Luglio 14, 2025

Esame di Stato: un rito costoso con un copione già scritto.

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Ogni anno, alla fine di giugno, inizio di luglio, si consuma un rito scolastico più simile ad una rappresentazione teatrale, che ad una rigorosa verifica delle competenze: l’esame di Stato, il cosiddetto “esame di maturità”.

Un evento che sembra abbia assunto le sembianze di una immutabile liturgia, carica di simbolismi e applausi finali, ma sempre più distante da una reale valutazione del merito.

Rilevante la spesa per assistere alla rappresentazione.

Quest’anno hanno operato 13.000 Commissioni, da qui il calcolo del costo al botteghino: presidenti con un compenso unitario pari a 1.249 euro, commissari esterni 911,00 euro e commissari interni 399,00 euro.

Quindi per 13.000 presidenti, 39.000 commissari esterni e 39.000 commissari interni, il costo complessivo per la messinscena è stato pari a 98.767.000 euro, al netto dei compensi corrisposti in relazione ai tempi di percorrenza per raggiungere la sede d’esame.
Una spesa collettiva in nome di un esame che, nei fatti, certifica ciò che già si sa: il 96,3% degli studenti scrutinati è ammesso all’esame e il 99,8% dei candidati consegue il diploma [Fonte M.I.M. anno scolastico 2023/24].

Una spesa che, in un momento storico in cui si parla di razionalizzazione della spesa pubblica e investimento mirato nell’istruzione, solleva non poche perplessità.

Ma torniamo alle performances dei candidati: il colloquio, una recita, più che una valutazione, con coreografia ben orchestrata.

Il colloquio d’esame inizia con il materiale assegnato al candidato, che parte con collegamenti già scritti sul
copione, accettati con indulgenza dai commissari esterni e sostenuti dagli interni, che annuiscono con dolcezza al limite del coma diabetico, quasi a voler garantire che il copione venga rispettato senza scossoni.

Terminata la prova, “the show must go on!”

Genitori, nonni, zii e amici si radunano all’uscita degli istituti per applausi scroscianti e mazzi di fiori come in un debutto alla prima. Il tutto per celebrare un traguardo che ha perso nel tempo il suo significato di selezione e valorizzazione del merito.
Certo, si festeggia la fine di un’ansia condivisa o la liberazione da un obbligo più simbolico che sostanziale, ma se davvero si vuole restituire dignità e valore al diploma, forse sarebbe il caso di guardare al contenuto più che alla forma.
È ora di cambiare!

Non necessariamente occorre abolire l’esame di Stato, che a mente dell’art.33 Cost. è prescritto a conclusione dei vari gradi di scuole, ma almeno ripensarne la formula organizzativa.

Una proposta concreta e realistica potrebbe prevedere una Commissione interamente interna con presidente esterno. Meno spese, meno burocrazia, più aderenza al percorso scolastico reale dello studente.

Così si garantirebbe comunque una supervisione esterna — per trasparenza — e si eviterebbe l’enorme mobilitazione di commissari esterni che poco conoscono gli studenti, il loro percorso, il loro vissuto.

Da viale Trastevere sono annunciate possibili novità per ridare valore all’esame di “maturità”.
Speriamo che non sia il solito copione, ma un vero esame, che premi il merito, senza facili ammissioni e con prove che siano considerate davvero “esami”.

In un’epoca, che sarà ricordata della “transizione” in cui si parla di riformare tutto, dall’università alla giustizia, è ora di mettere mano anche a questo rituale vetusto, costoso e sostanzialmente inefficace.

L’Esame di Stato ha bisogno di un aggiornamento: meno teatro, più realtà.

Pio Mirra
DS IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)

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