Dignità e capacità di gestire un ruolo.

Principessa Kate, un esempio da copiare

In data 22 marzo la Principessa del Galles ha informato il suo popolo ed il mondo che l’intervento da lei subito a gennaio era dovuto ad un tumore addominale.

In questo mondo moderno basato su una forte consuetudine del parlare a vanvera e del guardare dal buco della serratura la vita degli altri, quanto ha sentito la responsabilità di fare la Principessa non può che essere ritenuto un gesto che dovrebbe insegnare a tanti, molti leaders europei e mondiali inclusi, come gestire il proprio ruolo.

Il sentirsi, infatti, a causa di quello che “si è a conoscenza avendo osservato da quella serratura”, nella condizione di giudicare e pontificare, spesso senza alcun senso ne del limite ne del ridicolo, è un comportamento che, purtroppo, oramai, ha superato il perimetro del “parlare al bar” ed è entrato troppo spesso nel “perimetro istituzionale”.

Un intervento pubblico, quello della Principessa, ove si vede una donna coraggiosa, certa dei suoi ruoli.

Una leader per il suo popolo, una madre, una moglie, una donna che, con dignità e saggezza, gestisce le sue ansie e la sua malattia.

Una donna che sa chiudere il proprio discorso pubblico al suo popolo ed al mondo con queste parole “In questo momento, penso anche a tutti coloro le cui vite sono state colpite dal cancro.

Per tutti coloro che affrontano questa malattia, in qualunque forma, per favore non perdete la fede o la speranza. Non siete soli”.

Ha terminato il suo messaggio portando speranza, non chiedendo aiuto.

Ha terminato il suo messaggio dando a chi si trova nella sua stessa situazione forza nella fede e nella speranza.

Da vero futuro Capo di Stato ha dichiarato che questi sudditi “non sono soli”, questa una delle sue priorità.

Una donna, una vera donna, che chiama il marito per nome e, da madre, rende pubblica la sua preoccupazione su come i figli possano vivere lo stato di salute della mamma.

Con dignità ha parlato di “enorme shock”, definendo questo stato d’animo una “ovvietà” da “elaborare” con “William”, il marito e padre dei suoi figli, non il “Principe ereditario”.

Ha dichiarato che l’elaborazione di questo “shock” ha richiesto “tempo”, ma “soprattutto, ci è voluto del tempo per spiegare tutto a George, Charlotte e Louis in un modo appropriato per loro e per rassicurarli che starò bene”.

Una madre che tutela i propri figli.

“Speriamo che capiate che, come famiglia, ora abbiamo bisogno di un po’ di tempo, spazio e privacy mentre completo il trattamento”.

“Come famiglia”, quella ove un padre ed una madre hanno il senso del loro ruolo e tutelano il loro perimetro privato chiedendo “privacy”.

Non è importante se si crede nel valore della monarchia o in quelli dello Stato repubblicano, ciò che ci insegna questa donna, madre e moglie è che, allorquando le cose diventano serie, i valori fondanti per reagire sono “fede e speranza”, sono “famiglia” e “figli da tutelare”.

Con dignità, appunto.

L’occidente tutto, non solo il suo popolo, ha trovato un “simbolo”.

Un “simbolo” vero, non un “influencer”.

Dignità e compostezza, da Capo di Stato, appunto.

Questo il “lavoro” di questa leader. Lavoro che, sempre in questo discorso, dichiara di amare.

A questa donna, questa madre, questa moglie, questa professionista della cosa pubblica, sommessamente e umilmente, non si può che augurare “lunga vita”.

L’occidente ha bisogno di questo “simbolo” per tornare nell’alveo delle proprie tradizioni.

Di persone inventate al potere ne abbiamo già troppe.

Principessa Kate, un esempio da copiare, appunto.

Soprattutto se si è, pro tempore, al potere.

Ignoto Uno




Putin vivo e vegeto

Sono giorni che i media italiani dedicano ore a dimostrare che le elezioni politiche della Federazione Russa sono una farsa.

Premesso che la Federazione Russa è la diretta discendente dell’Unione Sovietica e che, conseguentemente, è pensabile che sia ancora assai presente in quella terra l’idea di controllo della nazione attraverso una oligarchia che sia in grado di mantenere, anche con strumenti “persuasivi”, il potere, il messaggio che ci arriva da quel 88% è forte e chiaro.

Con questo messaggio faremo i conti nei prossimi anni.

Putin è a capo di un sistema che ha il controllo del suo Paese.

La propaganda funziona allorquando conferma l’opinione ed i valori che il popolo vuole sentire e, attraverso questo, si possa confermare in se stesso.

Putin ha vinto perché l’oligarchia che ha alle sue spalle ha compreso che la maggioranza del popolo russo si sente sicura se lui è il punto di visibilità di un sistema complesso che governa la loro nazione.

I media italici, assai ossequiosi al potere a cui devono dare conto, in caso contrario sarebbero degli stolti e non lo sono, raccontano che Putin è un uomo solo al comando, un despota che in solitudine dispone della vita di un intero popolo, che decide in autonomia le sorti di una delle tre superpotenze al mondo.

Vere baggianate. Mi permetto di definirla “propaganda da dilettanti impreparati”.

Alla grande maggioranza del popolo russo Putin va bene e, conseguentemente, il sistema di potere russo lo sostiene.

Questa la causa che ha fatto fallire i tentativi di facilitare la sua caduta attraverso azioni dall’interno che hanno visto la regia, sempre, nel nostro occidente.

I colpi di stato, più o meno camuffati, richiedono il consenso interno.

La “marcia su Mosca” del capo della Wagner fallì, fu una vera farsa a cui per qualche ora solo in occidente potevano crederci, o far finta di crederci, perché l’assunto su cui si basava era errato.

L’assunto fu che il popolo si sarebbe schierato con il “liberatore” Evgenij Prigožin.

Il popolo russo non ne sentiva la necessità, la “marcia” si trasformò in “passeggiata”, tutto finì con una chiacchierata incredibile a favore di telecamere di generali dell’esercito russo seduti su un muretto con lo stesso Prigožin in cui i primi davano “consigli” al secondo di lasciar perdere.

La “marcia” iniziò e fini nella stessa giornata.

Putin è un autarca? Certamente sì, come molti altri, anche in Europa.

In Italia è impossibile creare nuovi partiti che possano presentarsi alle elezioni a causa di leggi votate da tutti i partiti seduti in Parlamento, questo è un fatto.

Le differenze di azione politica fra i governi di diverso colore sono assai ridotte rispetto ai roboanti proclami delle campagne elettorali, questa la causa delle sempre più risibili percentuali di presenti al seggio rispetto agli aventi diritto.

“Votare non serve a niente, tanto sono tutti uguali” questo dicono gli italiani.

Autarca Putin, sistema autarchico il nostro.

Questo parrebbe pensare il popolo italiano.

“È vivo il re, viva il re” questo ci arriva dal voto russo, con questo “re” le cancellerie occidentali tutte e la NATO dovrà fare i conti, non solo per quanto concerne l’Ucraina.

Come non notare che Stati Uniti e Stati europei tutti sono “debitori” mentre la Federazione Russa è “creditore”?

La Federazione Russa ha un sistema economico basato su numeri piccoli rispetto all’estesa ed alla popolazione ma, in costanza della guerra, esporta materie prime strategiche, grano compreso.

Quel 1.000% in più di importazione di grano da parte del sistema Italia dalla Federazione Russa nel 2023 non necessità commenti.

Salvo il “nuovo Napoleone”, Emanuel Macron, che vuole inviare formalmente e pubblicamente i suoi militari in Ucraina, molto probabile già oggi la presenza di soldati degli Stati aderenti alla NATO nello scenario, senza di essi l’esercito ucraino non esisterebbe, le cancellerie occidentali non sembrerebbero voler mettere in atto tale “follia” per tutta l’umanità. Dichiararla una “follia” è un cortese ed educato eufemismo.

Felici e rassicurati abbiamo letto quanto, con sempre maggiore forza e chiarezza, dichiara sul tema il Santo Padre.

Identiche emozioni causano le “strutturate” e “stabili” parole del Presidente Mattarella a Cassino del 15 marzo scorso.

Putin, da parte sua, nel discorso di ringraziamento al suo popolo dopo la vittoria nella tornata elettorale, ha aperto a logiche post belliche sull’Ucraina, concetto che il portavoce dello stesso leader russo Peskov aveva già messo sul tavolo il 13 giugno del 2023.

Al tempo lo scenario era assai meno favorevole all’esercito russo.

Ancor di più dopo le elezioni in Russia la necessaria, non solo auspicabile, pace in Ucraina si raggiunge con il pragmatismo.

Dallo stato dei fatti, e non dalla propaganda occidentale, bisogna partire per costruire una nuova stabilità.

In questo scenario noi occidentali dobbiamo ricordare la presenza del popolo ucraino, molto di più che di Zelensky e della sua oligarchia.

Sono certo, però, che anche il popolo ucraino desideri tornare ad una vita in pace con tutti.

Per questo l’idea delle aree cuscinetto sono un passo, probabilmente, nella direzione giusta.

Certamente assai più interessante a quella della guerra nucleare.

Se le nostre cancellerie non hanno la capacità del cambio di passo noi europei non possiamo fare altro che sperare nelle elezioni presidenziali americane di novembre.

Dobbiamo sperare che Donald Trump vinca ed il progetto MAGA riparta.

Make America Great Again potrebbe essere utile anche alla nostra Italia, ad alcuni Stati europei meno, ma mi chiedo quanto questo debba essere importante per noi italiani.

A Giugno si vota per l’Europa, forse agli italiani converrà “mandare in Europa” chi vorrà andarci con una postura più “da italiano”, postura di chi vuole realmente tutelare i nostri interessi, che piuttosto di chi ritenga che sia necessario in Europa una continuità attraverso un secondo mandato alla Von der Leyen.

I “ponti” in politica si costruiscono fra “simili”, simili per davvero non a chiacchiere elettorali.

Ignoto Uno




I saggi non sono al governo…

Dopo che il Santo Padre ha parlato delle crisi nel mondo anche il Presidente della Repubblica italiano si è espresso.

Permettetemi una battuta irriverente, “quando il gioco si fa duro, i saggi (non i duri) scendono in campo” ed è una fortuna per i popoli occidentali.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlando il 15 marzo, a Cassino, durante la cerimonia commemorativa dell’ottantesimo anniversario della distruzione della città, ha dichiarato che l’art 11 della Costituzione afferma che “l’Italia repubblicana ripudia la guerra sia come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli sia come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, frase riportata dall’agenzia Ansa.

Questo è avvenuto il 15 di marzo, sarà un caso, ma è una data particolarmente evocativa essendo il giorno delle Idi di marzo.

Giorno, quello delle Idi di marzo, in cui veniva festeggiato il dio della guerra Marte ma non solo, dato che è entrata nella storia forse ancora di più, perché vide l’assassinio di Giulio Cesare, dittatore e pontefice massimo del tempo.

Tempi e leaders diversi quelli di allora, ma il desiderio del “fare da soli” a Roma non è mai mancato.

“La nostra Costituzione ci chiede, e questo resta il ruolo dell’Italia, di costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo perché la guerra non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie”  dichiarato dal Presidente a Cassino.

Affermazioni di taglio opposto rispetto a quelle del leader francese Macron.

Ad essere onesti, parole assai diverse anche a quelle della Premier Meloni rispetto al ruolo dell’Italia nel mondo, scenario ucraino incluso.

Postura interventista quella della Premier, postura più “strutturata” quella del nostro Presidente.

Parole assai più sagge quelle del Presidente Mattarella, parole di un uomo politico che, in questa occasione, ha dimostrato di essere adeguato a gestire con esperienza e saggezza le attuali, pericolosissime, complessità internazionali.

Correttamente il presidente della Repubblica, attraverso le sue parole, non nasconde la preoccupazione per le sempre più alte tensioni fra la Federazione Russa e l’occidente, senza dimenticare l’altro grave scenario mediorientale.

Due situazioni di guerra che dovevano, e potevano, essere evitate, gestite assai meglio.

Chiare le colpe della politica dell’amministrazione Biden in entrambi i fronti.

Una amministrazione “ideologica” e non “pragmatica” quella statunitense di oggi.

Una amministrazione cinica e molto interessata a rilanciare l’interventismo americano nel mondo ed ad esportare un predefinito modello democratico, forse anche interessata a rilanciare certi affari da sempre legati agli scenari di guerra.

A qualcuno questo non piacerà leggerlo, ma è un fatto che la stabilità regnava in tutto il mondo prima che Biden entrasse alla Casa Bianca e rivoluzionasse la politica estera statunitense tornando a quelle logiche Obamiane di cui molti in occidente non sentivano la necessità.

Stabilità che portava serenità e benessere non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa.

Eppure i rapporti fra l’amministrazione Trump e le altre due superpotenze, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese, erano assai complessi.

Trump, colui che viene definito da molti radical chic l’amico di Putin, non ridusse mai le sanzioni verso la Russia pur ritenendo che dovessero essere sostituite da nuovi e stabili accordi bilaterali fra le due potenze nucleari.

Altrettanto dure furono le politiche dell’amministrazione americana a guida repubblicana nei confronti della Cina finalizzate a ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dalla produzione industriale del paese asiatico, in particolare modo rispetto a farmaci ed alte tecnologie strategiche.

Da italiani non possiamo che apprezzare la diversa cifra delle parole del Presidente italiano rispetto a quelle del presidente francese, Emmanuel Macron, che ha voluto drammatizzare lo scontro proponendo l’invio di truppe occidentali in Ucraina.

Parole pericolose, parole dal sen fuggite e mal ponderate quelle di Macron, fortunatamente isolate in Europa.

Dichiarazioni che hanno permesso al ministero degli Esteri di Mosca di sbeffeggiarlo attraverso queste parole: “folli sogni paranoici”.

Da “grandeur francese” diremmo noi che dai cesari, e non dai Galli, proveniamo, appunto.

Per fortuna, almeno su questo dossier, gli italiani possono contare sul “pragmatismo siciliano”.

Terra complessa la Sicilia, terra piena di influenze e culture diverse, terra di templi greci e case arabe … e non solo.

Sarà per questo che in Sicilia la “complessità” non è altro che una parte del tutto.

Ed oggi il “tutto” va gestito perché, proprio come si dice in quella terra del mediterraneo “tutto si tiene”.

Ignoto Uno




Guerra o Pace

 

La guerra in terra di Ucraina è un elemento di visibilità di un ben più ampio scontro geopolitico.

Scontro i cui attori strategici sono ovunque meno che in Ucraina, tantomeno sono ucraini.

Questo è un fatto.

Fatto che non viene rappresentato, a mio avviso, correttamente ai cittadini europei.

Temi questi che rappresentano i reali elementi di difficoltà per superare il conflitto e raggiungere una pace accettabile da tutti gli attori in campo.

Fatto plasticamente dimostrato dalla risposta all’appello del Santo Padre alla televisione svizzera da parte del portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa.

Questo funzionario ha dichiarato che “Il presidente Biden ha grande rispetto per Papa Francesco e si unisce a lui nelle preghiere per la pace in Ucraina che potrebbe essere raggiunta se la Russia decidesse di mettere fine a questa guerra ingiusta e non provocata e ritirasse le sue truppe dal territorio sovrano dell’Ucraina”.

Lo stesso funzionario ha continuato dicendo che “Sfortunatamente continuiamo a non vedere alcun segno che Mosca voglia mettere fine a questa guerra e per questo siamo impegnati a sostenere Kiev nella sua difesa contro l’aggressione russa”.

“Impegnati a sostenere” dichiara l’amministrazione Biden, affermazione che i privati cittadini non possono che interpretare come invio di armi e dazioni economiche.

Al contrario noi cittadini occidentali siamo costretti ad apprendere dall’agenzia Ansa che “il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski ha ammesso che militari dell’Alleanza sono presenti in Ucraina”.

Sempre dalla stessa agenzia giornalistica siamo, basiti, costretti a leggere che la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova ha dichiarato in un’intervista alla testata Izvestia che “la Russia è già a conoscenza del fatto che in Ucraina operano militari della Nato, perché è impossibile nasconderlo”.

La Zakharova ha aggiunto che “Usa, Gran Bretagna e altri Paesi occidentali conducono una guerra ibrida contro la Russia facendo partecipare alle azioni istruttori delle forze speciali Nato”.

Ecco le parole chiave “guerra ibrida”, guerra non dichiarata, guerra per “interposto Stato”.

Compreso questo aspetto, molte le domande che si formano.

Chi fu il primo a dare inizio?

La Federazione Russa due anni fa con quella che il governo di Mosca definisce “operazione speciale” o l’amministrazione americana a guida Obama nel 2008 finanziando e supportando i movimenti anti russi in Ucraina a guida Julija Tymošenko?

Ancora, ritenuta attendibile l’affermazione della portavoce russa a causa delle dichiarazioni del ministro polacco, nell’elenco denominato “altri Paesi occidentali” si debbono annoverare anche “istruttori” italiani?

Nel caso il Parlamento ne è a conoscenza?

Nel caso la risposta alla domanda se vi siano già soldati italiani in Ucraina fosse positiva, potrebbero i giuristi esprimersi sul tema rendendo edotti i cittadini italiani sul fatto se detta azione del governo possa essere ritenuta coerente al nostro dettato costituzionale?

Da quanto sta emergendo risulta sempre più palese come le scelte in terra di Ucraina siano dettate da interessi geopolitici, e non solo, delle cancellerie occidentali e come queste siano etero dirette dall’amministrazione Biden.

Altrettanto chiaro è il fatto che queste cancellerie, l’amministrazione oggi presente a Washington e quelle europee che la frequentano, oltre alla NATO ed al Canada, sono oramai totalmente impossibilitate a modificare la propria linea politica a causa dell’approssimarsi di tornate elettorali sia in Stati Uniti che in Europa.

Dette cancellerie sono costrette a tenere il punto, lo dimostra quanto dichiarato dal funzionario statunitense, finanche portando l’occidente alle conseguenze più tragiche.

Queste cancellerie non possono fare altro che mantenere una linea interventista, anche con una postura sempre più aggressiva, a prescindere dalla logicità strategica della scelta avendo esse il fine di impedire l’emersione dei tanti “errori” compiuti sullo scenario ucraino sin dall’amministrazione Obama.

Errori nelle scelte strategiche ed “omissioni” nell’informazione ai loro cittadini.

Le seconde assecondate da un sistema dei media assai più “ideologico” che “terzo”.

Scelte politiche ammantate da elementi della morale che, in realtà, con la stessa e con l’etica rischiano di avere pochi elementi di contatto, fatto che emerge dalle parole del Santo Padre con chiarezza.

Parole che hanno causato prima stupore e, poi, reazioni che difficilmente non possono che essere ritenute irrituali, finanche rabbiose.

Se va ritenuta scontata la reazione del leader ucraino, attore totalmente etero diretto, che, questo è da temere, si è innamorato del proprio ruolo di “leader mondiale”, rattrista la cifra propagandistica del dibattito nel nostro occidente.

Una reazione rabbiosa ed a senso unico, tipico atteggiamento propagandistico a favore di una posizione, una reazione che ben si guarda dall’approfondire l’esortazione profonda che è insita nel ragionamento di chi si siede sul soglio di Pietro.

Se da un lato dobbiamo vedere il fuoco di fila dei media filo amministrazione Biden nostrani, dall’altro non possiamo che prendere nota del fatto che non vi sia nessun commento dai politici italiani.

Quest’ultimi, infatti, si sono astenuti dal commentare le parole del Santo Padre pur se “stimolati” dalla portavoce del ministero degli Esteri della Federazione Russa che ha fatto notare come il Santo Padre si rivolgesse fondamentalmente ai capi di Stato occidentali.

I fatti, però, rimangono invariati e sono altri come gli esperti militari fanno comprendere a chi ha l’opportunità di compulsarli.

Senza invii di enormi quantità di aerei da combattimento, piloti e staff tecnici inclusi, e di armi sofisticate in terra di Ucraina entro fine aprile causerà la sconfitta totale dell’Ucraina.

La politica è chiamata a decidere se questa posizione tecnica vada presa nella giusta considerazione o meno.

Due le strade che apre.

Quella voluta dall’amministrazione Biden di fornire armi e mezzi illimitati a chi gestisce il conflitto in terra di Ucraina, non a Zelensky che nulla potrebbe fare da solo, percorso che non può prevedere altro che un reale rischio di conflitto mondiale nel prossimo futuro, conflitto che prenderebbe origine nella nostra Europa.

L’alternativa è aprire un negoziato come propone il Santo Padre.

Un negoziato che porti ad un accordo stabile e duraturo fra le Super Potenze, reali decisori nel conflitto in terra di Ucraina.

I “vassalli” di questi non potranno fare altro che accettarne le decisioni ed i patti.

Riducendo a sintesi, i cosiddetti “grandi della terra” sono chiamati a scegliere fra trovare un accordo equilibrato o portare l’occidente in una nuova e senza prospettive “Guerra Mondiale”.

La terza ipotesi, quella della sconfitta sul campo della Federazione Russa attraverso il finanziamento ed il supporto dell’esercito ucraino, dati i fatti concreti in campo, non può che essere definita in altro modo che “infondato e propagandistico”.

I cultori del benessere dei propri cittadini non possono fare altro che ritenere soluzione unica quella di evitare un devastante conflitto mondiale attraverso la “negoziazione”.

La Seconda Guerra Mondiale non è terminata, come si deve sentire narrare da opinionisti che si prestano a narrare questo sui media, con la sconfitta di Hitler e del Terzo Reich.

La Seconda Guerra Mondiale è terminata con la scelta politica del presidente americano Delano Roosvelt di fermare il generale Patton che con le sue divisioni di carri armati intendeva raggiungere Mosca.

Questa scelta di pace dette inizio alla Guerra Fredda, un periodo di ricchezza e benessere per il nostro occidente.

Un periodo di stabilità fra ovest ed est Europa.

Furono errori gravi di natura economica a distruggere l’Unione Sovietica ed a far sciogliere il Patto di Varsavia, non le truppe alleate occidentali.

Oggi a quell’equilibrio dobbiamo tutti tendere.

I cosiddetti “grandi della terra” hanno il dovere di sedersi e firmare nuovi trattati di stabilità, una nuova Yalta e Reykjavik, e di disarmo nucleare, un nuovo SALT.

Questo è “negoziare”, senza personalismi, senza interessi bassi quali quelli di voler mantenere il proprio posto di potere.

Senza “vergognarsi”, questa l’interessante parola, parola assai più complessa di quello che potrebbe apparire ad una prima lettura, che il Santo Padre ha inserito al centro del dibattito.

Ignoto Uno




Riflessioni sulla pace e sulle elezioni future

 

Nello studiare lo scenario elettorale che si presenta davanti a noi cittadini del mondo molti gli appuntamenti che ci aspettano.

Certamente fondamentali per il futuro di tutti noi sia le presidenziali di novembre in Stati Uniti che quelle di marzo della Federazione Russa.

Altrettanto certamente, soprattutto noi europei, quelle di giugno che definiranno il nuovo Parlamento della UE27 e, conseguentemente, la presidenza della Commissione Europea.

Per quanto concerne le elezioni americane lo scenario sembrerebbe oramai definito.

Sembra, infatti, che a chiedere il voto saranno Biden e Trump.

I programmi su cui i due contendenti si confronteranno sono diversi e chiari.

Al contrario non posso che notare, con mestizia, come non sia possibile riscontrare altrettanta chiarezza e diversità nei programmi dei gruppi europei che, attraverso i partiti che li compongono nei diversi Stati, chiederanno di essere onorati di ricevere il voto degli elettori europei.

In attesa di veder emergere un reale, credibile ed affidabile leader europeo di cultura concretamente “sovranista” in grado di lavorare alla creazione di una vera e paritetica Federazione degli Stati dell’Unione Europea, in assenza della quale inizia ad essere fondato chiedersi a cosa serva la UE27, mi permetto di soffermarmi su alcune delle affermazioni della Presidente Von der Leyen nel suo discorso di candidatura a leader del PPE.

La presidente della Commissione Europea, nel discorso di candidatura al Congresso del PPE, ha dichiarato di credere “nella dignità di ogni essere umano” e, fedele a questo assunto, ha aggiunto che “la nostra Europa, pacifica e unita non è mai stata così minacciata dagli estremisti e dai populisti sia di estrema destra che di estrema sinistra” e, per questo, bontà sua, ha deciso di “presentarsi e combattere in questa elezione, essendo oggi più importante che mai”.

Premesso che non ho mai avuto modo di sentire nessuno, leader politico o meno che fosse, dichiarare che la “dignità umana” non sia centrale nel suo pensiero, ho qualche decisa difficoltà ad interpretare la Von der Leyen come una statista che abbia combattuto per far rispettare la dignità di tutti gli esseri umani in europa.

Difficile vedere una azione forte e certa della Presidente in ordine al grave fenomeno del traffico di esseri umani e della, contemporanea, tutela delle dignità culturali e delle tradizioni degli Stati europei.

Altrettanto difficile riconoscerle la difesa della tutela della dignità di coloro che nel periodo della pandemia Covid vivevano con preoccupazione l’obbligo vaccinale.

Preoccupazione che, peraltro, purtroppo,si deve iniziare a ritenere fondata aumentando, conseguentemente, il desiderio di chiarezza sulle scelte che la Commissione Europea impose a tutti gli Stati membri, in primis su quel contratto quadro secretato per l’acquisto delle dosi vaccinali con le case farmaceutiche.

L’unico commento che si può fare a tanta ipocrisia è notare quanto sia facile aprire bocca e dare fiato.

La stessa presidente si sente di dichiarare, essendo persona amante della pace, che “oggi gli amici di Putin stiano seminando odio”.

Come non notare come il “problema” della guerra sia completamente scaricato su scelte compiute da “altri”.

Nessuna capacità di autocritica su questi anni di suo governo della nostra Unione Europea, eppure cose che non vanno se ne possono evidenziare veramente molte soprattutto oggi che il Santo Padre implora Zelensky di “alzare bandiera bianca ed aprire un negoziato”.

Fatto che, mi permetto di credere, dovrebbe creare un forte imbarazzo ai leader politici che si professano cattolici, Biden ed amici di Biden in testa.

Preso atto di questa fondante ed assai condivisibile novità, mi permetto di confutare il pensiero della Von der Leyen partendo dal concetto di “pace”.

Da libero cittadino europeo, ed ancor più libero pensatore e cultore del pensiero di Giovan Battista Vico, esprimo la mia opinione in materia e, sperando sia ancora permesso senza finire “dossierato”, propongo delle suggestioni che, questo il mio auspicio, possano aiutare ad evitare che un conflitto, quello in terra di Ucraina, che doveva, e poteva, essere evitato o, almeno, risolto in poche settimane continui a causare morte o, addirittura, si ampli in terra d’Europa nelle prossime settimane.

Mi permetto, in primo luogo, di porre una domanda ai “potenti” ed ai “sapienti”: risponde al vero o è falso che la Gran Bretagna, molto probabilmente stimolata dall’amministrazione statunitense a guida Biden, hanno letteralmente impedito al Presidente ucraino Zelensky di firmare una tregua in Turchia dopo due settimane dall’inizio del conflitto?

Nel caso rispondesse al vero, come io credo, perché questa intromissione nelle scelte del popolo ucraino? Quali i “vantaggi” per gli ucraini?

In Ucraina il conflitto ha causato solo morte e povertà.

Gli studiosi di fatti bellici sono assai certi che il conflitto ucraino sia, oramai, destinato a vedere l’esercito della Federazione Russa vincitore, quale il cambio di passo finalizzato a far tornare gli europei tutti, ucraini inclusi, ad una vita con prospettive di pace e di ritrovato benessere propone la Presidente Von der Leyen e chi a lei si sente vicino?

Ancor più dopo gli auspici del Santo Padre il cambio di passo è urgente per acquisire una accettabile credibilità politica sul punto.

La “pace” non si “costruisce” partendo dal principio “io ho ragione, tu hai torto”, bensì si raggiunge attraverso il dialogo con il portatore di valori, idee, principi ed interessi diversi, finanche opposti.

“Esportare la democrazia” di Obamiana memoria, palesemente tanto amata dalla presidente e dai suoi affezionati, italiani inclusi, non è più una strada accettabile.

La guerra arricchisce pochi e uccide molti, la pace fra i popoli crea benessere e crescita.

Obama, ed il suo vassallo Biden, amici di questi inclusi, continuano a credere che la “democrazia” sia “esportabile” e, conseguentemente, perseguono politiche basate sul “dividi et impera” di romana memoria.

Chi, al contrario, crede che il Presidente Donald Trump non sia un “cattivone”, anzi sia un presidente che ha saputo “riportare pace” in molti degli scenari che vedevano in essere un conflitto al suo arrivo alla Casa Bianca nel 2016, oltre ad essere assai stanchi di veder morire tanta gente per far arricchire pochi, sarà felice di supportare chi nella nostra Europa, ed Italia, metta al centro la cultura della trattativa.

Una trattativa “dura”, basata sul rispetto dei nostri valori occidentali, quelli della famiglia e delle origini cristiane, quelli del rispetto delle tradizioni altrui perché si hanno chiare, in primis, le nostre, quella che sa che solo il dialogo permette di comprendersi.

Questo è il “sovranismo”.

Alleanze con i “simili”, rispetto di chi ci rispetta.

Come non sperare di poter veder prendere spazio dei leaders europei con questi principi?

Soprattutto se si è padri e madri del ceto medio.

Ignoto Uno




ETICA SUI RAPPORTI SOCIALI SECONDA PARTE

 

Con attenzione ancora maggiore va condotto, oggi, il confronto della ideologia e dei programmi politici marxisti con la dottrina evangelica e cristiana. Questo è infatti un problema di viva attualità. Esso abbraccia anche la questione del comunismo e dei partiti in cui esso prende corpo, e dei regimi “socialisti” che si ispirano e sono coerenti col marxismo.

 

 

ESSENZA DEL MARXISMO

 

Come scriveva Pio XI, “assai pochi hanno potuto penetrare la vera natura del comunismo”.

“Il comunismo è la pura dottrina, è il puro movimento marxista”: era la definizione data dalla Piccola Enciclopedia del Socialismo e del Comunismo. Non è mai stata cambiata questa definizione, nonostante i ripetuti tentativi dei dirigenti comunisti dei paesi occidentali (non ancora al potere), di distinguere tra la milizia degli iscritti al partito e la loro fede religiosa o filosofica.

E il marxismo non era una astratta teoria filosofica, nè un semplice metodo storiografico, e neppure un limitato corpo di dottrine economiche e politiche ma una completa concezione del mondo poggiate sul materialismo dialettico e storico in cui questi elementi sono presenti e organicamente fusi.

Si hanno dunque nel comunismo: un fondamento, il materialismo dialettico e storico; le parti integranti, la teoria filosofica, il metodo storiografico, le dottrine economiche e politiche; il risultato della fusione organica, una completa visione del mondo. Il marxismo infatti pretende di spiegare il mondo (compreso l’uomo): la sua origine, le sue leggi, la sua intima natura, il suo ultimo fine.

Anche a prescindere dalle teorie filosofiche più astratte e si può dire astruse che ne sono il fondamento, basti osservare che il comunismo aveva la sua anima nel materialismo storico, il quale interpretava la storia per mezzo del materialismo dialettico. L’evoluzione della materia, dei viventi, dell’uomo, è la conclusione per tappe della lotta interna della materia in continua progressione da un piano inferiore a uno superiore; evoluzione a “spirale ascendente”. Marx insisteva, soprattutto, nel sostenere che il meccanismo della dialettica aveva ugualmente luogo nello sviluppo delle società umane. Dall’uomo primitivo che vide accendersi in lui la prima scintilla dell’intelligenza, agli uomini civilizzati di oggi, la razza umana è stata costruita a poco a poco dalla dialettica che pervade il cosmo. La comparsa dell’intelletto ha avuto come risultato una accelerazione del processo di cambiamento, perché ha introdotto una nuova spinta e un nuovo potenziale (azione riflessa e, dopo Marx, coscientemente diretta) nelle forze in conflitto nella lotta che è l’essenza dell’universo umano, come di quello materiale. Di fase in fase, l’uomo ha creato strumenti di produzione, ha esteso le sue relazioni sociali. Così è giunto, attraverso il “comunismo primitivo” l’orda, l’antica società schiavista, il feudalesimo, la borghesia, fino al capitalismo e al periodo moderno. E’ ora all’ultima soglia, prima della finale conquista sociale delle forze produttive, ultimo passo per la totale liberazione dell’uomo (risultato finale della dialettica della materia) da tutte le contingenze e da ogni forma di servitù. In breve, secondo i teorici marxisti, il significato del divenire dialettico, e quindi il significato e lo scopo della storia, è il dominio della storia, è il dominio delle forze della natura, da parte dell’uomo, che è un intelletto prodotto dalla materia. Tutta l’azione storica del partito comunista è generata da questa concezione fondamentale.

 

 

OPPOSIZIONE AL CRISTIANESIMO

 

Notiamo subito che anche il Cristianesimo è una completa concezione del mondo e dell’uomo, di cui spiega l’origine, la natura e l’ultimo fine. Ora il comunismo si basa sul materialismo dialettico e storico: una concezione del mondo limitata alla terra ed alle leggi intrinseche della materia. Il Cristianesimo si basa su due verità fondamentali, che la ragione e il consenso dei popoli hanno sostenuto: cioè che Dio esiste (e tutto procede da lui), e che egli è il rimuneratore dei buoni, cioè l’origine della legge morale ed il fine ultimo del mondo e dell’uomo; e su una verità storica incontrovertibile: la rivelazione, completata e culminata nella venuta del Figlio di Dio sulla terra, dove è vissuto, ci ha redenti con la sua morte, è risorto ed ha fondato la Chiesa per continuare la sua opera.

Tra le due concezioni non c’è un solo punto di contatto. Sono due mondi diversi, antitetici. E’ chiaro che per il cristiano non vi può essere alcuna alleanza col credo comunista, alcuna accettazione nemmeno parziale né della sua filosofia né delle linee di azione dei suoi aderenti. Dati i suoi punti di riferimento, la sua fede nella connessione e interpretazione di tutti i processi, la interdipendenza di tutti i fenomeni, e la sua insistenza nel sostenere che le attività spirituali dell’uomo non sono che il riflesso di fenomeni sociali ed economici, il cristiano non può accettare né agire secondo uno solo di questi aspetti, per esempio le tesi socioeconomiche, senza contribuire a promuovere il tutto. In breve, senza aiutare la causa ateistica.

 

Di più – questo ha importanza in modo speciale per il cristiano -, si tratta di una causa “messianica”. Giacchè il messianismo penetra in profondità nella coscienza del marxista, ed è parte essenziale della dottrina stessa del materialismo storico. Perciò i suoi seguaci sono indotti a credere di stare “dalla parte della storia”, di essere “gli strumenti consci del processo storico dialettico”, e di identificarsi con le stesse leggi che governano l’intero universo materiale. Essi dunque, più di ogni altro, hanno il diritto di modellare le menti e di offrire una risposta ad ogni problema.

Applicata alla religione, la dottrina del materialismo storico porta alla seguente situazione: è necessario nello stesso tempo attaccare le organizzazioni religiose, cercando di impadronirsi del loro controllo e svuotare la religione come frutto di ignoranza, attraverso l’educazione scientifica, sociale e politica dei suoi seguaci. In questo modo si spezzano le “sovrastrutture religiose”, accelerando il processo di cambiamento di moto.

 

 

ELEMENTO POSITIVO DEL SISTEMA IDEOLOGICO-POLITICO MARXISTA

 

Indubbiamente in questo farraginoso sistema una parte di verità c’è, riconosciuta anche dalla Chiesa, e consiste nell’intento di migliorare la sorte delle classi lavoratrici, togliere gli abusi reali prodotti dall’economia liberale, ottenere una più equa distribuzione dei beni della terra e, possiamo aggiungere, aspirare a una maggiore intesa e fusione internazionale. C’è, nel programma politico del marxismo, l’assicurazione dei beni materiali per tutti. C’è un sogno di perfetta giustizia sociale, capace di attrarre molti uomini che non cercano il loro personale interesse, bensì un ordine migliore, E’ per questo che il programma politico marxista esercitò un suo particolare fascino su molte intelligenze e sulle masse, non ancora piegate dalla forza bruta. Ma, come diceva il capo comunista ungherese Laszlo Rajk, impiccato dai suoi compagni nel 1949, si tratta di “un fondo di verità affogato in un diluvio di menzogne”. La tanto decantata “dialettica” non era che un nuovo termine per denotare cose molto antiche.

In realtà il sistema marxista si presenta come un blocco monolitico, sicché non si può dissociare, come pensano alcuni ingenui il programma economico-sociale, d’altra parte tanto discutibile, dalla dottrina filosofica. Un Accurato studioso del marxismo, il Ducatillon, ha scritto “E’ impossibile essere comunisti socialmente senza essere tali filosoficamente, proprio come non si può essere cattolici facendo astrazione dal dogma, per ritenere soltanto l’insegnamento sociale della

 

 

LATI NEGATIVI

 

Dal punto di vista filosofico, il marxismo è un cumolo raccogliticcio di filosofie, ormai da tempo superate, del sette-ottocento, come l’economia e la sociologia di Marx, sono nate nell’ambiente, che oggi è soltanto un ricordo, della Germania, della Francia e dell’Inghilterra -le tre nazioni in cui visse l’agitatore di Treviri-, così la sua filosofia risente dei pensatori del tempo, Hegel, Feuerbach, e Darwin. Anche un dilettante di storia della filosofia sa bene che il distacco da questi maestri avvenne per opera degli stessi discepoli e oggi non esiste filosofo serio che si riallacci direttamente.ad essi.

Del resto sana ragione rifugge dalla riduzione della realtà alla sola materia. E’ possibile che esista lo spirito senza materia. Ma l’esistenza della materia senza lo spirito è un assurdo, per il semplice motivo che la materia non può avere il suo principio in se stessa, anche si tratta di materia dotata, come affermano gratuitamente i marxisti, di “autodinamismo”. Proprio perchè dialettica, il continuo ed inarrestabile cambiamento, la materia ha bisogno di una causa non materiale, che noi chiamiamo spirito. Il monismo rigoroso e inflessibile di Marx è contro la realtà. Affermare la esistenza della sola materia significa, filosoficamente declassarla.

Del resto la poca dimestichezza del marxismo con la filosofia, quindi con la sana ragione, si rileva dal fatto che esso è intrinsecamente incoerente. Mentre attraverso il processo dialettico afferma che tutto cambia, che niente è fisso, esso vuole arrivare al comunismo come allo stadio finale.

Logicamente anche il comunismo, se venisse realizzato, si porrebbe come tesi, e verrebbe, quindi superato da una antitesi per comporre una ulteriore sintesi. Ma su questo punto i marxisti sfuggono alla discussione, o cercano delle soluzioni in una nuova dialettica nell’ambito della società comunista (Stalin, Mao-tse-tung).

Il colmo, che dimostra meglio la mostruosità filosofica del marxismo, si ha nella negazione del principio di non contraddizione per cui ogni sistema che si afferma come vero nega la verità del contrario (altrimenti quella stessa affermazione non avrebbe senso). Il principio di identità quale supremo principio del reale (che l’essere sia identico a se stesso), coincide col principio di non-contraddizione (che non si possa contemporaneamente affermare e negare la stessa cosa sotto il medesimo aspetto). Ora la dialettica marxista pretende innestare la contraddizione nella costituzione stessa dell’essere.

Ma più che a livello filosofico (o anche teologico), la critica al marxismo e ai sistemi sociopolitici che ne derivano va fatta dal punto di vista economico e sociale, perché questo è il territorio su cui il socialismo “scientifico” ha preteso impiantarsi.

 

Dal punto di vista economico, notiziamo anzitutto che la critica che Carlo Marx fa del regime capitalista non è scientifica. Accanto a intuizioni, parzialmente giuste, vi si rilevano troppe approssimazioni, identificazioni semplificatrici apriorismi filosofici. Economisti di gran nome contestano la teoria del valore-lavoro e l’applicazione di essa alla merce-lavoro. Ci sono altre sorgenti di plusvalore in un sistema che non è mai in equilibrio, come i progressi e le innovazioni tecniche.

Inoltre Marx, partendo dal principio dell’impossibilità di eliminare le due barriere costituite dal “tempo” e dallo “spazio”, per raggiungere l’equilibrio fra la domanda e l’offerta, costruisce la sua teoria socialista, secondo la quale il solo mezzo per giungere al regolamento dell’economia è il controllo esercitato dagli organi governativi. Ora i mezzi tecnici odierni, sfruttati pienamente, sono in condizioni di vincere le barriere del tempo e dello spazio, dotando il mondo di una rete amplissima di vie di comunicazione e di trasporto. Gli schemi di Marx “sono oggi null’altro che delle dottrine sorpassate, che potevano essere di moda nel secolo XIX.

Infine la insufficienza della dottrina economica marxista si può rilevare sia dalla tendenza del socialismo moderno, verso il capitalismo, sia dalle conseguenze del suo sistema economico.

La tendenza verso il capitalismo si può rilevare dai seguenti fatti: distribuzione dei salari secondo la natura e la portata dei servizi, senza tener conto del valore del tempo di lavoro del contributo dei singoli alla produzione; concorrenza fra gli enti incaricati delle vendite; iniziativa individuale e profitti nelle aziende agricole collettive; accumulo di capitali e loro uso da parte dei privati; diritto di eredità della proprietà personale concesso dalla costituzione; aumento sempre crescente della diversità di reddito fra i vari gruppi; creazione di nuove classi sociali; affari internazionali trattati sulla base capitalista ,ecc.

Le conseguenze del sistema economico marxista ci dicono che, nonostante parziali successi in alcuni settori, nonostante l’impulso di industrializzazione, il livello di vita, dove si applica questa teoria, è ancora ben lontano da quello medio delle nazioni occidentali più progredite.

 

Dal punto di vista sociale, non si può ignorare che il marxismo, tradotto nel comunismo, disgrega i fondamenti del retto ordine sociale, quali la proprietà privata, la famiglia, il bene comune.

Della proprietà privata, almeno per quanto riguarda i mezzi di produzione, nega il diritto: diritto naturale, cioè voluto dal concetto stesso di uomo per la conservazione e lo sviluppo di una vera personalità umana. Se il comunismo, in linea di fatto, ha dovuto scendere, in proposito, a qualche parziale ed insignificante concessione, ciò dimostra quanto esso sia contro natura.

Le medesime osservazioni si possono fare riguardo alla famiglia. Marx respinge il matrimonio tradizionale, considerandolo una forma di proprietà privata, e, come tale, una degradazione, perchè disumanizzante. L’ istituzione familiare, come il diritto sul quale è obiettivamente fondata, fa parte della sovrastruttura della società e dipende dalle strutture economiche.

Il bene comune, infine, è annullato dal marxismo, che finisce non solo nel disordine, ma anche nel dispotismo e nell’oppressione. “Non più sfruttatori nè sfruttati” è il grido della guerra immediata e il miraggio della pace futura.

Ma il comunismo una volta arrivato al potere, al posto della classe dei capitalisti crea le categorie dei capi, dei funzionari statali, dei poliziotti, e al posto della classe proletaria la categoria di coloro che devono solo obbedire.

Dal punto di vista che potremmo dire umanistico, visto che si è parlato tanto di “umanesimo marxista”, come proposta di realizzare “l’uomo totale”, possiamo riconoscere l’attrazione ma non senza far notare l’ambiguità di questo progetto di fare dell’ uomo il soggetto, e nel medesimo tempo l’ oggetto ultimo dell’ azione, il suo stesso prodotto anche quando essa sembra produrre degli oggetti esteriori: “l’uomo totale” è il soggetto vivente, dapprima dilaniato, dissociato e incatenato alla necessità e all’astrazione. Attraverso questo spazio egli va verso la libertà: diviene natura, ma è libero.

Diviene totalità come la natura, ma dominandola.

Qui non dobbiamo discutere l’insieme delle tesi soggiacenti a queste affermazioni. Notiamo tuttavia con Hyppolite che la produzione marxista dell’uomo mira ad essere, malgrado certe espressioni troppo oggettiviste di Marx, l’Assoluto che è Soggetto, cioè l’uomo divenuto universale, il Dio che si fa lui stesso, invece che un Dio contemplato in un cielo lontano. “L’ uomo si appropria del suo essere universale in maniera universale, dunque lo fa in modo totale” (Marx). Ma in conclusione si arriva a questo, che l’uomo comunista diviene “quel capitale più prezioso”, di cui parlava Stalin; una realtà umana subordinata ai valori dell’economia e al dominio del potere, spesso persino al terrore. La storia marxista conduce fatalmente non al rispetto della persona umana, ma al suo disprezzo.

L’uomo totale vero consiste nella persona umana considerata in tutti i suoi aspetti, di corpo (materia), di spirito (non materia), e per i cristiani, di figliolanza divina (soprannaturale). Il marxismo teoricamente considera l’uomo solo sotto l’aspetto di materia (l’uomo economico), e in pratica non fa che devastare la sua vita spirituale e fisica.

Le uccisioni in grande stile, le deportazioni, gli internamenti operati dai regimi comunisti in tutti i paesi da essi dominati, e che costituiscono la più colossale offesa all’ uomo della storia derivano da quella falsa concezione materialistica dell’uomo mutilato dei suoi valori più alti e anzi svuotato del suo significato personale.

Ma si badi: lo spettacolo orrendo delle soppressioni e delle oppressioni fisiche impallidisce davanti allo spettacolo, davvero mostruoso delle stragi di ordine spirituale, delle devastazioni delle coscienze, delle costrizioni, torture, umiliazioni di ordine spirituale, della massificazione intellettuale e morale dell’immenso gulag dello spirito a cui si cercò di ridurre intere nazioni. Il marxismo rappresenta il tentativo più colossale e più riuscito di quella uccisione di anime, di cui Gesù diceva “Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima” /Mt. 10,28).

 

Dal punto di vista dell’etica umana e cristiana, bisogna affermare senza esitazioni che il marxismo è profondamente, essenzialmente immorale.

Nell’intento di rimediare a molte innegabili ingiustizie commesse verso le classi più povere, è pur sempre immorale calpestare diritti non meno reali di quelli dei poveri e operare il sovvertimento ingiusto di tutte le posizioni acquisite.

E’ immorale l’essenziale totalitarismo, che sopprime ogni voce, non consente la discussione con nessun altro punto di vista, elimina qualsiasi opposizione, costringe le persone all’abdicazione dei loro fondamentali diritti in mano allo Stato. Nè finora si hanno prove di un cambiamento reale di questo sistema di governo, nonostante qualche segnale degli ultimi tempi su di una “ristrutturazione” e una “trasparenza” che però attendono conferme istituzionali per poter essere ritenute fatti di rilievo storico e morale.

Del resto è essenzialmente immorale lo stesso principio-base del marxismo che giudica ogni violazione delle leggi morali: la relatività della verità e, quindi della morale.

Il concetto di bene e di male è legato al bene dello Stato o del partito: è bene ciò che giova al partito, anche la soppressione di vite e l’oppressione dei popoli; è male ciò che al partito, considerato norma suprema di moralità, non giova. Di qui l’assoluta mancanza di controllo, di freno, in qualsiasi periodo del processo dialettico della società. Perciò Pio XI, nell’ enciclica Divini Redemptoris, definiva il comunismo ateo come “intrinsecamente perverso”.

 

Dal punto di vista religioso, infine, si deve osservare che il comunismo sostanziato dall’ateismo marxista, finchè non se ne libera totalmente, e non solo a parole, ma nella realtà delle sue posizioni ideologiche e delle sue scelte politiche, da una parte assomma tutti gli errori antireligiosi delle filosofie precedenti: materialismo, laicismo, idealismo, agnosticismo, razionalismo, dall’ altra si presenta esso stesso come sostituto della religione. Anzi si deve dire di più: fa dell’ateismo militante una religione. Basta leggere l’opuscolo di Lenin sulla religione, dove si vede che cosa pensa il marxismo su tale materia e quale metodo insegna per la lotta antireligiosa.

L’ attacco più violento il comunismo lo riserva alla religione cattolica. Qualunque siano le professioni o promesse di rispetto di alcuni uomini, forse sinceri, nei confronti della Chiesa, per il sistema vale tuttora ciò che aveva scritto Pio XI nella enciclica Divini Redemptoris: “insistendo sull’aspetto dialettico del loro materialismo, i comunisti pretendono che il conflitto che porta il mondo verso la sintesi finale, può essere accelerato dagli uomini. Quindi si sforzano di rendere più acuti gli antagonismi che sorgono tra le diverse classi della società, e la lotta di classe, con i suoi odi e le sue distruzioni, prende l’aspetto di una crociata per il progresso dell’umanità. Invece tutte le forze, quali che esse siano, che resistano a quelle violenze sistematiche, debbano essere annientate come nemiche del genere umano”. Tra queste forze nemiche è al primo posto la Chiesa cattolica, per la chiarezza e coerenza delle sue posizioni, per la sua diffusione in tutto il mondo, per la sua libertà dai condizionamenti nazionali e razziali, per la sua organizzazione unitaria, per la sua esperienza dei secoli. Inoltre la dottrina comunista è in antitesi con quella cristiana, insegnata fedelmente dalla Chiesa, a livello sia teologico-filosofico sia etico-sociale.

Perciò ci spiega la lotta dura e crudele per l’esistenza imposta alla Chiesa dal comunismo; lotta che, si può dire, non ha avuto precedenti dalle origini fino ai giorni nostri.

Come scrive Pio XI nella enciclica Divini Redemptoris, “per la prima volta nella storia stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta ed accuratamente preparata dall’ uomo contro “tutto ciò che è divino”. Il comunismo è per sua natura antireligioso, e considera la religione come l’oppio del popolo” perchè i principi religiosi che parlano della vita d’ oltre tomba distolgono il proletariato dal mirare al conseguimento del paradiso di questa terra.

Il “paradiso è di là da venire anche per il comunismo. La Chiesa ha ben ragione di non fidarsi delle parole dei comunisti, e di continuare a proporre agli uomini, con Pio XI, la suprema realtà, che è Dio a riaffermare i diritti imprescrittibili della persona umana, i diritti e i doveri della società, a mostrare la saggezza e la attualità della propria dottrina sociale, e a rivolgere il suo appello a quanti credono in Dio, per premunirsi contro le insidie del comunismo, comunque mascherato, e salvare la società umana.

L’ enciclica di Pio XI scritta nel 1937, quando il comunismo non dilagava ancora nell’ Europa, dimostra come quel pontefice vide chiaro nella essenza dell’ideologia e del sistema politico marxista e presagì i suoi futuri sviluppi, fatali per l’umanità.

 

A chiusura di questa esposizione, necessariamente sintetica, sul marxismo e il comunismo, una conclusione, già più volte accennata s’ impone.

 

Il marxismo-lieninismo (e il comunismo) appare come un fenomeno totale. Questo elemento di totalità lo caratterizza in modo che, se è possibile isolare questo o quello dei suoi elementi, questa o quella delle sue analisi, tuttavia, solo situati in questa totalità essi assumono il loro significato. Di conseguenza, non è “battezzato” questa o quella parte del sistema marxista e rettificandolo in questo o quel punto, che sarà possibile cristianizzarlo. Il marxismo sarebbe cristallizzabile solo se lo fosse nella sua totalità. E questo non è possibile. D’ altronde Engels, sin dal 1843 aveva avvertito che non si poteva prospettare un comunismo cristiano che fosse comunismo nel senso inteso da Carlo Marx e da lui stesso.

Tutto ciò vale per il marxismo e per il comunismo impastato di marxismo, oggi come ieri. Non è escluso che essendo gli uomini correggibili e perfettibili più dei loro sistemi, si possono avere anche nel mondo comunista cambiamenti, e persino svuotamenti dall’interno, sia pure con processi lunghi e faticosi.

Don Walter Trovato




Ognuno per sé, Dio contro tutti, altro che Europa…

La tendenza delle nazioni a perseguire principalmente i propri interessi nazionali, anche quando si proclama l’obiettivo del bene comune, è un fenomeno complesso e radicato profondamente nella storia delle relazioni internazionali e la teoria realista delle relazioni internazionali, stigmatizza questo comportamento come intrinsecamente legato alla natura anarchica del sistema internazionale.

In assenza di un’autorità centrale che regoli le interazioni tra gli stati, questi ultimi agiscono in un contesto di auto-aiuto, dove la sicurezza e gli interessi nazionali diventano la massima priorità.

Il realismo sostiene che, anche nelle situazioni in cui viene invocato il bene comune, le nazioni tendono a valutare le proprie azioni principalmente in termini di potere e sicurezza, cercando di massimizzare la propria influenza e minimizzare le vulnerabilità.

D’altra parte, la teoria liberalista offre una visione leggermente diversa, enfatizzando il ruolo delle istituzioni internazionali, del commercio e della democrazia nel mitigare l’egoismo nazionale.

Secondo questa prospettiva, anche se le nazioni sono motivate dai propri interessi, la cooperazione internazionale e le reti di interdipendenza economica possono portare a risultati che beneficiano il bene comune.

Tuttavia, anche all’interno di questo quadro, le nazioni possono cercare di plasmare le regole e le istituzioni a proprio vantaggio, dimostrando come l’interesse nazionale e il bene comune possano essere difficili da conciliare.

La psicologia sociale offre ulteriori spiegazioni, suggerendo che la tendenza a favorire il proprio gruppo (in-group bias) può essere applicata anche al livello degli stati.

Questo bias porta le nazioni a privilegiare i propri cittadini e interessi sopra quelli degli altri, spesso giustificando tali azioni con la retorica del bene comune, anche quando le politiche adottate possono avere effetti negativi sul resto del mondo .

In ogni caso la storia diplomatica fornisce numerosi esempi di come le nazioni abbiano spesso invocato il concetto di bene comune per giustificare azioni che, in realtà, erano guidate da motivazioni egoistiche.

Questo non significa che il bene comune non possa mai essere un obiettivo sincero, ma piuttosto che la sua invocazione deve essere esaminata criticamente, tenendo conto dei contesti storici e geopolitici specifici.

Questo dovrebbe essere un dovere dei giornalisti, che sarebbero sempre tenuti a fare un’analisi critica delle dichiarazioni degli stati.

 

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Così oggi ci racconta il nostro amico IGNOTO UNO:

 

Gli Stati Uniti a guida Biden assecondati dai leaders europei, Commissione in testa, assai poco attenti al futuro dei propri popoli e molto di più alle logiche di potere di certi ambienti finanziari, erano, almeno ufficialmente, certi di riuscire a far terminare l’autarchia di Vladimir Putin ed a ricondurre, attraverso la sostituzione di questi, la Federazione Russa all’interno del sistema dagli stessi creato per garantirsi il controllo dell’occidente tutto, in pochi mesi, attraverso la guerra in terra di Ucraina.

Operazione politica, a dire il vero, che prendeva inizio già nel 2014, Obama alla Casa Bianca, con la Rivoluzione Ucraina contro il presidente Victor Janukovyč.

Rivoluzione evidentemente “facilitata” da chi allora governava a Washington.

Victor Janukovyč, leader politico filo russo, che, nel 2010, aveva vinto le elezioni battendo Julia Tymosenko che, al contrario, teneva stretti legami con l’occidente.

Tymosenko era colei che, infatti, dichiarava già nel 2008 “la vittoria di Obama ci ispirerà, le capacità di Obama sono ciò di cui il mondo ha bisogno”.

Queste “capacità” il mondo le ha potute vivere sulla propria pelle.

Le tante, troppe, “rivoluzioni democratiche” e il trasbordante desiderio di “esportare la democrazia” dello stesso Obama hanno, oggi lo vediamo e subiamo assai bene, devastato molte regioni del mondo.

Tornando alla martoriata terra ucraina, non possiamo che, sconsolati noi che crediamo nella vita e nella pace, prendere atto che sono passati due anni dal giorno in cui iniziò la,così la hanno denominata al Cremlino, Operazione Speciale, era il 20 febbraio 2021, e i fatti dicono ben altro rispetto a quanto ci è stato raccontato in questi ventiquattro mesi.

Non fosse tragico sarebbe ilare il discorso alla Camera dei Deputati italiana dell’allora Premier Mario Draghi in cui narrava la “vittoria” dell’esercito ucraino sulle forze militari russe e la devastante crisi finanziaria ed industriale della stessa Federazione Russa.

Ovviamente i media nostrani si guardano bene dal riportare alla memoria degli italiani quelle che i fatti, oggi, non possono fare altro che definire quelle affermazioni, a dire il vero assai assertive, come “baggianate”, tantomeno intervistano il diretto interessato, sempre menzionato come “risorsa” per il futuro europeo, con il fine di chiedergli quali fossero le sue fonti per portarlo ad esprimersi pubblicamente in quel modo così fuorviante per le scelte del Parlamento italiano.

Migliaia di morti e feriti, l’Ucraina completamente distrutta, cinque regioni della stessa saldamente sotto il controllo delle truppe russe, esercito ucraino che deve coscrivere nuovi giovani militari, il Capo di Stato Maggiore ne chiede 500mila, e sta terminando sia le armi che le munizioni.

Questa la drammatica realtà.

Nessun leader politico occidentale parla più di tregua e, allo stesso tempo, chi non ha una propensione alla demagogia ed ha una reale competenza nella strategia militare ritiene oramai certa la vittoria russa.

Oltretutto, ben conscio che il detto “l’appetito vien mangiando” vale sempre, le forze militari russe sembrerebbero oramai pronte a prendere il controllo di tutta l’Ucraina e non solo delle regioni russofone che erano, due anni fa, il reale obiettivo di Putin.

Dazioni economiche a favore del governo ucraino, tredici pacchetti di sanzioni alla Federazione Russa hanno assai impoverito tutti gli Stati Europei e, questo vede chi ha avuto modo di viaggiare all’interno della Russia di oggi, non hanno annichilito ne il potere di Putin, ne il sistema socio economico russo.

Un esempio su tanti, l’Italia nel 2023 ha incrementato l’importazione di grano dalla Federazione Russa per più del 1.000%.

Questo è un fatto, un fatto che andrebbe ben tenuto in evidenza da chi, in democrazia si deve ritenere “pro tempore”, è chiamato a decidere per i popoli occidentali, europei in particolare, compresa la Premier Meloni oggi chiamata a presiedere il G7.

Il pensiero che le elezioni presidenziali statunitensi del prossimo novembre e quelle europee di giugno impediscano a chi governa di prendere atto che sia necessario cambiare strategia politica è assai forte in molti analisti politici.

Fosse vero questo, temo che nulla accadrà prima del gennaio 2025 e che la guerra in Ucraina continuerà a uccidere e distruggere lasciando al prossimo presidente statunitense, molto probabilmente Donald Trump, il compito di “sanare” questa “metastasi” causata da un pensiero politico ideologico e non pragmatico.

I mesi che ci separano da quel momento incrementeranno la distruzione non solo dell’Ucraina ma anche delle relazioni politiche fra Stati confinanti all’interno, in particolar modo, dell’area geografica europea.

Senza voler menzionare i danni ai sistemi socio economici degli Stati della UE27.

Impossibile non vedere una diretta correlazione fra le scelte politiche in ordine alla guerra in Ucraina degli Stati Europei ed il fatto, esempio simbolo, che la Germania è entrata in recessione.

Putin è un “autarca”? Certamente sì.

Una domanda, sommessa, però, mi sovviene nel pensare al concetto di “autarchia”.

Giorgia Meloni era già nel 2006 vicepresidente della Camera dei Deputati, Matteo Salvini europarlamentare dal 2004, Antonio Tajani europarlamentare dal 1994.

Tre esempi scelti perché al vertice della nostra amata Italia oggi, se vi diverte continuate voi, sia con altri esponenti di destra che di sinistra o del cosiddetto centro.

Una Italia ove i parlamentari sono “nominati” dai leaders dei rispettivi partiti.

Una Italia ove è impossibile a causa delle norme fatte ad arte partecipare alle elezioni con nuove formazioni politiche.

Una Italia ove i media portano alla ribalta, troppo spesso, esclusivamente una, come oggi si suol definire, “narrazione”, quella di chi attualmente comanda.

Non è “autarchia”, anche, questa?

“Chi è senza peccato scagli la prima pietra” si legge nel Libro.

Ognuno, se amante della libera democrazia, se amante del pensiero logico che prevede che chi vince le elezioni rimanga conseguente al programma che ha proposto in campagna elettorale nella propria azione di governo, sarà libero, se lo vorrà, di riflettere su questa suggestione.

In fondo gli immensi filosofi ateniesi insegnarono, a chi li ha approfonditi sul serio, che per poter affrontare “l’altro”, prima, bisogna “conoscere se stessi”.

Le nazioni possono affrontarsi, confrontarsi, trovare equilibri, esclusivamente se rispettano se stesse.

Le proprie tradizioni, le proprie origini, la propria cultura.

Putin, esattamente seguendo questa traccia, parla di “area russa”, Zelensky riporta le sue scelte alla sua lettura delle “origini dell’Ucraina”, Trump parla di “America first”, difficile vedere un leader europeo di questi tempi fare altrettanto.

L’Europa, ancor più la nostra amata Italia, è ora che ricordi dove trova le sue radici, magari mettendo queste in mani salde che sappiano rispettarle ….. non solo a parole.

Ignoto Uno

 

 

DOSSIER UKRAINA: TOP SECRET




Se usi questa salsa potrai volare!!!!

Riportiamo una giusta domanda che si pone oggi ETTORE LEMBO NEWS, ovvero:

dove vogliamo arrivare?

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L’utilizzo di un messaggio popolare ma fuori contesto per la finalità che si vuole ottenere pone l’accento su un tema oggi quanto meno fondamentale: la questione della pubblicità fuorviante.

Questo tema si annida profondamente nelle riflessioni etiche e nelle prassi commerciali, costituendo un terreno di dibattito cruciale per l’integrità del mercato e la protezione dei consumatori.

Quando un messaggio pubblicitario viene considerato fuorviante, ci si riferisce alla sua capacità di indurre in errore attraverso informazioni false o presentate in modo tale da ingannare il ricevente, portandolo a compiere scelte non consapevoli o non pienamente informate.

Questa pratica non solo mina la fiducia tra consumatore e aziende ma solleva anche questioni significative riguardo l’etica commerciale e la responsabilità sociale d’impresa.

Dal punto di vista economico, la pubblicità fuorviante distorce il meccanismo di mercato basato sulla concorrenza leale e sull’informazione.

Nel mercato ideale, i consumatori fanno scelte basate su informazioni accurate e complete, permettendo così una distribuzione efficiente delle risorse e una concorrenza basata sulla qualità e sul valore dei prodotti.

La disinformazione, al contrario, causa una “falla di mercato”, dove i consumatori sono indotti ad acquistare prodotti o servizi che non rispondono alle loro aspettative o necessità, con conseguente insoddisfazione e potenziale danno economico.

Sul piano sociale, la pubblicità fuorviante erode la fiducia dei consumatori non solo nei confronti delle singole aziende ma dell’intero sistema commerciale.

In un’era caratterizzata da una crescente sensibilizzazione sui diritti dei consumatori e sull’importanza della trasparenza, pratiche pubblicitarie ingannevoli possono avere un impatto negativo sull’immagine e sulla reputazione delle aziende, generando un clima di sfiducia che va oltre il singolo atto di acquisto.

Questo può portare a una maggiore regolamentazione da parte delle autorità pubbliche, con l’introduzione di normative più stringenti sulla pubblicità e sul marketing.

Dal punto di vista etico, la pubblicità fuorviante solleva questioni fondamentali sulla responsabilità delle aziende nei confronti dei loro stakeholder, inclusi consumatori, società e ambiente.

Nel contesto della responsabilità sociale d’impresa, le aziende sono chiamate a operare non solo con l’obiettivo di massimizzare il profitto ma anche di contribuire positivamente al benessere della società.

La pratica di diffondere messaggi pubblicitari ingannevoli si pone in netto contrasto con questi principi, poiché manifesta un disinteresse verso l’integrità e il benessere del consumatore, privilegiando invece l’obiettivo di massimizzazione delle vendite a breve termine.

Dal punto di vista pedagogico, l’educazione al consumo critico rappresenta un aspetto fondamentale nella formazione dell’individuo moderno.

In un’epoca caratterizzata da un bombardamento continuo di messaggi pubblicitari, è essenziale sviluppare competenze critiche che permettano di analizzare, valutare e comprendere i messaggi pubblicitari, distinguendo quelli affidabili da quelli fuorviante.

Questo approccio pedagogico non solo prepara l’individuo a difendersi dalle pratiche commerciali ingannevoli ma promuove anche un consumo più consapevole e responsabile, in linea con i principi di sostenibilità e di etica.

In conclusione, la gravità di diffondere un messaggio pubblicitario fuorviante risiede non solo nelle sue immediate conseguenze economiche e sociali ma anche nelle sue ramificazioni etiche e pedagogiche.

La lotta contro la pubblicità ingannevole richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga legislatori, aziende, educatori e consumatori, ciascuno con il proprio ruolo nella promozione di pratiche commerciali etiche e trasparenti.

La realizzazione di un mercato basato sulla fiducia e sull’integrità non è soltanto un obiettivo etico ma una necessità pratica per lo sviluppo sostenibile dell’economia e della società.




Biden: Putin? un pazzo figlio di puttana…

Epiteti dei “potenti” o presunti tali, alla faccia della diplomazia!

Viene riportato dalla stampa che il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, durante un evento elettorale a San Francisco, avrebbe dichiarato che “Dobbiamo occuparci di un pazzo figlio di puttana come Putin e preoccuparci della guerra nucleare, ma la vera minaccia esistenziale per l’umanità è il cambiamento climatico”.

Premesso che se il governatore della Regione Campania apostrofa con la parola “stronza” la Premier italiana i commenti sono al calor bianco e se il presidente degli Stati Uniti da del “figlio di puttana” al presidente russo non accade praticamente niente, questa volta, è da tempo che non succede, al netto dell’insulto assai gratuito alla signora Putin, fatto ancor più grave e politicamente sconveniente dell’epiteto contro la Premier italiana, Biden, suo malgrado, dice qualcosa di interessante.

Dice, infatti, che “la vera minaccia esistenziale per l’umanità è il cambiamento climatico” mentre si rischia la guerra nucleare, lasciando così intendere che i normali cittadini non hanno chiaro quali debbano essere le reali priorità del momento.

Di questo possiamo incolpare i media?

Certamente sì.

Questo accade quando gli interessi e la ideologia dominano sulla famosa “notizia”.

Biden dice, questo a me sembra, che il “cambiamento climatico” è un tema “secondario” di fronte al rischio imminente di catastrofe nucleare.

Dice che il mondo è sul limite di una guerra nucleare!

Il Presidente Biden afferma questo e, al posto di costruire un percorso di pace basato su un accordo di moratoria sulle armi nucleari, chiede al Congresso Statunitense ulteriori somme per armare l’Ucraina e stimola l’Unione Europea a fare altrettanto.

Difficile comprendere la sua logica.

Difficile soprattutto allorquando gli esperti militari non sono così convinti che la Russia stia perdendo la guerra.

Ne quella militare, ne quella socio economica.

I quotidiani italiani del 22 febbraio riportavano il paradosso delle enormi importazioni di grano che la nostra industria sta facendo dalla Russia, sopra il 1.000% in più degli anni precedenti.

Ci sarebbe da chiedersi come facciano i russi a “morire di fame” se possono incrementare le loro esportazioni di beni alimentari primari in questo misura.

Altro ilare tema è quello delle sanzioni.

Per comprendere quanto siano ridicole consiglio di passare un bel week end culturale a Mosca o a San Pietroburgo.

Troverete negozi pieni di merci occidentali.

Troverete gente che vive esattamente come prima della guerra in Ucraina e che si lamenta dell’inflazione esattamente come sono costretti a fare gli occidentali.

Troverete gente che ti chiede perché non si siedono tutti i potenti ad un tavolo per costruire una pace duratura esattamente come lo chiedo io e la maggioranza degli italiani.

Troverete gente che vorrebbe tornare a poter viaggiare a prezzi accessibili e senza dover fare il giro del mondo perché mancano le rotte, esattamente come facevano prima della guerra, esattamente come vorrebbero riprendere a poter fare gli occidentali tutti.

Statunitensi, europei e russi, quelli del cosiddetto ceto medio, si sono stancati di vivere male perché pochi potenti vogliono arricchirsi attraverso questa guerra.

Molti si chiedono se tutti quei soldi di cui si sente tanto parlare arrivano veramente in Ucraina o prendano altre direzioni, magari quelle dei paradisi fiscali e bancari.

Sarà, forse, per queste domande che quasi la metà degli italiani vorrebbe rivedere il Presidente Donald Trump alla Casa Bianca, quando c’era lui vivevamo tutti bene ed in pace.

Per fortuna, questo sembrerebbe proprio, sta tornando.

Sabato parlerà al CPAC in Virginia, qualcuno pensa che inizierà a dettare la linea, certamente lo ascolteranno molte delegazioni straniere, alcune capiranno che il mondo di oggi non prevede il tenere i piedi in tutte le staffe.

Ignoto Uno

 

 

da ettorelembonews




Congresso conservatore americano: forse occorre tornare a riveder le stelle.

Primo giorno di un CPAC storico, anche per la UE

Il CPAC è il congresso del mondo conservatore statunitense, ed è ritenuto riferimento per tutto il conservatorismo mondiale, oggi viene definito “sovranismo”.

Per questo vi partecipano delegazioni dei partiti sovranisti di ogni dove.

Oggi in Virginia, in Stati Uniti, prende inizio uno dei CPAC più importanti della storia repubblicana americana.

La causa si può trovare in tutto quanto è accaduto dalle elezioni presidenziali del 2020 ad oggi.

Periodo nel quale il tema dei brogli elettorali durante quelle elezioni non si è mai spento.

Tema sempre messo al centro dal Presidente Trump ed ostentatamente non affrontato dall’attuale inquilino della Casa Bianca e non solo.

Non solo in Stati Uniti.

Il 6 gennaio 2021, infatti, una enorme folla protestava davanti alla sede del Congresso, Capitol Hill, a Washington DC.

Una folla che riteneva che il risultato delle appena avvenute elezioni presidenziali fosse stato invertito attraverso brogli elettorali.

Un fatto storico da molti punti di vista che trovava origine da una inquietante sequenza di eventi.

Dalla, incredibile dichiarazione del candidato Biden alla chiusura dei seggi “oggi non sapremo chi avrà vinto le elezioni”, fatto mai avvenuto in Stati Uniti, a cui fece seguito un black out del sistema elettronico di calcolo per ben tre giorni, per terminare con una, per alcuni inquietante, ripresa del conteggio delle schede elettorali attraverso lo stesso sistema elettronico ed il rovesciamento dell’andamento dello scrutinio in molti Stati della federazione. Improvvisamente le schede erano tutte, il cento per cento, favorevoli a Biden.

Molti elettori statunitensi non credettero alla “casualità” e una parte di loro decise di protestare davanti a Capitol Hill.

Alcuni la invasero. Fatto storico perché mai era stata profanata la sacralità della sede del Congresso americano.

Storico perché, forse ancora di più, quella parte di corpo elettorale statunitense non credeva nella legalità delle elezioni presidenziali svolte nel precedente novembre.

Per la prima volta nella storia della democrazia americana, infatti, il popolo statunitense metteva in dubbio la legalità del voto in tutta la federazione, non in uno Stato come già accadde in Florida nel 2000.

Di tutto questo fu incolpato il Presidente Trump.

Purtroppo, da quel giorno ad oggi, nulla di serio è avvenuto per fare chiarezza su quella giornata e, fatto ancor più sconcertante, su quel voto.

Il “dubbio” nel popolo americano è nel frattempo accresciuto, in molti è divenuto “certezza”.

Questo proprio per la protervia del negare senza documentare la negazione. Doppia negazione, in politica come nella vita, cela sempre una “verità”.

Questo atteggiamento, diciamo così, alla “Marchese del Grillo” ha causato una unica certezza negli analisti e sondaggisti politici, quella che il Presidente Trump ha, tuttora, una gran parte dei cittadini statunitensi dalla sua parte ed è stabilmente avanti per distacco nel risultato elettorale del novembre 2024.

D’altronde l’uomo di Mar a Lago ha sin dal primo momento ritenuto di aver vinto con ampio margine anche quelle del 2020 tanto da aver lasciato al momento di abbandonare il famoso studio ovale uno scritto assai emblematico, quello che diceva a Biden “lo sai che hai perso”.

Certezza, condivisa con il suo popolo, che oggi esplicita dichiarando in ogni dove “vincerò per la terza volta”.

“Terza volta”, appunto, un modo neanche tanto subliminale per ricordare che l’elezione nel 2020 di Biden alla Casa Bianca non ha mai visto superati i dubbi dei primi giorni.

In ogni caso Biden e la sua parte le stanno provando tutte per impedire al leader indiscusso del Partito Repubblicano statunitense di correre alle elezioni del novembre 2024.

Forse sarebbe più corretto dire al leader del movimento sovranista nel mondo.

Un solo caso simile nella storia moderna del nostro occidente tutto, quella giudiziaria di Silvio Berlusconi.

C’è quasi da chiedersi se vi sia qualche “cattivo maestro” italiano a far da consulente a chi sta cercando di usare la magistratura come strumento politico anche in Stati Uniti.

In Stati Uniti, però, le radici democratiche e la fiducia nella necessità di scindere il ruolo politico da quello giudiziario sono molto più profonde.

Questo si comprende nel prendere atto dello scetticismo dei nove membri della Corte Suprema americana ad accogliere positivamente la sentenza della Corte del Colorado che dichiara ineleggibile il Presidente Trump proprio a causa delle vicende di Capitol Hill.

Due dei tre giudici nominati da Obama alla Alta Corte, Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson, hanno dichiarato, infatti, che “permettere ad uno stato di decidere chi può candidarsi per una carica nazionale è un pericoloso precedente da evitare”.

La giudice Kagan, in particolare, ha ampliato la propria preoccupazione al fatto che “consentendo al Colorado di rimuovere Trump dal ballottaggio si creerebbe un precedente pericoloso nel conferire ai singoli Stati un potere straordinario che permetterebbe ad un singolo Stato di influenzare le elezioni nazionali”.

La giudice Kagan ha continuato dichiarando che “pur continuando a ritenere che il Presidente Trump sia responsabile di quell’assalto alla sede del Congresso americano, la Costituzione non autorizza un singolo Stato ad escludere un candidato per la presidenza federale degli Stati Uniti” ed ancora “sarà compito del Parlamento, nel caso lo ritenesse, di attivare una procedura di impeachment nei confronti del neo eletto, se dovesse vincere le future elezioni presidenziali, Presidente Trump per quanto avvenne il 6 gennaio 2021”.

Lezione alta di cultura democratica!

A causa di questa molti iniziano ad essere assai convinti che fermare la corsa vincente del leader repubblicano sia, oramai, impossibile.

“La protesta del 6 gennaio a Capitol Hill fu pacifica e patriottica” ha detto l’inquilino di Mar a Lago dopo l’udienza della Corte Suprema che molto probabilmente produrrà la sentenza entro il Super Tuesday del 5 marzo.

Anche questo è un messaggio chiaro e forte.

Quel martedì 15 stati voteranno per le primarie e il mondo, non solo gli statunitensi, saprà chi correrà a novembre per i repubblicani e, a guardare i sondaggi, questi vincerà le presidenziali.

La Corte Suprema visse un momento in cui fu chiamata a decidere chi avrebbe governato gli Stati Uniti nel 2000 allorquando annullò il riconteggio dei voti in Florida determinando la vittoria di Bush contro Gore.

L’opinione pubblica, in quell’occasione, ritenne la decisione della Corte Suprema una sentenza politica, per cui lontana da quella terzietà che la Costituzione americana garantisce ai membri della Corte attraverso la nomina a vita.

Anche nel 2022 una sentenza dell’alta corte fu ritenuta politica allorquando essa rovesciò la sentenza Roe contro Wade in ordine al diritto costituzionale ad abortire.

In questa occasione, da quel che si apprende dai media, sembrerebbe veramente che la Alta Corte voglia tenere al centro il dettato costituzionale a prescindere dalle opinioni che i singoli membri hanno sia sulla vicenda di Capitol Hill sia sulla figura del Presidente Trump.

Dovesse confermassi questo noi cittadini occidentali tutti non potremmo che esserne lieti, una sentenza basata esclusivamente sul diritto e non sulla ideologia politica sarebbe una lezione per molti, anche magistrati, nel mondo.

Allo stesso tempo tutto questo sta aprendo degli scenari particolarmente interessanti sul fronte democratico americano.

Mentre fino a pochi giorni fa nei salotti dei bene informati si sentiva sempre più spesso parlare di Michelle Obama come candidata democratica alle presidenziali del 2024, gli stessi salotti oggi iniziano con forza a ritenere la candidatura della consorte dell’ex presidente degli Stati Uniti come improbabile.

La motivazione è chiara, il presidente Trump è ritenuto un avversario “non affrontabile” perché amato e “voluto” da una gran parte del popolo americano e la famiglia Obama non ama rischiare di perdere.

Anche da questo cambio di orientamento si può facilmente comprendere che la possibilità che il mondo tutto, la nostra Italia forse più di altri, dovrà confrontarsi nuovamente con il Presidente Trump è sempre più vicina.

Un uomo che in questi quattro anni ha dovuto lottare come una belva per difendersi da attacchi di ogni genere.

Un uomo che in questi quattro anni ha dovuto accettare di subire molte umiliazioni che reputa totalmente dovute a quei brogli che lui è certo ci siano stati.

Un uomo che in questi quattro anni ha dovuto vedere il suo popolo soffrire ed impoverirsi a causa di una leadership alla Casa Bianca che lui ritiene inetta.

Un uomo che in questi quattro anni ha dovuto vedere suoi amici e sostenitori subire processi, andare in carcere, essere ghettizzati, per il solo fatto di non averlo abbandonato e tradito dopo il 2020.

Un uomo che in questi quattro anni, proprio da tutta questa sofferenza, ha imparato molto e, lo si vede facilmente seguendolo, vuole tornare per mettere le cose a posto.

Tutte a posto, al loro posto.

Ovunque.

Ignoto Uno

 

Ettore Lembo News