Tempo di verità, anche scomode

Dopo gli arresti cautelari nella Regione Liguria fra cui quelli dell’imprenditore Spinelli e del Governatore Giovanni Toti, oggi sospeso dalla carica, i partiti tutti si “agitano”.

Poco loro importa l’affermazione che, uscendo dal mancato interrogatorio di garanzia, Aldo Spinelli ha lanciato ai presenti, quel “male non fare, paura non avere” che già era stato usato dalla Ministro Santanchè per commentare le proprie vicissitudini giudiziarie.

La campagna elettorale per le elezioni europee, dopo i fatti di Genova, è diventata uno sorta di uno scontro di parole sul “Toti si deve dimettere” a cui si contrappone il sempre verde “giustizia ad orologeria”.

Campagna elettorale che, a dire il vero, aveva già visto affacciarsi la magistratura sia in Puglia che in Sicilia, ma anche in Piemonte per esempio.

Campagna elettorale che, a prescindere da tutto, non permetteva in alcun modo ai cittadini elettori di comprendere le diverse linee politiche su cui dover scegliere attraverso il voto.

Ci inondano di “votate Giorgia”, votate “Schlein”, “Calenda”, “Capitano Ultimo”, “Salis” a prescindere da quello che pensano.

Agli elettori viene chiesto di votare un “simbolo”, non di esprimersi attraverso il voto su linee politiche, contenuti.

Unica eccezione la possibilità di votare “Vannacci”.

Del generale possiamo leggere, piaccia o non piaccia quel che ha scritto, il suo pensiero in un libro tanto divisivo quanto chiaro ed esaustivo.

In fondo da “paracadutista” non ha paura a combattere per le cose su cui lui crede.

Di questo gli va dato merito.

Sarà questo il motivo per cui i suoi avversari spesso cercano di denigrarlo proprio su una sua, asserita dagli stessi, tendenza a cambiare opinione.

In quei casi facile riportare alla memoria le parole di un altrettanto discusso Presidente Andreotti sulla siderale distanza fra “morale” e “moralismo” allorquando dichiarò “ io distinguerei le persone morali dai moralisti, perché molti di coloro che spendono il loro tempo a parlare di etica, a forza di parlarne non hanno il tempo per praticarla”.

Non so voi, ma questa dichiarazione mi sembra particolarmente adatta ai tempi che viviamo.

Tornando ai fatti di cronaca, nel dover, mio malgrado, seguire questo tsunami di parole vuote, mi tornano alla mente momenti del passato della nostra Repubblica.

Essendo oramai canuto ricordo le immagini di quei giorni del 1992 con Mani Pulite che prendeva abbrivio.

Oggi, nel seguire le dichiarazioni dei singoli parlamentari, addirittura di ministri e capi partito, almeno chi scrive, ha la sensazione di un sistema politico, tutto, terrorizzato che si scoperchi il sistema di lottizzazione, di malagestio, per l’ennesima volta.

Sistema che sta letteralmente distruggendo la nostra Patria.

Forse anche per questo mi tornano alla memoria le parole che il 3 luglio del 1992 l’allora Segretario del Partito socialista italiano ed ex presidente del Consiglio tenne alla Camera dei Deputati con cui definì buona parte del sistema di finanziamento dei partiti politici del tempo “irregolare o illegale”.

In quel celebre discorso Craxi sfidò gli altri deputati a smentirlo e, contemporaneamente, lanciò un messaggio chiaro ai suoi “colleghi”.

Craxi consigliò al Parlamento tutto di non “dividersi”, proponeva di “fare quadrato”.

Il Segretario socialista aveva compreso fra i primi che gli arresti di politici che si stavano susseguendo, avrebbero spazzato via una intera classe politica.

Non troppi giorni dopo subì l’onta delle “monetine” e l’esilio.

L’Italia era agli inizi di quell’insieme di azioni giudiziarie che prese il nome di Tangentopoli, azioni che coinvolsero quasi tutti i principali partiti italiani e un pezzo importante dell’imprenditoria del nostro Paese.

Craxi, già raggiunto dalle inchieste, parlava di un sistema corruttivo e concussivo che riguardava tutto il potere della Nazione, una consorteria diffusa che univa tutti i partiti.

Il teorema di Craxi era che, essendo il metodo corruttivo sistemico, si doveva risolvere politicamente e non per via giudiziaria.

In queste ore le parole di Bettino Craxi del 1992 “d’altra parte, ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale” tornano alla mia mente.

Finanziamento dei partiti, solo dei partiti o di un complesso sistema di potere autoreferenziale?

Autarchico si direbbe oggi.

In queste ore il Ministro della Difesa Guido Crosetto, nel commentare i fatti liguri, ha dichiarato “Con la logica usata per Toti, a cui non viene contestato alcun vantaggio personale e privato, possono arrestare la quasi totalità dei Sindaci, dei Presidenti di Regione, dei Dirigenti Pubblici”.

Il ministro, oltretutto, nello stesso messaggio sui social, lancia anche un sasso nello stagno dicendo “Suppongo potrebbero anche arrestare la maggior parte dei Magistrati”.

Messaggio simile, inoltre, arriva anche da Salvini che, parlando con la stampa anche lui dell’arresto di Toti, si esprime così “Mettessimo microspie negli uffici dei magistrati non so quanti continuerebbero a lavorare”.

L’opinione pubblica, a dire il vero, in cuor suo, spesso pensa che di corrotti ve ne siano un certo numero anche in quella categoria di funzionari che hanno giurato sulla Costituzione italiana.

Temo involontariamente i due ministri attraverso le loro esternazioni denunciano il devastante degrado morale che regna sovrano in questa nostra triste Italia, degrado che non riguarda esclusivamente politici, funzionari pubblici ed imprenditori, riguarda la nostra nazione in ogni suo ambito.

Questa la causa che ha portato l’Italia al collasso.

I cittadini sono spaventati per il futuro, i giovani preferiscono vivere l’ora ed adesso, non programmano, hanno paura e conseguentemente preferiscono non procreare, alcuni addirittura decidono di lasciare la loro amata Patria.

Il consociativismo, il cosiddetto comitato d’affari, lo percepiscono tutti senza neanche concentrarsi troppo e lo percepiscono assai ampio e variegato. Assai, direi ostentatamente, pervicace.

Per questo ai magistrati ed alle forze sane del Paese consegno una suggestione utilizzando un noto aforisma di Eraclito da Efeso “Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare”.

Sono, infatti, assai convinto che la nostra amata Italia debba ritrovare “credibilità” e, per raggiungere questo stato, non bisogna avere paura di affondare il coltello fino in fondo alla “piaga”.

Nel 1992 vedemmo solo alcuni partiti, alcune fattispecie di reato, alcune categorie professionali essere coinvolti, quanto sarebbe utile che questa volta la “pulizia delle mani” potesse essere “integrale”.

Quanto sarebbe utile se la nostra amata Patria trovasse il coraggio di scoperchiare tutte le tombe imbiancate, senza “perbenismi” che, tanto per non essere frainteso, il Treccani definisce come “modo di comportarsi di chi vuole apparire persona perbene, seguendo con qualche ostentazione le norme della morale comune o uniformandosi a quelle della classe sociale dominante”.

Cosa di più dominante di un “comitato d’affari” appunto?

Cosa di “morale” nel “fermare la propria azione” allorquando si dovesse prendere atto che la stessa riguarderebbe persone o fatti che non si vorrebbe incontrare nello svolgimento della propria attività?

Tanti i rumori in questa triste Italia, l’apparato giudiziario sarà garante della credibilità del nostro popolo, della nostra Patria, se oserà e scoperchierà tutto.

Raggiungendo tutti e facendo emergere anche i fatti più scabrosi.

Forse in questo modo gli italiani saranno messi nella condizione di affrontare la realtà del loro Paese e reagiranno per ricostruire la nostra Patria.

Ignoto Uno

Significativo video che va visionato, per Vostra conoscenza

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Mani Pulite bis? Forse Sì

 

Era un lunedì, esattamente il 17 febbraio 1992, il GIP Italo Ghitti autorizzò l’arresto richiesto dal pubblico Ministero Antonio Di Pietro del Presidente del Pio Alberto Trivulzio a Milano.

 

L’ingegner Mario Chiesa, per molti “Mariotto”, era stato colto in flagranza di reato mentre intascava una tangente a lui portata in ufficio dall’imprenditore Luca Magni.

 

Era stato proprio questo ad informare l’Arma dei Carabinieri di dover “pagare” l’ennesima “tangente”.

 

Furono le forze dell’ordine a fornire sette milioni di lire “segnate”, così si dice in gergo, che l’imprenditore consegnò a Chiesa.

 

Quei sette milioni furono l’inizio della fine della cosiddetta Prima Repubblica.

 

Immediatamente iniziò quello che fu denominato “Circo Mediatico”, altrettanto immediatamente venne riesumato il tema della “questione morale” che il Segretario Politico del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, prima, e il Segretario Politico del Partito Repubblicano Italiano Giovanni Spadolini, poi, avevano cercato di posizionare al centro dell’agenda della politica della nostra Nazione, purtroppo senza successo.

 

Berlinguer pose sul tavolo il tema per la prima volta il 28 luglio 1981 in una intervista con uno dei più famosi giornalisti italiani e cofondatore del quotidiano La Repubblica, Eugenio Scalfari.

 

In quel lontano 1993 – 94, ben dodici anni dopo quell’intervista, la questione della morale nella gestione della cosa pubblica esplose attraverso un impressionante numero di arresti.

 

Arresti di politici, quasi esclusivamente dell’allora pentapartito, cioè di partiti governativi, e di industriali e manager pubblici e privati.

 

Gli italiani non potettero vedere arresti altrettanto di massa di amministratori, di qualsivoglia partito fossero, al comando di Regioni e Comuni.

 

Tantomeno videro arresti di sindacalisti, giornalisti e magistrati.

 

Infine, gli italiani non se ne accorsero al tempo, ma il malaffare ed il cortocircuito fra politica ed affari in Italia si fermava al nord, massimo centro nord. Eboli era lontana, la Sicilia o la Calabria e la Puglia ancor di più.

 

Allora, però, l’opinione pubblica aveva raggiunto un tale livello di insofferenza per coloro che rappresentavano il potere costituito da non farsi alcuna domanda, nemmeno allorquando avvennero suicidi, alcuni a dire il vero assai “strani”.

 

Solo recentemente alcune intercettazioni telefoniche fra l’imprenditore della chimica Raul Gardini e “qualcuno” in Sicilia sono riemerse portando a chi ha potuto ascoltarle ampi stimoli di riflessione.

 

Fra questi stimoli il principale è il ragionare su chi avesse “dimenticato in un cassetto” le registrazioni di quelle conversazioni telefoniche.

 

Una suggestione che gira fra i soliti salotti dei bene informati a riguardo è che a “perderle” fossero i “nemici” all’interno delle Istituzioni di altri alti funzionari delle istituzioni italiane che solo recentemente sono tornati ad una vita normale dopo essere stati assolti da reati che vedevano strani intrecci fra lo Stato e chi conta nel sud del nostro Paese.

 

Sempre “questione morale”.

 

Certe volte “questione morale” ove la linea della “morale” veniva, viene, probabilmente, dettata da quelli che nei film di Sergio Leone sarebbero stati additati come “i cattivi”.

 

I “cattivi” che vengono rappresentati come “buoni”, i “buoni” che vengono rappresentati come “cattivi”.

 

Chi si sentirebbe di negare che il popolo italiano stia sentendo nell’aria una strana atmosfera di “Mani Pulite Bis”?

 

Alcuni, forse molti, forse moltissimi, addirittura la anela.

 

Altri, avendo chiara la situazione socio politico economica della nostra Patria, pur temendo di dover ammettere che oggi l’Italia stia vivendo un momento di corruzione morale ancor più grave di quella di quegli anni, ha paura che la nazione non riesca a reggere un nuovo momento entropico legato ad una massiva ondata di sti nel nostro Paese.

 

Questione morale, sono passati quarantatré anni da quella intuizione politica di Enrico Berlinguer, ma la nostra amata Patria sembra non riuscire a superare certi comportamenti, cortocircuiti.

 

Anzi sembra andare sempre più in basso, avvitarsi su se stessa, perdere sempre più dignità.

 

I cosiddetti “Comitati di affari” sono sempre più facili da percepire.

 

Chi prova ad intraprendere e tocca i suddetti “comitati” viene, praticamente sempre, disintegrato.

 

La gogna mediatica abbinata a certe “attenzioni giudiziarie” impediscono la nascita di una economia sana e libera nel nostro amato Paese.

 

Mafie, politici, media ed ambienti istituzionali, drammaticamente, spesso, si vedono intraluce.

 

Oggi il popolo italiano vede arresti a tappeto di politici “affaristi” e pronti ad accettare di essere eletti attraverso “patti” che prevedono uno “scambio”, ultimo “caso” quello che vede fra gli arrestati il Presidente della Regione Liguria Toti.

 

Le azioni giudiziarie di quei lontani anni ‘90 distrussero un sistema ma non portarono una soluzione.

 

In molti casi gli arrestati vennero dopo molti anni assolti.

 

Eppure quel mondo era marcio, tutto marcio, non solo una parte.

 

Oggi parrebbe che una Mani Pulite Bis stia prendendo forma.

 

Fosse così speriamo che quella parte onesta della magistratura, certamente numericamente più numerosa di quella disonesta, abbia la forza di pulire fino in fondo.

 

L’Italia ha urgente necessità di ritrovare “dignità”, anche rispetto ad assai complessi e maleodoranti intrecci internazionali.

 

La grave crisi socio economica della nazione, ritrovata la dignità, potrà trovare nel ceto dirigente, anche politico, che sarà chiamato a costruire il “nuovo sogno italiano” coloro che sapranno riallacciare i legami internazionali che seppero creare i presupposti che portarono al mai dimenticato boom economico.

 

Questa è certamente la speranza di quella parte di popolo italiano sano ed onesto che di vivere in questa ambiguità della propria Patria non ce la fa proprio più.

 

Ignoto Uno




nazioni unite e crescita

Che le Nazioni Unite tornino a parlare di “crescita felice”

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aperto i lavori dedicati all’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite dal titolo “Pace, Giustizia e Istituzioni per lo Sviluppo Sostenibile”.

Non posso nascondere che, per chi come me pone al centro gli interessi della propria Patria e dei suoi concittadini, l’elemento socio economico che ritengo debba essere massimizzato dall’agenda politica di chi è chiamato, sempre pro tempore, a rappresentare e governare il proprio popolo è lo “sviluppo” dello stesso.

“Sviluppo” che deve essere in armonia ed in equilibrio con quello delle altre “nazioni”.

Non uno “sviluppo” subalterno a quello di “altri”.

L’equilibrio e la stabilità socio economica di una nazione creerà sempre un “noi” che si contrapporrà ad un “loro”.

Questa contrapposizione necessita di “tavoli di dialogo” finalizzati a definire “equilibri condivisi e stabili” ove ogni “popolo” possa crescere sognando una possibilità di vita migliore di generazione in generazione.

Non una “decrescita felice” per permettere una “sostenibilità” ove “altri” possano vedere, grazie a detta “sostenibilità”, una propria “crescita felice”.

In questo mio pensiero non posso che riportare alla memoria quel magnifico intervento del fondatore di Apple.

Steve Jobs all’Università di Stanford in California, il 12 giugno 2005, In occasione della consegna dei diplomi di laurea emozionò i giovani, ed i meno giovani, con parole che possono essere riassunte in quella magnifica suggestione di “siate affamati, siate folli”.

Sognare in grande, essere affamati appunti, e sforzarsi al massimo per raggiungere interamente i risultati che si sono sognati, questo noi adulti dobbiamo insegnare ai “nostri giovani”, non dobbiamo insegnare loro la “decrescita felice”, dobbiamo insegnare loro la “crescita radiosa”.

Una “crescita” etica, onesta, basata sul lavoro, sull’impegno, sulla “fatica” .

Una “crescita” basata sul rispetto in primo luogo di se stessi perché solo rispettandosi si può rispettare “l’altro”.

Una “crescita” in pace con gli “altri” perché li si rispetta nelle loro peculiarità, non li si “circonda”, li si “affronta in tavoli di confronto”per costruire “accordi”, “patti”.

Questo sia nella vita privata, sia nella vita professionale, sia fra Stati.

Una “crescita” sana ma orgogliosa.

Una “crescita” intelligente, non sostenibile.

Il Presidente Mattarella ha parlato di “Pace, inclusione, giustizia” come i “capisaldi irrinunciabili per lo sviluppo sostenibile di ogni Paese e di ogni società”.

Indubbiamente la “Pace” è l’elemento cardine per lo “sviluppo”, proprio questa considerazione mi porta a chiedere a me stesso cosa serva oggi avere, ed investire tanto denaro, nelle Nazioni Unite.

Quando il 24 ottobre del 1945, a San Francisco in Stati Uniti, entrava in vigore la Carta delle Nazioni Unite firmata il precedente 26 giugno, documento cardine dell’ONU, prendeva forma una organizzazione intergovernativa a carattere mondiale i cui principali obiettivi erano il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni, il perseguimento di una cooperazione internazionale e il favorire l’armonizzazione delle varie azioni compiute a questi scopi dai suoi membri.

Mi pare facile dichiarare che le Nazioni Unite stiano fallendo su tutta la linea.

Una delle molteplici cause potrebbe essere la eccessiva “polarizzazione” delle azioni di questo organo che, così a me sembra, è sempre meno “terzo” rispetto ai diversi punti di vista ed interessi degli Stati membri?

Allorquando si parla di “sviluppo sostenibile” non si rischia di posizionarsi su una linea?

Non si rischia di favorire eccessivamente alcune economie a discapito di altre? Fra queste la nostra. L’italiana.

I fatti dicono di sì.

Questa linea, lo dicono i fatti, sta favorendo una parte del mondo rispetto ad altre e fra le “altre” non è difficile annoverare la nostra Italia.

Questo raccontano i numeri macroeconomici e finanziari di lungo periodo e la scomparsa di un sistema industriale che è stato a lungo fiore all’occhiello della nostra amata Patria.

Il Presidente della Repubblica a New York ha dichiarato che “Pace e Sviluppo hanno destini incrociati”.

“Non può esservi l’uno, senza l’altra” ha aggiunto.

Il Presidente degli italiani ha ricordato a tutti che tutti i cittadini del mondo stanno vivendo “in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della seconda guerra mondiale”.

Quanto sono vere queste parole!

È tempo di cambiare passo, è tempo di tornare a vedere le Nazioni Unite essere terze agli interessi dei singoli Stati che la compongono.

È tempo di tornare a parlare di crescita felice e di chiedere a tutti gli Stati di rispettare il “benessere” e la “crescita” degli altri Stati, degli altri popoli.

Se l’ONU non saprà essere centrale nella costruzione della “pace” e del “benessere” di tutti i popoli non potremmo che iniziare a ragionare su un nuovo modello di Nazioni Unite, magari assai più snello, magari assai meno costoso.

Una nota per finire, sempre sull’ONU e sulle sue Agenzie.

Qualche giorno fa il Guardian ha dichiarato in una sua inchiesta che nel 2023 in Europa sono scomparsi nel nulla cinquantamila minori arrivati come migranti, diecimila solo in Italia.

Possiamo chiedere all’Unicef se intende fare pressioni sui governi per costringerli ad indagare a fondo su cosa sia successo a questi minori?

Possiamo chiedere all’Unicef se intende fare pressioni sui media per costringerli a dare la giusta visibilità e la giusta consapevolezza dell’opinione pubblica su questa onta?

Sarebbe, infine, così bello se il Presidente Mattarella volesse fare un intervento diretto sul nostro Parlamento per stimolare le Camere ad indagare su quei diecimila minori migranti spariti mentre erano sotto la tutela della nostra Patria.

In fondo noi italiani non possiamo dimenticare le magnifiche parole che Ludwig Van Beethoven musicò nel celeberrimo “Inno alla Gioia”.

Inno che, in prima istanza, dedicò alla “libertà”.

In fondo non può esistere gioia senza libertà ne libertà senza gioia.

Parole che recitano “Gioia, figlia della Luce. Dea dei carmi, Dea dei fior. Il tuo genio ne conduce
per sentieri di splendor.
Il tuo raggio asciuga il pianto,
sperde l’ira, fuga il duol. Vieni, sorridi a noi d’accanto, primogenita del sol”.

Libertà di vivere in libertà in primo luogo, magari nella propria Patria nativa e non migranti in balia di trafficanti e di persone senza scrupoli.

Ignoto Uno




I conti non tornano … ormai sono scappati!

 

Per comprendere lo stato di salute della nostra nazione uno dei principali “termometri” è il “Conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria”, usualmente indicato come “conto disponibilità”.

 

Esso è detenuto presso la Banca d’Italia ed assicura l’esecuzione degli incassi e dei pagamenti dello Stato.

 

La normativa comunitaria obbliga che non presenti mai un saldo negativo.

 

Vieta, infatti, alle banche centrali di concedere finanziamenti al Tesoro.

La legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 31 dicembre 2009, con le successive più stringenti modifiche, disciplina la programmazione finanziaria garantendo un costante monitoraggio del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato dei flussi di cassa di detto conto e la conseguente capacità operativa sia nel breve che nel medio – lungo periodo.

 

Il ministero dell’Economia è tenuto a dare mensilmente evidenza pubblica dell’andamento di questo strategico “conto”, purtroppo i media e gli italiani tutti trascurano assai spesso questa lettura.

 

Ebbene l’ultimo comunicato informa che, ad aprile, lo Stato aveva a disposizione 13.842 miliardi di euro, circa la metà di quello che esponeva a saldo dodici mesi prima.

 

Indispensabile sottolineare che il comunicato del Ministero di aprile 2022 esponeva a saldo 83.445 miliardi, esattamente 69.603 miliardi in più.

 

La guerra in Ucraina con la conseguente, ed assai ideologica, gestione della crisi fra Stati Uniti, Nato, Unione Europea e Federazione Russa era iniziata da due mesi.

 

Oggi la Comunità Europea tutta sta vivendo la campagna elettorale per eleggere il nuovo parlamento europeo.

 

In Italia, non è la prima volta, questa corsa elettorale viene usata dai partiti, e vissuta dai cittadini, molto più come una verifica dei pesi politici interni.

 

D’altronde il Parlamento Europeo non viene percepito come strategico, la Commissione Europea ed il suo Presidente viene decisa dal Consiglio dei Presidenti dei 27 Stati membri e non dal Parlamento, e il ruolo delle direzioni generali di Bruxelles incide assai di più che quello dei futuri eletti.

 

Soprattutto per questo sono impercettibili i programmi dei singoli gruppi parlamentari del parlamento europeo nella campagna elettorale mentre sono assai visibili gli scontri fra i partiti ed i loro leader.

 

Oggi in Italia è molto più sentita la corsa fra Forza Italia e Lega oppure fra PD e Movimento Cinque Stelle, addirittura fra il Generale Vannacci e Salvini contro i “colonnelli” nella Lega o fra la Schlein ed i cosiddetti “cacicchi”, che la necessità di costruire una Europa diversa.

 

Questo, banalmente, perché una Europa diversa non nascerà attraverso queste elezioni ma esclusivamente attraverso una implosione definitiva del ceto elitario che governa la UE27 oggi qualsiasi sia l’esito di queste elezioni.

 

A causa di questo assai poco edificante quadro i partiti che compongono la coalizione di governo, al fine di rafforzarsi in Italia, riempiono di promesse l’opinione pubblica.

 

Dai bonus in busta paga, agli aiuti al mondo agricolo, dagli sgravi a chi assume a sanatorie di diversa fatta.

 

La dura realtà dei numeri, di quel “conto disponibilità” appunto, rappresenta la “Caporetto” in cui vive lo Stato italiano.

 

Una “Caporetto” che richiede da parte dei politici tutti, dei governanti ancor di più, saggezza ed umiltà.

 

Doti, entrambe, assai rare nell’Italia di oggi.

 

Per il momento le agenzie di rating rimangono in attesa.

Fitch ha mantenuto costante, infatti, la sua pagella sull’Italia in questi giorni.

 

Il 31 maggio toccherà a Moody’s, che molto probabilmente farà la stessa scelta.

 

Il momento dei segnali forti, sarà in autunno allorquando il governo italiano, questo o il prossimo, dovrà approntare la legge sulle future politiche economiche.

 

Quelle politiche che dovranno parlare con la nuova Commissione Europea e, forse ancora di più, con i mercati finanziari mondiali in costanza di un nuovo Presidente in Stati Uniti.

 

Ignoto Uno




Stan Laurel e Oliver Hardy amici oltre il tempo.

La “Cultura” concorre alla formazione dell’Individuo sul piano intellettuale e morale, oltre all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società.

E’ infatti l’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio la letteratura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente ed elaborate in modo soggettivo ed autonomo , diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a migliorare le facoltà individuali, specialmente nella capacità di giudizio.

E’ con questo spirito che ci Pregiamo di dare spazio da oggi alla Collega Cristina Ciferri.

Prima del suo interessantissimo pezzo, che leggete a seguire, un suo brevissimo curriculum che la pone al top di quelle discipline che vanno dall’arte, alla moda, dal food al turismo.

Non a caso fondatrice e CEO di Accademie di grande interesse Nazionale ed Internazionale.

 

Cristina Ciferri Giornalista Pubblicista,

Comunicatore d’Impresa e Tecnico Pubblicitario;

Vocational Education Specialist; Instructional Designer; Press Relations &

Event Manager.

Dal 1993 Amministratore Unico ANCI srl – Accademia Nazionale Comunicazione e Immagine.

Dal 2004 CEO & Founder ANPA – Accademia Nazionale Professioni Alberghiere prima Scuola -Albergo d’Italia

specializzata nel campo della formazione professionale e manageriale dei settori Hospitality & Food & Beverage Management.

Dal 2017 CEO & Founder dell’Ateneo del Gelato Italiano, Scuola Internazionale di Gelateria Artigianale Made in Italy e Laboratorio Creativo del Gusto.

 

 

“STANLIO & OLLIO” – Amici fino all’ultima risata

Comicità e commozione per ridere fino a piangere e piangere dal ridere

 

Al Teatro Vittoria di Roma, lo scorso Martedì 23 Aprile in scena un elegante e esilarante cammeo di raffinata e intelligente comicità, un equilibrato esercizio di stile recitativo, un concentrato di toccanti emozioni, un intreccio di sovrapposti e a volte contrastanti sentimenti dipinti con pennellate di vite recitate e vissute, a comporre una tela astratta senza confini dove storie umane e professionali tinte di gloria e sofferente decadenza, creano un arcobaleno di intense e ammalianti suggestioni, riportando in vita il più famoso ed immortale duo comico Hollywoodiano: Stan Laurel e Oliver Hardy.

 

Esperimento pienamente riuscito grazie alla straordinaria capacità recitativa della coppia protagonista dello spettacolo, Claudio Insegno nei panni di Stanlio e Federico Perrotta in quelli di Ollio (Babe) e dell’intera compagnia teatrale, composta da altri 5 attori abilissimi nell’interpretare in sequenza addirittura 24 diversi ruoli, tra i quali in particolare quelli delle tanti mogli e amanti del duo comico (portate in scena da Valentina Olla, Sabrina Pellegrino e Federica De Riggi), dell’attore Jimmy Finlayson, il leggendario burbero ometto dagli enormi baffi e occhi strabuzzati, continuamente in lite con i due protagonisti e di Hal Roach, l’ideatore e primo produttore della coppia Stanlio e Ollio (interpretati entrambi da Franco Mennella). Non di minor valore artistico l’interpretazione di Giacomo Rasetti, impegnato in scena nel ruolo di tecnico, aiuto regista e pazzo maniaco.

 

Vincente il testo inedito scritto dallo stesso Insegno con Sabrina Pellegrino e diretto sempre da Insegno, che ha dato vita ad una commedia musicale dal grande e incalzante ritmo, costruita sullo stile ispirato al genere Slapstick del cinema muto, basato sul linguaggio del corpo e sulla esilarante costruzione di azioni spericolate e esagerate, colpi, risse, incidenti e lancio di oggetti e torte in faccia, che da subito fa decollare lo spettacolo strappando risate e applausi e riuscendo al contempo a trasportare il pubblico all’interno di spazi improbabili, dove tutto si mescola e si separa, si fonde e confonde, creando un feel rouge tra la vita privata e quella artistica dei due grandi comici, complementari quanto assolutamente diversi e caratterialmente opposti nella realtà come in scena e proprio per questo straordinariamente uniti dal sentimento vero dell’Amicizia.

 

Storie di amori sbagliati, persi e ritrovati. Storie di fragilità umane, di errori e rivincite, di glorie e decadenze, di geni artistici e talenti, di maturità e eterna fanciullezza. Storia di una amicizia sincera e autentica, di promesse giurate, di valori mai traditi.

 

“STANLIO & OLLIO” – Amici fino all’ultima risata, in scena al Teatro Vittoria fino al 5 Maggio, toglie la maschera ai due straordinari artisti e attraverso un sapiente apparato scenografico pensato da Alessandro Chiti, ci introduce senza soluzione di continuità, nelle abitazioni dei comici per spiare le rispettive turbolente atmosfere domestiche e le difficili dinamiche relazionali con mogli e amanti, dai litigi coniugali, alle separazioni, ai matrimoni, per poi farci piombare all’interno di un set cinematografico dove la coppia si appresta a girare una stravagante scena di un film e ancora portarci a riviere come se fossimo al cinema, alcune delle più esilaranti e famose gags comiche del duo, fino ad accompagnarli nella storica tournée teatrale britannica, occasione per una intima, pura, reciproca confessione dei personali sentimenti che consacrerà una forte, leale e indissolubile amicizia.

 

Nella vita uomini fragili e complessi, insicuri, ostinati e perseveranti, accomodanti e combattenti. In scena, maschere maldestre e infantili, distratte e fallibili, argute e geniali, sempre nei guai e nei pasticci anche nell’affrontare e risolvere situazioni semplicissime.

 

Braccio e mente, protagonista e spalla… nella vita come in scena, un continuo scambio di ruoli che confondono le personalità dei due colossi della comicità mondiale del cinema muto e sonoro, geni indiscussi della risata sana e contagiosa e di una comicità elegante, studiata e ragionata, fatta di gesti, espressioni mimiche e facciali, di sguardi buoni e ingenui, intelligenti e malinconici sempre puntati dritti in camera verso lo spettatore, di smorfie e sberleffi, di scambi assurdi di bombette e divertenti e pantomimici balletti.

 

Uno spettacolo da vedere e perché no rivedere anche più volte, per godere l’emozione di rivivere i miti artistici della nostra infanzia, far conoscere alle nuovissime generazioni una comicità di assoluto stile, ma anche per guarire con il potere terapeutico della risata la mente e il corpo.

 

Perché come già sosteneva Ippocrate, “Il buonumore equivale a un elisir di lunga vita”!

Cristina Ciferri

www.anpascuola.it

www.ateneodelgelatoitaliano.com




Lontani da quegli anni…

Dalla Liberazione a Scurati

 

A Milano il 25 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, CLNAI, presieduto da Alfredo Pizzoni, diede inizio alla fase di governo che la portò alla costituzione della Repubblica.

 

In quel giorno, infatti, i membri del CLNAI Luigi Longo, Emilio Sereni, il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, Leo Valiani, Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marrazzo emanarono i decreti che davano la prima forma di governo allo Stato italiano che si stava formando e proclamarono l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti con il fine di obbligare questi alla resa incondizionata.

 

Fu Sandro Pertini a proclamare lo sciopero generale con le seguenti storiche parole “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”.

 

In queste ore, da giorni, giorni di tensioni che evocano la guerra mondiale e che vedono una Italia piegata da una assai pesante situazione economico finanziaria, si parla pressoché a reti unificate del testo sul 25 aprile del professor Antonio Scurati a cui non è stato concesso di andare in onda sulla televisione pubblica.

 

Ebbene andiamo a vedere cosa il professore avrebbe detto per celebrare il 25 aprile.

 

L’incipit sarebbe stato “lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini”

 

Il professore di letterature comparate e scritture creative all’università IULM di Milano Antonio Scurati non avrebbe aperto il suo intervento per riportare alla memoria degli italiani il giorno in cui i rappresentanti delle formazioni partigiane riunitisi nel CLNAI avevano dato l’ultima spallato al fascismo ed alla tragica occupazione nazista bensì parlando dall’onorevole Matteotti leader del Partito Socialista Unitario.

 

Certamente, come ricorda il professore nel suo intervento censurato, “ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista” ma, questo il mio pensiero, di certo non unico simbolo di quei 250mila combattenti partigiani che combatterono armati contro il nazifascismo.

 

Per chiarezza è lo storico comunista della guerra partigiana Gianni Oliva a dichiarare che in tutto furono 250mila i combattenti partigiani divisi in diverse componenti, non tutte socialiste e vicine a Matteotti.

 

Citiamole tutte per onorarne i loro caduti nella guerra di liberazione partigiana.

– Brigate Garibaldi, GAP e SAP, organizzati dal Partito Comunista Italiano.

– formazioni di Giustizia e Libertà, coordinate dal Partito d’Azione.

– formazioni Giacomo Matteotti, del Partito Socialista di Unità Proletaria

– Brigate Fiamme Verdi, che nascono come formazioni autonome per iniziativa di alcuni ufficiali degli alpini, e si legano poi alla Democrazia cristiana, come le Brigate del popolo

– Brigate Osoppo, autonome e legate alla DC e al PdA

– formazioni azzurre, autonome ma politicamente monarchiche e badogliane

– piccole formazioni legate ai liberali e ai monarchici, come la Franchi di Edgardo Sogno, o quelle trotskiste, come Bandiera Rossa, e anarchiche, come le Bruzzi-Malatesta.

 

Come si può notare non tutti di sinistra e, successivamente, contrari al Patto Atlantico o filo sovietici.

 

Come, soprattutto in queste ore di guerra in terra di Ucraina, non ricordare l’avversità di Pertini all’adesione alla NATO della nostra Italia?

 

Come non chiedersi se, in era di guerra fredda e di Patto di Varsavia, quella scelta sarebbe stata corretta per la giovane democrazia italiana?

 

Socialista Matteotti, socialista Pertini.

 

Il Professor Scurati, sempre nel suo intervento in memoria della liberazione, continua con “In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944”.

 

In realtà il 25 aprile commemora la democrazia italiana raggiunta con il sacrificio delle politicamente variegate brigate partigiane da un lato e dal numericamente assai più rilevante sacrificio dei militi delle truppe alleate che hanno letteralmente portato la democrazia in Italia.

 

Come non condividere, almeno io sono fra quelli che lo condividono, quanto il professore dichiara allorquando dice “il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica, non soltanto alla fine o occasionalmente, un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista”.

 

Fino a questo punto, pur se si notano delle omissioni nei confronti dei combattenti partigiani vicino alle culture non di sinistra e nei confronti del’ imprescindibile ruolo delle truppe alleate, furono 465mila i fanti statunitensi sbarcati solo in Sicilia, quanto il professor Scurati riporta al centro della memoria è importante ed utile per dare un senso alle origini della nostra repubblica.

 

Dimenticanze, buchi di memoria, quelle del professore. Docente che ha indubbiamente dedicato quattro romanzi a Mussolini ma che, in questa occasione, avrebbe potuto e dovuto, probabilmente in questo caso non sarebbe stato censurato, parlare dei partigiani e dei loro alleati piuttosto che occupare uno spazio pubblico per strumentalizzare ai fini di mera polemica politica, un momento alto della nostra storia, patria.

 

Strumentalizzazione della televisione pubblica, infatti, la conclusione dell’intervento del professor Scurati allorquando dice: “lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023)”.

 

Egregio professore, da nipote e figlio di combattenti antifascisti, da cristiano liberale membro di una famiglia di origini ebraiche, la prego di provare ad essere realmente democratico e di non permettersi mai più di sporcare la festa della liberazione con la sua propaganda di parte.

 

Egregio professore impari a scindere gli alti momenti della repubblica con la demagogia di una parte.

 

Egregio professore mi permetta di dirle che l’ultima parte del suo intervento, nell’alzare il dito dalla televisione pubblica contro la Premier Meloni, ha infangato, buttandola in politica di parte, la memoria di chi ha combattuto, in alcuni casi perdendo la vita, per permettere anche a Lei di essere libero avversario della Premier italiana pro tempore Giorgia Meloni.

 

Egregio Professore mi permetta, infine, di farle notare che l’Italia, oggi ancor più che a quel tempo, ha enorme necessità di pensiero alto e realmente, pragmaticamente, democratico e non di “momenti da bar” come, a mio personale e sommesso avviso, avrebbe fornito lei con un attacco alla Premier in un momento che sarebbe dovuto essere “istituzionale” e non “partitico”.

 

In memoria di chi è morto per dare a noi la libertà.

 

Uomini veri.

 

Uomini che combattevano rischiando la vita, non demagoghi.

 

Ignoto Uno




Europa ed aborto, diritti contro diritti.

L’Europa si suicida se metterà l’aborto nella sua Carta fondamentale!

 

Il diritto all’aborto va inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: è quanto ha deciso nei giorni scorsi il Parlamento europeo con un voto nel quale ha prevalso la maggioranza “progressista” con 336 “sì”, 163 “no” e 39 astenuti.

Il fatto curioso e drammatico di questa decisione è che – se lo notate – non si trattava da parte dei parlamentari europei di ribadire il diritto all’aborto, il quale praticamente è presente in tutte le legislazioni nazionali con modalità molto libere, salvo in Polonia e a Malta dove permangono delle restrizioni.

No, la vera novità è che tale diritto a interrompere una gravidanza diviene – nei desideri delle sinistre e dei “liberal” europei (Macron e simili) – non più soltanto una possibilità ma addirittura un valore fondamentale e “fondante” della identità europea.

Capite in quale abisso di abiezione morale siamo caduti?

Nel giro di pochi decenni siamo passati dall’aborto come crimine da vietare e punire (perché si riconosceva che con esso, fatto clandestinamente, si sopprimeva una vita), all’aborto ammesso legalmente con l’argomentazione di tutelare la vita delle donne, non più costrette ad affidarsi alle “mammane” o a medici compiacenti che agivano di nascosto contro la legge e a pagamento; fino a questo ultimo “traguardo” assolutamente folle e delirante in cui una maggioranza parlamentare di sinistra pretende di affermare che l’aborto divenga un diritto fondamentale, un “baluardo” della civiltà moderna e al quale nessuno possa più opporsi in alcun modo.

Infatti, nella risoluzione votata a Bruxelles si prevede di limitare l’obiezione di coscienza di medici e sanitari, di prevedere procedure obbligatorie nei percorsi formativi di medici e ostetrici perché l’aborto divenga una competenza e una prassi diffusa a tutti i livelli sanitari, e infine di vietare il finanziamento da parte della UE alle associazioni e realtà che diffondano valori anti-abortisti e anti-gender.

Se ci pensate, siamo tornati – almeno per ora soltanto con una dichiarazione di principio che per diventare legge dovrà essere approvata dal Consiglio europeo e poi assunta dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione – a una specie di eugenetica nazista: a quell’epoca i seguaci di Hitler teorizzarono l’inferiorità delle razze ebraica, rom, degli omosessuali e di persone con handicap vari.

Oggi si teorizza la “superiorità” di donne e uomini europei adulti che si arrogano il diritto di decidere se il nascituro (che loro stessi hanno suscitato in vita unendosi sessualmente) sia degno oppure no di maturare nel grembo materno.

E’ un “mondo al contrario” – come direbbe il generale Vannacci – dove la soppressione di una vita non viene più timidamente definita “interruzione della gravidanza”.

Qui, secondo i macroniani e socialisti vari, si ritiene invece che finalmente ci sia la conquista di civiltà piena: le donne sarebbero a questo punto libere di disporre in maniera assoluta del proprio corpo e della propria libertà sessuale, senza più quel vincolo morale di dover un po’ di nascosto porre termine a una vita nascente la cui unica “colpa” è quella di essere nata dentro il corpo di una donna che non intende (insieme al proprio partner) assumersi la responsabilità connessa a ogni rapporto sessuale: quella che possa nascere un bambino!

Di fatto dietro a questa dichiarazione europea si nasconde il sottile e indicibile intento delle sinistre di rendere l’aborto obbligatorio spazzando via le residue resistenze di medici obiettori, dei difensori della vita vari (tipo l’associazione Pro Vita & Famiglia di Jacopo Coghe che ha fatto girare a Bruxelles un camion vela con le parole: “To kill a baby is not a fundamental right”).

Se la direttiva si tramutasse in legge costituzionale europea, Pro Vita non potrebbe più fare tale pubblicità ma anzi verrebbe messa fuori legge e il suo presidente Coghe forse verrebbe incarcerato!

Vediamo come hanno votato i parlamentari italiani eletti a Bruxelles: a favore dell’aborto come “diritto fondamentale” si sono espressi Pd, Verdi, Cinque Stelle, + Europa, Azione, Italia Viva, con i voti aggiuntivi di Alessandra Mussolini e Lucia Vuolo di Forza Italia e di Gianna Gancia della Lega.

Contro si sono espressi Forza Italia (escluse le due “dissidenti” qui sopra), la Lega (esclusa la Gancia) e Fratelli d’Italia. Insomma, a destra si vota per la vita e contro l’assassinio dei bambini; a sinistra invece allegramente si brinda alla fine della civiltà europea fondata e costruita attorno ai valori giudaico-cristiani e alla democrazia sostanziale secondo la quale ogni “cittadino” ha gli stessi diritti e quindi nessuno può pensare di sopprimerlo.

L’Europa di oggi esprime questo folle delirio autodistruttivo, le femministe sono contente, i maschi ancora di più perché potranno fare all’amore con donne che avranno sempre meno remore e sensi di colpa nel “far sparire” le prove di questo atto d’amore, con la benedizione delle costituzioni europee.

Siamo alla pazzia politica e culturale di un continente – il nostro – del quale andavamo fieri e che invece oggi si è messo alla testa della schiera dei lestofanti della politica che ritengono di poter decidere della vita e della morte dei propri figli, con la stessa superficiale barbarie di Hitler, Stalin e Pol Pot.

Complimenti Europa: se non correggerai la tua rotta sei destinata a scomparire o a essere invasa … come del resto sta già avvenendo!

Il Credente




La legge è uguale per tutti ! Ma per qualcuno è più uguale che per gli altri.

Siamo sicuri che “La Legge è uguale per tutti” ? Quanto influisce la propaganda mediatica, la politica ideologizzata e l’interpretazione di uomini al “servizio” delle Istituzioni?

Che la legge non è uguale per tutti, è il pensiero che aleggia sempre più in maniera consistente nella mente dei cittadini Italiani.

Forse un tempo si poteva considerare come “illazione popolare”, oggi i fatti inducono a pensare possa essere diventata una realtà, certamente drammatica e discriminatoria in presenza di fatti controversi.

Basta spesso scorrere le prime pagine dei principali quotidiani o dei vari TG, forse senza nemmeno entrare negli approfondimenti dei singoli articoli, per pensare che quella, da sempre ritenuta “illazione”, possa trasformarsi in concretezza.

Sono tantissimi infatti gli spunti che lasciano intravedere questa situazione che sembra essere diventata sempre più anomala, tanto da indurre al successo un libro che descrive realisticamente come il mondo, nel nostro caso l’Italia, stia andando al contrario, rafforzando così quella che potrebbe trasformare una popolare illazione in una regola assunta.

Tralasciando ogni considerazione sia sul libro che sull’autore, non è la loro recensione l’oggetto di nostro interesse, desideriamo evidenziare uno degli ultimi fatti rilevati dai quotidiani nazionali e dai vari dibattiti televisivi, che inducono a pensare che il quesito enunciato nel titolo, abbia fondamento.

E’ di Giovedì 4 Aprile la notizia che l’ultimo procedimento su L’ex ministro Speranza, aperto a seguito di alcune denunce relative alla campagna di vaccinazione Covid, è stato archiviato. (Fonte ANSA)

“La Verita” di Mercoledì 10 Aprile titola in prima pagina, una esclusiva inchiesta di Francesco Borgonovo e Alessandro Rico: l’Ex ministro della salute, Speranza, sapeva che il 20% degli effetti avversi, tra coloro che si sono fatti oculare il fatidico “farmaco”, era gravissimo.

Non entrando nel merito scientifico, inerente la validità o meno del “farmaco”, oramai la letteratura e la casistica possono fornire significative indicazioni, evidenziamo invece come nonostante la confessione resa ai giudici, riguardante gli eventi avversi e forse anche gli innumerevoli decessi, questi piuttosto che indagare ed approfondire le responsabilità del ministro e non solo, abbiano preferito archiviare.

Nell’articolo di Francesco Borgonovo ed Alessandro Rico si evidenzia che il ministro in questione ha candidamente affermato che anche l’ex presidente dell’AIFA e l’allora primo ministro Mario Draghi, gestivano le politiche anti Covid ed erano al corrente dei gravissimi effetti avversi.

Così, tutti gli eventuali reati, anche di gravità estrema, che hanno causato invalidità gravissime e probabilmente un numero elevato di decessi, al punto che, secondo alcuni, si può ipotizzare il reato di strage, sono stati cancellati da una semplice “archiviazione”.

Alla luce di ciò, chiedersi quale sia il senso della motivazione del Tribunale dei Ministri che ha riconosciuta la correttezza condotta, volta esclusivamente alla difesa dell’interesse pubblico e del diritto alla salute dei cittadini, diventa naturale.

Quale è l’interesse pubblico e quale è il diritto alla salute?

Secondo l’inchiesta esclusiva, condotta dal Vicedirettore Borgonovo e dal Giornalista Rico, Speranza ha ammesso di essere a conoscenza dell’elevata percentuale di reazioni avverse, molte delle quali mortali, quindi dove stà la correttezza volta alla difesa dell’interesse pubblico e del diritto alla salute?

Addirittura, chi non ricorda le frasi proferite per far si che la popolazione si inoculasse il farmaco e tutte le successive dosi, dal ministro, ma anche dal Presidente Draghi e non solo, che lasciavano intendere che il “farmaco”, come noi preferiamo definirlo, fosse sicuro ed efficace?

Questo, nonostante che, già dopo le prime settimane di vaccinazione, al ministro sono giunti segnali allarmanti di pericolose controindicazioni.

Fatto che ignorò, preferendo continuare la campagna di immunizzazione.

Che ancora qualche cosa non quadra nella questione, forse lo si evince anche dal fatto che tutte le presentazioni del libro “perché guariremo” scritto da Speranza, inerente la pandemia, prima ritirato nel 2020, e poi secondo alcune fonti, riveduto e corretto in alcuni punti, rimesso in commercio, si parla di “rare segnalazioni di effetti avversi, suscitando reazioni e richieste di spiegazione da parte di chi ha subito in maniera grave e fortemente invalidante quegli effetti dovuti al “farmaco”, addirittura “imposto”, a mezzo DPCM del Presidente del Consiglio.

Perché Speranza si sottrae al pubblico confronto con i cittadini che hanno forse la colpa di aver creduto a persone dell’Istituzione e dello Stato?

Perché utilizzare le Forze dell’Ordine per impedire l’accesso a chi, fortemente invalidato, chiede un lecito confronto?

Perché i media Nazionali sembra vogliano glissare o tacere sulle continue fughe dell’esimio ex ministro dai vari luoghi ove invitato a presentare il suo libro, così come hanno sempre occultato le morti improvvise che potrebbero essere riconducibile all’utilizzo del farmaco?

Perché in Lombardia fu bloccato l’Ares 118 per le informazioni ad i giornalisti accreditati, in un momento in cui le morti improvvise ed i malori ebbero uno strano incremento, suscitando così le reazioni di chi non aveva più la possibilità di avere le informazioni, violando di fatto quel diritto che perfino la costituzione garantisce?

E’ di pochi giorni l’ultima “fuga” di Speranza, in ordine di tempo, avvenuta ad Ostia, municipio della Capitale, dove sembrerebbe addirittura che per allontanarsi nel più breve tempo possibile, pur essendo protetto dai tutori delle forze dell’ordine, la vettura che lo accompagnava sia stata costretta percorrere una contromano.

Sembra proprio che, una “propaganda” mediatica, una politica ideologizzata e l’interpretazione di uomini, al “servizio” delle Istituzioni, inducono a pensare che forse in Italia, la legge NON è uguale per tutti.

Sono in tanti a chiedersi quali responsabilità possano avere l’ex ministro Speranza, l’ex Primo Ministro Mario Draghi e tutti coloro che, pur essendo a conoscenza della gravissima pericolosità del farmaco hanno continuato a promuoverlo, addirittura imponendolo fino al ricatto, attraverso una multa amministrativa e la sospensione, in alcuni casi trasformato in licenziamento, dal posto di lavoro, con relativo blocco dello stipendio.

Domande che tanti Italiani, specialmente chi ha subito effetti avversi gravi e permanenti, oltre ai familiari delle vittime decedute, si pongono.

Come non augurarsi che la frase, “la legge è uguale per tutti”, non si trasformi in :

La legge NON è uguale per tutti.

Ettore Lembo

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/04/04/covid-archiviato-ultimo-procedimento-su-speranza_c9d1064e-b570-4b47-ae06-986c98954baa.html




PERSONA E COMUNITA’

 

L’uomo persona

 

Certamente l’individuo è sostanza, cioè realtà completa esistente e chiusa in se stessa, incomunicabile nel suo essere concreto, distinto da ogni altro.

Fra tutte le altre sostanze, gli individui di natura razionale ricevono il nome di persona “per sé una”, “hypostasis”, soggetto sussistente, e insomma, sostanza individuale di natura razionale. L’individualità, nella definizione di persona, designa il modo particolare di essere che conviene alla persona, cioè l’esistere conseguentemente l’agire autonomo.

La persona è dunque una sostanza individua, cioè una realtà interiormente indivisa e distinta da ogni altra (altrimenti l’uomo non sarebbe un essere uno, ma un aggregato di elementi, facoltà e atti, che resterebbero slegati tra di loro), ma allo stesso tempo, per la comunanza di natura tra gli individui umani, per la solidarietà istintiva che si forma tra di loro, per l’ordinamento di tutti a una finalità comune, si rivela come eminentemente sociale. Anzi la persona, qualunque sia la ricchezza del proprio essere e delle proprie facoltà, ha una connaturale tendenza ed esigenza di associarsi con gli altri allo scopo di potenziare l’azione e l’efficienza propria ed altrui.

Vi è una tendenza naturale, quasi incontenibile degli esseri umani, che li porta ad associarsi per il raggiungimento di obiettivi che pur essendo da ciascuno desiderati superano la capacità di cui possono disporre i singoli individui.

L’uomo, nella storia, non si presenta mai come un solitario, nemmeno agli albori della sua esistenza quali ci risultano dalla preistoria.

Anzi la Bibbia, nell’offrire un racconto popolare della creazione, dice che Dio, vedendo l’uomo solo, come era uscito dalle sue mani, ritenne che ciò non era bene e cominciò a dargli una compagna simile a lui: primo germe della società.

Questa tendenza ad associarsi, che deriva dalla sua stessa natura e si sviluppa su ogni piano dell’esistenza, ha una duplice molla: a) il bisogno di reciproco aiuto, in quanto la persona, da sola, è normalmente incapace di soddisfare alle proprie necessità anche più elementari e inderogabili (società di necessità); b) il bisogno di espandersi e comunicare con i propri simili, nei quali l’uomo scopre la stessa natura e le stesse esigenze, per aiutarli a comunicare loro il proprio bene (società di amicizia). Anche quest’ultimo istinto, generalmente meno considerato, è una spinta alla società.

Purtroppo in questo naturale processo di espansione comunitaria interviene l’egoismo che contrasta con le istanze della socialità e della comunione, ma il senso più profondo e autentico della natura umana resta quello sociale.

Il messaggio, l’opera Redentrice di Cristo e l’azione del Cristianesimo intervengono nel dinamismo sociale dell’essere umano per ristabilire l’equilibrio, ricomporre l’unità e liberare gli uomini dalla tirannia dell’egoismo, dando nuovo vigore alle forze della società.

 

I raggruppamenti sociali

 

La vita associativa si articola pertanto in un certo numero di comunità e società (per ora non spieghiamo la distinzione di questi due termini): la società familiare; la società civile e politica, in seno alla quale si formano le associazioni professionali, economiche, culturali che perseguono fini particolari: scientifici, artistici, letterari, assistenziali, caritativi, industriali, sindacali ecc.; la società religiosa, che tende ad avere un suo rilievo distinto da quella politica, specialmente nel mondo cristiano, dove la Chiesa, comunità di origine e finalità soprannaturale, è fondata per riunire i credenti in Cristo e condurle al loro destino ultraterreno, trascendente ogni altra formazione di società umana, anche politica.

L’individuo umano integrandosi in queste varie forme di società, esce dalla propria solitudine, vince il proprio egoismo e stabilisce rapporti di collaborazione in una sinfonia di persone componenti la comunità. Questo processo di socializzazione nulla toglie alla persona umana, che nel suo associarsi e integrarsi conserva intatta la propria vocazione, il proprio essere, la propria autonomia di esistenza e di coscienza.

Essa non viene assorbita né soggiogata dalla società, ma conserva il suo primato sulle strutture e gli organi che la società, che non può mai prevalere sull’uomo, crea e impiega a suo servizio.

 

Persona e società

 

Il rapporto persona-società è sempre stato un punto critico dell’organizzazione e della vita della comunità politica. Per risolverlo nel mondo moderno si sono affrontate due correnti opposte: individualismo e socialismo (in senso generico), caratterizzate, come risulta dagli stessi nomi, dalla estrema affermazione o dall’individuo o della società, in senso esagerato ed esclusivista, come avviene in ogni forma di estremismo.

Le due posizioni hanno basi filosofiche che toccano la stessa natura dell’uomo.

Secondo la teoria individualista, l’essere sociale non è dovuto allo sviluppo di una virtualità insita nella natura umana, ma è il risultato di un contratto stipulato dai cittadini o per uscire da uno stato di egoismo e di guerra, conseguenza delle passioni di natura cattiva dell’uomo (Hobs), o per porre un freno alle funeste condizioni createsi tra gli uomini con l’allontanarsi dallo stato di bontà della natura, col progresso della cultura e delle scienze (Rousseau).

A questo gruppo individualista appartengono le teorie evoluzioniste, il liberalismo, sorto da una reazione all’assolutismo, e come posizione-limite, l’anarchismo, che intende realizzare l’ordine sociale su un terreno sgombro da ogni potere attualmente esistente.

Sulla sponda opposta, un accentuato e a volte esasperato sociologismo, che per varie vie deriva dal monismo evoluzionistico hegeliano, porta alla negazione dell’individuo in favore del primato della società, specialmente nel totalitarismo e nel collettivismo (a cui è legato il marxismo).

La società si organizza allora secondo le leggi di un meccanismo duro e oppressivo, dal quale l’uomo, ridotto quasi solo o principalmente ad agente economico, viene mortificato nelle sue esigenze e aspirazioni di ordine spirituale e specialmente nella sua libertà.

Da ricordare anche l’esistenzialismo, che partendo dall’affermazione dell’assoluta indipendenza della persona, del tutto libera al di sopra di ogni norma esterna, concepisce la vita sociale come una conseguenza del conflitto delle coscienze e delle concupiscenze degli individui, fino al punto di asserire: “gli altri ecco l’inferno” (Sartr).

 

Il personalismo cristiano

 

Contro l’individualismo ad oltranza e contro ogni concezione sociologica e totalitaria, si è sempre sviluppata la dottrina del personalismo cristiano, che getta le sue radici nell’antropologia di San Tommaso d’Aquino.

Ogni singolo uomo è per rapporto alla comunità come la parte verso il tutto, e dunque a questo titolo è subordinato al tutto; come persona, ha in se stesso una vita e dei beni, dei valori, che oltrepassano la sua ordinazione alla società: così la vita interiore, la vocazione, la libertà, i diritti fondamentali derivanti dalla stessa natura dell’uomo.

Il bene comune, che è oggetto e scopo del “tutto” sociale, non potrà mai risolversi in una sopraffazione o lesione del bene autenticamente umano della “parte”, anche se esige la cooperazione delle attività sociali di tutti i membri della comunità.

Così il personalismo contrappone all’idealismo e al materialismo astratti un nuovo realismo astratti un nuovo realismo, come appello alla pienezza spirituale dell’uomo singolo, punta e strumento della storia universale ma anche appello alla pienezza dell’umanità come un tutto da realizzare in ogni momento e atto, sicchè nessun problema può essere pensato e affrontato senza questo doppio riferimento.

Vita personale, vita privata e vita pubblica, senza confondersi in una volgarizzazione generale di ogni esistenza, devono offrire a tutti le loro diverse possibilità, senza intossicarsi nel proprio isolamento, ma fortificandosi mutuamente con l’intercomunicazione, rompendo quindi l’egocentrismo della vita individuale

Jacques Maritain a sua volta, contrappone un umanesimo integrale, alle varie forme di umanesimo carente dell’individualismo e del socialismo come messaggio e sistema che tende a rendere l’uomo integralmente umano e promuovere lo sviluppo delle capacità originali della sua natura, le sue forze creative, facendo partecipe di tutto ciò che può arricchirlo col patrimonio della cultura, della spiritualità e della civiltà umana con l’impiego delle forze del mondo fisico come strumenti della sua libertà.

E’ l’umanesimo plenario di cui parla Paolo VI nella Enciclica “Populorum Progressio”.

Oggetto ne è lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.

 

Oggettività di base

 

La dottrina sociale della Chiesa sul rapporto tra persona e società deriva dalla visione oggettiva dell’uomo, considerato come persona che mantiene tutto il suo proprio valore autonomo anche a far parte della società umana.

L’uomo per sua natura è ordinato alla vita sociale, ma non subordinato alla società in tutto se stesso.

La società pur avendo una sua finalità superiore agli interessi dei singoli individui deve servire all’uomo come mezzo per il raggiungimento del suo scopo ultimo.

La vita sociale non si svolge necessariamente sul filo di un antagonismo insolubile tra individuo e società, ma tende piuttosto all’armonizzazione di tutti i rapporti in un “tutto” che permetta il massimo incremento delle virtualità operative in ordine al progresso e all’elevazione della persona umana.

Don Walter Trovato




Gli albanesi-americani del Michigan dovrebbero votare per Trump.

“Dalla lettura di un articolo pubblicato SYRI.NET, giornale albanese, si possono trarre spunti di riflessione su aspetti che, direttamente o indirettamente possono anche riguardarci…

Notizie che difficilmente si trovano in Italia…

L’articolo, pubblicato il 4 aprile, a firma di Chim Peka, lo trovate in versione originale, sin lingua inglese, o anche albanese, cliccando sul link in basso.

Per comodità, lo abbiamo tradotto per Voi.

Ettore Lembo

 

Gli albanesi-americani del Michigan dovrebbero votare per Trump.

 

Mentre la campagna presidenziale americana prende forma con un nuovo confronto tra i presidenti Trump e Biden, sembra che lo stato del Michigan, con 15 voti elettorali, questa volta avrà molto peso per entrambi gli schieramenti, in quanto stato indeciso. Con una comunità di circa duecentomila persone, la comunità albanese dovrebbe posizionarsi chiaramente a favore del presidente Trump per almeno tre ragioni.

 

Qualche giorno fa, su Fox News, il giornalista conservatore Mark Levin, criticando la politica estera e soprattutto il segretario di Stato Blinken, ha detto: ‘Guardate, io come sapete, posso parlare tutto il giorno dei Balcani e di ciò che Anthony Blinken ha fatto al conservatore Il partito in Albania è vergognoso. Nessuno ci presta attenzione. Ma li ha sanzionati perché sfidavano i socialisti che lui ama. Sebbene l’osservazione di Levin sia del tutto corretta, è incompleta. L’atteggiamento di Blinken nei confronti dell’Albania è dettato da George Soros e non si adatta agli interessi dei nostri due paesi alleati. Sali Berisha è l’unico statista vivente che ha combattuto un regime comunista e lo ha sconfitto. È il leader politico che ha restituito l’Albania all’Occidente, rendendola membro del Consiglio d’Europa, della NATO, ponendo gli Stati Uniti al centro dell’orientamento della politica estera dell’Albania. È stato sanzionato perché è l’unico leader conservatore in questa parte del mondo che sfida ideologicamente George Soros.

 

Anthony Blinken sarà ricordato come il Segretario di Stato che rese possibile l’arresto del leader conservatore dell’opposizione di un paese alleato; schiacciò la sua opposizione e danneggiò le relazioni tra i due popoli. Gli albanesi sono la nazione più filoamericana del mondo, ma grazie al sostegno di Soros e Blinken al governo socialista, l’Albania si è trasformata in un narco-stato. Il fratello del primo ministro Rama è coinvolto nel traffico internazionale di droga, ma è intoccabile dal sistema giudiziario, riformato dalla Fondazione Soros con il sostegno del governo americano. Dei due pubblici ministeri che hanno archiviato il caso, uno è stato ricompensato con la nomina a procuratore generale, mentre l’altro a procuratore speciale. Il sindaco di Tirana ErionVeliaj, sebbene tutti i suoi colleghi siano attualmente in carcere per corruzione di massa, non affronta la giustizia solo perché è sostenuto da Alex Soros. Oggi l’Albania si trova ad affrontare la sfida più grande degli ultimi secoli. Negli ultimi 10 anni circa il 30% della popolazione ha lasciato il Paese a causa della povertà. La permanenza di Rama al potere distruggerà gli albanesi come nazione.

 

Il presidente Trump ha una solida eredità riguardo al Kosovo. Ha fermato la divisione del Kosovo; un progetto della Fondazione Soros a Belgrado, anche se alcuni elementi della sua amministrazione erano favorevoli a tale progetto. Trump è stato l’unico presidente americano che ha riunito nello Studio Ovale i leader del Kosovo e della Serbia e li ha costretti a raggiungere un accordo per la normalizzazione delle loro relazioni. Ha assicurato il riconoscimento del Kosovo da parte di Israele. Trump ha evitato il conflitto nei Balcani, ma quell’accordo è stato annullato dall’amministrazione del presidente Biden. Il presidente stesso ha avuto l’eredità di sostenere il Kosovo come senatore per decenni, ma quell’eredità è stata annullata dal Dipartimento di Stato.

 

Il Kosovo è indipendente grazie al sostegno bipartisan degli Stati Uniti. Negli ultimi tre anni l’approccio del Dipartimento di Stato è stato completamente filo-serbo, esercitando allo stesso tempo un’ingiusta pressione sulle autorità del Kosovo.

 

Il presidente Vucic vuole mantenere la Serbia come fattore regionale attraverso la minaccia di guerra. L’incitamento all’odio tribale e alle rivendicazioni storiche con il linguaggio del marxismo-leninismo da parte del regime di Milosevic portò alla distruzione della Jugoslavia multietnica e al genocidio contro albanesi e bosniaci. Il presidente Vucic è tornato alla stessa retorica. I paralleli di questa retorica con il Wokeism americano non possono essere ignorati. Anche il presidente Vucic è sostenuto da George Soros.

 

Infine, il marxismo ideologico non è la nostra lotta. L’Europa è in guerra; i Balcani sono sull’orlo del baratro e la terza guerra mondiale è più vicina che mai. L’ultima cosa che dovrebbe preoccupare sia gli albanesi che gli americani è se la luce del sole sia razzista o se il riscaldamento globale causi stress psicologico alla comunità LGBT nell’Africa sub-sahariana.

 

12:27 , 04/06/2024 Di Chim Peka

 

https://www.syri.net/english/678175/shqiptaro-amerikanet-e-michigan-duhet-te-votojne-trump/?gjuha=En