“Tutta colpa di una moka”

Approda in Ticino il “Moka People Festival”: l’installazione multisensoriale dei “Moka People”

Dal 23 giugno al 3 luglio, nella magica location dell’ex-cementificio Saceba – situato nella parte bassa del Parco delle Gole della Breggia – si terrà il “Moka People Festival”.

All’interno della “Torre dei Forni”, dal pianterreno al quarto piano, si snoderà la mostra – una multisensoriale installazione – con 18 artisti fra pittori, scultori, illustratori, disegnatori …

Nell’area circostante, decine di performer – attori, musicisti e ballerini – doneranno agli Ospiti momenti di Bellezza ad altissima frequenza. Ci saranno anche workshop e momenti di relax.

 

Galeotta fu la moka …

È la moka l’oggetto da cui parte tutto.

Gli Artisti Monica Rush, Brianna Ruland e Roberto Fridel si sono presi il tempo per osservarla da vicino. I preziosi spunti che ne traggono li ispireranno, più avanti, nella scelta del nome di un Progetto.

Ma torniamo alla moka e alle sue molteplici implicazioni.

Per chi fa del caffè il pretesto per incontrarsi e condividere pensieri, idee ed emozioni, la moka è molto più di un semplice “ferraccio” ottagonale: è un album di fotografie, uno scrigno di opportunità, ricordi, immagini, conversazioni …

È tutto questo che di lei ci portiamo dentro sempre e ovunque andiamo.

Il fuoco moderato di cui necessita è come l’amore nella sua espressione più sana: non una fiamma che divampa e si spegne ma un sereno, costante, rassicurante amore.

Quando la moka è pronta lo fa sapere e si autocelebra, spandendo il suo profumo tutt’intorno. Come chi, consapevole del proprio contributo di valore, lo annuncia apertamente e senza falsa modestia.

Come ogni Artista della propria vita, la moka è consapevole del suo Scopo: creare energia positiva che catalizzi energie simili.  

E poi è libera, come lo è ogni essere umano che non nutre aspettative di essere ricambiato.

“Se riusciamo a stare nella vibrazione alta creando attorno a noi felicità, tutto si ferma qui. Ed è tutto più semplice. Non c’è sforzo.” dice Monica.

 

I “Moka People”

In una nuvolosa giornata di maggio, passo a trovare Monica nella sua splendida casa. Mi dice che un giorno Brianna Ruland le racconta di come in certi parchi, in America, la gente si ritrovi munita di moka e fornellino.

Il caffè, ovviamente, è un pretesto, si può anche non bere. L’idea è semplicemente quella di riunire un gruppo di persone con la scusa del caffè e andare oltre i convenevoli del “Come stai?”, oltre la convenzionale chiacchiera su fatti d’attualità e di cronaca: deve essere, per tutti, un momento di scambio dove sentirsi liberi di essere ciò che si è, fare nuovi incontri, arricchirsi.

Nel 2019 – alla vigilia del periodo di emergenza sanitaria – Monica, Brianna e Roberto proseguono l’esplorazione del “mondo moka” alla ricerca del nome ideale da dare a questo progetto. Si passano in rassegna le parole “caffettiera”, “caffè”, “moka” … Nasce “Moka People”: semplice, spontaneo, positivo.

Inizia la pandemia. Il Progetto viene lasciato decantare, e forse grazie al rallentamento della vita Brianna e Monica hanno la possibilità di interagire con altre donne artiste e passare del tempo chiacchierando e condividendo desideri. Nasce proprio in uno di questi incontri, grazie al contributo di tutti, l’idea di prendere in affitto l’ex-cementificio della Saceba per esporre le proprie opere e invitare gli amici.

Un’idea corale che doveva durare solo due giorni e che in poco tempo invece si amplia e diventa Festival. Che nome dargli?  Ecco riapparire “Moka People”: forse perché in fondo parla della stessa cosa, ora il nome trova la sua collocazione. 

 

“Il Moka People Festival”

Gli Artisti prendono in affitto la Saceba, magica location situata nella parte bassa del Parco delle Gole della Breggia.

La scelta dell’ex-cementificio ha il suo perché: il grigio della costruzione e i grandi spazi da riempire sono l’ideale per realizzare una multisensoriale installazione. Al pianoterra e sui quattro piani, i sensi dei visitatori sono stimolati da forme, colori, suoni, immagini, movimento, musica. Nel frattempo, nel suggestivo spazio circostante, attori, musicisti e ballerini si esibiscono in live performance.

Il Progetto conquista ogni giorno più persone: mentre scrivo, gli artisti e i performer hanno superato i cinquanta elementi.

A questi si aggiungono tre stiliste “artigiane” e una quarantina di figuranti, pronti a indossare le loro creazioni.

E poi ci sono i musicisti dell’orchestra della Svizzera Italiana, i poeti, gli attori di fama a recitare, di notte, avvolti dalla morbida luce di bracieri accesi … I ballerini di danza contemporanea, i suonatori di cornamusa in mezzo ai sassi …

Questo è il “Moka People Festival”: una celebrazione non dell’Arte ma della collettiva Creazione di qualcosa di sensoriale, con la speranza che possa arrivare agli altri. A questo servono il suono, le luci, gli odori: oltre che a stimolare i sensi, aiutano i visitatori ad “assorbire” energia buona e a non rimuginare su se stessi e sulla propria rigidità.

Il desiderio è quello di innalzare l’energia degli Ospiti – in un luogo che è già di per sé energetico. Il tutto diffondendo il messaggio che non è Artista chi impara a dipingere, scolpire, recitare, danzare, suonare uno strumento musicale. Ognuno di noi è Artista nell’arte di creare la propria gioia, l’Arte più sofisticata e importante che l’Uomo ha. Basta poco. Il contatto con la natura. L’amicizia. La collaborazione. Tutte le altre forme d’arte sono secondarie.

 

Save the date and the event

Il “Moka People Festival” si svolge nei giorni dal 23 giugno al 3 luglio in Ticino, Svizzera.

Ogni giorno c’è un programma diverso. Il biglietto d’ingresso all’esposizione si acquista all’entrata della Torre mentre le performance all’esterno sono gratuite. Dalle 17.30 si può trovare ristoro al bar con cibo e vino buono.

E poi, nei pressi della Saceba c’è una vallata protetta, ci sono delle rocce scavate dall’acqua che sono diventate gole e offrono una panoramica che è la stessa di duecento milioni di anni fa! Si può entrare nelle cave prenotando il tour con il Parco delle Gole della Breggia: un’esperienza incredibile, da fare preferibilmente in silenzio. C’è il fiume per andare a fare il bagno, se fa troppo caldo.

Ci sono anche i “caffè con l’artista”: momenti interattivi fra gli espositori e il pubblico. Durante il weekend, inoltre, si possono raggiungere gli Artisti alle otto del mattino, per fare colazione insieme. Chi lo volesse può portare la propria moka da casa. Loro ci mettono il fornellino. Quindi ci si siede tutti insieme e si parla di Arte o si ascoltano le campane tibetane. Questo è fare “Moka People”!

E una volta finito l’evento? Beh … di moka eventi se ne possono organizzare tanti e “Moka People” è un modo bellissimo per darsi un obiettivo e condividere il percorso per raggiungerlo.

Alla fin fine … siamo tutti Moka People!

Per saperne di più sull’evento e i suoi protagonisti, visita il loro sito.

Vuoi un’anteprima in immagini e video? Visita il gruppo Facebook “Moka People Festival” .

 

Ex-cementificio Saceba
L’ex-cementificio Saceba, oggi chiamato “Torre dei Forni”




Festival di San Remo, ultima fortezza del monopolio della Musica!

 

Ma com’è possibile che ancor oggi continui ad esistere “il Festival della Canzone Italiana”, detto comunemente “Festival di Sanremo”?

Una domanda che mi pongo da anni, dal lontano 1975!

Lo storico britannico Eric J.E. Hobsbawm (1917-2012), nel suo celebre volume Age of extremes The short twentieth century, 1914- 1991 (1994) ha definito il secondo dopoguerra in Italia una nuova «età dell’oro», mettendo in evidenza che si trattò di anni di «straordinaria crescita economica e di trasformazione sociale, che probabilmente hanno modificato la società umana più profondamente di qualunque altro periodo di analoga brevità» (trad. it. Il secolo breve, 1995, p. 18).

Straordinaria trasformazione sociale che ha favorito pure la nascita del Festival di Sanremo in cui la canzone italiana ha iniziato ad emergere dal sottosuolo e tutto  questo è andato pure bene nel decennio 50-60 ma poi avrebbe dovuto arricchirsi, cambiare continuamente, sperimentare, veder crescere nuovi talenti ed invece? Nulla di tutto ciò!

Non annoierò il lettore con la lista di presentatori, presentatrici e vallette di turno che si sono avvicendate nel corso delle edizioni del Festival di Sanremo (complici di aver permesso uno scempio artistico di dimensioni apocalittiche; n.d.a.) perché non potrei esimermi dall’avviare una personale controversia su MUSIC in merito a personaggi “limite” come Luciana Littizzetto, diavoletto antipatico, neanche troppo comico, intriso di sarcasmo elitario da “radical chic”; non ritengo infatti la nostra rubrica lo spazio appropriato.

Non tedierò nemmeno con la striscia di vincitori del Festival dal 1951 al 2016 ma citerò alcuni artisti che hanno fatto la storia della “Canzonetta” italiana ed altri che risultano dei prodotti “in vitro” dell’industria discografica “mordi e fuggi”. 

“Grazie dei fior”: Nilla Pizzi con questo pezzo vinse il primo Festival (1951) bissando l’anno successivo con “Vola Colomba”, grande Nilla, onore ai primi!

Claudio Villa (1957): “Corde della mia chitarra”… grandissima voce, ho riascoltato il pezzo… non male!

Domenico Modugno nel 1958 (Feat. Johnny Dorelli): “Nel blu dipinto di blu”.

Ecco… questo pezzo ha fatto la fortuna di centinaia di migliaia di intrattenitori e, non me ne voglia il maestro e amico Filippo Segato (peraltro uno dei pochi musicisti ed intrattenitori che si eleva dalla massa di assoluti cialtroni; n.d.a.) se parlo male di quelle tipologie di ectoplasmi in cerca di successo, dilettanti della musica,  pianisti o cantanti falliti che arrotondano qualche euro in bettole sconosciute dell’hinterland delle piccole e grandi città: i “karaokisti”!

Categoria quella dei “karaokisti” che, mi si permetta di dire, hanno contribuito ad abbassare il livello culturale, già molto basso, della musica in Italia e pure all’estero (quante volte in zone balneari è capitato di rabbrividire udendo indecorose orde germaniche in preda all’alcool sbraitare “…nel plu dhippinto di plu”; n.d.a.).

Gigliola Cinquetti: “Non ho l’età” (1964), “Zingara” (1969) di Bobby Solo, Toto Cutugno, il “Totone” nazionale, che con “Solo noi” del 1980 vive ancor oggi ed ancora i Ricchi e Poveri che nel 1985 vincono il Festival con “Se m’innamoro”.

Poi Ramazzotti vincitore nel 1986 con “Adesso tu” (ricordo di essermi inizialmente vergognato a comperare il 45 giri di questa canzone da regalare ad una ragazza che era perdutamente innamorata di Eros! Ma vi assicuro che furono soldi ben spesi! N.d.a.).

Vogliamo parlare dei vincitori dell’anno seguente (1987)? La premiata ditta Morandi-Ruggeri-Tozzi che con “Si può dare di più” sanciva la nascita della Nazionale Cantanti.

Poteva forse non arrivare prima la canzone che ne sarebbe  diventata l’inno? Subdola operazione!

E poi Anna Oxa, Fausto Leali, i Pooh, Luca Barbarossa, Massimo Ranieri, Riccardo Cocciante, Ron e Tosca (non si sa dove sia sparito Ron, figuriamoci Tosca!!!), la straziante “montatura mediatica” di Annalisa Minetti, la cantante non vedente.

E ancora Marco Masini (il “santo protettore” dei maniaci depressivi!).

E poi l’anno della “svolta”: il 2009, l’anno dell’impronta “Talent-Oriented”. A parte Vecchioni e gli Stadio inizia dal 2009 la pletora dei bimbiminkia: Marco Carta Valerio Scanu, Emma, Marco Mengoni, Arisa, il Volo.

Continuum spazio-temporale di “Amici”, “X-Factor” ed altri tristi programmi televisivi simili, i poveri giovani dementi vengono spremuti fino all’osso da parte delle case discografiche, celebrati per una sola stagione ed infine sbattuti in TV.

Senza ripetermi (si vedano i miei articoli in archivio MUSIC di BetaPress.it; n.d.a.) prendo a prestito un frammento di uno splendido pezzo del 2014 di Claudio Milano, collaboratore di OndaRock: “Sanremo è l’ultimo, disperato avamposto Siae, una delle poche possibilità per il monopolio di alcune «label» di tirare i remi in barca in piena crisi, ma anche e proprio per questo, in una nazione così pigra come la nostra e disposta esclusivamente a lasciarsi indottrinare da un suono che attraversa senza (apparentemente) lasciar traccia, un ritrovo voyeurista attorno ai pochi pregi e ai tanti difetti del nostro nevrotico e scoraggiante “essere/ apparire/ sperare d’essere riconosciuti a guisa di una proiezione ideale di sé”.

Due grandi fortune ha avuto negli anni il Festival di Sanremo: la prima è l’immensa ignoranza in cui imperversa il nostro paese completamente dipendente da TV e radio in cui artisti come Ricchi e Poveri da una parte e Scanu e Mengoni dall’altra sono talmente “spinti” e “video esposti” dalle produzioni discografiche che è quasi impossibile non conoscerli a dovere; la seconda fortuna del Festival è stata quella di ospitare artisti internazionali sul palco dell’Ariston che hanno fatto “schizzare in alto” gli share d’ascolto durante le loro esibizioni sanremesi.

Barry White, Tina Turner, i REM, Peter Gabriel, i mitici KISS, la splendida Whitney Houston (unica artista nella storia del Festival ad eseguire un bis; n.d.a.), «sua maestà» Madonna, i Def Leppard, i Saxon, i Van Halen, i Queen, i Duran Duran, Sting.

E… per fortuna che c’erano i Big internazionali! Altrimenti che pena!

Tornando alle canzoni italiane ebbene sì caro lettore quelle che mi sono piaciute di più negli ultimi quarant’anni di Festival si contano sul palmo di una mano e neanche tutte vincitrici. “Tracce di Te” di Francesco Renga del 2002 classificatasi all’ottavo posto (primi i Matia Bazar con “Messaggio d’amore”; n.d.a.) è a mio avviso, un vero e proprio capolavoro: “Venderei a pezzi la mia vita per essere un minuto come vuoi…”, parole che commuovono e che hanno reso immortale il rapporto con la madre, scomparsa di leucemia quando lui non aveva neanche vent’anni.

Il brano fu singolo d’esordio del fortunato album Tracce, che, uscito subito dopo il festival aprirà a Francesco, cantante e co-fondatore degli storici Timoria, le porte del pop più commerciale.

E’ curioso che, la canzone giunta ottava al Festival, diventi la “title-track” del suo primo disco di… platino! Altro dito del palmo della mia mano: Giorgia vincitrice nel 1995 con “Come saprei”, indubbiamente splendida voce e buon testo.

Ma la mia preferita (anch’essa non arrivò al podio; n.d.a.), pur non essendo un ammiratore del rocker di Zocca, è di Sanremo 82: “Vado al Massimo” di Vasco Rossi.

il pezzo ruppe con lo schema metrico tradizionale e, magistralmente interpretata, liberò tutta quell’ironia e quella rabbia tipica del “Blasco Nazionale” che il pubblico celebrerà da allora fino ai giorni nostri.

Per il resto, il Festival di Sanremo è stata (ed è; n.d.a.) la solita musica: canzonette & potere mediatico… uno schiaffo a tutti quegli artisti che di giorno sono camerieri e di notte scrivono pezzi nuovi, belli autentici!

Caro lettore esci dal mondo dorato di “Sanremo-Matrix” e, come diceva il mitico Morpheus: “…pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai ancora a… Sanremo!”

 

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