Gesù, hacker della comunicazione

Gesù parlava un linguaggio nuovo,sicuramente un grande esperto della comunicazione ed un innovatore culturale , in pratica potremmo chiamarlo con la terminologia attuale : un esperto hacker …

Non vorrei essere frainteso e neanche blasfemo ma riflettendo bene  l’hacker è colui che “si impegna ad affrontare sfide intellettuali per aggirare o superare creativamente le limitazioni che gli vengono imposte nei propri ambiti d’interesse”, non solo informatico.

In questa ottica, dunque, possono essere considerati hacker  tutti coloro che, ogni giorno, indipendentemente dalla loro professione, dal sesso o dalla loro età, provano ad andare più in là delle forme di conoscenza che appare agli occhi.

A differenza della religione, forse, il mondo hacker non impone l’ immaginazione di qualcosa  completamente astratto: lo sharing, l’open-source, la co-creazione, i processi creativi in crowdsourcing, figlie del Web 2.0, ne sono la prova vivente e visibile tutti i giorni sotto gli occhi di chi vive la Rete, e non solo.

Mi scappa di dire  che la Chiesa non è all’altezza del suo Fondatore perché con i suoi riti secolari e i messaggi ormai “vecchi” di amore, pace, fratellanza, povertà, castità (qualcuno non conosce nemmeno il significato di tali termini) sia lontana dalla società contemporanea, e quindi anche dalla sua espressione più evidente, i giovani, e dovrebbe attualizzarsi, rientrare nelle coordinate temporali.

Gesù storicamente  è divenuto la figura spartiacque della civiltà occidentale  e la sua umanità è stata spesso sottovalutata sia dai contestatori della religione cristiana sia dai difensori dei suoi dogmi.

La comprensione della sua persona e del suo messaggio spirituale, poi, è stata pesantemente condizionata da fattori politici ed economici, mi chiedo quanti Gesù oggi sono ancora vittime di questi due fattori.

Il termine hacker deriva dal verbo “to hack” e da qui, infatti, prende la sua duplice connotazione negativa e positiva: la prima, conosciuta ai più, è quella di colui che  colpisce con violenza” ( la mente ritorna alla cacciata dei mercanti del Tempio da parte di Gesù, la seconda invece, dietro la quale si nasconde un significato più ampio e complesso ed intorno alla quale aleggiano implicazioni etiche e filosofiche, Gesù il Messia…

Vorrei aprire una riflessione su due argomenti molto attuali:

  1. Cultura digitale cattolica

-La prima fase di studi dedicata al fenomeno ha inizio nel 1996, con la pubblicazione del primo articolo scientifico dedicato all’argomento, The Unknown God of the Internet, scritto da Stephen O’Leary e Brenda Brasher. Siamo nella seconda metà degli anni Novanta e i primi studiosi osservano internet come un nuovo spazio attraverso il quale le religioni possono  potenziare il loro messaggio oltre a esperire la propria religiosità.

– La seconda fase di studi ha inizio col nuovo millennio e ha tentato di comporre un’analisi sistematica del fenomeno, categorizzando le differenti comunità religiose apparse in rete.

– La terza e attuale fase di studio, può essere definita la “svolta teorica”. La comunità scientifica si sta infatti interrogando su come si ricostruiscano e negozino le diverse categorie religiose in rete: come si può ricreare una comunità religiosa online? Come si ricostruisce o come viene riconosciuta un’autorità religiosa sul web? Cosa viene definito sacro in rete e come può essere riprodotto un rito online? Come possono essere circoscritti tempi e spazi sacri su internet? Quali trasformazioni subisce la comunicazione religiosa in rete? Quanto può valere la celebrazione di una messa trasmessa on-line ?

Che cosa è la religione digitale?

La  mia  ricerca si concentra sul concetto di autorità nella cultura dei nuovi media. In particolare su come gruppi religiosi o individui costruiscano e rappresentino la loro autorità online e come nello specifico nuove forme di autorità o nuovi leader religiosi emergenti, possano sfidare le tradizionali istituzioni. Ci sono teologi che vogliono rendere il loro lavoro un po’ più pubblico e accessibile, i teologi blogger non fanno altro che riproporre online quella che è la loro autorità offline.

Al contrario ci sono persone che non hanno fatto il seminario, non hanno la dovuta preparazione, ma raccolgono intorno a sé persone con le quali condividono le stesse idee da discutere online.

È una pratica consentita esclusivamente dall’ambiente digitale. Ovviamente tra questi due gruppi si viene a creare tensione soprattutto su argomenti come chi ha l’autorità, i valori e la legittimità per dare certe interpretazioni in questo contesto teologico.

Internet sta cambiando il modo in cui le istituzioni religiose comunicano, ma sta cambiando anche il modo in cui le persone vivono la propria spiritualità?

Internet sta realmente potenziando l’individuo.

Nel campo della religione internet dà accesso a informazioni che un tempo si potevano avere solo frequentando il catechismo, o andando dal prete, o consultando dei libri;veicola insomma tante di quelle informazioni, che non c’è più bisogno di rivolgersi ai tradizionali intermediari.

Questo è ottimo per l’individuo, ma non per la comunità che vorrebbe mantenere i fedeli all’interno dei suoi confini e soprattutto dei confini delle sue idee. Perciò la teologia può diventare problematica, perché internet spinge a trattare tutto equamente e a muoversi in diversi posti, piuttosto che stare in uno solo.

  1. Cultura digitale diversamente cattolica

Vorrei fornire un nuovo e personale contributo che si genera dal pensiero creativo  tra il mondo cristiano e mondo hacker. Si tratta di uno sforzo nell’avvicinare due universi che, a prima vista, distano anni luce uno dall’altro, ma di qualcosa che, invece, è naturalmente presente, ma forse celato, da sempre.

Oggi l’azione pastorale non consiste  nel dare una  connotazione  digitale alla testimonianza cristiana  illudendosi che sia sufficiente adottare qualche nuovo strumento di comunicazione, qualche nuovo linguaggio per rendere l’azione pastorale più accattivante  ma si tratta piuttosto di abilitare questa cultura valorizzando la testimonianza cristiana che offre l’incontro tra la testimonianza storica di Gesù Cristo e una concreta esperienza di vita nella fraternità del suo mondo ecclesiale.

Gesù, a mio parere, era ultramoderno e digital-connesso, ciò nonostante ci ha tramandato l’insegnamento che non possiamo  vivere da soli, rinchiusi in noi stessi ma abbiamo bisogno di amare ed essere amati, abbiamo bisogno di tenerezza. Ci ha tramandato non solo la strategia di essere connessi ma l’dea della bellezza, la bontà e la verità della comunicazione.

Mi piacerebbe che i giovani usassero gli strumenti digitali per approfondire Gesù come primo hacker buono e ricercassero  nelle strade di internet la vera ragione del Suo essere  con una consapevole  riflessione sul fatto  che i social possono essere utilizzati per il bene della « comunità giovani e non solo » e non per alimentare il « Cyberfango mediadico ».

 

Salvo Esposito