Elezioni americane 2024: “Di vero dicono il venti per cento.”

A dirlo è il giornalista, scrittore ed esperto di comunicazione Alessandro Nardone, assurto a fama mondiale in occasione delle Presidenziali Americane del 2016.

“Il caso Alex Anderson”

Chi seguì le Elezioni Presidenziali americane otto anni fa, ricorderà certamente il giovane e rampante Alex Anderson che, accanto ai “giganti” Hillary Clinton e Donald Trump, correva per la nomination a Presidente degli Stati Uniti.

Caso volle che anche il protagonista del thriller fantapolitico a stelle e strisce “Il predestinato” di Alessandro Nardone si chiamasse così e che l’Autore, spinto dal desiderio di lanciare il suo romanzo sul mercato anglofono e di promuoverlo in modo originale e divertente, avesse avuto la brillante idea di offrire al suo avatar un’entusiasmante avventura nel mondo “reale”: una vera e propria campagna elettorale.

L’operazione, a dir poco geniale, aveva un altro ambizioso obiettivo: dimostrare al mondo intero la “craccabilità” del sistema dell’informazione. Di questo Nardone avrebbe dissertato nel suo libro “Orwell”, nel cui glossario digital dà delle “fake news” la seguente definizione:  “Contenuti falsi o parzialmente veri diffusi al fine di manipolare la pubblica opinione”.

Il sistema di dis-informazione

“Un tempo la notizia si poteva verificare in modo minuzioso.” Confessa Nardone. “Oggi invece, fare il giornalista è diventato difficilissimo: si è quotidianamente bombardati da una mole enorme di notizie, si viene pagati poco o niente, si ha pochissimo tempo per valutare se la notizia è vera o meno e comunque, in nome del numero dei clic, vince chi arriva per primo”.

E infatti ci vollero ben nove mesi prima che le istituzioni americane, i media e il grande pubblico si accorgessero che Alex Anderson – il cui nome è l’anagramma di Alessandro Nardone – era un “fake”. Proprio come le “fake news” nelle quali, se non stiamo attenti, rischiamo di imbatterci ogni giorno nel web e attraverso i canali tradizionali di informazione.

E veniamo alle Elezioni presidenziali USA 2024

Quanto di vero ci stanno raccontando i media riguardo alle presidenziali americane, previste per il 5 novembre prossimo? 

Non più del venti per cento. Quello che arriva alle nostre latitudini dai cosiddetti “mainstream”, è filtrato dalle lenti della partigianeria a senso unico contro Trump. Utilizzano la tecnica del “framing”, quindi o mentono spudoratamente, o utilizzano solo la parte della notizia che è funzionale alla loro narrazione. 

Qual è il tuo punto di vista su Donald Trump e su ciò che rappresenta, rispettivamente, per i “patrioti” conservatori e per i suoi detrattori?

Per i patrioti Trump è il baluardo che può “salvare l’occidente” dalla deriva woke. Per i suoi detrattori rappresenta il maggiore ostacolo. Tieni conto che, con la sua vittoria elettorale nel 2016, di fatto ha sancito la nascita di questo nuovo bipolarismo: a livello mondiale, quanto meno occidentale, non più destra – sinistra ma popolo contro establishment, patrioti contro globalisti. Chiaramente il ruolo di Trump, per chi come il sottoscritto è conservatore, rappresenta una grande speranza.

… Establishment che ingloba tutto: dai media alle multinazionali, alla sanità, al mondo dello showbusiness…

Comunque, tutti noi conservatori continuiamo a essere la maggioranza silenziosa, perché rappresentiamo quello che è la realtà nei fatti. Non il modello di società che questo insieme di interessi e di lobby vorrebbe costruire, ma un tessuto sociale che è fatto di famiglie, papà, mamme, figli, lavoratori che si rimboccano le maniche per far quadrare i conti. Persone che non vogliono sentirsi dire da nessuno se devono o possono pronunciare il termine “famiglia”; persone che non si vogliono sentire in colpa per il fatto di essere normali. Oggi, infatti, se non sei gay, trans o nero vieni accusato di essere l’archetipo dell’uomo bianco occidentale. E poi il patriarcato…  Tutte queste bestialità. Noi non vogliamo essere accusati di essere “razzisti” o “xenofobi” perché siamo per la difesa della sicurezza dei nostri confini. Non vogliamo essere considerati “fascisti” perché non la pensiamo come i radical chic di sinistra. Questo siamo noi e questo sono le persone che votano Trump negli Stati Uniti, Giorgia Meloni in Italia, Milei in Argentina. Difendiamo i nostri valori e il nostro modo di essere, molto semplicemente. 

Alessandro, vorrei un tuo bilancio sull’amministrazione Biden dal punto di vista politico (guerre, Afghanistan, Ucraina, Medio Oriente, Cina), economico (inflazione), sociale (immigrazione clandestina), culturale (educazione, istruzione).

Un disastro totale, per l’Occidente. Guerre: l’abbandono dell’Afghanistan. Quelle immagini parlano da sole. Una vergogna, un’onta che una potenza come gli Stati Uniti non cancellerà mai dai libri di storia. Ucraina: ricordiamoci le implicazioni di Hunter Biden, il figlio di Joe Biden, con Burisma… E come Biden abbia soffiato sul fuoco fino all’ultimo giorno, spingendo Putin ad attaccare, facendo il contrario di quello che avrebbe fatto Trump, che avrebbe invece messo Putin e Zelensky a un tavolo finché non si fossero messi d’accordo. Dal punto di vista economico c’è, a mio parere, una totale mancanza di strategia. Anche dal punto di vista culturale c’è decadenza totale. E qui mi riferisco all’ideologia gender, che dal mio punto di vista è veramente un qualcosa di criminale, perché fuorviano i bambini sin dalle scuole elementari con la pornografia e con l’idea che possano cambiare sesso anche senza il consenso dei genitori. Sono bestialità che faccio anche fatica a pronunciare, da papà. Un decadimento totale. Oggi, dopo soli tre anni e mezzo di Biden – che valgono per quanti disastri ha fatto per trent’anni – gli Stati Uniti sono una nazione in declino. Basta andare a farsi un giro a New York, a San Francisco, a Los Angeles, le grandi città amministrate dai democratici, per rendersi conto di quanto sto dicendo. È una nazione in declino.  

Se il bilancio “dem” è fortemente in rosso, quante probabilità ritieni ci siano, per i democratici delusi da Biden, di rivolgersi a Trump nella speranza che possa fare di meglio?

Molti democratici hanno già dichiarato che si tureranno il naso e voteranno per Trump. Gli Americani sono molto pragmatici: se tu chiedessi loro se stanno meglio adesso o quattro anni fa… Il problema è quello che si trascina da anni: i democratici non sono stati capaci o non hanno voluto creare le condizioni affinché emergesse qualche leader credibile. Oggi, se i candidati fossero Biden e Trump, molti democratici o voterebbero per Trump, o non andrebbero a votare e comunque favorirebbero Trump. 

Hai un’idea di quanti siano questi dem, in percentuale, rispetto al totale? 

La situazione attuale ricalca quella del 2016, con Hillary Clinton che era molto, molto impopolare anche presso il suo elettorato. Alcuni sostenitori di Bernie Sanders – avversario alle primarie a cui la Clinton ha scippato la candidatura – dichiaratamente hanno votato per Trump, e molti altri si sono astenuti. 

Qual è il programma politico di Trump in risposta all’evidente flop democratico e quali sono, a tuo avviso, i suoi punti deboli e i suoi punti di forza?

Sicuramente Trump ha le idee molto chiare perché è già stato alla Casa Bianca. Dal punto di vista economico, sicuramente il punto di forza è quello di rimuovere le follie e i fanatismi woke, che in questo caso si traducono in fanatismo green. Anche dal punto di vista energetico, quindi, il ritorno ai combustibili fossili. E poi, un’economia che punti a riportare le aziende negli Stati Uniti e a scoraggiarle dall’”esternalizzare”, come aveva già fatto nel suo primo mandato. In questo modo si avvantaggia chi investe e produce negli Stati Uniti, creando ricchezza e posti di lavoro. E ancora, la ripresa del discorso dei dazi con la Cina. Biden quando è arrivato lo ha criticato, ma non li ha rimossi: vuol dire che anche su questo Trump aveva ragione. Continuare quindi sull’America First. Il punto debole, paradossalmente, è anche il punto di forza: la tentazione di un eccessivo isolazionismo. Ma Trump è un uomo d’affari e io credo che saprà coniugare l’America First con una dimensione internazionale, che gli Stati Uniti dovranno continuare ad avere da protagonisti. 

Cos’è l’“Ideologia Woke” fiorita nel periodo democratico e perché, a tuo avviso, non sta funzionando?

L’ideologia Woke è un insieme di dettami che partono dall’assunto del pensiero unico, il “politicamente corretto”: una sostanziale dittatura delle minoranze –  lgbt, razziali  – che applicano una sorta di razzismo al contrario, utilizzando anche la “cancel culture”. Come la cancellazione della storia da parte dei regimi totalitari, ad esempio. I fautori dell’ideologia woke, che troviamo anche nelle Università di Harvard e di Yale, ritengono tutto quello che deriva dalla cultura occidentale dal Rinascimento in poi, il Male. Estremizzo per chiarire e sintetizzare il concetto: la storia è fatta solo da bianchi che sottomettevano i neri e le donne e quindi è tutto “male”, tutto da cancellare. Harvard che cancella il corso sul Rinascimento, statue di Cristoforo Colombo abbattute… Insomma: tutta una serie di nefandezze che fanno parte dell’ideologia woke, di cui fa parte anche l’ideologia gender. Dal mio punto di vista è quest’ideologia a rappresentare il male, ciò che oggi sta portando al declino gli Stati Uniti. Ideologia che si traduce in negativo anche dal punto di vista economico: ad esempio i criteri di sostenibilità energetica e ambientale… Il falso mito della sostenibilità che introduce dei criteri assolutamente inattuabili per aziende “normali”, che magari sono costrette a chiudere perché non si possono adeguare. Alla fine a essere favorite sono sempre le multinazionali. È una partita di giro.

Quali scenari prevedi, negli States, nel caso in cui venga eletto presidente un democratico che dovesse rendersi, ancora una volta, portavoce delle summenzionate culture e ideologie?

Negli Stati Uniti si potrebbe arrivare anche alla guerra civile. Sì perché… Ribadisco, io sto facendo delle constatazioni oggettive, basta ascoltare un qualsiasi comizio di Biden, o anche leggere i suoi tweet, o quelli degli altri esponenti democratici. Accusano Trump per i suoi toni, però andiamo a vedere come parlano loro. Loro sono assolutamente divisivi. Dopo il trionfo di Trump in Iowa, Biden non ha parlato degli “elettori” repubblicani, ma degli “estremisti” repubblicani. E lui, attenzione, dovrebbe essere e parlare da Presidente di tutti. Quindi prevedo uno scenario, nel caso in cui dovessero affermarsi loro… Apocalittico. Per non parlare poi di tutto quello che potrebbe succedere nelle scuole, per via dell’ideologia gender…

Quali scenari potrebbero aprirsi, invece, per effetto dell’elezione di un presidente americano di fede repubblicana?

Di fede repubblicana ce ne sono diversi. Se vincesse Trump, rimetterebbe i valori tradizionali al centro del villaggio. Dal punto di vista geopolitico, gestirebbe il conflitto in Ucraina e quello in Medio Oriente aprendo i tavoli delle trattative. Fermo restando che questo sarebbe sicuramente più semplice con Putin e Zelensky, mentre invece Hamas sappiamo che è un’organizzazione terroristica, quindi… Lì sarebbe un po’ più complicato. 

Parliamo un po’ di Robert Kennedy Junior. Aldilà dell’alto consenso trasversale di cui sembra godere, sia fra i globalisti democratici, sia fra i repubblicani conservatori, quali sono i suoi argomenti e fino a che punto possono far breccia nell’elettorato americano sia globalista, sia conservatore di oggi?

Beh, sicuramente la sua totale avversione al concetto di “guerra”. C’è un passaggio molto bello di un suo discorso che è diventato virale online, in cui dice: “Abbiamo imparato a utilizzare la parola ‘guerra’ in tutti i frangenti: la guerra all’immigrazione, la guerra al virus, la guerra all’inquinamento…” Kennedy ha puntato molto su una pacificazione tra i due elettorati: questo è un tema che può fare presa su entrambi i gruppi, soprattutto sulle persone che sono stanche di questo clima da guerra civile permanente, che da qualche anno a questa parte si vive negli Stati Uniti. In questi ultimi anni, infatti, abbiamo acquisito la forma mentis che ci ha indotto il web. La “polarizzazione”, il fenomeno che caratterizza il nostro tempo, ci induce a considerare chi la pensa diversamente da noi non come qualcuno che ha idee differenti dalle nostre, ma un nemico vero e proprio. Così, ci si allontana sempre di più e ci si capisce sempre di meno. I media mainstream, infatti, parlano di un certo argomento utilizzando una determinata linea. Si stabilisce quindi un frame, una cornice, entro la quale discutere di quel dato argomento. Ed ecco che chiunque esca da quel frame viene aggettivato come “anti sistema”, “omofobo”, “fascista”, eccetera.

Quali sarebbero le sfide che oggi dovrebbe affrontare il personaggio digitale “Alex Anderson”, rispetto alla sua corsa elettorale del 2016? Il sistema dell’informazione è ancora altrettanto craccabile, riguardo all’infiltrazione e alla conseguente diffusione di fake news o qualcosa è cambiato da allora?

Hai sollevato una questione grandissima. La sua candidatura sarebbe irripetibile, come nel 2016. La sfida dell’informazione si è fatta ancora più difficile perché in questi anni abbiamo capito – e il resto dell’intervista in parte lo testimonia – che i veri conduttori di fake news alla fine sono i media tradizionali, non gli pseudo “complottisti”. Quelli sono in certi casi gli “utili idioti” che servono ai media mainstream. Quindi, la vera sfida che si gioca è quella dell’informazione e della comunicazione. 

Quindi in Europa ci arriverebbero delle notizie vere al 20%?

Quando va bene! Questo te lo firmo e te lo sottoscrivo.

Che frecce avrebbe al suo arco Alex Anderson e come convincerebbe i sostenitori di Trump a votare per lui, anziché riconfermare la loro fiducia all’Autore del motto: “Make America Great Again”? 

Sicuramente l’età. Una maggiore contemporaneità e consapevolezza di quelle che sono le necessità delle nuove generazioni, e anche una maggiore garanzia di proiettare gli Stati Uniti nel futuro. Questo potrebbe essere il suo valore competitivo. Con tutto il rispetto per Trump e per la sua agenda, Alex si proporrebbe come un’alternativa più nuova e anche scevra da quello che è il carico da novanta che, nel bene o nel male, si porta sulle spalle Trump. 

C’è qualcosa che vorresti aggiungere, a conclusione di questa nostra bella chiacchierata?

Alla fine, secondo me, il trait d’union di tutto è la coerenza. La coerenza e il rispetto per le idee altrui, sono due elementi che mancano sempre di più nel dibattito pubblico. E questo non avviene a caso, ma perché qualcuno lo vuole… Del resto, ce l’hanno insegnato i romani con “Dividi et impera”…  Dal mio punto di vista, invece, sono molte di più le cose che uniscono gli esseri umani. Se facessimo delle domande tipo: “Sei d’accordo sul fatto che tutti dovremmo vivere nel benessere? … Sul fatto che non ci dovrebbero essere guerre? … Sul fatto che le nostre città dovrebbero essere sicure? … Che la sanità dovrebbe funzionare?” Chi ti potrebbe dire di no? Nessuno. Dipende anche da come le poni, le questioni. Poi, alla fine, si torna sempre lì. È per questo che io insisto sul fatto dell’importanza dell’informazione e della comunicazione. Perché sono loro, alla fine, a determinare il corso della storia.”

 




“Spegni la TV, riaccendi la speranza”

Triennio 2020-2022: responsabilità di istituzioni e media nel sensibile aumento dei casi di ansia, depressione e stress.

A quanto pare, le restrizioni adottate e una cattiva gestione dell’informazione hanno influito in modo significativo sul benessere mentale delle persone più fragili, specialmente se intolleranti all’incertezza, o con disagio mentale preesistente.

In Italia, si assiste tuttora a un sensibile aumento dei casi di ansia, depressione e stress.

A confermarlo sono i risultati di ricerche scientifiche e studi condotti dall’ISS e dall’OMS, di cui condivido i link per chi volesse approfondire l’argomento.

Il fattore determinante è la paura

Raggiungo a Milano la dott.ssa Elena Pagliacci Cipriani, psicanalista dal 1982 e Consigliere Nazionale della Lega Italiana di Igiene Mentale, per fare il punto della situazione.

Le chiedo quale sia, a suo avviso, il fattore determinante. “Nel 90% dei casi è la paura. Prima eravamo abituati all’idea di poter fare qualsiasi cosa, come se la morte non esistesse o fosse una lontanissima probabilità, che comunque non accade mai a noi. Improvvisamente siamo stati colti dalla paura di morire. Ed è questa paura ad aver schierato le persone in fazioni, alimentando divisioni e discriminazione.”

 

Le categorie più fragili

In base all’esperienza dell’intervistata, ad essere più colpiti sono gli adolescenti, molti dei quali manifestano forme di fobia patologica a tutto.

“La paura della morte è primordiale e ne siamo tutti più o meno toccati. Da ragazzi ci crediamo immortali. Col passar del tempo, si fa sempre più vicina. Il grande dramma al quale assisto nel mio lavoro è che il 90% dei miei giovani pazienti, alla domanda ‘Come va?’, risponde ‘Boh’. In generale sembra non abbiano più parole per ‘documentare’ ciò che provano, chi sono. L’unica parola che riescono a dire è ‘Boh’. I giovani d’oggi crescono senza conoscere se stessi” prosegue “E questo vale per tutti noi: non ci conosciamo più. ‘Grazie’ al computer e più in generale alla tecnologia, è come se viaggiassimo con un bigino in tasca della vita. Non abbiamo più una vita ‘vera’ dove incontrare le persone, conoscerle, capirle, confrontarci con loro sui fatti della vita. Molti di noi  – continua – tendono a chiudersi in ‘bolle’ in cui tutto va bene, tutto è perfetto …  Ma non è vero: sembrano ‘cadaveri’ che camminano. Non c’è la voglia di conoscersi, di ascoltarsi: ci si interrompe continuamente. Gli ascoltatori sono circa il 10%. Troppo pochi.” 

Riguardo alla donna, la Dott.ssa Pagliacci Cipriani non concorda con i risultati degli studi che ne evidenzierebbero una maggiore vulnerabilità. Pur essendo più sensibile al cambiamento, infatti, la donna ha sempre dimostrato una maggiore forza e resistenza rispetto all’uomo. Quest’ultimo, per sua natura, tenderebbe all’ipocondria, sottoponendosi a mille esami e analisi per accertare l’eventuale presenza di una malattia. Comunque l’uomo, più abitudinario rispetto alla donna, farebbe più fatica ad accettare e gestire il cambiamento.  

Per quanto attiene alla categoria sociale più colpita, la dott.ssa Pagliacci individua nella classe più abbiente una maggiore vulnerabilità alla sofferenza provocata dall’idea della morte, non più vista come lontanissima probabilità ma come qualcosa che può accadere da un momento all’altro. Di qui la corsa al vaccino vissuto come qualcosa di taumaturgico, in grado di salvarti la vita. Senza tener conto del fatto che, essendo in fase sperimentale, le conseguenze del suo utilizzo non erano e non sono tuttora pienamente prevedibili. 

Le fasce sociali media e bassa invece, più abituate alla “sofferenza”, hanno a suo avviso reagito molto meglio rispetto alla classe “alta”.

 

Il ruolo delle Istituzioni

Alla mia domanda sul modo in cui le restrizioni imposte abbiano influito sull’aumento degli individui colpiti da ansia, depressione e stress, la Psicanalista risponde che a tutt’oggi, nonostante non sia più obbligatorio, in ambiente ospedaliero rimane l’imprinting di indossare le mascherine. Questo, ovviamente, mantiene vivo il ricordo dei peggiori momenti del triennio trascorso, alimentando ulteriormente l’ansia.

E qui la dottoressa, che premette di odiare le etichette “pro vax” / “no vax” e i protocolli*, racconta un episodio della sua vita personale. Il fratello aveva avuto un tumore al polmone. Era stato operato e l’intervento era andato benissimo. Stava bene. Tuttavia il protocollo esigeva per lui la somministrazione di più dosi di vaccino. “È morto in ospedale in seguito a questi protocolli” conclude la Dottoressa Pagliacci Cipriani, convinta che se fosse rimasto a casa, curato da un medico “come quelli di una volta” che ti guardavano e capivano subito quello che avevi, e avesse preso le sue medicine, molto probabilmente oggi sarebbe ancora in vita.  

 

Il ruolo dei giornalisti e dei Media

Su quale sia la responsabilità dei giornalisti e dei media riguardo alla diffusione della paura, l’intervistata non ha dubbi: “È immensa: l’informazione trasmessa da radio e televisione nell’arco del triennio è tutta all’insegna della paura. Rare sono le persone che si azzardano a dire: ‘Tranquilli …’ e quei pochi vengono additati come quelli della contro informazione. 

“Quando muore qualcuno – prosegue –  tu stai bene al momento. È dopo che viene fuori il lutto. La stessa cosa è successa con il Covid. All’inizio si sono avuti dei drammi reali. È in un secondo tempo che sono emersi tutto l’immaginario e una scenografia deleteria: l’informazione aveva minato alla base tutto ciò in cui credevi. Accendevi la tv e sentivi, una dopo l’altra, centomila cose deleterie. In meno di un anno si è arrivati a non avere più fiducia in niente, soprattutto nei riguardi dei media e delle istituzioni. Dal patriottismo sanitario del ‘volemose bene’ – bandiera alla finestra, ‘Evviva l’Italia’, ‘Siamo tutti uniti’, ‘Che bello, siamo insieme’ – si è passati, nel giro di pochi mesi, a ‘Basta (cattive notizie ndr), non ce la faccio più’. Alla stanchezza e a un generale senso di impotenza si sono aggiunte, nel tempo, le fazioni. Senza ahimè comprendere che nelle guerre non ci sono mai né vinti, né vincitori. Gli schieramenti hanno generato incomprensioni, che hanno messo fine a rapporti di amicizia e di amore. Da un giorno all’altro, persone che credono di conoscersi da una vita si ritrovano improvvisamente ‘nemiche’. Anche quando dici di conoscere qualcuno, infatti, in realtà non lo conosci affatto. È solo nei momenti più drammatici che puoi conoscere davvero una persona: nelle malattie, nella lotta per la vita, nelle difficoltà economiche. Allora ti rendi conto che l’altro è simile a te non perché ne condividi per forza le idee, ma perché le manifesta con la stessa libertà con cui tu esprimi le tue.”

 

L’elaborazione del lutto

Affrontiamo ora il tema del dolore emotivo e della sua metabolizzazione.

“Nel primo periodo si sono avute molte morti in terapia intensiva, causate dal sovradosaggio di ossigeno che ha distrutto i polmoni dei pazienti”, dice l’intervistata, che entra nel merito del tipo di dolore affrontato. “Il dolore causato dal dramma vissuto dai parenti è quello di chi perde un proprio caro non in seguito a una lunga malattia, ma da un momento all’altro, a causa di un incidente. Nel primo caso c’è tutto il tempo per abituarsi all’idea della morte. Nel secondo si vive un ‘dramma’, e si cerca un colpevole da accusare. L’informazione, diffondendo un minestrone di idee contrastanti, non ha certo aiutato le persone a reggere il dolore per l’improvvisa, inaspettata perdita dei propri cari. A tutto questo si aggiunge la scarsità o l’assenza addirittura di iniziative, da parte delle istituzioni, tese a offrire un sostegno di carattere psicologico al maggior numero possibile di persone.”

 

La nuova normalità

Oggi si parla tanto di “nuova normalità”. Ma che cos’è e quanto ci costa, a livello mentale, accettare e adattarci a questa nuova normalità?

“Non è una nuova normalità – risponde la Dott.ssa Pagliacci Cipriani – è convivere con il pensiero che, dietro alla porta, possa sempre capitare qualcosa. Guarda caso, subito dopo il Covid c’è stata la guerra: è un continuum. E questo pensiero è comune in tutte le fasce d’età. Anche i giovani, interrogati sui loro progetti e sul loro futuro, non sanno più cosa rispondere. È forse questa la ‘nuova normalità’ di cui tanto si parla? Certamente no. È una ‘sopravvivenza’ aspettando qualcosa che magari non arriverà mai più e che se arriva, è un qualcosa che stavi comunque aspettando. È bruttissimo.”

 

Il miglior antidoto alla paura

Per concludere chiedo alla Psicanalista quale sia, a suo parere, il miglior antidoto alla paura. “La speranza. Se nutri speranza, per esempio riguardo a un progetto, puoi ancora pensare che ogni cosa si risolverà. Ma se la speranza viene a mancare, soggiogata dai ‘Boh’, c’è poco da fare. Dovrebbe però, a mio parere, rinascere in una forma nuova, all’insegna del ‘basta con l’apparenza’. Non ne possiamo più dell’apparenza!”

 

Il modus operandi

“La scuola americana cognitivo comportamentista dice: ‘Cosa hai fatto? Ti spiego’. Io sono assolutamente certa che se tu non hai capito cosa precede il cosa è successo e poi vediamo cosa fare, non potrai mai guarire davvero. Perché sarà un cerotto. Quello che vedo, tra molti dei miei colleghi, è una superficialità ormai così forte per cui ciò che interessa è innanzitutto il guadagnare … Sono pochissimi i colleghi che si rendono conto che il paziente non ha neanche gli occhi per piangere. Oggi c’è: quanto ti deve dare, cosa deve fare … Anche qui parliamo di protocollo. Non parliamo di umanità, è come se l’umanità fosse scomparsa. Perché? Perché non si guarda oltre all’apparenza: quello che è ricco, quello che conta … ma chi se ne frega? Io devo guardare quello che c’è dentro. Devo aiutare questi ragazzi che urlano in silenzio.”

 

Le fonti

Dai risultati di uno studio condotto dall’ISS e dall’Unità di Biostatistica Epidemiologia e Sanità Pubblica del Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Padova, pubblicata dalla rivista accademica Bmj Open, si apprende che in Italia, durante il lockdown, l’88,6% delle persone sopra i 16 anni ha sofferto di stress psicologico e quasi il 50% di sintomi di depressione, con le persone più giovani, le donne e i disoccupati che si sono rivelati più a rischio.  

https://www.iss.it/primo-piano/-/asset_publisher/3f4alMwzN1Z7/content/id/6898844

https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2022-04-26/covid-iss-il-lockdown-e-aumentata-depressione-soprattutto-giovani-160507.php?uuid=AE6GUTUB

L’OMS, nel testo della sua Costituzione firmata a New York il 22 luglio 1946, dà della salute questa definizione: “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale che non consiste solo in un’assenza di malattia o di infermità». Eppure, nel Survey pubblicato il 5 ottobre 2020, il Direttore Generale Dr Tedros Adhanom Ghebreyesus, ammette che il “COVID-19 ha interrotto i servizi essenziali di salute mentale in tutto il mondo proprio quando erano più necessari. I leader mondiali – continua – devono muoversi in modo rapido e deciso per investire di più in programmi di salute mentale salvavita, durante la pandemia e oltre”. 

https://www.who.int/news/item/05-10-2020-covid-19-disrupting-mental-health-services-in-most-countries-who-survey#:~:text=Bereavement%2C%20isolation%2C%20loss,outcomes%20and%20even%20death

Sul sito del Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite si legge un riassunto del documento emesso dall’OMS il 10 marzo 2022: “Covid-19 aumenta del 25% i casi di ansia e depressione”. L’articolo mette in evidenza chi è stato maggiormente colpito e riassume l’effetto che la pandemia ha avuto sulla disponibilità dei servizi di salute mentale e su come questi siano cambiati durante il triennio.

https://unric.org/it/oms-covid-19-aumenta-del-25-i-casi-di-ansia-e-depressione/

 

 




Voce ai sindacati delle scuole

Il nuovo spazio di Betapress per i sindacati delle scuole

Coerenti con la linea di condotta seguita in questi anni, convinti che il libero dibattito e il confronto onesto siano la base di una comunicazione veritiera e proficua, Betapress mette a disposizione sulla propria testata uno spazio per tutti i sindacati della scuola che desiderano informare la comunità scolastica ed extrascolastica dei propri progressi e delle proprie conquiste.

Betapress, grazie al canale YouTube BetapressTV, offre ai sindacati la possibilità di essere ospitati in una trasmissione a loro dedicata per un confronto fatto di crescita e possibilità di contraddittorio su tematiche sensibili del mondo della scuola.

Per partecipare all’iniziativa basta compilare il modulo di interesse e inviare il materiale secondo le norme editoriali a chiara.sparacio@betapress.it

 

Visita la pagine dello spazio dedicato ai sindacati della scuola

 

I comunicati dei sindacati




All’anima dell’Italia

L’Italia sta male ma può guarire

L’Italia soffre di un male perfettamente curabile con il ritorno ai princìpi sanciti dalla sua Costituzione.

Dov’è finito il rispetto per il lavoro e la dignità umana?
Che fine hanno fatto i Valori fondanti della Democrazia?

La “guarigione” è possibile, a patto che ci sia una presa di coscienza collettiva.

L’anima del popolo italiano

Se un popolo ha un’anima, questa è la sua Costituzione: la Carta che sancisce i principi ispirati affinché le Istituzioni di un Paese possano garantire la piena realizzazione della persona umana.

L’articolo 3 comma 2 della Costituzione Italiana lo dice espressamente: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

L’Italia – Paese notabile per bellezza, cultura, ingegno, creativa operosità e amore per l’eccellenza in ogni ambito produttivo – soffre le inevitabili conseguenze dell’abbandono dei princìpi su cui si basa la sua esistenza.

Fatta la diagnosi, ecco la cura.

Mauro ScardovelliLo scorso gennaio il giurista e psicoterapeuta Mauro Scardovelli ha lanciato una petizione candidandosi come Presidente della Repubblica italiana.

Consapevole di non poter contare sulla cassa di risonanza dei media e che il popolo, non sufficientemente informato, potesse non scorgere nel ritorno ai valori costituzionali l’opportunità per ripristinarne la sacralità, Scardovelli ha presentato il suo programma chiamato: “Nuovo Rinascimento”.

Eccone i presupposti:

  • Dio ha bisogno di noi, per instaurare il suo Regno: l’Uomo, di fatto, è co-creatore del progetto divino
  • La Cura ai mali che affliggono l’Italia ormai da decenni è assicurata dall’applicazione della “sacra” carta costituzionale, alla quale le Istituzioni dovrebbero ispirarsi per consentire una ripresa economica e sociale del nostro Paese e il benessere dei suoi Cittadini
  • Il Presidente della Repubblica deve riprendere la sua funzione di garante della Costituzione ed essere espressione diretta della volontà popolare

Da troppo tempo ormai i media si rendono portavoce di valori tutt’altro che funzionali allo sviluppo di un’autonoma capacità critica, di una presa di coscienza, di un risveglio spirituale dell’Uomo, reso incapace di discernere la Verità che potrebbe renderlo, finalmente, libero.

Il narcisismo dilaga e riflette il sistema che ne è al tempo stesso radice e frutto.

Le sue caratteristiche sono un basso livello di consapevolezza, sete di potere e di dominio, competitività.

Purtroppo, l’Uomo di oggi – afflitto da un narcisismo etico-psico-spirituale – e il “sistema” generato dal suo subconscio, sono incompatibili con il ripristino di una Democrazia costituzionale.

Il “nuovo Rinascimento”

Secondo Mauro Scardovelli è tempo che le Istituzioni tornino a rispettare la Carta Costituzionale e a educare i Cittadini a incarnarne i valori.

Intellettuali, esperti e giornalisti devono dire al pubblico ciò che lo fa star bene, anziché inondarlo di inutili informazioni.

È necessario che i media – fatti a suo dire da persone che alla competizione preferiscano la cooperazione – adottino un linguaggio chiaro, semplice e sintetico: una comunicazione ad alto livello che stimoli il sistema endocrino dei Cittadini a produrre ormoni del benessere, rafforzando il loro sistema immunitario.

Ai media serve, soprattutto, una visione che introduca la Verità.

Una volta ristabilito, il governo costituzionale deve provvedere a tutti i Cittadini un’adeguata formazione.

La democrazia, infatti, non è possibile senza un pieno sviluppo della persona umana, della coscienza etica e della capacità di amare, in senso cristico, chiunque.

Conclusione

La Rivoluzione Costituzionale è il risultato della trasformazione interiore di ogni singolo Cittadino.

Basta con le lamentele, basta con le critiche inutili e distruttive!

È tempo di assumersi le proprie responsabilità.

È tempo di risvegliarsi a nuova consapevolezza, sviluppando la capacità di amare.

È tempo infine, per i media, di rivoluzionare il loro modo di comunicare e di mettere al primo posto il benessere della loro audience.

Solo così, potremo sperare in un avvento del Regno di Dio sulla terra.