SOCIALITA’ Ed AUTORITA’

 

Il dinamismo associativo

 

La vita associativa è costituita da relazioni permanenti di convivenza e collaborazione nell’ambito di una comunità, in ordine al conseguimento dei fini specifici diversi nelle diverse comunità: comunità domestica per la propagazione della specie e l’integrazione psico-somatica, spirituale e giuridica della coppia umana e della prole; comunità civile e politica, per il bene e benessere temporale; comunità religiosa per il bene spirituale ed eterno.

La società è una comunità in cui tali relazioni trovano una adeguata strutturazione e organizzazione di servizi sulla base del diritto che fissa e distribuisce compiti, doveri, oneri, benefici, per garantire e promuovere l’ordine sociale.

Vi è infatti un dinamismo evolutivo delle relazioni umane che dà luogo alle varie forme associative (o aggregati sociali), definite dai sociologi in base alla diversità della loro costituzione e dei fini a cui tendono. Si distinguono così:

a) folla: aggregato ordinato ma senza avere relazioni tra i suoi componenti e senza uno scopo ben determinato per tutto l’insieme; esso non adempie una funzione particolare ma semplicemente occupa uno spazio fisico: unico elemento di unione, di compattezza, può essere costituito da un grado elevato di emotività;

 

b) massa: aggregato disorganizzato e discontinuo, che può diventare una sistematica combinazione di gruppi e persone (classe, società), ma intanto è una composizione eterogenea di individui, non istituzionalizzata, non strutturata, nella quale i singoli componenti tendono ad azioni e posizioni di natura individualistica;

 

c) gruppo: collettività identificabile, strutturata e permanete, nella quale le singole persone svolgono con reciproco interesse dei ruoli che seguono norme e si ispirano a valori sociali per conseguire fini comuni;

 

d) comunità: gruppo omogeneo di persone che sono in mutua relazione su un determinato territorio o in base ad altri vincoli permanenti (nazionalità, spiritualità, religione, oltre a quelli familiari) e che si servono di mezzi comuni per il perseguimento dei fini comuni;

 

e) società: collettività organizzata e giuridicamente costituita di persone che vivono insieme su di un comune territorio o si uniscono secondo altri vincoli permanenti, e cooperano mediante i gruppi che compongono nel loro dinamismo evolutivo per soddisfare i loro bisogni sociali fondamentali, così da formare una nuova e superiore.

Si può fare anche una ulteriore classifica degli aggregati sociali fondata sulla forma psicologica dei legami dei gruppi: gruppi fortuiti (folla, pubblico ecc.); gruppi naturali (famiglia, clan, nazione ecc.), gruppi di somiglianza psicologica (classi, partiti, professioni ecc.), gruppi di interesse (Stato, società, sindacati, corporazioni, organizzazioni professionali ecc.), gruppi di ideale (religione, cultura, sollievo ecc.).

 

COMUNITA’ E STRUTTURA SOCIALE

 

La comunità nasce per impeto spontaneo intorno a valori comuni, che quasi istintivamente vengono abbracciati, sentiti, cercati. Sorgono così la famiglia, che nasce da un impulso di armonica integrazione di qualità e esigenze diverse di ordine fisico, psicologico, morale; la nazione che si forma per il bisogno di salvaguardare e incrementare certi valori comuni, quali la lingua, la razza, la cultura, la religione ecc., a cui sono legate molte persone che intendono vivere insieme e coordinare la loro attività in ordine a quei valori; la comunità religiosa – o chiesa – in cui i credenti si associano per il raggiungimento dei valori comuni etici e spirituali in vista del fine ultimo, il bene eterno, sulla base di una dottrina che abbracciano con fede.

Per raggiungere i propri scopi e affermare i valori che le premono, la comunità ha bisogno di strutturarsi, incrementando e disciplinando così le attività che concernono tali valori, per tradursi in bene comune, fine ultimo della vita associativa.

 

L’ AUTORITA’ COME PRINCIPIO UNIFICANTE

 

Ogni struttura implica un principio unificante, un punto di consistenza della sua unità Ogni “tutto” organico ha bisogno di un principio generico e ordinativo di tutte le sue parti.

Nella vita associativa tale principio è l’autorità, come forza morale che nelle comunità più grandi prende forma giuridica per disciplinare le attività poste liberamente nella vita associativa in ordine al bene comune. Le azioni individuali si disperderebbero e forse anche si annullerebbero mutualmente, ne potrebbe esservi convivenza umana, se non ci fosse una guida superiore che indirizzi tutti ad uno scopo unico: appunto l’attuazione del bene comune.

In realtà la comunità esiste solo quando tutto il complesso molteplice e vario di energie tendenti ad un unico fine riceve una sua strutturale, organica e dinamica unificazione da un principio direttivo capace di realizzare e garantire quelle generali condizioni di ordine e di socialità nelle quali i singoli possono operare per raggiungere con dignità di persone e solidarietà di gruppo la loro finalità.

 

LE FORME DI ATTUAZIONE DELL’ AUTORITA’

 

L’ autorità svolge la sua funzione di propulsione, coordinazione e regolazione dell’attività sociale mediante le leggi e il governo. Essa interviene in tutto lo svolgersi della vita economica, sociale, culturale per garantire l’ ordine, favorire la libertà, impedire lotte, sopraffazioni e torti reciproci, favorire l’equilibrio nel rispetto dei diritti e nell’adempimento dei doveri, per orientare e sostenere gli individui e i gruppi, secondo i loro bisogni e le loro legittime aspirazioni, verso la perfezione da raggiungere non solo nell’ambito dei beni economici ma anche e soprattutto di quelli spirituali ( cultura, moralità, religione)..

L’ azione sociale ordinata e coordinata secondo le leggi per raggiungere il bene comune, è la politica intesa nel suo senso più comune.

Ma si noti: le norme date per lo svolgimento dell’attività sociale in ordine al bene non attraggono talmente i membri della società da ottenere infallibilmente il giusto adempimento dei loro doveri.

Inoltre è inevitabile che sorgano contese intorno all’ entità, all’ estensione e al rapporto dei doveri e dei diritti. In caso di inadempimento o addirittura di attività contraria al bene della società, scatta nei singoli e nella comunità un istintivo movimento che applica al comportamento sociale un giudizio di valore: la conformità alla norma è di solito connessa con l’approvazione dei propri simili, e la non conformità con la disapprovazione.

Però questo meccanismo non è sufficiente a ottenere l’adempimento, o a riparare l’ordine sociale violato con la trasgressione, e in ogni caso a conferire efficacia alle leggi, se queste non sono accompagnate dalla sanzione e quindi dal giudizio nei casi di lesione dell’organicità e dell’unità sociale mediante l’infrazione.

Questo è appunto l’effetto sociale della violazione delle leggi: essa sconvolge il fondamento stesso della vita associata; perciò la cura del bene comune esige che si facciano osservare le leggi e si puniscano i loro trasgressori per salvaguardare la consistenza della società, meglio ottenendo la coesistenza e lo sviluppo armonico delle libere attività individuali in ordine al bene comune.

Oltre a questa funzione di difesa sociale, la sanzione ha anche per i singoli nil valore di una pena per l’azione commessa; e più ancora la funzione pedagogica di educazione o rieducazione sociale e comunitaria.

Di qui la necessità dell’autorità giudiziaria nella società

 

L’ AUTORITA’ COME SERVIZIO AL BENE COMUNE

 

La funzione dell’autorità nella società è un servizio che tocca anche ni singoli cittadini, perchè li subordina alla legge, alle esigenze del bene comune, all’ ordine, e adegua la loro attività personale alla dinamica dello sviluppo sociale, ma vale soprattutto per la comunità come tale, che nel suo insieme deve essere retta e diretta in ordine al bene comune.

La direzione delle azioni sociali e il contenimento e la sanzione delle trasgressioni dei singoli; l’azione propulsiva delle capacità operative di tutti; la difesa e l’incremento delle libertà civiche sono compiti dell’autorità che si commisurano a finalità che concernono il bene di tutti.

Nel mondo moderno si è sempre meglio messa in luce la necessità di questo intervento dell’autorità come organo che contribuisce positivamente a promuovere, assicurare e sviluppare, nella tranquillità dell’ordine, il progresso morale e economico della società ben al di là di una semplice funzione di tutela dei diritti dei singoli e dello stato. Tutta la dinamica evolutiva della società deve essere interpretata, servita, favorita e canalizzata dall’ autorità, proprio per la sua natura di vice-gerenza del popolo e di servizio al bene comune.

In realtà il bene comune è la ragion d’ essere come della società così dell’autorità. L’ autorità è lo strumento principale di cui si avvale la società per raggiungere il suo fine, che è l’attuazione del bene comune. Di conseguenza il bene comune deve pur essere il fine dell’autorità. Esso è dunque anche il criterio della costituzione dell’autorità e del suo esercizio, della sua legittimità e della sua efficienza.

 

L’ AUTORITA’ COME MAGISTERO

 

L’ autorità in ordine al bene comune svolge anche una funzione di formazione e di guida morale delle persone umane.

E’ vero che il fine comune di per sè dovrebbe polarizzare gli intenti e le azioni dei componenti la società, i quali, per la loro stessa tendenza naturale alla socialità, dovrebbero sentire l’obbligo morale di adoperare i mezzi necessari per il conseguimento del bene comune. Ma per il contrasto che ogni uomo porta in sè, tra passione e ragione, e per le facili deviazioni e reazioni antisociali a cui porta la passione così spesso prevalente sui dettami della ragione, s’ impone la necessità dell’ autorità come organo che per mezzo del diritto cerca di orientare e di contenere le attività di tutti nel giusto ordine al bene comune, evitando ogni discriminazione arbitraria e favorendo l’ armonizzazione di tutti gli interessi, sicchè in questo modo è di aiuto anche alla realizzazione del valore morale dell’ azione libera, armonizzata con la disciplina secondo le esigenze del bene comune.

 

Don Walter Trovato




Ma chi vota più

Tanti Santi… all’Inferno, tanti Diavoli in Paradiso

Il vile attentato in Pennsylvania, miracolosamente fallito, contro il Candidato per i Repubblicani alla Presidenza USA, Donald Trump, ma che è costata la vita a Corey Comperatore eroico sostenitore del ex Presidente ed ex Capo dei Vigili del Fuoco, potrebbe, forse, aver fatto saltare i piani e gli obiettivi di quella parte avversa in USA, che già sembrava in forte difficoltà, e chissà, forse anche in Europa ed in Italia, tanto da sembrare nel panico totale.

Le dichiarazioni con effetto “retromarcia” contro la violenza, evidenziati da proclami di forte invito alla prudenza ed alla moderazione, espressi dall’instabile ma attuale candidato Democratico Biden, lungamente attese, lasciano trasparire, secondo molti osservatori, parecchia ambiguità ed ipocrisia.

Del resto proprio l’attuale Presidente Biden, non ha mai nascosto, pur se celate tra le innumerevoli gaffe, frasi irripetibili contro i suoi avversari, ed in particolare ultimamente contro Donald Trump.

Espressioni che, se pronunciate da altri, sarebbero state indicate come “istigazione all’odio”.

Frasi, spesso talmente violente, che hanno dovuto far lavorare parecchio gli uffici stampa della Casabianca per smorzarne i toni ed evitare finanche incidenti internazionali.

Siamo oramai al punto che, per certi comunicatori, sembra acclarato che l’odio, cui oggi Biden chiede di fermare, viene sempre da quella parte politica, definita, per convenzione, di destra.

Pur tuttavia, sempre più spesso ascoltiamo frasi, contro chi non è allineato al pensiero della sinistra, che giammai andrebbero proferite, come “uccidere un “fascista” non è un reato così grave.

Assistere quindi a questa richiesta di Biden di abbassare i toni della contrapposizione, in questa ultima fase della Campagna elettorale per la Presidenza USA, mancano pochi mesi al fatidico mese di Novembre, lascia tutti parecchio perplessi.

Risulta incomprensibile capire come mai alcuni, “sapientoni” siano arrivati al punto di mettere in dubbio la gravità di questo attentato, ritenendo addirittura che Il Presidente Trump si fosse fatto “sparare” per aumentare la sua possibilità di essere eletto.

Avvicinandoci poi ad i nostri territori, attraversando l’Oceano, quindi in Europa ed in Italia, diventa ancora più evidente quella ipocrisia del politicamente corretto, fortemente contestato dai cittadini, lascia trasparire odio contro chi è reso colpevole di essere di destra, confondendo di fatto i sentimenti di chi vorrebbe avere un quadro più chiaro e certamente più sereno.

Tralasciamo quelle incomprensibili teorie di autolesionismo, enunciate da fantastici “urlatori”, presenti sul web, noti “veicolatori” di discutibili verità, che forse servono ad istigare quelle masse che potrebbero illuminarsi ed abbandonare il pensiero unico, ma che in maniera subdola, vengono indirizzate verso l’odio contro le avverse parti politiche. Notiamo ancora, redattori di noti quotidiani che pur di attaccare ed istigare all’odio, non esitano a criticare una ovvia e DOVEROSA frase di chi CREDE, come: “è un miracolo se mi son salvato”.

Ma se in USA, il futuro DEM sembra essere incerto, in tanti si augurano perdente, diverso sembra essere il destino dell’Europa.

Non è un caso che dopo le elezioni per il parlamento Europeo, dove si è registrato un elevato astensionismo, specialmente in Italia, che ha favorito quei partiti fautori di quel Kaos, che sembra essere stato scientificamente programmato, come potremo leggere in un prossimo articolo, l’avvenuta e scontata riconferma della Presidente della Commissione Europea, Commissione che detterà le regole in Europa e di conseguenza anche in Italia per i prossimi 5 anni, sembra confermare come i Santi stanno all’Inferno ed i diavoli in Paradiso.

Sarà casuale la condanna della Stessa presidente per mancata trasparenza sui vaccini che la Corte UE ha emesso alla vigilia contro la Von der Leyen?

Come mai poco si è parlato di questa condanna?

Forse per non distrarre …

Infatti il risultato è stata: elezione a Presidente della Signora Von der Leyen.

Forse, eleggere condannati, sta diventando una “normalità”?

l’Italia docet?

Chissà, forse saranno trasformati i reati, anche quelli penali, in “atti” eroici? Con

Ci sarà pure la “Santa” approvazione di esponenti “vaticani”?

Come non ricordare il noto elemosiniere di Bergoglio, primo cittadino del Vaticano, Cardinal Konrad Kraiewski che nel maggio del 2019, indossando i panni da elettricista, ha rotto i sigilli al contatore di luce di un palazzo occupato in Via Santa Croce in Gerusalemme a Roma riallacciando la corrente Elettrica agli abusivi.

Strano che l’Esimio Cardinale non intervenga a dare ospitalità ad i numerosi senza tetto che ogni notte dimorano tra le colonne di San Pietro, proprio al Vaticano.

Magari facendo occupare la sua casa o la casa di chi si è fatta eleggere in Europa occupando case.

Tralasciando le recenti elezioni avvenute in Francia, di cui tanto si è discusso inutilmente in Italia, non avendo alcuna influenza, ma dove si è evidenziato che l’unico obiettivo di una “scadente” classe politica, non era il bene comune della popolazione, di cui nessuno ha parlato, ma la poltrona, che essendo occupata, non poteva essere resa libera e disponibile per altri, In Italia, tra astensionismo e propaganda ideologica, giammai si è’ parlato di programmi, e meno che meno di obiettivi.

Così per l’intera campagna elettorale si è cercato di promuovere chi era sottoposto a procedimento penale all’estero, per aggressione, oltre che in Italia, aver ricevuto varie condanne, tra cui l’occupazione abusiva di case.

Come accennato in precedenza, un ruolo importante lo hanno avuto i tanti “urlatori” del Web, “santificati” come esperti di regolamenti elettorali, che hanno convinto tanti elettori a disertare le urne.

Nemmeno a recarsi alle urne con l’intento di tenere alto il Quorum, ma proprio di “disertare”, quindi di non recarsi ad i seggi, adducendo che se fossero andati a votare meno del 50% … chissà cosa sarebbe dovuto accadere.

Cosi, Solo il 49, 7% degli aventi diritto al voto, si sono recati alle urne, il 9 e 10 Giugno 2024, contro il 56, 1% del 2019.

Ma cosa è accaduto?

Contrariamente a quanto sbandierato dagli “urlatori”, le sinistre, sia di destra che di sinistra, oggi si chiamano tutti centro, con grande caos democratico, hanno potuto eleggere la continuità del cambiamento che non cambia, gabbando il cittadino Italiano ed Europeo, che vedrà la continuità di quella presidenza di commissione Europea contestata dal popolo ma voluta da chi…

“Cambiare tutto per non cambiare nulla”

Indicative le parole del presidente di continuità, quando asserisce, nel suo discorso programmatico: “L’era della dipendenza dalla Russia è finita”, indicando l’era della dipendenza dai combustibili.

Forse è finita quella dipendenza, ma ne è cominciata qualche altra?

Magari agricola? Sanitaria? Ecologica? O meglio Green? Come ha voluto ribadire, indicando il 2040 per la riduzione fino all’90% delle emissioni… annunciando una legge che accelera la decarbonizzazione?

Parlare poi di pace, non parlandone o dicendo che per fare la pace bisogna imporre… sembra essere un altro spunto per riflettere.

Meglio concludere, non volendo fare un elenco che potrebbe divenire noioso e ripetere, magari impropriamente, l’essenza di un noto libro, “Il Mondo al Contrario”, contestato dai pochi urlanti ed apprezzato dai tanti del popolo, così da stabilire un vero e proprio record di vendite, che ha suscitato invidia a tanti …

Il ribadire “tanti Santi all’Inferno, tanti diavoli in paradiso” può dare spunto ad innumerevoli riflessioni.

Ettore Lembo




Ordo ab Chao et post Tenebras Lux

 

Ormai il disordine regna sovrano ovunque e, come sempre, la fine di un ciclo storico vede come protagonista la guerra.

Giovan Battista Vico ci ha lasciato uno schema molto convincente del come i cicli storici tendano a ripetersi.

 

Quando il mondo è in preda al caos vuol dire che è in atto una transizione da un sistema che si è usurato ad uno alternativo che ancora non si è stabilizzato.

In guerra non si confrontano solo gli eserciti ma soprattutto due visioni del mondo, chi vince la partita determinerà le regole della nuova società e dunque la visione del mondo che si instaurerà con tutte le nuove regole.

 

Per riuscire a orientarsi nel caos che si è andato producendo, passo dopo passo, nel tempo e per capire quale sia la strada che vogliamo intraprendere bisogna ricominciare proprio dalle origini.

 

Il dilemma eterno che abbiamo davanti e che da sempre è alla base dei conflitti è il seguente:

 

Chi mette ordine nel caos? Dio o l’uomo? Anche se questo sembra un discorso poco adatto nell’epoca moderna in realtà, anche nel XXI secolo, tolte tutte le sovrastrutture accumulate nel corso del tempo, si arriva sempre alla stessa matrice.

 

Per cercare di trovare un punto d’incontro condiviso è necessario partire proprio dalle origini.

 

Nel racconto biblico Dio mette ordine nel caos separando la notte dal giorno, il buio dalla luce, le terre dalle acque per poi procedere alla Creazione di tutte le cose animate e inanimate esistenti in natura.

 

Ecco un primo assunto: l’uomo non ha creato il mondo, lo ha trovato già fatto… Forse su questo possiamo essere tutti d’accordo, anche senza credere nell’esistenza di un Dio Creatore.

E questo universo in cui siamo immersi ha anche un suo ordine prestabilito, i pianeti ruotano secondo regole che non sono state dettato dall’uomo, la vita sulla terra procede secondo regole che non hanno bisogno dell’intervento dell’uomo…forse possiamo essere d’accordo anche su questo altro punto.

 

Ecco già due verità che nessuno potrà mettere in discussione: l’uomo non ha creato l’universo e questo segue delle regole che prescindono dalla volontà dell’essere umano.

 

All’idea di un Dio Creatore, frutto di un pensiero primitivo secondo alcuni, è stata contrapposta una ipotesi “scientifica” quella dell’Evoluzionismo darwiniano secondo la quale la vita sarebbe sorta per caso dal nulla e da quel momento, sempre seguendo la regola della casualità, tutto si sarebbe evoluto fino a costituire il mondo come lo vediamo attualmente.

Ma anche il pensiero evoluzionista non ha potuto sciogliere l’enigma di base e cioè come si sia sprigionata la scintilla della vita che, dunque, resta ancora nel dominio del mistero.

Nonostante questa iniziale fondamentale manchevolezza, è stato costruito attorno all’evoluzionismo darwiniano tutto un castello di ipotesi “scientifiche” che giustificherebbero non solo il passato, ma soprattutto sarebbero in grado di orientare il progresso futuro in base al volere dell’uomo.

 

Forse possiamo dire, come terzo punto fisso, che né il Creazionismo né l’Evoluzionismo sono in grado di dare le prove “scientifiche” dell’origine dell’universo e della vita, almeno a tutt’oggi.

Quindi si può affermare che non esiste nessuna scienza consolidata che possa imprimere il suo sigillo di verità sull’origine della vita e del mondo.

Con queste basi condivisibili possiamo dire che nel momento in cui si affronta un qualsiasi problema sarebbe opportuno cercare di prendere in considerazione il principio di realtà, e cioè che siamo privi delle conoscenze di base, quindi possiamo dire, socraticamente, che sappiamo di non sapere.

Anche le verità scientifiche faticosamente accumulate possono eventualmente essere smentite davanti a nuove scoperte che mettono in crisi le labili certezze raggiunte.

 

Anche se la narrazione biblica dell’uomo nel suo paradiso terrestre dove tutto era disponibile, tranne il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, sembra essere lontana anni luce rispetto al mondo moderno, in realtà a ben guardare si scopre che essa è viva e ben presente anche ai nostri giorni.

 

E’ un dato di fatto che la natura ha fornito agli esseri umani tutto quello di cui hanno bisogno per poter vivere e tramandare la vita su questa terra, ma qualcuno ha pensato che l’opera di Dio, o della natura per chi lo preferisce, potesse essere migliorata, operazione che però prevede dei costi.

Chi si adopera per migliorare la condizione umana si aspetta in cambio un guadagno.

 

Anche oggi gli esseri umani ignorano spesso i doni offerti da madre natura andando alla ricerca di artifici nella speranza di migliorare la vita e ciò avviene solo perché qualcuno ha pensato di poter migliorare l’opera di Dio in cambio di denaro.

La formula che viene utilizzata a tale scopo prende il nome di progresso.

Qualche innovazione frutto dell’ingegno dell’uomo sicuramente è servita a migliorare la vita di tutti un esempio sono gli acquedotti che portano l’acqua pulita direttamente nelle case e con essa anche l’igiene che serve per tutelare la salute.

Qualche altra invenzione può essere considerata utile ma non indispensabile come lo è l’acqua, poi però esistono anche le invenzioni che sono decisamente dannose.

Basta pensare a come l’industria farmaceutica voglia portare in molti paesi dell’Africa prodotti genici sperimentali mentre ci sarebbe bisogno semplicemente di portare l’acqua, per parlare di quanto è accaduto con la recente pandemia da Covid 19.

La domanda che sorge allora è perché invece di dare alle popolazioni ciò di cui hanno realmente bisogno si cerca di dar loro cose inutili se non dannose?

Il tentativo di dare una risposta a questa interessante domanda riguarda tutti noi e ognuno può dare il suo contributo per capire il fenomeno.

Prof. Dina Nerozzi
Neuropsichiatra




Dove va la chiesa?

Che strada prenderà la “Chiesa sinodale”

voluta da Papa Francesco?

 

Oggi nel mondo “progressista” l’imperativo culturale è di essere nell’ordine: ”inclusivi”, “resilienti”, “sostenibili”, “green”, “accoglienti”, “politically correct”, ovviamente “antifascisti” e – se vogliamo essere al top del progressismo – anche “democratici” con tanto di tessera. Un tocco di cultura “woke”, giusto per utilizzare un termine esterofilo, non guasterebbe, ma da noi in Italia è ancora poco conosciuta, anche se c’è da ritenere che arriverà presto.

Con una simile carta d’identità si può stare certi che si finisce sulle pagine dei principali quotidiani di sinistra, come pure nei dibattiti delle variegate reti televisive presenti sul mercato. Infatti, nel nostro incompiuto bipolarismo odierno abbiamo: da una parte coloro che si ritengono “progressisti”, cioè i depositari del futuro luminoso già intravvisto da Marx, Lenin, Stalin, Mao, Pol Pot e da tutti gli epigoni delle svariate e sanguinarie rivoluzioni comuniste. Dall’altra i più modesti e moderati “conservatori”, alcuni dei quali non sempre sinceri, con le loro sfaccettature di centro, centro-destra e destra fino alle ali più estreme, ali che esistono del resto anche a sinistra.

Perché tutta questa premessa su destra-sinistra in un articolo che dovrebbe parlare del Papa? Perché legittimamente sempre più cattolici italiani, ma anche di tutto il mondo, si stanno interrogando se il pontefice attuale, Francesco, al secolo Jorge Maria Bergoglio, sia un po’ troppo “progressista” e se abbia intenzione di cambiare dall’interno, in maniera radicale, la Chiesa a lui affidata come successore dell’apostolo Pietro.

Non vorremmo essere irriverenti verso questo pontefice venuto “da molto lontano”, che nei fatti, sin dai primi giorni, si è dimostrato “rivoluzionario” se non addirittura eversore della tradizione apostolica cui eravamo abituati a conoscere con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI. Infatti ha concesso interviste al direttore di Repubblica, Scalfari, che non registrava ma mandava a memoria le sue risposte e poi le proponeva “molto liberamente” in lunghissime interviste non smentite dall’autore. Forse per questo sono iniziate a fare capolino affermazioni deflagranti che ci hanno stupito.

Saltando il “chi sono io per giudicare”, riferito a un gay “che cerca Dio”, Francesco non ha aggiunto che per evitare il peccato mortale e il rischio di “finire all’Inferno” sia opportuno che lo stesso gay smetta di compiere atti di amore omosessuale. Sembra del resto, non avere ricordato ai fedeli che la “castità” è un valore che si riferisce a tutti, eterosessuali e omosessuali, donne e uomini, sposati e single, consacrati o semplici credenti. Per lo più, il Papa evita di richiamarlo apertamente, così che sembra che la castità sia scomparsa dal “radar” ecclesiale. Ebbene, muovendo verso l’oggi dopo la follia della adorazione in Vaticano della Pachamama, una sorta di divinità delle tribù amazzoniche, davanti alla quale scandalosamente si sono inchinati preti e vescovi, prelati e semplici chierici. Nessuno si è dimenticato della “apertura” alle coppie irregolari, dove in pratica la situazione di evidente e aperto adulterio viene accettata e giustificata visto che possono prendere la comunione. Come anche la “benedizione delle coppie omosessuali” fatta di nascosto, senza ufficialità ma comunque fatta da un prete, una specie di preludio alla accettazione futura del matrimonio omosessuale perché “Dio accetta tutti tutti tutti, così come sono”,

Queste le parole spesso usate dal Numero uno in Vaticano verso gli LGBTQ+ …

E che dire della benedizione delle politiche green, come pure dei vaccini per il Covid definiti da Francesco un “atto d’amore”? Oppure del sostegno aperto alle tesi del World Economic Forum con le politiche antiumanistiche sul “grande reset”? E, andando avanti con le stranezze verso le quali Francesco ci ha abituato, come valutare le scelte accomodanti con la Cina tramite l’accordo bilaterale col quale, di fatto, il governo cinese mette becco sulla scelta di vescovi potendo imporre quelli “amici” del regime?

La novità più recente, e forse più importante, è quella odierna che riguarda la terza fase del Sinodo dei vescovi che si terrà in ottobre.

Orbene, anche qui la novità grossa è che Francesco sta imponendo una “agenda” ecclesiale basata sul concetto che la mentalità “sinodale” dovrebbe essere quella che regge e orienta la Chiesa del futuro, secondo la quale, il ruolo della gerarchia “Papa, Cardinali, Vescovi, Parroci ecc.” viene ridotto quasi a, e dove a imperare in una sorta di nuovo “parlamento ecclesiale” è appunto l’assemblea sinodale all’interno della quale tutti possono dire la loro. Curiosamente, quasi si arriva a utilizzare il principio grillino dell’ “uno vale uno”, nel senso che l’ultimo dei fedeli potrebbe essere portatore di una visione di valori e di istanze reputate equivalenti o superiori a quelli espressi dalla stessa gerarchia, la gestione dei fedeli potrebbe essere affidata a una sorta di assemblea di base all’insegna di un inedito “politically correct” ecclesiale.

Perché ci soffermiamo su questi aspetti? Perché la visione di Francesco, almeno ciò che si lascia intuire, è quella di spostare l’asse culturale e gerarchico della Chiesa cattolica verso una sorta di “progressismo inclusivo e resiliente”, dove si prefigurano senza dirlo apertamente, una nuova struttura ecclesiale in stile protestante, con il Papa non più apertamente considerato Vicario di Cristo in terra e coi pieni poteri a lui conferiti “Ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”, ma una sorta di primus inter pares, che dialoga con luterani, ortodossi, evangelici e similari quasi alla pari, rinunciando nei fatti all’autorità conferita a Pietro e ai suoi successori un paio di migliaia di anni fa da Gesù in persona.

Sarà giusta questa interpretazione progressista della Chiesa di Francesco? Oppure la sua “Chiesa sinodale” è una forzatura riduttiva e snaturante della Chiesa tradizionale che abbiamo sin qui conosciuto? Lo “strumento di lavoro” del Sinodo varato nei giorni scorsi lascia aperte molte domande su questioni quali ruolo della gerarchia, assemblee sinodali, ruolo delle donne, accoglienza e integrazione dei gay e di tutte le minoranze possibili e immaginabili. Nel frattempo con i riottosi che cercano di resistere alle sue novità, definite “processi”, Francesco ci va giù pesante e con chi non “si allinea”, è forse un esempio mons. Viganò e diversi istituti religiosi maschili e femminili “tradizionalisti”, arrivano scomuniche, espulsioni dallo stato religioso, confisca dei beni dei monasteri, riduzione sul lastrico di interi gruppi di suore o religiosi colpevoli di essere legati ai loro carismi all’ “antica”.

Per i credenti “normali”, come probabilmente molti di noi sono, il momento è molto preoccupante ma anche promettente.

O la Chiesa prende coscienza che qualcosa di profondo sta avvenendo, oppure c’è il rischio che fra qualche anno o decennio ci sveglieremo e scopriremo che quella istituzione spirituale voluta da Gesù si sia trasformata in una specie di gigantesca Ong, se non peggio ….

Molti lo temono, altri sono fiduciosi che non accadrà.

Non praevalebunt, ovvero le porte degli inferi non prevarranno.

Il Credente




I Patrioti

Gentile e Croce vs Schlein e Conte

Nel parlamento europeo si è formato un nuovo gruppo denominato “patrioti”.

Interessante notare l’immediato attacco da parte dei media italiani, una vera e propria azione di “Killeraggio” quella che alcune testate hanno intrapreso nei confronti di questa nuova e numericamente rilevante compagine politica.

“Camerati” sono stati definiti i suoi membri.

Questo atteggiamento mediatico porta chi scrive ad attuare una semplice azione di sillogismo.

Il ragionamento deduttivo della logica aristotelica è, di questo sono certo, un utile impegno della mente, peccato che sia sempre più sconosciuto sia ai cosiddetti intellettuali che a molti, quasi tutti, i leaders politici italiani.

La premessa è che i parlamentari appartenenti a questo gruppo sono stati eletti attraverso libere elezioni nelle loro nazioni. Certamente questo vale per i leghisti, partito che ha aderito ai Patrioti nel parlamento europeo.

L’affermazione maggiore, o “a contrasto”, di chi è ostile alle idee proposte da detto gruppo può essere ridotta a sintesi in queste parole: “sono camerati”.

Affermazione ad effetto e, almeno per chi scrive, calunniosa.

Solo per rispetto del lettore affermo di aver votato il generale, ora onorevole, Vannacci e di essere graniticamente antifascista.

Anzi di sentirmi fortemente calunniato se accostato al concetto di “camerata”.

Essere cristiano liberale, per i palati più fini direi Crociano, è assai vicino a molte delle posizioni dei Patrioti nel parlamento europeo ed assai lontano dai fascisti, neo o ante litteram che siano.

In fondo sono proprio dei membri della gioventù vicina al partito della Premier ad essere stati notati per atteggiamenti richiamanti il famoso ventennio è la Meloni parrebbe voler appoggiare la candidatura tanto amata dai ben pensanti della Von der Leyen. Fatto che rende la Premier poco attaccabile da molti.

Tornando, però, al sillogismo presente in questo mio ragionamento, la conclusione che ne deriva necessariamente è che gli elettori che hanno votato per i partiti che hanno aderito a questo gruppo, in Italia la Lega, sono dei “camerati”, cioè dei fascisti.

Fatto che nelle righe precedenti ho escluso per buona parte di coloro che si sentono rappresentati da chi propone quelle idee. Idee Crociane per l’appunto.

Furono Benedetto Croce e Giovanni Gentile, infatti, i principali filosofi dell’idealismo italiano.

Impossibile non notare, almeno per chi ha la passione per Giovan Battista Vico e la sua teoria sui corsi e ricorsi storici, le similitudini fra il periodo in cui i due filosofi formarono il loro pensiero contrapposto al positivismo e quanto vediamo accadere oggi nel nostro occidente.

L’idealismo, infatti, si formò come reazione al positivismo agli inizi del ventesimo secolo esattamente per merito di Giovanni Gentile e Benedetto Croce.

Confronto che i due scienziati del sapere affrontavano anche pubblicamente attraverso i loro scritti sulla rivista La Critica.

Entrambi ritenevano che le teorie dominanti, al tempo il positivismo, fossero pericolose e deteriori.

Oggi per molti le ideologie gender e green causano la stessa reazione.

Proprio quel costruttivo confronto permise il formarsi di una teoria contrapposta a quella allora dominante.

Pensiero che, da follower direbbe gli esperti di marketing di oggi, divenne maggioritario e che i ben pensanti del tempo cercarono di reprimere.

Di nuovo chiare le analogie con l’oggi.

Il pensiero idealista di Gentile e Croce trovava origine nelle teorie filosofiche di Hegel, sarebbe stato saggio al tempo confrontarsi con le stesse e non cercare di minimizzarle, reprimerle.

Detto percorso intellettuale voleva contrapporsi al marxismo ed al materialismo, ne aveva lo spessore, la qualità intellettuale.

Ridurlo a “barzelletta da reprimere” ha permesso ai più esaltati di prendere il sopravvento sui più moderati, lo conseguenze le abbiamo subite tutti.

Croce e Gentile, proprio per questo elemento denigratorio, presero strade diverse.

Il primo fu mentore del pensiero liberale e conservatore, il secondo divenne parte del partito fascista pur se più orientato ad una idea di liberismo quasi mazziniano.

Ne scrivo oggi perché il tanto parlare a vanvera, si usa definirli slogan, oltre ad essere spesso calunnioso è, anche, assai privo di spessore . Inoltre assai pericoloso per la tenuta democratica di molti Stati occidentali.

Le parole vengono usate come “clave” da chi detiene il cosiddetto potere.

Essi ritengono le stesse strumento di denigrazione e di annichilamento di colui che è portatore di un pensiero opposto.

In fondo hanno solo paura di perdere i benefici del potere.

Tutto questo, ovviamente, facilitato da un sistema mediatico oramai più propenso a fare propaganda per la propria parte che a mantenere un ruolo “terzo” utile al confronto fra idee opposte e, così facendo, porsi come garante del libero scambio di opinioni. Elemento questo cardine della tenuta democratica.

Facile, infatti, dare del “camerata” o del “cospirazionista” in assenza di contraddittorio. Facile ma assai pericoloso nel medio periodo.

Oggi i vari esponenti della sinistra italiana ed europea ritengono, esattamente come al tempo, che l’arte del denigrare garantirà loro il mantenimento del potere.

Io, cultore del confronto democratico, vivo questo loro espediente come la ripetizione di un errore storico.

Ignoto Uno




Tre proposte da appoggiare

In scadenza i termini per la raccolta firme di tre importanti proposte di legge di iniziativa popolare.

I media ed i partiti dell’arco parlamentare tacciono.

Nel più stridulo e rumoroso silenzio dei Media e di tutti i partiti dell’arco parlamentare stanno per scadere i termini per la raccolta firme di tre importantissime proposte di legge popolare.

  • Diritto alla libertà di pagare in contanti
  • Stop all’indottrinamento Gender nelle scuole
  • Diritto all’autoproduzione del cibo Proposte di legge annunciate in Gazzetta Ufficiale 23AO6500 G.U. Serie Generale 274 del 23/11/2023 le cui firme possono essere raccolte da tutti i cittadini aventi diritto al voto, dal 15 Gennaio 2024 fino al 15 Luglio 2024 presso tutti gli uffici elettorali dei propri municipi e comuni.

Scarsa ed insignificante l’informazione che i media hanno svolto per queste proposte di legge, complici anche tutti i partiti dell’arco parlamentare, che ben si son guardati dal promuoverli, nonostante il grande interesse che questi temi hanno trovato nella maggioranza cittadini.

Proposte di legge che rafforzano fortemente la volontà popolare, rilevabile anche in maniera determinata, dalle espressioni di voto risultate dalle ultime tornate elettorali.

Ricordiamo che nelle politiche dello scorso anno si è assistito ad un forte cambio di passo che i cittadini hanno voluto dare attraverso il voto, bocciando tutti quei partiti che hanno promosso o imposto le politiche green, che arriverebbero addirittura ad imporre il veto alla autoproduzione di cibo, alle politiche economiche finanziarie, con l’assurda restrizione all’uso dei contanti ed alle politiche sociali con l’indottrinamento gender nelle scuole, in nome di innaturali introduzioni di genere oltre al naturale maschio e femmina.

Voto che nonostante il sensibile cambio di passo che i cittadini hanno voluto dare con il voto, non ha sortito i risultati sperati, avendo il governo eletto, continuato proprio quelle politiche che i cittadini votanti avevano bocciato.

Democrazia rappresentativa dei cittadini o di lobby di potere?

Sembra essere questo il quesito che tanti si pongono.

Non a caso alcuni movimenti di cittadini, in tutto il territorio nazionale, hanno sentito l’esigenza di proporre queste proposte di legge fuori dalle sigle dei partiti, e seguendo le regole che lo stato impone per la presentazione di leggi di iniziativa popolare.

Un sistema che identifica la volontà di partecipazione ad un cambiamento che non trova riscontro nella politica, tanto da far nascere il successo di quel libro scritto, in maniera semplice, rappresentando il pensiero di quella grandissima maggioranza di Italiani, stanca di leggi assai discutibili, innaturali, complicate, burocratiche e fortemente restrittive, e troppo spesso non fruibili, che forse servono solo a far cassa, complicando la vita dei cittadini oramai assai indispettiti.

Libro che ha raggiunto in Italia record di vendite talmente elevate che forse a suscitato un certo fastidio a blasonati scrittori, giornalisti e conduttori, che giammai hanno provato l’ebbrezza di simili numeri.

Libro, assai chiacchierato, sembrerebbe in maniera particolare da chi non lo ha letto, più per principio ideologico o di politicamente corretto, che da tutti i cittadini che lo hanno acquistato.

Libro che ha dato un così grande successo al suo autore, da essere stato brillantemente eletto alle recentissime elezioni Europee.

Ritornando al tema del titolo, non entriamo nel merito delle tre proposte di legge, dal momento che sarebbe impossibile in un semplice articolo descriverne contenuti effetti ed altro.

Siamo certi che se ci fosse stata una opportuna informazione seguiti da democratici dibattiti, con pro e contro, i cittadini si sarebbero potuto farsi un’idea.

Oggi, è più difficile, dati i tempi, ma l’opportunità di promuovere leggi di iniziativa popolare, che poi possano essere discusse in parlamento ed eventualmente modificate prima della sua definitiva approvazione, sarebbe un bel salto di democrazia e civiltà.

Per cui recarsi nei propri rispettivi comuni o municipi, che non possono rifiutarsi o disconoscere, e chiedere di apporre le firma per le proposte di legge sopra citate, significa esercitare uno dei diritti democratici.

Riflettere tuttavia che in Italia le informazioni prendano strane strade, lo si evince anche dalla imminente scadenza al 30 giugno 2024 per chi vuole opporsi al trasferimento all’interno del fascicolo dei suoi dati sanitari raccolti tra il 2012 ed il 19 maggio 2020. Ricordiamo che per farlo, si deve seguire la procedura sul sito “www.sistemats.it”.

Una procedura assai complessa, anche se descritta come semplice, e che a detta di molti richiede tempo e non sempre va a buon fine, costringendo l’esecutore a ricominciare o a lasciar perdere.

Sarà questo il motivo per cui al 25 giugno coloro che si sono opposti erano 90.640 (dei quali 6.371 minorenni), lo 0,15% degli italiani?

O forse non tutti sono a conoscenza che bisogna opporsi e che la scadenza è il 30 giugno?

Chiedersi come mai bisogna opporsi ad un inserimento all’interno di un fascicolo che contiene dati sanitari, piuttosto che richiedere l’inserimento, come forse sarebbe ovvio, anche per far esprimere una volontà democratica di scelta, lascia aperte tante ipotesi, tutte percorribili, che esulano da quella che viene proposta come una “opportunità”, specialmente alla luce dei trascorsi evidenziati da quel discutibile periodo che vide la nascita del “greenpass”.

Si tratterà forse di un Green pass occulto?

Ettore Lembo




Caso Ustica, uno fra tanti

 

Sui cieli sopra il tratto di mare fra Ponza ed Ustica il 27 giugno 1980 alle 20.59 viaggiava il volo di linea IH870 della compagnia aerea Itavia.

Era partito da Bologna, avrebbe dovuto atterrare a Palermo.

Decollò con due ore di ritardo, ore fatali per le 81 persone che si trovavano a bordo di quel DC9.

Sono passati 44 anni ed ancora la nostra Patria è alla ricerca della “verità” su cosa sia veramente successo a quel “maledetto volo”.

Anni di cordoglio, depistaggi e tante, ma veramente tante, parole vuote.

La verità su quanto è accaduto nei momenti precedenti la strage non è mai stata fatta emergere da chi, certamente esiste, in Italia ed all’estero, avrebbe potuto documentarla alle autorità competenti.

Anche da questo si comprende che quella “verità”, qualsiasi essa sia, almeno fino ad oggi, non è possibile farla emergere.

“Qualcosa” o “qualcuno” lo impedisce.

Tanti i “segreti” nella nostra Italia, il “caso Ustica” non è altro che uno di questi.

Segreti in alcuni casi oramai “datati”, potrebbero essere definiti “inerti”, ed in altri assai più “recenti”, vivi nelle dinamiche politiche interne e nei rapporti fra la nostra Patria e gli altri Stati.

Molti i servitori dello Stato che, per “interessi di Stato” o per “interessi privati”, si impegnano per impedire che queste “verità” emergano.

La Repubblica, in alcuni casi, si tutela anche con la “negligenza” e “smemoratezza” di alcuni suoi servitori, in altri casi detta “negligenza” e “smemoratezza” non è a tutela della Patria ma di “alcuni” nella Patria ed è causa di rischi per il popolo italiano.

Certamente queste “smemoratezze”, tutte, causano ferite che rimangono aperte, non solo nelle famiglie che le hanno subite, molto più profondamente nella tenuta sociale della nazione.

Quasi sempre le stesse sono vere e proprie “bombe di profondità” che rischiano di “esplodere” soprattutto se il quadro in cui si sono formate dovesse subire radicali cambiamenti.

Gestire il giusto equilibrio fra la necessità di “giustizia” e la altrettanta forte necessità di “stabilità” del sistema democratico è un lavoro da “esperti”.

Esperti che devono basare i loro comportamenti seguendo gli insegnamenti che Kant ha dato sull’equilibrio fra etica ed estetica nei suoi mai troppo compulsati testi.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto commemorare l’ennesimo anniversario di una “strage senza risposta”, piuttosto che di uno dei tanti “misteri senza risposte” passati dentro la storia della nostra nazione, con queste parole “La Repubblica non si stancherà di continuare a cercare e chiedere collaborazione anche ai Paesi amici per ricomporre pienamente quel che avvenne”.

Parole usate in memoria della strage di Ustica, ma adatte per tanti altri momenti non chiari della nostra Italia.

Una Patria ove gli “irrisolti” sono molto più frequenti dei “pienamente risolti”.

Il 27 giugno è stato l’anniversario del “caso Ustica”, ma rappresenta anche una data simbolo, fra tante nella nostra Italia, della incapacità della nostra Patria – quantomeno se essa si rappresenta attraverso il suo sistema istituzionale, burocratico ed intellettuale – di rispettare se stessa.

Il giorno in cui il sistema socio politico italiano saprà fare il necessario cambio di passo la nostra Patria potrà aprirsi a nuovi e più ampi orizzonti.

Quel giorno, se mai arriverà, sarà quello in cui noi italiani sapremo rispettare noi stessi dando dignità istituzionale vera e profonda alle nostre azioni.

Quel giorno, se mai arriverà, sarà quello in cui noi italiani sapremo rispettare noi stessi dando concretezza alle parole, quelle sempre tante, della nostra classe politica ed intellettuale attraverso comportamenti adeguatamente coerenti alle stesse parole usate.

Quel giorno, se mai arriverà, sarà quello in cui noi italiani sapremo rispettare noi stessi e, conseguentemente, potremo iniziare a guardare gli altri da pari.

Essere dei “pari”, non far finta di pensare di esserlo o, addirittura, senza l’adeguato standing istituzionale, voler imporre agli altri popoli, Stati, di riconoscerci un ruolo che essi non reputano noi aver diritto di avere.

Fino a quando non sapremo rispettare noi stessi attraverso una reale e forte coerenza fra il dichiarato e l’azione non saremo dei “pari” ma, esclusivamente, dei “parvenue” quando non, addirittura, dei “sudditi”.

Troppo frequentemente noi italiani abbiamo dovuto prendere atto che gli altri Stati, europei in primis, ci “guardano” come dei “parvenue”, appunto.

In queste ore, chi scrive lo teme, a questo sgradevole ruolo parrebbe che la UE27 ci abbia relegato.

In queste ore, allo stesso tempo, come non ricordare quel “triste” bacio sulla fronte che la Premier Meloni ha accettato recentemente di subire dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

In queste ore, allo stesso tempo, come non ricordare quel nefando intervento fuori misura di chi l’Italia deve rappresentare e proteggere al G20 in India nei confronti del “autarca” Putin. Certamente “autarca” ma, comunque, Presidente di una della tre super potenze al mondo. Intervento pariteticamente fuori tono di quello di Biden allorquando definì il leader della Federazione Russa un “macellaio” senza, però, essere il Presidente di un’altra delle, sempre tre, super potenze al mondo.

Tante le parole dei media, parole che sembrano sempre più propaganda e non cronaca, per rappresentare agli italiani la “grandezza italica”, i fatti, però, raccontano altro.

Raccontano di una nazione che si auto incensa ma sta implodendo.

È stato il 27 di giugno ed abbiamo commemorato con ripetuto dolore e cordoglio le vittime di quel “irrisolto caso”, uno fra tanti.

Niente di più nell’Italia di oggi.

 

Ignoto Uno




Make Europe Great Again

 

Alla festa per i cinquanta anni del quotidiano Il Giornale, l’ex Sottosegretario di Stato statunitense del 2020, Mike Pompeo ha affermato che “Alle prossime elezioni vincerà Trump. L’attuale presidente ha messo in pericolo l’America, quindi tra Biden e Trump vincerebbe Trump”.

Un Pompeo, a dire il vero, che i frequentatori assidui della Florida dicono non in grandi rapporti con Trump che parrebbe ritenerlo assai bene informato su quello che l’inquilino di Mar a Lago chiama “the fraud”, cioè i brogli elettorali che lo stesso non si dimentica mai di menzionare e che incolpa della sconfitta nel 2020.

Mentre a Milano si parla delle elezioni presidenziali americane in questi termini, a Roma la Premier italiana riceve il Premier ungherese.

Incontro realmente importante questo visto che la Presidenza di turno del Consiglio Europeo sarà assunta dal 1° luglio proprio da Viktor Orban.

Un leader che ha scelto uno slogan assai simbolico come linea guida del “suo” semestre.

“Make Europe Great Again” (MEGA), questo lo slogan.

Slogan che allinea l’azione politica del Consiglio Europeo a quel “MAGA” simbolo da sempre della politica di Donald Trump.

Orban è Primo ministro in Ungheria sin dal 2010, lo era già stato dal 1998 al 2002, avvocato, sposato con cinque figli, tiene molto alla sua appartenenza alla chiesa calvinista ed a rimarcare come sua moglie e quattro dei suoi figli siano cattolici.

Il quinto è pentacostale.

Da molti in Europa marchiato come “autocrate” almeno in famiglia sembra evidente che non imponga la sua “dittatura”.

A dire il vero il partito del premier ungherese alle ultime elezioni europee ha perso otto punti percentuali e due seggi rispetto a quelle del 2019, fatto che non sembrerebbe tipico delle “dittature”.

In Europa Orban viene definito con un’altra delle parole denigratorie dei “più buoni”, quel “populista” che marchia a fuoco tutti coloro che non si allineano al pensiero dominante a cui si abbina quel “filo putiniano” che, sempre i “più buoni” usano per denigrare chi, molto più semplicemente, ha l’ardire di credere che vi siano altre soluzioni a quella di tirare missili ed uccidere esseri umani per risolvere il conflitto ucraino, in sintesi evitare di dare del “macellaio” al presidente nemico e convocare un tavolo di tregua che non abbia le caratteristiche del “comitato appalti”.

In fondo, comunque, tutti i leaders mondiali che non si sono adeguati al “pensiero unico” che si origina nell’attuale amministrazione statunitense vengono immediatamente marchiati come “filo Putiniani”.

Passaggio, questo, per i “più buoni” intermedio per arrivare ad annoverarlo nel gotha dell’estrema infamia, quello di essere definito “Trumpiano”.

Da “Trumpiano” a “cospirazionista” il passo, poi, sarà ancora più breve.

Viktor Orban, però, pur se marchiato a fuoco dal sistema dei “più buoni”, non si cura della campagna di stampa occidentale che lo vuole ricoprire di fango e continua a perseguire il suo modo di pensare.

L’OCSE ci aiuta a comprendere le cause di questa sua “sicurezza”.

L’Istituto Economico Europeo indica, infatti, una crescita del PIL ungherese nel 2024 del 2,6%.

L’Italia, sempre secondo l’OCSE, si attesterà a 0,7%.

Il dato più rilevante, però, è quello del rapporto fra PIL e debito pubblico che in Ungheria è del 70,9%, nella nostra amata Patria è al 137,3% tanto è vero che pochi giorni fa l’Unione Europea ha aperto una procedura di infrazione per l’Italia per deficit eccessivo.

Molti i leaders politici europei che, magari senza volerlo far sapere, cercano una diretta interlocuzione con colui che, parrebbe sempre più probabile, sarà il prossimo presidente della Casa Bianca.

Viktor Orban il 10 marzo scorso fu ricevuto a Mar a Lago con tutti gli onori e definito da Trump come “un grande leader”.

Immediato fu il controcanto di Joe Biden che definì il leader ungherese come “Un aspirante dittatore”, affermazione che proviene da uno che in Stati Uniti viene ritenuto da almeno un 30% degli aventi diritto al voto come qualcuno che siede alla Casa Bianca a causa di brogli elettorali.

Giudizi, in ogni caso, che misurano la distanza delle linee politiche non solo tra i due sfidanti per la Casa Bianca ma anche fra gli attuali leaders che in Europa si allineano alla politica interventista in Ucraina e chi, al contrario, oserei dire con maggiore pragmatismo, reputa che salvaguardare il popolo ucraino non possa che passare che da un tavolo di trattativa alla presenza di Stati Uniti e Federazione Russa, fatto che sarebbe stato assai più democraticamente corretto se in costanza di un Presidente ucraino nel pieno del suo mandato istituzionale e non in prorogatio.

Tavolo di pace che, questo dovrebbe essere l’auspicio, sia attento agli interessi dei cittadini ucraini molto più che a quelli delle grandi aziende occidentali famelicamente lanciate nella “ricostruzione della terra Ucraina”.

Ad oggi, la precisione in queste cose è tutto, sono solo due i leaders europei che dal 2020 hanno avuto reali, non millantati, incontri diretti con Donald Trump.

Uno è, appunto, Orban, l’altro è il Presidente della Repubblica polacco Andrzej Duda che ha incontrato il Presidente Trump a New York il 18 aprile scorso.

Fatto rilevante nel semestre a guida Orban dato che il 5 novembre prossimo potrebbe divenire assai utile essere ritenuti affidabili dal “cattivone”.

Interlocutori affidabili, non “zerbini” del potere, sempre pro tempore in una democrazia, presente alla Casa Bianca.

In Italia recentemente si è potuto leggere sul social network X un interessante ed assai significativo scambio positivo di messaggi fra il leader leghista Matteo Salvini e l’inquilino di Mar a Lago.

In fondo Salvini, ancor più adesso che è affiancato dal ex Generale Vannacci, oggi parlamentare europeo, fu già un forte sostenitore nel 2020 di Trump, come non ricordare la mascherina anti COVID che il Segretario leghista indossava anche in Parlamento?

A questo scambio sul social network va abbinato anche un ulteriore testo postato sempre da Mar a Lago indirizzato all’ex generale oggi parlamentare leghista ove si può leggere fra le righe un primo indiretto invito a Salvini ad un incontro con Trump.

La Presidenza Orban del Consiglio Europeo, come ho già scritto, si apre con uno slogan forte e chiaro, quel MEGA (make Europe great again) che definisce un posizionamento in discontinuità con la cultura politica della “sostenibilità” a discapito del “benessere” di noi cittadini di questa Europa.

Donald Trump lo ha certamente notato, forte ed evidente il simbolismo che richiama lo slogan elettorale MAGA dal Presidente statunitense usato da sempre.

Per molti politici europei, ed altrettanti opinionisti, forte il mal di pancia nel notare il messaggio assai chiaro lanciato dal leader ungherese.

Per moltissimi semplici cittadini europei, al contrario, quel MEGA è il ritorno alla speranza che i propri figli possano vivere nella loro Patria senza dover emigrare tornando a quella felicità che conobbero i loro genitori nel periodo del boom economico.

Orban, al contrario di altri leaders in questa Europa, non si crede il primo della classe ma, questo è inconfutabile, dice quello che fa e fa quello che dice.

Fatto assai raro fra i politici presenti in Europa oggi ma che nel prossimo futuro potrebbe dimostrarsi un comportamento assai vincente.

Ignoto Uno




Pepito Torres: Grande Artista Internazionale.

Il Maestro della fotografia, capace di far brillare la musica con il canto.

 

Il vero artista diventa grande quando sa uscire, con vero coraggio e passione, dal proprio indirizzo, ancor di più, se ha riscosso con esso grandi successi e riconoscimenti, e sa dedicarsi ad altre forme rappresentative.

E’ il caso del Maestro Pepito Torres, eccellente e raffinato fotografo internazionale, capace di cogliere, con l’obiettivo della sua macchina fotografica, particolari emozioni e trasmetterle al grande pubblico.

Carla Fracci, Nureyev, Vassilyev, nomi di chiara fama, sono stati da lui immortalati nel suo lungo percorso che inizia negli anni 70.

Quasi tutti i generi fotografici sono stati sfiorati con grande maestria, arrivando anche a produrre numerosi servizi per PlayBoy, nota rivista USA con edizione Italiana, il cui logo era stilizzato con la testa di coniglio dalle lunghe orecchie con addosso un farfallino da smoking.

Numerosissime le attrici e le personalità di moda e spettacolo che posavano con l’intento di essere la PlayMate del mese in un travolgente mix di erotismo e sensualità che giammai scadeva nel volgare o peggio nella pornografia.

Per questo si affidavano ad artisti dall’elevata professionalità di cui Pepito faceva indubbiamente parte, vista la sua lunga permanenza.

Talent scout di successo, non a caso Heather Parisi è stata fotografata da lui dagli albori della sua carriera con scatti pubblicati sulle principali riviste nazionali ed internazionali.

Fotografo che lo ha portato in giro per il mondo con scatti di elevata particolarità e pubblicati dal Touring Club Italiano al punto da decidere di diventare editore della rivista internazionale Belmondo che ogni anno pubblica il suo numero in ben quattro lingue.

Un’opera che rimarrà nella storia “Roma anno Zero”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è stata da lui realizzata in uno dei momenti più incredibili ed impensabili per la prima ed unica volta, tanto che ci auguriamo vivamente non tornino più.

“Nei due mesi del lockdown totale, Pepito Torres si è aggirato per le strade e le piazze della città con la sua macchina fotografica, raccogliendo testimonianze inedite di una Roma deserta, vuota, silenziosa, sospesa nell’incanto della sua assoluta bellezza.”

Ma Pepito ha nel cuore un’altra grande passione che lo trascina, lo coinvolge, gli fa ardere il desiderio di esprimersi ed offrire al suo amato pubblico un altro lato della sua grande capacità artistica, non senza prima curare ogni aspetto, ogni risvolto, studiare con grande passione e con grande attenzione, come solo un attento artista sa fare, ma rivolto, questa volta, al canto.

Così grazie a Salvatore Martino, poeta ed attore, che gli suggerisce quelle tecniche di impostazione vocale, per far si che possa venir fuori il meglio dalla voce, e grazie a “Maestro Viko”, Liano Concolino, con il quale, scoltando alcuni brani lo convince a realizzare un concerto, Pepito riesce a dare seguito alla sua grande passione.

Una passione forte, repressa da fattori esterni, personali, molto personali che gli provocano grande dolore interiore, percepibile solo quelle poche volte che ne parla, e che solo nel 2014 dopo una lunga preparazione, fortemente voluta e desiderata, quasi “agognata” riesce a tirar fuori, sorprendendo tutti, esibendosi con un microfono in mano, cantando un repertorio di tutto rispetto di eccellenti brani spagnoli e latino americani.

Al Palazzo Santa Chiara in Roma, ha offerto al suo pubblico il suo canto, passando così da dietro a davanti l’obiettivo, facendo sì che questa volta fosse lui ad essere immortalato.

Numerosissimi i VIP, in un teatro stracolmo, che hanno avuto la possibilità di gustare un vero e proprio concerto di elevatissimo prestigio.

Ma Pepito non vuol fermarsi, ed ancora al Teatro Santa Chiara da prova del Suo personale grande talento nel canto qualche anno dopo.

Circondandosi e scegliendo con grande cura artisti, maestri di elevata fattura, con al pianoforte il Maestro Paolo Iurich, che ha curato gli arrangiamenti, alla chitarra classica ed acustica Gianfranco Federico, al basso Fabrizio Cucco, alla batteria Adamo De Santis, alle percussioni Walter Paiola, alle tastiere Danilo Riccardi, ed al sax e flauto Massimiliano Filosi, il Maestro Pepito Torres ha dato vita ad una serata indimenticabile cantando “Palabras De Amor” per i suoi amici.

Un successo, come riportano le indicazioni tratte dai numerosi commenti che si trovano su tutti i social e dalla grande partecipazione a quel concerto, nato, voluto, realizzato ed eseguito da quel grande fotografo che ha dato lustro a tanti artisti ed a tanti luoghi nel mondo.

Un successo che vuole bissare, convinto, e non a torto, che la musica ed il canto sono quelle espressioni artistiche che più trasmettono emozioni, che trasportano la mente, che fermano il tempo riportandoci in una dimensione di confort.

La scelta accurata dei brani, che a tanti, giovani e meno giovani, suscitano quelle emozioni che trasportano nei più bei ricordi della vita, dell’amore, della tenerezza del romanticismo che portiamo dentro ciascuno di noi, e che purtroppo si allontanano sempre più perdendosi in quello che il rumoroso frastuono oggi ci propone.

Qualcuno direbbe “Chansonnier”, autore ed interprete di canzoni, certo, brani spagnoli, conosciuti anche in Italia e che fanno sognare.

“Tres Palabra”, “Eu sei que vou te amar”, “Historia de un amor”, “Alfonsina y el mar”, “ Amapola”, “Cuando vuelva a tu lado”, “Por el amor de una muijer”, “Cuenta comnigo”, “Les feuilless mortes”, “Lo que me queda por vivir”, “ El porompompero”, “Quien sera la que me quiera a mi”,sono tutti brani che Pepito Torres ha riproposto al Teatro degli Eroi, in via Girolamo Savonarola 36 Roma, il 6 Giugno, mantenendo così la promessa fatta al suo numerosissimo pubblico che ha riempito la platea.

Platea che ha consacrato il Maestro Pepito Torres, come vero punto di riferimento di quella musica, di quei brani eseguiti con grande maestria, che appassionano, che stimolano quella sensualità, pulita, limpida, rispettosa, che lascia trasparire quel forte erotismo, che oggi sembra essersi perduto, specialmente nelle nuove generazioni.

Accompagnato al pianoforte dall’eccellente Maestro Sebastian Marino, che ha eseguito i brani, alternandoli con musiche ed opere classiche di altissimo livello.

Il Maestro Sebastian Marino, musicista compositore ed esecutore, diplomato a pieni voti presso il conservatorio “L. Refice” di Frosinone, dal tocco delicato, leggero e raffinato, spettacolo non solo per le orecchie degli amanti del pianoforte, ma anche per la vista di coloro che amano ascoltare, anche con la vista, estasiati nel vedere le mani del pianista sulla tastiera, volare con grazia e leggerezza.

Per questo considerato talento emergente del panorama italiano.

Il suo album d’esordio “Incipit” è da poco uscito con l’etichetta Indaco Record.

Ma le sorprese della serata non finiscono qui, e nella seconda parte, dimostrando di avere un estro non comune, Pepito Torres introduce “la sorpresa” dell’ultimo momento che ha mandando in visibilio il folto e competente pubblico.

Il Maestro Gino Mariniello, con il quale si accompagnerà esibendosi con il brano “El porompompero” interpetrata in maniera personale e brillante, dando un taglio diverso da come il concerto era stato impostato fino a quel momento, in aggiunta al Maestro Sebastian Marino.

Gino Marinelli, grande chitarrista Italiano, inizia a suonare la chitarra da bambino, a soli sei anni, a nove studia chitarra classica presso l’Accademia Musicale di Varese per poi accedere al conservatorio di Milano, Giuseppe Verdi.

Vari i generi musicali che nel corso del tempo studia, dalla musica jazz, al rock e fusion… così nel 1995 fa il passo in RAI, con varie esibizioni in trasmissioni suonando chitarra classica, chitarra acustica, elettrica e mandolino.

Non è da tutti suonare per artisti come Andrea e Matteo Bocelli, David Foster, Lionel Richie, Philip Bailey, tanto per citarne alcuni.

L’eccellente esecuzione del Maestro Marinelli, con arpeggi veramente di grande capacità, il tocco magistrale del Maestro Marino e la voce dalla raffinata con la tecnica flamenca del Maestro Pepito sono diventati un vero punto di riferimento per la musica latino americana.

E’ nella perfetta sintonia del trio, evidenziata in tutta la seconda parte, che i brani cantati da Pepito hanno assunto una colorazione unica, trasportando il pubblico verso l’Andalusia terra del mediterraneo o verso il bolero, classico di quelle terre lontane, ma proprio grazia alla musica, vicine.

Emozioni che Pepito Torres ha saputo offrire, in maniera diversa dal suo modo visivo, stando dietro l’obiettivo che in questo caso ha lasciato ad altri, ma davanti l’obiettivo curando nei minimi particolari, come solo un vero artista sa fare, la musica per l nostre orecchie.

Ettore Lembo




La Chiesa ed i suoi Conflitti.

Cosa ci insegna lo scontro tra mons. Viganò

e il Papa “globalista”?

 

Il caso dell’accusa di “scisma” e del processo canonico avviato nei giorni scorsi in Vaticano contro l’arcivescovo mons. Carlo Maria Viganò è emblematico del momento grave che sta attraversando la Chiesa cattolica. “Il Dicastero per la Dottrina della Fede mi ha comunicato, con una semplice email – informa lo stesso accusato in un testo reso pubblico su un blog – l’avvio di un processo penale extragiudiziale nei miei confronti, con l’accusa di essere incorso nel delitto di scisma e contestandomi di aver negato la legittimità di «Papa Francesco», di aver rotto la comunione «con Lui» e di aver rifiutato il Concilio Vaticano II. Mi si convoca al Palazzo del Sant’Uffizio …, in persona o rappresentato da un Avvocato. Presumo che anche la condanna sia già pronta, visto il processo extragiudiziale”.

Sappiamo che da quando è stato eletto Papa, Francesco ha subito attirato l’attenzione stupita e perplessa dei fedeli più legati alla tradizione cattolica per le sue posizioni e i suoi pronunciamenti – diciamo così – “eterodossi”.

Mons. Viganò, alto funzionario ecclesiastico, già Segretario generale della Città del Vaticano e Nunzio apostolico a Washington, è stato quasi sin da subito critico delle posizioni del Papa, specie per le coperture che lo stesso pontefice aveva dato a figure apicali (cardinali e vescovi) coinvolte in casi di abusi sessuali o pratiche immorali note alla pubblica opinione. E allora, per capire cosa c’è davvero in gioco con questo processo vediamo i punti che mons. Viganò reputa di valore centrale per le sue accuse al Papa.

“Occorre che l’Episcopato, il Clero e il popolo di Dio si interroghino seriamente se sia coerente con la professione della Fede Cattolica assistere passivamente alla sistematica distruzione della Chiesa da parte dei suoi vertici – scrive l’arcivescovo nella sua memoria difensiva – esattamente come altri eversori stanno distruggendo la società civile.

Il globalismo chiede la sostituzione etnica: Bergoglio promuove l’immigrazione incontrollata e chiede l’integrazione delle culture e delle religioni. Il globalismo sostiene l’ideologia LGBTQ+: Bergoglio autorizza la benedizione delle coppie omosessuali e impone ai fedeli l’accettazione dell’omosessualismo, mentre copre gli scandali dei suoi protetti e li promuove ai più alti posti di responsabilità. Il globalismo impone l’agenda green: Bergoglio rende culto all’idolo della Pachamama, scrive deliranti encicliche sull’ambiente, sostiene l’Agenda 2030 e attacca chi mette in discussione la teoria sul riscaldamento globale di origine antropica”.

Accanto a queste accuse che riguardano aspetti pastorali e spirituali del pontificato di Bergoglio, mons. Viganò aggiunge rilievi di carattere politico e culturale: “(Bergoglio, ndr) Esorbita dal proprio ruolo in questioni di stretta pertinenza della scienza, ma sempre e solo in una direzione, che è quella diametralmente opposta a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Ha imposto l’uso dei sieri genici sperimentali, che hanno provocato danni gravissimi, decessi e sterilità, definendoli «un atto d’amore», in cambio dei finanziamenti delle industrie farmaceutiche e delle fondazioni filantropiche.

La sua totale consentaneità con la religione di Davos è scandalosa. Ovunque i governi al servizio del Word Economic Forum hanno introdotto o esteso l’aborto, promosso il vizio, legittimato le unioni omosessuali o la transizione di genere, incentivato l’eutanasia e tollerato la persecuzione dei Cattolici, non una parola è stata spesa in difesa della Fede o della Morale minacciate, a sostegno delle battaglie civili di tanti Cattolici abbandonati dal Vaticano e dai Vescovi”.

A questo punto l’attacco al Papa da parte di mons. Viganò si fa serrato: “Non una parola per i Cattolici perseguitati in Cina, complice la Santa Sede che considera i miliardi di Pechino più importanti della vita e della libertà di migliaia di Cinesi fedeli alla Chiesa Romana. Nessuno scisma, nella “chiesa sinodale” presieduta da Bergoglio, si ravvisa né da parte dell’Episcopato Tedesco, né dei Vescovi di nomina governativa consacrati in Cina senza il mandato di Roma.

Perché la loro azione è coerente con la distruzione della Chiesa, e quindi va dissimulata, minimizzata, tollerata e infine incoraggiata. In questi undici anni di “pontificato” la Chiesa Cattolica è stata umiliata e screditata soprattutto a causa degli scandali e della corruzione dei vertici della Gerarchia, totalmente ignorati mentre il più spietato autoritarismo vaticano infieriva su Sacerdoti e Religiosi fedeli, su piccole comunità di Monache tradizionali, comunità legate alla Messa in latino”.

Appare chiaro che con prese di posizioni così dure sarà difficile che il processo canonico che si è aperto il 20 giugno in Vaticano, assente mons. Viganò, conduca a un esito di conciliazione.

Del resto, lo stesso accusato aggiunge: “La Chiesa Cattolica è stata occupata lentamente ma inesorabilmente e a Bergoglio è stato dato l’incarico di farla diventare un’agenzia filantropica, la “chiesa dell’umanità, dell’inclusione, dell’ambiente” al servizio del Nuovo Ordine Mondiale. Ma questa non è la Chiesa Cattolica: è la sua contraffazione.

Ci possiamo legittimamente interrogare quale possa essere, a questo punto, l’esito di questo scontro che non è semplicemente disciplinare o canonico, ma più profondamente intra-cattolico, tra chi è legato alla fede di sempre basata sul rispetto delle Scritture e sul Magistero bimillenario della Chiesa che non ha mai rinnegato se stesso; e invece tra chi, dall’altra parte, sostiene la linea del “rinnovamento” profondo, che prevede nei fatti il ridimensionamento del senso morale delle azioni umane, la scomparsa o quasi dei peccati personali (specie quelli sessuali, declassati a piccole ‘fragilità’ soggettive) e l’evidenziazione soltanto delle colpe sociali, quali rifiuto dei migranti, preclusioni sui gay, lo sfruttamento dei lavoratori ecc.

Si tratta – come è facile capire – di posizioni pressoché inconciliabili e quindi non ci resta che attendere l’esito del processo, considerando anche che mons. Viganò ha più volte espresso il timore che “qualcuno” lo possa volere morto per far tacere una voce critica aperta e franca.

In piccolo, il conflitto vaticano tra il Papa e Viganò richiama il confronto tra sinistra e destra in Italia e in Europa: i primi (diciamo “progressisti” per intenderci) vogliono più immigrati, libertà sessuale, matrimoni gay, politiche green, abbattimento delle frontiere, eutanasia, aborto al nono mese ecc. I secondi invece difendono i confini e la civiltà dei singoli paesi, auspicando una immigrazione controllata, la salvaguardia della famiglia naturale, la difesa della vita sempre. Chi vincerà in Vaticano e nella società europea?

Il Credente