Luglio 13, 2025

“Mi faccio di Rock’n’Roll”

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È stata presentata, a Milano e a Potenza, l’opera prima del regista indipendente Rocco Marino.

 

La locandina del film

 

PROLOGO

Lo ammetto: ho un debole per i sognatori che non si arrendono e sono grata a betapress.it per darmi spazio e libertà per scriverne. Il mio prossimo Eroe è un regista indipendente che, dopo un primo fallimento di cui va fiero per ciò che gli ha insegnato – il lungometraggio “Mi faccio i film” – decide di riprovarci. Ci mette dieci anni ma arriva al traguardo e celebra la sua vittoria a Milano e a Potenza, presentando ufficialmente “Mi faccio di Rock’n’Roll”. 

“MI FACCIO DI ROCK’N’ROLL”

La struttura narrativa del film, girato nella capitale lombarda fra il 2017 e il 2018, è caratterizzata dall’abile intreccio di storie e personaggi che, a vario titolo e per disparati motivi, convergono nel noto locale “Rock’n’Roll Club” in occasione di un contest musicale (truccato) abbinato a un giro di scommesse, finalizzato al riciclo di una grossa somma di denaro.

Esplicito è il riferimento a “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino, lo si evince sin dall’inizio, nella scena delle quattro rapinatrici sedute al tavolo del club, così come nello scambio di battute fra Vinz (Alessandro Antonazzo) e Giuliano (Giovanni Cipolletta), due dei protagonisti della storia, prima di andarsene dal locale, a notte ormai inoltrata.

“Vabbè ma… Allora non facciamo nulla? Lasciamo tutto così, non chiamiamo la polizia?  Niente?”

“È il Rock’n’roll… È una scena Pulp… Va bene così…”

La black comedy di Marino prende anche libero spunto dalla cinematografia del regista Guy Ritchie, sempre conservando una sua forte originalità (e italianità).

STRUTTURA NARRATIVA

La trama si sviluppa su segmenti spazio temporali diversi, ed è proprio questo a renderla avvincente. 

A incorniciare il tutto è l’interrogatorio della commissaria di polizia (Corina Popa) con Svap (Stefano Barra), il giovane allibratore, testimone principale dell’evento. Grazie alle sue risposte il pubblico può rivivere, una scena alla volta e da più punti di vista, l’accaduto. Non solo, viene anche coinvolto nel rapido avvicendarsi di momenti anteriori e posteriori al concerto in cui i personaggi, ritratti nei rispettivi habitat, rivelano carattere, ambizioni e reali intenzioni. Ciascuno di loro, nel proprio ruolo, è un tassello che, in tempi e modi perfetti, andrà a comporre il grande puzzle. 

Il finale è un ricco susseguirsi di colpi di scena al veloce ritmo di uno spettacolo pirotecnico. 

Benché indirettamente, “Mi faccio di Rock’n’Roll” offre spunti di riflessione su temi di scottante attualità come razzismo, immigrazione, omofobia e poi scommesse, corruzione, prostituzione e malavita organizzata.

UN FILM REALIZZATO A ZERO BUDGET

Il regista e autore Rocco Marino tiene a evidenziare che, in fase di shooting, il film è stato realizzato a budget zero. E questo già di per sé è un “miracolo”: perché non solo è riuscito ad avvalersi della collaborazione di un nutrito gruppo di attori “bravissimi ma sconosciuti e anche giovani, inesperti ma di talento”, ma anche dei service per le attrezzature tecniche e delle varie location per l’allestimento dei set. 

Un gruppo di lavoro di quasi 100 unità tra attori, comparse, tecnici e maestranze, a costo zero.

“Pur trattandosi di cinema indipendente – confessa con una punta di orgoglio il Regista – il film è stato fatto bene. Ci tengo a dirlo per valorizzare il nostro lavoro e far capire che se siamo riusciti a ottenere questo risultato a zero budget, con un budget adeguato a nostra disposizione potremo fare molto di più.”

E prosegue: “Nonostante il film sia stato girato senza un effettivo budget, è stato realizzato un prodotto tecnicamente valido ed assolutamente commerciabile da questo punto di vista. L’unico investimento che è stato fatto, dopo il montaggio, è stato quello sugli effetti speciali ma grazie a un preesistente rapporto di collaborazione, siamo riusciti a contenere di molto i costi.” 

UN FILM INTERNAZIONALE

In un reel su IG, presentando l’opera, Marino si descrive come il Maradona dei Registi, un “regista esordiente non più giovanissimo ma dal talento pazzesco, di un’originalità mai vista. Mi viene la pelle d’oca solo a ripensarci…” In ciò che dice emerge, con un pizzico di ironia, la consapevolezza del proprio potenziale e intrinseco valore, a dispetto delle sfide e avversità che la vita gli ha posto dinanzi. E prosegue: “Non tutti lo conoscono – il film – ma sono sicuro che diventerà un cult della cinematografia non solo italiana, ma anche internazionale. Perché è il primo film italiano che vedo negli ultimi decenni, che è veramente un film internazionale… Un mix perfetto di ironia, vita reale, tragedia, commedia. Un film profondo, senza che lo spettatore se ne renda conto. Cioè. Mentre uno ride a crepapelle, gli entrano nozioni sui massimi sistemi senza che se ne accorga.”

In effetti, alcune battute sono veri e propri aforismi, come quella di Osm (Vincenzo Delledonne), lo spacciatore di sogni: “Siamo come uomini dell’Ottocento a cui permettono di giocare con i tasti di un’astronave. Senza mai darci le chiavi.” O quella dell’affascinante commissaria (Corina Popa): “Ma tu lo sai che chi trae vantaggio da un sistema corrotto, non si rende conto di diventare allo stesso tempo una vittima?”

“L’assenza di attori conosciuti – osserva Marino – è compensata da una brillante messa in scena e dalla forza della storia, elementi che rendono il prodotto un potenziale ‘cult’, termine utilizzato da alcuni addetti ai lavori che hanno visionato il film in anteprima.”

I nomi sono tantissimi e proprio per questo vi rimandiamo al trailer ufficiale del film, così che troviate tutte le informazioni utili ad apprezzare l’enorme lavoro svolto e il livello qualitativo del risultato finale. 

Ciak, si gira!

L’INTERVISTA CON ROCCO MARINO

JL: Rocco, ti va di raccontarci dei tuoi esordi?

RM: Sono nato con una certa propensione al raccontare storie, mischiando realtà e fantasia. Forse ero semplicemente un bambino bugiardo, ma in parte ero conscio di farlo per far ridere, interessare, provocare; insomma per fare spettacolo in un certo senso.
Quindi è proprio in quelle cavolate che raccontavo ad amici e parenti che inquadro i miei veri esordi. Crescendo, più di qualcuno ha notato in me una buona capacità di scrittura e, pensando di unire le due cose, sono arrivato a Milano con l’idea di studiare per fare l’autore televisivo e nel frattempo diventare uno scrittore, tipo Hank Moody in “Californication”.

JL: Com’è nata questa tua passione per il cinema?

RM: All’Università ho fatto Cinema e Televisione, ma non ho studiato un granché. Durante il percorso però ho partecipato a un laboratorio extracurriculare di teatro, dove mi è stato insegnato a lavorare sul personaggio partendo dalla sua biografia, quindi più da un punto di vista emotivo che tecnico. Questa cosa mi ha appassionato tantissimo.
Ho esordito in questo spettacolo teatrale, che poi abbiamo anche replicato un paio di volte e poi ho partecipato come attore a dei cortometraggi e a delle web serie con piccoli gruppi di ragazzi.
Parallelamente, grazie al mio coinquilino e amico storico Gianfranco Grieco, ho iniziato a vedere tantissimo cinema e sempre con lui ho iniziato a girare i primissimi cortometraggi, scritti e interpretati da me. La regia la dividevamo: lui si occupava delle inquadrature, io del lavoro sui personaggi con gli altri attori; che poi erano tutti aspiranti come me o più spesso amici costretti da me.
Non appena ho visto per la prima volta una mia idea trasformarsi in un corto, con tutto il lavoro pregresso, ho capito che volevo fare questo e nessun’altra cosa.  

JL: Come nasce la tua casa di produzione, la Veleno Production?

RM: Fin da subito ho firmato i miei primi video con questo nome, perché per me aveva e ha un significato affettivo importante.
Gianfranco Grieco, come già detto, mi aiutava, ma il suo intento era fare altro nella vita in quel periodo, mentre per me era già un lavoro, al di là del fatto che soldi non ne ho visti per diversi anni.
Man mano, tra varie peripezie, ho creato un gruppo di lavoro, un gruppo di amici con la stessa passione e la stessa voglia. Una seconda famiglia praticamente. In particolare devo citare Giovanni Albini, Alessandro Antonazzo e Naomi Mastrilli, che fanno parte dello zoccolo duro di produzione con cui abbiamo realizzato “Mi Faccio di Rock’n’Roll”.

JL: Come hai scelto la location del “Rock’n’Roll” di Milano?

RM: Era un locale che frequentavo già da cliente, con un’atmosfera assolutamente cinematografica.
In quel periodo come produzione il nostro prodotto di punta era la branded web serie, che provavamo a proporre a qualsiasi brand o attività ci capitasse a tiro.
Così abbiamo fatto anche con il Rock’n’Roll, se non che quando ho conosciuto Davide Mozzanica, il proprietario del locale e del marchio, ho rilanciato e gli ho proposto di girare un film in collaborazione.

JL: È il locale, quindi, ad averti ispirato a girarci il tuo secondo film?

RM: Ci tengo a sottolineare che è il mio primo film effettivo, perché quello precedente non siamo riusciti a terminarlo, ma questa è un’altra storia.
Comunque sì: è assolutamente il Rock’n’Roll ad aver ispirato la scrittura del film, anche perché sono partito con la sceneggiatura dopo essermi accordato con Davide Mozzanica per girare all’interno del locale.
Poi non nego di aver inserito, nella narrazione, idee e personaggi che già avevo in testa.

JL: Quali sono stati i momenti più sfidanti, in corso di lavorazione?

RM: Ce ne sono stati tantissimi. Innanzitutto girare un film senza un euro (e farlo bene) implica un grande lavoro di preproduzione, dove la capacità di coinvolgere emotivamente le persone e lo sprezzo del pericolo sono punti cardine.
Poi l’effettiva lavorazione, la fase di shooting, è andata avanti per quasi due anni, quando invece doveva terminare in 10 giorni nel Luglio 2017.
Quindi è successo di tutto. Sono stato anche coinvolto in una rissa all’esterno del locale, che ha rischiato di far saltare tutto. Alcuni attori hanno abbandonato e sono stati sostituiti, così come diversi membri della troupe, com’è normale che sia quando fai un progetto a zero budget. Nonostante questo, con le unghie e con i denti, l’abbiamo portato a casa.

JL: Hai uno o più aneddoti carini da raccontarci?

RM: Ce ne sono tanti anche qui, però vorrei raccontare di quando nell’Aprile 2023, a film già confezionato, ho portato una chiavetta usb a Quentin Tarantino.
Il giorno prima, vengo a sapere per caso che Tarantino sarà a Milano per presentare il suo nuovo libro in Duomo. Per assistere alla presentazione del libro i posti erano contati, e prenotati da mesi e mesi. Io però vado lì dieci ore prima, finché non convinco un ragazzo a portargli la pennetta con il film da parte mia.
Tarantino la prende e se la mette in tasca. Il giorno dopo vede il film e dopo due giorni mi chiama… Il resto è storia. 

È vera solo la prima affermazione: a testimoniarlo ho anche il vocale del ragazzo custodito gelosamente nel mio archivio. Probabilmente quella pennetta sarà finita in qualche lavatrice di Los Angeles… O forse no, chissà…  

JL: Questo progetto, nato sulle ceneri del precedente, ha richiesto un decennio in totale tra produzione e post produzione. Cos’è che ti ha dato la forza di portarlo a termine? 

RM: La mancanza di alternative. Non scherzo, ma è giusto chiarirne il senso. Per me fare un film, questo film, è stato tutto o quasi per tantissimo tempo, come se avessi una moglie incinta da dieci anni. Non avrei mai potuto mollare!  

JL: Come ti poni rispetto alle inevitabili avversità e porte in faccia?

RM: Faccio finta che non mi pesino. A parte gli scherzi, spero che qualcuno che conti un giorno riconosca il mio talento, o meglio, ci veda un valore economico e un guadagno. Nel frattempo so bene a cosa vado incontro. Non sono figlio d’arte, non sono ricco e non ho amicizie influenti. Negli ultimi dieci anni penso di aver capito come funziona questo settore e forse il mondo in generale.
Le porte in faccia non mi abbattono, perché so che non rispecchiano il mio valore, di cui resto fortemente convinto. Allo stesso tempo sono fiducioso che prima o poi troverò una porta mezza aperta e, senza farmi vedere, mi ci infilerò.

JL: Che cosa ti ha lasciato l’esperienza di “Mi faccio i film”, il tuo primo progetto? Vedremo anche questo sul grande schermo?

RM: “Mi Faccio i Film” è il film che volevo fare e per cui ho iniziato a “combattere”.
Poi, quando fai tanto fumo, un po’ di arrosto va a finire che esce e devo dire che “Mi Faccio di Rock’n’Roll” è comunque una gran bella bistecca. Spero i vegani mi perdonino per questa metafora un po’ ardita.
Nel 2016, quando abbiamo iniziato a girare “Mi Faccio i Film”, non ero pronto. Al di là di tante cose che sono successe, questa è una verità assoluta e ho fallito. Allo stesso tempo, quell’esperienza è stata una palestra incredibile che mi ha poi consentito di produrre “Mi Faccio di Rock’n’Roll”.
Per ora sono felice che sia andata così, ma sicuramente “Mi Faccio i Film” è un progetto che prima o poi verrà alla luce.

JL: Qual è il tuo manifesto, se c’è, la tua filosofia di vita?

RM: Più che un manifesto è un monito, rivolto in primis a me stesso: leggerezza.  

JL: Come incoraggeresti chi avesse un sogno a realizzarlo, come hai fatto tu?

RM: Paradossalmente citando Troisi: “Ricordati che devi morire! Quindi buttati, provaci, non aver paura di essere giudicato, di fallire, che poi male che vada avrai sempre qualcosa da raccontare. Pensa che tristezza chi non ha nulla da raccontare!”

JL: Il film è stato presentato quest’anno, nella sua versione definitiva, a Milano il 27 maggio e a Potenza il 2 giugno. Come ti sembra sia stato accolto da critica e pubblico?

RM: Devo dire bene. C’è chi ha colto dei significati più profondi, chi no, chi ha riso, chi ha sorriso, chi non ci ha capito nulla, chi si è scandalizzato ma va bene, purché se ne parli alla fine.
Credo sia un film che porti a una seconda fruizione, il che non è male, dato che ha come destinazione le piattaforme digitali.
La cosa che più mi ha fatto piacere sono i commenti dei miei amici storici, che hanno riconosciuto me, la mia personalità, la mia ironia, le mie battute nel film. Esattamente quello che mi piacerebbe arrivasse un giorno a un pubblico, quando avrò una filmografia si spera più ampia, ossia la mia autorialità.  

JL: Hai altri progetti all’orizzonte? 

RM: Al momento devo ancora concentrarmi sulla promozione del film, farlo girare il più possibile e far sì che, quando a fine Settembre sarà sulle piattaforme digitali, possa esserci anche un minimo interesse di un possibile pubblico, che poi spero si possa diffondere.
In generale, nel tempo mi piacerebbe creare un sistema produttivo svincolato dalle attuali dinamiche del settore e del mercato. Più si va avanti, più sono convinto che questa cosa possa essere tutt’altro che utopica.

 

Una delle scene chiave

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