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Nicola Panichi, professore ordinario di Storia della filosofia del Rinascimento alla Scuola Normale Superiore di Pisa, spesso soprannominata Nicoletta, è l’unica donna, professore ordinario, alla Normale di Pisa.

Fa parte di comitati scientifici di riviste nazionali e internazionali.

È autrice, inoltre, di numerosi saggi in svariate lingue.

Ha collaborato al Dictionnaire de Michel de Montaigne, Paris 20072 (Prix de l’Académie française).

Ha passato una vita sviscerando Montaigne, filosofo, scrittore e politico francese del ‘500.

Tra le sue pubblicazioni: Antoine de Montchrestien. Il circolo dello Stato (Milano 1989); La virtù eloquente. La civil conversazione nel Rinascimento (Urbino 1994); Picta historia. Lettura di Montaigne e Nietzsche (Urbino 1995); Plutarchus redivivus? La Boétie e i suoi interpreti (Napoli 1999, Roma 2008, tr. fr. Champion, Paris 2008); Michel de Montaigne. L’immaginazionei (Firenze 2000; 20102); I vincoli del disinganno.

Per una nuova interpretazione di Montaigne (Firenze 2004, tr.fr. Champion, Paris 2008); F. Bonaventura, Della ragion di stato e della prudenza politica (a cura di, Roma 2007); Montaigne (Roma 20182); Ecce homo. Studi su Montaigne (Pisa 2017; 20182).

Bene, nel corso di lunghe passeggiate , Nicola mi affascina sempre più, coinvolgendomi in un viaggio di sola andata alla scoperta di Montaigne e della straordinaria attualità del suo pensiero.

Nasce così quest’intervista, un viaggio sul senso della vita e della morte, passando attraverso etica ed estetica.

 

Betapress– Partiamo dagli Essais di Montaigne, per i nostri lettori, di cosa si tratta?

Nicola Panichi– Gli Essais di Montaigne, per espressa dichiarazione dell’autore sin dalla lettera al lettore, si presentano come autobiografia filosofica.

Negli Essais, i pronomi preferiti sono la prima persona singolare (moi o je) l’io e il noi. E tutto si tiene, per chi, come sollecitava Montaigne stesso, non perde l’argomento: ogni uomo porta la forma intera dell’umana condizione (III, 2).

Betapress-Quando l’uomo costruisce un capolavoro con la sua vita?

PanichiIl capolavoro dell’uomo è la vita come specchio dei ragionamenti.

La filosofia degna dell’uomo in quanto uomo, è quella che tende alla costruzione di un modello di vivere congruo agli insegnamenti della natura che bisogna continuare a ricercare.

Un motto montaigneano, meno noto ma luminoso, mette sulla buona strada:

J’ouvre les choses, plus que je ne les descouvre (apro le cose più che scoprirle).

Con la sua capacità di aprire i sileni, Montaigne trova, come La Boétie, la libertà nella natura.

Betapress– La libertà esiste anche nella storia?

Panichi– La libertà nella storia deve essere possibile; di qui, rifiutandosi a qualsiasi piano provvidenzialistico, Montaigne segue la riflessione della ragione “adulta” sui vincoli individuali e sociali.

In un recente passato ci si è chiesti come mai, in un testo così molecolarmente intessuto di antropologia come orizzonte della condizione umana, manchi un capitolo intitolato Della storia.

Domanda forse ingenua.

La storia è lo sfondo ineludibile degli Essais (Montaigne era avido dei libri di storia universale) e scrive che la storia è il liquido amniotico di cui si alimenta la loro riflessione.

Betapress– La storia ci insegna?

PanichiL’esemplarità della storia non sempre ci può insegnare qualcosa, a volte ci insegna a rovescio.

Prima di Bacone e del Libertinage érudit, Montaigne aiuta a pensare il senso della libertà di pensiero (parlare e agire) come consapevolezza della mutevolezza dell’io e come capacità di accettazione dell’esemplare mal formato.

Dunque Montaigne sfugge al topos historia magistra vitae.

Betapress– Qual è la responsabilità dell’uomo nella costruzione del suo destino?

PanichiNei confronti del mondo in perenne movimento, l’io decide di impegnarsi, secondo il principio di responsabilità.

Il desengagement, il disimpegno dell’anima bella, per Montaigne è una sorta di spilorceria dello spirito (ladrerie spirituelle).

Se il soggetto deve vivere del proprio (il suo vero capitale), non deve però sottrarsi alla conference, alla conversazione, a sfregare il proprio cervello con gli altri, lo abbiamo anticipato, a misurarsi, pesarsi, pensare in comune.

Per diventare spirito libero, il cammino statico nella solitudine inoperosa dell’anacoreta o l’essere stilita non serve.

Lo sdegno e la dignità del soggetto sono facce di uno stesso volto, prendono le mosse dalla riforma di un io che non può prescindere dal mondo e dal suo teatro; se bisogna imparare a esaminare sé stessi, non ha alcun senso rimanere a parte sui.

Betapress– Quando un intellettuale è inutile per Montaigne?

Panichi-Quando non è impegnato nell’agire.

La filosofia di Montaigne si rifiuta al solipsismo che guarda alla torre come metafora di un’agognata solitudine dotta.

Un tale intellettuale è inutile alla società.

Bisogna impegnarsi a volte non solo con la penna, scrive, ma anche con il sangue, se è necessario, e non tenere il piede in due staffe…

E in questo chiamava in aiuto il De officiis di Cicerone.

Betapress– L’uomo impara più in solitudine o in società?

PanichiLa solitudine è indispensabile per raccogliere l’io nel profondo ed esaminarlo, anche se la sua conoscenza, al pari del resto, è impenetrabile, come stringer l’acqua nel palmo della mano; ma non se ne deve rimanere prigionieri.

Lo studiarsi va esercitato sempre in una consustanziale dialettica con l’alterità, il mondo.

Per capire la logica della vita, bisogna ammettere quanto, la differenza delle forme della natura, sia più feconda della similitudine e dell’identità.

E bisogna riconoscere quanto, la paura dell’altro, sia dovuta piuttosto alla nostra ignoranza.

La differenza è forma della natura, dunque niente può essere mostruoso perché semplicemente diverso da noi.

Così, la tolleranza diviene corollario della diversità.

Betapress-Cosa ci insegna la filosofia di Montaigne?

Panichi-Tale filosofia si caratterizza per il tentativo di alludere, indicare con il dito, secondo una espressione montaigneana di grande respiro, routes pour nous sauver, le strade per la nostra salute/salvezza, in un tempo malato e cornucopia di mali, morali e fisici.

Betapress– Montaigne insegna o racconta?

PanichiL’attitudine di Montaigne è raccontare l’uomo (non insegno, racconto) uomo come essere mutevole, camaleontico e vacillante, doppio in se stesso per sua propria essenza (l’io di adesso e l’io di prima siamo due).

Questa riflessione è alla radice della modernità e del celebre: Je suis un autre di Rimbaud.

Ma rimanda anche all’eraclitismo del soggetto e del mondo (il mondo è un’altalena perenne; tutto si muove anche le rocce del Caucaso e le piramidi d’Egitto, e la costanza è solo un movimento più debole).

Una delle affermazioni di maggior spessore filosofico di Montaigne, affermazione che segnerà l’‘ontologia’ dei saggi, è: “non descrivo l’essere, ma il passaggio”.

Betapress-Cosa significa vivere per Montaigne?

PanichiVivere significa sperimentare la vita con l’impresa di un’opera aperta, polifonica, dal titolo inconsueto, ma pienamente aderente al progetto filosofico (Essais: saggi, tentativi, esperimenti, definiti solo ironicamente cibreo, escrementi di un vecchio spirito).

Dunque, vivere sperimentando la progressiva liberazione dai pregiudizi nel pensare e nell’agire.

La rinuncia al pregiudizio è l’unica via per esercitare, come voleva Socrate, il peso e la forza della metamorfosi: divenire ciò che si è, uomo à divers estages, a più piani, homme meslé, uomo cosmopolita – quale la natura umana, essente in possibilità, sarà capace di farlo diventare.

Betapress– Chi è l’uomo Montaigne?

PanichiMontaigne è sismografo dell’anima, del mondo e della storia; in grado di concepire un’idea della morale secondo natura, autonoma dalla religione (quindi eteronoma), della filosofia separata dalla teologia (filosofia e teologia non devono confondere i loro percorsi: la censura era avvertita).

Il filosofo perigordino assume il rischio della sfida verso il lucreziano “mondo a rovescio” e non vi rinuncia; anzi, invita alla pratica del sapere aude, motto carico di sostanza, ripreso da Orazio e divenuto celebre poi con Kant.

Betapress-Imparare a vivere significa imparare a morire?

PanichiL’impegno richiesto all’uomo engagé nella società non ammette deroghe, nemmeno quando si affaccia (a tratti, divenendo dominante) il pensiero della morte: siamo nati per agire.

Il motivo senecano che Montaigne riattiva in un capitolo dominato da Epicuro e Lucrezio, e tartassato dalla futura censura romana, è considerato all’interno del proposito filosofico di “imparare a morire”.

Tale proposito, rappresentato nella sua naturalità, si converte in un desiderio: che la morte lo cogliesse mentre sta agendo, magari mentre sta piantando i cavoli nel suo jardin imparfait

Il giardino incompiuto è la metafora della vita che sperimenta il mondo in tutte le sue forme.

Ma la sperimentazione non avviene a caso. 

Ha bisogno di ordine nel progetto.

Il perigordino ritorna al punto: nella sua molteplicità vicissitudinale, la vita assume l’io come timone e bussola della giurisdizione interiore.

E la ragione è giudice e imputato al tempo stesso.

Betapress– Vivere come si può o come si deve?

Panichi– Montaigne ci lancia una bella sfida: il capolavoro del soggetto è vivere come si deve e come voleva Socrate, lo abbiamo anticipato, diventare quello che l’uomo è.

Ma l’uomo ignora sin dove possa spingersi la possibilità della natura nel suo infinito e vicissitudinale moltiplicarsi di forme

Dunque, all’uomo non resta che essayer la vie, sperimentare la vita in tutte le sue forme, aprendosi alle nuove terre di orizzonti fisici e mentali inesplorati.

Nietzsche coglierà bene questo aspetto e rilancerà: noi siamo esperimenti.

Betapress-Esiste la paura per Montaigne?

Panichi– Certo! E’ imprescindibile dal coraggio.

Per avere paura ci vuole coraggio, scrive, mentre il sapere aude, il cuore del saggio dedicato all’educazione dei fanciulli, abbandona la latitudine di una educazione ‘a tempo’ per divenire, come gli Essais, un esempio di institutio e di formazione permanente degli adulti e della loro ragione, apprendistato che deve durare, appunto, tutta la vita.

Betapress-Gli Essais, sono moniti, sentenze o aforismi?

Panichi-Gli Essais non sono una raccolta di sentenze o di cristalli di sapere.

Piuttosto portano con loro il privilegio del corpo organico, della vitalità del pensiero, dell’inesauribilità della question de l’homme.

In questa forma hanno potuto influenzare percorsi e sentieri intellettuali, sollevare polemiche o accoglienza in lettori, che li leggeranno e rileggeranno, a partire dai contemporanei: Lipsio, Charron, i libertini, Florio, Bacone, Descartes, Hobbes,

Rousseau, Kant, Kierkegaard, Nietzsche, Emerson…, per citarne pochissimi.

Nel Novecento italiano, Pirandello, Bo e Sciascia, su fronti e per motivi diversi ne rimarranno folgorati.

Betapress-Quale monito sembra riguardarci più da vicino?

Panichi– Nella sua folgorante immediatezza, penso che sia tout mouvement nous découvre – ogni movimento ci scopre.

 

E con l’augurio di avere spronato i nostri lettori a scoprire (o riscoprire Montaigne), ringraziamo di cuore Nicola Panichi per avere condiviso con noi queste eterne pillole di vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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