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Oggi si celebra il GIORNO DELLA MEMORIA: un modo per avere maggiormente presente – proprio in virtù della memoria storica, ma anche etica e morale – l’immane tragedia anche ricordata con il nome di Olocausto o Shoah.                            

Desidero evidenziare come il concetto di Shoah non debba essere una semplice parola sottoposta a un utilizzo spesso retorico e momentaneo che, nel tempo, ne possa stemperare il significato: riducendolo a una semplice data.

Perché il genocidio di oltre 6.000.000 di ebrei per mano di nazisti e loro sodali, è una parte di Storia che – pur se complessa e articolata – merita evidenziazione solenne, riflessione e una speranza costante di rigenerazione.                                                                                            

 In altra parte, potrete leggere un articolo – dal titolo NON TI SCORDAR DI ME – del mio amico Marco, che ho sollecitato a tal riguardo in quanto – cultore della materia e molto vicino alla Comunità Ebraica di Roma – potesse esprimere un particolare sentire da un’angolazione diversa dal solito. 

E il suo scritto va letto con la dovuta attenzione e consapevolezza, poiché interpreta la questione di fondo, e tutte le sensibilità ad essa collegate, in un modo diverso, asciutto e diretto. E ogni su paragrafo costituisce una porta aperta a tutta una serie di riflessioni che toccano più corde dell’umano sentire.

Per me, la più corposa è quella dominante pur se sottesa:

TUTTI NOI DOBBIAMO LAVORARE COSTANTEMENTE PER LA PACE, SENZA LA QUALE NON E’ NEANCHE POSSIBILE IPOTIZZARE UN FUTURO DEGNO DI TALE NOME.                           

Pace e Libertà sono due concetti che, pur se autentici presidii, non possono essere dati per scontato, poiché occorre un impegno quotidiano per raggiungerli appieno, tutelarli e salvaguardarli: tenendo presente che ciascuno di noi è responsabile del loro mantenimento.       

Ricordo i miei vecchi studi di latino, citando l’incipit che Tibullo utilizzò, ponendo un interrogativo enorme: quis fuit horrendos primus qui protulit enses? (chi fu il primo a inventare le orride armi?). Non lo sapremo mai nello specifico, certo: ma sappiamo per certo che fu un essere umano contro un altro essere. Con le pietre, con i bastoni, con le clave, con pietre affilate e così di seguito.

Ma sappiamo fin da adesso che chi avrà il coraggio e la forza di abbandonare, distruggere o anche solo fortemente ridurre, l’utilizzo delle armi, passerà alla Storia.      Basta sangue, basta con l’orrore, basta con la carneficina delle guerre, del terrorismo, basta con questo odio contagioso e persistente.

E oggi, Giorno della Memoria, rammentando gli obblighi che ci impone il nostro dovere di tramandare un Mondo migliore, dove a dominare possa essere un sentimento di Amore Fraterno, dobbiamo rammentare che, nelle guerre, negli attentati, negli odiosi assalti, il pianto dei bambini ha lo stesso suono, a tutte le latitudini.                                                                       

E non percepirlo, non saperlo ascoltare senza rabbrividire, fa la differenza tra l’essere uomo e una orrida sottospecie che si nutre di sangue: una belva.   

 ‘Quel’ 27 Gennaio doveva costituire l’alba di un Giorno Nuovo, ma anche la nascita dell’Uomo Nuovo che, ancora lordo di sangue e con i cumuli di cadaveri che ingombravano ancora le vie di città distrutte, avrebbe per sempre avuto dinnanzi agli occhi – e nella memoria di intere generazioni – l’orrore delle guerre e anche nella memoria olfattiva l’acre odore della Morte, del male.

Così evitandoli.      

                         Che oggi possa essere nuovamente l’alba di un Giorno Nuovo.                          

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