1

Jean Renoir questo sconosciuto

Un grande pittore impressionista, ma non solo: alla scoperta del Renoir meno noto

È iniziata il 25 febbraio a Rovigo la mostra “Renoir l’alba di un nuovo classicismo” che si terrà fino al 25 giugno 2023 presso palazzo Roverella.

Pierre-Auguste Renoir (1841 – 1919) è famoso soprattutto per essere stato uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo, corrente nata a Parigi alla fine del 1873.

Per l’artista, tuttavia, tale esperienza rivoluzionaria della sua carriera fu, in realtà, piuttosto breve.

All’inizio del suo percorso creativo ne fu tra i fondatori e il quadro che apre la mostra Le moulin de la Galette del 1875, per la evidente dissoluzione dei colori, ne è l’emblema universalmente noto. Ma è anche vero che presto se ne allontanò, per seguire una strada tutta sua.

Le moulin de la Galette, 1875, Caharlottenlund Ordrupgaand, Danimarca.
Le moulin de la Galette, 1875, Caharlottenlund Ordrupgaand, Danimarca.

L’Italia di Renoir: il gran tour

Uno degli obiettivi della mostra è evidenziare il doppio filo che lega Renoir all’Italia, mettendo a confronto l’opera di alcuni pittori italiani coevi o di generazioni successive (Boldini, De Nittis, Spadini, ecc.).

Fu proprio dopo un viaggio in Italia, vissuto come un gran tour di tradizione ottocentesca, che avvenne in lui una rivoluzione creativa, che lo portò a rivolgere il suo sguardo al passato per poi dipingere in un possente stile neorinascimentale, sviluppando così una moderna classicità.

L’esposizione evidenzia molto bene che l’Italia fu uno snodo fondamentale nell’iter artistico di Renoir, attraverso una serie di opere che ne delineano la metamorfosi: nel 1881, infatti, scosso da una profonda inquietudine, il pittore approdò in primis a Venezia, dove fu affascinato da Vittore Carpaccio e da Giambattista Tiepolo (in mostra Abramo e gli angeli, 1743), oltre che da Tiziano Vecellio (in mostra Madonna col bambino, 1560) e Veronese, che aveva già studiato al Louvre.

Proseguì poi alla volta di Firenze, Roma, Capri, Sorrento, Napoli, Calabria, Palermo.

Renoir collezionato da Picasso. Renoir e Wagner

Interessante l’opera esposta Mitologia, personaggi di tragedia antica, 1895, già collezionata da Picasso, e palesemente ispirata alle pitture pompeiane ammirate durante la tappa campana.

 La mostra ricorda un episodio singolare del personale gran tour di Renoir, quando nel 1900 a Palermo incontrò il famoso musicista Richard Wagner.

Ritratto di Wagner, 1900 (Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo).
Ritratto di Wagner, 1900 (Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo).

Il compositore tedesco acconsentì a posare per lui, ma non più di mezz’ora. L’opera, esposta in mostra, idealizza bene il soggetto, ma a quanto pare non entusiasmò Wagner, il quale esclamò: “Sembro un prete protestante!”

I ripensamenti sull’impressionismo. Il tema delle bagnanti

Gli effetti del suo cambiamento artistico si notano innanzitutto nell’opera iconica della mostra, La bagnante bionda, del 1882, dove la modella, Aline Charigot, sua futura moglie, è ritratta come una venere botticelliana.

La Baigneuse blonde (La bagnante bionda), 1882. Torino, Pinacoteca Agnelli.
La Baigneuse blonde (La bagnante bionda), 1882. Torino, Pinacoteca Agnelli.

I chiaroscuri del dipinto sono frutto della riscoperta, da parte di Renoir, dell’arte antica e degli affreschi di Raffaello alla Villa Farnesina di Roma.

Le linee diventano più nette, i contorni ben definiti, le forme più plastiche, proprio come in un altro dipinto emblematico esposto: Bagnante che si arrotola i capelli, del 1890.

Baigneuse s'arragneant les cheveux (Bagnante che si acconcia i capelli), 1890, Monaco, Collection Palais Princier.
Baigneuse s’arragneant les cheveux (Bagnante che si acconcia i capelli), 1890, Monaco, Collection Palais Princier.

Il moderno classicismo di Renoir si rinnova ancor di più successivamente, nella Donna che si fa la toletta, del 1914 e nel Nudo sulla sedia, del 1900.

L’esposizione tratteggia in maniera chiara che, mentre le tendenze dominanti di fine Ottocento volgono verso il post-impressionismo e il simbolismo, Renoir va in direzione contraria, ed inizia ad ispirarsi ad uno stile neorinascimentale, dove confluiscono i toni caldi di Rubens (in mostra, per un parallelo: Le ninfe incoronano la dea dell’Abbondanza, 1622) nonché l’influenza dei maestri italiani del passato.

Ritorno all’ordine

Quella che poteva sembrare una involuzione si rivelerà dunque una premonizione anticipatrice di una sensibilità che si sarebbe diffusa tra le due guerre col nome di ritorno all’ordine.

La mostra testimonia anche la tendenza che, in Italia, si riflette sia sulla pittura (De Chirico, in mostra “Arianna a Nasso”, 1932, Carlo Carrà, De Pisis), sia sulla scultura (Medardo Rosso). mettendo a confronto le opere di Renoir con quelle degli artisti italiani che, esattamente come lui, passarono attraverso questo ritorno all’ordine:

Nel 1883 una lettura importante per Renoir è quella del trecentesco Libro dell’arte, esposto in mostra, del pittore Cennino Cennini, allievo di Agnolo Gaddi. Il libro, momento di passaggio tra l’arte medievale e quella rinascimentale, contiene informazioni preziose, di cui Renoir farà tesoro.

Il rapporto con il figlio Jean, il futuro regista. I paesaggi e le nature morte di Renoir

La mostra testimonia anche la devozione dei figli per il pittore, tra cui in particolar modo il secondogenito, Jean Renoir, uno dei grandi maestri del cinema francese.

In un video vengono riprodotte le scene bucoliche più rappresentative del film Una vita in campagna, del 1936.

L’ambientazione rappresenta un chiaro omaggio al padre, in quanto le inquadrature scorrono come dei veri e propri quadri, dove gli scorci sembrano pennellate, in una delicata cornice che suggella i pensieri più quotidiani e consueti del pittore, che a lungo soggiornò nel sud della Francia.

Il filmato introduce il Renoir paesaggista.

Nelle sale successive sono raccolte opere con vedute di Cagnes sur mer ed Essoyes (sud della Francia).

Pur ritenendosi prevalentemente un pittore di figure, Renoir di dedicò, infatti, anche al paesaggio, sia durante la stagione impressionista che in seguito, dopo i viaggi nel Midi, in Algeria e, naturalmente, in Italia.

Tra le opere esposte in mostra: Case del villaggio con tetti rossi, 1905, Ragazza in rosa in un paesaggio, 1903.

Maisons de village. Toits rouges (Essoyes), 1905, Winterrhur, Kunst Museum.
Maisons de village. Toits rouges (Essoyes), 1905, Winterrhur, Kunst Museum.

Altre sale sono dedicate, invece, alla natura morta, molto amata dal pittore (Vasi a sfera, 1905, Rose in un vaso, 1900). Soleva infatti affermare: dipingere fiori riposa il mio cervello.

Jeune fille en rose dans un paysage (Ragazza in rosa in un paesaggio), Rotterdam, Museum Boimans Van Beuningen.
Jeune fille en rose dans un paysage (Ragazza in rosa in un paesaggio), Rotterdam, Museum Boimans Van Beuningen.

I ritratti femminili e le litografie

Le ultime sale sono dedicate al ritratto femminile (Téte d’enfant –Testa di bambina, 1912, Portait d’Adele Besson, 1918), dove la musa è Gabrielle Renard, cugina della moglie dell’artista, trasferitasi nel 1894 in casa Renoir come bambinaia.

Le opere, come Jean Renoir dans les bras de Gabrielle, 1895 e, il quasi sconosciuto, Portrait de Gabrielle testimoniano l’intenso sentimento familiare del grande artista.

L’ultima sala conclude la mostra con un omaggio anche al Renoir incisore e litografo (tra cui spicca La spilla del cappello, litografia a colori).

Le chapeau épinglé (La spilla del cappello, 1898, Litografia a colori (Vienna, The Albertina Museum.
Le chapeau épinglé (La spilla del cappello, 1898, Litografia a colori (Vienna, The Albertina Museum.

Il messaggio che la mostra riesce a trasmettere è potente e marcato, perché è capace di offrire allo spettatore, attraverso una rappresentazione esauriente e completa, il racconto appassionante di tutte le fasi creative ed artistiche del grande pittore.

Le bellezze del Polesine

La mostra potrebbe offrire l’occasione di visitare Rovigo, centro del Polesine. Le sue vestigia storiche, come le due torri Donà e Grimani, simbolo della città o il Tempio della beata Vergine del soccorso, progettato da un allievo del Palladio, uno tra i pochi esempi in Italia di chiesa con pianta ottagonale, meritano sicuramente una visita.