Dismorfismo corporeo: la malattia del sentirsi brutti

Nel presente articolo è nostra intenzione soffermarci su una patologia poco conosciuta ma che crea elevata situazione di disagio a chi ne è portatore.

Il disturbo in oggetto è caratterizzato da una spiccata preoccupazione per la percezione di difetti corporei immaginari. Tale preoccupazione porta il soggetto ad un’alterazione della percezione di sé e ciò influisce sulla sua autostima.

Parliamo a questo proposito del disturbo da dismorfismo corporeo che colpisce molti giovani già a partire dall’adolescenza. Tra quelli che sono i disturbi caratterizzati da alterazione dei processi attentivi indirizzati alla percezione di sé, il disturbo da dismorfismo corporeo occupa una posizione preminente.

Tale disturbo venne evidenziato per la prima volta nel 1891 da Morselli, in seguito Janet nel 1903 utilizzò la locuzione “ossessione della vergogna per il proprio corpo”. 

È importante riflettere sul concetto di “immagine corporea” intesa come l’insieme delle disposizioni che un individuo ha nei confronti del proprio sé fisico. Ci troviamo di fronte ad un costrutto multidimensionale dove entrano in gioco le percezioni, i pensieri, i comportamenti e le emozioni.

L’immagine corporea o schema mentale rappresenta un modello cognitivo, emotivo e sociale del corpo in quanto riflette le aspettative, le emozioni e le relazioni con l’altro.

Possiamo affermare, riprendendo il pensiero di Fisher, che l’immagine corporea è l’insieme delle inclinazioni e delle emozioni rivolte al proprio corpo, che si traducono nel modo in cui il soggetto percepisce e sente la forma del corpo stesso.

Dunque gli elementi che vanno a caratterizzare l’immagine corporea sono essenzialmente individuati nel corpo ideale, nel corpo percepito, nell’oggettiva forma del corpo e nell’immagine corporea socialmente accettata.

Se l’immagine corporea è associata allo stato emotivo del soggetto, è altrettanto vero che il processo di costruzione e mantenimento dell’immagine di sé è strettamente connesso al confronto con gli altri.

È stato osservato che molti ideali fisici veicolati dai media influenzano i giovani determinando in loro insoddisfazione per il proprio corpo ed inducendoli a comportamenti alimentari scorretti.

Anche i genitori risultano tra i soggetti che possono avere un impatto sull’immagine corporea dei figli in quanto può succedere che esprimano commenti sul peso e su alcuni difetti.

Similmente, il rapporto coi pari può portare ad un’insoddisfazione corporea.

Lo studioso White evidenzia come la dismorfofobia sia un disturbo caratterizzato dall’alterazione della propria immagine corporea e come dall’insoddisfazione per il proprio corpo si inneschino i disturbi alimentari.

L’anoressia e il disturbo da dismorfismo corporeo sembrano avere alcune caratteristiche in comune.

Quella per eccellenza è l’insoddisfazione per la propria immagine corporea e a questa si aggiungono delle dimensioni relative all’esordio ed alla comorbilità.

Per quanto concerne quest’ultima entrambe le condizioni possono presentare disturbi di ansia e depressione.

Interessanti sono le credenze che accomunano la dismorfofobia all’anoressia.

Ricordiamo ad esempio la frase: “Se non sono perfetto, allora non valgo niente; nessuno può amarmi”.

Considerato che il fenomeno è diffuso tra i giovani, si ritengono opportuni interventi di sensibilizzazione e prevenzione da parte della comunità scolastica che deve essere chiamata ad osservare i primi segnali di disagio negli studenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alessandro Bolognini