Terrorismo quale ideologia del diverso: siamo tutti terroristi

Il terrorismo è un vocabolo abbastanza recente, diciamo che risale a non più di duecento anni or sono, e possiamo identificare la prima organizzazione terrorista della storia con i rivoluzionari francesi del 1790.

Nella Francia della rivoluzione il governo si chiamò proprio Governo del Terrore ed i suoi membri Terroristi.

Solo nel 1937, dalla Società delle Nazioni, arrivò una prima definizione strutturata del fenomeno: “fatti criminali diretti contro lo Stato in cui lo scopo è di provocare terrore nella popolazione o in gruppi di persone.

In realtà fenomeni isolati li possiamo ricondurre anche alla Roma antica (l’assassinio di Cesare) o al periodo rinascimentale, ma al più rappresentavano casi isolati o di piccoli gruppi che avevamo come obiettivo non tanto quello di creare terrore nel popolo, ma piuttosto di sovvertire chi deteneva il potere.

Lo scopo del terrorista è quindi quello di creare terrore nel popolo per sovvertirne le abitudini, per far cadere i normali percorsi ideologici del presente vivere sociale e per sostituirli con iperboliche ed estreme visioni dell’io sociale in un’ottica o di fanatismo religioso o di integralismo politico (a volte entrambi).

Ciò che veramente dovrebbe colpirci oggi è la base su cui solitamente si basa il terrorismo, ovvero un popolo scontento, che spesso copre e sostiene i terroristi stessi.

Avvenne in egual misura durante gli anni di piombo italiani, che terminarono solo quando i terroristi persero l’appoggio delle classi operaie.

Nel mondo moderno le organizzazioni terroristiche sono fortemente radicate e paradossalmente stabili, Sendero Luminoso ad esempio nasce nel 1968, hanno una loro locazione geografica ed un loro logo, conti correnti e finanziatori.

Tutte combattono per cambiare qualcosa, per il popolo, per la fede, tutte hanno dalla loro parte Dio o il Partito, tutte hanno un leader che parla tramite i social media e spesso tutte si trovano in zone geografiche ove il concetto di popolo ancora si identifica con il concetto di tribù, di clan, di famiglia.

Alla base della forza che muove queste organizzazioni c’è una componente che per noi è ormai sbiadita, l’appartenenza.

Nell’appartenenza l’io si ritrova, si sistema, si tranquillizza, si droga di sicurezza: in fondo un parametro religioso di uguaglianza che Marx chiamava oppio dei popoli.

Nella forte appartenenza avviene l’esplosione dell’odio verso il diverso, perchè il diverso può portare dubbi e perplessità, può turbare la tranquillità assoluta dell’uguaglianza.

I diversi nella storia sono stati molti: i Barbari, gli Infedeli, i Mussulmani, I comunisti, i Fascisti, i Gay, gli Italiani, gli stranieri, i Terroni, i Polentoni, gli Extracomunitari, gli Immigrati.

Oggi i veri diversi siamo noi, noi verso noi stessi, siamo il noismo della nostra società.

Abbiamo trasformato i valori di una società in conquiste, in benessere, abbiamo trasformato gli obiettivi di un popolo in un supermercato, in un grande centro sociale che ci da enorme sicurezza perchè in esso troviamo tutto, ci camminiamo la domenica, vediamo tante cose e poi usciamo senza aver comprato nulla…

Questo è il nostro moderno io, un vuoto in scatola.

Siamo certi di avere valori perchè li vediamo nelle confezioni che troviamo sugli scaffali dei media, tra i programmi televisivi, nelle affermazioni estemporanee di vari guru della comunicazione che dicono quello che non pensano, e che, spesso, non pensano ma dicono solo.

I nostri valori oggi viaggiano su fiumi di parole, non su sentieri di sassi, e proprio per questo ci vuole pochissimo perchè affondino nel più assoluto qualunquismo.

Oggi la nostra società ha esternalizzato i suoi valori perchè se guardiamo dentro di noi facciamo fatica a metterci in gioco.

Il terrorismo si combatte con le certezze, con la convinzione che nessuno può essere così diverso da noi da renderci diversi, il terrorismo si combatte con l’orgoglio di poter dimostrare che i nostri valori di civiltà sono dentro di noi, e non fuori dentro delle scatole su scaffali alieni.

Il terrorismo si combatte con l’accoglienza, non quella assoluta e quasi colpevole in cui si accetta tutto e tutti, ma con l’accoglienza consapevole di chi agisce per l’altro e non per tacitare facili ostentazioni, anche politiche, di umanità.

Il terrorismo si combatte con la consapevolezza di non essere terroristi, e purtroppo oggi noi, con le nostre paure, siamo tutti terroristi.

il mondo del terrore

il mondo del terrore

 

 

 

non permettere al terrore di passare

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tutti siamo soli senza la pace
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