltre l’attività didattica – consentono al sistema scuola di garantire in ciascun giorno dell’anno (scolastico e solare) in stretta collaborazione con i DS il regolare funzionamento didattico, organizzativo e gestionale.

Per queste ragioni, ANCODIS ritiene inadeguato, discriminatorio, con i caratteri di un conservatorismo sindacale il CCNL 2016-2018; informa che metterà in campo tutte quelle azioni ritenute utili e necessarie a tutela della professionalità di quanti collaborano con i DS nelle diverse forme e preannuncia l’intenzione di procedere in giudizio avverso qualsivoglia atto o provvedimento che riterrà lesivo per i propri iscritti.

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma




L’Ipocrisia del tutto

Come al solito non sono d’accordo, stavolta con la posizione di Massimo Gramellini che enfatizza il licenziamento della maestra colpevole di scrivere SQUOLA, ma che salva la ministra che non perde occasione per dare prova della sua ignoranza in materia scolastica.

Facciamo un passo indietro, è di questi giorni la notizia che la magistratura ha apposto il timbro definitivo sul licenziamento della maestra veneziana che scriveva scuola con la q.

Certo, per chiunque, è inverosimile che una maestra abbia immeritatamente esercitato la sua professione forgiando generazioni di alunni nell’errore grammaticale.

Anch’io, da addetta ai lavori, resto stupita ed attonita.

Per ottenere quel posto, la maestra in questione avrà dovuto superare indenne un lunghissimo percorso ad ostacoli disseminato di SCUOLE.

Intanto, l’esame di quinta elementare, Poi quello di terza media, nella scuola secondaria di primo grado, infine, la maturità, al termine della scuola secondaria di secondo grado.

Forse una laurea e sicuramente un concorso…

Possibile che nessun esaminatore si sia mai accorto della sua ignoranza?!?

Non oso pensare che fossero tutti corrotti od ignoranti…

Mi basta pensare che fossero “distratti”, come quei tecnici ministeriali che in un tema dell’anno scorso hanno scritto «traccie» con la i?

Oppure, come quei cervelloni che ogni anno redigono dei quesiti delle prove invalsi con palesi errori di grammatica o di calcolo…

La maestra sgrammaticata non è un caso eccezionale, è in tanta buona compagnia, appartiene ad un sistema di selezione del personale scolastico con diversi limiti oggettivi, per esempio il numero eccessivo dei candidati, il basso stipendio dei commissari, i tempi biblici dei concorsi e gli eterni ricorsi…

Ma proprio non posso accettare che lo stesso sistema che elimina la mela marcia, avvalli la presenza quotidiana al ministero ed in televisione, nonché nelle università e nei convegni, di una MINISTRA ignorante che sbaglia l’impiego dei congiuntivi, dice “i più migliori”, propone dei tagli indiscriminati dei contenuti ministeriali di storia e chi più ne ha, più ne metta…

Come fa la signora Fedeli ad occupare un posto di prestigio nella gerarchia scolastica senza avere né merito né servizio!?!

O forse, per essere ministro della pubblica istruzione è un optional essere in possesso della laurea ed avere insegnato, almeno un giorno, giusto il tempo di scrivere scuola con la q???

 

Antonella Ferrari

 

 

 

 

 

 

 

http://betapress.it/index.php/2017/10/30/la-ministra-frettolosa-basta-scaricare-tutto-sulla-scuola-e-la-famiglia/

http://betapress.it/index.php/2016/11/18/io-professoressa-perdente-posto/




ANCODIS: BASTA CON LE DEMAGOGIE

Pubblichiamo con grande piacere un’importante comunicato stampa che ci giunge dall’associazione nazionale collaboratori dirigenti scolastici, che si batte per il riconoscimento del ruolo dei “Vicepresidi”.

Lasciando al comunicato l’espressione del pensiero dei collaboratori dei Dirigenti Scolastici che condividano, ci permettiamo qualche piccola osservazione:

Se il sindacato storico della scuola (tutte le sigle) avesse lavorato negli ultimi anni davvero per i lavoratori della scuola e non per le loro tessere, una frase come quella riportata in epigrafe non sarebbe mai passata per la testa di un sindacalista.

Perché se rappresentiamo le eccezioni come regole non possiamo più rappresentare nessuno, nemmeno noi stessi.

In questo paese serve l’obiettività dei fatti sopratutto in capo alle persone che dovrebbero tutelare interessi comuni.

Non dimentico che chi scrive è stato oggetto di mobbing e paradossalmente il sindacato si è messo dalla parte del mobbizzatore, ma in gioco c’erano soldi, potere, tessere … per cui ça va sans dire …

Cari Amici di Ancodis, tenete duro, la vostra battaglia è giusta, ma attenti alle spalle …

 

A.N.Co.Di.S.

Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici

Turi: “Gli unici meritevoli erano gli amici del preside”. Chi tace acconsente….

 

L’Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici nel leggere con sorpresa le dichiarazioni del Segretario Generale Scuola UIL (https://www.tecnicadellascuola.it/lattacco-della-uil-scuola-gli-unici-meritevoli-gli-amici-del-preside-carta-del-docente-situazioni-truffaldine)  vuole intervenire per fare chiarezza su una frase – ove non fosse smentita – che considera demagogica, qualunquista e fuorviante.

Premesso che ANCODIS ritiene necessaria e fondamentale la presenza del Sindacato per il ruolo assolto nella storia di questo paese sia nel settore pubblico che privato, queste dichiarazioni – se non smentite – favoriscono quelle illazioni su alcune componenti di docenti che certamente non fanno bene al sistema scolastico italiano.

ANCODIS le contesta perché le ritiene ingenerose e denigranti verso il lavoro di chi si impegna quotidianamente con fatica e determinazione nella propria Istituzione Scolastica ed, in particolare, verso i Collaboratori dei DS che assolvono con grande spirito di servizio il loro compito senza un riconoscimento né giuridico né contrattuale.

Non possiamo continuare ad andare avanti sulla strada del pregiudizio con affermazioni che ledono la dignità, la fatica ed il lavoro (di docenza, di collaborazione, di coordinamento) dei cosiddetti docenti meritevoli ai sensi dei commi 126, 127 e 128 della Legge 107!

Il merito e la conseguente premialità – lo sanno bene i sindacalisti – si fonda su criteri deliberati dal Comitato di Valutazione ai sensi del comma 129 della 107/2015.

Esso è costituito dal DS, tre docenti dell’istituzione scolastica (due eletti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto), due rappresentanti dei genitori (uno per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione), un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori eletti dal consiglio di istituto (per il secondo ciclo di istruzione), un componente esterno individuato dall’ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici.

A questi criteri il DS deve attenersi con un’assunzione di responsabilità etica, morale e professionale!

E’ il caso di ricordare, inoltre, che ai sensi del comma 130, gli uffici scolastici regionali dovranno inviare al MIUR una relazione sui criteri adottati dalle istituzioni scolastiche e, sulla base delle relazioni ricevute, un apposito Comitato tecnico-scientifico – previo confronto con le parti sociali e le rappresentanze professionali – predispone le linee guida per la valutazione del merito dei docenti a livello nazionale in modo da avere un format nazionale sul quale adattare i criteri deliberati in autonomia dai Comitati di valutazione delle I.S..

Ciò detto, dalle parole di Turi sembra emergere una posizione “politica” che guarda ad una scuola del secolo scorso, ancorata a procedure generaliste ed omologanti che rendono tutti indistinti nei ruoli, nelle competenze, nella formazione, nella carriera.

Piuttosto, chiediamo al Sindacato di guardare all’interesse generale del sistema scolastico assumendo iniziative contrattuali moderne, efficaci ed efficienti.

Noi di ANCODIS siamo per la valutazione di sistema.

Ma prima occorre procedere al riconoscimento giuridico di quanti concorrono ai risultati – positivi o negativi – in ogni I.S..

In attesa di questa innovazione giuridica e contrattuale, resta in campo una valutazione di merito per TUTTI i docenti che non sono assolutamente gli “amici dei presidi” ma professionisti della scuola (nella didattica, nella innovazione e nella governance).

I Collaboratori dei DS che vivono la scuola in questi tre aspetti non possono accettare in alcun modo l’equazione PREMIATO=AMICO del DS!! Non ci stiamo!

E siamo i primi a dire che non temiamo alcuna forma di valutazione fondata su criteri condivisi (in attesa delle Linee guida del MIUR) e misurabili come avviene nel resto dell’Europa.

Siamo convinti che è una strada che deve continuare fermo restando che laddove si siano verificate storture o abusi non dobbiamo temere di denunciare e correggere.

Per queste ragioni non possiamo tacere e chiediamo alle altre Associazioni di categoria di fare altrettanto.

Almeno che ……. Chi tace acconsente!

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma

 

http://betapress.it/index.php/2017/07/21/a-n-co-di-s-lotta-estrema-contro-le-ingiustizie/

http://betapress.it/index.php/2016/09/13/cercasi-buona-scuola/

http://betapress.it/index.php/2017/08/18/miur-il-dandy-delle-reggenze-ma-fu-vera-gloria/




La ministra frettolosa: basta scaricare tutto sulla scuola e la famiglia

Basta con la superficialità con cui il Miur affronta le problematiche serie della scuola!

“adelante, presto, con iuicio” persino il Manzoni poteva essere d’ausilio alla Ministra, ma c’erto non tutti conoscono questa famosa frase…

Prima di parlare sarebbe sempre opportuno informarsi e dimostrare di conoscere l’argomento di cui si tratta.

Occorre ribellarsi a dichiarazioni che non hanno il senso della gravità e del disagio in cui le normative, non adeguate ai tempi e al ruolo sociale nuovo che il nostro paese vive, fanno vivere la scuola a professori, genitori, alunni dirigenti e personale tutto.

È ora di finirla di pensare che le famiglie sono quelle di una volta, in cui l’uomo lavorava e la donna era a casa a seguire i figli, o pensare che tutti hanno nella porta accanto i genitori che possono ancora fare i nonni felici: oggi non è più così.

Per sopravvivere, al giorno d’oggi, occorre avere due stipendi e poiché ormai la gente per poter lavorare deve anche cambiare città, se non regione addirittura, non sempre si può contare sui nonni.

Quindi la signora Ministra cerchi di capire in che paese vive, perché in questo i genitori non possono andare a prendere i loro figli come vent’anni fa.

Ma ancor più grave risulta il fatto che il Ministro dica “Presidi e professori se ne facciano una ragione, devono consegnare i minori ai genitori”, interpretando a modo suo una sentenza della Cassazione che si riferisce invece ad un caso specifico di contraddizione tra quanto previsto dal Regolamento interno ed il comportamento dell’istituzione scolastica.

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e Udir, afferma che “La responsabilità dei giovani, una volta usciti dal perimetro scolastico, non può essere additata ancora agli insegnanti, al personale Ata o al dirigente scolastico. Su questo il Miur dovrebbe essere chiaro. Va bene rassicurare le famiglie, ma è un modo di procedere che non condividiamo, perché significa implicitamente accostare alla scuola e a chi vi opera le eventuali manchevolezze del patto di corresponsabilità stipulato con i genitori. Fino a prova contraria, la scuola esercita un pubblico servizio che prevede dei precisi orari di apertura e chiusura. Al di fuori delle ore prestabilite, non è possibile garantire la permanenza e vigilanza del minore. Ancora di più perché in questi casi il docente dovrebbe affidare l’alunno al suo preside, che quasi sempre non c’è perché ha in media sette-otto sedi da seguire, oppure al collaboratore scolastico, che però a sua volta deve rispettare degli orari di lavoro e siccome gli ausiliari sono stati tagliati in numero drastico, sono sempre più frequenti i casi, soprattutto alle medie, di istituti che già subito dopo l’ora di pranzo sono costretti a chiudere. Oppure, si mettano nelle condizioni i comuni di prelevare tutti i minori di 14 anni e portatori di disabilità di portarli a scuola attraverso appositi pulmini.”

In ogni caso l’art. 61 della legge 11 luglio 1980 n. 312 stabilisce che nel caso in cui l’Amministrazione “risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti a vigilanza”, la responsabilità patrimoniale degli insegnanti è limitata ai soli casi di dolo e colpa grave.

Esso prevede che, salvo rivalsa nelle suddette ipotesi di dolo o colpa grave, l’amministrazione si surroga al personale “nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi “.

Nell’ipotesi di responsabilità per culpa in vigilando gli insegnanti statali non rispondono più personalmente verso terzi, rispetto ai quali risponde invece direttamente l’Amministrazione su cui viene a gravare la responsabilità civile nelle azioni risarcitorie, salvo rivalsa dello Stato nei confronti dell’insegnante in caso di dolo o colpa grave.

Pertanto un Ministro non può pensare di risolvere un grave problema sociale con frasi messe a caso e occorre dunque un intervento serio, legato soprattutto ad un fatto: la scuola non è un deposito dei ragazzi piccoli o grandi che siano, la scuola è un luogo in cui si forma un processo educativo che accompagna il giovane nella sua crescita.

Questo processo non può essere interrotto da lacune legislative che poggiavano la loro essenza su uno stato sociale delle famiglie di 50 anni or sono; ora occorre cambiare pesantemente e prendere atto dei nuovi problemi sociali.

Non è più ammissibile strizzare un occhio alla famiglia e buttare l’osso alla scuola dando 80 euro a pioggia, creando invece malcontenti sociali e fratture nel difficile rapporto scuola famiglia.

Il presidente nazionale Pacifico prosegue dicendo che “Viene da chiedersi anche se nello stesso ddl [il nuovo progetto di legge dichiarato dal Ministro N.d.R.] vada pure esplicitato che a scuola il minore dovrà giungere accompagnato da chi ne ha la patria potestà oppure dai nonni.

Altrimenti, si mettano nelle condizioni i comuni di prelevare tutti i minori di 14 anni e portatori di disabilità di portarli a scuola attraverso appositi pulmini.

La vita reale, sappiamo, che è ben altra: è quella che viviamo tutti i giorni, fatta di Comuni che tagliano anche le linee di bus ordinarie, come accaduto a 150 liceali del palermitano, costretti ad essere accompagnati per fare più di 20 chilometri tra Capizzi e Nicosia perché il Comune non può più pagare il pullman.

Allora, anziché andare ad attribuire per l’ennesima volta compiti e responsabilità ulteriori alle scuole, sarebbe bene ricordarsi che i giovani sono un patrimonio di tutti: della scuola, certamente, ma anche delle famiglie e delle istituzioni”.

Signora Ministra meno parole e più azioni: la scuola non è uno slogan!

 

http://betapress.it/index.php/2017/09/12/compiti-a-casa-addio/

http://betapress.it/index.php/2017/10/03/doxa-la-scuola-piace-di-piu-ma-gli-italiani-studiano-di-meno/




La filastrocca del Vicepreside

Il Vicepreside.

Ad ogni grado corrisponde un determinato ruolo, ad eccezione del Vicepreside.

Il Vicepreside è quella figura che lavora a prescindere se gli compete o meno.

Il Vicepreside è quella figura che dell’anzianità ne fa un proprio e invidiabile titolo di studio.

Il Vicepreside è quella figura chiamata sempre a spegnere focolai dove l’inesperienza e la sapienza creano disagi e dissapori.

Il Vicepreside è una sorta di ancora di salvezza per ognuno che ne chiede consiglio, a lui basta una parola o una telefonata per risolvere tutto.

Il Vicepreside sostituisce il Dirigente, ma il Dirigente non può sostituire il Vicepreside, il Vicepreside gestisce tutti i beni, ma tutti i beni non fanno un Vicepreside, il Vicepreside non sgrida i sottoposti, ma tutti possono sgridare il Vicepreside, si, perché il Vicepreside è stato abituato ad essere sgridato, gli altri no.

Essere Vicepreside è più complesso di quanto potrebbe intendersi, essere Vicepreside obbliga a comportarti sempre in un certo modo, non gli è concesso sbagliare, non gli è concesso fermarsi, non gli è più concessa voce in capitolo.

Però i doveri ad esso sono sempre attribuiti, lui vive di doveri, dopotutto il Vicepreside per gli altri ha sempre una buona parola, mentre a lui non è concessa neanche una pacca sulla spalla.

Il Vicepreside comunque ed in ogni caso, rimane quella figura che in sua assenza, ogni luogo diventa un inferno.




Istituto Alberghiero Falcone di Gallarate: pubblicazione avviso bando gara

Istituto Superiore “Giovanni Falcone” Gallarate

BANDO DI GARA – CIG. 7218884B85

E’ indetta procedura aperta per la fornitura di generi alimentari vari di origine animale e vegetale, freschi e conservati occorrenti al servizio di ristorazione a ridotto impatto ambientale.

22 lotti importo complessivo per un triennio € 673.8000,00

Ricezione offerte 03/11/17 ore 12

Documentazione su www.isfalconegallarate.gov.it

In pubblicazione G.U.U.E. il 30/09/2017  – 2017S188-384787




Doxa: la scuola piace di più, ma gli Italiani studiano di meno…

Doxa: 9 italiani su 10 hanno un bel ricordo della scuola

A pochi giorni dalla riapertura delle scuole nel nostro Paese, la Doxa, principale ideatrice delle ricerche di mercato in Italia, ha recuperato dagli archivi una ricerca condotta ben venticinque anni fa, nel 1992, per avviarla nuovamente al fine di confrontare i risultati ottenuti in passato con quelli del presente e far luce su un tema poco discusso ma estremamente importante per ciascuno di noi: i ricordi delle esperienze vissute tra i banchi di scuola.

Attraverso questa ricerca è emerso che la maggior parte degli intervistati serba un ricordo relativamente positivo della propria esperienza scolastica.

Se nel 1992, infatti, il 6% degli intervistati aveva riferito di avere un ricordo negativo della propria esperienza scolastica elementare, media e superiore, per quanto concerne la scuola elementare, solo il 3.5% degli intervistati nel 2017 riferisce di averne un ricordo negativo, mentre appena il 4.5% confessa di avere un brutto ricordo delle scuole medie e superiori.

È evidente, dunque, che la percezione negativa, attualmente, è generalmente inferiore rispetto a quanto registrato un quarto di secolo fa.

Attraverso la ricerca della Doxa è emerso anche un altro dato interessante, cioè la grande importanza che ciascuno degli intervistati ha attribuito alla scuola per la formazione della propria personalità e del proprio bagaglio culturale ed esperienziale.

L’88% degli intervistati giudica fondamentale l’apporto della scuola superiore, definita una vera e propria «scuola di vita»; seguono le elementari con l’85% delle risposte positive.

I sostenitori delle scuole superiori sono soprattutto soggetti appartenenti alla generazione dei baby-boomers, ovvero gli over 55, oltre ai cosiddetti millenials, nati tra il 1979 e il 2000, mentre oltre la metà dei 30-35enni considera le scuole elementari più formative di medie e superiori.

Gran parte degli ex studenti italiani serba un ricordo complessivamente positivo della propria esperienza scolastica e per i futuri studenti, certo, la situazione non può che migliorare.

La scuola è cambiata, è stata travolta dal progresso tecnologico, ha dovuto aggiornarsi sulle più recenti teorie dell’apprendimento, ha mutuato i più innovativi modelli d’insegnamento.

Dall’ormai obsoleto registro cartaceo in cui incasellare i voti e le assenze con la biro, all’etereo registro elettronico da gestire e consultare in remoto; dalla mitica lavagna in ardesia, al suo corrispettivo elettronico e interattivo, la LIM; dalle piccole aule coi banchi addossati gli uni agli altri, alle aule ampie e ariose che possono contenere fino a trenta studenti; dalla calcolatrice al tablet; dalla Treccani ad Internet, sono state numerose le trasformazioni che hanno investito il mondo della didattica, riguardando da vicino sia i docenti che gli studenti e consentendo a questi ultimi, tra le altre cose, di svestire i panni di meri ascoltatori passivi dei prolissi sermoni dell’insegnante per partecipare attivamente al momento della spiegazione.

Oggi i docenti si impegnano per rendere le lezioni stimolanti e accattivanti, al fine di catturare e non perdere l’attenzione degli alunni. Ricordo perfettamente quando al liceo la mia insegnante di lettere ci sottoponeva suggestivi confronti tra una poesia di Leopardi e una canzone di Mogol e Battisti o ci svelava i riferimenti sessuali nascosti nel Gelsomino notturno di Pascoli, nel tentativo di attualizzare quanto più possibile un patrimonio letterario tanto vicino alla nostra sensibilità moderna, quanto difficile da presentare nel modo giusto a un gruppo consistente di adolescenti annoiati.

L’epoca del maestro intransigente, freddo e severo, che bacchetta poveri ragazzi terrorizzati in grembiule, è bella che finita.

Oggi ai docenti viene chiesto di essere aperti al dialogo e al confronto e la scuola millanta il ruolo precipuo rivestito nell’educazione dei giovani al pensiero critico, da krino che in greco significa “giudizio”, quindi “pensiero giudicante”.

A partire dal 2015 con la legge 107 (“La buona scuola”) sono stati attivati percorsi di alternanza scuola-lavoro per consentire agli studenti di superare più agevolmente il gap formativo esistente tra mondo accademico e mondo del lavoro, in termini di competenze e preparazione.

Insomma, la scuola ce la sta mettendo tutta per rendere l’apprendimento sempre più agevole e interessante per gli studenti e non mi sorprenderebbe se tra venticinque anni, a seguito di una nuova indagine condotta dalla Doxa, venisse fuori che il 100% degli intervistati serba un bel ricordo della propria esperienza scolastica.

Viene da chiedersi, però, quanto i giovani d’oggi siano disposti ad usufruire di questo confort didattico che aleggia nelle aule degli istituti scolastici senza adagiarvisi troppo comodamente, rischiando di addormentarsi e di perdere l’opportunità di formarsi e arricchirsi in un contesto sicuramente più incoraggiante rispetto al passato.

Le nuove generazioni, infatti, tendono spesso a trascurare l’importanza della cultura, la sua capacità di aprire la mente, di arricchire il cuore, e farsi motore della mobilità sociale.

Costantemente delusi, arrabbiati, mai contenti o soddisfatti di quello che hanno, sono purtroppo lo specchio della nostra arida società.

Li vedi seduti tra i banchi, imbronciati, con le lingue taglienti e la risposta sempre pronta, capaci di far vacillare anche un generale nella sua autorevolezza.

Talvolta aggressivi, spesso viziati, fanno i duri ma sono in realtà così fragili da scoraggiarsi alla prima difficoltà, iperprotetti e sollevati da qualsiasi responsabilità.

Quando rimproverati, non esitano a invocare l’intervento di mamma e papà per mettere a posto il povero docente che, esasperato, ha deciso di ricorrere alla sospensione; e mamma e papà si precipitano a scuola trafelati e infervorati per protestare contro il trattamento ingiusto riservato al proprio figlio, mettendo in discussione l’operato del docente e, perché no, improvvisandosi anche esperti pedagoghi pronti a muovere critiche sul suo metodo o sulla tipologia di tema propinato in classe.

I ricordi di scuola degli studenti saranno sicuramente positivi in futuro, ma possiamo dire lo stesso per gli insegnanti?

All’apertura al dialogo delle scuole, gli studenti e le loro famiglie hanno risposto in maniera ingiusta e irriconoscente, scambiando il tentativo di garantire condizioni più serene attraverso cui facilitare e rendere più accattivante l’apprendimento, col passo falso di chi abbassa la guardia.

 




UDIR la marcia non si arresta

Si sta svolgendo in questi giorni il primo workshop nazionale di UDIR il nuovo sindacato dei Dirigenti Scolastici nato, gestito e diretto da Dirigenti Scolastici in servizio e coadiuvato da un comitato tecnico di esperti composto da Dirigenti, DSGA, Ingegneri, Avvocati, esperti di formazione, giornalisti.

Si stanno affrontando diversi punti cruciali per la categoria: oltre alle responsabilità degli edifici, che vanno ascritte ai proprietari e non ai presidi, si discuterà del reclutamento, di sicurezza (perché la metà degli istituti scolastici è stata costruita prima del 1971), di valutazione, di retribuzione, con un dirigente neo-assunto bloccato per anni a 2.300 euro al mese, di tutti gli assunti dopo il 2001 senza Ria e per tutti di un Fondo Unico Nazionale indegno per una categoria dirigenziale.

Marcello Pacifico (Confedir-Udir) “I dirigenti scolastici sono sempre più soffocati da incarichi e responsabilità a dismisura, in cambio di compensi dimezzati rispetti ai colleghi del pubblico e privato. Partendo da questo, diventa ancora più insopportabile il fatto che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza e della salute dei lavoratori e delle lavoratrici delle istituzioni scolastiche ed educative, debba continuare ad essere individuato nel Dirigente scolastico. La responsabilità è chiaramente del proprietario dell’immobile. Con la nostra proposta emendativa, puntiamo ad aprire il dibattito su delle norme da rivedere: i dirigenti scolastici ogni giorno rischiano troppo, assieme ai rappresentanti degli enti locali.”

Il convegno, che proprio nella giornata di oggi vede la sua fase conclusiva, si è svolto a Palermo nella prestigiosa cornice della sala convegni del San Paolo Palace hotel, ed ha visto la copiosa partecipazione non solo degli iscritti che hanno riempito la sala, ma anche di interessati al messaggio di UDIR che in primis vuole tutelare la figura del Dirigente Scolastico nelle sue significative peculiarità.

Al workshop erano attivi dei tavoli di consulenza sia legale che organizzativa che hanno permesso ai Dirigenti presenti di ottenere risposte a dubbi e perplessità scaturenti dal loro lavoro quotidiano.

Un successo, quello di questi giorni, che ha costellato tutto il percorso fatto da UDIR fino ad oggi, e se le cose procederanno in questo modo UDIR potrebbe raggiungere la rappresentatività nazionale entro fine novembre, decretando definitivamente il successo clamoroso di questa iniziativa che in soli otto mesi è riuscita a raggiungere obiettivi che nessun altro sindacato ha mai ottenuto in così breve tempo.




Didattica capovolta, quando la scuola si raddrizza

Visto che la scuola sta andando con le gambe all’aria… parliamo pure della classe capovolta (flipped classroom), una rivoluzione copernicana della didattica, che, magari, è una strategia per rimetterla in piedi…

Ho seguito un corso di aggiornamento di Daniela Lucangeli che ha una cattedra di Psicologia dello sviluppo all’università di Padova ed ha lavorato in mezza Europa.

I bambini di sei anni ridono 300 volte al giorno, ha esordito.

Gli adulti lo fanno da zero a 11 volte.

Vuol dire che tutti noi, crescendo, perdiamo funzioni che sono vantaggiose: ridere attiva il sistema dopaminergico e migliora il sistema immunitario.

È un meccanismo salutare per il cervello, e per l’intero organismo.

Allora, come mai, evolvendo, regrediamo?!?.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un allarme: una delle grandi pandemie da fermare è la depressione infantile, che può prendere avvio da cattive condizioni di apprendimento e da relazioni umane insoddisfacenti.

Questa situazione critica non riguarda solo la complessità della vita familiare, ma si sviluppa anche a scuola.

Vuol dire che l’ambiente che determina lo sviluppo del potenziale umano è in realtà, nell’ottanta per cento dei casi, un ambiente dello star male.

Per capire come e perché a scuola succede questo, ha proseguito Lucangeli, dobbiamo considerare le variabili cognitive messe in gioco dai metodi d’insegnamento tradizionali.

Oggi gli studenti vengono sommersi da un’enorme quantità di informazioni che dovrebbero “imparare”, come se fossero anatre all’ingozzo…

Ma, mentre pretende che gli studenti “imparino”, la scuola di norma non fornisce loro nessuno strumento e nessun sostegno per “imparare”, cioè per gestire in modo sano e produttivo le informazioni che elargisce in maniera intensiva e incessante.

Dunque, chi insegna non può limitarsi a trasmettere informazioni, deve cambiare la mente dei suoi allievi, migliorando il loro modo di ragionare e di confrontarsi con la realtà.

Facile a dirsi, ma come si può fare?

Ecco, allora che Lucangeli ci ha parlato del cervello come di un bollitore chimico che riceve stimoli dall’intero ambiente: percepisce non solo le cose dette, ma anche il modo in cui vengono dette, e l’intenzione che governa e determina quel modo.

E poi percepisce il luogo fisico.

E, a scuola, percepisce la relazione con l’insegnante, la relazione con gli altri studenti…

Bisogna sapere che, quando sperimentiamo emozioni, nel nostro cervello si registrano due tipi di picchi.

C’è un picco collegato a emozioni positive come la gioia: il picco è altissimo e ha una brevissima durata.

Il picco tipico delle emozioni gravi – come la tristezza, l’ansia, l’angoscia e la paura – è più basso e molto più permanente nel tempo.

È questo il motivo per cui le emozioni negative e prolungate possono determinare patologie.

Allora, tornando alla scuola: se un bambino, mentre impara, prova paura, il circuito della memoria registrerà, collegandole, sia l’informazione trasmessa sia l’emozione. Se un bambino si sente impotente o inadeguato nei confronti di quanto impara, l’apprendere resterà connesso con il senso di inadeguatezza.

E se un bambino è terrorizzato dalla scuola, fuggirà della scuola.

L’intelligenza sociale nasce con il sorriso, già quando abbiamo pochi mesi, e un sorriso d’incoraggiamento è, in termini di cambiamento, molto più potente di decine di rimproveri.

Un altro grande nemico dell’apprendimento è il senso di colpa connesso con un giudizio negativo: per questo gli insegnanti dovrebbero imparare a guardare i loro allievi negli occhi e a sorridere. E dovrebbero saper incoraggiarli a sbagliare.

In classe, il cervello degli studenti porta “dentro” quel che c’è “fuori”. Il cervello dell’insegnante che fa una lezione frontale, invece, porta “fuori” quello che c’è “dentro”.

Nessuno di questi due atti è propriamente creativo: il potere creativo del cervello si esprime nella sua massima potenza nel momento in cui le informazioni che ci sono “dentro” vengono selezionate, connesse tra loro, riconfigurate in nuovo sapere, più ricco ed autoprodotto.

Anche la parola “intelligenza” viene dal latino (intusligere, cioè leggere dentro). E intelligenza sociale vuol dire portar dentro, riconfigurare, e solo, dopo, portar fuori, in una nuova forma. Questo è vero apprendimento. Ed è permanente.

Eppure quel che si fa a scuola non è altro che apprendimento passivo a breve termine. Il nostro cervello non è stato creato per questo. Non è fatto per portar dentro una massa enorme di informazioni che dovrebbe poi sputar fuori tali e quali. Se si trova in questa condizione, il cervello prova malessere.

Dunque, se l’obiettivo è attivare i cervelli, la classe capovolta sembra essere una soluzione possibile, efficace e naturale.

L’intelligenza è tanto più potente quanto più conosce e modifica le informazioni, facendole così davvero proprie. Ma più il cervello è sovraccaricato, meno ha risorse per elaborare informazione intelligente. È come se diventasse pigro ed obeso.

Dunque, se l’obiettivo è attivare i cervelli, la classe capovolta appare una soluzione possibile, efficace e naturale. L’idea di base è semplice: nella classe capovolta viene ribaltato lo schema tradizionale di insegnamento e apprendimento.

In aula si discute, si lavora e si impara insieme sotto la guida dell’insegnante.

A casa, da soli o insieme, ci si documenta grazie a materiali didattici multimediali.

Nella flipped classroom si pratica, insomma, il learning by doing. Se tutto ciò ci sembra molto americano è solo perché ci siamo dimenticati di Maria Montessori, che agli inizi del secolo scorso già parlava di apprendimento attraverso l’attività, o di don Milani.

Dal primo convegno sulla flipped classroom sono passati solo due anni.

Un numero crescente di insegnanti ci crede, ci prova, ottiene risultati, coinvolge altri insegnanti.

Date un’occhiata, se insegnate.

E, perché no?, provate…

 

 

Antonella Ferrari