A letto con il nemico.

 

Le restrizioni decise dai vari paesi per contenere il coronavirus stanno provocando un incremento delle tensioni familiari, con episodi quotidiani di violenza domestica, soprattutto sulle donne.

Per questo movimenti femministi, varie associazioni di tutela della donna e persino alcuni governi si stanno organizzando per monitorare il problema e cercare di arginarlo con la diffusione di informazioni utili.

Secondo le Nazioni Unite, la pandemia avrà un doppio effetto sulle donne.

Lo stop forzato delle scuole e dei centri diurni per gli anziani o per le persone non autosufficienti, soprattutto disabili psico-fisici, sta incrementando il carico di lavoro domestico e di cura alla persona, evidentemente non retribuito.

Come ben sappiamo, il peso di tutto questo, da sempre, e ancor più adesso, ricade principalmente sulle donne.

Inoltre, anche fuori casa, i settori di lavoro con la maggiore esposizione al virus sono principalmente femminili: le donne rappresentano il 70% del personale nel settore sanitario e sociale a livello globale.

Come se non bastasse, esiste un divario retributivo medio di genere del 28%, che si può aggravare in tempi di crisi con anche conseguenze future.

Infine, ciliegina sulla torta della questione femminile, ci sono i rischi di una maggiore esposizione alla violenza domestica e la sospensione del servizio di salute sessuale e riproduttiva.

In questa situazione, la coesistenza obbligatoria può diventare, ancor più, un pericolo per le donne che sono vittime di violenza di genere.

Restare a casa e condividere costantemente lo spazio con il proprio aggressore, per molte donne, potrebbe, non solo non essere più sicuro, ma, addirittura, creare l’occasione per compromettere ulteriormente la propria incolumità.

Prova ne è la Cina in cui, questi effetti domino delle restrizioni imposte per il coronavirus, si sono già verificati.

Dal 6 marzo, secondo un’organizzazione non governativa cinese che lavora con le donne, il numero totale di casi di violenza domestica nella prefettura di Jingzhou, nella provincia di Hubei, è salito a oltre 300, e a febbraio 2020 il numero di casi è raddoppiato rispetto al febbraio 2019.

Secondo uno degli attivisti che ha fondato l’ong, «l’epidemia ha avuto un impatto enorme sulla violenza domestica».

Nel Regno Unito, Claire Barnett, responsabile di UN Women, l’Organizzazione delle Nazioni Unite dedicata alla parità di genere e all’emancipazione delle donne, ha spiegato che esistono «prove evidenti» che in tempi di incertezza economica e di instabilità sociale, l’abuso domestico aumenta. «Quando le comunità subiscono ulteriori stress, i tassi di violenza aumentano».

Anche, Marise Payne, ministra delle Donne australiane, ha affermato che garantire la sicurezza delle donne e dei bambini dalla violenza è «fondamentale ogni singolo giorno» e che questo «non cambia nell’attuale contesto».

«È fondamentale in questo momento difficile che le persone che hanno bisogno di servizi di sostegno per violenza familiare sappiano che tali servizi sono presenti e sono in grado di sostenerle».

Anche in Spagna, il ministero della Giustizia, ha incluso i tribunali che si occupano di violenza di genere tra quelli che continueranno a essere operativi, per «garantire l’emanazione di ordini di protezione e di eventuali misure precauzionali in materia di violenza contro donne e minori».

L’isolamento è una delle caratteristiche più comuni delle relazioni abusanti, ed è già dimostrato come la violenza domestica aumenti durante le ferie.

E’ evidente come, per tante donne andare al lavoro o accompagnare i bambini a scuola significa poter sfuggire, anche solo per poco, alle dinamiche di violenza domestica.

Spesso, per le vittime, queste sono occasioni per sottrarsi al potere ricattatorio, colpevolizzante, umiliante del loro carnefice.

In tempi normali, pur consapevoli della violenza in cui vivono ogni giorno, le donne trovano la forza per andare avanti così, con una “boccata d’aria” quotidiana.

Al momento questo non è possibile.

L’incubo implode ed esplode tra le quattro mura. L’imposizione ed il protrarsi dell’isolamento amplifica il rischio a cui queste donne sono esposte, trovandosi a dover condividere per tutto il giorno lo stesso spazio con l’aggressore.

Non solo: una donna vittima di violenza domestica, chiusa in casa h/24 con il suo aggressore, come fa a chiedere aiuto?!?

Strutture di accoglienza per donne vittime di violenza chiuse o fortemente limitate nella loro attività.

Difficoltà di accesso ai vari servizi di supporto e ai luoghi di rifugio.

Queste sono le circostanze attuali che scoraggiano del tutto le donne dal fare segnalazioni.

E, spesso, il rimandare la richiesta di aiuto può essere fatale.

Qualche giorno fa la magistrata della procura di Milano, Maria Letizia Mannella, ha spiegato che da quando è iniziata l’emergenza coronavirus c’è stato anche un apparente calo nelle denunce per maltrattamenti.

Ma, attenzione, «Ci basiamo solamente sull’esperienza perché è ancora presto per avere dei dati certi, ma possiamo dire che le convivenze forzate di questo periodo, scoraggiano le donne dal telefonare o recarsi personalmente dalle forze dell’ordine».

In Italia – dove l’81,2 per cento dei femminicidi, nel 2019, è avvenuto all’interno della famiglia – è nostro dovere segnalare che si stanno attivando i movimenti femministi come Non Una di Meno con lo sloganNon sei sola” per rilanciare il numero antiviolenza e stalking 1522, che è attivo anche in questi giorni 24 ore su 24 e che è gratuito.

Dal sito è inoltre possibile chattare direttamente con un’operatrice.

La rete dei centri antiviolenza sta poi segnalando le possibilità rimaste attive sul territorio italiano, e in alcuni spazi femministi sono stati aperti dei canali diretti via chat, perché chiuse in casa non sempre sarà possibile telefonare.

Infine la piattaforma “Obiezione Respinta” – partendo dal presupposto che in Italia non sempre è facile accedere a un’interruzione di gravidanza e che l’emergenza sanitaria in corso ha aggravato la situazione, poiché alcuni ospedali hanno dovuto ridurre gli accessi o trasferire il servizio di IVG – ha creato una rete di solidarietà per monitorare lo stato del servizio di interruzione volontaria di gravidanza, fornendo punti di riferimento e aiuto a chi ha bisogno di abortire. È stato dunque aperto un canale Telegram a cui fare riferimento.

Purtroppo, in Italia, il ministero delle Pari opportunità non è per ora intervenuto in modo specifico sulla questione della violenza domestica, ma sta rilanciando soprattutto le misure economiche speciali approvate «per le famiglie».

Speriamo, che passata l’emergenza coronavirus, non si faccia il conto delle vittime, non solo per covid 19, ma anche per violenza domestica!

 

 




Piano Marshall UE, sarà vera gloria???

 

La Pandemia non mostra segni di cedimento, ma in questi giorni ha assunto dimensioni per quantità, oltreché per estensione, di rilevante entità tali da restituire alla politica quella dignità che le teorie sulla immunità di gregge, ipotizzate da qualche premier, avevano un po’ annebbiato.

Nella giornata di ieri, in sede EU la riunione dell’Ecofin che raccoglie i ministri economici dei singoli paesi aderenti, ha provveduto, come del resto già annunciato nei giorni precedenti, alla sospensione dei Patti di Stabilità, cioè, dei “ratios” tra Deficit e Pil che gli accordi in sede europea del 1997 avevano convenuto dover essere inferiori al 3%.

Una decisione importante che permetterà ai singoli paesi il varo di misure economiche in disavanzo, almeno per i prossimi mesi.

L’Ecofin ha preso in rassegna, inoltre, le modalità attraverso le quali intervenire in sede europea per contrastare i danni economici e dotare le comunità degli strumenti finanziari necessari al contenimento ed alla cura della pandemia.

Le proposte in agenda riguardano, tre ipotesi di intervento.

Si parla, infatti, di Linee di Credito per l’Emergenza, di Linee di Credito con condizioni rafforzate (ECCL, Ehnanced Conditions Credit Line) erogate dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e della proposta, avanzata dall’Italia, in ordine all’emissione di “Coronavirus Bond” da parte dei singoli stati, garantiti dalla Bei (Banca Europea degli Investimenti).

Tutti gli strumenti sarebbero riconducibili all’utilizzo del Mes che, pertanto, dovrebbe essere ratificato nonostante l’opposizione dell’Italia e della Spagna ed, in sede nazionale, di tutte le forze di opposizione.

Il Mes lo ricordiamo è un’entità istituita nel 2012 con lo scopo di proteggere il sistema economico e garantire un accesso agevole al credito a disposizione dei paesi dell’Unione Europea.

Il Mes istituito come fondo è venuto ad assumere, ben presto, la forma di un’organizzazione intergovernativa con il potere di imporre scelte economiche ai paesi aderenti.

Tra gli strumenti di intervento del Mes ci sono l’adozione di linee di credito per i paesi in difficoltà e l’acquisto di titoli sul mercato secondario.

Non solo buone notizie, purtroppo.

Il Mes, infatti, impone, nei confronti dei paesi che ne fanno ricorso e non rispondenti a parametri di equilibrio nei conti pubblici, programmi di correzione macroeconomica e sanzioni fino alla sospensione del diritto di voto del paese stesso in caso di ritardo nei tempi di rimborso degli aiuti ricevuti.

Non colpisca, a questo punto, che tutto ruoti intorno ai cosiddetti “requisiti di condizionalità” sottostanti alle politiche di sostegno finanziate dal Mes al centro del dibattito in questo momento.

La condizionalità opera, infatti, nella direzione di prevedere programmi di aiuti “non” assistiti da clausole e condizioni di rimborso drastiche, alla luce del principio che la crisi pandemica ha avuto origini esterne dalla finanza dei singoli paesi.

Un orientamento, che è utile ricordarlo non vede d’accordo l’Olanda, la Finlandia e la stessa Germania caratterizzati da migliori condizioni di finanza pubblica.

È evidente che dietro la forma ed i distinguo politici ci sono circostanze oggettive ma anche tecnicalità economiche e giuridiche.

Le condizioni, infatti, per ottenere un prestito, sono rappresentate dalla capacità e dalla volontà di rimborso e dal sistema delle garanzie offerte che hanno, tuttavia, carattere accessorio.

La volontà di rimborso è connaturata alle fondamenta democratiche e solidali dell’Unione Europea e non è certamente in discussione.

Resta centrale, quindi nell’”insight” delle modalità di accesso alle linee di credito o ai Coronavirus Bond, la Capacità di Rimborso del paese richiedente.

La capacità di rimborso, sia nel settore privato che in quello istituzionale, dipende dalla ricchezza che si produce ogni anno e pertanto dai parametri di crescita.

In un contesto recessivo, cioè nel quale l’economia decresce, il rimborso delle passività dovrebbe essere accompagnato da periodi di rimborso lunghi e tassi di emissione particolarmente vantaggiosi.

Se guardiamo alle stime macro pubblicate in queste ore da Goldman Sachs ci rendiamo conto che l’economia italiana potrebbe flettere, nel corso del 2020, del 11.6% con un aumento del Deficit che potrebbe raggiungere il 10% del Pil.

Previsioni molto severe che non faranno certo il gioco del nostro paese alla riunione del Consiglio Europeo prevista per giovedì 26 marzo.

I paesi virtuosi, Germania in testa, avranno il timore che l’Italia, data la fragilità dei conti pubblici, il perdurare della pandemia e della recessione economica, non sia in grado di fare fronte ai rimborsi previsti dal piano di aiuti.

Più agevole sostenere, pertanto, la necessità di riservarsi la carta di imporre scelte draconiane di politica economica e tagli alla spesa pubblica secondo gli schemi già attuati durante la crisi greca.

È evidente, tuttavia, che la contrapposizione tra paesi virtuosi e le economie periferiche in atto, in queste ore, debba trovare un elemento di mediazione che consenta un’ iniezione importante di liquidità nel sistema e rimandi tensioni implosive a tempi migliori.

Un Piano Marshalldi al quale affidare il sostegno illimitato delle strutture produttive, e del modello di consumi di famiglie ed imprese.

Nel frattempo i paesi aderenti potranno lavorare ad una versione più attuale del Mes ed i governi nazionali a misure domestiche di rilancio dell’economia e tutela delle classi sociali più deboli.

La strada è, purtroppo, in salita.

Il Paese dovrà debellare il male e nel frattempo far ripartire il motore economico con serietà e competenza.

Per far questo occorreranno scelte importanti aperte alla più ampia condivisione delle forze politiche.

Il timore è che la strada impegnata dall’esecutivo, quella cioè dell’emergenza senza alcuna visione d’insieme, potrebbe essere, ancora una volta, la più facile, quella della tanto temuta imposta patrimoniale, dell’ Imu sulla prima casa ed dell’aumento delle aliquote Iva.

Per fortuna c’è ancora un giorno per pensare ed i contagi sembrano diminuire. E questa è una bella notizia.

 




Digiscuola negata.

Era già tutto previsto, anche quello che, come Betapress, vi avevamo già anticipato nei nostri recenti articoli sulla didattica a distanza, cioè, luci ed ombre della scuola italiana emerse in questi giorni di emergenza.

Continuano ad arrivare, in redazione, segnalazioni da diverse scuole di tutta Italia che confermano come la didattica digitale è un falso ideologico, cioè non esiste.

O se esiste, è schizofrenica.

La didattica digitale dà la prova, nei fatti, che il sistema scolastico italiano non è stato preparato in modo adeguato, o, per lo meno, in modo uniforme.

Dunque, anche adesso, la scuola sta rispondendo in modo contradditorio.

Primo, le infrastrutture.

Non sempre sono all’altezza, in alcuni territori non esiste fibra ottica, le connessioni non reggono, il wifi è scarso, le linee telefoniche sono inadeguate, in altre zone invece tutto funziona bene.

Secondo, gli strumenti.

Ci sono scuole che, da anni, hanno acquistato strumenti e sistemi di didattica digitale, ed altre in cui mancano persino i computer.

Terzo, le competenze.

Per esperienza diretta, vi dico che ci sono professori competenti, aggiornati e professionali che si destreggiano tra piattaforme digitali ottimizzandone i risultati, ed insegnanti che manco sanno di che stiamo parlando, che è già bello se sanno usare il registro elettronico.

Anche se, per onestà intellettuale, devo dire che, nessuno, dal Miur, ha mai imposto un’adeguata formazione sulla didattica digitale e sull’utilizzo delle piattaforme collegate, nessuno, dal Miur ha mai impostato un serio progetto nazionale di trasformazione della didattica verso un impianto digitale.

E la prova, sta nel far west di questi giorni.

Quarto, i soldi.

E qui viene il bello!

Alcune scuole hanno avuto i soldi per potersi adeguare altre no, in alcune regioni o provincie si sono fatti investimenti, in altre si sono “mangiati” i soldi.

Perché le scuole non hanno avuto, negli anni, i soldi per poter avviare dei progetti digitali?

O, per lo meno, perché poche, davvero poche, sì, e la maggioranza no?

A tal proposito, che fine hanno fatto i soldi dei PON? Chi ha controllato il loro utilizzo?

Anche qui, si sono utilizzati i soldi per i progetti più disparati, ma a pioggia, regione per regione, provincia per provincia, ognun per sé e Dio per tutti, senza un impianto nazionale.

La stessa idea del bonus docenti, un altro fallimento.

Perché era l’occasione buona per un progetto serio di didattica innovativa, dando i soldi alle scuole con indicazioni chiare e, soprattutto, facendo controlli precisi sui singoli.

All’inizio, 500 euro in busta paga, solo per gli insegnanti di ruolo, e si doveva documentare con lo scontrino dove, come e quando li avevi spesi, altrimenti erano persi.

L’anno dopo c’era invece la carta docente, da attivare, e qui già il sistema si è impallato, con docenti che hanno speso tempo ed energie per lo spid e, alla fine, hanno persino, loro malgrado, dovuto rinunciare per i disservizi.

In seguito, il sistema è ripartito, con le modalità, “fatta la legge, trovato l’inganno”.

Il principio della buona scuola era formare ed informare gli addetti ai lavori, affinché, finalmente, si aggiornassero.

Ma cosa è successo?

Gli onesti, hanno acquistato computer, hanno seguito corsi sulla formazione digitale, hanno partecipato a seminari di enti accreditati…

I disonesti, hanno comprato computer a non finire, regalandoli a destra e a manca, addirittura li hanno rivenduti o li hanno barattati con una lavatrice, con la compiacenza del rivenditore.

Per non parlare della” formazione trasversale interdisciplinare”.

Cinema, teatro, musei…Ognuno è andato a vedere quel cavolo che voleva, senza nessun controllo.

Io non sono un politico, sono però una cittadina, addetta ai lavori, insegno da più di 30 anni, non ce la faccio a stare zitta!

Possibile che, al Miur, non abbiano ancora capito poche cose chiare?

Quelle che, ogni giorno, in classe applichiamo con in nostri alunni?

Si lavora per tutti, meglio poco, e bene, ma per tutti, ed insieme.

E, soprattutto, si controlla e si dà il buon esempio.

Invece, la scuola di questi giorni, conferma che il Miur non ha mai proposto e/o imposto un progetto nazionale di didattica a distanza serio, visto che manco è stabilita una piattaforma di riferimento unica (assurdamente il ministero ne ha consigliate tre o quattro).

Non esiste un processo organizzativo uguale per tutti (oggi i professori sono tutti volontari, magari protagonisti, magari parassiti).

La formazione dei docenti sulle tecnologie è lasciata allo scrupolo o alla volontà dei singoli.

La conversione dei contenuti didattici tradizionali in formato digitale non si improvvisa (la didattica digitale non è il clone di quella frontale)

Sono io per prima che riconosco i miei limiti…

La didattica digitale non è mandare i pdf via skype o fare la lezione frontale tradizionale in video conferenza…

Questi sono soluzioni di emergenza, che ben vengano, pur di mantenere un contatto con gli alunni.

Perché, mai come in questi giorni, emerge la dimensione relazionale ed emotiva della scuola!

Ma proprio perché la Scuola contiene moltitudini, comportamenti, autonomie, responsabilità, immediatezza, praticità, contatto, che nessun mondo virtuale può sostituire, a maggior ragione, non possiamo fare finta che la didattica, frontale o digitale che sia, si possa improvvisare.

Se la didattica a distanza oggi è l’unica soluzione per cercare di mantenere legati gli alunni alla scuola, ammettiamo che non sta funzionando benissimo, ammettiamo che alcuni alunni si sono persi, altri sono sostituiti dai loro genitori (finiti insieme ai loro figli nel casino digitale di questi giorni) ed altri ancora annaspano, come i loro prof.

Ammettiamo che abbiamo scuole e didattiche a strati, chi riesce benissimo, chi riesce benino, chi non ci riesce, chi attua forme di trasferimento pdf, chi invia compiti via sms.

Questa è la tragedia vera come Stato, non stiamo dando a tutti i ragazzi le stesse opportunità.

Situazione che inevitabilmente sta allontanando i genitori dalla scuola.

Perché, giustamente, i genitori non fanno il mestiere di professori.

Sono a casa, devono seguire i loro ragazzi, vero. Ma magari devono pure loro lavorare, oltre pensare a tutto il traffico domestico di questi giorni, e gestire una situazione che spaventa un poco tutti.

Infine, ultimo punto, la valutazione.

I sistemi on line che si stanno utilizzando non possono permettere una valutazione effettiva dei risultati in quanto non sono certificati, quindi quest’anno sarà rocambolesco valutare gli alunni sull’ultimo quadrimestre, forse è opportuno pensare di confermare i risultati del primo quadrimestre, salvare il salvabile, ed organizzare dei corsi intensivi a settembre.

E per quanto riguarda gli esami, non c’è da invidiare chi, anche stavolta, dovrà fare da cavia, sia come docente che come discente.

Già, perché, non bastava quello che, stava succedendo da diversi anni a questa parte.

Cioè che, ogni anno, più o meno sotto Pasqua, il Miur ci faceva il regalo di un nuovo tipo di esame.

Quest’ anno la sorpresa sarà speciale!

Voglio proprio vedere cosa inventerà stavolta.

Ma il problema sarà ancora nostro, di chi è alle prese con quest’ ennesima farsa della didattica digitale.

Perché, per gli altri, per quelli del Ministero intendo, il 6 politico è assicurato e pure la poltrona attaccata al di dietro, per non usare un francesismo, proprio io che insegno francese!

 

 




Ormai è finita, di Giacomo Mammucari

Nessuno l’avrebbe mai detto, mai pensato o immaginato.
Non l’ho guardato.
Non ho guardato quel banco, il mio compagno.
Il banco era mio compagno intendo.
Lasciamo stare quella ragazza dai capelli camaleontici che mi era sempre vicino.
Che in realtà era vicino anche al mio compagno, il banco.
Era testardo e duro di comprendonio, ma si lasciava far tutto: scrivevo sopra il suo volto, delle volte veri e propri disegni, altre volte tatuaggi di pennarelli indelebili.
E quando lo prendevo a pugni non si arrabbiava, mi faceva da spalla per un pisolino leggero, interrotto dalle urla stridenti degli altri compagni, i banchi.
Il mio compagno, il banco, non era solo: c’era lei, signora e regina, che schiena a schiena, era serena.
La mia compagna, la sedia, era sempre quella e sempre con me la portavo: altro che amore che porti nel cuore!
La compagna, la sedia, lei era il mio vero amore!
Era spesso contesa per le sue gambe fine e i suoi pantaloni blu, perché ti rilassava ed era comoda, o poco più.
Il mio compagno il banco era spesso geloso, ma quando io andavo via sapevo con certezza che avrebbero stretto amicizia.
Per lo meno lo speravo, o mi sarei sentito in colpa per averli lasciati soli. E ora soli parlano di me e dei nostri momenti vissuti anch’essi soli.
E poi c’erano loro, che sapevano tutto, che apprendevano come spugne, i miei compagni i muri.
Loro si che parlavano con saggezza, bastava avvicinarsi ad essi che la versione di latino veniva perfetta.
Altre volte insultavano pesantemente, forse stanchi di tutta quella gente ma erano sempre protettivi quei miei cari amici.
Ai muri la lavagna, diciamo anche lei mia compagna, non andava molto a genio.
Appesa ferendoli con chiodi, la lavagna, diciamo mia compagna, amava di più i professori e forse chi la rendeva splendente, i collaboratori.
E io tutto questo non l’ho guardato.
Non ne ho sentito le voci, non l’ho toccato, non gli ho parlato o salutato.
No, sono andato via ridendo e scherzando, ma chi mai avrebbe detto sarebbe stato l’ultimo dell’ anno. Ma che dico: l’ultimo di una vita intera.
Ma il banco, la lavagna, la sedia e i muri, i miei compagni, mi hanno fatto apprezzare anche ciò che li riempiva e li rendeva grandi.
Con loro il vuoto non c’era, diciamo, con quelle poche persone che eravamo!
E con loro, i professori, genitori un po’ troppo pretenziosi.
I miei amici fidati, quelli che non ho mai sopportato, sono rimasti lì, per sempre, nei segni e nei ricordi indelebili dei miei compagni.
Che fai adesso, piangi?

Giacomo Mammucari
5^ G
Liceo Falconi di Velletri




LA MUSICA DA “GUARDARE”

In questi mesi siamo protagonisti, nostro malgrado, di un’emergenza sanitaria globale che rivoluzionerà il futuro del mondo per come l’abbiamo conosciuto finora.

Anche la musica subirà un profondo e, mi auguro radicale, cambiamento. A mio modesto parere, già oggi si stanno delineando due grandi areali: il primo in cui la persona è al centro ed il secondo in cui è sacrificabile.

Non essendo né un economista né un esperto di geopolitica evito di addentrarmi troppo in questo delicatissimo argomento, c’è un fattore però, legato ai nuovi contesti, che è sotto gli occhi di tutti e che, volenti o nolenti riguarda tutti.

L’imperialistico Regno Unito inneggia al darwinismo sociale mentre la Repubblica Popolare Cinese, lontana dalla democrazia e dai diritti umani, invia aiuti sanitari (negati in principio dagli “amici” dell’Europa; n.d.a.), denaro e personale medico e paramedico all’Italia, uno dei paesi maggiormente colpiti dall’epidemia.

Una tragedia globale come quella di oggi porterà a riflessioni profonde riguardanti l’intera umanità e questo è positivo, l’uomo dovrà tornare al centro e la musica avrà, a mio avviso, un ruolo fondamentale per la riscoperta dei veri valori.

I falsi profeti delle nuove correnti musicali (sostenuti dai talk show e dai talent), i profeti del cinismo, del becero ed irritante edonismo mediatico, del disprezzo delle regole sociali, lasceranno il posto a chi intonerà inni alla vita e alla morte e racconterà dell’uomo, della sua esistenza, della sua anima, del suo cuore, domande queste che portano ad un’unica vera riflessione: per cosa veramente vale la pena vivere? Tutto ciò, in modo straordinario è stato testimoniato in questi ultimi giorni: il “coinvolgimento digitale” di centinaia di artisti e musicisti noti (e sconosciuti) al grande pubblico che, rigorosamente dalle loro abitazioni, hanno lanciato un grido di solidarietà per vincere la guerra che ognuno di noi è chiamato a combattere.

Sangiorgi (Negramaro), Jovanotti, Bocelli, il Blasco Nazionale, Ligabue, Ferro, Sarcina (Vibrazioni), Agnelli (Afterhours), Britti, Pinguini Tattici Nucleari (intervistati da noi di Betapress a maggio 2019; n.d.a.) e moltissimi altri (che vi invito a vedere martedì 31 marzo alle 20.30 su RAI 1 ed in streaming; n.d.a.) hanno lanciato una campagna di raccolta fondi per il Sistema Sanitario Nazionale e per la Protezione Civile.

Il mondo dell’arte e della musica oggi ci stanno consegnando un messaggio forte di solidarietà: la persona al centro! Ridisegnare la mappa dell’intrattenimento musicale e della discografia sarà una sfida che ci auguriamo possa iniziare al più presto perchè il dramma che ci sta affliggendo non sia capitato invano.

Ma allora cosa serve veramente in questi giorni di isolamento? Qual’è il ruolo della musica in questo triste momento?

Quanto importante sarà la musica e l’arte in un futuro, speriamo prossimo, di ripresa? Chi guardare (ed ascoltare) allora? Dobbiamo guardare ed ascoltare artisti che ci tocchino il cuore, dobbiamo guardare a chi parla di me, di te, di quel che sono io, di quel che sei tu.

Una cara amica anni fa mi chiese di accompagnarla all’Alcatraz di Milano ad uno dei primi concerti da solista di Robert Plant (storico frontman dei Led Zeppelin; n.d.a.) e la cosa che mi colpì, oltre al sound devastante e l’incredibile presenza scenica, fu guardare ed ascoltare la straripante bellezza e la profondità dei pezzi proposti e cantati con una voce struggente. Alla fine lo incontrammo nel backstage per un breve dialogo e Plant ci accolse cordialmente rispondendo a tutte le nostre domande… un grande!

Il mio augurio è che in questo momento di autoisolamento domiciliare si possano riscoprire gli Artisti veri, quelli con la “A” maiuscola: Artisti, Cantanti, Musicisti… da guardare!

Vi lascio con un brano scritto pochi giorni fa “per me e per te”, per il dramma di tutto il popolo italiano, dal leader degli U2, Bono Vox: “Let Your Love Be Know”.

 

https://www.youtube.com/watch?time_continue=20&v=m8esAuYRyYI&feature=emb_logo

 

Perth

PERTH




Andrà tutto bene … parte terza

Il protrarsi dell’emergenza sanitaria sta generando un blocco dell’economia che porterà ad un forte ridimensionamento delle attività produttive in tutti i settori. Stiamo assistendo al calo delle vendite, all’annullamento di contratti commerciali e incarichi professionali, alla cancellazione diffusa di eventi, manifestazioni, ordini e prenotazioni sia in ambito turistico che business nonché alla mancata o ritardata consegna di merce al cliente.

È evidente che uno dei settori su cui l’epidemia sta impattando maggiormente è il settore turismo.

In Italia, il segmento del turismo vale in totale 146 miliardi di euro: una cifra pari a circa il 13% del Pil, generata da una filiera di 216 mila esercizi ricettivi e 12mila agenzie di viaggio. 

 

La proliferazione del Coronavirus ha spinto diversi governi a considerare l’Italia tra i Paesi da sconsigliare, se non vietare, per i viaggi e le trasferte di lavoro. 

L’impatto si fa sentire pesantemente sul turismo italiano, con la proiezione di un tracollo senza precedenti nella stagione pasquale, il comparto ha subito cancellazioni pari a circa l’80% per le città e fino al 95% in montagna. Questo fenomeno non riguarda solo le zone colpite direttamente, ma tutto il Paese.

Gli operatori del settore sono molto preoccupati rispetto al calo delle prenotazioni per le settimane bianche e per la Pasqua e si teme anche per la stagione estiva che risulta già essere compromessa.

Solo il settore delle gite scolastiche – che sono state vietate – muove un business da 316 milioni di euro, ormai perso, anche alla luce del provvedimento di chiusura di tutte le scuole di ordine e grado almeno fino al 3 aprile p.v. A questo si aggiunge la cancellazione di eventi e manifestazioni pubbliche importanti come il Carnevale di Venezia, solo per citare la prima più eclatante, o il Salone del Mobile e altri importanti eventi fieristici intorno ai quali gravitano ingenti interessi economici.

Durante i mesi di febbraio e marzo, gli esercizi ricettivi italiani generalmente ospitano 14,5 milioni di turisti italiani e stranieri, per quasi 40 milioni di pernottamenti, questo è un periodo di intensa attività per alcune aree del Paese.

Bene, alla luce dei fatti, si è rallentato prima e si è fermato tutto adesso.

Napoli ha perso 15mila visitatori e si prevede una perdita del 30% per Pasqua; 

Venezia perde il 40%

Riviera Romagnola disdette di massa (teme ricadute anche per l’estate)

Lazio crollo delle prenotazioni del 60-70% relative anche ai mesi dopo la Pasqua. 

Milano debooking all’ 80%

Ritornando ai dati inerenti l’incoming, secondo uno studio condotto dell’Istituto Demoskopika, che ha tracciato una mappa dei possibili effetti sul turismo italiano a seguito dell’allerta coronavirus, nel 2020, l’emergenza coronavirus potrebbe generare un segno negativo per l’incoming turistico italiano, con una contrazione della spesa turistica di ben 4,5 miliardi di euro, pari a circa il 5% del P.I.L. di cui il 70% in Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia. 

Inoltre, l’ipotesi di base è che i viaggiatori che risiedono in paesi dove ci sono stati casi di coronavirus, spinti da sentimenti di paura e timore, continueranno a cancellare prenotazioni e limitare gli spostamenti anche dopo l’emergenza.

La sindrome da contagio, alimentata anche da scarsa e inadeguata informazione, rischia di produrre ricadute devastanti su gran parte dei sistemi turistici regionali.

Le pandemie nell’era dei social hanno pesanti effetti mediatici sull’immagine e la attrattività di un Paese.

Basta poco e crolla la domanda.

Territorialmente, subiranno le principali ricadute le destinazioni turistiche strutturalmente più apprezzate dai turisti internazionali, primi fra tutti cinesi, americani, tedeschi e inglesi.

L’impatto di questo scenario economico sul Made in Italy potrebbe essere difficilmente superabile dalle imprese italiane, soprattutto le più piccole, che costituiscono oltre il 95% del nostro tessuto produttivo, con ricadute pesanti non solo sui fatturati, ma sulla stessa occupazione in termini strutturali.

Siamo in una situazione emergenziale e servono, per questo, misure emergenziali.

Prima di addentrarci nella formulazione di proposte, bisogna sottolineare che, per reperire i fondi necessari a coprirne i costi, si dovrebbe utilizzare canali di finanziamento alternativi a quelli solitamente sfruttati, per esempio, risorse europee, relative alla programmazione 2014-2020, che ad oggi non risultano ancora spese, in tal senso urge un monitoraggio immediato.

Inoltre, sempre nell’ottica di un migliore utilizzo di risorse già esistenti, bisogna che il Governo riveda la nuova Programmazione 2021-2027, pianificando, almeno per il biennio 2021-2023, interventi specifici destinati a sostenere il sistema produttivo italiano, con un particolare focus sui settori Turismo e Cultura, con una rinnovata attenzione alle piccole e medie imprese che da sempre hanno difficoltà ad accedere a questa tipologia di risorse e che, invece, rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi economica.

Infine, il covid 19 è l’occasione per modificare Accordi di partenariato e regolamenti comunitari, che ingessano la spesa dei Fondi UE assegnati ad ogni singolo Paese.

Non si tratta di poter fare più deficit, che comunque genera debito per le generazioni future, ma avere l’adeguata flessibilità di risorse già programmate in contesti ordinari. 

Federterziario e Federterziario Turismo, propongono pertanto le seguenti misure:

  • la sospensione i pagamenti di tasse, contributi, Iva e tutte le cartelle esattoriali almeno per i prossimi 3 mesi con recupero a partire dal 1° gennaio 2021;
  • il temporaneo azzeramento delle sanzioni per i ritardati pagamenti di cartelle erariali;
  • sospensione dell’utilizzo degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per il 2020, in considerazione dell’impatto negativo dell’emergenza sui bilanci d’impresa;
  • l’estensione della Cassa Integrazione in deroga a tutte le aziende, anche quelle con un solo dipendente;
  • il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa;
  • lo slittamento dei pagamenti di mutui e finanziamenti, con contestuale attivazione di un dialogo con il sistema bancario che porti all’adozione di misure in grado di concedere liquidità e prospettive alle imprese del settore turismo;
  • sospensione segnalazione automatica nella banca dati Crif;
  • la riduzione delle tasse di ancoraggio nei porti; 
  • azioni di promozione e rilancio del Made in Italy e dell’offerta turistica e culturale, anche attraverso iniziative di sostegno della domanda interna, quali il riconoscimento di detrazioni fiscali per le spese sostenute per viaggi e soggiorni presso strutture ricettive italiane.

Con la proposta della Commissione europea di sospendere di fatto l’applicazione del patto di stabilità con gli impegni di consolidamento di bilancio relativi per fronteggiare la crisi del coronavirus e la recessione ormai in arrivo, viene fatto un passo del tutto inedito: finora era stata usata solo la flessibilità sugli obiettivi di bilancio caso per caso.

Ora tocca ai ministri finanziari dare il via libera.

E, soprattutto agire di conseguenza, e qui inizieranno un mare di problemi…

 




I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

Facile criticare, in questo momento è fin troppo facile muovere critiche al governo ed a chi lo presiede, sono d’accordo, ma sarebbe anche un momento pericolosamente antidemocratico non farlo.

Facile adesso fare dietrologia, ma è difficile dimenticare la grave sottovalutazione fatta dal governo del fenomeno covid19, e la spavalderia con cui si sono dichiarate eccellenze sanitarie e preparazioni intoccabili giusto solo a fine gennaio 2020.

Difficile dimenticare come questo governo nei sui vertici bollava come semplice malattia, meno pericolosa dell’influenza, questa ormai pandemia mondiale, difficile in ogni caso non valutare come tutti i governi abbiano distrutto la sanità negli ultimi anni, sull’altare del pareggio di bilancio europeo.

Giusto? sbagliato? ad oggi sembrerebbe sbagliato!

Certo chi immaginava una pandemia mondiale?

Ebbene meraviglia delle meraviglie, Noi!

Proprio così, Noi avevamo, abbiamo, un piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, già dal lontano 2006.

Infatti nel 2006 a pagina 6 si diceva:

L’obbiettivo del piano e rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da:
1. identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia.
2. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia.
3. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e assicurare il mantenimento dei servizi essenziali.
4. Assicurare una adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla pandemia.
5. Garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i media e il pubblico.
6. Monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi.
Le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano sono:
1. migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica.
2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica, profilassi con antivirali, vaccinazione).
3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi.
4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere la funzionalità dei servizi sanitari e altri servizi essenziali.
5. Mettere a punto un piano di formazione.
6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione.
7. Monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le capacità/risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; il  monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando e analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.
L’operatività del Piano sarà valutata con esercitazioni nazionali e regionali, cui parteciperanno tutte le istituzioni coinvolte in caso di pandemia.
Il presente Piano è suscettibile di periodiche revisioni, al cambiamento della situazione epidemiologica.

Quindi lo sapevamo benissimo che poteva succedere!!!

ed addirittura dicevamo:

1] Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione

Per contenere gli iniziali focolai nazionali attribuibili a virus pandemico e ridurre il rischio di trasmissione vanno adottate:
– misure di sanità pubblica quali la limitazione degli spostamenti, l’isolamento e la quarantena dei casi e dei contatti
– strategie di utilizzo di farmaci antivirali sia come profilassi che come terapia
– strategie di vaccinazione.

 

2] Misure di sanità pubblica

Gli interventi di sanità pubblica che possono risultare efficaci per limitare e/o ritardare la diffusione dell’infezione sono basati sulla riduzione dei contatti tra persone infette e persone non infette, e/o sulla minimizzazione della probabilità di trasmissione dell’infezione in caso di contatto attraverso comuni norme igieniche e misure di barriera (per esempio dispositivi di protezione individuale, DPI).

Fasi interpandemiche (fasi 1-2) ovvero non appena si viene a conoscenza dell’individuazione di casi infetti:
1) informazione sanitaria della popolazione per promuovere l’adozione delle comuni norme igieniche, che includono:
lavarsi spesso le mani
pulire le superfici domestiche con
normali prodotti detergenti
coprirsi la bocca e il naso quando si
tossisce o starnutisce
2) adozione di misure per limitare la trasmissione delle infezioni in comunità (scuole, case di riposo, luoghi di ritrovo), quali evitare l’eccessivo affollamento e dotare gli ambienti di adeguati sistemi di ventilazione
3) preparazione di appropriate misure di controllo della trasmissione dell’influenza pandemica in ambito ospedaliero:

a) approvvigionamento dei DPI per il personale sanitario

b) controllo del funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione
c) individuazione di appropriati percorsi per i malati o sospetti tali

d)censimento delle disponibilità di posti letto in isolamento e di stanze in pressione negativa (terapia intensiva, camere ad ossigeno etc.)
e) censimento delle disponibilità di dispositivi meccanici per l’assistenza ai pazienti (respiratori).

Quindi, pur sapendo già cosa e come sarebbe successo, non abbiamo limitato subito gli spostamenti, non abbiamo innalzato i controlli alle frontiere, non abbiamo dotato le strutture di dispositivi di protezione individuali (mascherine, guanti, camici) non abbiamo ampliato le terapie intensive, non abbiamo predisposto opportuni piani per l’acquisizione di strumenti per l’assistenza ai pazienti, ma in compenso dal 2006 ad oggi abbiamo tolto più di 40.000 tra medici ed infermieri e fatto tagli per oltre trenta miliardi alla sanità pubblica.

Certo tutto questo non è colpa dell’attuale governo ma di tutte le forze politiche che si sono succedute in quel posto, e di cui oggi Conte eredita tutte le colpe.

Certo tutto questo è frutto dell’ottuso modo di essere in Europa che abbiamo tenuto negli anni.

Per cui sicuramente non per dolo ma per ruolo il nostro premier deve essere criticato.

Una critica che ci deve far riflettere su tutti gli errori del passato che oggi sono palesi, e non dobbiamo cantar vittoria perchè sono stati tolti i limiti del patto di stabilità, perchè questo ci permetterà solo di far sprofondare il paese in un rosso finanziario ancora più profondo, inoltre il tutto avrà un qualche valore solo se la BCE interverrà acquistando titoli di stato.

Si salverà forse qualche impresa, ma non certo l’Italia.

Oggi più che mai i Conte europei non tornano, ma davvero pensiamo che la Germania non ha i suoi piccoli falsi in bilancio che le cambiano i ratios? Ma tutti i finanziamenti alle imprese tedesche non “dichiarati” in bilancio all’europa?

E di fronte ad una Pandemia mondiale perchè l’Europa ha così paura ad esporsi? forse che salteranno fuori altarini che hanno coperto altri piani? forse che l’Italia si è svegliata dal quel sogno da principessa e si accorge pian pianino che in realtà era la cenerentola senza principe azzurro, o comunque il principe azzuro promesso in realtà era il cacciatore che doveva ucciderla strappandole il cuore?

Non è che tutto questo rincorrere un pareggio di bilancio con inflazione sotto il 2% altro non era che il modo di gestire masse di capitali a favore dei soliti ignoti?

Stiamo esagerando, pensando male? forse si ma a pensar male si pecca, ma la si azzecca.

 

 

 

 

 

 

Alleghiamo per una vostra lettura il piano pandemico, ad oggi molto attuale.

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Covid19, un nuovo futuro.

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Coronavirus: andrà tutto bene?

 




Il primo bene di un popolo è la sua dignità

“Per manipolare efficacemente il popolo, è necessario convincere tutti che nessuno li sta manipolando.” J.K. Galbraith

 

Come milioni di italiani, inchiodati davanti alla tele, ho appena ascoltato le ultime, ennesime, restrizioni alla nostra libertà, in nome del rispetto e della tutela del bene più prezioso, la vita, la vita di ognuno di noi.

Sempre più avanza la morsa del controllo e della punizione.

Tutto giusto, quasi lecito sul piano etico e legale sul piano giuridico, anche considerando che chi fa le leggi oggi sono loro.

Io, però, non ci credo più che andrà tutto bene.

E men che meno, da domani, canterò l’inno d’Italia.

Perché non solo sta andando sempre più tutto peggio, ma perché insieme ai morti, stiamo portando via la verità.

Le file di camion militari piene di salme dei miei concittadini bergamaschi, ci sfilano davanti agli occhi e gridano, nel silenzio attonito di una città in ginocchio, gridano vendetta.

Ma urlano anche, dentro ognuno di noi, se ancora abbiamo una coscienza personale e collettiva.

Ogni nuovo morto ci obbliga a prendere atto che stiamo morendo tutti, indistintamente, diventando, sempre più, un popolo bue.

Non posso sopportare che quegli uomini e donne che hanno fatto da cavia in questa emergenza, finiscano in un pugno di cenere.

Quel pugno di cenere, che giorno dopo giorno, ci viene lanciato negli occhi, attraverso i media per avanzare a tentoni.

E per scatenarci, l’uno contro l’altro, nella caccia alle streghe o nella guerra agli untori.

La strategia applicata è quella di colpevolizzarci per dominarci.

Anche adesso, ci dicono “il problema lo stai provocando tu, sempre di più, ogni volta che non rispetti le regole”.

É una strategia che sta funzionando anche in questo periodo, nella fase più critica dell’epidemia prodotta dal coronavirus.

L’epidemia ha un’unica verità: questi morti sono sì deceduti per covid 19, ma la loro vera condanna a morte risale a tutti gli inganni della dottrina liberista.

Un esempio per tutti? Il nostro sistema sanitario.

Un sistema sanitario come quello italiano, fino a un decennio fa, era tra i migliori al mondo.

Poi è stato fatto precipitare sull’altare del patto di stabilità: tagli da 37 miliardi complessivi e una drastica riduzione del personale (-46.500 fra medici e infermieri), con il brillante risultato di aver perso più di 70.000 posti letto.

Solo per quanto riguarda la terapia intensiva, così drammaticamente attuale, siamo passati dai 922 posti letto, ogni 100mila abitanti nel 1980, ai 275 nel 2015.

Tutto questo dentro un sistema sanitario progressivamente privatizzato e, quando anche pubblico, sottoposto ad una torsione aziendalista con l’ossessione del pareggio di bilancio.

La prova inconfutabile è data dalla Lombardia, considerata l’eccellenza sanitaria italiana e ora crocifissa da un’epidemia che, nella drammaticità di queste settimane, ha dimostrato l’intrinseca fragilità di un modello economico-sociale interamente fondato sulla priorità dei profitti d’impresa e sulla preminenza dell’iniziativa privata.

Può un popolo mettere in discussione questo modello, con il rischio che, con effetto domino, l’intero sistema della dottrina liberista crolli?

Dal punto di vista dei poteri forti, è inaccettabile.

Meglio che il popolo resti bue e vada nella direzione voluta dal potere e dai media.

Ed ecco scattare la fase della colpevolizzazione dei cittadini.

Sono i cittadini che sbagliano, che non rispettano le regole, che propagano il contagio.

Forza, facciamo scendere in campo l’esercito, puniamo con pene esemplari.

A nessuno viene il dubbio che le pene esemplari dovrebbero essere inflisse a chi ci ha portato a questo sfacelo?!?

Perché, di sicuro, i primi untori, sono stati coloro che hanno voluto questo nostro sistema sanitario italiano.

Questa nostra sanità, de-finanziata e privatizzata, che non può funzionare senza risorse umane e mezzi tecnici adeguati.

E cosa dire di quei folli decreti che, fino a stasera hanno tenute aperte le fabbriche (e addirittura hanno incentivato la produzione con un bonus per la presenza sul lavoro), ma, al contempo, hanno ridotto i trasporti congestionando di più le presenze fisiche sugli stessi?!?

Così, per settimane, le aziende ed i trasporti hanno continuato a fare propagare il virus.

Ma evidentemente, la colpa è del cittadino irresponsabile che si comporta male, uscendo a passeggiare o a fare una corsa al parco.

Ogni giorno il messaggio che passa è LA COLPA E’ TUA .

Sei tu, cittadino vergognoso che continui a boicottare un sistema di per sé efficiente.

Questo attuale, ma antichissimo, meccanismo di colpevolizzazione è molto potente.

Paradossalmente, c’è da sperare che funzioni, almeno quello!

E dovrebbe funzionare perché si intreccia con il bisogno di ognuno di noi di dare un volto ad un nemico invisibile.

Ecco perché indicare un colpevole, L’IRRESPONSABILE, costruendogli intorno una campagna mediatica che non risponde ad alcuna realtà evidente, almeno nei numeri.

Anche se c’è stata la fuga dalla Lombardia, ma chi è stato il folle che ha diffuso la bozza del decreto, come è possibile che una superficialità del genere in un momento del genere sia avvenuta?????

Non era ovvio che dopo un bombardamento mediatico così aggressivo e terrorizzante potesse succedere una fuga dall’epidemia???

Scarichiamo proprio tutte le responsabilità sul popolo, perché così, il popolo bue non si ribella, o per lo meno, scarica sull’untore la rabbia crescente per il prolungamento delle misure di restrizione.

Un popolo libero, intelligente e consapevole potrebbe davvero rivoltarsi sul piano politico.

Potrebbe davvero scatenarsi con una rabbia furiosa contro quel modello che ci ha costretto a competere fino allo sfinimento senza garantire protezione ad alcuno di noi.

Ed allora io resto a casa.

E mi comporto bene.

Ma se lo faccio è solo per onorare la morte di chi ha dato la vita, e per rispettare chi è in prima linea.

Andrà tutto bene non esiste, continuerà comunque ad andare tutto peggio.

A meno che, non guardiamo in faccia la realtà.

E pur continuando a seppellire i morti, prendiamo coscienza di quello che sta succedendo, di quello che ci hanno fatto e che ci stanno ancora facendo.

E quando avremo toccato il fondo, teniamocelo ben stampato in fronte e marchiato nel cuore.

MAI PIU’ POPOLO BUE, e nemmeno complice…

“I popoli non dovrebbero avere paura dei propri governi, ma sono i governi che devono aver paura dei propri popoli.” T. Jefferson

 




Lista dei contagiati per proteggere il paese

Lista dei contagiati: la richiesta al capo del governo di due avvocati siciliani.

“oggetto: riflessioni tecniche sulla necessità di una banca dati COVID-19, di ampio accesso”
così si intitola una lettera inviata da due avvocati Siciliani al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

 

Loro sono Andrea Caristi e Francesco Savasta e da avvocati dei cittadini cercano un dialogo con l’avvocato degli italiani.

La richiesta ha a che fare con la creazione di una banca dati che riporti l’elenco aggiornato dei positivi al virus.

“una banca dati COVID-19, nella quale possa essere accessibile, con le dovute cautele, l’elenco dei soggetti contagiati o potenzialmente contagiati, articolato secondo le ASL di competenza, su tutto il territorio nazionale”.

Le cause

I due avvocati si fanno portavoce di una esigenza popolare: la percezione dal pericolo indotto da positivi sprovveduti che infrangono i dettami ministeriali rischiando così di espandere il contagio con la complicità involontaria di chi, inconsapevolmente, interagisce con essi.

Il periodo del contagio è una emergenza reale e dare a tutti la possibilità di essere coscienti del contesto in cui ci si muove, è un gesto civile volto al benessere comune.

Si legge infatti nella lettera

“Immaginiamo che un soggetto possa avere avuto contatti con una persona affetta dal COVID-19, che ella si sia ammalata, ma abbia omesso di informare (anche per mera dimenticanza) tutti coloro che abbiano avuto con lui contatti diretti, e nessuno del personale medico o paramedico lo abbia fatto, nell’ambito delle indagini susseguenti. Tutte le relazioni interumane, come noto, sono fonte di potenziale contagio. Essere ignari rende la cosa di una certa gravità”.

Essere ignari rende la cosa di una certa gravità.

Ovviamente molte persone riconosciute positive, spinte da giusta civiltà, si sono preoccupate di informare i conoscenti in modo da spingerli naturalmente verso maggiore attenzione.

Antefatto.

Alcune di esse, però, per dimenticanza o malafede non lo hanno fatto.

A questo proposito viene preso ad esempio il noto caso avvenuto presso il comune di  Santa Marinella (ROMA) ove un soggetto positivo e in quarantena ha informato del contagio dopo più di 10 giorni un amico che aveva incontrato e sicuramente contagiato,.

“Il soggetto positivo e in quarantena ha diffuso per caso l’informazione all’altro (di essere positivo al coronavirus) soltanto nella tarda serata dell’8 marzo u.s., durante una telefonata di cortesia, fatta per altri motivi. Alla domanda: da quanto lo sapevi? Egli ha risposto: dal 26 febbraio u.s., appena 4 giorni dopo l’incontro, ma 16 dal dies a quo”.

Ciò vuol dire che l’amico avrà sua volta rischiato di contagiare decine di persone incontrate durante quel periodo.

Se l’amico avesse potuto avere accesso a una lista dei contagiati, avrebbe potuto verificare tempestivamente a sua volta il proprio stato di salute.

Estremi giuridici

La decisione è molto delicata e richiede una riflessione attenta.

Si potrebbe dire, leggendo la lettera, che la creazione di una lista pubblica di contagiati non potrebbe essere accettabile per via della legge sulla privacy.

L’avvocato Caristi, esperto dell’argomento, assieme al collega Savasta sottolineano come L’art. 9, lettera I), del Regolamento UE 679/16 consenta che i dati personali dei cittadini vengano trattati  e comunicati in caso di “motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica quali la protezione da gravi minacce per la salute”. 

L’intento di questa proposta, si legge nella lettera, è 

“Contribuire al contenimento del contagio, in qualunque modo o forma”.

Conclusione

La lettera di conclude con la dichiarazione di vantaggio dell’operazione

“La banca dati-COVID 19, a nostro giudizio, solleciterebbe già di per sé, comportamenti virtuosi andando nella direzione di un rafforzamento delle responsabilità personali e approdando, in definitiva, alla vie auspicate dall’O.M.S.: estensione dei monitoraggi e prevenzione generale.

In questo senso, essa potrebbe inoltre costituire un valido ausilio a livello territoriale per monitorare il mancato rispetto dei divieti imposti alle persone sospette o malate in quarantena nonché, in ultimo, per monitorare i soggetti guariti, per via del potenziale riaffacciarsi del virus (ove lo stato della tecnica non escluda con certezza la recidiva)”.

Pro e contro

Purtroppo l’istituzione di una lista di questo genere ha tanti pro quanti contro:

Se da un punto di vista giuridico non fa una piega, dal punto di vista sociologico potrebbe riservare dei problemi.

Volendo fare una prima lista di pro e contro vengono fuori le seguenti idee

pro: 

  • chi ha contrato il virus non dovrà preoccuparsi di avvisare tutte le persone con cui è entrato in contatto.
  • Con l’esistenza della lista nessuno potrà seguire comportamenti irresponsabili.
  • Sapere esattamente chi ha il virus e chi no, stronca le dicerie da pianerottolo.
  • Controllo di eventuali recidivi.
  • Ausilio nel monitoraggio dei divieti.

Contro:

  • una lista del genere potrebbe generare una sorta di odio sociale all’interno della comunità generando oltre alle consigliate e doverose cautele della quarantena una ulteriore ostilità che peggiorerebbe la vita della comunità.
  • Un ulteriore sforzo burocratico su un sistema già saturo: l’elenco dei contagiati, dovrebbe essere costantemente aggiornato inserendo i nuovi contagiati e togliendo i guariti o i deceduti
  • Il panico nella gestione di eventuali errori.
  • Rischio di una moderna caccia all’untore.
  • Precedente che distruggerebbe irrimediabilmente la già debole garanzia di privacy.

E chi legge è pro o contro e perché?

 




sdidatticamente parlando e non solo

Prendo spunto dall’articolo che abbiamo pubblicato qualche giorno fa, sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza, della nostra cronista Antonella Ferrari professoressa in una secondaria di primo grado per fare alcune riflessioni con la calma necessaria.

La didattica digitale ha dimostrato chiaramente che non eravamo preparati, inutile alzare muri di orgoglio nazionale o locale, non lo eravamo ed ancora non lo siamo.

Il Paese non era preparato, le infrastrutture sono comunque non all’altezza, in alcuni territori non esiste fibra ottica, le connessioni non reggono, il wifi è scarso, le linee telefoniche sono inadeguate, in altre zone invece tutto bene tutto funziona.

In alcune zone esistono scuole che da anni hanno sperimentato sistemi di didattica digitale in altre è già bello se ci sono i computer o i tablet, alcune scuole hanno avuto i soldi per potersi adeguare altre no, in alcune zone i comuni e le regioni o provincie hanno fatto investimenti in altre no.

Ci sono professori che sanno di cosa parlano altri no, ci sono i maghetti superfighi e quelli che “ma manco se me pagano”, ci sono professori che sanno cos’è edmondo e professori che pensano che sia un attore argentino (che peraltro è un nome di origine anglosassone).

Non fraintendetemi, hanno ragione i professori, nessuno gli aveva detto prima che dovevano imparare perfettamente la didattica digitale  e le piattaforme collegate, nessuno ha impostato un progetto nazionale di trasformazione della didattica verso un impianto digitale.

Non mi dite che non è vero perché altrimenti non saremmo in questa situazione, al limite se c’era è clamorosamente fallito, alla prova dei fatti.

Nemmeno le scuole hanno avuto negli anni i soldi per poter avviare progetti in tal senso (alcune si ma molto poche) e non parlatemi dei PON, perché con quelli si sono utilizzati soldi per i progetti più disparati ma a pioggia e senza costrutto nazionale.

Un progetto di didattica nazionale a distanza, non la giungla che troviamo adesso, richiede alcuni elementi minimi:

la scelta di una piattaforma di riferimento (assurdamente il ministero ne ha consigliate tre o quattro)

un processo organizzativo uguale per tutti (oggi i professori sono tutti volontari)

la formazione dei docenti sulle tecnologie (mai avvenuta se non per volontà del singolo)

la riscrittura del patrimonio didattico in chiave digitale (i set informativi digitali non sono la stessa cosa di quelli utilizzati per la didattica frontale)

Nessuno di questi punti è presente oggi.

La didattica digitale non è mandare i pdf via skype o fare la lezione frontale tradizionale in video conferenza, queste sono grandi falsi ideologici, al limite strumenti dell’emergenza, ma non servono nemmeno come palliativo alla mancanza della scuola intesa come dimensione educante.

La Scuola è una dimensione insostituibile perché contiene un elemento che il virtuale non può sostituire contiene la gestione relazionale uno a molti, dimensione che non può essere demandata ad uno switch di videocamera.

Non solo, la Scuola contiene moltitudini, comportamenti, autonomie, responsabilità, immediatezza, praticità, contatto, che nessun mondo virtuale può sostituire.

Ma anche comprendendo l’emergenza, non possiamo perdere questo punto di vista, che riporta la scuola oggi al centro più che mai nella formazione delle nuove generazioni.

Nonostante tutto la didattica a distanza oggi è l’unica soluzione per cercare di mantenere legati gli alunni alla scuola.

Ma non ha funzionato benissimo, molti alunni sono persi e molti altri sono avatar del loro genitori, che sono stati buttati nel pozzo del digitale.

Quindi abbiamo scuole e didattiche a strati, chi riesce benissimo, chi riesce benino, chi non ci riesce, chi attua forme di trasferimento pdf, chi invia compiti via sms.

Questa è la tragedia vera come Stato, non stiamo dando a tutti i ragazzi le stesse opportunità.

Chi ha il professore maghetto o la scuola attrezzata usa piattaforme fantascientifiche, chi invece no deve stampare i compiti pdf che riceve, fotografarli e mandarli via telegram al docente.

Non è colpa di nessuno (magari invece sì), ma la situazione è questa.

La stessa idea del bonus docenti, che si e rivelata anch’essa fallimentare, poteva essere veicolata verso un progetto serio di didattica innovativa dando i soldi alle scuole con indicazioni chiare.

Situazione che inevitabilmente sta allontanando i genitori dalla scuola, perché cari professori, i genitori non fanno il mestiere di professori, sono a casa e devono seguire i loro ragazzi, vero, ma magari devono anche lavorare al computer, fare la cena ed il pranzo, gestire una situazione che spaventa un poco tutti.

Non pensate che il vostro mestiere sia mandare quintali di compiti o di videolezioni con l’idea che tanto sono a casa, probabilmente oggi serve più un contatto umano, qualche domanda simpatica in video, di certo non è utile esasperare i genitori, perché alla fine temo che l’esame di fine anno lo dovrete fare a loro.

Ritengo che questo momento del paese abbia alcune considerazioni fondamentali da tenere come punti fermi:

abbiamo bloccato in casa famiglie intere che prima si vedevano tre, quattro ore al giorno.

c’è una pressione psicologica dei mass media, giustificata dall’emergenza, ma che non può essere sottovalutata.

stiamo costringendo gli individui a vivere in pochi metri quadri, la frase leone in gabbia dovrebbe farci pensare.

la paura è un compagno continuo del popolo, ed un popolo che ha paura non sempre è razionale.

Tutto questo è dentro nella rabbia dei genitori che ulteriormente esplode quando non riescono a capire cosa fare per i loro figli.

Analizziamo inoltre un pochino il fine anno.

I sistemi on line che si stanno utilizzando non possono permettere una valutazione effettiva dei risultati in quanto non sono certificati, quindi quest’anno sarà impossibile valutare gli alunni sull’ultimo quadrimestre, forse è opportuno pensare di cristallizzare i risultati al primo ed avviare corsi intensivi a settembre per tutti.

Sarà obbligatorio il sei politico, perché qualsiasi bravo avvocato in questa situazione sarà in grado di far riammettere qualsiasi bocciato.

Ma soprattutto a settembre, speriamo, la scuola dovrà riaccogliere i suoi pulcini spaventati, sbandati e sicuramente un poco più ignoranti di prima e ridare la sensazione di essere parte di un paese vero, non virtuale, sicuro non infetto, dovrà garantire alle famiglie che ci sarà ancora un futuro per tutti.

La scuola avrà, come sempre, un ruolo importantissimo.

E forse finalmente avremo capito che dobbiamo cambiare come popolo, dobbiamo capire meglio chi siamo e con chi siamo, gli errori fatti nel passato, le quantità pazzesche di soldi buttati dalla finestra e riavviare progetti in linea con il futuro, che, come abbiamo visto, non è mai certo.

Quando usciremo da questa crisi non saremo più gli stessi, non avremo più lo stesso benessere, non avremo più la stessa fiducia, quasi spavalda, dei nostri mezzi, ma certamente saremo più italiani di prima, e questo è sicuramente un grande vantaggio.